Piccola volpe nel bosco magico

L’affetto che può legare un bambino al suo peluche più caro può essere smisurato, tanto da spingere ad ardite ricerche in caso di smarrimento. Lo sa bene la bimba dal caschetto moro, protagonista di Piccola volpe nel bosco magico. La sua vecchia volpe di pezza è per lei importante, importantissima. Così, di fronte alla richiesta della maestra di portare a scuola una cosa preziosa da descrivere ai compagni, la bambina non ha ha dubbi: porterà lei, la sua morbida amica pelosina. Dalle foto ricordo che tira fuori per l’occasione si deduce quanto la bimba bene voglia al pupazzo e quanti momenti di intima crescita abbiano vissuto insieme. Per questo, quando la piccola volpe di peluche scompare dallo zainetto, la sua amica umana inizia a cercarla disperatamente, senza fermarsi  nemmeno di fronte al più fitto dei boschi. Sarà un viaggio lungo e avventuroso, il suo, che la porterà ad attraversare sentieri bui e radure fantastiche, popolate da numerose e curiose creature della foresta. Fino al fatidico ritrovamento che recherà con sé un’autentica sorpresa e ripagherà tutte le fatiche con una moltiplicazione degli affetti. Perché è proprio vero che la gentilezza si propaga e gratuitamente porta con sé una contagiosa forma di felicità.

La storia che  Stephanie Graegin racconta con grande tenerezza, si sviluppa agli occhi del lettore attraverso l’esclusivo uso delle immagini: non ci sono cioè parole a scandire ciò che accade, ma decisamente tra queste pagine non se ne sente il bisogno. La scelta narrativa fatta dall’autrice è infatti tutt’altro che oscura o ambigua: tutti i passaggi sono chiaramente tracciati sicché la bella storia di amicizia e incontro può risultare accessibile anche laddove ci siano delle difficoltà non solo di decodifica del testo ma anche di lettura di immagini troppo complesse. Azioni, emozioni e pensieri dei protagonisti sono resi facilmente intellegibili grazie a un tratto attento e minuzioso, a un’esplicitazione di scatti narrativi anche minimi e un’alternanza oculata di riquadri a tutta pagina e di riquadri più serrati in serie. La scelta del colore, dal canto suo, accompagna efficacemente il lettore prima nella distinzione e poi nella sovrapposizione tra mondo umano e mondo fantastico, rendendo l’incontro tra i due – se possibile – ancora più suggestivo.

Vacanze

Trascorrere le vacanze in campagna con il nonno, godersi una libertà avventuriera che pare senza tempo ed esplorare la natura in una scatenata solitudine. Questa è l’estate per la bambina del libro di Blexbolex. Ma poi arriva lui: quell’elefantino in tenuta da marinaretto che giunge a bordo di un treno locale per occupare un posto importante in casa, al tavolo, in giardino e in definitiva nelle giornate e nelle notti della protagonista. Vissuta come una sgradita invasione di campo, questa sfocia in una serie di dispetti e scortesie, fino a quando l’ospite fugge nel bosco costringendo il nonno a una ardita ricerca notturna. Ritrovato il fuggitivo, all’adulto non resta che coinvolgere i due cuccioli nell’organizzazione di un’attesa festa in maschera. È qui che la bambina, come ipnotizzata dalle scintille che salgono al cielo da un falò, compie un viaggio immaginario e avventuroso in compagnia di un simpatico bambino: lo stesso che per un attimo rivedrà il giorno seguente, sul treno che riporta a casa l’elefantino tanto bistrattato.

Visionario e raffinatissimo come sempre, con figure e tinte dal sapore vintage (in cui si inseriscono però elementi di ordinaria modernità), Blexbolex sovverte qui alcune convenzioni legate alla rappresentazione dell’infanzia (chi non avrebbe desiderato un elefantino con cui giocare?), portando il lettore a non dare nulla per scontato e a interrogarsi sul reale significato di quella convivenza così tribolata. Chi è quel pachiderma e come mai il nonno lo accoglie nella sua casa? Ma soprattutto perché, per una frazione di secondo, sul treno del ritorno, assume le fattezze del simpatico bambino incontrato la sera della festa? Con fare ammiccante e mai invadente l’autore lascia a chi legge l’onere e l’onore di trovare le sue risposte, mostrando grande rispetto e dedizione per il delicato e prezioso ruolo interpretativo di chi sta dall’altra parte delle pagine.

Privo di parole, Vacanze procede per immagini in maniera molto chiara e lucida, rendendo a misura (anche) di bambino un racconto pur lungo (138 pagine sono un bel numero per un silent book) e contraddistinto da una sovrapposizione tra piano reale e fantastico. Alternando doppie pagine piene e riquadri più piccoli l’autore scandisce un ritmo variegato, anima la narrazione e rende a pieno il senso di relatività spazio-temporale(-sentimentale) vissuto dalla protagonista e caratteristico dell’infanzia.  “Vacanze è un minuscolo dramma – racconta non a caso Blexbolex in un’intervista – al quale ho tentato di dare una dimensione più importante di quella dei fatti effettivamente riportati  perché questo è per me tutto il sale e il valore dell’infanzia”.

Madelief. Lanciare le bambole

Ci sono tre ragazzini irresistibili – Madelief, Roos e Jan-Willem – e c’è un autore pluripremiato –Guus Kuijer – che ne immagina e racconta con grande ironia le piccole grandi avventure. Nasce così il primo volume di una serie gustosissima e divertente, capace di immortalare quel delicatissimo passaggio esistenziale che porta dall’infanzia a ciò che la segue, offrendo al lettore in crescita un piacevole ritratto in cui ritrovarsi.  Tra le pagine di Madelief. Lanciare le bambole i protagonisti vengono colti nel loro inventare giochi e coltivare hobby, affrontare sentimenti contrastanti, avere a che fare con adulti talvolta complici talvolta incomprensibili. E così i tre, di capitolo in capitolo, persuadono il lettore a seguirli mentre salvano un piccione, sfidano dei bulli, scampano vestiti imbarazzanti o si stuzzicano con innocui scherzi.

Che siano bambini degli anni settanta (le avventure di Madelief sono state pubblicate per la prima volta in Olanda nel 1975) lo si può evincere da alcuni dettagli (come la passione smodata per i cowboy, l’uso di una macchina da scrivere per redigere un giornale o l’incontro con un venditore di fiori porta a porta) ma son dettagli per davvero, a cui quasi non si bada, perché qui a colpire davvero il lettore è la freschezza del racconto e quello spirito irriverente tipico dell’infanzia che l’autore coglie con grande naturalezza. Con un sonoro ciao ciao agli stereotipi e ai buoni sentimenti (ah, come erano avanti nel nord Europa già quarant’anni fa!), il libro di Guus Kuijer conquista per la sua candida schiettezza che non teme di dare a una protagonista travolgente come Madelief una personalità complessa, fatta anche di difetti.

Non lasciatevi scappare questo libro e tenete d’occhio il suo seguito (altri quattro volumi fanno parte della serie ma non sono ancora pubblicati in Italia). Oltre a proporre personaggi davvero sinceri e fuori dal comune, Madelief offre una possibilità (rara!) di lettura realmente accessibile anche in caso di difficoltà legate alla dislessia o a una scarsa propensione a un’immersione tra le pagine. Non solo il libro presenta caratteristiche di alta leggibilità – grazie al font Easyreading,  la spaziatura maggiore tra righe e parole, la sbandieratura a destra, la sillabazione evitata e la separazione netta tra i paragrafi – ma si compone anche di capitoli molto brevi e perlopiù autonomi che consentono una flessibilità di lettura felicemente modulabile in base alle esigenze del lettore. Ogni capitolo corrisponde cioè a una micro-avventura, godibile in sé oltre che nella cornice generale. E questo aspetto, tra gli altri, non è da sottovalutare perché oltre a stuzzicare anche i lettori meno scafati, sotto sotto dice anche dell’impegno dalla casa editrice Camelozampa a non fare dell’alta leggibilità solo un’etichetta vuota ma una scelta frutto di un pensiero accorto.

Bosch – L’avventura magica del giovane artista, il berretto, lo zaino, la palla…

All’inizio c’è solo un ragazzo qualunque con un cappellino, una palla e un cane, che perde l’equilibrio e cade in mare da una scogliera. Ma già dalla seconda pagina tutto cambia e il lettore ha la netta percezione che il mondo in cui il bambino è precipitato afferisca più al fantastico che al reale. Creature marine e terrestri dalle strambe sembianze lo animano infatti: sono unicorni, lucertoloni dall’aspetto preistorico, angeli e creature che mescolano l’umano e l’animale. Il loro è un mondo in cui ciò che si vede e ciò che accade non sempre appare lineare e spiegabile,  ma in cui si percepisce netta la presenza di un fronte del bene e di un fronte del male che spesso si incontrano e si fronteggiano. Il protagonista, dal canto suo, vi si trova invischiato  e il banale tentativo di recuperare lo smarrito cappellino lo porta a incontrare aiutanti e nemici, a percorrere cammini inaspettati, a superare prove di grande coraggio, fino al ritorno a una piana quotidianità di cui il lettore si era praticamente scordato. Il tutto in una cornice surreale, popolata di figure oniriche di grande suggestione che irrompono nella storia principale, vivono piccoli vicende parallele o danno semplicemente  spessore a un immaginario fuori dall’ordinario. Un immaginario che evoca chiaramente il genio di Bosch, senza rinunciare al tratto caratteristico dell’autore indonesiano.

Se Thé Tjong-Khing ci aveva deliziati con il dittico TortintavolaTortinfuga, coccolando la nostra fantasia con avventure pullulanti e votate al puro divertimento per immagini, qui ci sorprende con un lavoro che riprende l’assenza di parole e la propensione alla moltiplicazione dei dettagli e dei relativi percorsi narrativi, sposandole a una raffinata trama di echi dell’opera di Hieronymus Bosch.

Piacevole e straniante se letto senza precisi riferimenti culturali, suggestivo e illuminante se fatto dialogare con l’opera del pittore olandese, Bosch rappresenta un raffinato omaggio di un artista moderno a un collega di qualche secolo più vecchio e un invito a far echeggiare dentro di noi le opere che più segnano il nostro immaginario. In questo senso, al pari e talvolta meglio di tante proposte dedicate all’arte, il libro di Thé Tjong-Khing suggerisce una pista insolita e accattivante di avvicinamento all’immaginario e allo stile di un artista di rara originalità. Quale che sia poi, per ciascun lettore,  il percorso che lega l’opera di Bosch e il libro a lui dedicato, poco conta: la conoscenza della prima può rendere irresistibile la lettura della seconda così come,  viceversa, la scoperta della seconda può suscitare la curiosità per la prima. Ciò che resta invariato è il gioco di stimoli che tiene viva la mente e quel gusto per la complessità – come diritto e come valore – a cui anche i libri accessibili non dovrebbero mai rinunciare.

Quattro viaggi straordinari

Invenzioni avveniristiche, viaggi avventurosi, missioni delicatissime ed esplorazioni misteriose: dentro i Quattro viaggi straordinari di Luigi Capuana c’è tutto questo, peraltro impastato in una forma snella e accattivante. Nonostante i loro annetti, i racconti dell’autore siciliano mantengono infatti uno spirito fresco che può incontrare anche il favore di ragazzini d’oggi. La lingua certo, è, ricercata e il fraseggio è di un certo respiro ma l’appeal dell’invenzione narrativa e il bel lavoro editoriale fatto dalla Splen restituiscono ai racconti una veste piacevole e moderna. Basterà poco quindi per tuffarsi sulle ali di un marchingegno volante, alla ricerca di un popolo di scimmie, nelle profondità di una grotta oscura, naufraghi su un’isola selvaggia e godersi un viaggio tanto breve (il che significa lettura abbordabile!) quanto straordinario.

Il cofanetto proposto da Splen si presenta al contempo amichevole ed elegante. Apprezzabilissima, in particolare, la scelta di affidare le illustrazioni a pennelli diversi – Santo Pappalardo, Lucia Scuderi, M. Rachele Fichera, Riccardo Francaviglia e Margherita Sgarlata -, ciascuno con un carattere particolare. In questo modo la fantasia sfrenata dell’autore, lasciata correre attraverso tempi e mondi lontani, trova eco e valorizzazione. Da non sottovalutare, infine, l’attenzione riservata ai lettori con dislessia. I Quattro viaggi straordinari sono infatti pubblicati con font Easyreading che rende meno ostica la decodifica testuale e resi disponibili anche in versione ebook con maggiori possibilità di personalizzazione della lettura.

Bombo all’avventura

Il protagonista di Bombo all’avventura è un bombo curioso e amichevole che si avvicina con fare pacifico a tutte le creature che incontra sul suo cammino, siano esse umani o animali.

Nella prima storia che compone il volume (Bombo e il gigante), l’insetto vola verso l’alto, attratto dagli indumenti sgargianti, dalle lunghe gambe e dai due occhi grandi della bimba in cui si imbatte. Il loro è un avvicinamento silenzioso e timoroso, che lascia però presagire possibilità future di incontro sereno.

Nella seconda storia (Grazie bombo!), invece, il bombo è portato a dirigersi verso il basso e più nello specifico verso la tana di una puzzola di cui scova casualmente l’accesso.  Qui farà la conoscenza non solo della proprietaria di casa ma anche della tartaruga e dello scoiattolo suoi amici. I tre condividono il cruccio per gli sgarbi arrecati dalla vicina vipera ma Bombo, con sguardo lucido e fervida inventiva, saprà risolvere il loro problema con un piano  a base di more smemorine: un successo che casca a fagiolo per trovare nel bosco nuovi amici con cui giocare!

Unite non solo dalla presenza del medesimo personaggio, le due storie di Bombo all’avventura si contraddistinguono per lo stile affabile di Elisa Mazzoli che costruisce il suo racconto – più semplice o complesso che sia – dosando con perizia le ripetizioni, una sensibilità vicina all’infanzia e diverse velocità narrative. Quest’ aspetto, unito alla simpatia delle immagini firmate da Febe Sillani, rendono il volume particolarmente amichevole e apptibile anche in caso di difficoltà di lettura.

 

LA COLLANA TANDEM

Bombo all’avventura  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

La fata distratta

Chi non ha mai desiderato di avere una bacchetta magica per risolvere in quattro e quattr’otto (o, per meglio dire, in uno zicche zacche, cicche ciacche) qualsiasi incombenza? Ebbene, sembrerà incredibile ma capita altresì che chi la bacchetta la possiede – come la Fata Brunella – possa desiderare di sbarazzarsene.

Se nella prima storia de La fata distratta (Le formule matte), infatti, la fata perde involontariamente il suo quaderno delle formule magiche, offrendo alla piccola Tina di cimentarsi per un giorno con innocui scherzi e minimi incantesimi, nella seconda storia (La torta magica) finisce per ritirare intenzionalmente il suo gingillo magico a seguito di una giornata particolare. Non ricordando inizialmente dove avesse cacciato la bacchetta, Fata Brunella è costretta a gonfiare le ruote della biciletta, pedalare fino al negozio, cucinare la torta per i suoi amici e rassettare tutto. In questo modo la sua giornata passa in un soffio e con grande soddisfazione, tanto da convincerla a ritirare il ritrovato strumento in una scatola nell’armadio.

Scritte con uno spiccato gusto per il ritmo e per la ripetizione, le due storie che compongono La fata distratta si prestano a letture autonome  piacevoli e amichevoli.

 

LA COLLANA TANDEM

La fata distratta  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Storie sotto il letto

Nessuno si è mai chiesto se i piccoli dei giganti, soprattutto quelli che abitano sotto i letti dei bambini, abbiano anch’essi difficoltà ad addormentarsi? Ebbene, Sergio Rossi lo ha fatto e ne sono nate due storie notturne che scacciano con forza la paura del buio.

Nella prima (Il gigante sotto il letto), la piccola Agnese trova finalmente il modo di addormentarsi grazie ai gessetti della notte che le regala il Gigante che abita sotto il suo letto. Sono gessetti speciali che cancellano i brutti sogni per disegnarne di nuovi, più belli. Il gessetto prediletto di Agnese, in particolare, è quello blu che zittisce i tuoni, frena i terremoti e calma le tempeste, assicurando il riposo per molte e molte ore.

Nella seconda (Agnese e il ladro di milla) è il figlio del Gigante a fare la sua comparsa. Restio ad addormentarsi proprio come Agnese, questi vorrebbe ogni notte accaparrarsi un po’ della camomilla che la mamma della bambina prepara. E così ogni mattina la preziosa tazza viene ritrovata in un posto diverso, con una certa irritazione della genitrice stessa. Sarà la furba caccia al ladruncolo architettata da Agnese e dal suo fido peluche signor nanne a dare una spiegazione alle misteriose sparizioni e a permettere la nascita di una nuova inattesa amicizia.

 

LA COLLANA TANDEM

Storie sotto il letto  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Amici di spiaggia

Chi torna ogni anno in vacanza nello stesso posto sa quanto è bello ritrovarsi con gli amici della spiaggia. A maggior ragione se questi sono algosauri! Come dite? Gli algosauri non esistono?  Provate a dirlo ad Aldo, che con uno di loro ha fatto conoscenza e gioca in riva al mare!

Aldo è un bambino solare e tranquillo che tra i lettini del bagnino Delfino, i gelati del chiosco e il faro di guardia è quasi di casa. Come si racconta nella prima storia di Amici da spiaggia (Pisolino e il polipo agitato), Aldo ama farsi delle pennichella a bordo del pedalò, cullato dalle onde e accarezzato dal sole estivo. Sono momenti tanto rilassanti che sogna una terra selvaggia in cui un polipo agitato e un pacifico marinaio si incontrano e fanno amicizia. Che sia la stessa terra selvaggia da cui proviene Samantina, l’algosaura che compare nella seconda storia del volume (Il salvagente di Aldo)? Amichevole e allegra, questa arriva un giorno proprio sulla spiaggia in cui si reca il bambino e con lui si diverte a giocare. Sembrerebbe il frutto di un altro fervido sogno e invece, più reale che mai, Samatina torna il giorno seguente accompagnata dai genitori. Deve restituire il salvagente ad Aldo e promettergli che tornerà a trovarlo ancora molte volte… parola di dinosauro!

 

LA COLLANA TANDEM

Amici di spiaggia  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Gli errori del coccodrillo

Le parole sono per il coccodrillo Crocco una croce e una delizia: se da un lato passerebbe ore a sollazzarsi tra giochi linguistici e storie inventate, dall’altra gli errori ortografici sono il suo cruccio scolastico. Al punto che i suoi compagni di classe prendono a chiamarlo scherzosamente Errore. Ma dagli errori può nascere molto, e Crocco avrà occasione di dimostrarlo con forza a chi lo prende in giro per i suoi sbagli nel dettato.

Accade infatti nella seconda storia contenuta ne Gli errori del coccodrillo (Errore l’eroe), che in classe faccia la sua comparsa un nemico spaventoso che terrorizza allievi e maestra. In preda al panico questi gridano a squarciagola il soprannome di Crocco, confuso dal cattivo con la parola Eroe. Preoccupato dal possibile arrivo di un prode combattente il nemico quindi fugge, garantendo nuova fama al piccolo coccodrillo.

La storia costituisce un invito leggero a fare dell’errore un’occasione di creatività, cosa che può accadere e dare buoni frutti soprattutto in una scuola capace di accogliere le differenze e mostrarsi flessibile. Efficacissima, in questo senso, la prima storia del volume (Salti e voli), in cui la maestra di Crocco sa valorizzarne la predisposizione all’osservazione attenta, all’immaginazione e alla divagazione poetica, trasformando il suo tragitto da casa a scuola di ogni giorno in una possibilità di apprendimento per l’intera classe.

 

LA COLLANA TANDEM

Gli errori del coccodrillo fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Nuvole di drago

Non tutti i draghi sono uguali: c’è chi sputa fuoco, come nella miglior tradizione, e chi dalla bocca non produce nemmeno un po’ di fumo. Così Beo, protagonista di Nuvole di drago, non presenta nessuna attitudine alla produzione di  fiamme. Ogni volta che prova a imitare i suoi fratelli, il risultato è un disastro anche perché per accendere il fuoco tra le fauci occorre pensare cose davvero spaventose, attività che a lui riesce proprio difficile. Perché Beo è in realtà un draghetto sognatore, che ama passeggiare in riva al lago, fare pensieri e osservare le nuvole.

Non a caso, nella prima avventura raccolta nel libro (Beo salva una nuvola) il draghetto si incanta di fronte a una nuvoletta incastrata tra i rami di un albero e sogna di portarla a casa con sé. Ma il desiderio di possesso si scioglie facilmente di fronte alla possibilità di fare una buona azione e spingere con un soffio la nuvoletta dalla sua mamma.

Ma l’amore per le nuvole non è solo una velleità da drago poeta. Nella seconda avventura che lo vede protagonista (Fuoco o nuvole?) Beo scopre infatti che produrre fuoco dalla bocca può essere molto utile, ma che altrettanto può esserlo sapere spegnere le fiamme producendo nuvole temporalesche dal naso. Ecco allora che la sua conoscenza, la sua peculiarità e la sua passione consentono di domare un piccolo incendio divampato in casa, suscitando ammirazione e gratitudine nei draghi che gli stanno accanto.

 

LA COLLANA TANDEM

Nuvole di drago fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Revolution

In tempi di muri e barriere, nei quali il pericolo di dividersi in un pretestuoso noi e voi si fa palpabile, i buoni libri e il loro contenuto potente possono fare la differenza. A maggior ragione se sono albi illustrati che parlano a occhi più e meno maturi e che con sbalorditiva incisività riescono a fare breccia nell’immaginario. Di certo è il caso di Revolution, libro senza parole ideato e illustrato da Arianna Papini, meritatamente vincitore del Silent Book Contest 2017: un libro che sfida l’illusione di poter classificare gli esseri viventi in base a origini rigidissime, per le quali la contaminazione è qualcosa di necessariamente negativo.

Attraverso la rappresentazione di creature fantastiche che man mano si incontrano e ne generano altre che ne assommano i caratteri, l’autrice porge al lettore una riflessione molto significativa sul valore della differenza e sulla meraviglia che da esse può avere origine.  Così dall’incontro romantico tra una sorta di talpa su ruotini e una bizzarro uccello con tre ali sul capo e una veste variopinta nasce  un cucciolo peloso su ruotini con tre piume sul capo che crescerà e incontrerà una specie di elefante dalla zampe lunghissime e snelle con cui darà vita a un cucciolo dai tratti misti che a sua volta deciderà di mettere su famiglia. E così si procede fino a quando, dopo numerosi incontri e incroci tra animali stranissimi e affascinanti, non  ci si ritrova davanti a due creature dall’aspetto davvero piuttosto familiare. E lì il libro finisce e ricomincia, in un ciclo vitalissimo per il pensiero di chi legge.

La cura che Arianna Papini abitualmente dedica alle sue creature di carta trova qui massima espressione. Sono infatti i dettagli, anche quelli più minuti come la fantasia della punta di una coda, il numero di zampette, la presenza di piccolissimi ruotini o la combinazione di colori di un manto, a guidare il lettore nella comprensione del meccanismo narrativo che soggiace alle illustrazioni. Non immediatissimo, quest’ultimo richiede una certa attenzione e capacità di decodifica dell’immagine attraverso una serie di inferenze non banali. Una volta scoperto, tuttavia, risulta piacevolmente e agevolmente fruibile  anche in caso di maggiori difficoltà poiché la struttura ritmica della narrazione procede in maniera iterata presentando via via un incontro tra due creature e il cucciolo che ne nasce, secondo un andamento ciclico molto chiaro. Il gusto e la soddisfazione, poi, offerti di volta in volta dal riconoscimento dei caratteri genitoriali che ogni creatura assomma sono grandi e costituiscono un incentivo ulteriore alla lettura, tanto dei bambini quanto degli adulti. L’operazione, d’altronde, non si discosta di molto dagli immancabili “Ha il naso del papà”, “Gli occhi sono tutti della nonna”, “la punta delle orecchie è indiscutibilmente quella dalla prozia” che accompagnano gioiosamente la nascita di un bimbo.

Il ladro di risate

Il paese di Risolandia è una piccola oasi felice: gli abitanti qui sono sempre contenti, consapevoli che per godersi la vita conviene prenderla alla leggera. Nulla sembra poter scalfire questi  inguaribili ottimisti, guidati da un sindaco che è un autentico leader dell’entusiasmo. Eppure un giorno arriva un ladro meschino che, con l’aiuto di una strega scienziata, mette a punto una macchina ruba-risate che mette a dura prova l’inscalfibile allegria di Risolandia. Saranno i bambini, portatori sani di risate, a escogitare un piano arguto per restituire al paese (ma anche la ladro e alla strega) la contentezza che lo contraddistingue.

Pubblicato da Gribaudo all’interno della collana Facile! che privilegia storie semplici e stampate ad alta leggibilità, Il ladro di risate propone un racconto piano e lineare, agevole da seguire e animato da illustrazioni frequenti: caratteristiche volte a renderlo più apprezzabile e fruibile anche in caso di dislessia.

Un giorno speciale

La gentilezza genera gentilezza: è un dato di fatto! Parola di Martino, che un giorno mette un bigliettino speciale nella tasca di suo papà e che alla sera, in virtù  di una catena di gesti garbati nati proprio da quel pensiero carino, si ritrova a festeggiare l’onomastico della mamma con una deliziosa torta al cioccolato. Già, perché se il papà di Martino, di ottimo umore, recupera il gatto della signora Jole sull’albero del giardino, la signora Jole decide di cucinare le sue imbattibili tagliatelle e portarne un piatto al signor Pino, che troverà lo slancio per ultimare la riparazione della sedia a dondolo della signora Adele, che cercherà una pianta per la mamma di Martino che chiuderà il cerchio con la preparazione della torta con cui tutti potranno festeggiare.

Con una storia breve e leggera ma capace di mostrare molto bene come sia semplice ed efficace innescare il circuito della gentilezza, Francesca Mascheroni offre ai lettori che hanno da non molto imparato a leggere in autonomia un racconto piacevole e snello. La scelta della casa editrice Piemme di pubblicarlo ad alta leggibilità – con font specifico, spaziatura maggiore, paragrafi distanziati, allineamento a sinistra e illustrazioni frequenti – contribuisce ad allargarne la fruibilità anche a quei bambini che faticano di più con il testo, a causa di difficoltà legate alla dislessia.

Ciao ciao giocattoli

Tempo di scatoloni, cernite, cambiamenti. Forse una nuova casa. Fatto sta che il protagonista di Ciao ciao Giocattoli si trova alle prese con una serie di giocattoli con cui probabilmente non gioca più perché è ormai cresciuto. Ma i giocattoli hanno questa qualità speciale: che non servono solo  nel momento in cui li si usa, bensì riservano una certa utilità per il dopo, per il momento cioè in cui, solo guardandoli, fungono da detonatori di pensieri . Perché se può esserci (ma non è detto!) un momento in cui ci si sente troppo grandi per giocare con pinguini di peluche, carretti e navi di legno, non si è mai troppo grandi per assaporare i ricordi felici che questi custodiscono. Dietro ogni oggetto c’è infatti la memoria di una viaggio, di un’esperienza, di una tenerezza o di una condivisione con persone care che lo rendono carico di affetto e significato.

E così accade proprio al ragazzo dipinto da Marta Pantaleo nel silent book pubblicato da Carthusia. I giocattoli che nelle prime pagine popolano immobili la sua stanza diventano poi protagonisti di sfrenate avventure sulla neve, nel bel mezzo del mare ghiacciato o in sella a una slitta: sono i ricordi di un passato felice che continua ad esistere e ad accompagnare il ragazzo anche quando farà letteralmente spazio nella sua vita, cedendo i balocchi a un negozio. Qui troveranno senz’altro nuova vita – ne abbiamo conferma nell’ultima pagina – quando altri bambini ne prenderanno possesso riattivando il felice circolo dei momenti spensierati che poi diventeranno sereni ricordi.

Con uno stile particolarissimo che ricorda – non solo per i contenuti –  le atmosfere nordiche, Marta Pantaleo dà vita a un libro per immagini in cui chiunque può ritrovarsi e che aiuta a sentirsi coinvolti in un percorso di crescita che ci accomuna. Con un gioco sottile tra passato e presente, l’autrice scava nel sentimento profondo tra attaccamento e distacco che coglie qualunque ragazzo che abbandoni l’infanzia per diventare grande. Questo aspetto, che dona complessità e ricchezza al libro e che probabilmente ha concorso alla sua premiazione al Silent Book contest 2016, lo rende fruibile anche a bambini e ragazzi con difficoltà di decodifica del testo (poiché qui questo è assente) ma con una certa dimestichezza nella decodifica delle figure e dei loro legami narrativi.

Attenzione, passaggio fiabe!

Se c’è un autore che si diverte e ci fa divertire giocando con le fiabe, quello è senza dubbio Mario Ramos. Molti dei suoi libri – a partire da Sono io il più forte o Sono io il più bello –  pescano personaggi familiari all’immaginario dei bambini e li collocano in contesti narrativi nuovi, spiazzanti, irriverenti. È il destino di lupi, bambine incappucciate, porcellini e nanetti che trovano nella sua penna una rappresentazione ironica e irresistibile: proprio quella che contraddistingue anche Attenzione, passaggio fiabe!, un silent book edito da Babalibri in cui l’autore riunisce i personaggi a lui più cari.

Come lo fa? Mettendo Cappuccetto Rosso in sella a una bicicletta pronta ad attraversare il bosco fin dalla nonna. Ma la sicurezza viene prima di tutto, anche in mezzo ad alberi e cespugli: ecco quindi che a ogni incrocio la strada naturalistica presenta un cartello di attenzione agli orsi (tre ma senza viziatella ricciuta al seguito), ai bambini che spargono briciole, ai cacciatori e ai lupi feroci, che puntualmente alla pagina seguente si presentano in forma smagliante, chi sui pattini a rotelle, chi a cavallo, chi sullo skateboard e chi in bicicletta. E già ci immaginiamo le raccomandazioni della mamma a questa Cappuccetto Rosso ciclomunita: “Fermati allo stop!, “Dai la precedenza a Pollicino” e “Guarda bene a destra e a sinistra che non arrivi un cavaliere a tutta birra!”, altro che “Non fermarti a parlare con il lupo”. Questione di modernità!

Forte di un continuo gioco di rimandi a narrazioni note e di una sfida puntuale a indovinare chi comparirà per strada e in sella a quale mezzo, Attenzione, passaggio fiabe! offre una lettura divertente tanto più se condivisa. Questo, unito alla mancanza di parole scritte, alla linearità della narrazione, al richiamo a un immaginario comune, alla corrispondenza precisa tra ogni cartello e l’illustrazione successiva e alla struttura iterata, lo rende inoltre apprezzabile anche laddove ci siano difficoltà a seguire un racconto più tradizionale o a decodificare un testo.

Assolutamente imperdibili i risguardi del libro che anticipano da un lato e proseguono dall’altro il sottile gioco di segnaletica inventato dall’autore. 24 nuovi segnali – che spaziano dal pifferaio di Hamelin al principe ranocchio, dal Gatto con gli stivali a Cenerentola – offrono lo spunto per una caccia alla fiaba che difficilmente lascerà impassibili anche gli adulti.

Cornelius Holmes – Il caso del barboncino di Baskerville

Ci sono un investigatore di nome Holmes e il suo compare di nome Watson. Aspettate: sembra strano ma la loro storia – siamo certi – non la conoscete già! A dispetto dell’omonimia, i due sono personaggi sono infatti del tutto originali! Certo convivono in un appartamento di Baker Street, si dedicano a delicatissime indagini e portano due cognomi piuttosto noti ma escono dritti dritti dalla penna di Davide Calì per sollazzare le menti fresche di giovani lettori, strizzando l’occhio ai conoscitori del giallo in stile british.

Ne Il caso del barboncino di Baskerville, il signor Cornelius Holmes e il suo cane Watson, appassionanti di enigmi, si mettono sulle tracce di un raro cagnolino dagli occhi viola, apparentemente rapito dalla casa della duchessa di Bakerville (sì, la S di Baskerville appositamente manca!). La loro sarà un’indagine sui generis, fatta di improvvise illuminazioni dagli esiti dubbi e di corse sfrenate in giro per Londra. Alla fine un cagnolino dagli occhi viola Cornelius Holmes lo troverà e lo porterà alla presunta proprietaria, ma sarà davvero l’oggetto del rapimento?

La strada scelta da Davide Calì per omaggiare il celebre lavoro di Arthur Conan Doyle è intelligente e sfiziosa. I richiami al mondo dell’investigatore più famoso d’Inghilterra sono infatti numerosissimi e puntuali – dalla narrazione affidata a Watson alla presenza di un certo Moriarty, dal metodo di indagine ai luoghi di ambientazione – ma impastati in una vicenda del tutto nuova e dal differente spirito.

A differenza del più famoso Holmes, di cui sostiene ingenuamente di essere un discendente, Cornelius è un ometto incline più alla tavola che all’avventura oltre che distratto più che maniacale. Le sue indagini avanzano al ritmo di spuntini e merende: ricompensa e carburante delle sue sofisticate congetture. Così, ogni breve capitolo dello scorrevole racconto scritto da Davide Calì, si anima di sfiziose digressioni sugli snack dell’investigatore, alleggerendo ulteriormente la lettura. Quest’ultima, inoltre, è agevolata dalla scelta della casa editrice Biancoenero di pubblicare il volume ad alta leggibilità, prediligendo un font specifico per dislessia, una spaziatura maggiore tra le lettere, le parole e le frasi, una carta non lucida, un testo non giustificato e frequentemente accompagnato dalle illustrazioni, qui firmate da Sara Gavioli.

Guarda fuori

Attenzione: se decidete (e decidetelo, mi raccomando!) di leggere Guarda fuori, ultimo nato in casa Minibombo – cercate magari un posto tranquillo e al riparo da sguardi indiscreti. Il pericolo di essere colti in flagrante, nel pieno di sonore risate è alto, ma che dico: altissimo! Almeno a noi è successo così.

Dentro questo albo dal formato quadrato, nel bel mezzo di un paesaggio innevato, i fatti avvengono a pagine alterne al di qua e al di là di una finestra. Dal lato interno, due bambini osservano ciò che accade fuori, indicano a turno dove guardare, anticipano con le espressioni del volto il tono di ciò che succede oltre il vetro. Ma è solo girando la pagina, quando l’obiettivo inquadra ciò che succede fuori, che il lettore scopre davvero cosa hanno visto e indicato i bambini, condividendo di volta in volta il loro stupore, il loro timore o il loro entusiasmo. Tra la neve che cade, infatti, un uccellino, tre conigli rosa, un gatto e un orso (dai tratti felicemente familiari a chi abbia letto altri libri di Silvia Borando) danno vita a scene ora tenere, ora (apparentemente) tragiche, ora coraggiose, ma sempre tinte di un velo di ironia che impedisce al lettore di restare impassibile. Fino al colpo di scena finale, chicca con cui la casa editrice reggiana da sempre ci ha viziati, che spiazza, convince e fa ridere di gusto.

Con un ritmo perfettamente studiato e un’essenzialità di fondo che aiuta a raccontare la storia anche se le parole non sono scritte, Guarda fuori offre una lettura golosissima soprattutto se condivisa (in questi giorni di neve, poi!). In pieno stile Minibombo, il libro propone figure grandi, minimali e ben definite, colori pieni, contrasti forti e inquadrature piane che rendono il libro realmente apprezzabile e fruibile anche da bambini molto piccoli. L’assenza di parole, dal canto suo, non preclude l’accesso, anche in autonomia, a bambini un pelo più grandi, magari a cavallo tra scuola dell’infanzia e scuola primaria, con difficoltà legate alla decodifica testuale. Mentre la chiarezza dei passaggi narrativi marcati dalle sole immagini agevola la partecipazione anche da parte di bambini con lievi difficoltà cognitive.

Linee

All’inizio di Linee non c’è che una bambina che  pattina leggiadra e in solitaria sul ghiaccio. Anzi no. All’inizio – o prima ancora dell’inizio, nei risguardi del libro che sempre per Suzy Lee hanno un ruolo e un valore – c’è un foglio bianco con una gomma e una matita poggiati sopra. Potrebbe sembrare puramente decorativo e il lettore probabilmente tende a dimenticarsi di averlo visto fin da quando volta la prima pagina. Se ne ricorderà forse solo più avanti, quando quel foglio entrerà a pieno titolo nella storia.

Scorrendo le pagine del libro, infatti, si segue la piccola pattinatrice nei suoi volteggi sul ghiaccio, che disegnano linee armoniose dal tratto variegato: più spesso, più sottile, tratteggiato, doppio. La bambina si muove leggera, quasi volando, e pare concentrata, sicura di sé, felice. Questo ci dice l’espressione del suo volto. Ma poi accade qualcosa: la bambina perde l’equilibrio e cade rovinosamente a terra. La sua scivolata cancella parzialmente il disegno lasciato dalle lame: accipicchia, proprio ora che l’esibizione pareva perfetta e stava creando un tratteggio impeccabile! Ecco allora che voltando la pagina ci troviamo davanti un foglio appallottolato. Ohibò! È qui che ricolleghiamo quanto sta accadendo all’immagine che inaugurava il libro e che qualcosa in noi inizia a scattare, facendoci  apprezzare il gioco di matrioske fatto di un foglio dentro un altro foglio che l’autrice ha messo in piedi. Lo facciamo soprattutto perché il disegno accartocciato poco dopo viene riaperto e lisciato per popolarsi di molti altri bambini che con grande libertà e divertimento si muovono sulla pagina, facendo di ruzzoloni, sederate e capitomboli  il segreto per rendere la tela ghiacciata un quadro ancor più bello e vario.

Con un albo raffinato e intelligente, che non ha paura del bianco immacolato, Suzy Lee torna a incantarci con il solo potere delle figure. Senza parole come i precedenti volumi che compongono la trilogia del limite, anche questo libro parla chiaramente (e forse anche in modo più diretto, rispetto a L’onda, Mirror e Ombra) al lettore senza bisogno di un testo scritto. Il risultato è quindi amichevole anche nei confronti di bambini con difficoltà di decodifica testuale legata per esempio alla sordità o alla dislessia ma in possesso di quelle abilità cognitive che consentano di cogliere le inferenze e gli scarti tra diversi piani di narrazione che contraddistinguono il lavoro dell’autrice coreana.

Anche questa volta, in effetti, Suzy Lee ci ammalia con una riflessione che è anche un sottile gioco intellettuale sul concetto di limite: quello impalpabile che separa il dentro e il fuori del libro e che fa di un foglio bianco la pagina di un libro o  un’illustrazione in esso contenuta. Dentro- fuori, reale-disegnato: la dicotomia esplorata dall’autrice porta un senso di straniamento fecondo nel lettore, felicemente costretto a rimettere in discussione il suo sguardo iniziale. Proprio la stessa operazione, in fin dei conti, che Linee invita a compiere facendo dell’errore un vero e proprio elogio illustrato. Siamo certi che ciò che non risponde alle nostre aspettative iniziali debba necessariamente essere meno buono, meno valido, meno apprezzabili? O forse,  invece, quello che chiamiamo errore può scatenare fruttuosi processi creativi e rivelarsi in definitiva un piccolo  inatteso successo? Rodari ce lo ha insegnato bene e Suzy Lee, con le sue linee impertinenti, ce lo ricorda magistralmente!

Serpenti finti e strani maghi

Eccoci in un batter d’occhio alla quarta avventura della serie Vi presento Hank e a questo punto lo spumeggiante personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver può dirsi familiare non solo ai lettori della serie maggiore (Hank Zipzer il superdisastro, giunta ormai all’ottavo episodio) ma anche ai loro fratellini più piccoli che hanno da meno tempo imparato a padroneggiare la lettura. Dopo Un segnalibro in cerca di autore, Breve storia un lungo cane e Fermate quella rana!, anche i sette-ottenni appassionati di avventure divertenti potranno ormai dirsi esperti del travolgente mondo di Hank.

Cacciatosi come al solito in un guaio, il ragazzino più creativo di New York si trova questa volta a dover imparare in pochi giorni un complicatissimo numero di magia. Intenerito dal sogno della sorella Emily di avere dei serpenti alla sua festa di compleanno, Hank le promette infatti la partecipazione del famoso Mago di Manhattan che potrà esaudire con i suoi poteri il suo bizzarro desiderio. Peccato che il Mago di Manhattan non esista e che Hank debba  trovare il modo di non farlo scoprire alla sorella.

Meno incentrato dei precedenti episodi sulle difficoltà scolastiche di Hank legate alla sua forte dislessia,  Serpenti finti e strani maghi  non manca di dare spazio e rilievo alla straordinaria inventiva del protagonista, qui insolitamente colto nel suo lato tenero di fratellone. Stampata come sempre ad alta leggibilità – con carattere che aiuta a confondere meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, carta color crema e grandi disegni – quest’ultima avventura è godibile e leggera: un buon incentivo alla lettura anche per chi fatica un po’ di più a far suo un testo.

Cuore di tigre

L’incontro tra Paola Formica e Carthusia aveva già prodotto, pochi anni fa, un libro senza parole densissimo e coraggioso dal titolo Orizzonti, meritatamente finalista del Silent Book Contest 2014. Oggi quell’incontro si rinnova con un altro libro che di parole non ne contiene nemmeno una ma che ne  accende moltissime dentro il lettore, prestandosi a detonare profondi e importanti confronti intorno a un tema delicato come quello del diritto all’essere bambini.

Cuore di tigre è infatti un silent book che vede protagonista una bambina dell’altro capo del mondo, che potrebbe per esempio essere indiana dati i tratti somatici e gli abiti, messa in mano a un adulto barbuto che di lei diventa lo sposo, interrompendo con bruschezza e decisamente prima del tempo quelli che dovrebbero essere i suoi giorni dell’infanzia. Con un potentissimo e accurato gioco di attenzioni sugli sguardi, l’autrice riesce a raccontare una storia fatta di emozioni che attanagliano il lettore e lo costringono a non voltarsi dall’altra parte, come invece potrebbe fare di fronte a una storia simile raccontata da un tg. In quei piccoli e quasi impercettibili scatti di forma, posizione, grandezza, chiusura e luccichio degli occhi si percepiscono con evidenza la tristezza, la paura, la rassegnazione e il terrore della protagonista ma anche il dolore della madre o l’indifferenza dello sposo: un ventaglio di sentimenti che segnano un percorso durissimo per una bambina, capace però di tirare fuori la tigre interiore che potrà forse salvarla.

Forte e coinvolgente, raffinato ed echeggiante, Cuore di tigre ha il raro pregio di evocare senza dire e di indicare sentieri interpretativi che sta al lettore  scegliere e tracciare con precisione. Proprio questa indefinitezza, che molto racconta e suscita, fa del libro un’occasione preziosa per interrogarsi, a bassa e ad alta voce, sull’impegno che il rispetto dell’infanzia ancora richiede, domandando a ciascuno di sentirsi chiamato in causa, interessato. Questi aspetti, che arricchiscono e donano complessità al libro, lo rendono specialmente adatto a lettori anche con difficoltà di decodifica testuale ma con una certa dimestichezza nella decodifica iconica. I ragazzi delle medie, in particolare, cui raramente si destinano lavori con un forte componente illustrativa, possono trovare qui un racconto estremamente suggestivo e stimolante per  i loro occhi e le loro menti in crescita.

 

Un’avventura in forma di labirinto

Trovare un amico vero può costituire una prova davvero ardua. Ma l’amicizia è anche cosa lieve, come un origami sospeso, e per essa si affrontano con leggerezza anche i più ostici percorsi a ostacoli. Così il bambino protagonista del libro di Aleksandra Artymowska, intristito dalla mancanza dei suoi amici, si mette alla loro ricerca attraversando grotte, foreste, tubi, ponti di barche, antiche città e strutture infestate dai cactus. Ogni pagina è un contesto e un paesaggio diverso, all’interno del quale il tenace bambino si districa cercando di volta in volta il cammino corretto.

A indicargli la strada, a ogni cambio d’ambiente, è una piccola freccia che evidenzia l’uscita ma per raggiungerla occorre trovare il percorso giusto, che non conduca fuori pista o in un vicolo cieco. E questo è il compito implicitamente attribuito al lettore che con attenzione scruta, azzarda, prova e aggiusta il tiro. Fino ad arrivare alla ripidissima scala a pioli che fa ben sperare giacché lì i leggeri origami, sempre sparutamente presenti nelle pagine precedenti, si affollano numerosi come ad anticipare l’imminente ricongiungimento.

Un’avventura a forma di labirinto, finalista del Silent Book Contest 2016 e pubblicato da Terre di Mezzo, è un libro senza parole assolutamente curioso e originale. La sottile cornice narrativa che lo contraddistingue diventa infatti pretesto per un gioco di orientamento all’interno dei diversi labirinti che mette alla prova il lettore e lo catapulta dritto dritto al centro della storia. Con la sua struttura insolita ma iterata e la sua veste pulita e raffinata, il libro risulta non solo molto piacevole ma anche particolarmente fruibile anche in caso di difficoltà di lettura più o meno marcate.

Il coro di mezzanotte

Il coro di mezzanotte è un coro insolito e originale che si forma involontariamente una notte di luna piena. Risvegliato dal canto della giovane Camilla, il gallo del regnopensa sia mattina e sveglia il servo del re che a sua volta pensa sia mattina esveglia il sovrano che a sua volta pensa sia mattina e sveglia la pittrice di corte che, indispettita porta tutta la ciurma all’origine della catena di errati risvegli. Così, riuniti sotto la finestra di Camilla, il re, il servo, la pittrice e il gallo restano ammaliati dalla voce celestiale della fanciulla e si lasciano ispirare, ciascuno a modo proprio. Ne nasce un concerto improvvisato in cui ciascuno ha la propria parte da solista e in cui l’insieme appare armonioso e appagante.

Musicale non solo nel contenuto ma anche nella maniera in cui è raccontato, ricca di onomatopee, Il coro di mezzanotte risulta particolarmente adatto a una lettura ad alta voce o a una registrazione audio da ascoltare. È bello, quindi che la fiaba scritta da Claudia Ferraroli sia resa disponibile da La Fabbrica dei segni su CD in forma di audiolibro, così da risultare accessibile anche in caso di dislessia o disabilità visiva. All’audiolibro, inoltre, è possibile associare l’albo illustrato (costo 12 euro), sempre realizzato da La fabbrica dei Segni e illustrato da Arianna Usai.

Fino al cielo

Di libri che si possono guardare a ripetizione, senza mai stufarsi e scovando anzi qualche dettaglio prima passato inosservato, si vorrebbe aver la stanza piena. Per sapere dove infilare il naso in un momento di noia, per sfidarsi a trovare nella lettura un’ininterrotta sorpresa, per nutrire occhi e mente di un piacere che non è mai eguale a sé stesso. Ecco perché un libro originale e ricco come Fino al cielo di Tom Schamps entra con piacere nella libreria o per meglio dire sul muro di casa, dal momento che completamente aperto, il volume assume la forma di un bel metro.

Un libro per misurarsi, insomma, in tanti sensi: misurarsi in altezza – quanti piani del palazzo sei alto tu? quante mini-storie io? – ma anche misurarsi con una lettura che invita a mettersi in gioco e a stravolgere paradigmi consolidati di approccio alle pagine. Perché qui le pagine si aprono a fisarmonica in senso verticale fino a far prendere forma a un intero condominio di carta. I due protagonisti – due bambini bizzarramente abbigliati come una cappuccetto rosso di città e un  giaguaro in sneakers – che il lettore incontra al piano terra del libro, dove ha sede un negozio di cappelli stravaganti, salgono infatti di un piano ogni volta che il volume si allarga di una pagina, incontrando man mano abitazioni e inquilini particolari. Ci sono per esempio il marinaio e la sirena in una vecchia sala da bagno, l’uomo agreste che coltiva un albero in salotto in compagnia di un cervo o la bambina con i libri (fisicamente e metaforicamente) in testa. A ognuno i due ragazzi lasciano una misteriosa busta con timbro a cuore il cui significato e contenuto si intuisce solo una volta giunti nel sottotetto: qui tutto prende senso, la mente schiaccia rewind,  i dettagli si ricompattano e il desiderio di tornare indietro a cogliere ciò che una prima lettura ha trascurato si fa irresistibile. E così si ricomincia…

Ripercorrere su e giù le scale di questo insolito palazzo è infatti un autentico divertimento. L’autore, il cui stile ha un che di naif e di espressionista che lo rende ipnotico, vi dissemina così tanti dettagli che l’occhio fatica ad apprezzarli tutti insieme. Ogni piano diventa così un quadro in cui immergersi a lungo e a fondo, in cui crogiolarsi senza fretta, per cogliere rimandi interni ed esterni – si pensi alla bambina del penultimo piano che legge lo stesso libro che sta leggendo il lettore o a alla rivista Time che giace sul tavolino di una salotto tappezzato di orologi – o per seguire tracce e individuare impercettibili cambiamenti – come quelli nel cestino dei ragazzi, per esempio, che si riempie man mano che i due salgono con prodotti non casuali.

Questa ricchezza interna di ogni quadro, contenente un piccolo microcosmo in cui si celano sottilissimi fili narrativi significativi sia in sé sia rispetto alla cornice generale, dona grande originalità e fascino al libro pubblicato da Beisler, e lo rende altresì interessante pensando a un pubblico con bisogni speciali di lettura. In quanto silent book dotato di questa specifica qualità, infatti, Fino al cielo può piacevolmente abbracciare molti lettori che per ragioni diverse faticano a godere di un testo scritto ma apprezzano la complessità delle figure e la loro estrema fertilità fantastica.

Cosa dovrei dire io?

Spassosissimo: S P A S S O S I S S I M O! Non c’è tanto da discutere: questo libretto agile e allegro targato Sinnos metterà duramente alla prova la vostra capacità di restare seri (figuratevi dunque quella dei bambini!). Protagonisti sono una sfilza di animali della foresta che a turno diventano vittime e promotori di prese in giro: la scimmia viene derisa per le sue orecchie a sventola, l’elefante che ne condivide il problema la consola e lei, risollevata, lo deride per i suoi dentoni a banana. Allora l’elefante si intristisce, il castoro che ne condivide il problema lo consola e lui, risollevato, lo deride per la sua coda piatta a mo’ di focaccia. Allora il castoro si intristisce, il coccodrillo che ne condivide il problema lo consola e… inutile dire che la spirale di scherni subiti e perpetrati va proseguendo su questa strada, in un crescendo ironico che arriva a una degna e buffa conclusione, che è al contempo una fine e un (ri)inizio.

Cosa dovrei dire io? – che non è solo il titolo del volume ma anche il leitmotiv che ogni animale ripete quando cerca di consolarne un altro – fa parte della collana Leggimiprima di Sinnos, rivolta a bambini del primo ciclo delle elementari (ma godibile in lettura condivisa anche da bambini più piccoli) e contraddistinta da storie brevi e accattivanti, font apposito in stampatello maiuscolo (leggimiprima), sbandieratura a destra, spaziatura maggiore e carta color crema che ne agevolano la fruizione anche in caso di difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Ecco, credo che nulla valga più di una storia divertente, travolgente, ben costruita e sapientemente narrata come questa per avvicinare i bambini, anche quelli più recalcitranti, alla lettura autonoma (oltre che alla lettura in generale, data l’eccelsa predisposizione anche a una lettura ad alta voce). Se poi una storia come questa – con un meccanismo di ripetizione perfetto, un linguaggio tutt’altro che banale e delle illustrazioni che sono un inno al divertimento –  viene pubblicato ad alta leggibilità allora il diabolico progetto di  invitare in bambini a scoprirsi lettori può dirsi davvero completo. Brava, bravissima Sinnos, quindi, che senza mai stufarsi e senza mai stufare continua a scovare e proporre titoli che fanno dell’alta leggibilità non solo un’etichetta formale ma un progetto che mai prescinde dal contenuto.

Mediterraneo

È difficile, difficilissimo parlare di un libro come Mediterraneo. L’albo senza parole (fatto salvo per quelle strazianti che lo aprono “Dopo aver finito di annegare, / il suo corpo scivolava / lentamente / verso il fondo, lì dove i pesci lo aspettavano.”) di Armin Greder è infatti un concentrato densissimo di riflessioni e spunti su di un tema cocente come quello della migrazione, che pesa come un macigno sugli occhi e sulla mente di chi legge.

Tutto parte con l’immagine di un corpo morto annegato sul fondo del mare. È un’immagine forte come un pugno, che richiede determinazione e coraggio a voltare la pagina. Quel che ci attende subito dopo è un racconto che allarga progressivamente il campo visivo, muovendo dai pesci che di quel corpo si nutrono fino ad arrivare alle coste africane da cui probabilmente quel corpo è partito. E così, come in una sorta di viaggio a ritroso,  ci troviamo a seguire quei pesci sulla tavola di due individui, che loro volta seguiremo nei loro loschi traffici di armi, che a loro volta seguiremo mentre minacciano folle di persone impaurite all’inizio del loro incerto viaggio. Fino ad arrivare sul barone dapprima stipato fino a scoppiare di persone dai volti indefiniti e poi completamente svuotato e riverso in mezzo al mare. Da lì, il passo che ci riporta all’inizio della storia è brevissimo e indispensabile per chiudere e al contempo riaprire un cerchio e attivare un cortocircuito riflessivo che ci tiene dentro e non più fuori dalla storia.

Quei visi abbozzati e quasi deformati che caratterizzano lo stile di Greder sono forse l’aspetto più impattante del suo racconto per immagini, quello che ci invita a leggere e rileggere la storia da capo a fondo e da fondo a capo per esser certi di non confondersi e di non fraintendere, quello che ci dice quanto universali siano le storie di chi si imbarca verso un destino ignoto, quello che ci obbliga a ridefinire il senso di io e di loro.

Mediterraneo è un libro tanto scomodo quanto necessario. È un libro che parla a fondo di noi anche se la nostra faccia non compare nemmeno una volta sulle pagine, che guarda la tragedia dei morti in mare durante le traversate del Mediterraneo dal retro e non dalla facciata e che invita a riconsiderare un fenomeno così complesso come la migrazione rendendo conto della spirale di eventi che lo dota di moto perpetuo. In una parola, è un libro complesso e come tale merita di comparire tra le letture, soprattutto condivise ed echeggiate in gruppo (per esempio a scuola) di tutti i ragazzi dalle medie in su, capaci di assorbire le notizie che vengono dal mondo vicino e lontano ma spesso sprovvisti degli strumenti per elaborarle.

E forse proprio questa complessità, che di primo acchito tenderebbe a tenere il libro lontano dal mondo delle difficoltà di apprendimento e della disabilità  – così superficialmente destinate alla banalizzazione del mondo e della sua espressione – , dovrebbe in realtà renderlo appetibile e meritevole di essere preso in considerazione e proposto anche in queste situazioni. Perché la complessità – dei temi, del racconto e delle forme –è nutrimento prezioso e fonte di grande soddisfazione per quei lettori che fanno a volte a pugni con il testo pur essendo in possesso di piene facoltà cognitive. Ragazzi dislessici o sordi, per esempio, che tra le immagini si possono muovere con dimestichezza a differenza di quanto non fanno con le parole, sono lettori potenziali adattissimi di un libro potente ed evocativo come Mediterraneo.

Il segreto della fontana blu

Che nelle città, anche quelle più grigie, potessero nascondersi dettagli a forte carica narrativa ce lo aveva suggerito con forza l’originale Miramuri di Alessandro Sanna e Massimiliano Tappari. Ma il tema dei racconti urbani da svelare è fertile e importante, così Terre di Mezzo torna a esplorarlo con un altro albo di grandissimo fascino.

Si tratta de Il segreto della fontana blu: un silent book raffinatissimo firmato da Kyung-Sik Choi, in cui a far accadere qualcosa di straordinario è un’anonima fontana di quartiere. Potrebbe essere una fontana qualunque in mezzo a palazzi qualunque di una città qualunque, eppure il bambino protagonista vi scorge qualcosa di particolare, ne coglie il fascino incompreso e decide di guardarla più da vicino. E così la fontana rivela il suo segreto – giusta ricompensa per una sana curiosità – travolgendo il bambino (insieme al suo fedele cane) e conducendolo in un viaggio di cui certo non si pentirà.

Sarà un viaggio incredibile, sotto e sopra le profondità del mare, a cavalcioni di una balena che fino ad allora era rimasta quieta sotto il bordo di quella comune fontana, con lo sfiato in corrispondenza dello zampillo d’acqua. Serviva uno scatto d’immaginazione per farla scatenare, un guizzo impavido e creativo che tingesse di fantastico la più monotona delle realtà. Dopodichè basta abbandonarsi al mastodontico cetaceo per farsi trasportare dove l’azzurro delle onde prende il posto del grigio del cemento e dove l’odore dell’oceano resta addosso come fosse indelebile.

Con un tratto suadente e certosino e un gusto misurato per l’uso del colore, l’autore accompagna con garbo il lettore al limitare tra ciò che esiste fuori e ciò che esiste dentro la nostra testa, cogliendo con leggerissimi cambi di texture ciò che è mobile e ciò che è immobile e restituendo con sapienti volteggi di inquadrature il senso di un viaggio vorticoso che fa del cambio di prospettiva la sua chiave d’avviamento.

Il racconto procede qui solo per immagini (le poche parole che il lettore trova in apertura di libro aiutano a cogliere il senso del viaggio, abbozzano qualche indizio ma non rivelano nulla in maniera definitiva), in una continua sospensione tra dimensione reale e dimensione fantastica e lasciando ampi spazi immaginativi tra un passaggio narrativo e il seguente. Per questa ragione Il segreto della fontana blu invita a una lettura estremamente suggestiva e non proprio semplicissima, il che la rende molto accattivante per tanti lettori che trovano un ostacolo nei testi scritti e che ciononostante sono fervidamente affamati di storie e capaci di muoversi con agio nel mezzo della complessità delle immagini.

La mia amica ape

In mezzo a una città, tutta cemento e grattacieli, abita una bambina. Dalla sua stanza, dove si sta godendo una lettura tranquilla, entra un giorno un’ape. La bambina tutto subito fugge ma poi, nel controllare prudentemente che fine abbia fatto l’insetto, si accorge del suo atteggiamento pacifico e decide di farsi coraggio. Pochi gesti di cura nei suoi confronti – un po’ d’acqua e zucchero e un’asciugatina – sanciscono l’inizio di un’amicizia straordinaria che cresce via via in intensità almeno quanto l’ape cresce via via in dimensione agli occhi della bimba. Insieme le due non soltanto giocano, chiacchierano, ballano o fanno merenda in un susseguirsi di momenti di grande serenità ma partono anche per un viaggio importante al di là dei palazzoni, dove fiori e piante variegati abbracciano la vista, per riportare in città qualche seme di accoglienza per il piccolo e prezioso popolo delle api. Sarà un modo speciale e insieme esemplare di consolidare e celebrare un rapporto delicatissimo tra regno umano e animale, a cui anche i piccoli lettori possono ispirarsi.

L’attenzione che l’autrice Alison Jay dedica ai dettagli è davvero ammirevole: non solo essi animano ogni quadro restituendo concretamente l’immagine di una città in fermento, ma disseminano minuscoli ma preziosi indizi interpretativi che aiutano a decifrare al meglio ciò che accade nella storia. Tra di essi il lettore può dunque svagarsi – curiosando per esempio tra le occupazioni dei diversi inquilini del palazzo o le attività che fervono per strada in ogni stagione – ma anche orientarsi – cogliendo per esempio l’amore della protagonista per la natura, evidente nell’abito, nel gingillo e nelle lettura, o trovando nell’espressione infelice dell’ape di fronte alla distesa di cemento il motore dell’incredibile viaggio che farà con la bambina.

Tutto questo assume tanto più valore se si considera che La mia amica ape appartiene alla categoria dei silent book e procede perciò attraverso il solo uso delle immagini. Delicate e accurate, felicemente giocate suo toni pastello, queste richiedono grande e ben ripagata attenzione per cogliere i piccoli scatti narrativi che collegano ogni riquadro al seguente, rendendo il volume particolarmente fruibile a chi già si muova agevolmente nel mezzo della complessità iconica.

 

Vacanze in balcone

Metti che tuo padre la spari grossa con gli amici del Circolo delle Freccette e dica a tutti che quest’anno andrete in vacanza alle Maldive. Metti anche che per salvare l’onore gli sia impossibile ritrattare quanto detto e chiudere lì la faccenda, anche quando perde il lavoro in tipografia. Che si fa? Occorre mettere a punto un piano! Ecco quindi che scatta l’operazione Estate in balcone per la famiglia di Tex, giovane narratore di quest’avventura surreale. Il piano è semplice ma ingegnoso: fingere di partire per le Maldive e chiudersi invece in casa, cercando di rendere la frottola il più possibile credibile.

Scandite da una studiata tabella di turni per rosolarsi in maniera credibile sul balconcino, le giornate estive della famiglia Capossi trascorrono tra esperimenti scientifici (è possibile cuocere un uovo solo col calore del sole?), partite appassionate a giochi di società e manicaretti con quel che passa il convento. Sarà per tutti – compreso il nonno Alarico che da anni se ne sta zitto e fermo sulla sua poltrona – l’occasione per riscoprirsi come individui e come gruppo, cogliendo il senso più coinvolgente e spesso dimenticato di quell’avventura chiamata vita in famiglia.

Il libro scritto da Fulvia Degl’Innocenti con un umorismo godibilissimo e illustrato da Noemi Vola con una freschezza espressiva che perfettamente si accompagna al testo, fa parte della collana Zoom di Biancoenero, pensata per un pubblico di lettori, con o senza dislessia, alle prime ma non primissime armi. Come gli altri volumi in catalogo, Vacanze in balcone vanta quindi tutti i tratti caratteristici dell’alta leggibilità (font specifico, spaziatura maggiore, testo non giustificato, distribuzione del testo che segue l’andamento della frase, carta color crema…), che trova ulteriore valore e significato nella scelta di una storia pensosamente leggera e di una narrazione che sa come far sorridere il lettore.

Pino ha perso le parole

Pino è uno gnomo solitario e timido che ama canticchiare passeggiando tra gli alberi e riconoscere i versi degli animali stendendosi ad occhi chiusi. Chi direbbe mai che proprio lui possa salvare il bosco dall’arrivo di un terrificante orso? Eppure lo gnomo, costretto da questa circostanza eccezionale, scoprirà di avere parole da dire a voce alta o da sussurrare, senza tenerle solo per sé.

Adattissimo per una lettura condivisa e ad alta voce – dato il ritmo narrativo e la componente onomatopeica – Pino ha perso le parole si presta altresì molto bene a una lettura individuale da parte di lettori alle prime armi anche con difficoltà legate alla dislessia. I piacevoli paesaggi ricchi di dettagli, i personaggi dai tratti buffi, il testo semplice ma non banale e la piccola storia di coraggio concorrono a rendere amichevole l’aspetto del libro: qualità che trova ulteriore e apprezzabile espressione nella scelta del font ad alta leggibilità e in stampatello maiuscolo leggimiprima.

Con questo libro, firmato nel testo e nelle illustrazioni da un’autrice italiana, Sinnos conferma il suo impegno non solo nell’offrire volumi fruibili in caso di disturbi specifici dell’apprendimento ma  anche nel combattere l’idea che questi ultimi debbano necessariamente costringere a proposte semplicistiche o riduttive. Pur dando vita a una storia a misura di bambino, il libro di Gloria Francella non sacrifica infatti il gusto per un testo musicale e per una scelta lessicale che stimola e invita alla scoperta. E questo – tutt’altro che scontato – non può che fare del gran bene ai lettori e all’editoria per ragazzi tutta.

Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci e creative – edizione a colori

Graphic novel + alta leggibilità = bingo! L’idea che sperimenta Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci e creative è insieme semplice e geniale: rendere amichevole e invitante per gli adolescenti l’esperienza della lettura, combinando il genere del fumetto e il font ad alta leggibilità Leggimi!. Quello di Sinnos è il primo e finora unico esperimento di questo tipo, volto a saggiare nuove strade che incontrino i gusti e le aspettative dei giovani lettori, non ancora adulti ma nemmeno più bambini.

Anche il tema, d’altra parte, ci mette del suo. Dedicando una storia a 15 donne esemplari e coraggiose, capaci di emergere e far valere, ciascuna nel proprio ambito, una battaglia importante di libertà ed emancipazione, gli autori solleticano l’indole ribelle e grintosa dei ragazzi, e delle ragazze soprattutto. Dalla musica alla Resistenza, dal giornalismo allo sport, dalla scienza al cinema, le vicende di Miriam Makeba, di Marie Curie e delle altre protagoniste trovano un megafono affascinante e commuovente nei fumetti in bianco e nero che ne sottolineano efficacemente il vigore e l’incisività.

Edita per la prima volta nel 2013, la graphic novel curata da Assia Petriccelli e Sergio Riccardi torna ora in libreria con una nuova veste a colori e un nuovo formato (più piccolo e spesso) che ne aumenta considerevolmente l’appeal. Lo stesso percorso editoriale ha caratterizzato anche il lavoro di Federico Appel dedicato ai campioni dello sport e intitolato Pesi massimi che mostra un altro importante volto del coraggio  e della dignità civile.

Alice nel paese delle meraviglie – audiolibro Locomoctavia

Gli audiolibri sono prodotti straordinari e al contempo rischiosi: essi aprono le porte della lettura a chi non può fare affidamento sugli occhi ma non possono contare sul supporto prezioso delle illustrazioni e di pagine in cui la lettura fisicamente avanza. Con loro quindi la lettura può galoppare ma anche bruscamente frenare: questione di abitudine, di gusti ma soprattutto di qualità. Quando un libro diventa “solo” una voce da ascoltare è infatti forte il rischio che al prodotto venga dedicata un’attenzione superficiale e il risultato finale arranchi. Ma se quella voce è invece ben scelta, calibrata, esperta, capace di assecondare le giuste pause e far vibrare molteplici personaggi, ecco allora l’audiolibro galoppa eccome e alla mancanza di immagini e pagine non si bada proprio. È quel che accade, per esempio, quando si ascoltano il Pinocchio o l’Alice nel paese delle meraviglie proposti da Locomoctavia: prodotti che fanno della cura artigianale, nel senso più proprio e nobile del termine, la loro cifra restituendo una vitalità rinnovata a dei classici imperdibili.

Che siano lavori di cesello lo si nota presto e a lungo: dall’adattamento accurato dei due testi originali e dal racconto pacato ma vibrante, entrambi a cura di Daniele Fior; dalle immagini che impreziosiscono la custodia, firmate da Manuele Fior; e dall’accompagnamento musicale puntuale e incisivo di Francesco Catalucci in un caso e dei Gueppecartò nell’altro.

Alice nel paese delle meraviglie, in un doppio CD audio, ci invita così a seguirla nella tana del Bianconiglio, incantandoci dalla copertina con quella sua aria sognante e incalzandoci a filo dei suoi 32 capitoli con motivi che spaziano tra generi diversi e che assecondano, così, il pullulante e onirico creato da Carroll.

Pinocchio, in un singolo CD mp3, invece, opta per un racconto più posato in cui la chitarra marca il ritmo proprio là dove serve in una combinazione armonica con il testo (approvato peraltro dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi) che rende l’ascolto un autentico piacere.

Il risultato sono due audiolibri che potrebbero andar persi nella vastità della produzione editoriale e che invece meritano grande riguardo per il rispetto con cui si approcciano a dei capolavori della letteratura e per la vitalità talentuosa con cui li reinterpretano e rendono fruibili.

 

Alice nel paese delle meraviglie e Pinocchio, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono fruibili anche tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

 

 

Pinocchio – audiolibro Locomoctavia

Gli audiolibri sono prodotti straordinari e al contempo rischiosi: essi aprono le porte della lettura a chi non può fare affidamento sugli occhi ma non possono contare sul supporto prezioso delle illustrazioni e di pagine in cui la lettura fisicamente avanza. Con loro quindi la lettura può galoppare ma anche bruscamente frenare: questione di abitudine, di gusti ma soprattutto di qualità. Quando un libro diventa “solo” una voce da ascoltare è infatti forte il rischio che al prodotto venga dedicata un’attenzione superficiale e il risultato finale arranchi. Ma se quella voce è invece ben scelta, calibrata, esperta, capace di assecondare le giuste pause e far vibrare molteplici personaggi, ecco allora l’audiolibro galoppa eccome e alla mancanza di immagini e pagine non si bada proprio. È quel che accade, per esempio, quando si ascoltano il Pinocchio o l’Alice nel paese delle meraviglie proposti da Locomoctavia: prodotti che fanno della cura artigianale, nel senso più proprio e nobile del termine, la loro cifra restituendo una vitalità rinnovata a dei classici imperdibili.

Che siano lavori di cesello lo si nota presto e a lungo: dall’adattamento accurato dei due testi originali e dal racconto pacato ma vibrante, entrambi a cura di Daniele Fior; dalle immagini che impreziosiscono la custodia, firmate da Manuele Fior; e dall’accompagnamento musicale puntuale e incisivo di Francesco Catalucci in un caso e dei Gueppecartò nell’altro.

Alice nel paese delle meraviglie, in un doppio CD audio, ci invita così a seguirla nella tana del Bianconiglio, incantandoci dalla copertina con quella sua aria sognante e incalzandoci a filo dei suoi 32 capitoli con motivi che spaziano tra generi diversi e che assecondano, così, il pullulante e onirico creato da Carroll.

Pinocchio, in un singolo CD mp3, invece, opta per un racconto più posato in cui la chitarra marca il ritmo proprio là dove serve in una combinazione armonica con il testo (approvato peraltro dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi) che rende l’ascolto un autentico piacere.

Il risultato sono due audiolibri che potrebbero andar persi nella vastità della produzione editoriale e che invece meritano grande riguardo per il rispetto con cui si approcciano a dei capolavori della letteratura e per la vitalità talentuosa con cui li reinterpretano e rendono fruibili.

 

Alice nel paese delle meraviglie e Pinocchio, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono anche fruibili tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

 

La dieta del pugile

Stuc e Pugnodiferro – all’anagrafe Riccardino Stucchi e Lucius Carnecruda – sono due pugili di fama mondiale. Non a caso sono pronti a sfidarsi nella cornice della palestra Sport Internescional. Il loro incontro è attesissimo, ma il vero duello si combatte prima del gong in una serie di sfide a distanza: il racconto è tutto una gara a chi disferà prima l’avversario, a chi trova l’offesa più curiosa nei confronti dell’altro o a chi può inghiottire più cibo, in un climax che culmina con “20 babà al rum, 6 chili di biscotti al burro, 10 cannoli siciliani con panna e un torrone” e, facile a credersi, una bella indigestione. Ma sarà davvero giunto al termine lo scontro?

Con una propensione alle liste spassose, già felicemente testata ne L’inaugurazione del Poseidon, Davide Calì torna alla carica con un nuovo racconto che ben rispecchia le caratteristiche della serie Minizoom di Biancoenero in cui è inserito: testo breve, divertente e ben scandito, illustrazioni frequenti, grafica amichevole, font e impaginazione ad alta leggibilità. Perfetto per lettori in erba intorno ai 7 anni, La dieta del pugile si presta bene a soddisfare la voglia di abbordabili ma appaganti letture autonome, strizzando l’occhio anche a lettori che arrancano un po’ a causa di disturbi specifici dell’apprendimento. Allo stesso tempo non si può fare a meno di pensare che, per la struttura, il ritmo e la caratterizzazione dei personaggi, questo sfizioso racconto si adatti a meraviglia a una lettura ad alta voce: a scorrer le righe di Calì pare proprio di sentirli, infatti, Stuc e Pugnodiferro, mentre si sfidano a suon di sparate boxistiche o di bistecche ingurgitate.

Il grande cane rosso

Torna in campo Beniamino, protagonista ironico e sognante de La settima onda, felice creatura di Vincent Cuvellier. In questa nuova avventura ad alta leggibilità, pubblicata da Biancoenero e intitolata Il grande cane rosso, il bambino condivide con il lettore una serie di ricordi della sua infanzia – il papà che lo fa volare fino in cielo, il buon odore della mamma, la sorella dai poteri di fata , il signore vestito di rosso che si calava dal camino e il topino che scambiava i denti caduti con dei soldini: ricordi che a un certo punto hanno subito un brusco cambiamento, costringendo il bambino a un quotidiano noiosamente normale. Sarà un tema particolarmente stimolante assegnato dal maestro e intitolato “Immaginate di avere un potere magico” a restituire al protagonista il gusto per il fantasticare.

Spiazzante e poetico, Il grande cane rosso celebra il valore della scrittura e dell’immaginazione come fondamentali animatori della vita di ogni giorno. Difficile trattenersi dallo scovare tracce autobiografiche tra queste righe, data la profonda sensibilità e lo straordinario potere inventivo dell’autore francese. Asciutto e lineare, il suo testo si presta naturalmente a una pubblicazione che rispetti le esigenze di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Le illustrazioni, a colori (recente novità per le pubblicazioni dell’editore romano) e forti di un gioco molto efficace di inquadrature insolite, amplificano perfettamente, dal canto loro, il tono surreale della narrazione. Chiara Lanzieri pare cogliere cioè con garbo e precisione il gusto dell’autore francese per un equilibrio tra sogno e realtà in cui convince amabilmente il lettore a seguirlo.

La compagnia dei soli

In un mondo sotterraneo, ai piedi di un vulcano attivo, si nascondono e si ritrovano un giorno tre figure reiette: un nano di nome Izio, tanto imperfetto nell’aspetto quanto generoso e altruista; una ragazza coraggiosa di nome Sara, sfuggita a un’umiliante prigionia; e un giovane di nome Pier Remigio, disposto a sfidare la morte e rinnegare il proprio padre in nome della rettitudine. Le loro storie, inizialmente distinte, trovano un punto di congiunzione saldissimo proprio tra i cunicoli più profondi della terra, dove il destino di ciascuno di loro si lega indissolubilmente a quello degli altri. La loro è a tutti gli effetti una Compagnia dei soli: un gruppo di individui non omologati a una società dominata dalla violenza e dall’egoismo, che trovano una possibilità di sopravvivenza e riscatto nel comune senso di giustizia e solidarietà.

Questi sono i valori che animano i tre protagonisti e che emergono senza retorica anche grazie al permanente senso di disagio in cui la narrazione pone il lettore. Gli autori hanno infatti la capacità di offrire una rappresentazione della brutalità che tocca nel profondo e consente a ciò che di luminoso c’è di imporsi con forza ancora maggiore. La graphic novel di Patrizia Rinaldi e Marco Paci è di una potenza, grafica e narrativa, difficile da dire. La scelta secca e ponderata delle parole si sposa qui perfettamente con un uso tagliente e incisivo dei colori, che marcano ed evidenziano puntualmente quale protagonista stia entrando in azione (lo sfondo giallo è per Sara, quello verde è per Izio e quello blu per Pier Remigio). Questo espediente, oltre ad arricchire la forza espressiva dei singoli quadri, contribuisce ad agevolare il lettore mentre segue lo sviluppo della storia: aspetto da non sottovalutare se si considera che la graphic novel fa parte di una collana di fumetti ad alta leggibilità pensati per risultare fruibili anche in caso di difficoltà di lettura.

Che genio Eugenio

Che tipo, Eugenio! Di professione fa l’inventore di cose inutili: la lampada senza lampadina, l’orologio in ritardo, la borsa col buco sono tutte sue creazioni e anche se apparentemente possono sembrare fuori di zucca, rivelano sotto sotto un’originale funzione. Proprio questa andrà a scoprire il lettore della prima storia ospitata da questo volume (Eugenio l’inventore) mentre se vorrà proseguire con la seconda (Eugenio e la torta sdolcinata) avrà modo di leggere di quella volta in cui il protagonista salvò un paese intero dalla noia, rivelandone le potenzialità sopite. Perché la noia, si sa, è propulsore di creatività!

Le due storie che compongono Che genio, Eugenio fanno parte della collana Tandem, la cui idea di base è molto sfiziosa. Sono due storie indipendenti ma legate tra loro: l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi per affrontare la seconda. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Mammut

Conquistare i lettori con un primo fumetto è umano, farlo anche con un secondo, è diabolico! Ebbene, quei due diavoli di Melvin e Boonen ci sono riusciti: dopo il successo di Weekend con la nonna i due autori fiamminghi sfornano ora una seconda storia davvero all’altezza delle aspettative di spasso e coinvolgimento di chi ha amato il loro primo lavoro. Anche in Mammut, infatti, la penna di Boonen e la matita di Melvin rivelano una sintonia ammirevole nel condividere uno spirito ironico e costantemente sospeso tra il reale e il fantastico. I testi brevi e secchi del primo, le sue didascalie buffe, e il suo intreccio collaudato di pensieri, discorsi e narrazione incalzante si sposano alla perfezione con i disegni divertenti e comunicativi del secondo, tutti in scala di grigio e salmone e capaci di catapultare il lettore in un’insolita era preistorica. Estremamente dinamiche e cariche di ritmo, tanto da dar l’impressione di assistere a un cartoon, le vignette di Mammut tirano il lettore per la giacchetta. Risultato: impossibile restare impassibili e impedirsi di sorridere!

Protagonista di questa storia travolgente è un bambino di nome Teo, da poco trasferitosi in una casa lussuosa, seguito da una tata paziente e sorprendente denominata tata pelosa, piuttosto trascurato da una mamma e un papà molto impegnanti con il lavoro ma attenti a vietare al figlio un sacco di cose divertenti: uscire di notte, per esempio, e andare a caccia di mammut. Ma quando lo spirito di avventura chiama non si può non rispondere e così Teo si ritrova ad esplorare un imprevedibile mondo preistorico che si nasconde poco distante da casa sua. È qui, proprio dietro l’alto muro di legno che reca l’insegna “Preistoria”, che il bambino incontra la druvida Marga, sfida i kraggak, rischia la pelle, percorre montagne russe mozzafiato, incappa in un coniglio gigante dai denti a sciabola e, manco a dirlo, si trova faccia a faccia con un vero Mammut (la cui cacca, occorre dirlo a onor del vero, è piuttosto ingombrante). Certo, si potrebbe obiettare che come sistema per fare nuove amicizie sia un po’ pericoloso ma l’avventura ha un sapore così irresistibile che anche la pacata tata pelosa finisce per cedervi, condividendo con Teo uno dei segreti più belli della sua vita.

Nel suo impetuoso gusto per il divertimento, anche questo lavoro di Melvin e Boonen non dimentica di offrire un ritratto, e con esso una riflessione silenziosa, sull’infanzia moderna e sulle contraddizioni di una quotidianità scandita da corsi di ogni sorta e attività formative ma pericolosamente tenuta al riparo da avventure, reali o immaginarie, in compagnia di persone fidate. Le espressioni, le esclamazioni e le reazioni del giovane Teo la dicono lunga sulla qualità del tempo condiviso che i ragazzi meritano e chiedono, non sempre con successo. Sicché quella tata che trascorre con Teo più tempo dei suoi genitori, che esegue quanto le viene da loro richiesto senza soffocare del tutto l’entusiasmo del bambino e che si improvvisa compagna di peripezie da scavezzacollo conquista tutta la simpatia del lettore, grande o piccolo che sia. Accolto da un’impaginazione e da un font fruibili anche in caso di dislessia, questi può dunque godersi un racconto straordinario in cui riconoscersi, ridere ed emozionarsi. Si può chiedere di più?

L’inaugurazione del Poseidon

Prendete la barca più grossa che riusciate a immaginare e stipatela di improbabili personaggi e tonnellate di cibo. Contate inoltre di arricchirla con le più disparate sale divertimento e le stanze più lussuose. Non avrete mica dimenticato di metterci i bagni, vero? No, perché è esattamente quello che è successo al ricchissimo Anastasia Patakis, proprietario della mastodontica nave Poseidon! A scoprire l’infausta dimenticanza, dopo un’irrefrenabile caccia alla toilette su e giù per i molti piani della nave, l’ignaro e modesto cronista Alberto Melis, messo alla prova dai drink dell’inaugurazione della nave.

Con il suo gusto spiccato per le liste, L’inaugurazione del Poseidon è un esilarante e dettagliata cronaca dell’inaugurazione più insolita mai avvenuta. Che elenchi le tipologie di passeggeri, le categorie di merci, i tipi di stanze o i membri del personale di bordo, l’autore Davide Calì ha la capacità di travolgere il lettore con cataloghi mignon che strappano sorrisi. Corredati da illustrazioni divertenti firmate da Noemi Vola, che esaltano il tono iperbolico della narrazione, questi si prestano con una naturalezza rara a letture ad alta voce di sicuro successo. La stampa ad alta leggibilità, la storia compatta e semplice, le frasi brevi e brevissime, le illustrazioni frequenti fanno inoltre di questo libro un invito alla lettura cui è davvero difficile resistere, anche in caso di difficoltà. Vale la pena scoprirlo e farlo scoprire ai bambini, anche dislessici, perché se è vero come è vero che lo spasso può fungere da straordinario detonatore di curiosità e motivazione, il libro di Davide Calì è un’autentica bomba.

Il lupo che voleva cambiare colore

D’accordo, il grigio sta bene con tutto ma indossalo oggi, indossalo domani, anche il colore più versatile finisce per venire a noia. Così almeno la pensa il lupo protagonista della storia di Orianne Allemand che da un giorno all’altro decide quindi di cambiare colore. Come fa? Semplice: senza timore di sperimentare e inventare, l’insoddisfatto lupo fa di vernici, maglioni, petali di fiori, cesti d’arance, fango e piume di pavoni insoliti ingredienti per un cambio di look. Saranno necessari bene sette trasformazioni, una per ogni giorno della settimana, per far rivalutare al lupacchiotto il suo colore originale e, in definitiva, la sua vera identità.

Con le sue illustrazioni buffe, la sua storia breve e lineare e il suo testo stampato con font leggimi, Il lupo che voleva cambiare colore si pone in maniera molto accattivante e amichevole nei confronti dei lettori alle primissime armi, inclusi quelli con difficoltà legate ai disturbi specifici dell’apprendimento. Il libro rientra infatti nella collana di Gribaudo che vanta caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità – font specifico, spaziatura maggiore, sbandieratura a sinistra – e all’interno della quali rientrano diversi altri titoli quali Il topino che si mangiò la luna, Il signor Paltò e Iole la balena mangiaparole.

Zazì, i maschi si vestono di rosa

Zazì è un tipo tosto: una bambina tutto pepe che ama gli sport e le avventure da scavezzacollo. Il suo modo scatenato di vivere il gioco, la scuola e i pomeriggi a casa la rendono un’amica unica per Max che insieme a lei si sente felice e si trova costretto a rimettere in discussione tutte le sue certezze in fatto di maschi e femmine. Con i suoi interrogativi (tu ce l’hai il pisellino? nella prima avventura e i maschi si vestono di rosa? in questa seconda) il bambino accende la miccia di piccoli dibattiti e buffe situazioni in cui la sua straordinari amica butta all’aria conformismi e convenzioni. Max e la nonna di Zazì sostengono per esempio che a quest’ultima stia benissimo un vestito fru fru, tutto pizzi e nastri. Ma siamo sicuri che sia così?

Ironico, irriverente e attento a far riflettere sui pregiudizi di genere che popolano le nostre teste, Zazì, i maschi si vestono di rosa? offre un’occasione di lettura divertente. La storia minima, i dialoghi incalzanti e le illustrazioni spiritose rendono in libro di Thierry Lenain e Delphine Durand adatto a bambini che muovono i primi passi da soli nel mondo della lettura. La pubblicazione ad alta leggibilità – con font leggimi concesso da Sinnos, sbandieratura a destra e spaziatura maggiore – amplifica dal canto suo l’appeal del libro, rendendo amichevole e invitante anche per quei giovanissimi lettori che sperimentano qualche difficoltà.

Piccolo Alberto

Quante cose bisogna imparare quando si è piccoli: a mangiare con la forchetta, a bere con la cannuccia, a pedalare in bicicletta e ad allacciarsi i bottoni. Il piccolo Alberto ha imparato a fare quasi tutto: mangia, beve, pedala e allaccia e solo ogni tanto combina qualche pasticcio. Ma la scarpe con le stringhe proprio no: quelle sono davvero difficili.

Così il piccolo Alberto inciampa in continuazione, sotto l’occhio vigile e critico dei parenti che non mancano di ripetergli “Devi imparare ad allacciarti le scarpe”. Mamma, papà, nonna e fratello, tutti si concentrano sull’importanza di non cadere. E se invece il punto fosse un altro? Sarà l’incontro con un clown a far cambiare prospettiva al piccolo Alberto che certo, alla fine, impara ad allacciarsi le stringhe ma soprattutto impara a far delle sue cadute qualcosa di positivo.

Contraddistinto da una struttura piacevolmente iterata e da una riflessione leggera sulla resilienza, Piccolo Alberto si fa apprezzare anche per la scelta di un font (Opendyslexic) e di un’impaginazione ad alta leggibilità. Questo aspetto, unito a un testo asciugato e senza fronzoli, agevola l’approccio anche da parte di lettori con dislessia.

La cripta del vampiro

Siamo in Scozia, nel 1868, e un attentato alla regina Vittoria d’Inghilterra sta per compiersi per mano dei prussiani. Alcuni militari, travestiti da frati, si sono intrufolati a Crooken Bay, supportati da qualche traditore, e delle torpedini sono state nascoste in una cripta del cimitero locale. Se il piano dei prussiani andasse in porto l’intera storia mondiale potrebbe subire uno scossone ma per fortuna ci sono sul posto due curiosi e coraggiosi ragazzi che riescono a mettere insieme i pezzi del puzzle e a sventare l’ardita strage.

I loro nomi sono Arthur Conan Doyle e Bram Stoker e, no, non è un caso di omonimia: i personaggi messi in scena da Sebastiano Ruizi Mignone sono effettivamente i creatori di Sherlock Holmes e di Dracula, immaginati in età infantile e in un ipotetico incontro estivo nella terra di nascita del primo. Contraddistinto da una grande forza fisica, da uno spiccato intuito e da un’incontenibile curiosità il primo e da una salute cagionevole, una passione per i vampiri e sogni tormentati il secondo, i due personaggi sono costruiti mescolando con perizia alcuni tratti caratteristici delle loro creature letterarie più famose e alcuni aspetti evidenziati dalle biografie di Doyle e Stoker. Il risultato è una coppia di amici diversi ma affiatati, perfetti per risolvere un mistero complicato. Ben costruito e narrato, quest’ultimo risulta avvincente anche per il lettore che non conosca le due figure di ispirazione. Stampato inoltre ad alta leggibilità, La cripta del vampiro offre inoltre una possibilità coinvolgente di lettura anche per chi soffra di disturbi specifici dell’apprendimento.

Alice nel paese delle meraviglie

Alice, quella che se va a zonzo nel paese delle meraviglie, ha da poco festeggiato i suoi primi 150 anni ma resta giovane e fresca come una pischella. Forse imbattibile per ricchezza inventiva, con il suo carico di personaggi fantasmagorici e creazioni verbali da fa arrotolare la lingue, il capolavoro di Lewis Carroll che la vede protagonista è garanzia fidata di alcune ore di avventura per la mente.

Felice dunque è la notizia della pubblicazione da parte di Emons di una versione in formato mp3 del romanzo, acquistabile su Cd o scaricabile dal sito dell’editore: a inseguire il Bianconiglio, incontrare il Brucaliffo, sfuggire alla Regina di cuori e far merenda con il Cappellaio matto in compagnia della biondina saranno ora molti più lettori, compresi quelli con poco tempo, e che potranno ascoltare la storia in auto, e quelli con difficoltà di lettura, che potranno finalmente conoscerla in una versione integrale ma accessibile.

La voce che qui anima la curiosa ragazzina e che ne rende fruibile il viaggio anche alla orecchie di lettori dislessici o con disturbi visivi, è quella di Anna Foglietta. Attrice di cinema e televisione, Anna vanta una voce suadente e calda che pare un invito a mettersi comodi in poltrona con una tazza di the fumante tra le dita e un paio di cuffie sulla testa: esattamente ciò che ci vuole, d’altronde, per un’avventura british che si rispetti!

Il GGG

Nel 2016 il mondo della letteratura per ‘infanzia ha festeggiato il centenario di quello che è probabilmente il più straordinario scrittore per ragazzi mai esistito: Roald Dahl. Le sue storie divertenti e originali, insieme ciniche e tenere, mai piegate alla norma moralista, hanno incantato, travolto, allietato e in molti casi convertito alla lettura generazioni di bambini. Salani, che da sempre è in Italia l’editore di Roald Dahl, ha celebrato questa importante ricorrenza donando nuova veste a tutti i suoi racconti e i suoi romanzi con un’edizione speciale. Non solo, alcuni di questi hanno trovato anche una voce ulteriore, capace di arrivare anche a lettori che, per difficoltà di lettura o disturbi visivi, erano rimasti finora esclusi dell’enorme piacere che l’immersione nel mondo fantastico dell’autore assicura. Dopo Gli sporcelli e La fabbrica di Cioccolato, già editi in forma di audiolibro negli anni passati, si sono ora aggiunti alla collezione in formato mp3 anche Il GGG e Matilde.

Il primo, riportato all’attenzione del grande pubblico anche dalla trasposizione cinematografica firmata da Spielberg, racconta dell’amicizia straordinaria tra un gigante gentile e la bambina Sofia, e della loro missione per fermare i gozzovigli degli altri giganti, golosi di umani. Il secondo, invece, vede protagonista una bambina di nome Matilde, lettrice accanita, che fa dell’intelligenza e della cultura le magiche armi per combattere la malvagità di alcuni adulti. Ricchissimi da personaggi indimenticabili e dai nomi esilaranti, gli audiolibri de Il GGG e Matilde garantiscono tra le 4 e le 5 ore di ascolto, condotte dalla piacevole voce di Bruno Alessandro.

Matilde

Nel 2016 il mondo della letteratura per ‘infanzia ha festeggiato il centenario di quello che è probabilmente il più straordinario scrittore per ragazzi mai esistito: Roald Dahl. Le sue storie divertenti e originali, insieme ciniche e tenere, mai piegate alla norma moralista, hanno incantato, travolto, allietato e in molti casi convertito alla lettura generazioni di bambini. Salani, che da sempre è in Italia l’editore di Roald Dahl, ha celebrato questa importante ricorrenza donando nuova veste a tutti i suoi racconti e i suoi romanzi con un’edizione speciale. Non solo, alcuni di questi hanno trovato anche una voce ulteriore, capace di arrivare anche a lettori che, per difficoltà di lettura o disturbi visivi, erano rimasti finora esclusi dell’enorme piacere che l’immersione nel mondo fantastico dell’autore assicura. Dopo Gli sporcelli e La fabbrica di Cioccolato, già editi in forma di audiolibro negli anni passati, si sono ora aggiunti alla collezione in formato mp3 anche Il GGG e Matilde.

Il primo, riportato all’attenzione del grande pubblico anche dalla trasposizione cinematografica firmata da Spielberg, racconta dell’amicizia straordinaria tra un gigante gentile e la bambina Sofia, e della loro missione per fermare i gozzovigli degli altri giganti, golosi di umani. Il secondo, invece, vede protagonista una bambina di nome Matilde, lettrice accanita, che fa dell’intelligenza e della cultura le magiche armi per combattere la malvagità di alcuni adulti. Ricchissimi da personaggi indimenticabili e dai nomi esilaranti, gli audiolibri de Il GGG e Matilde garantiscono tra le 4 e le 5 ore di ascolto, condotte dalla piacevole voce di Bruno Alessandro.

Colapesce

La leggenda di Colapesce, il ragazzo che poteva respirare sott’acqua, affonda le sue radici in un passato remotissimo ed è arrivata fino a noi in una moltitudine di versioni differenti. In quella felicemente proposta da Splen editore il protagonista viene messo alla prova dal re che gli chiede dapprima di recuperare una coppa gettata in fondo al mare e poi di dimostrargli, con un bastoncino incendiato, che sotto il mare c’è davvero il fuoco. Colapesce soddisfa entrambe le richieste ma dalla seconda prova non riemerge – si dice – perché impegnato a sostenere una delle colonne rotte sottomarine su cui si regge la Sicilia intera.

Grandissimo è l’omaggio che l’editore siciliano fa alla sua terra in questo volume: non solo la leggenda fa esplicito riferimento all’isola e al suo vulcano ma il testo in rima scritto da Riccardo Francaviglia trova un suggestivo controcanto nei brani in dialetto che lo accompagnano su carta e che sono altresì registrati sul cd allegato al libro. L’albo, illustrato dallo stesso Francaviglia e da Margherita Sgarlata, è infatti provvisto di audiolibro che arricchisce l’esperienza di lettura con musiche tratte da uno spettacolo di burattini dei medesimi autori e che favorisce la fruizione del racconto anche in caso di dislessia e (almeno in parte) in caso di disturbi visivi.

Suggestivo e molto piacevole all’aspetto, soprattutto in quelle tavole che danno spazio alla profondità degli abissi, Colapesce restituisce vitalità a una leggenda che si è rivelata fertilissima per molti autori di spicco – da Capuana a Calvino – e che mantiene un certo incanto anche nella più frenetica delle modernità. Non a caso il volume è stato candidato al premio Andersen 2017, come miglior libro 6-9 anni.

 

Mary Poppins

Le bambinaie forse non esistono più ma la più famosa di loro, Mary Poppins, continua a comparire, di tanto in tanto, nell’immaginario collettivo. E quando lo fa è sempre una gioia! La sua borsa magica, le sue peripezie in compagnia di Bert, i suoi metodi educativi fuori dagli schemi e le sue giornate avventurose insieme a Giovanna e Michele Banks sfidano il tempo (sono passato ormai più di ottant’anni dalla prima edizione del libro di Pamela Lyndon Travers) e mantengono una certa rara vitalità.

Per questo la pubblicazione da parte di Emons di un audiolibro dedicato alla storia della nanny più bizzarra e longeva della letteratura rallegra e fa sorridere. Questa edizione è infatti un interessante invito ad avvicinarsi a una storia nota a molti perlopiù in virtù della sua trasposizione cinematografica firmata Disney. L’interpretazione di Paola Cortellesi è in questo senso estremamente funzionale e capace di restituire al meglio lo spirito energico e travolgente di Mary Poppins. Il racconto per voce dell’attrice è quindi motivo in più per scoprire questa versione nuova e inclusiva di un grande classico, ora accessibile anche in caso di dislessia e disturbi visivi.

Insieme con papà

Accompagnare un genitore al lavoro può risultare noioso: ecco perché il protagonista di questo albo, trovatosi nella situazione, porta con sé un videogioco dal quale pare non voler staccare gli occhi. Nel laboratorio di falegnameria del papà, però, qualcosa di imprevisto accade: forse la spina del videogioco si stacca per errore e l’intera partita va persa o forse semplicemente uno strano oggetto attira l’attenzione del bambino. È un metro giallo, di quelli rigidi e sgargianti. Sembrerebbe uno arnese insignificante ma rivela, in realtà, intriganti potenzialità: chi ha un papà che traffichi con le misure lo sa bene!

In un attimo l’innocuo strumento di lavoro prende la forma di un pericolosissimo serpente, dando il via a un gioco d’invenzione in cui perdersi e vivere inaspettate avventure. Opportunamente sagomato, il metro diventa, infatti, casa, albero, automobile, elefante, e più ci si prende la mano più la faccenda si fa coinvolgente. Così, quando il metro delinea una mastodontica balena, questa pare così vera da spruzzar acqua dappertutto e inondare il laboratorio. Per fortuna c’è la barca costruita dal papà: una barca reale, realissima, che provvidenziale scivola in acqua. Ma per farla andare lontano, un’aggiunta fantastica si renderà necessaria… meno male che c’è il metro!

Insieme con papà, edito da Il leone verde, racconta una storia di immaginazione e affetto, in cui la noia si afferma come  propulsore di creatività. A raccontarcela in un albo dal formato piccino è l’autrice brasiliana Bruna Barros. Il suo racconto, che procede per sole immagini dallo stile asciutto e dai colori ricorrenti, risulta particolarmente agevole da seguire  e fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate alla componente testuale.

 

Ritorno

C’è stata una prima avventura in cui una bambina coraggiosa scopriva il potere dell’immaginazione grazie a un pastello magico che rendeva reali gli oggetti disegnati. Quell’avventura si intitolava Viaggio. Ce n’è stata poi una seconda in cui la bambina scopriva che fantasticare è più bello se fatto in due e compiva un’impresa eroica insieme a un amico di pastello. Quell’avventura si intitolava Scoperta. C’è ora una terza ed ultima avventura in cui la bambina dà un nuovo significato a tutto quanto finora vissuto, grazie a un’azione travolgente in compagnia del papà. Quest’avventura si intitola Ritorno.

Il ritorno cui fa accenno è quello a casa, a una complicità paterna prima sopita, a un’immaginazione condivisa da generazioni diverse che permette di superare ostacoli insidiosi. Nell’inatteso compagno di viaggio della bambina, disposto a seguire la figlia attraverso porticine disegnate, riconosciamo tanti genitori perlopiù dimentichi dell’età infantile ma dalle potenzialità creative ancora grandissime: figure che prese per mano da chi ha maggior dimestichezza con la fantasia sanno tirar fuori un coraggio e un’inventiva inaspettati. Così, a cavallo di creature alate, a bordo di sottomarini sofisticati e in bocca a grotte preistoriche, padre e figlia sconfiggono l’imprigionatore dei colori, liberano il regno della fantasia e ritrovano il legame smarrito. A quel punto le porte disegnate non servono più. Si è già a casa.

Una cosa difficile

Dei due amici, un cagnolino e un galletto, protagonisti di Una cosa difficile, vediamo all’inizio soltanto il primo. Il cagnolino, dall’aria preoccupata, rincorre infatti un affare rotondo che è rotolato giù dal crinale e che pare spezzato. Una volta recuperato, lo tiene saldo e si avvia su per la collina sfidando vento, pendenza e gelo. È solo allora che appare il galletto: è di spalle e sembra vagare con lo sguardo vero l’orizzonte. Sta piangendo in realtà ma quando l’amico gli porge l’affare rotondo, che si rivela essere la ruota di un carretto, e gli chiede scusa, tutto cambia. È allora che il lettore capisce in un lampo che cosa doveva essere accaduto prima che la ruota ruzzolasse giù per la collina. Ed è allora che gode, insieme ai due protagonisti, della sensazione bellissima di una cosa – un carretto o un’amicizia – che si aggiusta.

Tutto giocato sui toni del bianco, del nero e dell’azzurro, Una cosa difficile racconta attraverso le immagini la strada tortuosa che conduce da uno sgarbo al perdono. Dentro queste poche e tenere pagine c’è tutta la fatica di chi sa di aver sbagliato ma vuole rimediare: le lunghe distanze da colmare, le intemperie da sopportare, i rischi da correre e gli ostacoli da superare. Perché quando si è ferito qualcuno lo si avverte distante e freddo, non si sa come possa accogliere la richiesta di perdono e ci si deve rimboccare le maniche per riconquistare la fiducia perduta. Ma sono sforzi che trovano una ricompensa perché a pace fatta si torna a sorridere giù per la collina. Con i suoi sfondi ariosi e i suoi personaggi curiosi, Una cosa difficile accoglie calorosamente il lettore, anche con difficoltà legate alla decodifica testuale, non solo perché contiene una sola importantissima parola – scusa – ma anche perché racconta in modo lineare e pulito una storia agevole da seguire e in cui è facile immedesimarsi.

Che buono!

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, i libri tattili e i libri senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Che buono! in particolare, il lettore trova un biscotto da intingere in una tazza, un piatto di spaghetti da arrotolare con la forchetta, una pera da estrarre dal cestino e una gustosa caprese. I segni della LIS riprodotti sono quello corrispondente al titolo e alle parole formaggio, pera, biscotto e pasta.

Ciao ciao

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, tattili e senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con DSA e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Ciao ciao in particolare, il lettore trova rappresentati sulle pagine quattro mezzi di trasporto – la nave, l’aereo, il treno e l’automobile – riprodotti sulle tesserine in LIS insieme ai verbi che più li caratterizzano (rispettivamente andare, passare, volare, correre). Essendo le illustrazioni interamente in stoffa il riconoscimento degli oggetti al tatto è affidato alla loro sola forma e supportato da ingegnosi sistemi di spostamento sulla pagina.

Professione coccodrillo

Volendo parafrasare una celebre canzone, ci si potrebbe chiedere: il coccodrillo cosa fa? Di lavoro, intendo. Probabilmente se lo sono chieste Giovanne Zoboli e Mariachiara Di Giorgio, autrici del gustosissimo silent book Professione coccodrillo. A dispetto di quanto la copertina possa far pensare, il coccodrillo in questione non sguazza placido tra le acque melmose di un fiume tropicale ma è un cittadino fatto e finito che ogni mattina si alza  per andare al lavoro. Così, le acque melmose restano un sogno e quando alle sette la sveglia suona, al coccodrillo non resta che alzarsi, infilare le ciabatte, scostare le tende, lavarsi, vestirsi e fare colazione. E poi via, fuori di casa e attraverso la città, ammirando vetrine di sushi, imprecando contro automobilisti screanzati, attendendo paziente la metropolitana e acquistando per strada un mazzo di fiori e un pollo arrosto. Fino all’arrivo sul posto di lavoro, il cambio con la divisa e… splash, l’inizio del turno!

L’umanità che contraddistingue il protagonista è fatta di piccoli gesti (come la scelta di una cravatta), di momenti intimi (come lo stare sul wc), di azioni romantiche (come il dono di un bouquet fiorito)  e lo rende irresistibile. E proprio questo suo lato personificato gioca un ruolo cruciale nel costruire nel lettore delle aspettative che la narrazione poi scompiglia, con un finale a sorpresa che porta sorrisi e pensieri. Professione coccodrillo, edito con la consueta raffinatezza grafica da Topipittori, è un libro davvero invitante e da scoprire perché racchiude un racconto semplice ma efficace, frutto di una felice invenzione; perché si sviluppa attraverso immagini delicate e deliziose, che non lasciano nulla al caso e che disseminano qua e la dettagli sfiziosi, superflui forse per la stretta comprensione della storia ma fondamentali per il piacere della lettura; e perché offrono l’occasione di godere e di condividere un racconto accogliente anche per molti lettori con difficoltà.

Non è soltanto l’assenza di parole qui a rendere più accessibile la storia, per esempio a chi fatichi a riconoscere le lettere o a cogliere il senso delle parole o delle frasi. Ciò che fa davvero la differenza, in termini di fruibilità, è la cura straordinaria che le autrici profondono nel rendere estremamente chiari e comprensibili i singoli quadri e i passaggi che li legano. Leggere le immagini non è infatti necessariamente più semplice che leggere un testo ma in questo caso il lettore è accompagnato senza premura da un’illustrazione alla successiva e senz’altro la divisione in riquadri simili a quelli di un fumetto, sapientemente alternati a grandi tavole a pagina intera, aiutano a scandire il ritmo e a far parlare le immagini. Tutto questo, tuttavia, non sacrifica affatto il gusto per il sospeso e l’immaginato che anzi si alimentano nel corso della lettura e seguono il lettore, lasciando fino all’ultima pagina con in testa quel sentito dubbio: ma il coccodrillo, cosa fa?

Filastroccario

Tre raccolte di filastrocche, una per ogni trimestre dell’anno, o per contare diversamente 365 filastrocche divise in tre volumi. Comunque la si voglia mettere, il lavoro realizzato da Pippo Scudero e pubblicato dalla casa editrice catanese Splēn sotto il titolo di Filastroccario è davvero consistente e instancabile. Due sono i protagonisti dei versi: i mestieri e i nomi. A ogni giorno dell’anno l’autore fa infatti corrispondere un personaggio inventato con un nome e un lavoro precisi, spesso legati tra loro da sottili giochi di parole. Così il lettore si trova faccia a faccia con il clown Felice, l’agente matrimoniale Valentino o l’onorevole Onorato, dei quali decanta meriti, abitudini o avventure.

Con esiti più o meno originali e con sviluppi più o meno accattivanti (alcune raccontano infatti delle mini-storie mentre altre descrivono soltanto la professione), le filastrocche composte da Pippo Scudero attingono spesso a un mondo perduto – quello di ricamatrici e arrotini – narrato con parole talvolta desuete ma che lo rispecchiano a dovere. A fare un po’ le spese di questo contesto d’altri tempi sono soprattutto le protagoniste femminili che appaiono in minoranza rispetto ai colleghi uomini e sovente associate a ruoli un po’ polverosi, come la ricamatrice o la suora. Non mancano tuttavia anche associazioni che superano una certa stereotipia di genere come quella che riguarda la costruttrice Alessandra o la fattorina Genoveffa. Come si potrà desumere da questi pochi esempi, anche i nomi scelti dall’autore rimandano a un passato poco prossimo ma, soprattutto quando strani e arzigogolati come Eriberto o Cirillo,  hanno il merito di suscitare il sorriso divertito dei lettori.

Semplici e perlopiù naif, le rime dell’autore catanese costituiscono senz’altro un invito a inventarne di nuove ispirate a nomi e lavori non battuti. Portatrici talvolta di una memoria rodariana (come sottolinea Fochesato nell’introduzione al volume), queste ne celebrano lo spirito soprattutto quando danno vita a piccole narrazioni, a giochi di parole e a chiusure originali. Esemplare, in questo senso, il componimento dedicato a Ermete il pescatore tutto giocato sul detto “chi dorme non piglia pesci” e sulla doppia valenza della parola rete (da pesca e da materasso). La linearità delle rime, la prevalenza di frasi brevi e coordinate, e la compattezza dei componimenti stimolano e facilitano l’approccio anche in caso di difficoltà, situazione nei confronti della quale risulta apprezzabilissimo l’impiego di un font e di caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità.

Lucilla Scintilla

Che bomba, questa Lucilla Scintilla! La nuovissima creatura cartacea targata Sinnos è un concentrato di curiosità e tenerezza, di immaginazione e intraprendenza, di spirito d’avventura e amore per la natura: un distillato dell’infanzia che vorremmo qualunque bambino potesse vivere almeno un po’. Capelli rossi spettinati il giusto, fantasia da vendere, sentimenti ben in vista e una vita di campagna assaporata fino in fondo fanno di Lucilla Scintilla un personaggio che travolge e lascia un sorriso stampato in viso: meraviglioso davvero!

La piccola serie che vede protagonista Lucilla svela una cura compositiva – nelle linee, nei colori, nelle parole e nel ritmo – minuziosa e accorata. Tutto qui parla di pulizia e di essenzialità: le storie, come i testi e le illustrazioni, sono infatti asciugati a dovere per far risaltare la magia che si cela nelle cose di ogni giorno e dar vita a una lettura che è una piccola sorpresa a ogni pagina. Le avventure sono molto brevi e semplici, nutrite semplicemente di quotidianità e invenzione. Le illustrazioni sono magnetiche: caratterizzate da contorni spessi e netti, da un bianco e nero con sparuti dettagli arancioni (nella prima avventura), arancioni e gialli (nella seconda), arancioni, gialli e blu  (nella terza) e da uno stile leggero ricordano il sapore familiare dei primi libri da colorare che ognuno di noi ha posseduto.  I testi, infine, sono minimi ma ricercatissimi e capaci in pochissime mosse di rivelare una piacevole ironia. Scritti in stampatello maiuscolo (felice modifica rispetto all’edizione originale francese) ad alta leggibilità, questi costituiscono un invito davvero ghiotto per lettori alle prime armi, con o senza dislessia.

Insomma, che aspetti con trepidazione la nascita di un cucciolo, che immagini un’avventura western contro un bandito munito di rastrello o che si  dedichi anima e corpo alla ricerca di un porcello smarrito, Lucilla porta con sé una ventata di energia da cui è difficile restare immuni.  Così, con un’avventura per ogni stagione, questa bambina portentosa sa al contempo scaldare il cuore e rinfrescare le idee!

 

downloadNel primo episodio – l’avventura d’estate intitolata Lucilla Scintilla e il suo cucciolo – la bambina cerca con pazienza e attenzione la cagnolina del nonno. Questa si è nascosta per dare alla luce i suoi piccoli e Lucilla fruga senza posa nel fitto del bosco, tra le ortiche, nel garage e nel cesto dei panni sporchi senza tuttavia trovarla. Mai la bambina avrebbe pensato di trovarla in un posto così vicino a lei… ma una tana non è forse il luogo dove si sente più forte l’affetto? In questa prima avventura, tutta in bianco e nero con qualche significativo tocco di arancione, il lettore fa in modo liscio e  travolgente la conoscenza della protagonista,  con il suo modo di vivere la campagna come un habitat naturale, ma anche del nonnino che ha la testa piena di pensieri e parla alle verdure. Anche lui, come Lucilla, non mancherà di tornare nelle avventure seguenti.

 

 

Nel sbanditoecondo episodio – l’avventura d’autunno intitolata Lucilla Scintilla contro il bandito delle foglie secche – Lucilla si trasforma in quattro e quattr’otto in una piccola indiana. Basta poco per dare vita a una vera e propria vicenda western, come quelle che piacciono tanto al nonno in tv: la nonna dà ordini come uno sceriffo, il nuovo cucciolo prende il nome di Piccolo Pony, il nonno indossa il suo cappello da cowboy e maneggia il rastrello come un pericoloso fucile. La battaglia delle foglie secche impazza ma per fortuna il trattore rotto diventa una bellissima tenda indiana, ideale per ripararsi e stare vicini quando fuori scoppia un temporale. Sempre originali e divertenti, Lucilla e il nonno ricompaiono in questo secondo episodio accompagnati dal cucciolo atteso nella prima avventura e dalla nonna-sceriffo il cui grembiule giallo porta con sé una piccola novità cromatica.

 

 

Nel terzo download (1)episodio – l’avventura d’inverno Lucilla Scintilla e il porcello nascosto – la protagonista partecipa alla bizzarra ricerca di un porcello smarrito da i vicini di casa. I vicini che vivono sul cocuzzolo non sono grandi amici del nonno ma un vicino è un vicino e, se ha bisogno, occorre dargli una mano. Per fortuna Lucilla ha con sé il suo caldo berretto di lana così la ricerca non le gela la capoccia! Lo stesso cappello tornerà utile anche al vicino Gregorio quando il gelo dell’inverno rischierà di farlo diventare tutto blu (che peraltro è proprio il colore che distingue quest’avventura dalle precedenti)! L’episodio coinvolge tutti i personaggi  già conosciuti dal lettore: il nonnino, che qui conduce la ricerca; la nonnina che sferruzza caldi cappelli per tutti, Lucilla che esplora campi e boschi sulle tracce del porcellino e Piccolo pony che avrà un ruolo determinante nel trovare il fuggitivo.

Martedì

Succede che un martedì sera le rane dello stagno si sollevino da terra e inizino a volare. A bordo di foglie di ninfea si librano nel buio della notte, si intrufolano in casa dai camini o dalle finestre, cambiano canale al televisore, fanno gare di corsa con i cani e non mancano di combinare guai tra le lenzuola stese. Poi sorge il sole e tutto torna alla normalità. O forse no… foglie di ninfee fradice giacciono a terra, gli investigatori brancolano nel buio e ombre di altri insoliti aviatori si preparano a decollare: è alle porte un nuovo martedì, che secondo l’autore è il giorno più divertente e dal suono più paludoso (in inglese Tuesday, martedì, richiama il suono di ooze, melma)!

rane volanti wiesner

Con questo libro, che gli è valsa la prima di tre prestigiose Caldecott Medals, David Wiesner dà vita a una storia in cui reale e fantastico danzano con un’intimità e un’intesa rarissime al punto che diventa difficile stabilire se l’autore esplori con tratto realistico un mondo immaginario o se trasfiguri la realtà quotidiana con uno sguardo colmo di immaginazione. Quel che conta è che il lettore ne resta letteralmente rapito. Surreale e divertente come nello stile più caratteristico di Wiesner, Martedì racconta infatti una storia in cui lo stupore fa la parte del condottiero.

Le tavole dettagliate dell’autore hanno una capacità straordinaria e forse unica di calare il lettore nel qui ed ora letterario, facendogli avvertire l’aria fresca della sera sulla pelle, il cicalio leggero della natura notturna e il profumo di un mistero eccezionale che sta per compiersi e ripetersi. La cura con cui, poi, Wiesner dissemina le sue illustrazioni di dettagli che contestualizzano il racconto e gli conferiscono coerenza interna  – dalla luna che cambia progressivamente alla corrispondenza precisa tra un’immagine e la successiva – fa sì che la sua narrazione per immagini offra tutto ciò che occorre al lettore per seguire con rigore il filo narrativo. Al contempo, però, la libertà di donare personali interpretazioni di ciò che accade – del perché le rane prendano il volo, per esempio, del perché tutto succeda di martedì o del perché rane e cane inizino una corsa a perdifiato – resta intatta e gioca un ruolo importante nel coinvolgimento diretto di chi sfoglia le pagine.

wiesner_tv5230c542de8d3.image

Questo equilibrio tra ciò che le immagini dicono, ciò che suggeriscono e ciò che lasciano in sospeso chiede da un lato un’attenzione mai sopita per seguire al meglio lo sviluppo narrativo e per godere appieno delle meraviglie che nasconde e offre dall’altro una possibilità di fruizione allargata anche a giovani lettori con difficoltà comunicative e di decodifica del testo. A strizzare loro l’occhio, inoltre, non manca un ritmo cadenzato ben scandito da una partizione di  doppie pagine piene, grandi cornici bianche e riquadri più piccoli. Il risultato è davvero un libro curatissimo e ricco di sorprese, non a caso inserito in catalogo dalla raffinatissima casa editrice Orecchio acerbo, cui si deve anche la pubblicazione del meno recente ma altrettanto affascinate Mr. Ubik!.

Balea

Quello progettato dal duo Fernandez e Gonzalez è un libro proprio strambo. Si intitola Balea e si presenta alto e stretto, chiuso da una fascetta che lo avvolge per intero. Questa recita: “Balea: il modo più efficace per viaggiare in fondo al mare!”. Possibile resistere a una simile premessa? Davvero no! Ecco dunque che in un attimo ci si ritrova a liberare l’insolito libretto che a sorpresa si apre a fisarmonica, calandoci dritti dritti nel corpo di un ingegnoso sottomarino.

IMG_20170228_160712

Originalissimo nel formato – un leporello che rivela un’unica grande illustrazione – Balea non è da meno nel contenuto. Nella pancia del gigantesco sommergibile in forma di cetaceo si sviluppano decine di piccoli quadri, tanti quanti sono gli ambienti di questo insolito mezzo di trasporto. Dalla sala comandi alla sala pittura, dalla cucina alla zona tubature, dall’orticello alle stanze da letto, l’occhio del lettore può perdersi, indugiare, zigzagare ed esplorare decine di vani che, lungi dall’offrire banali scene di lavoro o ozio, accolgono inaspettate microsituazioni narrative. Così, mentre un piccolo incendio si sviluppo tra pulsanti e schermi, un concerto rock con tanto di pubblico trova posto in coda al veicolo e mentre un gruppetto di robot pare ribellarsi in una sala ipertecnologica, qualcuno poco più in là si occupa con cura di maiali e galline. Non ha insomma davvero modo di annoiarsi chi provi a tuffarsi con sguardo curioso tra le viscere di questo strambo mezzo di trasporto in cui non mancano ottimi servizi di welfare come la nursery, personaggi divertenti come un vecchietto infervorato e stanze per tutte le necessità (certo, una sola toilette potrebbe essere insufficiente!). E non si pensi che col fronte lo stupore si esaurisca: anche il retro del volume riservaqualche sorpresa mostrando l’esterno del sommergibile e gli abitanti marini che gli scorrazzano intorno.

 

IMG_20170228_160727   IMG_20170228_160759 IMG_20170228_160825

Un libro come questo, edito da Kalandraka, può prestarsi a tanti usi e approcci differenti, secondo cosa fantasia comanda. Può essere un poster (non mancano peraltro due buchini ai due lati preposti presumibilmente allo scopo), un grande affresco in cui perdersi, una minuziosa collezione di quadri da esplorare. Ed è proprio questo, oltre al fatto che non vi siano parole a guidare la lettura, a rendere così stuzzicante e fruibile questo prodotto. Ciascuno è infatti invitato a scoprirlo nella maniera che più gli è congeniale cosicché anche chi solitamente incontra difficoltà legate al testo scritto o alla decodifica di storie molto rigide può qui indossare le sue pinne e tuffarsi negli abissi più curiosi.

Brutti, sporchi e gentili

Ricco e colto, il dodicenne Alighiero De La Tour viene rapito da una banda di lestofanti che vive in una roulotte in mezzo a una discarica. Rozzi e analfabeti – eccezion fatta per Giulia, la più giovane della famiglia, coetanea del povero Alighiero – i rapitori intendono chiedere un riscatto consistente per restituire l’ostaggio. Si imbarcano così in una rocambolesca trattativa fatta di costosissimi occhiali rotti, pollici mozzati per errore e filmini girati senza videocassetta.

A margine, ma neanche troppo, prende forma una singolare ma sincera amicizia tra Alighiero e Giulia che contribuisce a rendere l’atteggiamento dell’ostaggio stranamente conciliante e sereno. Quella presso la sgangherata banda del Cane Rognoso finisce così per diventare una permanenza formativa e persin piacevole per il ragazzino che sperimenta un calore famigliare inatteso e forse sconosciuto, fatto di piccoli gesti gentili (come il servire il dessert a tutti da parte del nonno e tenere per sé solo la fetta più piccola) che pur non vanno perduti in un contesto di disagio marcato all’estremo.

La storia narrata da Guillame Guéraud (già autore di Falla finita!, anch’esso pubblicato da Biancoenero secondo criteri di alta leggibilità) ha un tono piacevolmente surreale, ben esemplificato dalla scena il cui il povero Alighiero, prigioniero da un giorno, si gode la colazione da ostaggio famoso perché è finito in prima pagina. “Le novità hanno messo tutti di buonumore e abbiamo fatto colazione in allegria. – racconta il protagonista e, pur mazziato e con gli occhiali rotti aggiunge – Io più di tutti perché era la prima volta che finivo sul giornale”. L’aplomb svagato di Alighiero, narratore in prima persona, dà peraltro un tocco buffo all’intero racconto che scorre così piuttosto leggero, fino all’inatteso e romantico colpo di scena finale. nel complesso

Lo Yark

Se per caso vi trovate Lo Yark tra le mani ma siete in un luogo che richiede silenzio, per carità pazientate un poco. Resistete e rimandate la lettura fino a quando la vostra voce (o quella di Franco Sangermano che ha inciso l’audiolibro allegato al volume) potrà  finalmente esser libera di scorrere il testo a un volume adeguato. Perché Lo Yark è – assolutissimamente e fortissimamente è – un libro da leggere ad alta voce! Sia in classe a un gruppo di bambini, in camera da letto al figliolo coraggioso o a voi stessi in pace sul divano, questo libro vi conquisterà con il suo incipit asciutto e stuzzicante, il suo testo in prosa ma al contempo infarcito di rime nascoste, il suo ritmo calzante e incalzante.

Incontrerete qui un mostro – lo Yark, appunto – ghiotto di bambini buoni e allergico ai bambini cattivi, che si imbatte in una schiera di pargoli capaci di spiazzarlo, fino al più straordinario incontro, quello con la dolce e saggia Madelaine. La profondità e la tenerezza di questa bambina, che vive in cima un faro e non bada alla superficie delle cose, tocca le corde più intime e sconosciute del protagonista, tanto da portarlo a un difficile ma cruciale viaggio di riappropriazione de sé. Lungo un percorso simile a quello compiuto dal peloso Sullivan in Monsters&co, lo Yark si scopre capace di essere diverso da come è sempre stato e da come è sempre stato raccontato, sino a un delicato finale che chiama in causa anche il lettore più duro.

Forte di una storia che mescola a puntino dolcezza e crudeltà (non si pensi infatti che lo Yark si rammollisca tutto d’un tratto come un pezzetto di burro!) e di una narrazione che incanta, il libro di Bertrand Santini si arricchisce di magnifiche illustrazioni in bianco e nero di Laurent Gapaillard che diffondono un piacevole aroma gotico-retrò e che rendono perfettamente giustizia a un personaggio a tinte chiaroscure come lo Yark.  La combinazione di tutti questi aspetti dà vita a una proposta davvero speciale che sa offrire una storia gustosa e insieme dipingere la differenza tra il “preoccuparsi di” e il “preoccuparsi per”. Ecco perché l’idea che tutto questo sia reso fruibile a un pubblico ancor più ampio di giovani lettori, grazie all’aggiunta della registrazione audio su cd, rende Lo Yark un lavoro davvero mirabile.

Un giorno nella vita di tutti i giorni

Avete a disposizione un lungo pomeriggio, magari di pioggia e ozio, con un bel divano a disposizione? Perfetto! Mettetevi comodi perché Un giorno nella vita di tutti i giorni è proprio il libro che fa per voi. Tra le pagine di questo cartonato dal formato consistente potrete ritrovarvi a trascorrere un tempo indefinito nel piacevole tentativo di esplorare a fondo quadri quotidiani brulicanti di attività. L’originale albo di Ali Mitgutsch, famosissimo in Germania fin dagli anni ’60 ma incredibilmente mai edito in Italia fino ad ora, è infatti un silent book in cui ciascuna delle 12 doppie pagine dipinge un contesto – il parco, il cantiere, il molo, il mercato e così via – all’interno del quale si sviluppa una miriade di azioni, situazioni e relazioni. Il bello della lettura sta perciò nel cogliere gli innumerevoli dettagli che caratterizzano ogni quadro, sfidando eventuali compagni di svago a trovare il ragazzo che sta per cadere nel laghetto, i bimbi che fanno i rotoloni giù dalla montagna o persino l’angolo dei nudisti in spiaggia.

spiaggia_alì piscina_alì lago_alì

Tutt’altro che privo di influenze alte, che risalgono fino a Bruegel e alla corrente fiamminga, Un giorno nella vita di tutti i giorni calamita il lettore grazie a pagine che paiono letteralmente animarsi. Ogni loro centimetro vede piccole avventure dipanarsi in totale autonomia o con sottili connessioni con ciò che accade intorno. Come a bordo di un elicottero il lettore può godersi le scene dall’alto, indugiando a piacere su quelle che gli paiono più buffe (si pensi al bimbo che fa la pipì di nascosto tra i cespugli), particolari (tra le altre, la fila di mucche truccate secondo usi montanari tradizionali) o capaci di stimolare ipotesi narrative ardite (ad esempio di fronte al tizio che si arrampica sul tetto di una baita innevata).

Il fatto che la narrazione si apra e si chiuda a ogni pagina e che si sviluppi attraverso microstorie con protagonisti ogni volta diversi su cui si posa lo sguardo del lettore, fa sì che la lettura risulti particolarmente duttile, personalizzabile, propizia allo stimolo della verbalizzazione anche e forse soprattutto in caso di difficoltà cognitive e comunicative. l’assenza di testo inoltre rende il volume accessibile e godibile anche il caso di dislessia e disturbi uditivi. Da ultimo, il formato ampio e la pagine spesse rendono leggermente più agevole la sfogliatura delle pagine.

Come catturare il sole

Multiforme e sfuggente, oggetto di riti e credenze , il sole ha saputo radicarsi nell’immaginario di popoli vissuti in epoche e luoghi anche molto distanti tra loro. Così, dalla Cina all’America, dalla Romania all’Australia, la stella a noi più cara ha assunto di volta in volta le fattezze di principe, divinità, tiranno oltre che di corpo celeste dai poteri persino magici. Essa si moltiplica, per esempio, nel racconto che viene dall’estremo oriente fino a quando l’intrepido contadino Er-lang non ne acciuffa sei esemplari lasciandone in cielo uno soltanto e convincendolo a nascondersi una volta al giorno per consentire agli uomini di riposare. Oppure viene intrappolata da un valoroso cacciatore indiano di nome Wesakayciak e liberato a sorpresa da un inaspettato animale: il castoro.

Come catturare il sole traccia un percorso interessante tra queste narrazioni centenarie, collegando ciascuna a un esperimento scientifico di facile realizzazione che evidenzia e aiuta a far comprendere le caratteristiche più straordinarie dell’astro. Chiude infine il volume una breve sezione divulgativa che illustra le funzioni che il sole svolge in cielo a beneficio degli uomini e le caratteristiche da cui esse dipendono. Quello che Sinnos pubblica in un formato che è caratteristico dei più classici albi illustrati è insomma un lavoro più articolato di questi ultimi, capace di intrecciare leggende appartenenti a culture diverse e curiosità scientifica. Coinvolgendo infatti molteplici figure autorali – con competenze che spaziano dalla scrittura alla fisica – Come catturare il sole fa del principe degli astri il protagonista di una ricerca multi sfaccettata che può andare incontro a giovani lettori con inclinazioni diverse.

Il libro sfrutta, come di consueto per la casa editrice romana, il font ad alta leggibilità leggimi! mentre rinuncia ad altri tratti come la sbandieratura a destra, con l’intenzione di sperimentare diverse soluzioni tipografiche e verificare quali si rendano effettivamente necessarie per una lettura senza barriere. Le illustrazioni di Agnese Baruzzi, dal canto loro, calde e avvolgenti come il protagonista dei racconti, rendo bene  e a colpo d’occhio le culture cui i singoli racconti fanno riferimento.

Io sono il drago

La nonna di Alice non si stanca di ripetere alla nipote che è davvero carina né di domandarle perché non voglia giocare a fare la principessa. Ma Alice, a sua volta non si stanca di rispondere alla nonna che no, lei la principessa non la vuole proprio fare. Perché mai, in effetti, dovrebbe limitarsi ad aspettare l’arrivo di un fantomatico cavaliere se può essere uno spaventoso drago? Così l’instancabile bambina costringe due generazioni – nonni e genitori – a prestarsi a un gioco del teatro in cui a turno si ricoprono i ruoli della principessa, del cavaliere, degli scheletri, del drago e – a sorpresa – della torre del castello. Perché la fantasia lasciata libera di galoppare può portare ad avventure sempre avvincenti ma anche a piccole rivelazioni sulle qualità e sul valore delle persone. Con grande ironia il libro ritrae l’intera famiglia alle prese con un’attività molto impegnativa (parola di nonna, costretta a star sdraiata sul tappeto finché il cavaliere non libera la principessa!) e regala alle illustrazioni un ruolo sottile e determinante. Capaci di mescolare con sapienza realtà e immaginazione, le immagini paiono infatti strizzare l’occhio al lettore e giocare con il contrasto tra la visione razionale degli adulti e quella fantastica della bambina.

Io sono il drago unisce in definitiva il fascino di un albo, di cui vanta il formato, la presenza preponderante delle illustrazioni e un interessante rapporto tra immagini e parole allo spessore di un testo che, per lunghezza, scelte linguistiche e struttura non è per nulla scontato e inadatto anche a lettori non alle primissime armi. In questo modo il volume targato Sinnos rafforza il suo carattere di alta leggibilità (perseguito con il consueto font leggimi, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra, la carta opaca) e trova una maniera accattivante per intercettare anche la curiosità di quei lettori indifferenti o spaventati dai libri in cui il testo la fa prepotentemente da padrone.

Con il coraggio di un cavaliere, la calma di una principessa, la posizione salda di uno scheletro e naturalmente la forza di un drago, il libro di Grzegorz Kasdepke ed Emilia Dziubak si scaglia inoltre contro uno dei più classici stereotipi di genere che vuole le bambine interessate esclusivamente alle figure meno impavide delle storie. Alice (dal nome senz’altro propizio ad avventure vissute da protagonista attiva) diventa così una piacevole incarnazione del diritto di ogni bambino a scegliere che cosa sognare e immaginare di essere senza che preconcetti culturali ne condizionino i pensieri. Così, oltre ad abbattersi contro l’errata rassegnazione dei lettori con dislessia di fronte alla possibilità di godere della lettura, Io sono il drago partecipa anche alla recente (e ancora necessaria) battaglia contro una narrazione per l’infanzia che dica a maschi e femmine che cosa possono diventare.

L’uovo della contessa

Servono dosi sovrumane di pazienza per sopportare i caprici di una contessa viziata, soprattutto se fin dal mattino esige cose come “un uovo cotto a puntino. Non troppo duro, non troppo mollo, con un pizzico di sale”. Guai a deludere le sue aspettative! Lo sa bene Clara, la domestica del castello che si sente chiamare ogni minuto con un appellativo tanto fantasioso quanto spiacevole e lo sa bene Oreste, il cuoco del castello che non può tardare nemmeno un minuto a servire la colazione. Ma un giorno proprio Oreste sembra dire basta a questi soprusi e dall’oggi al domani non si presenta più a lavoro. Dove sarà finito? Cosa ne sarà stato di lui? Il lieto fine, inaspettatamente, è dietro l’angolo ma prima di scoprirlo la contessina si troverà a sperimentare il disgusto dell’uovo molliccio come il moccio e dell’uovo duro come cemento, la fatica della caccia direttamente nel pollaio, l’umiliazione di un finto malore, la delusione del ristorante chic, la pazzia di una corsa sfrenata in carrozza fino al centro commerciale e la fifa di un passaggio in gattabuia. Un prezzo tanto alto quanto spassoso perché Oreste e Clara possano finalmente sentirsi dire “per favore”.

 

Le folli avventure de L’uovo della contessa, scritte da Tanneke Wigersma e illustrate da Linde Faas, fanno parte della leggera collana di Sinnos dedicata alla produzione straniera in traduzione, stampata ad alta leggibilità e rivolta a lettori, con o senza dislessia, con una certa dimestichezza di lettura. Il volume è infatti tutt’altro che stringato (100 pagine e rotti non sono poche!) ma le vicende divertenti, il tono ironico, l’aspetto tipografico amichevole e le illustrazioni frequenti lo rendono molto piacevole da abbordare e poi portare a termine. Il testo in particolare è colorito e animato, tanto da parer quasi una sceneggiatura teatrale, mentre i disegni spiritosi e irriverenti attraggono l’occhio svelando inequivocabilmente il tono scanzonato del volume.

Jacob due-due in alto mare

[usr=4]

Imbarcarsi con la famiglia per il Canada e ritrovarsi protagonista di un rocambolesco abbordaggio da parte di pirati: tutto si può dire del trasloco di Jacob due-due – così chiamato da tutti perché ha 2+2+2 anni – tranne che sia noioso e scontato. Certo il nome della barca scelta per la traversata dall’Inghilterra – Colabrodo – non lasciava presagire granché di buono ma che a bordo si trovasse un vile traditore e che a Jacob toccasse un’indagine misteriosa era proprio difficile da prevedere. Affiancato da Cindy, un’amica conosciuta durante il viaggio, il bambino se la vede con l’insospettabile spietatezza del primo ufficiale Mr. Mangiapane, fa comunella con l’addetto ai motori Morgenbesser e viene rapito dalla ciurma del pirata Quattrossa. A porre fine alla sua insolita disavventura arriva infine l’idea balzana di due dei suoi fratelli che non solo salvano la situazione ma aprono spiragli di vita inattesi per molti passeggeri della Colabrodo. Un finale a sorpresa, insomma, che lascia stupito il lettore. Travolto dagli eventi narrati con stuzzicante ironia, questi si imbatte in un tourbillon di personaggi – la numerosa famiglia di Jacob,  gli acrobati Bubov, l’inventore di giocattoli Peabody e la snobbissima mamma di Cindy – che, con ruoli più o meno determinanti vivacizzano il racconto e lo rendono piacevolmente movimentato. Tra questi davvero irresistibile è il capitano Dentesplendente, la cui giuliva vanità crea siparietti che fanno ridere di gusto e che ben si prestano anche ad una lettura ad alta voce.

Quello di Jacob due-due è un personaggio circondato da un mondo che convince e diverte. Uscito tra gli anni ’70 e ‘90 dalla penna di Mordecai Richler, in una serie di avventure pubblicate in Italia da Adelphi nei primi anni 2000,  Jacob due-due viene qui ripreso e riproposto da Cary Fagan, scrittore canadese di talento (già edito da Biancoenero con La strana collezione di Mister Karp e The big Swim) che sa rendere omaggio all’originale e regalargli uno humour e un piglio irresistibili. La penna ironica dell’autore dà vita a un’avventura spensierata, che non manca di evidenziare le contraddizioni di un certo mondo adulto, ma che prima di tutto ha il merito di travolgere il lettore e tenerlo appeso con leggerezza e talvolta vero spasso: non male, c’è da dire, per un libro che presta attenzione anche ai lettori meno forti perché poco avvezzi alla lettura o magari affetti da dislessia. Jacob due-due si avvale infatti delle consuete caratteristiche di alta leggibilità (font specifico che aiuta a confondere e sovrapporre meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandiera tura a destra, carta color crema) che rendono amichevole oltre che appassionante la collana Maxizoom di Biancoenero.

Crescendo

Finissimo esploratore del prima, quale luogo fecondo di attese e narrazioni, Alessandro Sanna torna a dedicarsi a questo tema così stimolante dopo l’apprezzatissima esperienza di Pinocchio prima di Pinocchio. Crescendo è infatti un silent book tutto dedicato ai nove mesi di una gravidanza: i nove mesi in cui tutto cresce – le aspettative, i sentimenti e senz’altro le forme. E proprio da queste ultime l’autore parte per costruire cinque piccole storie che si muovono al ritmo di una pancia che si arrotonda. Quella silhouette via via più marcata diventa infatti profilo di roccia, ali di gabbiano, corpo di cavallo e gambo di fiore in un’esplosione della natura colta in alcune delle sue molteplici forme. Man mano che la pancia cresce l’occhio dell’autore si allontana andando a cogliere uno scenario più ampio e facendo così avanzare il racconto: dalla roccia un uomo si tuffa ad esplorare le profondità marine, il gabbiano si alza in volo a caccia di cibo per i suoi piccoli, il cavallo galoppa lungo pendii vivacissimi e il fiore sboccia in un campo che abbaglia. Tutto inneggia insomma alla vita, in un inseguirsi di dettagli che si richiamano da una tavola all’altra fino a quella dolcissima immagine finale in cui la mamma stringe finalmente il suo bambino. A sottolineare questo crescendo di rotondità e di narrazioni, 18 intensi minuti di musica di Paolo Fresu che vale realmente la pena di ascoltare sfogliando le pagine poiché la tromba e gli acquerelli si intrecciano in maniera fitta e delicata, regalando al lettore una poetica nuova.

Non è un libro immediato questo , come molti d’altronde  firmati dal bravissimo Alessandro Sanna. Ma come spesso capita il valore della suggestione di un volume va di pari passo con la complessità del lavoro di appropriazione che al lettore viene chiesto. Così, quando si coglie il sottilissimo filo narrativo che lega i quadri apparentemente slegati, creando un motivo che ritorna mese dopo mese, la fantasia ha come un sussulto di gioia e delizia. È bello pensare che questo libro possa rivelarsi particolarmente affascinante, non solo per i grandi in attesa, ma anche per i bambini che aspettano un fratellino e che giorno dopo giorno vedono la pancia della mamma crescere e cambiar di forma. Sarà magico soprattutto per loro giocare a cogliere in quelle curve in evoluzione le sagome più disparate che raccontano piccole e grandi storie e che invitano a dare significati sempre nuovi alle linee care. L’assenza di parole agevola dal canto suo questo tipo di esperienza, favorendo possibilità di lettura e interpretazione personalissime anche da parte di lettori con difficoltà di decodifica del testo ma grandi abilità immaginative.

download Crescendo-di-Alessandro-Sanna_image_ini_620x465_downonly (1) Crescendo-di-Alessandro-Sanna_image_ini_620x465_downonly

Iole, la balena mangiaparole

Iole è una animale pacifico e speciale: il suo talento consiste nel raccogliere le parole che cadono negli abissi dalla barca di un poeta e dare loro nuova vita, trasformandole in racconti da donare agli amici del mare. Narratrice insolita, la balena protagonista del libro si fa amare dalle creature che la circondano, sicché queste non mancheranno di venire in suo soccorso quando le parole in acqua inizieranno misteriosamente a scarseggiare.

Il libro, semplice ma suggestivo, fa parte della collana facile! Messa recentemente a punto da Gribaudo editore per venire incontro anche alle esigenze di piccoli lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Grazie ad accorgimenti tipografici mirati e all’utilizzo del font leggimi di Sinnos, oltre che a un testo curato e ad illustrazioni molto piacevoli, Iole la balena mangiaparole risulta più amichevole e meno ostico di altri testi destinati a lettori alle prime armi.

Clemente il pesce col salvagente

Un pesciolino diverso, perché incapace di nuotare autonomamente, viene preso di mira da alcuni abitanti del mare, l’arrogante delfino e la sciocca medusa in primis. Solo il granchio si mostra fedele e vicino alla vittima delle angherie, cercando di aiutarlo in ogni modo a superare le sue difficoltà e costruendo per lui un salvagente di rami, alghe e conchiglie. Clemente, così si chiama il pesciolino, si sente ferito e umiliato e, certo, il suo primo istinto sarebbe quello di vendicarsi con i due bulli acquatici. Sarà la saggia tartaruga a convincerlo a dimostrare invece con l’azione quanto realmente valga nonostante le sue difficoltà: cosa che Clemente non mancherà di fare difendendo la medusa e il delfino dall’attacco di un pericoloso squalo e diventando così un vero eroe degli abissi.

La storia di Clemente, il pesce col salvagente non brilla per originalità ma si rende interessante per le caratteristiche con cui l’autore – Carlo Scataglini – confeziona il volume che la contiene. Questo presenta infatti una doppia versione del racconto: una più semplice, con meno dettagli, frasi più brevi e carattere maiuscolo, l’altra più articolata e dettagliata, frasi e lessico più complessi e carattere minuscolo. In questo modo anche bambini con abilità o livelli di lettura diversi possono condividere la stessa storia, trovando ciascuno la forma a lui più congeniale.

Fanno parte della stessa serie anche i volumi: Calzino bucato e l’invasione delle mollette, La rosa dei sette desideri, Coccole spinose e Mulk, l’amico extraterrestre. L’autore ha curato inoltre una seconda serie dalle medesime caratteristiche (due versioni della stessa storia con gradi di difficoltà differenti) ma destinata a lettori più scafati e con competenze di base già acquisite. I titoli, in questo caso, sono: Gigantino e la guerra saporita, SuperAle, un supereroe niente male e Topigno e la giungla da salvare.

La casa sull’albero

Sull’albero c’è una casa, e questo lo dice chiaramente il titolo dell’albo. Ma l’albero è in mezzo a un’indefinita distesa d’acqua e uno dei suoi inquilini vi arriva in copertina a cavallo di un’enorme balena. Ecco: l’atmosfera straordinariamente sospesa e surreale di questo prezioso libro firmato da Marije e Ronald Tolman si palesa fin da questi primi dettagli che invitano a sciogliere le briglie della fantasia. Perché serve una mente fervida e ben disposta per cogliere tutta la magia di un luogo magico come questo da cui si possono avvistare stormi di fenicotteri che fanno del cielo una distesa rosata, su cui ci si può divertire in compagnia di amici diversissimi come un pavone o un rinoceronte e a cui ci si può avvicinare a bordo di un piccolo veliero volante. Ogni pagina diventa insomma una sorpresa gioiosa in cui immergersi con pacatezza e stupore.

Il tratto felice degli autori – che non a caso è valso loro il Bologna Ragazzi Award nel  2010 – incanta il lettore come una ninnananna fatta di figure e colori. Così, i movimenti, i pensieri, e gli incontri dell’orso bruno e dell’orso bianco protagonisti del libro, scorrono silenziosi e naturali seguendo l’avanzare del giorno e delle stagioni e raccontando di una quotidianità straordinaria che vien voglia di sposare. Del tutto privo di parole, La casa sull’albero racconta per immagini una storia poetica ed emozionante di amicizia, condivisione e valorizzazione della lentezza.

Nell’allestire una tana sopraelevata, nel leggere un bel libro, nell’accogliere gli amici in visita, i due orsi si prendono il loro tempo e invitano il lettore a fare altrettanto, immergendosi e vagabondando con sospeso diletto tra i paesaggi avvolgenti che colorano le pagine e i minuziosi dettagli che le animano. Anche per questa ragione il libro, che certo ben si presta a una lettura condivisa che stimoli l’intreccio di suggestioni personali anche molto diverse, appare particolarmente indicato anche e soprattutto per una lettura individuale, in cui ciascuno possa trovare un proprio rifugio dell’immaginazione.

La zuppa dell’orco

Lettori impressionabili e dal cuore debole, tenetevi alla larga: La zuppa dell’orco non è affare per voi! Perfettamente in linea con la tradizione più autentica e non edulcorata delle fiabe dei Grimm, il racconto di Vincent Cuvellier non esita a mettere in scena orchi sporchi del sangue dei bambini ingurgitati e genitori disposti a tagliare a pezzetti i figli. Il gusto un po’ cruento non manca insomma nell’avventura che vede protagonista l’astuto Josef, il più piccolo di sette fratelli, alle prese con genitori fannulloni e disposti a mutilare i figli per farli mendicare più efficacemente. Venuto casualmente a conoscenza del truce piano di mamma e papà, il bambino organizza una furbissima fuga, inganna e rabbonisce un terribile orco cieco e rimedia, infine, un destino gioioso per sé e per i suoi fratelli.

Il libro, stampata ad alta leggibilità dalla Biancoenero, racchiude illustrazioni espressive che ben si sposano con i toni cupi della storia e un racconto che unisce la sospensione tipica della fiaba e l’ironia caratteristica dell’autore francese. Non è raro infatti trovarsi a sorridere tra un pericolo e l’altro in cui incappano gli otto fratelli. Proprio grazie a questo stile strenuamente leggero, Vincent Cuvellier (già noto ai lettori della casa editrice romana per Giancretino e io, Scappiamo!, La settima onda e Mamma e papà oggi sposi) riesce a dare forma a una narrazione in cui temi forti come il disagio familiare e la disabilità, pur trattati in un contesto fiabesco, emergono con forza nuda e cruda e trovano nel finale un riscatto sorridente. Lo dice bene quel “Visto che i bambini avevano le mani, se le strinsero forte. Visto che avevano i piedi, ballarono tutta la notte. Visto che avevano gli occhi si guardarono a lungo sorridendo, fino a quando spuntò il sole su quel paese di neve e di notte”, con cui si chiude il racconto e che celebra l’importanza di trovare il bello della propria condizione. Qualunque essa sia.

 

Draghi dell’altro mondo

È una fiaba dal sapore antico, quella scritta da Sofia Gallo e illustrata da Vanessa Cazzagon per Sinnos: una fiaba che parla di uomini e di draghi, di astuzia e malvagità, di mondi paralleli in cui occorre essere più scaltri degli altri per risultare, infine, vincitori. Giunto nel mondo dei draghi, un povero padre di famiglia riesce a ingannare per tre volte consecutive mamma drago e i suoi figlioli, più che determinati a sbarazzarsi di lui. Con l’arte della parola e della persuasione, l’uomo supera la prova dell’acqua da trasportare con una bisaccia di pelle di bufala, la prova degli alberi da trasportare con tanto di radici e la prova della mazza da scagliare il più lontano possibile, tornando infine arricchito e soddisfatto dai suoi cari.

La fiaba, narrata attraverso un testo fruibile ma evocativo, fatto di frasi contenute e un buon equilibrio tra racconto e discorso, cattura l’attenzione del lettore trasportandolo in un mondo lontano. Le illustrazioni, dal canto loro, appaiono variopinte e originali, nutrite di suggestioni provenienti da tradizioni iconiche diverse non estranee all’estremo oriente e all’Europa dell’est. Racchiusa in un libriccino piccolo e tascabile, la storia dei Draghi dell’altro mondo è stampata rispettando i criteri dell’alta leggibilità (font leggimi!, spaziatura maggiore, carta color crema, testo non giustificato) e andando incontro a gusti ed esigenze di lettori, dislessici e non, del primo ciclo della scuola primaria.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Ci mancavano, ah quanto ci mancavano! Conosciuti soltanto un anno fa, la scaltra oca Lester e il bonaccione orso Bob tornano a soddisfare la fame di storie sfiziose dei lettori alle prime armi. Come nella prima, anche in questa nuova raccolta di avventure i due protagonisti non mancano di battibeccare, di tendersi trappole, di inventare argute soluzioni a problemi insormontabili e di cementare la loro bizzarra amicizia con piccoli gesti di preziosa tenerezza. Tra un raffinato Bob che si fa crescere i baffi, un furbo Lester che si finge ispettore delle torte e un improbabile duello senza pistole per mettere fine a un litigio tra i due, spicca particolarmente gustosa l’avventura del volano, finito – ahiloro – nel giardino a fianco, di proprietà dei coccodrilli. Il finale è, qui, come in ogni altro sketch, gustoso e sorprendente, capace di strappare un sorriso anche al più brontolone dei lettori.

L’ironia garbata che regalano queste pagine è rara e preziosa. Coltivata con cura, essa contribuisce a rendere Le nuove avventure di Lester e Bob un libro davvero appetitoso e amichevole, forte anche dell’impaginazione pulita – con testo in stampatello maiuscolo a sinistra e illustrazioni ben riquadrate a destra –  e del carattere ad alta leggibilità di Beisler Testme. La combinazione di tutti questi fattori dà vita a un lavoro che non delude le aspettative ma che anzi fa già venire l’acquolina in vista di una terza auspicabile avventura.

Aiuto, i grandi

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Aiuto, i grandi racconta col sorriso di bambini ricoperti di aspettative genitoriali e di genitori estremamente infantili. A far da filo conduttore nei due racconti che compongono il volume, non c’è soltanto infatti la figura di un bambino di nome Filippo, ma più in generale la presenza divertente (ma ahinoi  drammaticamente attuale!) di genitori ipercompetitivi. Se nella prima storia dal titolo Quando divento grande Filippo è alle prese con familiari stressanti che premono per definire il suo futuro mestiere in barba alle sue mirabolanti prospettive da astronauta, nella seconda, intitolata L’invasione dei grandi, lo stesso bambino affronta il primo giorno di scuola e con i compagni affronta una marmaglia di genitori desiderosi di mostrarsi abili (a dipingere, scrivere, giocare e far di conto) e di sostituire la vita d’ufficio con quella di classe. Semplici ma gradevoli, i due racconti di Isabella Paglia invitano a una lettura distesa, accompagnati a puntino dalle illustrazioni movimentate e coinvolgenti di Chiara Nocentini.

Sorprese al museo

Una bambina vivace e un museo cittadino. Potrebbe esserci combinazione più rischiosa? Apparentemente no, ma quando Flora viene accompagnata dai suoi seriorissimi genitori a visitare il museo locale ciò che si scatena non è un guaio ma la fantasia. Mentre gli adulti seguono il percorso espositivo con rispettoso rigore, la piccola segue una pista ben più interessante: in un quadro intitolato “I fiori blu”, infatti, dei fiori non c’è manco l’ombra e in compenso una margherita color del cielo giace abbandonata sul pavimento. Come si spiega? Per scoprirlo serve una piccola indagine e Flora non si tira certo indietro. Quella che rischiava di essere un noioso pomeriggio diventa così una strepitosa avventura tra tigri feroci, indiani pellerossa e signorotte benestanti.

Ricco di dettagli da scovare e gustare (tra cui un signore barbuto che assomiglia tremenamente all’autore!), Sorprese al museo è un invito a scoprire la cultura con occhi curiosi e freschi. E siccome la cultura deve essere per tutti, un librino come questo non poteva che comparire tra le pubblicazioni di Sinnos, che ha fatto della lettura inclusiva uno dei suoi capisaldi. Il libro, scritto da Federico Appel e illustrato da Francesca Carabelli, rientra infatti in una collana ad alta leggibilità dedicata al primo ciclo delle elementari e caratterizzata da storie brevi, leggere e tipograficamente amichevoli.

Chi se la fila?

Un libro che è tutta una corsa: in Chi se la fila?  il tempo è infatti tiranno e tutti i personaggi galoppano come fossero in perenne ritardo. In un inseguimento senza fine – la nonna insegue forse il figlio che pare inseguire la moglie che sembra inseguire la figlia che sta dietro al cane che a sua volta insegue il nonno che quasi quasi acciuffa la nonna – ciascuno sembra voler dimostrare i propri pensieri e i propri affetti con parole che si perdono nel fiatone o con gesti che rischiano di passare in osservati. Travolto da fili di lana che tanto evocano fili emotivi, relazioni che legano gli individui come una rete affettuosa, il nipotino osserva alla finestr, tra il divertito e lo stranito, la buffa scena di inseguimento. E con lui il lettore, che trova in questa curiosa catena umana una rivisitazione insolita della Fiera dell’est branduardiana.

Contraddistinto da tinte pastello e personaggi che raccontano emozioni con espressioni e movimenti, Chi se la fila? è il primo silent book targato Uovonero. In quanto privo di parole, il libro risulta particolarmente fruibile anche in caso di DSA, sordità o disturbi della comunicazione. La piena apprezzabilità della storia in caso di deficit cognitivi può essere invece compromessa da una storia che non si dipana in maniera così esplicita e facile da seguire in assenza di testo scritto. Anche in questo caso, tuttavia, nulla vieta di godere delle delicate immagini di Roberta Angeletti, sognanti e affascinanti, al di là della loro funzione prettamente narrativa.

Fermate quella rana!

Le avventure di Hank Zipzer, funambolico personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver, hanno ormai preso il largo, contando più di sette episodi già pubblicati in italiano. Accanto alla serie classica che vede protagonista il bambino dislessico più creativo di New York alla fine della scuola primaria, inizia a decollare anche la serie che, come una sorta di prequel destinato ai lettori più giovani, lo vede alle prese con i primi anni alla SP87. Dopo Un segnalibro in cerca di autore e Breve storia di un lungo cane, esce infatti ora, sempre per i tipi di Uovonero, il terzo capitolo (come sempre predisposto per una lettura autonoma ma ancor più gustoso se letto a seguito dei precedenti) intitolato Fermate quella rana e contraddistinto dalla consueta grafica ariosa, dalle illustrazioni a tutta pagina di Giulia Orecchia, dai capitoli brevi e dalla stampa ad alta leggibilità in carattere piuttosto grande.

La rana in questione è Fred: l’animale domestico del preside Love, lasciato in custodia alla classe di Hank, Ashley e Frankie durante un intero weekend. È Hank, in particolare, ad avere la fortuna di occuparsene dato l’inatteso feeling che dimostra di avere fin da subito con l’animale. Da parte sua ci sono le migliori intenzioni di prendersi cura del temporaneo ospite ma quando difficoltà di attenzione e memoria ci mettono lo zampino può diventare difficile fare fronte a fughe anfibie. Quando Hank dimentica di mettere il coperchio all’acquario di Fred tutti gli amici e i famigliari saranno costretti a una caccia al tesoro contro per ritrovare la preziosa bestiola. Un posto d’onore in questa nuova avventura lo guadagna senza dubbio il cane Cheerio, affettuoso quanto inaspettato compagno di giochi di Fred, capace di mostrare a suo modo come gli amici si nascondano spesso dove meno ce lo aspettiamo.

Dov’è la stella marina?

L’aria bonacciona e simpatica è forse uno dei tratti più caratteristici dei personaggi di Barroux. Basterà aprire la prima pagina di Dov’è la stella marina? per averne una prova: qui troneggia salda e sorniona una balena grigia dal sorriso timido ma contagioso: quel sorriso che diventa a dir poco smagliante quando, nella pagina seguente, il mammifero si immerge e raggiunge i numerosi pesci che popolano il fondale marino. Che tripudio di colori e che allegria sgargiante, tra alghe e coralli! Qui pesci dalle forme, dai colori e dalle dimensioni variegate sguazzano a doppia pagina invitando il lettore a scoprirne e apprezzarne i singoli dettagli dettagli. Tra gli abitanti degli abissi figurano in particolare la stella marina, la medusa e il pesce pagliaccio che da lì in avanti sfidano il lettore a scovarli ad ogni pagina. Come anche in Dov’è l’elefante?, Barroux si diverte a nascondere tre personaggi lungo l’intero corso dell’albo rendendoli però protagonisti, al contempo, di una storia fatta e finita.

balena 1

immo

Se nel primo volume era la deforestazione il tema caro all’autore dalla forte sensibilità ambientalista, qui è invece la cura del mare ad essere messa in primo piano. Colpiti dal disdicevole accumulo di rifiuti sul fondo del loro habitat – dapprima di bottiglie e lattine, poi di pneumatici e tubi e infine di elettrodomestici e bidoni, in un vero e proprio climax iconico – i tre animaletti subacquei chiedono aiuto alla balena per disfarsi del problema e soprattutto per educare quegli zozzoni degli umani a non disperdere la loro immondizia.  Sicché, con un fare vendicativo piuttosto inaspettato, il cetaceo trova una soluzione a dir poco d’impatto che non mancherà di sorprendere il lettore. Perché la balena è tanto cara e buona ma guai a farla arrabbiare!

Assimilabile a un silent book (le uniche parole del libro sono infatti il sintetico invito a trovare i tre protagonisti nelle diverse pagine), Dov’è la stella marina? unisce l’aspetto ludico della caccia al dettaglio al gusto narrativo di una storia semplice ma completa. Scandita da passaggi iconici che richiedono attenzione ma che risultano facilmente identificabili, questa si presta a letture individuali o condivise apprezzabili anche in caso di disabilità intellettiva, oltre che uditiva e comunicativa.

In equilibrio perfetto

Capita alcune fortunate volte di incappare in libri forti come uno schiaffo e quando questo accade la lettura si fa valanga che travolge e non lascia indenni. Ecco, considerate che In equilibrio perfetto è esattamente uno di quei libri. L’autrice – Zita Dazzi – vi infonde tanta di quella vita, in tutte le sue sfumature, che si trattiene quasi il fiato leggendolo e vi si riemerge tonificati. Fin dalle primissime pagine si ha l’impressione di camminare accanto ad Amanda,tra le mura di casa dove la madre è stremata da un tumore, sul bordo di un guardrail dove le auto che sfrecciano portano via i pensieri più bui o tra i banchi di scuola dove voti insufficienti e delusioni amorose aggiungono insicurezza all’insicurezza già accumulata. Si, la vita di Amanda è un vero caos. I suoi capelli blu,i suoi modi menefreghisti e i suoi vestiti appariscenti vogliono in qualche modo denunciarlo ma sembrano non bastare, perché non è facile a 16 anni trovare il modo giusto per dire la sofferenza e le persone giuste per ascoltarla. Anche nel buio di un’adolescenza periferica, però, alcuni incontri possono rivelarsi salvifici: quello con una professoressa attenta all’umanità dei suoi studenti, per esempio, o con un amico del tutto inatteso. Zita Dazzi riprende passo a passo, con la bravura che le è propria, questo spaccato di vita autentico, indugiando con uno sguardo lucido e mai giudicante, tanto sulle ombre quanto sulle luci che si intrecciano dentro e fuori Amanda. Ci sono tanti temi forti, qui, vicini ai ragazzi in crescita: l’amore, l’amicizia, il lutto, la responsabilità, il confronto con i pari e il desiderio di essere accettati. Tutti trovano posto in una storia che scivola veloce e che tocca anche chi non ha sedici anni, una madre malata o un padre assente che fa il dj in India. Insomma, In equilibrio perfetto è davvero un libro da scoprire e come se non bastasse è pubblicato da Sinnos ad alta leggibilità: una ragione in più per proporlo ai giovani  lettori, certi che non verranno scoraggiati né dall’aspetto né dal contenuto

Il tagliaboschi

Arrivano i primi freddi e, da sotto le coperte, si apprezzano con particolare piacere quei libri che racchiudono caminetti, manti soffici, pietanze fumanti e silenzio. Ecco perché il bell’albo di Alain Cancilleri casca proprio a fagiolo in questi giorni di autunno che avanza. Non solo Il tagliaboschi racconta di montagna, di boschi innevati, di natura e di quiete ma sa rendere queste atmosfere speciali attraverso le scelte legate alle parole (che non ci sono), alle tecniche (ruvide e minimali) e alle tinte (vibranti e misurate).

L’autore sceglie per la sua storia immersa in un paesaggio taciturno la strada impegnativa e incantevole del silent book.  In questo modo, valorizzando le sensazioni, riesce a raggiungere un pubblico ampio che non esclude lettori con disabilità o difficoltà legate al testo scritto. Anche in caso di sordità, di dislessia, di deficit intellettivi o comunicativi si può infatti cogliere il filo narrativo che lega queste pagine di un’essenzialità disarmante e apprezzare il bianco abbagliante che non è solo sfondo ma che si fa neve palpabile, le linee sottili che rivelano movimenti e sentimenti dei protagonisti; il gioco di inquadrature e colori che evidenza desolazione o calore; il contrasto netto tra figure umane esili e un contorno solido.

Edito da Il leone verde, il Tagliaboschi racconta di persone e cose semplici ma anche di scelte e azioni importanti. Il suo protagonista – un tagliaboschi per l’appunto – si accorge appena in tempo degli effetti nefasti che può avere la completa deforestazione e si impegna in prima persona perché il processo distruttivo inverta rotta. Dopo averlo seguito mentre abbatte un albero via l’altro lo troviamo in un’ultima eloquente pagina intento a portare nel bosco una nuova esile piantina. Quel che accadrà dopo possiamo solo immaginarlo, ma di certo quel che si sparge nella testa del lettore è un profumo di foglie, radici e natura che rinasce.

Un ottimo lavoro

Tra tutte le teste di legno che al mondo (reale o letterario) si possono incontrare quella creata dal bravissimo Iban Barrenetxea è in assoluto una delle più memorabili. Il suo Barone von Bomben, guerrafondaio di prima categoria, non si perde infatti una battaglia e a ogni scontro finisce per lasciarci un pezzo del corpo e per necessitare una protesi di legno. Succede per le due braccia, per le due gambe e per il capo appunto. Chiamato di volta in volta a scolpire i pezzi è lo stimatissimo falegname Firmìn che con professionalità e precisione non manca mai di soddisfare le insolite richieste dell’entourage del barone. Così, un arto dopo l’altro, l’abile artigiano dà forma a un Von Bombus pressoché interamente ligneo, senz’altro più benigno dell’originale. Ecco allora che l’ottimo lavoro cui allude il titolo travalica l’aspetto prettamente artigianale per assumere un valore squisitamente politico: perché chi lancia bombe e carica cannoni non può che aver trucioli o segatura dentro il capoccione ed è meglio se si rende innocuo.

Il libro, stampato da Sinnos ad alta leggibilità, non si caratterizza solo per l’utilizzo della ormai nota font leggimi ma anche per una scelta grafica nutrita di grassetti e colori: accorgimenti e finezze che contribuiscono a rendere il volume appetibile e piacevole anche allo sguardo di chi, per pigrizia, scarsa abitudine o disturbi dell’apprendimento, non va a nozze con i testi scritti. E come se non bastasse, a spingere la lettura con la potenza di un carro armato, ci pensano qui le parole e le immagini realizzate dall’autore basco: un piccolo curatissimo lavoro, degno di un artigiano letterario del calibro di Firmìn. La storia asciutta a incisiva, la sapiente costruzione ricorsiva e le illustrazioni che incantano, ferme nel tempo eppure in movimento tra una pagina e la seguente, danno infatti forma a un libro davvero intelligente e gustoso.

L’ombrello rosso

Sarà perché la voglia di storie è deliziosamente impaziente, fatto sta che Ingrid e Dieter Shubert, autori dell’albo L’ombrello rosso, non perdono tempo e il loro racconto per immagini inizia prima ancora che colophon e pagine introduttive abbiano il tempo di essere sfogliati. Subito dietro la copertina un intrepido cagnolino dal pelo color della pece trova infatti un ombrello abbandonato e a bordo di quest’ultimo si fa trasportare da un vento impetuoso. Inizia così un viaggio andata e ritorno sopra le nuvole, in mezzo alla savana, nelle profondità del mare, nel fitto della giungla e tra i rigidi ghiacci polari.

Un viaggio emozionante, non privo di pericoli e scoperte, durante il quale il comunissimo accessorio da pioggia si fa aereo, scudo, nave, sommergibile e persino slitta. Fino a quando l’intrepido viaggiatore non poggia nuovamente le zampe a terra e l’ombrello rosso non torna a essere che un utile oggetto per ripararsi dalla pioggia. Ma un nuovo passeggero curioso è in arrivo: altro giro altra corsa, tutto lascia intendere che un nuovo viaggio stia per cominciare…

Così si chiude, lasciando però aperti ampi spazi di immaginazione, il bellissimo albo senza parole pubblicato da Lamniscaat. In linea con il più autentico spirito dei viaggiatori, il lavoro dei due autori olandesi chiama il lettore a trovare a suo piacimento le parole per raccontare ciò che accade. Il loro stile privo di fronzoli ma attento ai dettagli invita infatti a spalancare gli occhi di fronte a paesaggi e protagonisti ben delineati e rende un servizio eccellente a una narrazione tutta iconica. Ciò che succede pagina dopo pagina, benché non esplicitato da un testo scritto, risulta infatti chiaro, netto e di conseguenza perfettamente fruibile anche in caso di disabilità, sia essa cognitiva, uditiva o comunicativa.

Hank Zipzer. Tiratemi fuori dalla quarta

Mayday mayday, allarme rosso! Si avvicinano i famigerati colloqui insegnanti-genitori: incontri ad alto rischio che possono segnare il futuro degli allievi della Scuola Primaria 87, decretandone o meno il passaggio alla classe successiva. Ecco allora che Hank, il cui profitto scolastico non è dei più brillanti, deve necessariamente ingegnarsi per evitare che la signorina Adolf e i coniugi Zipzer riescano a incrociarsi. Non basta, tuttavia, fingere di dimenticare l’avviso o tentare di distruggerlo o occultarlo: qui serve un piano degno di una mente geniale, tipo vincere due biglietti per un concerto rock a Philidalphia a cui spedire  i genitori proprio il giorno del colloquio. Detto fatto! Hank si mette all’opera con una dedizione e un impegno invidiabili ma come al solito ad aspettarlo c’è una montagna russa di panico ed euforia capace di suscitare una divertita empatia  in chi legge.

Settima avventura della serie creata da Henry Winkler e Lin Oliver, Tiratemi fuori dalla quarta sfrutta un impianto e una squadra di personaggi ben consolidata e ormai familiare al lettore. Insieme ad Hank, spumeggiante protagonista bambino con difficoltà di apprendimento, trovano spazio gli amici di sempre (Ashley e Frankie) che cercano di aiutarlo a boicottare il colloquio con gli insegnanti, la solida e insolita famiglia Zipzer che rivela qui tratti inaspettati (dall’indole benevola della sorella allo spirito rockeggiante dei genitori) e il corpo docente (in particolare la ferrea signorina Adolf e la comprensiva dottoressa Berger) che offrono un’immagine in definitiva sorprendente dell’istituzione scolastica.

Tiratemi fuori dalla quarta ha inoltre il merito di mostrare come la scuola non sia per i bambini solo un anonimo luogo in cui si apprende ma il luogo principe in cui ci si confronta, in cui ci si diverte, intorno a cui ruotano la vita sociale, l’autostima, molte relazioni e il giudizio dei pari. La scuola, insomma, come piccolo microcosmo in cui si affollano ansie, emozioni e tormenti impegnativi da gestire, che possono però trovare un contenitore e una forma positiva se ben gestite dagli adulti e ben affrontate dai piccoli. “Vogliamo darti tutte le possibilità di riuscire, Hank”, è la frase significativa che pronuncia la dottoressa Berger durante il colloquio, condensando in una riga il valore di un punto di riferimento educativo che sappia accogliere le difficoltà, valorizzando le risorse di ognuno.

Una scuola mostruosa

Spilungo-Frankie, Stecco-Lecco e Fagiolone gigante sono solo alcuni degli spiacevoli nomignoli che Frankie, bambino piuttosto alto e magro, si sente affibbiare ogni giorno a scuola. Le giornate in classe sono tutte una presa in giro e  farsi un amico gli appare un’impresa pressoché titanica. Che fare? Mamma e papà hanno una soluzione a dir poco insolita: iscriverlo per qualche tempo a una scuola di mostri! Potrebbe sembrare strambo, in effetti, ma gli insegnamenti dei professori Paletto, Furioso, Conte Fantasmino e Ombra regaleranno a Frankie la possibilità di farsi notare e apprezzare dai compagni che prima lo snobbavano. Chi l’avrebbe detto che due denti insanguinati, un muso peloso,una testa svitata e muri attraversati potessero rivelarsi così utili per fare amicizia?

Con un racconto leggero e divertente, Jeremy Strong prova e invita a ridere della paura e a trovare soluzioni creative alle difficoltà di socializzazione che spesso affliggono i bambini (ma anche i grandi). La sua storia, inserita da Sinnos all’interno della collana ad alta leggibilità leggimi! a colori, costituisce un incentivo alla lettura basato sul sorriso anche per lettori non troppo esperti o con difficoltà. In più, quasi tre le righe, si legge in questo libro del valore dell’amicizia tra maschi e femmine – spesso bistrattato o oggetto di pregiudizi – che non fa male e anzi qui dà una bella spinta alla narrazione. Nella piccola (di statura) Molly, il giovane Frenkie troverà infatti un’alleata, un’amica e una spalla tosta come poche se ne scovano in giro!

 

Manuale del piccolo aviatore

Un libro di narrativa certo non è, ma data la particolarità del progetto che lo supporta Il manuale del piccolo aviatore merita senz’altro una segnalazione. Il libro è un concentrato di informazioni utili e interessanti, soprattutto per quei bambini e quelle bambine che amano stare con il naso all’insù e che vedono nel volo, nella tecnologia aeronautica e nell’esplorazione dello spazio una realtà a dir poco affascinante. Qui si trovano riunite e spiegate in modo chiaro informazioni variegate relative alla storia del volo, alla flotta della nostra Aeronautica, al mestiere di Pilota, alla Frecce Tricolore, ai record spaziali e all’esperienza dell’ormai notissimo capitano Samantha Cristoforetti. Provvisto di diversi box di curiosità e di un glossario riassuntivo, il libro si chiude con il test del piccolo aviatore e un attestato ritagliabile che valorizza le conoscenze acquisite dal lettore. La ricchezza dei contenuti qui raccolti è dunque notevole benché la grafica non renda loro effettiva giustizia. Molto semplice e a tratti dall’aspetto casalingo, questa agevola la comprensibilità delle informazioni pur a scapito dell’appeal estetico.

Il manuale del piccolo aviatore è disponibile in cinque versioni diverse – tradizionale, Braille (senza illustrazioni ma con doppio testo nero-Braille), a grandi caratteri, ad alta leggibilità (con utilizzo della font Puntidivistafacile), in simboli – così da soddisfare bisogni di lettura differenti. Diverse nel formato, nell’adattamento testuale, nell’aspetto grafico oltre che nel tipo di codice impiegato, queste rispondono all’idea che strade diverse possano condurre al medesimo contenuto, garantendo a tutti i bambini le medesime opportunità di scoperta. Frutto di un progetto inclusivo che vede partner l’Aeronautica militare e la casa editrice Puntidivista, i cinque volumi si ispirano all’idea che , così come il cielo, anche il diritto alla lettura debba essere di tutti.

cop_dsa   cop_caa   cop_ipo   braille  standard

La rapina del secolo

Il furbo, Carlone e Luigino lo svelto sono tre ladri e hanno in mente quella che potrebbe rivelarsi la rapina del secolo: rubare la torta di nozze del figlio del presidente del Cile dalla pasticceria del celebre Rolando per chiedere un sostanzioso ricatto. Ma il furbo, Carlone e Luigino lo svelto – come lasciano facilmente intuire i nomi – sono una banda scalcinata tutta da ridere con un boss alto un soldo di cacio che fa il duro che più duro non si può e due gregari di cui uno un po’ tonto e l’altro intento solo a mangiare. Inutile dire che, date le caratteristiche del trio, l’impresa incontrerà qualche intoppo, a tutto guadagno del divertimento del lettore.

Davide Calì racconta infatti questa brevissima storia sottolineando i tratti più comici dei suoi protagonisti, i dialoghi surreali che prendono vita tra loro e la piega rocambolesca che assume l’intera faccenda. Lo fa con una scrittura semplice e ben calibrata che ben si sposa con illustrazioni essenzialissime, anch’esse a firma sua,  tutte giocate su forme minime e sui toni del bianco, del nero e del verde salvia.  Il risultato sono pagine non solo dal contenuto ma anche dall’aspetto ammiccante che si mostrano fin da una prima occhiata accessibili e amichevoli anche per chi non bazzica la lettura con frequenza o con facilità. Lo stesso accade anche nell’altro libro firmato dall’autore e intitolato La casa di riposo dei Supereroi che con La rapina del secolo inaugura Minizoom, la fresca collana ad alta leggibilità per giovanissimi lanciata da Biancoenero nel 2016.

 

 

Geranio, il cane caduto dal cielo

E se un giorno come un altro, camminando placidamente per strada, un cane piombasse dal cielo e arrivasse dritto dritto sulla vostra capoccia? Di fatto è proprio quello che succede ad Alberto, quel giorno che pieno di speranza si dirigeva verso l’edicola con la speranza di acquistare la bustina fortunata di figurine. L’impatto è rovinoso ma una volta ripresosi dal colpo il bambino non può che cedere alle affettuose insistenze del cane piovuto da chissà dove e portarlo con sé a casa. Non sarà un’impresa facile perché il colonnello Marziali, che abita nello stesso palazzo di Alberto, non vuole nemmeno sentire parlare di animali domestici. Allettato però da una ricca posta in gioco, l’austero condomino accetta la sfida lanciatagli dal bambino, da sua sorella Ines e dall’amico Marcello: se entro una settimana i tre dimostreranno che il cane sa fare qualcosa di speciale potranno tenerlo, altrimenti finirà dritto al canile e il colonnello otterrà un raro francobollo. Inizia così per i tre un conto alla rovescia appassionante che li vede impegnati a testare le abilità di Geranio – questo il nome, più che mai azzeccato, del cane piovuto come un vaso dal cielo – in fatto di soccorso acquatico, traino di slitte e caccia alla selvaggina. Ma niente da fare: il cane pare non eccellere in nulla. Solo in extremis, quando tutta la famiglia si è ormai affezionata alla bestiola e ogni possibilità di successo sembra svanire, qualcuno si rende conto che una qualità speciale può essere qualcosa di semplice ma importante cui talvolta non diamo abbastanza peso…

Geranio, il cane caduto dal cielo, racconta del legame stretto che si può instaurare tra animali ed essere umani e dell’affetto che, in entrambe le direzioni, viene troppo spesso sottovalutato. Lo fa attraverso pagine che accolgono caratteri di alta leggibilità (il font leggimi mutuato dalla Sinnos, la spaziatura ariosa, la carta color crema e la sbandieratura a destra), invitando così alla lettura anche un pubblico di ragazzi con difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Appuntamento nel bosco

Gli appuntamenti al buio, si sa, sono un azzardo. Imprevisti ed equivoci possono nascondersi dietro l’angolo, rimescolando a sorpresa le carte dell’attesa. E’ proprio quel che succede alla pipistrellina protagonista di Appuntamento nel bosco che aspetta per cena un cervo ma che in luogo del maestoso mammifero si trova sulla porta di casa un insetto minuto e dimesso. A dispetto del nome, il cervo volante che si presenta al rendez-vous romantico non ha nulla a che vedere con l’ospite immaginato e rischia persino di finire divorato prima ancora di varcare la soglia. Ma la pipistrellina, dopo un primo momento di scoramento, decide di darsi e dare al coleottero una possibilità di conoscenza. Il risultato sarà una piacevole sorpresa, in barba all’ottuso martin pescatore e alla sua filosofia dell’ “ognuno se ne stia solo con i suoi simili”.

Tutto basato su un equivoco scientifico-lessical , il libro segue gli sviluppi di un incontro stravagante in cui i pregiudizi finiscono per andare a farsi friggere: niente di più adeguato, peraltro, per un racconto incentrato su una cena! A rendere il racconto ancora più gustoso intervengono illustrazioni colorate e divertenti che, sottolineando somiglianze e differenze tra i protagonisti e spargendo dettagli sfiziosi su tutte le pagine, trasformano la biodiversità in una faccenda tutta da scoprire. Lo stesso argomento, inoltre, diventa protagonista in chiusura di libro, all’interno di giochi e piccoli approfondimenti che stimolano la curiosità scientifica su alcuni degli animali citati nella storia.

La coppia autorale che dà vita a questo godibile libro è formata da Sylvia Vanden Heede, già pubblicata ad alta leggibilità con le avventure di Lupo e cane insoliti cugini (Beisler), e da Benjamin Leroy, il cui tratto sorridente ha già animato Caccia alla tigre dei denti a sciabola (Sinnos). Particolarmente adatto a lettori del primo ciclo delle elementari, Appuntamento nel bosco fa parte di una collana intelligente e accattivante di Sinnos (I narratori a colori) che combina storie brevi e divertenti, illustrazioni frequenti e avvolgenti (nei confronti sia del testo si del lettore) e accorgimenti tipografici in favore di una leggibilità maggiore e più agevole, anche per chi è colpito di dislessia.

Giochi di luce

Giochi di luce è un colpo di fulmine: impossibile non restarne folgorati! L’originalità e la vicinanza con il sentire bambino di questo splendido albo senza parole – già vincitore del prestigioso Bologna Ragazzi Award nel 2015 – lo rendono infatti un piccolo e insolito gioiello, in cui il lettore è chiamato ad agire con poca fretta e molta curiosità.

Sull’inconsueto sfondo nero delle pagine – che sfida le convenzioni editoriali e suscita un immediato effetto stuzzicante – si stagliano contorni grigio chiaro di piante, fiori e animali di ogni sorta. A esplorare questa natura misteriosa, fianco a fianco al lettore, c’è un intraprendente  bambino dagli sgargianti stivali giallo limone. Torcia alla mano questi si avventura tra cespugli, fronde e radure illuminando ogni volta un particolare del sottobosco.

lizi boyd 1a

Il cono di luce bianco della torcia porta così allo scoperto dettagli arborei e creature del buio indaffarate, mentre tutt’intorno, nella penombra, la luna avanza nel cielo e la natura si anima pensando forse che nessuno la scorga. Gufi, cerbiatti, pipistrelli e roditori di varia taglia portano avanti le loro consuete attività notturne o si arrestano – tra timore e interesse – a fissare l’insolito ma rispettoso visitatore. Il loro è un incontro discreto e quieto, fatto di reciproche attenzioni che si risolvono in un buffo colpo di scena finale.

hqdefault

lizi boyd 9

Tutto accade nel massimo silenzio: quello che serve per osservare per benino il bosco e i suoi abitanti e per godere appieno di una storia fatta di minuzie, di dettagli brulicanti, di stupore per le piccole cose. Giochi di luce invita proprio a fare questo, offrendo quadri pullulanti tra i quali muoversi alla ricerca di bestiole nuove o già incontrate, di finestrelle che svelano particolari prima non scorti e di interazioni tra i personaggi che fanno del libro un’avventura vera e propria, in cui meraviglia e libertà di esplorazione vanno felicemente a braccetto.

 

 

 

Scarpa, dove sei?

Un calcio per aria e la scarpa di un bambino finisce chissà dove. In fondo al mare, forse. O tra stormi di uccelli. Nel bel mezzo di una guerra coi cannoni, perché no? Sta al lettore scoprirlo scorrendo pagine in cui paesaggi e protagonisti i più disparati si susseguono in una giravolta di scene più o meno surreali.

Scarpa, dove sei? è un albo quasi senza parole, che si apre e si chiude con due righe di cornice in forma di filastrocca ma che procede per il resto per sole immagini. Il gioco sta tutto nel trovare le sagome di scarpe nascoste in ogni quadro – nel muso del rinoceronte come nel corno di una mucca, negli arti dello spaventapasseri come nella pancia della nave – scorgendo, per un piacere più minuzioso, la varietà di modelli disseminati tra le pagine e la loro peculiarità rispetto alla scena rappresentata.

Siamo di fronte a un piccolo albo che non strepita ma che sa divertire, un libro che è una caccia al tesoro a filo di pagina, una carrellata di personaggi bislacchi, un invito a cercare forme note dove meno ci si aspetterebbe. Con più di cinquant’anni sulle spalle (Scarpa, dove sei? è stato pubblicato per la prima volta a New York nel 1964), il volume ora pubblicato da Salani sposa semplicità e ironia valorizzando il tratto inconfondibile di un grande autore come Tomi Ungerer.

[Edit: luglio 2022] Il libro di Tomi Ungerer è stato da poco ripubblicato da Biancoenero nella collana Doppio passo.

Eli sottovoce… le matite

Quella di Eli sottovoce è una piccola saga silenziosa che vede protagonista una libellula intraprendente, perseverante e creativa. Nei diversi episodi la bestiola si cimenta con opere di alta e raffinata ingegneria: torri di carte, uova e matite che inesorabilmente finiscono per crollare. Ma dall’errore può nascere qualcosa di meraviglioso e la creatività può subire nutrirsi di intoppi (soprattutto se sopraggiunge l’aiuto di qualche amico!): prova ne sia il fatto che le costruzioni fallite di Eli offrono gli spunti necessari per creare strepitose mongolfiere o stupefacenti lampadari.

Nell’ultimo episodio, in particolare, un ardito pinnacolo di matite ben appuntite si schianta al suolo prima di essere completato. Ma da un lapis spezzato spunta un insetto bislungo che opportunamente insaponato e innaffiato finisce per dar vita, insieme ad Eli, a straordinarie bolle di sapone.

Il silent book, così come i precedenti (Eli sottovoce… le carte ed Eli sottovoce…l’uovo, di ciascuno dei quali è possibile visionare un trailer online), si sviluppa in un elegante formato lungo e stretto che sfrutta l’altezza della pagina per valorizzare le invenzioni della protagonista. Lo stile dell’autrice Laura Bellini è dal canto suo raffinato e sfizioso, capace di delineare brevi storie suggestive che stimolano il lettore e richiedono attenzione, invenzione e gusto per i particolari minuziosi.

Pois

In un atelier vivace e colorato qualcosa di strano sta per accadere. Tra manichini e tessuti dalle tinte sgargianti, quando la sarta meno se lo aspetta, i pois di un bell’abito giallo prendono il largo e scappano altrove. Gasp, disastro! Che ne sarà del bell’abito? Ma soprattutto dove si saranno cacciati gli intrepidi pois? Con un finale surreale e sorprendente il libro di Cristina Bazzoni lascia un sorriso sulla bocca del lettore, invitandolo a cogliere nell’imprevisto una nuova possibilità creativa!

Finalista del Silent Book Contest 2015, Pois si distingue nel variegato mondo degli albi per il suo marcato aspetto grafico e per l’influenza marcata di ambiti (pubblicitario per esempio) e periodi (gli anni ’50-’60 in primis) molto particolari. Il colore puro la fa qui da padrone, concorrendo non solo a restituire un complesso piacevole e insolito, ma agevolando anche la messa in rilievo degli elementi cardine della narrazione e dei richiami interni al libro. Questo contribuisce a rendere la storia ben comprensibile nonostante l’assenza di parole e pertanto godibile anche da parte di chi si approccia con difficoltà al testo scritto.

Dov’è l’elefante?

Potrebbe sembrare una semplice rivisitazione animalesca del classicissimo Dov’è Wally? (non a caso citato dall’autore come fonte di ispirazione) e già ci sarebbe di che divertirsi. Ma Dov’è l’elefante? non è solo questo. La sfiziosissima sfida a individuare un pachiderma, un pappagallo e un serpente ad ogni doppia pagina di questo coloratissimo libro valorizza infatti la storia raccontata da Barroux e focalizzata sul rispetto della natura. Man mano che si avanza nella lettura, la variopinta e intrigante foresta in cui i tre animali si nascondono va riducendosi a causa dell’aumento di case e costruzioni, costringendo i protagonisti dapprima a strategie di occultamento sempre più ingegnose e infine a una soluzione tanto simpatica quanto drammatica.

barroux 1

barroux 2

fuga

Per le sue caratteristiche, il libro pubblicato dalle Edizioni Clichy si presta a un assortimento di letture davvero ricco e stimolante. Si può giocare a nascondino con i personaggi, raccontare una bella storia, scoprire i pericoli della deforestazione e/o fare tutte queste cose insieme. La libertà concessa dall’assenza di parole, inoltre, apre queste possibilità a un pubblico straordinariamente ampio nel quale anche bambini con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica del testo possono sentirsi confortevolmente inclusi.

Eugenia l’ingegnosa

Metti un’isola in cui gli abitanti hanno smesso di sognare e di domandarsi cosa ci sia oltre il mare. Ma metti anche una bambina intraprendente e determinata, che non si accontenta di muoversi entro limiti prefissati. Conoscerai così l’isola dei Nascondoni – popolo mite e rassegnato – ma anche Eugenia –bambina dalle idee chiare ben intenzionata a raggiungere l’ormai dimenticata isola di Nonsodove. Per farlo dovrà faticare non poco e avvalersi dell’aiuto di insoliti assistenti, dal fratellino Nicola a schiere di disponibili animali locali come castori, ragni e lucciole. Il risultato sarà così sudato ma varrà senz’altro gli sforzi, rivelando ad Eugenia e ai Nascondoni tutti, occasioni di conoscenza e arricchimento inaudite.

Eugenia l’ingegnosa dipinge con freschezza la voglia e il diritto di sognare, di essere curiosi e soprattutto di impegnarsi per diventare ciò che si desidera. Maschi o femmine che si sia. Ma racconta anche con forza che i ponti non solo strutture asettiche che collegano luoghi ma soprattutto possibilità di incontro tra persone. Tutto questo in un piccolo e apparentemente innocuo libretto che sa fare di una semplice metafora un messaggio potentissimo dalla veste frizzante (merito delle numerose e vivaci illustrazioni) e dall’aspetto amichevole (grazie ai criteri di alta leggibilità, garantiti dalla rodatissima collana leggimi di Sinnos). Agli spunti di cui il libro è già colmo di per sé si aggiungono quelli messi a punto da un’équipe di architette e ingegnere che ha fortemente voluto dar vita alla storia di Eugenia: una sfiziosa serie di semplici attività, scaricabili gratuitamente qui, sono infatti messe a disposizione di insegnanti, genitori e adulti in genere che vogliano farne uso con i piccoli lettori.

Le avventure di Lester e Bob

[usr=4.5]

Fate largo, sono in arrivo due personaggi illustrati a dir poco irresistibili! Usciti direttamente dalla penna di Ole Könnecke, Lester e Bob sono due amici davvero bislacchi: un papero con un certo savoir faire e un orso pacioccone re delle torte al forno. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più divergente – egocentrico e sicuro il primo, low-profile e accomodante il secondo – e proprio da questa divergenza nasce l’ilarità degli sketch cui i due danno vita e la vitalità della relazione che li unisce.

lesterbob

Che sia nel bel mezzo di una partita a bocce con dei coccodrilli o in preparazione di una serata di gala, di ritorno da un giro del mondo o in piena costruzione di volatili di neve, i battibecchi, gli scambi di opinioni, le battute e le trovate dei due animali sanno lasciare spiazzati, sorridenti e di buonumore.

Nelle loro sono avventure, minimal e surreali, la stramberia è all’ordine del giorno e l’amicizia finisce sempre per trionfare. Senza moralismi o forzature, però – si badi bene – ma per il solo e invincibile potere di una torta al cioccolato o di una maschera del buonumore. L’autore ha infatti questa rara abilità nel raccontare storie a misura di bambino che danno rilievo ai sentimenti passando attraverso le cose concrete. Qui, in particolare, l’anatra e l’orso sono protagonisti di quadretti gustosi e concisi – perfetti per stuzzicare senza appesantire – che si vorrebbe potessero avere un seguito ancora molto lungo, lunghissimo.

Schermata 2016-05-30 alle 15.44.37 Schermata 2016-05-30 alle 15.44.22 Schermata 2016-05-30 alle 15.44.09

Le avventure di Lester e Bob fa parte della collana ad alta leggibilità Leggo già di Beisler, inaugurata dall’altrettanto surreale volume Lupo e cane. Insoliti cugini. Il libro di Ole Könnecke fa però uso del font specifico per dislessia in formato maiuscolo, che calza a pennello sulle storie narrate e sul target più giovane cui queste si rivolgono.

Schermata 2016-05-30 alle 15.37.30 Schermata 2016-05-30 alle 15.37.40

Geltrude senza piume

Alice, la piccola protagonista dell’albo Geltrude senza Piume, è una bambina tosta e testarda. Affezionata alla sua cara oca di stoffa e sensibile di fronte alla sofferenza animale, si rifiuta dapprima di utilizzare un cuscino nuovo di zecca perché fatto di piume e riesce infine ad adottare un’oca vera, salvandola da un allevamento intensivo.

La storia, scritta con la consueta passione da Sandra Dema e stampata ad alta leggibilità grazie all’impiego del font open source OpenDislexic, presenta con un marcato ed esplicito intento educativo. Le illustrazioni di Valeria Castellani, dal canto loro, sono comunicative e avvolgenti nella loro naïveté. Prive di dettagli accumulati e rumori di fondo, sottolineano l’entusiasmo e i sinceri sentimenti della protagonista.

The big swim. La grande prova

Presentatosi ai lettori i italiani con La strana collezione di Mister Karp (finalista del premio Andersen 2014), Cary Fagan torna a farsi notare con un nuovo libro ad alta leggibilità destinato ad un pubblico analogo o di poco più grande. Pubblicato con la consueta attenzione alle esigenze di lettori con dislessia dalla Biancoenero, The big swim. La grande prova racconta di un’estate a un campo estivo per ragazzi, così come vissuta dal protagonista Ethan.

Timido e poco predisposto a farsi notare, Ethan cerca dapprima di mantenere un basso profilo e non farsi dei nemici ma scopre pian piano di potersi spingere più in là, trovando compagni che lo apprezzino, occasioni per mettersi alla prova e coraggio per mostrare i propri talenti e per esternare i propri sentimenti. La settimana di campo estivo diventa così per lui una piccola ma intensissima esperienza di crescita, con compagni di avventura che val la pena di scoprire a fondo e possibilità di toccare da vicino l’emozione palpitante e contrastante dell’adolescenza che bussa alla porta. La stessa palpitante e contrastante emozione che si prova, forse, a cimentarsi in piena notte, con la Grande Traversata a nuoto verso l’isola di Downing…

 

Officina Millegiri

Sono tante e sfaccettate le storie a due ruote che si intrecciano in questo fumetto: una moltitudine di personaggi, epoche, panorami, contesti, vicende ed emozioni si fanno largo a suon di pedalate. È proprio la passione per le biciclette dei suoi protagonisti – dall’aggiustatutto al corridore, dall’orsa equilibrista al ciclista acchiappanuvole, dalla band a pedali al tifoso sfegatato – a fare da filo conduttore a un fumetto che dice tra le curve di sogni, amori, progetti e amicizie.

Le parole sono scelte dal cantante dei Tête de Bois Andrea Satta e trovano forma visiva nella matita di Eleonora Antonioni (anche se è proprio da quest’ultima che l’idea di portare tante biciclette in un solo libro è partita). L’incontro tra le due voci è ben calibrato e non scontata: tale insomma da lanciare un amo insolito a lettori adolescenti, soprattutto se amanti delle corse in velocità.

La brevità delle storie, unita alla consueta attenzione di Sinnos per l’alta leggibilità (qui applicata al genere del fumetto grazie alla font leggimi graphic), rende Officina Millegiri particolarmente fruibile anche da parte di giovani lettori poco a proprio agio tra le pagine fitte.

La casa di riposo dei supereroi

Dei supereroi così, di certo, non li avete mai visti! Acciaccati, smemorati, mollicci e un po’ rimbambiti, alcuni dei più intrepidi paladini della giustizia sono ritratti da Davide Calì al tramonto della loro carriera, tra un apparecchio acustico e una pappetta adatta alle dentiere. Quando meno se lo aspettano, però, una nuova (e forse non ultima) avventura bussa alla porta della loro casa di riposo, obbligandoli a riscoprire il gusto della sfida e il valore della collaborazione.

La casa di riposo dei supereroi, uscito insieme a La rapina del secolo (anch’esso a firma del bravo Davide Calì), inaugura la nuova e apprezzabilissima collana Minizoom della casa editrice Biancoenero: una collana di librini agili nel formato e nel contenuto, con testi e illustrazioni amichevoli e divertenti. L’ideale insomma per avvicinare alla lettura anche i bambini più poco esperti o riluttanti che possono ritrovare qui la consueta attenzione per l’alta leggibilità a cui la casa editrice romana si è da sempre dedicata.

Il cavaliere saponetta

[usr=4]

Il cavaliere Saponetta si chiama così per la sua sfrenato attitudine alla pulizia: sempre lindo e profumato, non perde occasione per strofinarsi per bene dopo una battaglia condotta con lealtà e ardore. Ad accompagnarlo nelle imprese il fido ma ancora inesperto Elmo e a circondarlo presso la sua magione una sfilza di personaggi buffi, primo fra tutti il maestro inglese di quick step.

La vita del protagonista è insomma sufficientemente avvincente e vivace di per sé ma sarà un’improvvisa e urgente lettera del re a renderla davvero travolgente. Incaricato di sconfiggere un drago che sta terrorizzando il regno, il cavaliere Saponetta si trova ad affrontare molti pericoli, la maggior parte dei quali predisposti dal malfido conte Grigio che come lui punta alla mano di Linda, la soave figlia del re. Il finale sarà tutta una sorpresa, capace di rivelare intrighi ma anche di dare una scossa agli stereotipi che spesso si nascono nelle fiabe.

A rendere ancora più piacevole una storia già così molto gustosa, entrano in campo i disegni frequenti, colorati e irresistibili di Mattias de Leeuw che illustrano con pazienza i vari passaggi del racconto e ne sottolineano bene il tono scherzoso. Gli accorgimenti tipografici caratteristici (font leggimi, spaziatura maggiore, carta avoriata, sbandieratura a destra, a capo in linea con la punteggiatura) della collana ad alta leggibilità I narratori a colori di Sinnos, di cui Il cavaliere Saponetta fa parte, completano infine il quadro, garantendo una più agevole lettura anche in caso di dislessia.

Ti regalo la luna

Quale regalo può essere all’altezza di un amore è così grande come quello tra un bambino e la sua mamma? Forse solo la luna, o almeno questa è la risposta che si dà il piccolo Riccardo, desideroso di fare un dono speciale alla sua mamma. Ma la luna è così in alto che gli servirà salire sulle spalle del papà, e poi ancora dei vicini, e poi ancora dei cugini e così via prima di poter arrivare all’agognato obiettivo. Ma con tutti questi aiuti, che andranno in qualche modo ricompensati con un pezzetto di luna – resterà infine un regalo abbastanza degno per la mamma? Le parole affettuose di Alice Brière-Haquet accompagnano il lettore a scoprirlo con i toni, l’essenzialità e le atmosfere sospese tipiche delle fiaba. Accanto ad esse, le immagini sognanti di Célia Chauffrey, persin sacrificate in un formato così ridotto, danno una forma silenziosa a tutto il sentimento contenuto nella narrazione.

La struttura a iterazione che caratterizza il racconto dona un ritmo cullante alla lettura e contribuisce forse a renderla più agevole, costruendo una rete di richiami e riprese amichevoli anche per il lettore con qualche difficoltà. Di certo a questo scopo concorrono le scelte tipografiche operate dall’editore Gribaudo all’interno di questo volume così come degli altri che compongono la collana Facile! Leggere bene. Leggere tutti: font ad alta leggibilità leggimi mutuato dalla Sinnos, spaziatura maggiore tra le righe e le parole e sbandieratura a destra. Un piccolo dono per i lettori con e senza disturbi specifici dell’apprendimento, almeno prezioso come quello di Riccardo alla sua mamma.