Di chi è il nido?

Di chi è il nido? è un racconto di gentilezza e accoglienza, che fa dell’inclusione il suo perno. Protagonista è una cinciallegra solare e generosa che un giorno decide di costruire un nido in cui chiunque possa sentirsi benvenuto. La sua impresa, portata avanti con entusiasmo contagioso, viene supportata da un’ampia gamma di amici, ciascuno motivato a fare la propria parte. Così, per esempio, il sole aggiunge raggi calorosi, la lucciola illumina lo spazio quando cala la notte e il gatto offre un po’ di pelo caldo e morbido, rendendo quello del nido un progetto partecipato e come tale ancora più bello.

Contraddistinto da un testo in rima semplice e supportato visivamente dai simboli della CAA, Di chi è il nido? propone una storia di agevole comprensione anche in caso difficoltà comunicative. Le illustrazioni che accompagnano il testo, ponendosi sempre nella pagina a fianco ad esso così da facilitarne la distinzione, presentano linee essenziali e fanno leva sulla combinazione di tre soli colori (rosso, nero e bianco) per rendere immediatamente evidente il soggetto ma non appaiono, dal canto loro, particolarmente raffinate e accattivanti.

La lavatrice della fantasia

Avere una mente sempre all’opera, intenta a progettare ed inventare, può essere faticoso. Le idee, infatti, si accumulano, si mescolano e si rincorrono generando caos e confusione. Così capita, per esempio, a Ilaria ogni volta che una sua mirabolante creazione sta per prendere forma. Che sia un nido per uccelli fatto con un ombrello, una corsa in pattini a rotelle per i corridoi di casa o una penna dotata di lente di ingrandimento, ogni invenzione è anticipata da un momento di agitazione e smarrimento.  Ci penserà il dottor Sotutto a rassicurare la bambina, permettendole di scoprire, attraverso una singolare immagine, di avere una testa come la lavatrice di casa: vorticosa ma anche efficace e ingegnosa.

Con La lavatrice della fantasia, Il ciliegio aggiunge un nuovo titolo alla sua collana di libri in simboli Inbook, in buon parte scritti da Elisa Vincenzi e puntualmente supervisionati dal Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello. Il testo del volume si presenta dunque corredato da simboli WLS che ne agevolano la comprensione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative. Composto da frasi anche abbastanza lunghe e articolate, non prive di subordinate e coordinate, questo si rivolge in particolar modo a giovani lettori non alle primissime esperienze di lettura in simboli. Il volume è completato poi da illustrazioni colorate e dinamiche, che appaiono tanto vivaci quanto la protagonista del libro.

Mindomo

Mindomo non è il solito sito online per creare mappe concettuali: le sue  versatilità e semplicità d’uso, unite a una grafica accattivante, lo rendono un software valido e multifunzionale.

Mindomo è uno strumento di mappatura mentale con un’interfaccia facile e accessibile da qualsiasi dispositivo mobile (telefono o tablet),  PC o portatile. E’ possibile lavorare offline, e sincronizzare successivamente il lavoro online, da condividere con colleghi e compagni di classe. Mindomo offre 3 categorie di account per soddisfare le diverse esigenze: Studente, Insegnante e Lavoro/Personale. Ognuna di esse ha modelli appositamente progettati per  sfruttare al meglio lo strumento. È possibile continuare a utilizzare gli strumenti gratuiti per le mappe mentali per sempre o effettuare l’aggiornamento in qualsiasi momento per sbloccare funzioni aggiuntive.

Nel caso degli studenti, le mappe mentali sono funzionali sia per comprendere il materiale didattico che per rielaborarlo e memorizzarlo.

In questo caso la gran varietà di formattazioni e temi permette una personalizzazione maggiore del risultato, accogliendo esigenze specifiche in ragazzi con difficoltà di attenzione e apprendimento,

Recupero in ortografia

Ideato come strumento per il potenziamento dei processi di scrittura, il software propone una serie di attività graduate che mirano all’acquisizione della consapevolezza dell’errore ortografico e forniscono agli alunni utili strategie metacognitive. Sotto la guida di un simpatico pirata, l’alunno affronterà una grande caccia al tesoro che gli consentirà di mettere alla prova le capacità alfabetiche e lessicali e di individuare i punti di fragilità alla base dell’iterazione dell’errore.

È possibile accedere e svolgere il programma in due modalità: «Insegnante» e «Famiglia»:

All’interno dell’area «Statistiche» è possibile monitorare l’andamento di ciascun alunno o dell’intera classe per pianificare eventuali interventi mirati.

Recupero in ortografia, diversamente da altre strategie didattiche,  sposta il focus dell’intervento dal monitoraggio degli errori ai processi sottesi, dalla valutazione dei risultati alla lettura dell’evoluzione della competenza, coinvolgendo e motivando in prima persona l’alunno.

Abiword

Abiword è un software di elaborazione testi gratuito. La gestione dei diversi formati è completa e comprende tutti i classici suffissi e che abbiamo imparato ad aspettarci e a utilizzare (.doc, .rtf, .txt). Il controllo ortografico è probabilmente l’aspetto più debole di tutto il pacchetto ma grazie al modello open source, è possibile che ci saranno degli aggiornamenti previsti in futuro. AbiWord è in grado di leggere e scrivere tutti i tipi di documenti standard del settore, come documenti OpenOffice.org, documenti Microsoft Word, documenti WordPerfect, documenti Rich Text Format, pagine web HTML e molti altri.

AbiWord è disponibile in molte lingue diverse. AbiWord è disponibile nella maggior parte delle lingue più comuni e in molte lingue meno comuni. Esistono dizionari per oltre 30 lingue.

Tu sei

Tu sei è letteralmente un libro più unico che raro. Non solo perché vanta una raffinatezza e una bellezza minimalista che lasciano incantati ma anche e soprattutto perché può contemporaneamente dirsi un libro tattile, un libro in simboli e un libro in lingua dei segni.

Composto da eleganti pagine in velluto nero, rilegate in modo da restare agevolmente aperte a 180°, il libro di Michela Tonella e Antonella Veracchi (le due anime di E.T. Editoria tattile) è progettato in maniera ingegnosa, tale da consentire al singolo lettore (o, più facilmente, al mediatore che è con lui), di scegliere il codice a lui più congeniale. Se il testo in nero è infatti cucito sulla pagina, le sue traduzioni in LIS, Braille e simboli WLS sono rese disponibili su pratici cartoncini, contenuti in apposite taschine al fondo del libro e applicabili di volta in volta sulle pagine corrispondenti. Queste ultime contengono infatti dei piccoli tagli in cui i cartoncini possono essere agevolmente inseriti e da cui, altrettanto agevolmente possono essere sfilati. Oltre a risultare molto pratico per adattare la lettura alle esigenze del singolo lettore, questo sistema si presta perfettamente a far sperimentare a un gruppo classe le diverse e spesso sconosciute modalità di lettura che l’editoria ci offre. In questo senso la forza di Tu sei sta anche nella capacità di trasformare un limite oggettivo – quello di far stare sulla pagina molti codici diversi e piuttosto ingombranti – in una possibilità di ricchezza e creatività.

Dedicato al tema delle relazioni, qui rappresentate attraverso la metafora delle costellazioni, Tu sei presenta testi in versi, brevi e ricercati, e illustrazioni essenzialissime realizzate con un semplice filo bianco e sobri bottoncini del medesimo colore. Di grande effetto per il contrasto con le pagine scure, fili e bottoni vanno a illustrare stelle e costellazioni in una maniera suggestiva e perfettamente percepibile al tatto. Qui, così come in Ombra, le due autrici si cimentano con un soggetto potenzialmente ostico per il lettore non vedente, che può percepire le stelle solo attraverso il racconto di chi vede, trovando la maniera di renderlo esperibile e intellegibile.

Il risultato è un libro da accarezzare, sognare, con cui riflettere e da condividere. Un libro che apre a interrogativi e confronti, che tiene insieme la poesia e la scienza, e che mette in luce la bellezza della diversità tanto nella forma quanto nel contenuto.

Aurora e la tigrona

Aurora è nata e cresciuta con molte aspettative da parte della sua famiglia: per questo ci tiene ad apparire in tutto e per tutto impeccabile e fatica ad accettare i propri difetti. Ecco allora che questi ultimi iniziano ad assumere un aspetto minaccioso. Sempre più frequentemente emergono infatti con le sembianze di una grossa tigre che pare non voler mai abbandonare la bambina e che via via tende ad allontanare i suoi compagni. A nulla varranno le visite dai dottori o le consulenze dei domatori più famosi: starà ad Aurora trovare il modo di venire a patti con il grosso felino che le abita dentro e con tutto ciò che esso rappresenta. Solo allora potrà guardare con lucidità a sé stessa e a chi le sta intorno, scoprendo che chiunque ha la sua fiera nascosta e che imparare a conoscerla e accettarla è il modo migliore per stare bene.

Sospeso tra dimensione fantastica e metaforica e costruito a partire da un messaggio netto, Aurora e la tigrona fa parte della collana ad alta leggibilità I bulbi dei piccoli, pubblicata dalle Edizioni Gruppo Abele. Come tale impiega il font EasyReading e distribuisce il testo in maniera ariosa sulla pagina. Questo, unito alla sbandieratura del testo e al ricorso a margini piuttosto ampi fa sì che il volume appaia particolarmente accogliente anche nei confronti dei lettori dislessici

La casa piena di cose

Il signor McDuff ama collezionare le cose. Non cose come francobolli o monete, bensì oggetti vecchi, rotti e perlopiù gettati nell’immondizia dai suoi concittadini. Potrebbero sempre servire, è solito, infatti, pensare. Nessuno dei vicini gli dà, però, corda e anzi la gente tende a guardare con sospetto e disgusto il cumulo di rottami che pian piano cresce dentro e fuori la sua casa. Quando però la bicicletta del piccolo Mo si rompe proprio lì davanti, il signor McDuff e il suo cumulo hanno finalmente una chance di riscattarsi. Ne seguirà un grande e caotico cambio di rotta in tutta la città….

L’albo di Emily Rand ha una qualità particolare: la profusione di dettagli e l’uso arguto di soli quattro colori (bianco, nero, marrone e azzurro) fanno sì che a un’occhiata distratta, rapida o non troppo ravvicinata le pagine abbiano tutte un aspetto simile, quasi sovrapponibile. Guardandole più da vicino e con più attenzione, però, esse svelano la loro unicità e il loro ipnotico brio: un pullulare di particolari che non solo accompagna puntualmente gli sviluppi del racconto ma ne arricchisce e di molto il respiro, invitando il lettore a una sosta prolungata. Scorgere nel cumulo di oggetti recuperati dal signor McDuff gli esemplari più bizzarri e individuare nelle ultime pagine gli usi originali che ne fanno le diverse persone rende infatti la lettura particolarmente coinvolgente e curiosa.

Come gli altri volumi della colla Upupa, anche La casa piena di cose di Emily Rand presenta una specifica attenzione al tema dell’accessibilità e del multilinguismo. Non solo, infatti, il libro offre il testo in doppia lingua – inglese (la lingua originale dell’albo) e italiano, ma mette anche a disposizione del lettore, tramite QRcode, la versione audio del testo in entrambi gli idiomi.

La guerra di Nina

La guerra di Nina è un libro in simboli di piccolissimo formato che racconta una storia di guerra che finisce per diventare una storia di vita. Quando nel paese di Nina, infatti, arrivano le bombe e le case vanno a fuoco, Nina scappa ma non è sola. Prima di morire, un passerotto ha deposto tre piccole uova tra i suoi capelli arruffati e così Nina fa di quel tempo di fuga e smarrimento un tempo di segno completamente diverso: un tempo di cura e di attesa che non tarderà a dare i suoi frutti, restituendo alla bambina una possibilità di speranza.

Malinconico, tanto nei testi quanto nelle figure, La guerra di Nina è un adattamento di un omonimo albo pubblicato dallo stesso editore: Zefiro. Simbolizzato secondo il modello inbook, il libro prevede testi abbastanza concisi e densi, privi di costruzioni sintattiche troppo ostiche. Le illustrazioni intense e a tratti perturbanti sottolineano il ventaglio di emozioni che il racconto si propone di affrontare.

Testone

Guai a dire che a Monte Quiete non succede mai niente! Qui hanno infatti luogo le avventure tutt’altro che barbose di Giustino e Mia. Se il primo si era ritrovato nel bel mezzo di una faccenda piratesca in compagnia del burbero Sgrunt!, la seconda mette ora in atto, insieme al suo amico Giorgio, il piano del secolo per far chiudere la scuola. Mica bruscolini!

Mia, che come vorrebbe indicare il nome, è un tipetto indipendente che odia essere reclamata e avvinghiata da familiari e compagni, è l’unica in classe a manifestare interesse nei confronti di Giorgio. In primo luogo Giorgio è l’unico che non pensa mai di abbracciarla senza il suo consenso e in secondo luogo è il socio perfetto per portare a termine un piano come quello che Mia ha in mente. Giorgio, infatti, è il palo ideale: non dà confidenza, è un fine osservatore e in caso di necessità dà l’allarme urlando a gran voce “Cetrioliniiiiiiii”. I cetriolini sono infatti la sua ossessione e per questo, così come per tante altre sue stranezze, i compagni lo evitano e le maestre lo trattano con pietistica accondiscendenza. Mia invece no, lei ne coglie le grandi potenzialità e non a caso lo chiama Testone, ossia persona dotata di un grande cervello. Insieme, i due ridono come matti, compiono marachelle e progettano di rubare tutti i gessetti della scuola. E anche quando qualcosa, in questo piano diabolico, sembra andare storto, il loro sodalizio ne esce più rafforzato che mai grazie a una complicità speciale e – ça va sans dire – a una bella dosa di Cetrioliniiiiiiiiii.

Pubblicato da Sinnos con l’efficace formula ibrida che mescola racconto illustrato e fumetto già collaudata anche in Sgrunt!, Testone vanta una storia coinvolgente, un testo ironico, illustrazioni spiritose e caratteristiche grafiche di alta leggibilità. Amichevole anche nei confronti di lettori dislessici, il libro di Daniele Movarelli e Alice Coppini presenta un’attenzione particolare nei confronti dell’inclusione anche da un punto di vista contenutistico. Attraverso il personaggio di Giorgio, così bizzarro e imperscrutabile, ma soprattutto attraverso il personaggio di Mia, così capace di guardare oltre le etichette e il buonismo dei grandi, Testone trasforma la diversità in uno spunto narrativo leggero ma che lascia il segno.

Valentino Senzafretta

Valentino Senzafretta è un bradipo e, come tutti i bradipi, la mattina se la prende comoda. Quando i suoi amici lo invitano ad andare al fiume a giocare, lui accetta con piacere. Non prima, però, di aver sbrigato, con i suoi tempi, tutti i suoi affari. Così, piano piano, Valentino si sveglia, fa colazione, scende dall’albero, fa i suoi bisogni e solo alla fine, sempre piano piano, si incammina verso il fiume. Qui lo aspettano i suoi amici e, insieme a loro, un’avvincente gara di nuoto il cui risultato sarà tutt’altro che scontato!

Scritto e illustrato da Raffaella di Vaio e già pubblicato da Homeless book in una precedente versione non simbolizzata, Valentino Senzafretta propone una storia molto semplice e assomma alcune caratteristiche compositive che lo rendono particolarmente fruibile anche da parte di piccoli lettori con maggiori difficoltà di aggancio, attenzione e comprensione.

Il libro presenta, in primo luogo, una struttura molto regolare e iterata. Il protagonista incontra, infatti, a ogni passaggio un diverso personaggio dal quale riceve la proposta di andare al fiume e al quale puntualmente risponde che deve ancora fare qualcosa ma che lo raggiungerà più tardi. Ogni volta ci sono dunque minimi cambiamenti (l’amico incontrato, il motivo del rinvio…), scanditi dall’avanzare della mattina e delle routine del bradipo, inseriti all’interno di una cornice invariabile, anche dal punto di vista linguistico. Formule ricorrenti introducono infatti i diversi amici che interpellano Valentino, le loro proposte, le reazioni del bradipo e le sue riposte, con una ciclicità che crea piacere nell’ascolto, familiarità col testo e supporto alla sua comprensione. Con il medesimo intento ed effetto, il racconto predilige un lessico e una composizione sintattica piani e di agevole fruizione, resi ancora più accessibili dalla presenza dei simboli WLS.

Ne risulta un libro accogliente, amichevole e davvero propizio alla condivisione.

Mezzanotte e cinque

Atmosfere dickensiane, personaggi vividissimi e una trama avvincente: così Malika Ferdjoukh costruisce un racconto breve e incalzante che in una manciata di pagine ci catapulta nella Praga di tanti anni fa, quando le strade erano battute da carrozze e lo sfarzo di corte dominava la vita mondana.

Protagonisti sono tre orfani che vivono la strada con una dimestichezza e una furbizia sorprendenti: Mezzanottecinque, così chiamato per via di un misterioso tatuaggio che fin da piccolissimo sfoggia sul braccio, sua sorella Bretella, che quanto a sangue freddo non invidia nessuno, e il loro amico Emil, che condivide gioie e dolori della vita errabonda con tre topolini ammaestrati. Abituati a vivere alla giornata senza adulti che si occupino di loro, i tre sono costretti a smaliziarsi e a crescere più in fretta del dovuto ma custodiscono un lato bambino che li porta a sognare natali spensierati (la vicenda è ambientata proprio in una vigilia), a immaginare modi stravaganti con cui far parlare dei roditori o a compiere inaudite acrobazie per accaparrarsi dei bottoni. E forse proprio questo loro intonso lato infantile li porta a vivere con sprezzo del pericolo e totale coinvolgimento un’avventura piena zeppa di rischi come quella che tiene insieme una preziosissima collana rubata, assassini senza scrupoli, ladri insospettabili e una coppia di circensi.

Coinvolgente e non privo di humour, Mezzanotte e cinque allestisce agli occhi dei lettori una cornice fascinosa e una storia mozzafiato. Un poco di amaro in bocca lo lascia forse la risoluzione della vicenda, con tanto di agnizione e ricongiungimenti, che accade e scorre così veloce che quasi non si fa in tempo a godersela. D’altro canto il ritmo serrato del racconto e la sua rapidità di svolgimento garantiscono una lettura snella e fruibile che consente anche a chi mal affronta lunghe misure di godere di una storia appassionante. Questo aspetto, insieme alle illustrazioni frequenti e puntuali di Eleonora Antonioni, rafforza dal canto suo l’accessibilità del volume, garantita dall’impiego del font EasyReading, dalla spaziatura più ampia e dalla sbandieratura del testo. Pubblicato con grande successo in Francia, Mezzanotte e cinque arriva, infatti, in Italia con Camelozampa che lo propone ai lettori in una piacevole edizione con accorgimenti ispirati all’alta leggibilità.

Neve, neve, neve!

Che magia, vedere la neve per la prima volta! Di fronte a una luna che misteriosamente promette fiocchi candidi, il protagonista del libro Neve, neve, neve! attende con trepidazione l’arrivo del mattino. E siccome le promesse si mantengono, la giornata che lo aspetta sarà a dir poco speciale tra scuola chiusa, battaglie e pupazzi.

Come si legge giustamente nel bel mezzo del racconto: Tutto cambia quando nevica. Si possono fare tante cose insolite e divertenti, per esempio. E la routine quotidiana non è più la stessa. E se è vero che questo è perlopiù motivo di gioia ed emozione, lo è altrettanto il fatto che per alcuni bambini che più faticosamente vanno incontro ai cambiamenti possa diventare ragione di malessere.

Ecco allora che con la sua struttura ibrida, che integra nel racconto indicazioni pratiche su come può svolgersi una giornata sulla neve, su quali indumenti bisogna indossare e su cosa accade prima, durante e dopo la caduta dei fiocchi, Neve, neve, neve! si presta bene a offrire una storia piacevole ma anche un supporto efficace per affrontare delle ore potenzialmente critiche.

Contraddistinto dall’impiego di simboli WLS a sostegno visivo del testo, il libro edito da Homeless Book risulta accessibile anche a bambini con difficoltà comunicative. Il lavoro di simbolizzazione, in particolare, segue le linee guida del modello inbook prevedendo l’uso di qualificatori e di un pittogramma per ciascun elemento lessicale del testo.

Il frutto del paradiso

Il frutto del paradiso è una fiaba che arriva dall’Oriente e in cui si trovano echi di diverse religioni. Costruita intorno a un frutto simbolicamente forte come il melograno, che secondo la leggenda conterrebbe un seme proveniente dal paradiso, la fiaba racconta del legame speciale che lega un nonno alla sua nipotina e dell’amore incondizionato che il primo è capace di donare alla seconda. Dopo aver ascoltato la leggenda del melograno, infatti, i due si trovano catapultati in un viaggio incredibile tra fiumi e montagne, città e monumenti, fino ad arrivare al paradiso stesso. Qui hanno la possibilità di restare ma il nonno, benché molto devoto, decide di tornare comunque sulla terra per consentire alla bambina di godere a pieno della vita che l’attende.

Scritto dall’autore siriano Abdughani Makki, Il frutto del paradiso è proposto dall’editore Zefiro in una doppia versione: tradizionale e in simboli. Quest’ultima fa in particolare riferimento al modello inbook e prevede dunque un numero di simboli piuttosto elevato, tale da consentire la resa visiva dei singoli elementi lessicali. La costruzione sintattica che non disdegna frasi articolate e la scelta linguistica che dà spazio a parole ricercate ne fa un lavoro non banale da leggere ma che può aprire finestre per l’approfondimento di temi legati alla religione, alle leggende e più in generale alla geografia culturale.

Guarda bene

Quando anche la compagnia di un cagnolino non riesce a scuotere la voglia di giocare, la noia di un bambino si può fare grande, quasi insopportabile. È proprio quello, però, il momento in cui qualcosa di speciale può accadere. Il momento in cui la curiosità vola e la fantasia si accende.

Così accade al protagonista di Guarda bene. Attratto da una coccinella che gli passa per caso accanto, questi decide infatti di seguirla e osservarla per bene. Che sorpresa per lui quando, scostando i fili d’erba su cui l’insetto si è posato, scopre un pullulare di creature fantastiche, di verde tinte, con l’espressione furba e il cappello punta. Come piccoli elfi dei prati, gli esserini fanno il bagno nelle pozzanghere, mangiano bacche, si arrampicano tra le foglie e cavalcano le coccinelle.

Grandi sono il diletto e la meraviglia del protagonista al loro fianco, soprattutto perché come per magia si ritrova rimpicciolito fino alla loro taglia e può dunque condividerne avventure e segreti davvero da vicino. E grande, soprattutto, è la sua voglia di continuare a esplorare. Così, giusto il tempo di congedarsi dai nuovi amici ed eccolo pronto a tuffarsi tra le onde. C’è un paguro sulla spiaggia, premessa irresistibile di nuove minuscole avventure sottomarine…

Contraddistinto da una grande delicatezza di toni e di sguardo, Guarda bene procede per sole immagini senza far uso di alcuna parola. Questo aspetto, oltre a non compromettere la narrazione che fila liscia con naturalezza, valorizza la sospensione tra dimensione reale e dimensione fantastica che caratterizza il racconto. È una magia quella che tocca il bambino o è la sua fantasia a trasformare ciò che vede? L’autrice volutamente non ce lo dice e le sue illustrazioni così suggestive invitano silenziosamente il lettore a dare la sua personale interpretazione.

La mia giornata

Impara l’arte e mettila da parte! Questo ha senza dubbio fatto la squadra di Puntidivista, progettando e realizzando i quiet book della sua collana senza parole. L’ultimo finora pubblicato – La mia giornata – presenta infatti caratteristiche analoghe al primo – Oggi divento (2018) – ma vanta al contempo alcune migliorie che lo rendono particolarmente apprezzabile e funzionale.

Entrambi i volumi si caratterizzano per pagine in feltro su cui sono attaccati (e da cui si possono staccare e riattaccare) con il velcro tanti elementi, anch’essi fustellati in feltro. Grazie a tali elementi, i protagonisti del volume, a loro volta staccabili e realizzati nel medesimo materiale, possono assumere differenti ruoli e fare cose diverse: in Oggi divento, per esempio, essi vestono i panni e dispongono degli strumenti tipici di vari mestieri mentre in La mia giornata interagiscono con gli oggetti caratteristici dei differenti ambienti che scandiscono le ore del giorno.

Qui, dunque, il bambino – che può essere maschio o femmina a seconda dei capelli che il lettore sceglie di applicargli – può lavarsi in bagno, vestirsi di fronte all’armadio, studiare e scrivere a scuola, muoversi in auto, fare acquisti in negozio, giocare al parco e prepararsi per andare a letto.  Il plus rispetto ai volumi più vecchi è rappresentato dalla presenza di elementi di contesto (il lavandino, il letto, la scrivania…) che agevolano la costruzione di scene narrativamente funzionali. Da non sottovalutare, poi, dal punto di vista pratico, la presenza di una semplice ma comoda custodia in stoffa che permette di riporre il libro dopo l’uso senza rischiare che i pezzi cadano e si smarriscano.

Contraddistinto da sagome molto essenziali ma ben riconoscibili e combinabili, La mia giornata costituisce un supporto molto funzionale e adattabile alle esigenze del singolo bambino, che siano di tipo pratico, come per esempio familiarizzare con una routine quotidiana o con la successione temporale, o che siano di tipo squisitamente narrativo. A partire dagli elementi offerti sulla pagina, infatti, è possibile costruire quadri o sequenze narrative più o meno complesse con cui inventare, divertirsi, giocare.

Nonna gnocchi

Confiance ha nove anni, un nome impegnativo, la battuta sempre pronta e un rapporto a ostacoli con i propri familiari. Il papà se n’è andato quando era piccolo, la mamma si occupa di lui da sola e come può e la nonna materna sembrerebbe volersi tenere il più possibile a distanza (un sentimento peraltro ricambiato dal bambino). Peccato che proprio con la nonna e con il suo nuovo fidanzato italiano Eustachio, Confiance sia costretto a trascorrere le vacanze estive. Senza troppo entusiasmo, i due lo portano con sé in un paesino vecchio e sperduto dell’entroterra ligure, completando le premesse per un’estate disastrosa. Eppure, complice la maestria culinaria di Eustachio e l’amicizia con la sua nipotina venuta in visita, Confiance sarà costretto a ricredersi e la sua visione dei rapporti umani, dell’amore, della famiglia – e perché no, della cucina – prenderà alla vigilia del suo decimo compleanno una piega tutta nuova.

Vivace, acuto e senza peli sulla lingua Nonna gnocchi si presenta come un racconto godibilissimo interamente costruito sui dialoghi. Se è vero, infatti, che questa struttura lo rende meno immediato, soprattutto perché le singole battute non sono esplicitamente attribuite, lo è altrettanto il fatto che le caratteristiche di alta leggibilità con cui è stampato, la peculiarità attraente dei personaggi che lo animano e il ritmo mai piatto che lo contraddistingue concorrono a supportare e incentivare la lettura, anche laddove questa proceda meno spedita.

Keentied o l’arte di volare verso la felicità

Keentied, in tedesco, significa “Non c’è tempo”. È il nome che in alcune zone della Germania viene dato a un piccolo uccello trampoliere che si muove agilmente sulla sabbia e tra le onde, percorrendo lunghe distanze e pescando con abilità. L’autrice Miriam Koch si è ispirata a questo animale e al suo buffo nome per dare vita al suo personaggio: un uccello trampoliere che di nome fa proprio Keentied e che, non a caso, porta sempre con sé un orologio d’oro. Scattante e attento a non perdere minuti proziosi, Keentied arriva purtroppo tardi proprio all’appuntamento più importante: quello con i suoi simili per la migrazione. Deciso tuttavia a partire a tutti i costi, l’uccello inizierà un viaggio in solitaria non privo di pericoli ma nemmeno di provvidenziali incontri.

L’albo che vede protagonista Keentied fa parte della collana Upupa de La linea. Quest’ultima si caratterizza per la presenza del testo in doppia lingua – l’italiano e la lingua originale, in questo caso il tedesco – e per l’arricchimento del volume cartaceo con la versione audio del testo. Scaricabile tramite QR code, tale versione consente anche a un pubblico con disabilità visiva o con disturbi specifici dell’apprendimento di poter godere a pieno del racconto firmato da Miriam Koch.

CAAnto di Natale

Insieme a Le avventure di Pinocchio, il Canto di Natale di Dickens è probabilmente uno dei classici più adattati che il mercato italiano offra. Ne esistono diverse edizioni in formato audiolibro (rimarcabile, in particolare, quella curata da Locomoctavia) così come in simboli. L’ultima di questo tipo è nata in casa Homeless Book, curata da Roberta Zoli e illustrata da Vania Bellosi.

Si tratta un libro di ampio formato e dalla copertina rigida che ne impreziosisce e ne irrobustisce l’aspetto. Semplificato nel contenuto e nella forma, il racconto di Dickens viene qui supportato visivamente dall’uso dei simboli WLS, impiegati secondo il modello inbook. Tutti i passaggi salienti dell’originale sono di fatto presenti ma presentati in maniera più sintetica ed esposti con un linguaggio più fruibile e immediato. La riduzione dei testi, sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi, fa sì che la pagina non risulti eccessivamente affollata e che la lettura possa risultare amichevole anche per quei bambini e ragazzi che faticano un po’ di più a sostare su narrazioni lunghe.

Rispetto al volume de la meridiana, anch’esso dedicato al Canto di Natale e simbolizzato secondo il modello inbook, questo di Homeless Book appare più asciugato e rielaborato, così da intercettare più facilmente anche i lettori più giovani. In questo senso anche la presenza di illustrazioni molto colorate, seppur non particolarmente elaborate e raffinate, concorre a restituire al volume un aspetto più adatto a un pubblico infantile.

Ma quando arriva?

Chi l’ha detto che il tempo dell’attesa debba essere per forza immobile e noioso? Basta sapere cosa farci!  A inventare mondi e creature, osservando e lasciandosi ispirare da ciò che ci circonda e ci accade intorno, i minuti passano, per esempio, in un lampo. Così, alla fermata di un bus, possono presentarsi draghi e lucertoloni, possono affollarsi aerei ed elicotteri e ci si può immergere in mondi sottomarini. Mentre gli adulti sembrano subire passivamente il tempo trascorso sotto la pensilina, la bambina protagonista di Ma quando arriva? si gode a pieno il qui e ora, perché capace di trasformarlo in molti altrove.

Il tratto di Violeta Gomez è volutamente impreciso, talvolta abbozzato. Privi di contorni davvero netti e di dettagli minuziosi, i suoi personaggi parlano piuttosto con i colori e le posture, rivelando in pochi tratti lo stato d’animo che li pervade. La cifra espressionistica dell’autrice concorre d’altro canto a valorizzare la sovrapposizione tra dimensione reale e dimensione fantastica che caratterizza il volume e che muove la narrazione. Le inferenze richieste al lettore per distinguere i due piani e riconoscere come si intreccino non sono né minime né scontate: per questo il libro si rivolge in particolar modo a quei lettori che trovino stimolante e non ostacolante la presenza di passaggi narrativi impliciti o appena accennati.

La casa di Pine Island

Fiona, Marlin, Natasha e Charlie sono da sempre abituate a viaggiare, ad adattarsi, a cambiare contesto e ad abbandonare il superfluo. La loro famiglia si è spesso spostata, rendendolo per loro ordinaria una vita itinerante e poco radicata. Così, quando a causa di uno tsunami i loro genitori vengono a mancare, le quattro sorelle non vivono con grosse difficoltà la prospettiva di un trasferimento in Canada, dove una zia sconosciuta – Martha – si è data disponibile ad adottarle. Quello che non sanno, però, è che le aspetta una sfida ben più dura: proprio poco prima del loro arrivo la zia Martha muore, lasciandole prive di un tutore ma in possesso di una grossa fattoria. Consapevoli che tutto ciò che resta loro per non abbandonarsi allo sconforto è il legame che le lega, le quattro sorelle decidono di fare l’impossibile per riuscire a restare insieme, scongiurando il pericolo che i servizi sociali le diano in affidamento a famiglie diverse. Ci sono però bollette da pagare, incombenze burocratiche da smaltire, scuole da frequentare e soprattutto adulti da ingannare, facendo loro credere che qualche fantomatico maggiorenne si stia occupando di loro. Mantenere un segreto così grande non è affare semplice, soprattutto se l’unico adulto disponibile a coprirti (per venti dollari la settimana e un pasto cucinato al giorno) è un tipo poco raccomandabile e scontroso, che vive in una roulotte accanto a casa tua e frequenta con una certa assiduità le lattine di birra. Eppure, grazie ad alcune persone un po’ folli e di buon cuore, una serie di fortunati eventi, una capacità di problem solving fuori dalla norma, e un mix di qualità che fa di loro una squadra fortissima, Fiona, Marlin, Natasha e Charlie riescono non solo a tenersi a galla e a rispettare il loro proposito ma anche a trovare a Pine Island un nuovo, inaspettato e bellissimo equilibrio.

Polly Horvath confeziona un romanzo di formazione che per oltre 300 pagine porta il lettore a sventolare striscioni e bandierine virtuali di incoraggiamento alle quattro ragazze. Impossibile non affezionarsi a Fiona, che con i suoi maturissimi 14 anni è l’incarnazione della cura a qualunque costo e senza posa, a Marlin, creativa e intraprendente che con i suoi manicaretti sa conquistare anche il burbero vicino, a Natasha, che vive l’amore per gli animali e la natura in maniera assorbente e alla piccola Charlie, che dal basso dei suoi 8 anni, elabora le difficoltà della vita con la forza e il candore dell’immaginazione. Tenaci e indissolubilmente solidali tra loro, le quattro ragazze sono una forza della natura: cadono, inciampano, sbagliano, temono, ma imperterrite si rialzano, risolvono, inventano, riescono. Nella loro avventura c’è spazio per le relazioni più diverse, oltre a quella della sorellanza: relazioni che includono l’amicizia, l’amore, l’affetto, la solidarietà e l’aiuto disinteressato secondo varie sfumature.

Arrivati alla fine del racconto, quando ormai ci si sente di casa tra i boschi di Pine Island e le strade di St. Mary’s By the Sea, quella famiglia così fuori dagli schemi la sentiamo un po’ nostra, felici che l’unione abbia davvero fatto la forza. Nel ritrarla, la penna dell’autrice canadese appare discreta ma anche precisa, ironica e profonda. Nell’edizione italiana, Camelozampa l’ha affiancata alle illustrazioni di Veronica Truttero che rendono bene animi e paesaggi, senza appesantire di un grammo il racconto. A completare il tutto,  gli accorgimenti di alta leggibilità che contribuiscono a facilitare la lettura – snellissima nei contenuti anche se massiccia all’apparenza – anche a lettori con difficoltà decifrative legate alla dislessia.

La banda della zuppa di piselli

A volte le cose migliori della vita capitano per una serie di fortunate coincidenze. Per esempio, se la maestra non avesse spostato Evi nel banco vicino a Nils e negli stessi giorni dalla Siria non fosse arrivata  Lina, forse i tre non sarebbero diventati una banda di detective, non avrebbero seguito un caso complicatissimo e non avrebbero scoperto l’inaspettata storia della nonna di Nils. Ma soprattutto non sarebbero diventati tre amici strettissimi e dato un senso vero a quella parola – “integrazione” – che ai grandi tanti piace dire e sbandierare.

Piacevole e coinvolgente, La banda della zuppa di piselli è capace di tenere insieme situazioni divertenti e uno sguardo sulla realtà meno fiabesca, come quella di chi a tutt’oggi fugge dalla guerra e dalla fame.  I personaggi non sono particolarmente approfonditi ma fanno facilmente affezionare il lettore, con quel loro mix di indoli e caratteri che li rende una squadra inarrestabile.

Il racconto di Rieke Patwardhan è proposto da Emons nella recente collana Emonsraga che si caratterizza per l’abbinamento di volume cartaceo e registrazione audio. Attivabile tramite scansione di QR code e impiego di una specifica app gratuita, la registrazione consente l’accesso al testo anche da parte di chi ha una disabilità visiva, sperimenta difficoltà legate alla dislessia o più semplicemente ama godersi una bella storia raccontata a voce alta.

Matilde e le parole da ammaestrare

Ha uno stile fresco, figure spigliate e una grafica accattivante. Potrebbe dunque sembrare un bel racconto illustrato, Matilde e le parole da ammaestrare. Nella sostanza, però, si direbbe più un libro di divulgazione (al limite ben camuffato). Se siete dunque in cerca di un volume di fiction in cui la dislessia faccia capolino il libro di Vanna Vinci non fa probabilmente al caso vostro. Diverso, invece, è il caso in cui vi interessi un libro ben fatto che spieghi in maniera davvero comprensibile a un bambino che cos’è la dislessia, che tipo di difficoltà comporta e che tipo di accorgimenti possono aiutare a superarle.

La presenza di una giovane protagonista che litiga quotidianamente con le lettere perché spariscono e non stanno al loro posto appare di fatto come un pretesto per accompagnare il lettore lungo un percorso chiaro e dettagliato ma mai pesante e nozionistico in cui dare un significato concreto alla parola dislessia. Le spiegazioni fornite, le espressioni impiegate e le situazioni descritte consentono infatti una reale e positiva identificazione da parte del lettore che sperimenti un disturbo specifico dell’apprendimento sulla sua pelle ma anche un’efficace comprensione di che cosa questo comporti da parte di chi invece non ne è toccato. Questo, in effetti, era l’obiettivo che ha mosso Vanna Vinci alla scrittura, come l’autrice spiega chiaramente in questo video.

Snello, scorrevole, fruibile e piacevole alla vista, grazie allo stile caratteristico dell’autrice, Matilde e le parole da ammaestrare presenta inoltre caratteristiche di alta leggibilità che ne agevolano la lettura anche in caso di DSA.

Le forme degli animali

È un libro senza parole?  È un libro-gioco? È un libro da toccare? Sì, sì, e sì. Difficile da incasellare, Le forme degli animali è un libro tanto semplice quanto versatile, nato in casa Puntidivista. Simile a Forme e colori per progetto e struttura, il libro si compone di tre doppie pagine in feltro, ciascuna delle quali ospita altrettante sagome di animali (cui si aggiungono il cane e il gatto in copertina) realizzate con lo stesso materiale. Troviamo animali domestici, selvatici e da fattoria, d’aria, d’acqua e di terra, uniti a tre a tre senza precisi ed evidenti criteri.

Ogni doppia pagina presenta da un lato una superficie uniforme e vuota, dall’altro tre sagome di animali che possono essere agevolmente estratte per giocare e raccontare. Quelle stesse sagome possono essere infatti impiegate per sviluppare la motricità fine, ricostruire le corrispondenze tra il pieno e il vuoto, nominare gli animali e costruire su di essi piccole storie che possono animarsi sulla pagina vuota.

Dal canto loro, le pagine sono tenute insieme da due anelli apribili che supportano più agevolmente gli spessori delle figure e che consentono di impiegare anche singolarmente ogni doppio foglio di feltro. Questo aspetto è interessante non solo in termini di praticità ma anche di fruibilità, pensando per esempio a quei bambini che risentono dell’esposizione simultanea a troppi stimoli e possibilità e a cui giova invece l’offerta progressiva di elementi da esplorare e utilizzare.

Stimolanti al tatto, benché non completamente fruibili in caso di disabilità visiva (ma il libro non si pone in effetti questo obiettivo), le sagome appaiono essenziali, semplici e piuttosto riconoscibili. La scelta di colori non aderenti al reale invita a concentrarsi sull’elemento della forma. Apprezzabile, infine, la scelta di dotare il volume di una pratica sacchetta in stoffa che si chiude con un laccetto e che consente di non perdere per strada le figure, soprattutto dopo un uso prolungato che attenua la forza del velcro.

Il signor Scaccialacrime

Il signor Scaccialacrime è un personaggio curioso: un pacioso essere dalla forma tondeggiante, tutto candido dalle gote rubiconde. Ogni mattina va a in autobus a lavorare. Ma in cosa consiste il suo lavoro? Semplice (a dirsi, molto meno a farsi in realtà): raccoglie le telefonate di persone tristi, ne ascolta crucci e drammi, e si fa carico del loro dolore alleggerendo il peso che si portano addosso. Alla sera, dopo aver ascoltato tante parole, il signor Scaccialacrime torna a casa. É visibilmente provato, pensieroso e il suo candore ha lasciato il posto a un significativo azzurro-pianto. A casa, però, lo aspetta qualcuno in grado di riportarlo a sorridere, restituendogli il calore e il colore originale.

Tanto semplice nella storia che porta quanto raffinato nel modo di porgerla al lettore, l’autore de Il signor Scaccialacrime si affida alle sole immagini per condurre la narrazione, facendo un accorto uso dei dettagli. Selezionatissimi ma significativi, questi consentono in effetti al lettore di interpretare ciò che accade. Le sagome essenziali permettono, nello specifico, con una linea, un particolare o un colore, di riconoscere un certo tipo di personaggio o di intuire un certo tipo di passaggio narrativo. Così, per esempio, bastano un dorso curvo e un bastone per riconoscere una creatura anziana, un progressivo cambio cromatico per capire cosa accada al protagonista man mano che riceve le telefonate o che si avvicina a casa, una postura ripetuta per cogliere il tipo di atteggiamento che lo caratterizza. Così, con poche linee e altrettanti colori, Jian Yao dà vita a un racconto intenso ed evocativo, in cui la relazione tra le persone appare chiaramente la chiave di tutto.

Sospeso, fin dalla fisionomia dei personaggi, tra reale e metaforico, Il signor Scaccialacrime semina tanti indizi che interrogano il lettore e non sempre trovano una risposta univoca. Tante sono le piste di riflessione che potrebbero aprirsi da questo libro che celebra il potere della parola e soprattutto dell’ascolto. La sua lettura richiede dunque una certa predisposizione a un racconto non immediato e diretto e una capacità di cercare, scovare e interpretare dettagli importanti che dipanano la matassa narrativa.

Forme e colori

Si scrive Forme e colori, si legge semplicità vincente! Il volume in feltro nato in casa Puntidivista si caratterizza infatti per un’estrema sobrietà compositiva che diventa chiave di fruibilità estesa e multiforme. Quadrato, pratico e piacevole da maneggiare, il libro presenta tre doppie pagine in feltro, ciascuna delle quali propone da due a quattro sagome fustellate e altrettanti spazi di forma analoga in cui queste possono essere collocate.

Al lettore viene perciò chiesto di riconoscere la corrispondenza tra sagoma e spazio vuoto e di provare riempire quest’ultimo con la sagoma corretta. Nella sua essenzialità massima – di forme, di grafica, di colori, di materiali – il libro offre dunque molteplici stimoli che vanno dall’identificazione di forme e colori, all’associazione tra vuoto e pieno, alla collocazione puntuale degli elementi a disposizione: un lavoro dunque ricco e multisfaccettato che coinvolge la dimensione cognitiva così come quella della motricità fine.

Contenitore di un gioco che si può ripetere all’infinito e che può trovare nuovi sviluppi secondo la fantasia di chi lo usa (cosa succede, per esempio, se sulla pagina vuota colloco il triangolo sopra il quadrato? Viene fuori una forma nota? Posso creare altri oggetti?), Forme e colori privilegia forme essenziali che facilitano il riconoscimento e la composizione.

Le pagine prevedono, in questo senso, un piccolo crescendo in termini di complessità: se la prima doppia pagina presenta, infatti, forme geometriche come il quadrato e il triangolo, la seconda offre forme simboliche come il cuore e la stella mentre la terza propone un cane e un gatto, così da rendere il gioco via via più stimolante. Il libro è contenuto all’interno di una pratica sacca di stoffa che aiuta a non perdere i pezzi che lo compongono: un’attenzione in più che facilita l’uso del volume anche durante i viaggi o, più generalmente, il tempo trascorso fuori casa.

Il cavaliere Rosso e la principessa viola

Interattivo, stimolante e ben congegnato, Il cavaliere rosso e la principessa viola è un libro tattile edito da Puntidivista che si fa apprezzare per la capacità di coinvolgere il lettore. Protagonista è un cavaliere tenace che mira a liberare una principessa dal castello in cui è rinchiusa. Più di un ostacolo lo separano tuttavia dal successo: un portone sbarrato, una corda e una scala troppo corte, un aereo senza paracadute, un ponte levatoio alzato e persino un dinosauro con la parrucca bionda… Di fronte a un crescendo di imprevisti, il protagonista sfodera una soluzione dietro l’altra. Saranno tuttavia sufficienti per completare l’impresa?

Con un meccanismo narrativo molto felice che ricorda da vicino quello di Fortunatamente di Remy Charlip, in cui fortune e sfortune si alternano per regalare linfa inesauribile alla storia, Il cavaliere rosso e la principessa viola propone una piccola avventura ricca di colpi di scena e personaggi inattesi che sorprendono e fanno sorridere.

Se è vero che il testo non è particolarmente ricercato e che la sua collocazione su un cartoncino attaccato alla pagina ne compromette un po’ la gradevolezza estetica, il libro ha tuttavia altri assi nella manica. Il primo è rappresentato da un racconto che mescola realtà e fantasia in maniera gioiosa e divertente, dando vita a un mix surreale che ben riflette la cornice di gioco tipica dell’infanzia. Il secondo è costituito, invece, da illustrazioni essenziali e ben riconoscibili al tatto, il cui ricorso a semplici meccanismi basati sull’uso del velcro o di fermacampioni ne consente, a seconda dei casi, il movimento o il completo distacco.

Tutt’altro che insignificante, questo aspetto assume un ruolo fondamentale nella possibilità di coinvolgere il lettore, rendendogli davvero comprensibili le vicende e catapultandolo al loro interno: il fatto di poter, per esempio, staccare i personaggi dalla copertina e portarli lungo le pagine, far scoccare la freccia al protagonista, spostare la scala per verificarne l’insufficiente lunghezza o abbassare il ponte levatoio al momento opportuno fa sì che il libro inneschi una dinamica di gioco non solo piacevole ma anche molto efficace ai fini dell’appropriazione della storia.

Semplice come la pizza

Lampadino e Caramella hanno una vita piuttosto movimentata: non solo sono i protagonisti di diverse avventure ma queste hanno luogo tanto su carta quanto su schermo. I due personaggi ideati da Puntidivista per una collana di libri multicodice sono infatti di recente approdati su Rai Yo Yo all’interno del primo cartone animato reso accessibile dal ricorso a una voce narrante, ai sottotitoli, alla traduzione integrata in LIS e a un’animazione progettata per venire incontro alle esigenze dettate dalle diverse disabilità sensoriali.

Forti di una rinnovata notorietà e di un restyling stilistico che li ha resi più accattivanti, Lampadino e Caramella tornano ad animare storie di carta con il volume Semplice come la pizza. Qui i due bambini fanno nuovamente visita al Magiregno e aiutano Zampacorta e Zampasaggia a preparare un pranzetto degno di nota. Il cuoco  – la tartaruga Antonione – è infatti andato in letargo prima del tempo, lasciando gli Zampa a bocca asciutta proprio nel giorno di una visita speciale: quella della regina Elizampetta. Per fortuna con pochi ingredienti – acqua, farina, pomodoro e mozzarella – si può cucinare un piatto buonissimo!

Contraddistinto dalla consueta attenzione all’accessibilità, Semplice come la pizza è realizzato in tre versioni diverse: ad alta leggibilità, in simboli e in Braille con inserti tattili. Quest’ultima presenta un aspetto piuttosto scarno: le pagine, rilegate a spirale, contengono essenzialmente solo testo, in nero e in Braille. Solo una pagina è caratterizzata, dal canto suo, dalla presenza di un’illustrazione tattile con la quale il lettore è invitato a interagire (una piuma staccabile con cui fare il solletico alla tartaruga addormentata). La maggior parte degli inserti tattili è collocata invece al fondo del volume: qui il lettore può trovare infatti una doppia pagina in feltro dalla quale è possibile staccare (e poi riattaccare grazie alla presenza del velcro) diversi ingredienti tipici della pizza. Non particolarmente stimolanti dal punto di vista dell’esplorazione tattile, poiché realizzati con un unico materiale (il feltro, per l’appunto), questi risultano però interessanti dal punto di vista ludico poiché consentono di giocare ai pizzaioli e mettere così in pratica le ghiotte vicende dei due protagonisti.

La favolosa montagna

Vincitore del concorso internazionale Typhlo & Tactus 2013, La Favolosa montagna di Erika Forest è un libro tattile decisamente originale. Ciò che lo caratterizza, in particolare, è il rapporto tra testo e immagini che porta il lettore a muoversi con agio tra le pagine e il loro contenuto. Il libro si contraddistingue, infatti, per un breve testo introduttivo, di stampo marcatamente evocativo, che invita il lettore a lasciar girovagare la sua immaginazione esplorando con le dita i labirinti segreti che portano in cima alla vetta.

Quelle che seguono sono pagine mute ma ricche di suggestioni che richiamano paesaggi fisici ed emotivi – ostacoli e tane, ponti e relazioni, rifugi e agenti atmosferici, fatiche e ristori- grazie alla scelta oculata dei materiali e alle forme con cui le figure sono realizzate, alla loro disposizione all’interno della cornice di stoffa che delimita ogni passaggio narrativo e al tipo di interazione che suggeriscono a chi legge (stropicciare, infilare, solleticare, grattare…).

E proprio lo scarto tra il silenzio della parola e la forza comunicativa della pagina, sempre a cavallo tra rappresentazione astratta e richiami all’esperienza reale, lascia spazio a innumerevoli interpretazioni, personali e rinnovabili a ogni giro, senza vincoli di giudizio di esattezza. Un invito autentico e realmente inclusivo a trovare e scegliere e percorrere il proprio sentiero e a scoprire che questo può avere ogni volta un aspetto differente. In questo senso, il breve testo di chiusura che indica esplicitamente il cuore del lettore come il vero tesoro da trovare e seguire, stona un pizzico con il tono autenticamente poetico, libertario e aperto del volume.

L’esperienza di lettura che ne deriva è in ogni caso piena e appagante, insolita e coinvolgente. Capace di toccare corde diverse in lettori diversi, anche secondo la loro personale capacità di astrazione e di pensiero metaforico, La favolosa montagna si presta perfettamente a favorire un momento di intima riflessione e condivisa partecipazione che può condurre il singolo e il gruppo su sentieri multiformi e inattesi.

Il cappello del mago (nuova edizione)

Abracadabra: il libro cambia aspetto! Con una piccola magia degna del suo protagonista, uno dei titoli più longevi di Puntidivista diventa oggetto di una vera e propria trasformazione. In questa nuova edizione, che arriva a quattro anni di distanza dalla prima, Il cappello del mago vanta un formato più robusto e accattivante, che fa a meno della spirale e ciononostante consente un’agevole esplorazione tattile delle pagine, ma soprattutto presenta una profonda rielaborazione delle immagini.

Le figure acquisiscono, infatti, rilievo e fascino, in virtù della loro dimensione, collocazione e caratterizzazione cromatica. Più ampie, frequenti, colorate e costruite in maniera tale da poter essere, in molti casi, staccate ed esplorate a 360°, queste regalano al libro un appeal e un’accessibilità tutti nuovi. Rispetto alle illustrazioni puntinate che contraddistinguevano la prima edizione del volume, queste realizzate interamente a collage materico appaiono più immediate e riconoscibili. Il prezzo dal canto suo è un po’ aumentato ma la nuova realizzazione giustifica a pieno la maggiorazione. Nonostante l’aumento, inoltre, il prezzo continua a risultare molto competitivo e abbordabile

Vale per il resto, quando considerato in occasione della prima uscita, in particolare il fatto che il semplice ed efficace meccanismo della sorpresa – quella che si genera nello scarto tra i prodigi più consueti e quelli realmente messi in atto dal Mago Arturo – su cui si basa il libro, ne fa una lettura piacevole e piuttosto abbordabile anche in caso di disabilità visiva.

Guarda il cane. Tre storie su un gatto

Chiunque abbia letto l’esilarante Guarda il gatto. Tre storie su un cane avrà probabilmente desiderato di poter rinnovare ancora e ancora il piacere di quelle storie così brevi e così spassose. In una manciata di pagine e con un gioco metanarrativo efficacissimo David Larochelle e Mike Wohnoutka sanno dar vita a racconti compiuti e ghiottissimi. Dei bon bon, praticamente, che uno tira l’altro e fermarsi vien difficile.

Felice è dunque la notizia della pubblicazione di una sorta di seguito del primo volume. Il recente Guarda il gatto. Tre storie su un cane ne rovescia in qualche modo le parti mettendo in scena un gatto a cui viene chiesto di sostituire il protagonista del libro: un cane, per l’appunto. Il gatto è un tipo spavaldo e si manifesta entusiasta della parte assegnatagli. La sua iniziale euforia verrà tuttavia messa a dura prova: scavare una buca, recuperare un bastone nel laghetto e difendere una pecora dai lupi sono, in effetti, compiti poco felini che richiederanno grande capacità di adattamento e fine ingegno.

Con immutata capacità di far dialogare tra loro parole (poche) e figure (nette), generando a ogni pagina straniamento, sorpresa e divertimento, il libro si presta a irresistibili letture ad alta voce. Ideale anche per le primissime letture autonome, Guarda il gatto. Tre storie su un cane vanta non solo un tipo di narrazione molto coinvolgente in cui di fatto il libro stesso si rivolge direttamente sia al lettore sia al protagonista, ma anche una costruzione grafica che mescola discorso diretto (quando a parlare è il libro) e fumetto (quando a parlare sono i personaggi), rendendo evidente e ben scandita l’attribuzione delle parti.

Questo, unito a un font ad alta leggibilità, a testi brevissimi e divertenti e a una predominanza visiva, fa del libro di David Larochelle e Mike Wohnoutka un volume perfetto per avvicinare alla lettura anche i lettori che faticano di più o manifestano minore interesse per i libri.

Un libro ti cambia

Ci sono libri che emozionano, libri che appassionano, libri che annoiano e libri che lasciano indifferenti. E poi ci sono loro: i libri che ti cambiano! In che senso? Basta chiederlo a Dario, il protagonista del libro di Antonio Ferrara. Il libro che sta leggendo ha dei poteri a dir poco stravaganti: le cose che vi vengono narrate accadono davvero poco dopo esser state lette! Nel libro cade un quadro? Ecco che si sente un gran fracasso di vetri rotti nella stanza di Dario. Nel libro si parla di una formica? Ecco che da lì a poco una formica si ferma proprio lì accanto. Ma non è tutto! Dario, che proprio non riesce a staccare gli occhi da quelle pagine, si accorge che il suo corpo sta inspiegabilmente cambiando: altezza, baffi, barba e muscoli crescono a vista d’occhio. Possibile che tutto questo centri con la lettura?

Originale e interrogativo come solo i libri di Antonia Ferrara sanno essere, Un libro ti cambia nasconde (ma non troppo) una riflessione metanarrativa all’interno di una storia surreale e incalzante. L’ironia che contraddistingue lo stile dell’autore aggiunge un tocco leggero al racconto che offre dal canto suo una lettura piacevole, abbordabile e intrigante. Le caratteristiche di alta leggibilità con cui il libro è stampato, infine, rendono il tutto particolarmente accessibile anche a bambini con difficoltà di decodifica legate alla dislessia.

La traversata dagli animali

Sembra una notte fredda e nevosa come tante, allo zoo di Mosca. Qualcosa di molto insolito, però, sta per accadere: un gruppo di animali bizzarramente assortito e alla bell’e meglio organizzato, è deciso ad evadere. È stato l’orso a convincere gli altri a prendere parte all’impresa ma a parte la forte convinzione di fuggire via, un vero piano manca. Si va? Non si va? Dove si va? Inizia con non pochi interrogativi questo viaggio coraggioso che vede muoversi all’unisono volatili e mammiferi, prede e predatori, creature selvatiche e bestie domestiche. Insieme a loro, a sorpresa e in assoluto silenzio, sceglie di partire anche il vecchio custode dello zoo, testimone di guerre e rivoluzioni, che forse conosce la sete di libertà al pari degli animali. Sarà una marcia lenta, la loro. Lenta e non priva di bivi, ostacoli e decisioni da prendere. C’è la natura selvaggia, là fuori, che chiama e che sfida, e il desiderio di scoprire cosa ci sia tra e oltre gli alberi della meravigliosa foresta è più forte di tutto. Così, ciascuno a suo modo, gli animali assaporano la nuova aria, chi cedendo al fascino della natura, chi lasciandosi attrarre da un nuovo rapporto con la civiltà. Non c’è una sola via per fuggire dalla prigionia. La libertà è più che mai sfuggente e multiforme.

Con parole misurate e mai scevre di ironia, Vincent Cuvellier ci guida lungo un viaggio metaforico intenso e avvolgente. Sulle tracce dell’orso e dei suoi compagni si strada, interrogativi e pensieri si accumulano nella testa del lettore come la neve silenziosa che circonda i protagonisti. A sostenerli, dando risonanza alla dimensione sospesa del racconto e richiamando al contempo l’immaginario russo cui attinge, intervengono le illustrazioni di matrice serigrafica firmate da Brice Postma Uzel. Puntualissima, in questo senso, la scelta dell’editore di regalare al libro un formato ampio, in cui parole e figure hanno fisicamente modo di echeggiare.

La traversata degli animali si presenta, infatti, come un grande racconto illustrato, che per dimensione, tipo di figure, colori, e dialogo tra parole e immagini ha un che di antico, favolosamente affascinante. Ed eppure la storia senza tempo che racconta è quanto mai moderna ed attuale. E benvenuti sono, al fine di renderla massimamente fruibile, gli accorgimenti di alta leggibilità adottati da Biancoenero. Font specifico, spazaitura ampia, grafica ariosa e carta color crema non sono, infatti, che valori aggiunti per un volume raffinato e ricco, nella narrazione come nell’aspetto.

Perché noi no?

Dura la vita da fratelli minori! Poche foto negli album di famiglia, esclusione sistematica dai giochi più belli, parti marginali negli spettacoli da giardino e nomignoli appioppati con irritante nonchalance… qualcosa bisognerà pur fare! Ecco allora che nasce l’Associazione “Perché noi no?”: un circolo segretissimo formato esclusivamente dai figli più piccoli anche detti ultimi geniti, al fine di organizzare azioni di disturbo a danno dei più grandi. E così la giovane protagonista e i suoi sodali si lanciano in spericolate missioni di bucaggio gomme, nascondimento thermos, dispersione palloni. Fino a quando qualcosa va storto, le informazioni trapelano e la banda dei piccoli vendicatori viene scoperta. Servirà un “grande” aiuto per cacciarsi fuori dai guai!

Smilzo, divertente e imperdibile per chiunque abbia sperimentato la sorte del bistrattato fratello minore, Perché noi no? si fa leggere con piacere. Lo stile pungente, l’avventura breve, la narrazione piana e le illustrazioni frequenti lo rendono appetibile anche per i lettori meno esperti o che più fanno a pugni con la parola scritta. A questo concorrono inoltre le caratteristiche di alta leggibilità puntualmente adottate dall’editore con attenzione non solo al font e alla sbandieratura ma anche alla spaziatura tra lettere, parole, righe e soprattutto paragrafi: aspetto questo che conferisce alla pagina una veste particolarmente ariosa e accessibile.

Uno e Camillo

Uno e Camillo fa parte della collana leggimi prima che Sinnos dedica alle prime letture autonome e che si caratterizza per illustrazioni frequenti, storie snelle, testi brevi in maiuscolo, grafica ariosa ad alta leggibilità.

Il libro di Giuditta Campello e Susanna Rumiz balza prima di tutto all’occhio per una copertina sgargiante e per i buffi disegni dal tratto spesso. Qui compaiono un cavallo occhialuto piuttosto arrabbiato che porta in spalla un unicorno dall’aria angelica. Il primo è Camillo, che ama dormire vicino alla sua mamma, mangiare le carote per merenda e giocare con i suoi amici. Il secondo è Uno, il suo fratellino da poco arrivato in famiglia. Così diverso da lui e da come lui se lo aspettava, Uno ha stravolto le giornate di Camillo, rubando molte attenzioni della mamma, accaparrandosi molte carote e condizionando molto i giochi con gli amici. Quasi quasi Camillo vorrebbe sbarazzarsene, ma proprio quando il suo desiderio più segreto sembra realizzarsi, il cavallo scopre quanto possa essere bello e utile avere un fratello. Anche se piccolo e con un corno dorato in testa!

Scorrevole e irresistibilmente vero nei delicati equilibri familiari che porta alla luce, Uno e Camillo racconta la fratellanza senza il peso dei libri a tema e con la leggerezza di uno stile divertito e divertente. Come se non bastasse, le autrici e l’editore fanno la scelta coraggiosa e apprezzabilissima di dedicare un libro in cui rosa, fuxia e unicorni la fanno da padroni, senza rivolgersi esclusivamente alle bambine, anzi!

Le porte di Sekoyana

Che bello l’esordio di Storie Cucite nell’alta leggibilità! Da sempre attenta alla fruibilità dei suoi volumi, con la proposta di diversi titoli anche in versione simbolizzata, la casa editrice milanese arricchisce ora la sua produzione accessibile con un primo bellissimo volume contraddistinto da font EasyReading e caratteristiche grafiche e tipografiche che ne agevolano la lettura anche in caso di dislessia. Il volume in questione è Le porte di Sekoyana, un romanzo che nasce in terra turca per mano di un’autrice – Şiirsel Taş – particolarmente interessata ai temi ambientali e di un illustratore – Oğuz Demir – dalla carriera poliedrica.

Protagonista del libro è una ragazzina che, senza troppe spiegazioni, viene affidata per qualche tempo a una donna di nome Sekoyana, dall’aspetto e dalle abitudini decisamente non ordinarie. Abitante, amante e studiosa della foresta, Sekoyana accoglie la ragazzina nel bel mezzo della natura, in una quotidianità sobria ma inaspettatamente calorosa, fatta di erbe colte ed essiccate, legno intagliato, animali curati e piante conosciute come fossero familiari. La foresta vive e palpita, respira e comunica, ama e pensa, nei racconti e negli insegnamenti della donna. Al suo fianco, la protagonista ( e con lei chi legge) impara moltissime cose e soprattutto sperimenta una straordinaria connessione con la natura che la circonda. Sarà dunque un’esperienza trasformativa più che formativa, la sua, capace di restituirle una visione nuova di sé e del mondo di cui fa parte.

Come un fiume pacato ma inarrestabile, Le porte di Sekoyana conduce il lettore in una dimensione sospesa, in cui fatti scientifici su funghi e piante si intrecciano indissolubilmente ad avvenimenti sorprendenti, quasi sovrannaturali. L’atmosfera silenziosa e avvolgente che permea il racconto immerge il lettore in un altrove da cui non si vorrebbe riemergere, decisi a esplorare, ancora e ancora, i misteri e le meraviglie straordinarie di piante e animali.

Una cosa è certa, anche una volta chiuso il libro non guarderete più la natura con gli stessi occhi!

Il sol glauco

Avventura nel Regno di Porcellana

La poesia, crediamo, dimora spesso nelle cose ordinarie e un libro come Avventura nel Regno di Porcellana ce ne offre un piccolo ma delizioso assaggio. Tra queste pagine del tutto prive di parole capita infatti che le decorazioni minuziose e affascinanti, ma spesso immobili e polverose, di un set di stoviglie di porcellana prendano inaspettatamente vita. Avete presente quei disegni blu, composti da motivi regolari e figure dettagliate come foreste e paesaggi, che caratterizzano i piatti raffinati delle nonne? Benissimo, proprio quelli sotto la matita raffinata di Katerina Illnerova si animano e diventano protagonisti di un viaggio meraviglioso.

Assorto a pescare e fumare la pipa sulla sua barchetta, un placido omino vede, in particolare, il suo cappello volare via con il vento e si lancia al suo inseguimento. Ma come fa, se si trova nel bel mezzo delle onde? Semplice, passando di zuppiera in bricco, di bricco in caraffa, di caraffa in piatto e via dicendo… partendo dal vaso sui cui è disegnato e attraversando un intero set di stoviglie, l’omino si ritrova a superare montagne e foreste, tempeste e labirinti, draghi e carpe giganti fino a che, ritrovato il cappello, ritroverà anche la perduta pace e potrà godersi un pisolino all’ombra di funghi giganti.

L’abilità di Katerina Illnerova sta nel trasformare le peculiarità degli oggetti e degli ornamenti in occasioni narrative che appassionano, stupiscono e fanno sorridere. Così per esempio un motivo intricato a foglia diventa una trappola che ingarbuglia il protagonista, le tazze sovrapposte creano profili di montagne altissime e set di vasi dai motivi variegati e apparentemente astratti allestiscono un ostico percorso tra le intemperie. Il lettore si trova così strattonato tra il desiderio di seguire il protagonista e quello di deliziarsi con le trovate dell’autrice. Quello a lui offerto è un percorso di lettura visiva stimolante e coinvolgente, particolarmente adatto a chi non si tira indietro di fronte ad avventure fantastiche che abbandonano gli ormeggi del reale e chiedono di cogliere e interpretare dettagli minuziosi.

Cenerina ha una grade stoffa a fiori

La collana Upupa de La linea ha il merito di proporre ai lettori albi in doppia lingua – quella originale e l’italiano – e in doppia versione – cartacea e audio: un’operazione apprezzabile e interessante perché capace di offrire una grande ricchezza narrativa e di abbracciare lettori con difficoltà di lettura differenti, legate alla provenienza così come a un’eventuale disabilità.

Cenerina ha una grande stoffa a fiori, uno dei titoli che fanno parte della collana, ha dal canto suo un ulteriore pregio: quello di offrici una storia che viene da un paese molto poco tradotto in Italia come la Cina. Scritto e illustrato da Fu Wenzheng, l’albo in questione attira immediatamente l’occhio con un predominante tono di rosso e un tipo di decorazione che ci catapulta dritti in Oriente.

Qui troviamo una generosa uccellina che fatica a farsi accettare dai suoi simili perché non sfoggia piume appariscenti ed eleganti. Inizialmente sconsolata e affranta, Cenerina trova la via del riscatto grazie a un’ampia stoffa fiorata di cui è dotata e al talento altrettanto grande di cui è provvista. Con essi realizzerà abiti, marsupi, biancheria e borse per gli animali della foresta che, a differenza dei suoi simili, sanno bene che un dono gentile vale ben più di un piumaggio rigoglioso.

In volo

Il libro tattile In volo è prima di tutto un tripudio di colori: un bel biglietto da visita per un volume che vuol dire, senza se e senza ma, “sono un libro per tutti, per chi ci vede e per chi no”. Protagonista delle 8 ricche pagine che lo compongono è un uccellino di nome Marley che, stanco di starsene nella sua casetta sull’albero, un giorno prende il volo e affronta con coraggio tutto ciò che il mondo là fuori gli riserva. Così cerca un rifugio per ripararsi dalla pioggia, conosce la soffice neve che copre e avvolge tutto, fa amicizia con un ragno che gli offre ospitalità e si incanta di fronte all’arrivo della primavera, annunciato dal profumo dei fiori e dal battito d’ali di una farfalla. Ma chi dice primavera dice stagione degli amori e infatti proprio poco prima di chiudere il libro, Marley incontra una compagna con cui una nuova avventura può finalmente cominciare.

Composto da spesse pagine colorate di stoffa imbottita che ben supportano le illustrazioni a collage materico e contemporaneamente agevolano la sfogliatura autonoma, In volo si presenta come un libro molto attraente, soprattutto nella parte dedicata alle illustrazioni. Se i testi sono infatti abbastanza ordinari così come d’altronde anche la storia stessa, le figure interamente esplorabili con gli occhi e con le dita sono un autentico concerto di stimoli. Ci sono la ruvidità dei rami, la stropicciabilità scricchiolante delle foglie secche e la leggerezza silenziosa di quelle verdi, l’architettura composita di un nuovo nido e il freddo liscio delle gocce d’acqua. Ben studiate nella loro qualità sonora, spesso ancor più che in quella tattile, le illustrazioni di In volo invitano il lettore a un’esplorazione curiosa e a un’interazione appagante. Sta a lui, infatti, far riparare Marley sotto la grande foglia, farlo volare tra gocce e fiocchi di neve, farlo infilare e poi uscire dalla tana del ragno che a sua volta può penzolare giù dal ramo, farlo giocare tra i fiori che come pompon dondolano sulla pagina e infine farlo accasare nel nido in compagnia del suo nuovo amore.

Grazie a una creatività fuori dal comune e un’abilità nel cucito davvero apprezzabile, ogni pagina del libro di Francesca Leoni offre occasioni di gioco e interazione che dilatano piacevolmente il tempo della lettura, facilitano la decifrazione delle illustrazioni e supportano la comprensione della storia, facendo del libro un compagno di viaggio della cui compagnia godere a lungo, ancora e ancora.

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Attività con la CAA 2

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Attività con la CAA 2

Attività con la CAA 2 presenta diversi giochi volti a stimolare le abilità cognitive del bambino che viene invitato, per esempio, a mettere in relazione oggetti e animali con i rispettivi colori, funzioni, categorie, ad associare simboli e parole e a compilare cruciverba.

Ciò che contraddistingue questo volume è una particolare attenzione a valorizzare la lettura visiva. Non solo, infatti, le attività proposte mettono al centro i simboli PCS, anche in giochi normalmente più incentrati sulla parola come i cruciverba, ma gli stessi simboli sono altresì impiegati per supportare visivamente le poche e semplici istruzioni scritte in stampatello maiuscolo che vengono offerte al lettore. In questo modo la comprensione viene fortemente sostenuta, al pari dell’uso autonomo del quaderno.

Ogni attività presenta una pagina di istruzioni, alcune pagine su cui possono essere incollati i simboli che rispondono alla consegna e altre, contraddistinte da un colore differente, con i simboli da ritagliare e incollare sulle pagine precedenti. Le attività sono di complessità crescente ma tutte di semplice realizzazione. Attività con la CAA 2 si configura così come una proposta snella e molto fruibile, il cui impiego può rivelarsi funzionale e utile in molteplici contesti (casa, scuola, viaggio…).

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Giocando s’impara

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Giocando s’impara

Giocando s’impara è uno dei quaderni di #intantofaccioqualcosa più elaborati. Più complesse e sfidanti, rispetto ai precedenti, sono infatti le proposte di gioco e di conseguenza le istruzioni che ne descrivono il funzionamento.

Si tratta, in generale, di giochi che prevedono una fase preparatoria che ha già di per sé una dimensione ludica e coinvolgente e una parte di gioco vera e propria che mira a facilitare l’acquisizione o il consolidamento di alcune abilità. Così, per esempio, il lettore è chiamato a riprodurre dei disegni con degli stecchini, a stendere un bucato di carta su uno stendino fai da te mignon, a far scorrere un filo in un labirinto di pasta o a ricomporre dei puzzle di carta ispirati ad illustrazioni tratte da diversi albi targati Uovonero.

Le proposte sono sfiziose e coinvolgenti e richiedono una certa pazienza non solo nella fase di svolgimento vero e proprio ma anche e soprattutto in quella preparatoria. In quest’ultima può rendersi necessaria la collaborazione di un compagno o di un adulto poiché la spiegazione dei giochi e del loro allestimento non è supportata dai simboli e prevede spiegazioni necessariamente articolate, nonostante lo stile espositivo sia sempre ispirato alla maggiore linearità e semplicità possibile.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Lei ci sarà sempre

Lei ci sarà sempre nasce come un albo illustrato di stampo classico che mescola un testo malinconico a firma di Thierry Lenain e illustrazioni evocative per mano di Manon Gauthier. Qui il protagonista ripercorre diversi momenti speciali della sua infanzia che hanno contribuito a tessere un legame speciale tra lui e la sua mamma: un legame forte e presente anche nel momento in cui i due non sono più insieme.

Originariamente edito in forma tradizionale da Il leone Verde piccoli, Lei ci sarà sempre viene ora proposto al pubblico in una versione in simboli WLS curata da Uovonero. Inserito all’interno della collana I libri di Camilla, ideata per rendere accessibili tramite la simbolizzazione alcuni albi editi da diverse case editrici indipendenti, il libro si propone di offrire una lettura lirica e riflessiva anche ai giovani lettori con difficoltà comunicative: una sfida non banale, se si considerano in particolar modo le caratteristiche del testo e delle figure

Se la storia è di per sé ben scandita da una struttura iterata e contraddistinta da una semplice sequenza di momenti di felice condivisione tra madre e figlio, il testo presenta alcuni elementi di difficoltà legati a una costruzione sintattica particolare e a un discreto uso delle espressioni figurate. Il ricorrente “Lei c’era” segue sempre, infatti, il relativo complemento di fine (“Per proteggermi e condurmi lontano”, per esempio) ed espressioni come “colorare i miei sogni” o “cullare il mio cuore” hanno un ruolo non marginale nell’economia del racconto.

Le illustrazioni, dal canto loro, si caratterizzano per uno stile espressivo, sottolineato dall’uso del collage, dalle inquadrature non scontate e dal tratto (volutamente) impreciso a matita. Proprio alle illustrazioni, peraltro, è affidato il compito di accompagnare il lettore nel passaggio dal prima al poi e soprattutto dalla presenza all’assenza fisica della figura della mamma. Quel lei c’era che diventa lei ci sarà solo nell’ultima pagina trova senso, infatti, attraverso una doppia pagina totalmente senza parole in cui dominano il silenzio, il freddo e l’immobilità di un paesaggio invernale e attraverso indizi cromatici come le sfumature di giallo che sempre accompagnano la mamma e che sul finale marcano invece i contorni del cuore del bambino-narratore.

Per cogliere a pieno il significato dell’albo e la ricchezza delle sue sfumature, viene dunque richiesta al lettore una serie di inferenze, sul testo e sulle immagini: inferenze che esigono una certa padronanza dei codici ma che offrono in cambio un’appagante soddisfazione di lettura. Interessante e apprezzabile è, in questo senso, la scelta fatta da Uovonero, in tandem con il Leone Verde, di dare spazio a una narrazione nutrita di emozioni più che di fatti, per alimentare quella bibliodiversità che spesso l’attenzione all’accessibilità tende a mettere nell’angolo.

Mostraci chi sei

Elle Mc Nicoll è una giovane autrice di grande talento. La sua penna ha, in particolare, due assi nella manica: uno stile affilato come un bisturi e una netta visione rispetto ai temi trattati. Entrambi i romanzi finora da lei scritti, pubblicati in Italia da Uovonero, scelgono come fulcro narrativo la neurodivergenza, argomento che non solo le sta molto a cuore ma che soprattutto conosce in prima persona, essendo lei stessa una persona autistica.

Se Una specie di scintilla mette in luce la difficoltà di convivere con i pregiudizi e le discriminazioni che una diversità tanto marcata è solita generare, Mostraci chi sei si spinge forse un po’ più in là, andando a indagare attraverso lo strumento narrativo il pericolo di considerare qualunque tipo di divergenza un qualcosa da aggiustare.

L’autismo è una forma di errore? Le persone autistiche sono in qualche modo rotte e vanno riparate per poter avere una vita realmente piena e degna? Per gridare con forza il suo NO a questi interrogativi tutt’altro che inauditi, l’autrice costruisce un personaggio dalla grandissima forza, Cora, e una cornice fantascientifica in cui una avanguardistica azienda mette a punto degli avatar che consentano alle persone di continuare a incontrare i loro cari defunti. Direttore di tale azienda, Il melograno, è il signor Magnus Hawkins. Cora, adolescente neurodivergente che ha da poco perso la mamma, vi entra in contatto perché qui lavora suo fratello. Il signor Hawkins e il suo braccio destro, l’affascinante ingegner Gold, mostrano un sospetto e insistente interesse nei confronti di Cora: la sua diversità sarebbe loro utile – dicono – per migliorare gli avatar di chi pensa e sente in modo differente come lei. Dapprima resistente, anche a causa del ferreo divieto da parte del padre di avere contatti con Il melograno, Cora finisce per lasciarsi convincere a collaborare, sottoponendosi a una serie di test e rispondendo a infinite sessioni di domande da parte dell’ingegner Gold. Questa le viene infatti prospettata come l’unica possibilità di continuare a tenere in vita il suo amico Adrien, il figlio del signor Hawkins, con cui Cora ha stretto un’intensa amicizia e rimasto malauguratamente vittima di un grave incidente stradale. Divertente, empatico e perseverante, anche Adrien, con una diagnosi di ADHD, ha un cervello che funziona diversamente e ha conosciuto sulla sua pelle la difficoltà di interagire con un mondo che non è fatto su misura per lui e forse anche per questo capisce davvero Cora e i suoi tormentati sentimenti. Sarà proprio il forte legame che la lega ad Adrien a portare Cora ad andare fino in fondo nel comprendere cosa si celi realmente dietro la facciata del Melograno, impedendo all’azienda di portare a compimento un piano tanto avveniristico quanto raccapricciante.

Avvincente e intenso, Mostraci chi sei non ha paura di mettere sul tavolo questioni scottanti e complesse che pertengono all’etica e diventano sempre più impellenti man mano che la tecnologia consente di fare cose prima inimmaginabili. Al pari del precedente, il romanzo di Elle Mc Nicoll dice a gran voce l’importanza di ascoltare il punto di vista di chi una forma di diversità la vive in prima persona e di considerare il fatto che le categorie del giusto e dello sbagliato poco hanno a che vedere con quelle della tipicità e della divergenza.

Mistero nel bosco

Da tempo gli animali sopportano le prepotenze e l’invasione umana dei loro habitat. Cosa succederebbe, però, se un giorno decidessero di dire basta ai soprusi? Forse chiamerebbero a raccolta le forze naturali per riprendersi finalmente i loro spazi, impedendo all’uomo di farvi ritorno. Questo, perlomeno, è ciò che accade in Mistero nel bosco. Qui gli animali decidono di chiudere il bosco agli uomini – molto rumorosi e poco rispettosi – e costruirvi all’interno uno speciale teatro in legno di cui godere in santa pace. Sarà la mediazione del saggio e burbero Gastolf, che con la natura da sempre convive e che degli animali, per questo, ha la fiducia, a far avere agli uomini una seconda chance e offrire a tutti – umani e animali – un’occasione per vivere finalmente in sintonia.

Edito da Argentodorato in una duplice versione, tradizionale e in simboli, Mistero nel bosco si presenta come un libro illustrato dal chiaro messaggio che racconta una storia semplice senza cedere alla tentazione di un linguaggio piatto. Le illustrazioni che frequentemente accompagnano il testo si mostrano ricche di dettagli e privilegiano i toni caldi (anche per la barba del vecchio Gastolf, in realtà, che ci si aspetterebbe piuttosto tendente al bianco e che un poco fuorvia), restituendo un’atmosfera naturale molto avvolgente e calorosa.

Tali caratteristiche del testo e delle figure concorrono a rendere la lettura sfidante e non banale. Di riflesso, anche la versione in simboli del volume appare abbastanza complessa, tale da richiedere al lettore una certa familiarità con i simboli e discrete abilità di attenzione e comprensione. Anche in considerazione del fatto che il libro segue il modello di simbolizzazione inbook, che privilegia la scrittura in simboli dei singoli elementi del testo, le pagine risultano infatti piuttosto affollate e ciascuna di esse contiene davvero un grande numero di pittogrammi. Per la stessa ragione non sono rari i simboli che necessitano di maggiore apprendimento perché meno trasparenti (quelli riferiti, per esempio, ad articoli, preposizioni, congiunzioni…), la cui complessità di lettura va di pari passo con la presenza fissa dei qualificatori (genere, tempo, numero…). Ne risulta una lettura impegnativa e non immediata ma allo stesso tempo molto ricca e appagante, capace di soddisfare quei lettori che necessitano di un supporto visivo ma che padroneggiano a dovere i simboli e non si spaventano di fronte a narrazioni più lunghe e articolate.

Oggi vado in città

Sperimentazione e contaminazione non sono nuove in casa Homeless Book. Dopo la felice proposta di Cosa vede Don Q?, coraggioso libro-gioco in simboli basato sul meccanismo delle alette, la casa editrice faentina torna a proporre un titolo fuori dagli schemi e capace di integrare narrazione e interazione. Oggi vado in città, sempre a firma di Maria Caterina Minardi e Piki, si presenta infatti come un volume originale in cui si mescolano un preciso intento sociale e una semplice dimensione narrativa. Il volume si propone, in particolare, di preparare il giovane lettore a un possibile giro in città, rendendone più familiari, prevedibili e amichevoli i luoghi e i contesti più comuni.

Il tragitto in auto e in bus, la visita al supermercato, l’attraversamento pedonale, la pausa al parco giochi: le tappe più frequenti che il lettore può vivere in città trovano spazio in questa che si configura come una vera e propria storia sociale, resa accattivante dalla scrittura curata, dall’impianto prettamente narrativo e dal ruolo centrale delle illustrazioni.

Ciò che rende poi, il volume, particolarmente interessante, è la presenza di riquadri vuoti all’interno del testo che il lettore può riempire con i simboli che meglio aderiscono alla sua personale esperienza: simboli relativi agli accompagnatori, a eventuali commissioni da fare, alle linee degli autobus da prendere o al libro da portare con sé per i momenti di attesa. Numerosi simboli tra i quali scegliere sono posti alla fine del libro in modo che il lettore possa ritagliarli e incollarli. Parimenti essi possono essere disegnati o stampati a piacere con gli strumenti di cui si dispone a casa. Questa peculiarità ha il merito di conciliare l’effettiva funzionalità del racconto con la cura del supporto che la ospita, di coinvolgere attivamente il lettore nel completamento della storia e di conseguenza nella sua assimilazione, di unire dimensione ludica e dimensione narrativa e infine di adattare il libro alle reali esigenze di chi legge.

I simboli impiegati all’interno del volume sono i WLS, che qui supportano visivamente testi molto fruibili, lineari e brevi. Al fine di ampliare il più possibile l’accessibilità e l’utilizzabilità del volume, inoltre, la simbolizzazione non prevede l’uso di qualificatori e prende in considerazione unità di senso più che singoli elementi lessicali.

I cestini dei tesori

I cestini dei tesori e I cestini delle stagioni sono due cartonati dalle pagine spesse editi da Il castoro e ideali per bambini di pochi mesi che iniziano a manifestare curiosità nei confronti degli oggetti che li circondano. L’idea interessante che vi sta alla base è quella di trasferire sulla pagina, nella maniera più aderente alla realtà possibile, le cose che più facilmente i bambini incontrano nella quotidianità e possono trovare intriganti: gli stessi, non a caso, che vanno frequentemente a popolare proprio i cesti dei tesori così come ideati da Elinor Goldschmied. Cucchiai di legno e caffettiere, zucche e foglie, conchiglie e frutti, solo per fare qualche esempio, confluiscono così su carta contribuendo a creare un ponte significativo tra il mondo e il libro, la realtà e la sua rappresentazione. L’esplorazione dei due libri, per certi versi, può dunque configurarsi come un passaggio successivo e collegato a quello dell’esplorazione fisica degli oggetti.

Entrambi i volumi prevedono dei piccoli testi introduttivi alle diverse sezioni: testi teoricamente rivolti al bambino, nel tono e nel contenuto, ma che di fatto sembrano parlare principalmente all’adulto che lo accompagna, come a evidenziare una traccia da seguire per sostenere il piccolo nella scoperta degli oggetti e della loro rappresentazione sulla pagina. Al netto di questi testi, i libri si presentano come degli imagier e su ogni pagina propongono dunque alcuni oggetti accompagnati dalla parola che li identifica. Gli oggetti sono scelti in modo mirato tra quelli che possono risultare non solo funzionali al tema di ogni volume ma anche familiari ai potenziali lettori. Quotidianità è dunque parola d’ordine nella selezione.

Di ognuno di essi è offerta al lettore un’immagine fotografica molto nitida e riconoscibile: il contrasto con lo sfondo bianco, l’inquadratura prevalentemente frontale e la pulizia grafica agevolano, infatti, il processo di riconoscimento che genera appagamento e desiderio di avanzare. La scelta del medium fotografico, che inizia finalmente ad essere sdoganato soprattutto nei volumi destinati ai più piccoli, concorre poi in maniera determinante a rendere la rappresentazione degli oggetti particolarmente efficace, immediata e dunque identificabile con successo anche da parte di bambini un po’ più grandi ma che presentano difficoltà di astrazione. La riconoscibilità e la familiarità degli oggetti, inoltre, concorrono a facilitare la costruzione di piccoli dialoghi tra il bambino e il mediatore, che può fare leva sull’esperienza realmente vissuta dal bambino con gli oggetti rappresentati.

I cestini dei tesori, in particolare, prevede tre sezioni, ognuna dedicata a un potenziale cestino dei tesori fisicamente realizzabile ad uso del bambino e contraddistinto da uno specifico filo conduttore: gli oggetti di casa, i materiali naturali e i colori. Di ogni cestino è proposta una fotografia iniziale, con inquadratura dall’alto, che offre una visione d’insieme, e poi un focus sui singoli oggetti che lo compongono ripresi perlopiù frontalmente e associati alla parola che consente di nominarli. Gli oggetti sono distribuiti sulla pagina in maniera ariosa e propizia alla scoperta senza che il bambino venga eccessivamente sovraccaricato di stimoli. Il loro affiancamento segue principi diversi, legati al colore, al materiale o all’ambito di utilizzo. Questo genera accostamenti insoliti e sorprendenti, proprio come accade nella realtà, quando il bambino sceglie dal cesto, affianca e fa interagire tra loro oggetti che nella quotidianità sono magari distanti.

La più bella nuotata della mia vita

A tredici anni, dislessia, trasloco e impaccio non sono esattamente tre parole entusiasmanti. Tutte implicano la difficoltà di superare indugi, di sentirsi giudicati, di riuscire a farsi conoscere per come si è davvero. E tutte, purtroppo, affollano il presente di Jan, ragazzino timido e dislessico, da poco trasferitosi in una nuova cittadina. La sua testa è piena di preoccupazioni e interrogativi su come farsi benvolere dai nuovi compagni, su come tenere nascosta la sua difficoltà di apprendimento e su come trovare un posto nella nuova squadra di nuoto. Già, il nuoto. Per fortuna che c’è il nuoto.

Vero asso del dorso, in acqua Jan si trasforma e tira fuori una spavalderia che all’asciutto gli è pressoché sconosciuta e se questo, da un lato, gli crea un’immediata rivalità con l’arrogante Linus, dall’altro sarà per lui motivo di orgoglio e riscatto, anche nella goffa impresa di avvicinarsi all’affascinante Flo. Originale, schietta e appassionata di matematica, Flo è la nuova vicina di casa di Jan, conosciuta grazie a una galeotta gallina fuggitiva. Con lei il ragazzo instaura in maniera turbolenta un legame forte e intenso, in cui diventa via via più evidente come nella differenza più abissale possa nascondersi una possibilità felice e del tutto inaspettata di intesa e riconoscimento .

Costellato di tante questioni che stanno a cuore del potenziale lettore preadolescente – l’amicizia, i primi amori, le rivalità, le passioni, la scuola, le difficoltà, il rapporto con i genitori, solo per dirne alcune – il romanzo di Anne Becker fila piuttosto liscio e aiuta a mettere a fuoco alcuni aspetti importanti per chiunque, a vario titolo, si confronti con la dislessia. Oltre a Jan, che più e più volte mette in luce ostacoli e preoccupazioni legati alla sua difficoltà di apprendimento, ne La più bella nuotata della mia vita non mancano, infatti, genitori, insegnanti, terapeuti, oltre che pari, i cui diversi approcci al disturbo dell’apprendimento non sono privi di effetti sullo sviluppo della vicenda. Ne vien fuori un ritratto realistico e credibile della situazione vissuta da un ragazzino dislessico, il cui percorso diventa più luminoso e piano quando consapevolezza e ascolto si fanno parole chiave.

Favole

Un libro per l’infanzia di qualità è un libro senza età, che può essere goduto dai bambini con e come dagli adulti: le Favole di Arnold Lobel ne sono la prova provata! I brevissimi racconti dall’ironia implacabile dell’autore americano sono, infatti, così ben concepiti e scritti che parlano sia ai piccoli sia ai grandi, allestendo una raffinata stratificazione di significati, rimandi, citazioni e strizzate d’occhio tra cui ciascuno può sistemarsi comodo.

Protagonisti sono gli animali più disparati, dalle indoli e dalle provenienze più diverse, ciascuno rappresentato con tratti squisitamente umani che favoriscono l’immedesimazione diretta del lettore. C’è l’aragosta spericolata e la cammella che aspira a danzare, lo struzzo innamorato e l’orso che vuol essere alla moda, in un catalogo di tipi, caratteri, atteggiamenti e destini molto variegato che davvero ben riflette il mondo di noi uomini. Alla fine di ogni storia, della lunghezza di un paio di pagine – mai di più – si trova, come ogni favola impone, una morale: considerazioni caustiche e pungenti che mettono in luce tutta la fallibilità umana ma anche l’importanza di non prendere quest’ultima troppo seriamente.

Il libro, edito da Babalibri, presenta le meravigliose illustrazioni dell’autore che amplificano e valorizzano il tono surreale delle favole narrate. Queste ultime sono stampate in maniera ariosa con paragrafi ben distanziati e font maiuscolo che incentivano e supportano la lettura anche da parte di lettori poco esperti. A implementare poi la leggibilità del testo e la sua fruibilità anche in caso di difficoltà visive o di decodifica concorre il fatto che il volume è corredato di un QR code che porta alla registrazione audio dei testi, interpretati in maniera deliziosa dall’attrice Alessia Canducci.

I cestini delle stagioni

I cestini dei tesori e I cestini delle stagioni sono due cartonati dalle pagine spesse editi da Il castoro e ideali per bambini di pochi mesi che iniziano a manifestare curiosità nei confronti degli oggetti che li circondano. L’idea interessante che vi sta alla base è quella di trasferire sulla pagina, nella maniera più aderente alla realtà possibile, le cose che più facilmente i bambini incontrano nella quotidianità e possono trovare intriganti: gli stessi, non a caso, che vanno frequentemente a popolare proprio i cesti dei tesori così come ideati da Elinor Goldschmied. Cucchiai di legno e caffettiere, zucche e foglie, conchiglie e frutti, solo per fare qualche esempio, confluiscono così su carta contribuendo a creare un ponte significativo tra il mondo e il libro, la realtà e la sua rappresentazione. L’esplorazione dei due libri, per certi versi, può dunque configurarsi come un passaggio successivo e collegato a quello dell’esplorazione fisica degli oggetti.

Entrambi i volumi prevedono dei piccoli testi introduttivi alle diverse sezioni: testi teoricamente rivolti al bambino, nel tono e nel contenuto, ma che di fatto sembrano parlare principalmente all’adulto che lo accompagna, come a evidenziare una traccia da seguire per sostenere il piccolo nella scoperta degli oggetti e della loro rappresentazione sulla pagina. Al netto di questi testi, i libri si presentano come degli imagier e su ogni pagina propongono dunque alcuni oggetti accompagnati dalla parola che li identifica. Gli oggetti sono scelti in modo mirato tra quelli che possono risultare non solo funzionali al tema di ogni volume ma anche familiari ai potenziali lettori. Quotidianità è dunque parola d’ordine nella selezione.

Di ognuno di essi è offerta al lettore un’immagine fotografica molto nitida e riconoscibile: il contrasto con lo sfondo bianco, l’inquadratura prevalentemente frontale e la pulizia grafica agevolano, infatti, il processo di riconoscimento che genera appagamento e desiderio di avanzare. La scelta del medium fotografico, che inizia finalmente ad essere sdoganato soprattutto nei volumi destinati ai più piccoli, concorre poi in maniera determinante a rendere la rappresentazione degli oggetti particolarmente efficace, immediata e dunque identificabile con successo anche da parte di bambini un po’ più grandi ma che presentano difficoltà di astrazione. La riconoscibilità e la familiarità degli oggetti, inoltre, concorrono a facilitare la costruzione di piccoli dialoghi tra il bambino e il mediatore, che può fare leva sull’esperienza realmente vissuta dal bambino con gli oggetti rappresentati.

Il cestino delle stagioni dedica due doppie pagine a ciascuna stagione. Gli oggetti scelti in associazione a ognuna di esse non sono dal canto loro legati solo dal tema della stagionalità ma anche da criteri squisitamente cromatici. Così, per esempio, gli oggetti scelti per rappresentare l’inverno privilegiano l’azzurro e il rosso, quelli primaverili virano al verde e al rosa, quelli estivi danno spazio ai colori del sole e del mare e quelli autunnali prediligono i toni caldi dell’arancione e marrone. Questo dà vita a pagine suggestive non solo per le trame semantiche che nascondono ma anche per il piacevole impatto estetico che generano. Gli oggetti fotografati sono in buona parte doni della natura: aspetto, questo, che sembra costituire un autentico invito a fare proprio il mondo, 365 giorni all’anno.

Beezus e Ramona. Ramona la peste

Come si fa a restare impassibili di fronte a un uragano come Ramona? Quattro anni e un caratterino niente male, la protagonista della serie creata da Beverly Cleary è un concentrato di vivacità e testardaggine che non teme rivali. Che sia a casa, a scuola o per strada, si può star certi che con Ramona nei dintorni, qualcosa di del tutto imprevisto, perlopiù disastroso ma indiscutibilmente divertente (quantomeno per chi legge, un po’ meno per chi a Ramona vive accanto) si prepara ad accadere. Può essere un libro della biblioteca completamente scarabocchiato, una cassa di mele mordicchiate a una a una, un’avventura fangosa con gli stivali nuovi di zecca o una festa casalinga organizzata senza avvisare nessuno in famiglia.

Ramona è così: spontanea, incontenibile e irresistibilmente schietta. I suoi pensieri, di cui l’autrice ci mette puntualmente a parte, seguono una logica originale ma ferrea e le sue iniziative tengono costantemente il lettore sospeso tra la risata e lo sconcerto. “Oh, no, Ramona!”, viene automatico esclamare una pagina sì e l’altra pure, e in fondo questo è più o meno ciò che pensa la sorella maggiore di Ramona – Beatrice detta Beezus – a ogni piè sospinto. E ciononostante la carica travolgente di Ramona vince su tutto, generando nel lettore non solo una forte curiosità nei confronti dei guai che di volta in volta la bambina potrà combinare ma anche un forte riconoscimento dei sentimenti strabordanti di cui si fa portatrice e che spesso, nel loro impeto, sono all’origine dei suoi comportamenti all’apparenza più esagerati o sconvenienti. “Chi la chiamava peste – si legge, per esempio, nel secondo volume delle serie – non capiva che una persona più piccola a volte deve fare un po’ di chiasso ed essere un po’ testarda per essere almeno notata”.

I libri di Beverly Cleary hanno dallo loro anche questo pregio: non solo sanno divertire profondamente il lettore di qualsiasi età ma sanno anche guardare alle azioni, ai pensieri e alle emozioni dei bambini con grande rispetto e lucidità, portando a galla e restituendo dignità anche a sentimenti dalle tinte chiaroscure, come l’insofferenza nei confronti della sorella che tormenta Beezus nel primo volume, e delineando un profilo d’infanzia che è certo fuori dalle righe ma anche molto ma molto vero.

La serie di cui Ramona e Beezus sono protagoniste si compone di diversi volumi, ciascuno dei quali comprende una manciata di avventure brevi, buffe e intensissime, della lunghezza di un capitolo.

Il secondo volume – Ramona la peste. A scuola arrivano i guai – ruota intorno all’inizio dell’avventura scolastica di Ramona presso il Kindergarten della città. Qui la bambina dovrà confrontarsi con la vita di comunità, con le regole del contesto scolastico, con adulti di riferimento diversi da quelli cui è abituata. La tradizionale parata di Halloween, la caduta del primo dentino, il desiderio di fare una presentazione in classe, l’acquisto di un paio di stivaletti nuovi e l’arrivo di una supplente sono solo alcuni dei fatti straordinari che scatenano, qui, la sua capacità unica di mettersi nei guai.

La deliziosa serie scritta da Beverly Cleary è portata in Italia da Il barbagianni, con la briosa traduzione di Susanna Mattiangeli, a oltre cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione in America. Vietato farsi ingannare dall’età del libro, però: la vitalità e l’autenticità di Ramona ne fanno un personaggio senza tempo che incarna perfettamente l’indomito e ostinato spirito dell’infanzia e le cui avventure hanno un ritmo irresistibile. Rimarcabile, poi, il fatto che l’editore abbia scelto di pubblicare i volumi della serie con caratteristiche di alta leggibilità, come la spaziatura maggiore, il testo non giustificato e la font EasyRedading, che ne facilitano la fruizione anche da parte di lettori dislessici.

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Beezus e Ramona. Questa sorellina è impossibile

Come si fa a restare impassibili di fronte a un uragano come Ramona? Quattro anni e un caratterino niente male, la protagonista della serie creata da Beverly Cleary è un concentrato di vivacità e testardaggine che non teme rivali. Che sia a casa, a scuola o per strada, si può star certi che con Ramona nei dintorni, qualcosa di del tutto imprevisto, perlopiù disastroso ma indiscutibilmente divertente (quantomeno per chi legge, un po’ meno per chi a Ramona vive accanto) si prepara ad accadere. Può essere un libro della biblioteca completamente scarabocchiato, una cassa di mele mordicchiate a una a una, un’avventura fangosa con gli stivali nuovi di zecca o una festa casalinga organizzata senza avvisare nessuno in famiglia.

Ramona è così: spontanea, incontenibile e irresistibilmente schietta. I suoi pensieri, di cui l’autrice ci mette puntualmente a parte, seguono una logica originale ma ferrea e le sue iniziative tengono costantemente il lettore sospeso tra la risata e lo sconcerto. “Oh, no, Ramona!”, viene automatico esclamare una pagina sì e l’altra pure, e in fondo questo è più o meno ciò che pensa la sorella maggiore di Ramona – Beatrice detta Beezus – a ogni piè sospinto. E ciononostante la carica travolgente di Ramona vince su tutto, generando nel lettore non solo una forte curiosità nei confronti dei guai che di volta in volta la bambina potrà combinare ma anche un forte riconoscimento dei sentimenti strabordanti di cui si fa portatrice e che spesso, nel loro impeto, sono all’origine dei suoi comportamenti all’apparenza più esagerati o sconvenienti. “Chi la chiamava peste – si legge, per esempio, nel secondo volume delle serie – non capiva che una persona più piccola a volte deve fare un po’ di chiasso ed essere un po’ testarda per essere almeno notata”.

I libri di Beverly Cleary hanno dallo loro anche questo pregio: non solo sanno divertire profondamente il lettore di qualsiasi età ma sanno anche guardare alle azioni, ai pensieri e alle emozioni dei bambini con grande rispetto e lucidità, portando a galla e restituendo dignità anche a sentimenti dalle tinte chiaroscure, come l’insofferenza nei confronti della sorella che tormenta Beezus nel primo volume, e delineando un profilo d’infanzia che è certo fuori dalle righe ma anche molto ma molto vero.

La serie di cui Ramona e Beezus sono protagoniste si compone di diversi volumi, ciascuno dei quali comprende una manciata di avventure brevi, buffe e intensissime, della lunghezza di un capitolo.

Il primo volume – Beezus e Ramona. Questa sorellina è impossibile – mette in particolare in primo piano il complicato rapporto che lega le due sorelle, alla luce delle marachelle che la piccola inanella e del tormento che in casa è capace di generare. Ci sono di mezzo un ramarro immaginario, giri per il salotto a bordo di un triciclo a suon di armonica, cani sequestrati in bagno, parate musicali di ospiti inattesi, biscotti ripieni di vermi e torte di compleanno rovinate non una ma ben due volte: quanto basta per mettere alla prova anche la sorella maggiore più paziente e rendere evidente che la sopportazione può subire degli alti e bassi senza che l’affetto venga meno.

La deliziosa serie scritta da Beverly Cleary è portata in Italia da Il barbagianni, con la briosa traduzione di Susanna Mattiangeli, a oltre cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione in America. Vietato farsi ingannare dall’età del libro, però: la vitalità e l’autenticità di Ramona ne fanno un personaggio senza tempo che incarna perfettamente l’indomito e ostinato spirito dell’infanzia e le cui avventure hanno un ritmo irresistibile. Rimarcabile, poi, il fatto che l’editore abbia scelto di pubblicare i volumi della serie con caratteristiche di alta leggibilità, come la spaziatura maggiore, il testo non giustificato e la font EasyRedading, che ne facilitano la fruizione anche da parte di lettori dislessici.

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Evernote

Evernote è un’applicazione gratuita che aiuta l’utente a organizzarsi nella gestione delle attività, gli impegni e nello studio attraverso la creazione di note di testo, audio e immagini.

Evernote ti consente di prendere appunti, catturare foto, creare liste di cose da fare e registrare promemoria. Inoltre, è possibile scaricare il corrispettivo dell’applicazione in tutti i computer utilizzati dall’utente in modo da rendere più semplice la sincronizzazione delle note fra i vari dispositivi. In questo modo si possono eseguire ricerche nelle note da casa, al lavoro o in viaggio.

Le funzionalità principali sono:  creazione di note di testo, liste di cose da fare e elenchi di attività; salvataggio, sincronizzazione e condivisione dei file; registrazione vocale che si possono inserire negli appunti; inviare e condividere le note tramite e-mail e social network.

 

Giochi prescolari -Bimi Boo Kids

15 giochi educativi per lo sviluppo delle competenze dei prerequisiti dei bambini. Le attività proposte hanno l’obiettivo di potenziare la percezione visiva, fino-motoria, di logica e coordinazione, di attenzione e memoria. E’ un pacchetto di giochi educativi che esplorano le diverse aree di apprendimento dalla letto-scrittura alla logico matematica e l’area visuo-spaziale.

Dragon Naturally Speaking v15

È un software di riconoscimento vocale che consente di convertire la voce in testo con una precisione molto alta ed una velocità fino a 160 parole al minuto.

Il nuovo Dragon Professional Individual v15 possiede un motore vocale di ultima generazione, alimentato dalla tecnologia di Deep Learning, E’ possibile effettuare dettature e trascrizioni ancora più precise e veloci, sprecando meno tempo nella creazione di documenti.

Ecco le seguenti opportunità che il software offre:

E’ possibile dettare usando un registratore vocale digitale e Dragon trascriverà automaticamente le registrazioni quando vi ricollegherete al vostro dispositivo desktop. E’ anche possibile  trascrivere un’altra voce di un singolo parlante da file audio preregistrati o da podcast.

Piume in libertà

Ci sono due galline paciose e sempliciotte – Flossi e Bessi – che vivono da sempre in gabbia, all’interno di un allevamento intensivo. Stanno allo stretto, si nutrono di mangime insapore, non fanno che dormire, mangiare e guardare nel vuoto. Eppure la vita non pare loro così malaccio: non avendo mai conosciuto altro, è difficile se non impossibile aspirare a qualcosa di diverso. Per questo l’incontro fortuito con una taccola, entrata per caso nel capannone, si rivela per le due pennute un’inattesa fonte di scoperta. Insieme a lei, Flossi e Bessi faranno un viaggio di pochi metri ma dalle grandi rivelazioni. Pozzanghere, mezzi di trasporto, animali e cespugli, letti attraverso le lenti della loro limitatissima esperienza, assumono contorni buffi ai quali il lettore, così come la paziente taccola, guarda con benevola simpatia. Passo dopo passo, svolazzata dopo svolazzata, le due galline si formano un’idea del mondo nuova e bellissima: condizione essenziale per poter fare sogni che profumano di radure e boschi, ruscelletti e libertà.

Nato da un’accoppiata vincente e collaudata quale quella tra John Yeoman e Quentin Blake, Piume in libertà proclama la sua inglesitudine in ogni aspetto. L’ironia sottile e molto british che anima il testo, tradotto con accortezza da Luigi Berio (che è peraltro il curatore del corto animato dedicato al silent book di Quentin Blake Clown), trova infatti eco e riflesso nel tratto schizzato ed essenziale che caratterizza le figure. Con quel loro modo ingenuo e da comari di procedere e guardarsi intorno, inoltre, Flossi e Bessi ricordano un po’ l’Adelina e la Guendalina Bla Bla degli Aristogatti che galline, certo, non sono ma pennute inglesissime sì!

Scanzonato e lucido, Piume in libertà offre un racconto in cui la puntualità del pensiero su temi di spessore come la libertà e lo sfruttamento degli animali non rischia mai di appesantire il piacere della narrazione perché non è intorno al messaggio, che pur evidentemente appare chiaro, che la storia viene costruita e dipinta. Contraddistinto inoltre da un’interessante misura (non troppo lunga e non troppo corta) e da una felice integrazione tra testo (ampio) e illustrazioni (frequenti), il libro di Yeoman e Blake costituisce una proposta appetibile e abbordabile anche per chi affronta la lettura autonomamente ma continua a trovare nella presenza delle figure conforto, rassicurazione e diletto. La scelta editoriale, infine, di adottare caratteristiche di alta leggibilità come la font EasyReading, la spaziatura maggiore, il carattere ampio e l’allineamento a sinistra, rendono il volume particolarmente amichevole anche in caso di dislessia.

Sketch Ideas

Idea Sketch è un’applicazione Apple per creare facilmente mappe concettuali. È possibile utilizzare Idea Sketch per qualsiasi argomento, illustrando concetti, liste, pianificando presentazioni, creando diagrammi organizzativi, e di più! Inoltre  è possibile copiare un testo da un’altra applicazione, come ad esempio una e-mail, un documento o una pagina web e importarli su Idea Sketch per creare automaticamente un ‘idea che può essere vista sia come un diagramma di flusso o una mappa concettuale.

L’applicazione è gratuita e completamente funzionante senza alcuna limitazione.

Il mio Afghanistan

La collana Parimenti de la meridiana – lo abbiamo segnalato più volte – nasce con l’intento di mettere a disposizione di adolescenti e giovani adulti storie tematicamente adatte alla loro età, che risultino semplificate nella forma e la cui lettura sia agevolata dal ricorso ai simboli.  L’obiettivo è quello di raggiungere, così, anche lettori con difficoltà cognitive, comunicative o linguistiche che resterebbero altrimenti esclusi da testi su argomenti analoghi ma proposti in forma tradizionale. I titoli finora pubblicati all’interno della collana – Il diario di Anna Frank, Dracula, Canto di Natale, Giacomo di cristallo e altre storie e A Said piaceva il mare – rendono bene l’idea della varietà e dello spessore delle narrazioni offerte ma è forse l’ultimo titolo pubblicato a rendere conto, meglio di tutti, del grande valore in termini di partecipazione, conoscenza e inclusione che la collana può vantare.

Il mio Afghanistan di Gholam Najafi è infatti un racconto estremamente forte, duro e attuale che consente al lettore di  conoscere da vicino una storia apparentemente incredibile ma di fatto più comune di quel che si potrebbe pensare, che gli fa incontrare comportamenti e sentimenti umani innanzi ai quali è difficile restare impassibili e che lo mette di fronte alla storia e al presente di una realtà sì distante dalla nostra ma al contempo molto citata nei notiziari e nei dibattiti pubblici e strettamente legata alla politica del nostro paese e del mondo intero. Il libro racconta, in particolare, il lunghissimo viaggio che l’autore ha fatto, partendo da solo all’età di dieci anni, per scappare dall’Afghanistan dopo la morte di suo padre. Attraverso tappe estenuanti in Pakistan, in Iran, in Turchia e in Grecia, il ragazzo riesce infine ad approdare in Italia, dove trova dapprima una comunità accogliente per minori e poi una famiglia che gli dona fiducia gratuita e amore: condizioni, queste, che unite a una straordinaria forza di volontà e un grande impegno, lo portano a diplomarsi e costruirsi una nuova vita. Il racconto si chiude con lo struggente viaggio di ritorno che l’autore fa nella sua terra nel tentativo disperato di ritrovare la madre e il fratello o perlomeno di avere notizie su di loro. Il suo sarà, tuttavia, un viaggio privo di risposte ma piuttosto denso di nuove domande, a cui il lettore è portato a partecipare con grande intensità, come a narrarlo fosse una persona cara.

Emozionante e durissimo, Il mio Afghanistan racconta una storia che per orecchie occidentali suona quasi difficile a credersi e che invece, come già alcuni anni fa era accaduto con Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari, ci costringe ad aprire gli occhi su verità scomode e realissime. Per questo conoscerle e condividerle è di fondamentale importanza e per questo il fatto che un libro come Il mio Afghanistan sia reso disponibile anche in una versione accessibile è una notizia quantomai felice. Oltretutto, la scelta di pubblicare il libro anche in simboli è nata proprio su suggerimento dell’autore che ha riconosciuto in questo tipo di libro uno strumento utile e prezioso del quale si sarebbe volentieri avvalso, appena arrivato in Italia, quando la sua conoscenza della nostra lingua era praticamente nulla: un aspetto, questo, tutt’altro che trascurabile perché mette in luce il forte valore che i racconti supportati dall’uso di simboli possono avere al di fuori di situazioni strettamente legate alla disabilità.

Il mio Afghanistan è reso disponibile dalla casa editrice anche in formato ebook, con le medesime caratteristiche compositive della versione cartacea.

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La sfida di Lepre e Riccio

Un mattino come tanti, ai piedi della collina, qualcosa pare turbare gli animali. Il cervo, i cinghiali e persino lo scoiattolo sembrano più mogi del solito e Riccio, sceso al campo di mais per raccogliere qualche pannocchia, ne scopre presto il motivo. Lepre ha, infatti, preso possesso del campo, sostenendo di essere arrivata per prima e dunque di avere diritto di proprietà. Riccio, dal canto suo, non è veloce quanto l’animale dalle lunghe orecchie ma è decisamente furbo e così propone a Lepre una gara di corsa con la quale decidere a chi spetti davvero il campo di mais. Spavalda, Lepre accetta, ignara che Riccio abbia messo a punto un ingegnoso piano per arrivare primo. Certo, c’è di mezzo un piccolo inganno ma in fondo è a fin di bene: tutti (ma proprio tutti!), al termine della corsa, potranno beneficiare di un campo in cui c’è posto sì per il mais ma anche per seminare amicizia e condivisione.

Se fosse esclusivamente per la trama, La sfida di Lepre e Riccio non sarebbe che una piacevole favola illustrata di grimmiana memoria (benché l’originale avesse un finale ben più truce!). E invece ci sono due aspetti che rendono questo libro tutto fuorché ordinario. Il primo è il fatto che inquadrando con lo smartphone o il tablet il QRcode stampato sulla prima pagina, il lettore può beneficiare della lettura in Lingua dei Segni Italiana. Quest’ultima, caricata sulla piattaforma tellyourstories (www.tellyourstories.org), presenta un interprete che narra la storia attraverso i segni mentre le illustrazioni del libro gli scorrono a fianco. Il video è pulito, chiaro e realizzato in maniera esteticamente gradevole. Per garantire la piena condivisibilità del racconto, libro e video devono andare di pari passo perché il primo contiene solo il testo in italiano mentre il secondo solo il testo in LIS. Il secondo aspetto che caratterizza La sfida di Lepre e Riccio è il fatto che la fiaba cui è ispirata sia stata rielaborata in maniera tale da inserirvi degli elementi caratteristici della cultura sorda. Così, per esempio, il libro si apre con Riccio che sfida i suoi piccoli a trovare un segno in cui la mano indichi il numero tre. Analogamente, gli amici di Riccio paiono festeggiare la vittoria con un applauso “segnato”, con le mani che si muovono in alto e, fin dalla copertina, Lepre è ritratta come se stesse replicando un gesto che ne esalta la sbruffoneria e la certezza di vincere.

L’idea che sta alla base di questo lavoro, che rientra all’interno del progetto InSegnare le favole di Mason Perkind Deafness Fund, è che le storie hanno un grosso potere in termini di creazione e condivisione di immaginari: ecco, allora, che consentire ai bambini sordi di ritrovare frammenti della loro quotidianità nei racconti e ai loro compagni di entrare in contatto con quest’ultima attraverso la narrazione, significa costruire occasioni semplici ma fruttuose di scambio e incontro.

La sfida di Lepre e Riccio è acquistabile con una donazione minima di 18 (comprensiva di spese di spedizione del volume) alla Mason Perkins Deafness Fund. Maggiori informazioni sul progetto sono reperibili qui.

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Lo sai chi siamo?

Lo sai chi siamo? è un piccolo e maneggevole cartonato, frutto dell’esperienza e della geniale predisposizione alla sperimentazione della fotografa Tana Hoban. Il volume presenta dieci robuste doppie pagine bianche su cui si stagliano le silhouette nere di alcuni degli animali che più facilmente un bambino piccolo (e piccolissimo) può incontrare sul suo cammino e dunque imparare a conoscere e riconoscere.

Le sagome di pecore, maiali, cani, gatti e anatroccoli si impongono all’attenzione del lettore soprattutto per via del forte contrasto con lo sfondo chiaro e per la stampa liscissima e lucida che le rende leggermente percepibili anche al tatto. Non c’è, inoltre, alcun elemento di contorno o distrazione sulla pagina per cui occhio e mente sono inevitabilmente portati a concentrarsi sulle illustrazioni, sfidati a individuarne i rispettivi referenti e ad acquisire le categorie del grande e del piccolo. Ogni animale è infatti presentato attraverso un esemplare adulto e uno o più cuccioli, in una composizione che dinamizza la pagina e favorisce la nascita di dialoghi a partire da essa.

Privo di parole, contraddistinto da un forte contrasto di colori (bianco e nero) e da un’estrema pulizia grafica, Lo sai chi siamo? presenta, come d’altronde molti libri di Tana Hoban, un forte grado di accessibilità, sia rispetto ai disturbi visivi sia rispetto a difficoltà di tipo cognitivo e comunicativo. Il volume si presta inoltre a letture ed usi molto trasversali rispetto all’età: non solo, infatti, può essere impiegato per coinvolgere e stimolare i bambini di pochi mesi favorendone lo sviluppo visivo, ma risulta anche molto intrigante per bambini un poco più grandi, intorno ai due anni di età, che possono trovare curioso riconoscere le sagome degli animali e collegare le figure del libro a significative esperienze fatte nella realtà.

Il Grande Nate e la scatola che non c’è

Che tipetto, il Grande Nate! Astuto come pochi e dotato di un umorismo sottilissimo, si aggira tra le vie del suo quartiere in cerca di casi da risolvere. Amici, compagni e vicini di casa vengono puntualmente coinvolti nelle vicende in veste di vittime, testimoni o potenziali sospettati. Così il lettore, che nella serie che vede il piccolo investigatore protagonista (di cui avevamo già parlato qui) può trovare avventure sempre nuove e sfiziose, può contare d’altro canto sulla presenza di personaggi noti che rendono le dinamiche narrative familiari e amichevoli. A favorire un approccio alla lettura sereno e piacevole concorrono, inoltre, lo stile snello che contraddistingue la scrittura di Marjorie Weinman Sharmat, le illustrazioni frequenti che popolano le pagine e la scelta dell’editore di adottare caratteristiche di alta leggibilità per la stampa dei volumi.

Il lettore si trova così di fronte a storie compatte ma intriganti e ben concepite, pagine ariose dalle spaziature ampie e dal font EasyReading, testi il cui contenuto è fortemente orientato al dialogo e all’azione, a discapito di descrizioni e digressioni, e costruzioni sintattiche che privilegiano brevità e linearità: tutti aspetti, questi, che giocano un ruolo fondamentale nel rendere le micro-indagini del Grande Nate a misura anche di lettori meno forti o con maggiori difficoltà legate per esempio alla dislessia.

Ne Il Grande Nate e la scatola che non c’è, il piccolo investigatore si offre di aiutare la sua amica Rosamond a ritrovare una scatola scomparsa. Rosamond è certa di averla piazzata sul tavolino su cui si dedica a prevedere il futuro alla modica cifra di 2 cent a previsione ma, nel momento in cui si è assentata, la scatola sembra essere misteriosamente sparita nel nulla. Anche Claude, che è stato suo malgrado coinvolto da Rosamond nell’allestimento della postazione, non sa darsi una spiegazione. A Nate toccheranno allora lunghe ispezioni e molteplici ipotesi prima di riuscire a mettere insieme gli indizi e ricomporre il caso. Inutile dire che l’impresa terminerà con successo. Altrimenti il Grande Nate, che Grande Nate sarebbe?

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Mucca lupo porcello

Questo di Quenti Vijoux è un libro che fa ridere. Ma ridere, ridere, ridere, eh! Disseminato di richiami scherzosi alle favole tradizionali, Mucca, lupo, porcello mette in scena un lupo un po’ tonto, un porcello operoso e una mucca furbissima. Il lupo, come da copione, non vede l’ora di mangiarsi il porcello e, assumendo a questo scopo, le vesti più disparate – un casellante, un commesso, un postino – ci va più di una volta vicino. Questo non fa che ostacolare il progetto del porcello di costruire una solida casa in cui mettersi al riparo dagli attacchi del lupo. Per fortuna alla coppia consolidata preda-cacciatore si aggiunge la figura inattesa di mucca che interviene provvidenzialmente ad ogni tentato pranzo del lupo, accampando scuse fantasiose per nascondere la presenza dell’amico porcello. I due mettono in piedi un ingegnoso piano per tenere il lupo lontano per un po’ e ultimare così la casa del maialino: condizione fondamentale, questa, per un lieto fine festoso per tutti. O quasi…

A rendere davvero irresistibile questo libro smilzo pubblicato da Sinnos sono almeno tre cose. La prima è lo stile irriverente dell’autore che si riflette tanto nella storia quanto nei testi e nelle figure. La seconda è il tono surreale che permea l’intero racconto e che trova il suo apice nei diversi mestieri che il lupo interpreta e nelle assurde bugie che la mucca gli propina. La terza, infine, è la capacità di offrire una lettura appagante e al contempo abbordabile. Mucca, lupo, porcello condensa infatti in meno di 50 pagine una storia che viene proprio voglia di leggere, grazie alle caratteristiche sopra descritte ma anche alla cura compositiva delle pagine e ad accorgimenti tipografici che dicono al lettore “Veniamo in pace!”. Una grafica ariosa e colorata, testi brevi ma non sciatti, in maiuscolo e ad alta leggibilità e illustrazioni frequentissime e predominanti fanno del libro un delizioso volume da proporre in lettura condivisa fin dai cinque anni e in lettura autonoma, anche da parte di bambini con maggiori difficoltà legate per esempio alla dislessia, dall’inizio della primaria.

Occhio alle parole

Questo software utilizza la presentazione rapida di parole e testi al tachistoscopio ed è rivolto a bambini e ragazzi che necessitano di incrementare la velocità di lettura per renderla più efficace e permettere quindi un più facile accesso al significato. Principale scopo è quello infatti di superare la lettura di tipo analitico-decifratorio per accedere ad una lettura di tipo visivo e lessicale. In 10 unità vengono proposti differenti compiti di lettura: dalla ricerca rapida di parole uguali fino alla lettura incalzante di frasi e testi. La presentazione dei testi avviene con diverse modalità che avvicinano il soggetto alla lettura adulta allenando ad ampliare lo span visivo. Ogni unità è impostata su livelli di difficoltà crescente (diminuzione del tempo di esposizione, maggiore lunghezza delle parole, delle frasi, ecc.), dove l’avanzamento da un livello all’altro, con la conquista e la perdita delle medaglie, è simile a quello dei videogiochi. È possibile impostare anche una serie di opzioni per visualizzare le parole nella modalità che l’insegnante o il logopedista ritiene più adatta (maiuscolo, mascheramento, ecc.). Nella parte gestionale sono registrati i risultati di ogni singolo utente. Sono attivabili anche le istruzioni scritte, utili in caso di ipoacusia.

Il corpo umano di Tinybop

Il corpo umano è un gioco educativo per bambini curiosi. I bambini possono esplorare i sistemi scheletrico, muscolare, nervoso, circolatorio, respiratorio e digerente. Dalle ossa e dal cervello fino alle cellule e ai vasi sanguigni, i bambini scoprono di cosa siamo fatti e come funzioniamo. Ogni parte è animata e interattiva: il cuore batte, le viscere gorgogliano, i polmoni respirano, la pelle ha delle sensazioni tattili e gli occhi vedono. Ideato per i bambini di età superiore ai 4 anni, per scoprire come siamo fatti e come funziona il nostro corpo.

Caratteristiche:
– Modelli di funzionamento dei principali sistemi del corpo.
– Illustrazioni grafiche e suoni originali.
– Divertente per tutte le età, dai bambini piccoli agli adulti.
– Non ci sono regole né livelli.

E’ un’app che invita all’esplorazione e alla condivisione libera dei contenuti.

Una torta per Findus

Il talento di Sven Nordqvist è direttamente proporzionale all’impronunciabilità del suo cognome. Camelozampa ce lo ha fatto conoscere portando in Italia quell’incredibile libro senza parole che è Passeggiata col cane e ci consente ora di apprezzare la sua versatile vena artistica pubblicando la deliziosa serie di Pettson e Findus che dall’autore svedese è scritta e illustrata.

Pettson e Findus sono, nello specifico, un uomo e un gatto. Inseparabili, i due sono protagonisti di diverse avventure dal sapore surreale e rocambolesco che si svolgono perlopiù nella loro disordinatissima fattoria. Ciò che rende queste ultime particolarmente gustose è il fatto che prendono le mosse da un problema iniziale, perlopiù ordinario e circoscritto, a partire dal quale si innesca una serie di eventi sempre più assurdi, inarrestabili e caotici.

Così, per esempio, in Una torta per Findus – il primo volume della serie – Pettson è determinato a confezionare per il suo amico a quattro zampe una deliziosa torta di compleanno. Findus ama, infatti, in particolar modo questa ricorrenza: al punto che non la festeggia una ma più volte all’anno! Come fare, però, se manca la farina? Tocca andare in bici al negozio! E se la ruota della bici è rotta? Tocca cercare gli attrezzi nella falegnameria! E se la falegnameria è chiusa? Tocca cercare la chiave…

Con un meccanismo spassosamente ripetitivo, tanto nella concatenazione degli eventi narrati quanto nelle formule impiegate, sul quale si innestano situazioni sempre più mirabolanti (cosa non si farebbe per preparare una bella torta di compleanno!), Una torta per Findus dà forma a un racconto che coccola il lettore facendolo dondolare tra rassicurazione e sorpresa.

Tale dinamica narrativa gioca dal canto suo un ruolo significativo nel sostenere la lettura anche da parte di lettori meno forti: scopo al quale concorrono, inoltre, alcune caratteristiche del volume che spaziano dall’aspetto tipografico alla qualità delle illustrazioni. Una torta per Findus è stampato, infatti, con font EasyReading e presenta alcune altre caratteristiche di alta leggibilità, come l’allineamento a sinistra. Il testo, non brevissimo, è poi accompagnato a ogni pagina (o doppia pagina) da illustrazioni estremamente ricche cui è riservato ampio spazio. Preminenti a colpo d’occhio, rispetto al testo, queste contribuiscono a rendere la lettura decisamente meno ostica e spaventosa, dando forma a un tipo di racconto illustrato che negli equilibri narrativi, nella lunghezza e nei contenuti costituisce un ponte ideale tra l’albo illustrato dai testi più asciutti e il racconto in cui il testo assume un ruolo più importante. Non solo: lo stile irresistibile e minuzioso di Sven Nordqvist fa sì che la lettura visiva assuma qui un ruolo non trascurabile e, anzi, solletichi il lettore con trovate buffe e sfiziose che vanno assaporate con lentezza. La capacità straordinaria dell’autore di costruire scene affollate, riempire la pagina di dettagli e sparpagliare qua e là particolari surreali (oggetti animati, cose fuori posto, proporzioni fantastiche,  personaggi secondari che animano micro-storie parallele…) trasforma la pagina in un luogo in cui sostare, riprendere fiato e mettere alla prova la propria capacità di osservazione.

Alla luce di tutto questo, il libro si presta perfettamente a ghiotte letture condivise con bambini a partire dai 5 anni e altrettanto appaganti letture autonome, anche da parte di lettori dislessici, per bambini di uno o due anni più grandi.

Edraw Mind Map

Edraw Mind Map è un programma gratuito per la costruzione di mappe concettuali molto efficace. Si tratta di un’applicazione  che, oltre a consentire di generare mappe, permette di condividerle, esportarle e stamparle.

Ha una veste grafica molto ordinata e facilmente utilizzabile. Ha molte funzioni che spesso si possono trovare solamente nei programmi a pagamento. In sintesi ecco le principali operazioni che si possono effettuare con Edraw Mind Map:

– disponibilità di varie forme da inserire
– formattazione testi personalizzabili
– scelta tra diversi tipi di connettori (dritti, curvi)
– possibilità di inserire simboli, titoli, bordi e sfondi
– esportazione dati in formato Excel, Word, testo, CSV
– esportazione mappe in formato immagine, PDF, HTML, SVG
– possibilità di invio tramite mail
– possibilità di inserire tabelle, immagini, simboli font, documenti Office, link ipertestuali, note, allegati

L’utente ha la possibilità di utilizzare dei template già pronti.

Hello Talk

E’ un’applicazione online molto utile per imparare le lingue in modo divertente scrivendo o parlando con persone di lingua madre. E’ una piattaforma social in cui è possibile selezionare i tuoi interlocutori e iniziare a conversare, sfruttando diverse opzioni per imparare correttamente la lingua selezionata.

E’ necessario creare un proprio profilo, inserire la mail di riferimento e le lingue che si vogliono imparare per poter visualizzare la schermata iniziale ed entrare nella rete dei partner linguistici. Uno degli aspetti più interessanti dell’applicazione è lo scambio linguistico che si genera con gli utenti: se noi siamo italiani e vogliamo imparare l’inglese, selezioneremo utenti che siano di lingua inglese (inglesi, americani o australiani) che vogliano imparare l’italiano.

Nella sezione “Impostazioni” è possibile selezionare la corrispondenza di lingua esatta, quindi scegliere gli utenti che parlano la lingua nativa che si è scelto e chi ha scelto di imparare la propria lingua nativa, è possibile farsi trovare da utenti dello stesso sesso, decidere quale fascia di età, impostare l’aspetto grafico della chat. E’ possibile effettuare chat di gruppo.

Il servizio di  traduzione di HelloTalk permette di tradurre il parlato nella lingua che scegli. Nella conversazione scritta è possibile selezionare il testo ricevuto dall’utente e tradurre, correggere ed inviare al destinatario, nonché ascoltare la pronuncia della parola o frase inviata e ricevuta.

E’ disponibile per i sistemi Android e Ios. Le procedure per la tutela della privacy possono variare, per esempio, in base alle funzioni che usi o alla età.

Essendo una piattaforma social che utilizza lo strumento della chat, si consiglia la supervisione di un adulto per gli utenti al di sotto dei 18 anni.

 

Verme

Federico Fernandez e Germán Gonzalez sono due specialisti nella creazione di micromondi pullulanti. Lo abbiamo scoperto con Balea, leporello del 2016 che ci invitava a salire su un affollatissimo sottomarino a forma di balena, e ne abbiamo conferma ora con Verme, libro dal formato e dalla struttura analoghi, ambientato all’interno di una gigantesca trivella che opera sottoterra.

Qui lavorano e vivono centinaia di persone, le cui occupazioni sono le più strambe e disparate. Coloro che guidano il possente macchinario o ne aggiustano le parti danneggiate si contano, infatti sulle dita di una mano. Tutti gli altri sono invece intenti a rilassarsi o dediti a compiti sorprendenti come accudire pulcini, sistemare quadri famosi o inseguire mummie in fuga. Difficile, di fronte a tante micro-situazioni, tenere a freno la curiosità e trattenersi dal condividere le scoperte più assurde con eventuali compagni di lettura.

Costruito come un leporello, Verme presenta da un lato una visione di ciò che accade all’interno della trivella e dall’altro una visione di ciò che accade al di fuori. In entrambi i casi il numero situazioni da assaporare e il tasso di inventiva che le caratterizza sono decisamente fuori dal comune. Un ruolo speciale, nel generare straniamento e spasso, è giocato da animali e creature fantastiche che di tanto intanto compaiono e interagiscono con gli umani. Dal topo dj al lungo verme rosa, dai mostri pelosi che amano farsi pettinare agli scheletri festanti di tradizione messicana, il mondo sotterraneo di Fernandez e Gonzalez è un concentrato di citazioni e strizzate d’occhio che rendono la lettura visiva molto gustosa anche per i grandi.

Questo aspetto, unito alla libertà di movimento sulla pagina offerta al lettore come è tipico dei wimmelbuch, fa sì che Verme offra diversi livelli di lettura, adattandosi a competenze e abilità differenti. Godibilissimo dai lettori meno esperti per le innumerevoli sorprese inventive così come dai più navigati per i riferimenti all’arte e alla storia, questo libro senza parole si presta a letture molteplici e mai identiche, capaci di svelare ogni volta nuovi dettagli e possibilità.

L’isola all’ultimo piano

C’è una ragazza che vive all’ultimo piano di un alto palazzo. Una scaletta sottile collega il suo balcone con il mondo di sotto ma un giorno questa viene colpita da un fulmine e così la ragazza si ritrova improvvisamente isolata. Nella solitudine del terrazzo, la protagonista pensa con nostalgia ai tempi in cui il suo innamorato viveva giusto di fronte a casa sua e da balcone a balcone poteva addirittura abbracciarlo. Non sappiamo cosa ne sia stato di quell’amore, sappiamo però che il suo ricordo dà alla ragazza la spinta giusta per provare a tessere nuovi legami con chi le sta intorno: esattamente ciò che le occorre per ritrovare un contatto con il mondo esterno. Dapprima sono messaggi in forma di aeroplano e piccioni viaggiatori, ma entrambe le soluzioni sembrano fallire nell’intento. Serve una trovata nuova, un’idea che consenta alla giovane di prendere il largo, forte di una rete di sostegno fitta, seppur quasi invisibile.

Riccardo Guasco costruisce un racconto per sole immagini che parla di relazioni e isolamento, di vicinanza e sogni e che ci pare particolarmente forte in questo preciso momento storico, a seguito del vissuto che la recente pandemia ha imposto a tutti noi. La metafora del filo, scelta e sviluppata dall’autore, consente infatti di riempire il racconto di significati personali, rinnovandone di volta in volta l’intensità e la capacita di parlare con il lettore. Quest’ultimo, dal canto suo, è chiamato a uno sforzo interpretativo non banale perché l’albo si nutre di vuoti e di silenzi che rendono l’inferenza una pratica stimolante e necessaria.

Gli animali della fattoria

Si potrebbe pensare che Gli animali della fattoria di François Delebecque sia un comunissimo volume sulla vita nell’aia. E invece no, il libro portato in Italia da L’Ippocampo è decisamente molto di più. Qui le pagine non si limitano, infatti, a mostrare al lettore cavalli, maiali, capre e galline disegnati ma gli offrono l’occasione di conoscere e riconoscere questi animali da vicino, da diverse prospettive e in un crescendo di complessità che asseconda le sue abilità cognitive.

Come lo fanno? Attraverso una scelta stilistica orientata alla pulizia e all’essenzialità (grandi sfondi bianchi su cui si stagliano silhouette nere), una particolare attenzione al tema della somiglianza e della varietà (animali della stessa famiglia sono affini ma non identici così come lo stesso animale può avere aspetti differenti a seconda dalla prospettiva e dal contesto in cui lo si guarda), e un impianto a finestrelle che invita all’interazione, al gioco e al confronto tra differenti forme di rappresentazione.

Ogni doppia pagina è dedicata a una diversa famiglia di animali e presenta 4-5 finestrelle – una più grande sulla sinistra e altre 3-4 più piccole sulla destra – su cui figura la sagoma nera del soggetto. Ben distinguibile anche in caso di ipovisione, questa illustra l’animale mettendone in evidenza i tratti più pertinenti. Perlopiù rappresentati di profilo nella pagina di sinistra, così da risultare più riconoscibili al primo impatto, gli animali sono proposti di fronte, a figura non intera, a gruppi o insieme a elementi di contesto nella pagina di destra: aspetto, questo, che invita il lettore a cimentarsi con operazione di riconoscimento via via più articolate e sfidanti.

Le sagome, dal canto loro, non sono disegnate a caso ma ricalcano esattamente la fotografia dell’animale nascosta sotto la finestrella. Tra il sotto e il sopra di quest’ultima si viene così a creare un gioco di richiami e rimandi che non solo diverte ma supporta efficacemente l’acquisizione di dimestichezza con forme di rappresentazione più e meno realistiche. Un’ultima doppia pagina, infine, ripropone sempre in forma di finestrella tutti gli animali incontrati dal lettore all’interno del libro, offrendogli un’ulteriore occasione di scoperta, gioco e conferma delle abilità fin lì messe alla prova.

Versatile e intrigante, Gli animali della fattoria si presta così a essere letto in molti modi diversi, rispettando e stimolando le diverse abilità dei diversi lettori.

Tutta colpa del barattolo

Prendete la fiera dell’Est e moltiplicatela per dieci: ecco a voi, in tutta la sua mirabolante prorompenza, il divertente albo illustrato di Luca Tortolini e Maria Gabriella Gasparri Tutta colpa del barattolo. Anche qui un topo, un gatto e un cane si inseguono l’un l’altro in un inarrestabile effetto a catena, ma in un crescendo stupefacente entrano poi in gioco bufali imbizzarriti, dighe crollate, cioccolato sciolto in quantità industriali e involontari spettacoli pirotecnici. Il tutto, manco a dirlo, per colpa di un barattolo calciato per noia!

Iperbolico e folle, Tutta colpa del barattolo travolge il lettore con una storia incredibile da cui è un piacere lasciarsi sorprendere. Stampato con caratteristiche di alta leggibilità come la font Leggimi, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra e la presenza di un solo paragrafo (talvolta una sola frase per pagina), l’albo edito da Sinnos offre una lettura appagante e ricca, nonostante la sua brevità, grazie a una intensa ed efficace sinergia tra testo e illustrazioni.

Queste ultime, caratterizzate da grande dinamismo e da un numero limitato di colori accesi e fluo, la fanno infatti da padrone nell’aggiungere dettagli sfiziosi al racconto, dicendo molto di più di quel che esplicitano le parole. Ne vien fuori una narrazione dal forte impatto visivo, che ben asseconda la propensione di tanti lettori, riluttanti o dislessici per esempio, ad apprezzare storie che sanno essere ricchissime anche con testi piccini picciò.

Riflettiamoci

Un piccolo di rinoceronte e una piccola di giraffa, rimasti entrambi orfani a causa dei bracconieri e di un incendio, sono i protagonisti di questo albo senza parole firmato da Gek Tessaro e nato in collaborazione con la Cooperativa Sociale Famiglia Nuova. Le loro storie sono sì diverse ma molto prossime, al punto che dopo un lungo e smarrito vagare, i due animali giungono ai bordi della medesima pozza d’acqua e si guardano fissi negli occhi come riconoscendosi.

Si riflettono, il rinoceronte e la giraffa, sulla superficie trasparente della pozza ma soprattutto l’uno nell’altra, ché i sentimenti, amari e gioiosi che siano, ci fanno vicini come poche altre cose al mondo. E allora quel titolo – Riflettiamoci – diventa anche un invito a noi lettori a far germogliare un racconto per immagini doloroso ma con un tocco di ottimismo, lasciandogli il tempo e lo spazio per animare pensieri ed emozioni.

Vincitore del premio Andersen 2022 come miglior libro senza parole, Riflettiamoci offre una storia intensa, che lo stile inconfondibile e graffiante di Gek Tessaro rende particolarmente toccante. L’autore suggerisce ciò che accade con poche e accese illustrazioni in cui si condensa un mondo di fatti e sentimenti. Grande è il lavoro di interpretazione e inferenza lasciato, in questo senso, al lettore, al quale si chiedono abilità di lettura e decodifica delle immagini (e dei vuoti che tra di esse emergono) non proprio basilari. Il libro vanta infine un formato ampio che valorizza le suggestive tavole dell’autore la cui veste affascinante stride solo un po’ con la presenza di proposte operative poste al termine della storia.

Io sono blu

A righe nere e ble dalla punta del pungiglione alla punta delle zampe: così appare la protagonista del silent book Io sono blu. Mica facile, per un’ape con questo aspetto, trovare il proprio posto in uno sciame rigorosamente nero e giallo, in cui nessuno si discosta dalla norma. Soprattutto perché questa anomalia cromatica genera nelle compagne isolamento e scherni  duri da digerire.

“Perché sono così?”, sembra chiedersi allora la protagonista del libro mentre consulta manuali di enotomologia che non fanno che confermare la sua bizzarria. “E come posso rimediare?”, pare domandarsi nel disperato desiderio di farsi accettare. E così, ferri e fili alla mano, l’apetta corre ai ripari e si procura un bel travestimento: un travestimento che sembrerebbe pure funzionare all’inizio ma che a lungo andare mostra tutto il suo posticcio valore. Sarà un incontro casuale con una variegata compagnia di insetti a dare un’autentica svolta alla situazione, consentendo alla protagonista, e con lei al lettore, di scoprire che diversità può significare unicità e che là dove ognuno è libero di essere a suono modo, isolamento e scherni appaiono d’un tratto cosa assai sciocca.

Finalista del Silent Book Contest 2021 e vincitore, nell’ambito dello stesso concorso, del premio assegnato dalla giuria Junior, Io sono blu racconta una storia di diversità e accettazione che arriva in maniera molto diretta al lettore. Le situazioni in cui l’apetta protagonista viene ritratta e le emozioni che ne derivano sono infatti rese dell’autrice in modo molto efficace e riconoscibile. Irene Guglielmi è, in questo senso, molto brava, nel sottolineare con pochi tratti e senza tanti passaggi narrativi gli atteggiamenti chiave dei personaggi coinvolti.

Dopo una prima doppia pagina in cui si scorge in lontananza un grande sciame giallo in cui spicca un puntino blu, ci si trova infatti di fronte a un’illustrazione efficacissima che restituisce la grande varietà di reazioni generate dalla diversità della protagonista: stupore, diffidenza, paura, disgusto, superiorità, il tutto reso attraverso semplici posture o espressioni facciali. In questo modo non risulta difficile, per il lettore, seguire e interpretare ciò che accade dopo – la ricerca di risposte, il tentativo di sentirsi normale e farsi accettare, la curiosità accesa da altri esseri non convenzionali – facendosi guidare da un forte senso di empatia nei confronti dell’apetta. Questo, dal canto suo, agevola il lettore nelle operazioni di decodifica della storia per immagini, supportandolo in una sfida di lettura coinvolgente.

Un viaggio gattesco

Con le avventure di Merlo (che comprendono, Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti), messe a punto da Gloria Francella e Giulio Fabroni, Sinnos ha inaugurato una proposta editoriale intrigante, innovativa e dalle interessanti possibilità inclusive. Si tratta di cofanetti composti da 12 carte ciascuno, che raccontano storie minime ed essenziali da ricomporre come un puzzle. Ogni carta presenta, infatti, un brevissimo pezzo di testo (font maiuscolo e ad alta leggibilità) sul fronte e un pezzo di illustrazione sul retro. Messe l’una accanto all’altra dal lato delle figure, le carte compongono in alcuni casi una sorta di quadro complessivo della storia e in altri un riepilogo illustrato dei diversi passaggi narrativi.

La formula delle carte è semplice ma ingegnosa perché attiva il lettore in un gioco che rende la lettura dinamica e insolita, adatta a svolgersi anche in luoghi e posizioni inconsueti. Su un tavolo, sul pavimento, su un tappeto, in cortile: i cofanetti Sinnos amano gli spazi in cui ci si può sdraiare, muovere, allargare. La lettura qui può prendere strade diverse: può procedere, per esempio, di pari passo con la ricomposizione del quadro così come può scorrere liscia fino alla fine e poi lasciare spazio al gioco. Sta al lettore decidere, e questo non solo lo rende particolarmente partecipe ma gli consente anche di godere della storia in più modalità, reiterando ogni volta il piacere della scoperta.

Alla luce di questi felici aspetti, accogliamo con gioia la pubblicazione di due nuovi confanetti. Si tratta di Un viaggio gattesco e Chi abita qui?, scritti e illustrati questa volta da Angela Cascio e Sergio Olivotti.

In Un viaggio gattesco i protagonisti sono due gatti – Lola e Gordo – che fantasticano sui mirabolanti viaggi che vorrebbero fare. Le idee non gli mancano ma per ogni proposta che gli balza in testa, vien fuori un intoppo. I due non hanno, infatti, la patente, non arrivano i pedali della bici, patiscono il caldo della savana, non sanno come trasportare gli sci… difficile muoversi in queste condizioni. Non resta che trasformare in un luogo festoso la casa: per quello bastano gli amici e gli amici, grazie al cielo, non mancano! Contraddistinto da una struttura iterata che porta sorrisi, Un viaggio gattesco invita a immaginare nuove mete e nuovi intoppi, in un viaggio fantastico potenzialmente senza fine e sempre diverso.

Chi abita qui?

Con le avventure di Merlo (che comprendono, Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti), messe a punto da Gloria Francella e Giulio Fabroni, Sinnos ha inaugurato una proposta editoriale intrigante, innovativa e dalle interessanti possibilità inclusive. Si tratta di cofanetti composti da 12 carte ciascuno, che raccontano storie minime ed essenziali da ricomporre come un puzzle. Ogni carta presenta, infatti, un brevissimo pezzo di testo (font maiuscolo e ad alta leggibilità) sul fronte e un pezzo di illustrazione sul retro. Messe l’una accanto all’altra dal lato delle figure, le carte compongono in alcuni casi una sorta di quadro complessivo della storia e in altri un riepilogo illustrato dei diversi passaggi narrativi.

La formula delle carte è semplice ma ingegnosa perché attiva il lettore in un gioco che rende la lettura dinamica e insolita, adatta a svolgersi anche in luoghi e posizioni inconsueti. Su un tavolo, sul pavimento, su un tappeto, in cortile: i cofanetti Sinnos amano gli spazi in cui ci si può sdraiare, muovere, allargare. La lettura qui può prendere strade diverse: può procedere, per esempio, di pari passo con la ricomposizione del quadro così come può scorrere liscia fino alla fine e poi lasciare spazio al gioco. Sta al lettore decidere, e questo non solo lo rende particolarmente partecipe ma gli consente anche di godere della storia in più modalità, reiterando ogni volta il piacere della scoperta.

Alla luce di questi felici aspetti, accogliamo con gioia la pubblicazione di due nuovi confanetti. Si tratta di Un viaggio gattesco e Chi abita qui?, scritti e illustrati questa volta da Angela Cascio e Sergio Olivotti.

Chi abita qui? fotografa i peculiari inquilini di un delizioso condominio, a ciascuno dei quali è dedicata una carta. Ci sono la dottoressa, il pescatore, l’imbianchina, il violinista e tanti altri, secondo una distribuzione delle professioni tra i generi attenta a non alimentare pregiudizi e cliché. La cosa interessante di questo cofanetto è la possibilità di costruire combinazioni narrative sempre diverse che delineano inattesi rapporti sentimentali, di amicizia, professionali o di semplice buon vicinato. Ogni carta presenta infatti un personaggio, indicandone la professione e un’azione ad essa legata, sempre rivolta a qualcun altro. Questo qualcun altro è lasciato in sospeso, consentendo al lettore di sceglierlo a piacere. Così, per esempio, Pino il postino può consegnare lettere d’amore a Marta la sarta, a Carlotta la poliziotta ma anche a Martino il Ciabattino o a Mario il bibliotecario e via dicendo. E questi a loro volta potranno cucire camicie, indicare la strada, fare calde pantofole e prestare libri ad altrettanti fortunati destinatari, in un intreccio di legami che è un inno leggero all’invenzione fantastica e alla coltivazione delle relazioni.

C’è qualcosa in casa

Passi trascinati nel corridoio, porte che si aprono misteriosamente, oggetti che si spostano: Andrea ne è certo, Qualcosa si intrufola regolarmente in casa sua per terrorizzarlo. Il problema è: cosa? Ma soprattutto: come fare per non farsi sopraffare dalla paura? Andrea le prova tutte: ignora quel Qualcosa, prova a pedinarlo, si dà delle regole come non guardare mai indietro e chiudere a chiave l’armadio, ma nulla. Qualcosa torna sempre.

Ad Andrea serve una soluzione più radicale e così, forte della sua passione per i fumetti, inizia a creare delle maschere che lo proteggano di notte e a dar forma a una sorte di supereroe personale – il temibile Maizena, ispirato dalla forza dei fluidi non newtoniani – che gli dia coraggio. In un percorso in cui vecchi amici riservano delusioni ma nuove amiche si mostrano preziose alleate, Andrea affronta un passo alla volta la sua paura. Sarà davvero una volta per tutte?

C’è qualcosa in casa fa parte dell’interessante collana Piccole piume di Pelledoca, giovane case editrice specializzata nella pubblicazione di titoli da brivido per bambini e ragazzi. La collana Piccole piume, in particolare, si rivolge a un pubblico di giovanissimi dai sei anni in su che non si facciano spaventare dalle storie misteriose.

Contraddistinti da trame avvincenti e non prive di una certa suspance, come nel caso di C’è qualcosa in casa, i libri che compongono la collana sono altresì accomunati da caratteristiche di alta leggibilità come la font leggimi, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe (purtroppo non tra paragrafi, però), sbandieratura a destra e l’uso del grassetto per evidenziare passaggi particolarmente salienti, che concorrono a rendere più amichevole la lettura anche in caso di dislessia.

Susan Duckling e il caso del raffreddore scomparso

La maestra di Susan è un tipo così gentile e premuroso che quando, di punto in bianco, inizia a mostrarsi scontrosa e arcigna, Susan si insospettisce immediatamente. Forte del successo della sua prima indagine (Susan Duckling e il caso del regalo di compleanno), la bambina ottiene di poter affiancare il padre nelle ricerche volte a svelare il perché di un cambio così inspiegabile e repentino. Grazie a pedinamenti, supposizioni e raccolta di indizi come orecchini spaiati e reazioni cagnesche, Susan riesce a ricomporre l’intricato puzzle investigativo con una logica da 10 e lode!

Ambientato in una Londra del secolo scorso, tra pipe, bombette e vetture scoppiettanti, Susan Duckling e il caso del raffreddore scomparso fa seguito al primo volume  della serie che vede protagonista la figlia del commissario Duckling. Fresca e accattivante, la serie è intrisa di un certo humour inglese ed è animata da alcuni personaggi ricorrenti – come l’immodesto papà di Susan o il paziente agente Puddle – che ruotano attorno alla bambina e aggiungono tocchi british e qualche sorriso alle sue indagini. Queste ultime, dal canto loro, sono tutte molto lineari e minimali, capaci di risolversi in un tempo misurato, senza correre il rischio che i lettori meno forti si annoino.

Questo aspetto, unito alla frequenza delle illustrazioni e al ruolo importante che viene loro riservato, così come alla scelta di stampare il testo con alcune caratteristiche di alta leggibilità (font leggimi, spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, sbandieratura a destra, come tipico di tutti i titoli della collana Piccole piume di Pelledoca), fanno dei libri di Susan Duckle una proposta frizzante e abbordabile anche per lettori dislessici.

Susan Duckling e il caso del regalo di compleanno

Che i bambini siano acuti osservatori è risaputo. Che abbiano una logica pungente, pure. Difficile pensare, quindi, a soggetti migliori per risolvere casi misteriosi. E infatti, quando il noto commissario Duckling cede alle richieste della figlia Susan e le affida una dei suoi casi, la bambina si dimostra perfettamente all’altezza di risolverlo. Le basterà seguire con attenzione le tracce, drizzare le orecchie anche di fronte alle notizie più frivole e fidarsi del suo istinto anche a notte fonda, per riportare a casa il rinoceronte sparito dallo zoo della città e guadagnarsi addirittura la prima pagine del London Time.

Ambientato in una Londra del secolo scorso, tra pipe, bombette e vetture scoppiettanti, la serie di Susan Duckling è fresca e accattivante. Intrisa di un certo humour inglese, è animata da alcuni personaggi ricorrenti – come l’immodesto papà o il paziente agente Puddle – che ruotano attorno alla giovane protagonista e aggiungono tocchi british e qualche sorriso alle sue indagini. Queste ultime sono tutte molto lineari e minimali, capaci di risolversi in un tempo misurato, senza correre il rischio che i lettori meno forti si annoino.

Questo aspetto, unito alla frequenza delle illustrazioni e al ruolo importante che viene loro riservato, così come alla scelta di stampare il testo con alcune caratteristiche di alta leggibilità (font leggimi, spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, sbandieratura a destra, come tipico di tutti i titoli della collana Piccole piume di Pelledoca), fanno dei libri di Susan Duckle una proposta frizzante e abbordabile anche per lettori dislessici.

Bianco e nero

Must have assoluto per i piccolissimi, Bianco e nero di Tana Hoban ha tutto quello che un libro per lettori di pochi mesi dovrebbe avere: ha pagine solide, una struttura a leporello che si regge in piedi da sola, contrasti forti, figure grandi, sagome nette e soggetti attraenti.

Qui la semplicità dei contenuti fa il pari con la profondità della ricerca: ogni dettaglio – ciò che l’autrice inserisce così come ciò che decide di togliere – è studiato con grande cura, rispetto e attenzione nei confronti dei potenziali destinatari. Nulla di superfluo trova spazio sulla pagina che accoglie, da un lato del leporello, grandi figure nere su sfondo bianco, e dall’altro, grandi sagome bianche su sfondo nero. Le figure sono piene, sature, lucide, e catturano davvero l’occhio con grande facilità. Oltre al fascino del contrasto, queste si fanno apprezzare dai bambini sotto o poco sopra l’anno anche in virtù dei soggetti rappresentati. Strumenti quotidiani come posate e biberon, animali familiari come gatti e uccellini, oggetti naturali a domestici come foglie e chiavi offrono infatti al bambino il piacere del riconoscimento.

Ispirato ai principi dell’essenzialità, della facilità d’uso (la possibilità, per esempio, di osservare le pagine senza doverle sfogliare) e dell’evidenza della rappresentazione, Bianco e nero può dirsi un volume di grande accessibilità, capace di venire incontro anche ai bisogni specifici di bambini con difficoltà visive, cognitive o comunicative. Studiato per poter essere osservato a lungo e con piacere in autonomia dai neonati, il libro si presta benissimo anche a una lettura dialogica in cui l’adulto possa indicare e nominare i diversi oggetti, collocandoli eventualmente in un racconto personalizzato che richiami l’esperienza diretta di chi ascolta.

Con l’uscita di Bianco e nero festeggiamo l’arrivo in Italia di alcuni titoli preziosissimi di Tana Hoban, fotografa statunitense che negli anni ’70 condusse una ricca e innovativa ricerca sulla lettura visiva attraverso il medium fotografico. A questa pubblicazione di Editoriale Scienza ne sono già seguite alcune altre – Lo sai chi siamo?, sempre per lo stesso editore e Giallo, rosso, blu per Camelozampa – che speriamo fortemente inaugurino una lunga serie di proposte fotografiche rivolte a piccoli e piccolissimi.

10 cani in città

Che spasso, 10 cani in città! Nato dalla matita folleggiante di Charles Dutertre, l’albo edito da Sinnos è  un concentrato di invenzioni bizzarre, piccole narrazioni urbane dai tratti surreali e figure particolareggiate tra le quali sostare, zigzagare e sfidarsi a lungo.

Qui si seguono in particolare le avventure di Camillo, un bambino che decide di inoltrarsi in città dove pare si aggirino in totale libertà dieci cani. A ogni doppia pagina, che ritrae Camillo in una cornice diversa, i cani aumentano (uno nella prima, due nella seconda e via dicendo…) e il lettore è invitato a scovarli insieme ad altri oggetti (tre per doppia pagina) più o meno evidenti, più o meno bislacchi.

E così, sull’autobus come al museo, in biblioteca come al mercato, chi legge si può scatenare nella ricerca delle cose più disparate, dai granchi che leggono i libri ai gatti coi bigodini. Già, perché la città immaginata e dipinta dall’autore è tutto fuorché ordinaria, al punto che, tra le sue pagine ci abituiamo presto a veder passare pinguini imparruccati, palombari, lupi di mare e cowboy. Meno abituati a tanta stranezza sono invece i genitori di Camillo che, tornati a casa proprio all’ultima pagina, scoprono loro malgrado che cani e cittadini possono continuare le loro folli avventure anche in un comune appartamento. Il loro!

Dal punto di vista dell’accessibilità, 10 cani in città adotta una formula davvero vincente. Non solo infatti il libro presenta alcune caratteristiche di alta leggibilità che lo rendono amichevole anche in caso di dislessia, ma inserisce il meccanismo del cerca-trova all’interno di una micro-narrazione, così da incentivare senza sforzo l’avanzare della lettura.

Forte di pagine fittissime e ricche di dettagli tutti da scoprire, l’albo di Charles Dutertre invita inoltre a un’esplorazione della pagina del tutto personale, in cui le cose da guardare, da vedere e da gustare sono decisamente più numerose di quelle indicate dal testo. Ecco allora che la lettura visiva, così congeniale a tanti lettori riluttanti o fragili, viene incessantemente solleticata. Il tratto dell’autore, ricco di inventiva, humour e colore dà vita, infatti, a pagine brulicanti di fronte alle quali c’è sempre qualcosa di nuovo e di insolito da rilevare. Questo, unito alla capacità di creare continuità narrativa tra le pagine, attraverso personaggi che tornano con costanza, cambiando magari solo d’abito, rende la narrazione per immagini prima e più che per parole un’avventura irresistibile.

Smart AudioBook Player

Il programma è progettato specificamente per la riproduzione di audio libri. Sono presenti le seguenti funzioni:

L’app supporta file audio nei seguenti formati:*. mp3, *. m4a, *. m4b, *. awb, *. ogg, *. wma, *. AAC.

The Sims™ Mobile

Si tratta di un simulatore (da cui il nome) di vita. Sono presenti personaggi completi di tratti fisici e caratteriali diversi tra loro, nascono, vivono, si riproducono e muoiono, abitano nelle case (da costruire e arredare), hanno un lavoro, guadagnano simoleon (la loro moneta) e vivono esistenze che ricordano quelle delle persone vere. The Sims è molto importante nella storia videoludica non solo perché ha dato il via alla celebre saga, ma anche perché è stato il primo vero simulatore di vita ad avvicinarsi molto alla realtà. Con The Sims i videogiocatori possono vivere una doppia vita virtuale e il tutto senza i rischi dei giochi online.

L’Era Glaciale: Il Villaggio

Quest’app propone un viaggio nell’universo de L’era glaciale – Il villaggio. Costruisci una nuova casa per Sid, Manny, Diego e lo scoiattolo Scrat, scoprendo anche cosa si nasconde sotto il ghiaccio. Il gioco offre la possibilità di esplorazione e azione.

Animals 360 – wildlife

Quest’app consente di consultare tantissime immagini in alta definizione, suoni reali, una serie di tour ambientati, di fare quiz di riconoscimento e puzzle di diversa difficoltà.

La funzione di ingrandimento consente di vedere ogni dettaglio dell’animale. Sono inoltre presenti 4 tour, dove si potrà “passeggiare” tra gli animali nei diversi habitat.

Tra le principali funzionalità di Animals 360:

Con Animals 360 è possibile ampliare la propria conoscenza attraverso un semplice ed intuitivo quiz visivo/sonoro e divertirsi a ricomporre l’immagine di ogni animale col puzzle. La possibilità di poter cambiare il livello di difficoltà permetterà un utilizzo adatto a qualsiasi età.

Nell’uovo

Se c’è un aggettivo che può aiutarci a definire il libro tattile Nell’uovo è probabilmente spiazzante. Spiazzante è, infatti, il formato di questo volume, con spesse pagine in stoffa grigia tenute insieme da una barra di legno. Spiazzante è il tipo di illustrazione tattile, non basata sul consueto collage di materiali ma sulla tecnica del gaufrage. E spiazzante, infine, è il racconto offerto dall’autrice Laura Cingolani che ha un che di surreale.

Al centro della storia c’è una tartaruga che depone un uovo: evento – questo – sorprendente e capace di scatenare in chi narra più di un’emozione, dalla gioia alla paura. Un uovo è infatti un oggetto fragile e prezioso, che richiede cura, che può facilmente essere minacciato e che genera pertanto un’affezione trepidante. Ma un uovo è anche un oggetto suggestivo, la cui forma particolare evoca somiglianze inattese, per esempio quella con il volto umano.

Sulla scorta di queste idee, l’autrice confeziona una storia che forse una storia vera e propria non è e che assomiglia più a un sogno o a un pensiero sospeso che mescola reale e fantastico. Frasi brevissime si accompagnano a illustrazioni raffinate su carta porosa bianca pazientemente cucita a ogni pagina. Basate sui soli rigonfiamenti di talune forme, come tipico della tecnica del gaufrage, le figure composte da Alessia Consiglio sono talvolta molto minuziose, quando riguardano per esempio la tartaruga, talvolta più minimali ed evocative, quando immortalano per esempio le emozioni descritte.

Sul finale, dove il testo fa riferimento a una sorpresa, una sorpresa è presente davvero, non solo a livello narrativo ma anche a livello fisico. Qui la pagina si presenta infatti come una tasca da cui è possibile estrarre la matrice intagliata che ha dato forma alla figura gauffrata: un espediente che oltre a rafforzare la dimensione dell’imprevedibilità di cui parla il libro, offre anche uno spunto curioso e interessante rispetto al processo compositivo che ha consentito di comporlo.

Alla luce di tutti questi aspetti, in virtù di un testo piuttosto criptico e di immagini che virano spesso verso la dimensione astratta, Nell’uovo si presenta come un libro di non immediata decifrazione: aspetto, questo, che può favorire un interessante dibattito interpretativo ma anche risultare di ostacolo a una fruizione davvero appagante e pienamente godibile da parte di un lettore bambino.

Balenga

Quando si hanno cinque anni come Gino, una vacanza è sempre un’avventura. Quella che aspetta Gino, però, è proprio un’avventura speciale, un’avventura grande come… una balena!  Arrivato al mare con il nonno e impaziente di esplorare la spiaggia e di andare a caccia dei tesori che questa nasconde, Gino si imbatte infatti in un cetaceo arenato. Una telefonata ad Angelino ed ecco che l’amico del nonno nonché esperto di questi colossi del mare, arriva con la sua barca per occuparsi della salute della malcapitata. Non una ma ben due sorprese – una meno e una decisamente più entusiasmante – renderanno la giornata di Gino davvero indimenticabile.

Coinvolgente e impegnato, Balenga è un libro in simboli in cui testo e illustrazioni sono accomunate da una certa vivacità. Nonostante il numero circoscritto di personaggi e la relativa brevità del racconto, l’albo presenta una storia non banale e contraddistinta da una serie di piccoli colpi di scena oltre che da un tema serio e importante come quello dell’inquinamento. Alla luce di questo come del fatto che il testo scritto da Maro Lùbic non è brevissimo e alterna frasi brevi ad altre più articolate e complesse, Balenga si presta particolarmente bene a una lettura rivolta a bambini non proprio alle prime armi con i libri, le storie e la narrazione in simboli.

Questi ultimi, scelti all’interno della collezione WLS, vengono impiegati in maniera puntuale, a supporto visivo di un testo in cui gli elementi lessicali sono riquadrati individualmente. Il libro edito da Fabbrica dei Segni segue infatti il modello di simbolizzazione inbook di cui questi aspetti sono caratteristici.

La ricetta della strafelicità

Impacciato e pasticcione, Michele non sembra esattamente il tipo da brillare in cucina. Torte e arrosti richiedono, in effetti, precisione e accuratezza. Ma si può dire lo stesso della felicità? Per cucinar quest’ultima servono più che altro ingredienti speciali, ingredienti che profumano di emozioni e ricordi, di sogni e giornate indimenticabili: parola di nonna Isa, che della strafelicità possiede la ricetta esclusiva e segretissima. Con lei Michele trascorre le giornate più felici e per questo, quando la nonna viene a mancare, lo smarrimento del ragazzo è massimo. Si sente sperduto e assediato, Michele, di fronte a quella perdita inattesa. E in quel momento così delicato, in cui presenza e assenza fanno un passaggio di testimone e in cui Michele da ragazzo si ritrova uomo, sarà proprio la ricetta esclusiva e segretissima della nonna a venirgli in aiuto.

Delicatissimo e impastato di metafore saporite, La ricetta della strafelicità mette insieme un testo e delle illustrazioni accomunati da una leggerezza impalpabile. La densità delle emozioni trattate trova infatti uno slancio inatteso nelle parole accorte e sensibili di Matteo Razzini e nelle illustrazioni sottili di Alessandro Ferraro. Tratteggiate, sospese e animate da uno spirito surreale che centra a pieno il tono del testo, queste ultime moltiplicano i significati e fanno del libro edito da Corsiero un albo che non pretende scioccamente di recintare temi complessi come quelli della morte, dei ricordi e dei sentimenti ma sceglie invece con intelligenza di dare loro respiro e multisfaccettatura.

Edito in forma tradizionale prima di diventare un inbook, La ricetta della strafelicità sceglie sentieri narrativi poco battuti rinunciando a tutta una serie di caratteristiche che abitualmente contraddistinguono i libri in simboli. La sovrapposizione tra dimensione reale e dimensione fantastica, il forte valore simbolico della storia, il consistente uso di metafore e la presenza di illustrazioni surreali in linea con il tono del racconto rappresentano infatti scelte compositive e stilistiche poco praticate nell’ambito dei volumi in CAA perché implicano maggiori sforzi di astrazione e un tipo di decodifica che van ben oltre la semplice comprensione delle parole.

E questo, se da un lato costituisce una sfida altissima per lettori con difficoltà comunicative che vogliano e possano cimentarsi con una lettura più complessa e insolita, dall’altro lancia un messaggio molto forte rispetto alla possibilità che i libri in simboli possano rappresentare una lettura che non riguarda necessariamente solo chi abitualmente impiega la CAA. L’inbook de La ricetta della strafelicità di dice insomma che i simboli possono raccontare tanti tipi di storie e che le storie in simboli possono incontrare tanti tipi di lettori.

Il bambino che guarda con le mani

Qui ad Area ricordiamo tutti molto bene una bambina di sette anni che uscendo da una delle primissime visite guidate alla mostra Vietato Non Sfogliare aveva commentato: “Oggi ho scoperto che i bambini ciechi possono leggere”. Quella frase ci aveva colpito moltissimo perché rendeva chiaramente conto di quanto la disabilità, nell’immaginario comune soprattutto ma non solo dei più piccoli, continuasse ad essere associata all’impossibilità di fare le cose e di quanto questo potesse essere di ostacolo alla costruzione di una cultura dell’inclusione vera.

Quell’episodio ci è tornato in mente leggendo Il bambino che guarda con le mani, racconto illustrato divertente e intelligente che rappresenta una proposta apprezzabilissima nel panorama della letteratura per l’infanzia attenta al tema dell’inclusione. Perché se è vero che non mancano i libri propensi a promuovere l’idea che la disabilità non è necessariamente un ostacolo a una vita attiva, è altrettanto vero che veicolare questa idea con leggerezza e senza farne il motivo della scrittura è tutto un altro paio di maniche. Grandi idealizzazioni e trionfi di buoni sentimenti sono infatti dietro l’angolo, pronti a far da fardello anche alle migliori penne. Nel libro di Tomasz Malkowski, invece, assistiamo a qualcosa di diverso. Alle spiegazioni e agli affondi didascalici, l’autore preferisce, infatti, di gran lunga l’ironia e il potere del racconto.

Il protagonista Kamil, cieco dalla nascita, è al centro di 20 micro-avventure che lo ritraggono a casa, a scuola, in città e in vacanza. Lo troviamo, per esempio, alle prese con gite in tandem e prime prove di guida autonoma di una bicicletta, scherzi in famiglia e incontri allo zoo, situazioni critiche in classe e marachelle in giardino. Si tratta di episodi variegati e gustosi, in cui emergono con grande chiarezza soprattutto tre cose: la prima è lo spirito intraprendente e curioso di Kamil, che è bambino prima ancora che bambino con disabilità; la seconda è la gamma ampissima di atteggiamenti con cui le persone affrontano e si confrontano con la disabilità; e la terza è la concretezza delle soluzioni che rendono la quotidianità di Kamil molto più simile a quella di un bambino vedente rispetto a quel che si potrebbe credere.

Riconoscimento dei propri limiti ed esplorazione di tutte le possibilità che questi non precludono sono dunque il motore di avventure minime, talvolta enfatizzate ma sempre piacevolissime, di cui il tosto Kamil è protagonista. Qui compaiono, tra gli altri, anche la sorella Zuza, la cui attenzione affettuosa nei confronti di Kamil non è di impedimento a scherzi e burle reciproche; la mamma e il papà, che regalano a Kamil una grandissima fiducia e tante soluzioni per rendere la sua vita il più possibile analoga a quella dei coetanei; la zia Helena, che lo tratta invece come un eterno bambino piccolo incapace di qualsivoglia forma di autonomia, e diversi compagni di classe, i cui sentimenti nei confronti del bambino sono multisfaccettati.

Accompagnati dalle illustrazioni ironiche di Joanna Rusinek che sposano a pieno il tono leggero del racconto, Il bambino che guarda con le mani si presta bene tanto a letture autonome quanto a letture condivise. Disponibile non solo in formato cartaceo ma anche in formato mp3 scaricabile dal sito de Il Narratore al costo di 3,90 euro, il libro edito da Mimebù assomma alle qualità di un buon libro che racconta la diversità anche quelle di un buon libro  accessibile.

Il giardino delle parole

Il Giardino delle Parole è un semplice gioco di parole per imparare divertendosi. E’ un’app che favorisce il miglioramento delle capacità di memoria verbale e l’aumento del proprio vocabolario.
Inoltre, attraverso la meccanica del gioco, è possibile utilizzare l’applicazione per aumentare le capacità ortografiche.

Duolingo

Duolingo è un’app gratuita per l’apprendimento delle lingue.  Esiste la versione da utilizzare sul Pc. L’ultima versione aggiornata presenta come lingue  Italiano, Cinese Semplificato, Cinese Tradizionale, Francese, Giapponese, Hindi, Inglese, Olandese, Polacco, Portoghese, Rumeno, Russo, Spagnolo, Tedesco, Turco, Ungherese.

Duolingo offre lezioni scritte e di dettato, ma permette poca, o quasi nulla, pratica di conversazione. Ha una serie di livelli di abilità ad albero in cui si avanza come in un videogioco, attraverso cui gli utenti possono progredire, e una sezione vocabolario dove ci si può esercitare con le parole che si imparano durante le lezioni.

L’applicazione si compone di più livelli, dal livello base, superando correttamente gli esercizi, si passa ai livelli successivi, in cui aumenta la difficoltà. Dalle parole si passa alla composizione di frasi. Può essere adatto anche a bambini della scuola elementare poiché presenta le lingue attraverso parole appartenenti a vari ambiti, gli animali, il cibo, ecc..

Oltre al proprio studio personale nell’ultima versione c’è la possibilità di giocare anche in modalità duello contro il computer o contro altri utenti di Duolingo.

GeoGebra

GeoGebra è un’interessante app scolastica (esiste la versione per Pc), si tratta di un’applicazione per lo studio della geometria e dell’algebra. L’applicazione permette di disegnare forme geometriche e grafici di funzioni che possono essere modificate in tempo reale.

L’applicazione per quello che riguarda le forme geometriche permette di disegnarne di vario tipo: angoli, poligoni, coniche e altro ancora. I disegni possono essere realizzati graficamente, selezionando punti e rette sul piano e modificandone le dimensioni con il mouse. Ma non è tutto qui, GeoGebra infatti è utile anche per gli studenti più grandi: dando loro la possibilità di inserire equazioni e formule per poi rappresentarle sul piano cartesiano. GeoGebra ha una sintassi semplice, abbastanza simile alla normale notazione matematica.

Online è disponibile una guida completa che permette di utilizzare al meglio tutte le potenzialità dell’applicazione.

MathPad

Con MyScript MathPad, puoi scrivere equazioni o espressioni matematiche sullo schermo e vederle subito convertite in digitale per condividerle con facilità.
L’applicazione permette di scrivere espressioni matematiche complesse a mano, senza vincoli. I risultati possono essere condivisi come immagine o come stringa in formato LaTeX* o MathML* da integrare nei tuoi documenti.

Con MyScript MathPad è esattamente come scrivere sulla carta, ma con i vantaggi del digitale (come cancellazioni e risultati in tempo reale).

I maggiori vantaggi e le caratteristiche salienti dell’app sono:

– La possibilità di esportare le equazioni in formato LaTeX* e MathML* o come immagine.
– Scrivere espressioni matematiche in modo intuitivo e naturale, senza l’uso della tastiera.
– Riconosce 200 caratteri e operatori.
– Gesti di cancellazione per eliminare facilmente simboli e numeri.
– Orientamento orizzontale e verticale.
– Funzioni di annullamento e ripetizione.

Signor Orso ha fame

A un grande letargo segue necessariamente un grande appetito, e infatti, risvegliatosi da un lungo sonno, il signor Orso si ritrova con lo stomaco piuttosto brontolante. Inesperto e un po’ tontolone, tuttavia, Orso non riesce a trovare la colazione adatta a lui e anche l’aiuto del suo amico riccio Filippo sembra portare a ben pochi risultati. Fiori, bambù, carote e cortecce lasciano a desiderare ma talvolta (Newton insegna!), quando si è perseveranti, le soluzioni possono cascare dal cielo!

Con la consueta dose di genuinità e candore, i personaggi creati da Alice Campanini si trovano coinvolti in piccole avventure che mettono alla prova la loro inventiva e i loro rapporti di amicizia. Il riccio Filippo, già presente in Un riccio per amico e di Bosco dove sei?, in questo è maestro: la sua generosità e il suo prendersi cura degli altri sono, infatti, il motore di tutti i racconti che lo vedono protagonista.

Semplice e iterato nella struttura narrativa, Il signor Orso ha fame presenta un testo non troppo asciutto ma nemmeno troppo complesso: un giusto equilibrio per lettori che non manifestino grandi difficoltà a seguire storie di una certa lunghezza e a comprendere frasi in cui non mancano espressioni metaforiche e costruzioni con una o più coordinate e/o subordinate.

I simboli impiegati, come da modello in-book, sono i WLS, il che garantisce una certa flessibilità e ricchezza espressiva. Riquadrati e dedicati a singoli elementi lessicali, i simboli sono fisicamente inseriti sulle stesse pagine in cui compaiono le illustrazioni, continuando però a risultare molto leggibili. La composizione grafica appare infatti equilibrata e non confusiva.

Sei uno spettacolo nonno

A Marco piace stare con il nonno ma il fatto che debba trascorrere con lui tutti i pomeriggi non gli va esattamente a genio. Sono i suoi genitori, piuttosto assenti per motivi di lavoro, a obbligarlo perché così né lui né il nonno restano soli in loro assenza.

Il nonno, però, conosce bene suo nipote e non gli sfugge il malessere che lo anima. Così, trovato un momento tranquillo, Marco gli confida il suo disagio e il desiderio di dedicarsi anche ad altre attività, come l’agognato corso di teatro. Come fare a conciliare le aspirazioni da attore con le imposizioni genitoriali? Ci pensa il nonno a trovare una soluzione tanto bislacca quanto funzionale.

Sei uno spettacolo nonno presenta una storia piuttosto piana, priva di grandi avvenimenti, e concentrata perlopiù sui sentimenti e le relazioni e sulla loro multisfaccettatura. Al centro, l’autrice pone infatti i dialoghi tra nonno e nipote che condividono sogni, emozioni e progetti.

Contraddistinto da un testo non proprio minimo, essenziale e lineare così come da un’impaginazione piuttosto fitta, il libro edito da Storie Cucite si presta a una lettura godibile da parte di bambini non proprio alle prime armi e che presentino una certa dimestichezza con i simboli. Questi ultimi, scelti all’interno nella collezione WLS, sono proposti e combinati secondo le norme del modello in-book, quindi con testo minuscolo e interno al riquadro, elementi simbolizzati individualmente, presenza di qualificatori di numero e genere.

Le illustrazioni, dal canto loro, presentano uno stile pulito e delicato, che ben si sposa alla tematica e al tono del testo.

Sento

La splendida collana A bocca aperta di Camelozampa, specificamente progettata per accogliere proposte di qualità destinate ai piccolissimi, si arricchisce di quattro nuovi volumi a firma di Helen Oxenbury. Come suggerito dagli stessi titoli – Vedo, Sento, Tocco, Posso – questa serie pone al centro dell’attenzione la scoperta del mondo da parte dei bambini in età da asilo nido: una scoperta essenzialmente multisensoriale, dinamica e tutta basata sull’esperienza diretta.

Sento dà spazio a rumori quotidiani di vario tipo e intensità: dal ticchettio dell’orologio all’abbaiare del cane, dal canto di un uccello agli strilli di una bimba. Più che in altri volumi qui giocano un ruolo interessante le espressioni del viso del protagonista che tanto dicono (con pochissimi tratti) del grado di piacevolezza dei diversi suoni e che tanto favoriscono l’identificazione da parte del lettore. Precisissima è, poi, l’autrice nello scegliere per il protagonista posizioni e abiti diversi – in pantofole, per esempio, a fianco al cane, a piedi nudi vicino alla sorella e con le scarpe in mezzo al prato – a seconda della situazione. Questi aspetti minimi e apparentemente insignificanti sono infatti quelli che rendono la scena davvero familiare, riconoscibile e vera per chi, a uno o due anni di età, guarda con grande attenzione il mondo che si trova a portata di mano.

Vedo mette insieme oggetti, animali e persone che il protagonista e il lettore possono osservare in contesti, momenti della giornata, posizioni diversi. Se per guardare una farfalla bisogna necessariamente starle appresso e dunque muoversi, un fiore può essere guardato a lungo e stando fermi, magari comodamente sdraiati in posizione prona. Mentre un amico resta facilmente a portata di sguardo, un aereo chiede di fissare l’occhio in lontananza per poi sparire in poco tempo. Con una scelta accorta dei soggetti, l’autrice offre dunque una carrellata non solo di cose ma anche di situazioni di osservazione molto diverse tra loro e come tali ancora più capaci di solleticare il lettore.

Tocco celebra uno dei sensi – il tatto – più importanti per la crescita e la scoperta da parte dei bambini più piccoli. Scegliendo oggetti diversissimi tra loro per consistenza ed uso, come una palla, la barba di una persona cara, un gatto o l’acqua della doccia, l’autrice illustra bene quante declinazioni il verbo toccare possa avere. Si può toccare, infatti, accarezzando, tastando, sollevando, stringendo o raccogliendo e ciascuna di queste esperienze arricchisce la conoscenza del mondo del lettore e diventa, per lui, possibilità di relazione insostituibile.

Posso passa in rassegna, in una serrata successione, alcuni dei principali o dei più frequenti movimenti con cui un bambino tra uno e due anni si confronta. Movimenti volontari e involontari, movimenti più o meno dinamici, complessi e articolati, movimenti piacevoli o spiacevoli, faticosi o rilassanti: anche qui la varietà si fa elemento chiave. Esclusivo soggetto, il bambino protagonista del volume viene rappresentato mentre compie le differenti azioni (una per pagina), senza specifici elementi di contesto. In questo modo tutta l’attenzione viene riversata sulla posizione del corpo, sull’espressione del viso, sull’abbigliamento (spesso significativo come nel caso di “scivolo”), favorendo l’immedesimazione e, con buona probabilità, la replica simultanea di ogni movenza.

Proprio come gli altri quattro titoli firmati da Helen Oxenbury e inseriti all’interno della collana A bocca aperta di Camelozampa, Vedo, Posso, Sento e Tocco vantano un formato molto maneggevole (quadrato, 14×14 cm), un’attenzione specifica agli interessi e alle conoscenze reali dei possibili destinatari, una rappresentazione dei soggetti dapprima isolati e poi inseriti nel contesto di riferimento (fatta eccezione per Posso) e uno stile essenziale, privo di elementi inutili e capace di dare rilievo a movimenti ed emozioni del protagonista.

A differenza di Amici, Al lavoro, Mi diverto e Mi vesto, tuttavia, questi cartonati più recenti non si presentano del tutto privi di parole ma assumono piuttosto la forma di imagier: ogni doppia pagina descrive infatti l’oggetto o l’azione a cui è dedicata non solo attraverso l’illustrazione ma anche attraverso la parola: una sola e soltanto, chiara, diretta e quotidiana. I libri diventano così un modo per conoscere, riconoscere e nominare insieme il mondo, con una formula compositiva e un’efficacia comunicativa per nulla distanti da quella dei simboli utilizzati nella CAA.

Per questa ragione, oltre che per la straordinaria capacità della Oxenbury di cogliere gli aspetti davvero significativi di ogni oggetto senza lasciarsi tentare da dettagli non pregnanti e utili dalla decodifica dell’immagine, Vedo, Tocco, Posso e Sento costituiscono una risorsa godibilissima e utilissima anche laddove siano presenti delle difficoltà cognitive o comunicative. I quattro libri costituiscono in questo senso un esempio impeccabile di come la cura compositiva ed estetica e la capacità di guardare attentamente all’infanzia predispongano un terreno molto fertile per far sì che la condivisione di un libro possa risultare piacevole e densa a raggio davvero ampio.

Tocco

La splendida collana A bocca aperta di Camelozampa, specificamente progettata per accogliere proposte di qualità destinate ai piccolissimi, si arricchisce di quattro nuovi volumi a firma di Helen Oxenbury. Come suggerito dagli stessi titoli – Vedo, Sento, Tocco, Posso – questa serie pone al centro dell’attenzione la scoperta del mondo da parte dei bambini in età da asilo nido: una scoperta essenzialmente multisensoriale, dinamica e tutta basata sull’esperienza diretta.

Tocco celebra uno dei sensi – il tatto – più importanti per la crescita e la scoperta da parte dei bambini più piccoli. Scegliendo oggetti diversissimi tra loro per consistenza ed uso, come una palla, la barba di una persona cara, un gatto o l’acqua della doccia, l’autrice illustra bene quante declinazioni il verbo toccare possa avere. Si può toccare, infatti, accarezzando, tastando, sollevando, stringendo o raccogliendo e ciascuna di queste esperienze arricchisce la conoscenza del mondo del lettore e diventa, per lui, possibilità di relazione insostituibile.

Sento pone al centro della scena rumori quotidiani di vario tipo e intensità: dal ticchettio dell’orologio all’abbaiare del cane, dal canto di un uccello agli strilli di una bimba. Più che in altri volumi qui giocano un ruolo interessante le espressioni del viso del protagonista che tanto dicono (con pochissimi tratti) del grado di piacevolezza dei diversi suoni e che tanto favoriscono l’identificazione da parte del lettore. Precisissima è, poi, l’autrice nello scegliere per il protagonista posizioni e abiti diversi – in pantofole, per esempio, a fianco al cane, a piedi nudi vicino alla sorella e con le scarpe in mezzo al prato – a seconda della situazione. Questi aspetti minimi e apparentemente insignificanti sono infatti quelli che rendono la scena davvero familiare, riconoscibile e vera per chi, a uno o due anni di età, guarda con grande attenzione il mondo che si trova a portata di mano.

Vedo mette insieme oggetti, animali e persone che il protagonista e il lettore possono osservare in contesti, momenti della giornata, posizioni diversi. Se per guardare una farfalla bisogna necessariamente starle appresso e dunque muoversi, un fiore può essere guardato a lungo e stando fermi, magari comodamente sdraiati in posizione prona. Mentre un amico resta facilmente a portata di sguardo, un aereo chiede di fissare l’occhio in lontananza per poi sparire in poco tempo. Con una scelta accorta dei soggetti, l’autrice offre dunque una carrellata non solo di cose ma anche di situazioni di osservazione molto diverse tra loro e come tali ancora più capaci di solleticare il lettore.

Posso passa in rassegna, in una serrata successione, alcuni dei principali o dei più frequenti movimenti con cui un bambino tra uno e due anni si confronta. Movimenti volontari e involontari, movimenti più o meno dinamici, complessi e articolati, movimenti piacevoli o spiacevoli, faticosi o rilassanti: anche qui la varietà si fa elemento chiave. Esclusivo soggetto, il bambino protagonista del volume viene rappresentato mentre compie le differenti azioni (una per pagina), senza specifici elementi di contesto. In questo modo tutta l’attenzione viene riversata sulla posizione del corpo, sull’espressione del viso, sull’abbigliamento (spesso significativo come nel caso di “scivolo”), favorendo l’immedesimazione e, con buona probabilità, la replica simultanea di ogni movenza.

A differenza di Amici, Al lavoro, Mi diverto e Mi vesto, tuttavia, questi cartonati più recenti non si presentano del tutto privi di parole ma assumono piuttosto la forma di imagier: ogni doppia pagina descrive infatti l’oggetto o l’azione a cui è dedicata non solo attraverso l’illustrazione ma anche attraverso la parola: una sola e soltanto, chiara, diretta e quotidiana. I libri diventano così un modo per conoscere, riconoscere e nominare insieme il mondo, con una formula compositiva e un’efficacia comunicativa per nulla distanti da quella dei simboli utilizzati nella CAA.

Per questa ragione, oltre che per la straordinaria capacità della Oxenbury di cogliere gli aspetti davvero significativi di ogni oggetto senza lasciarsi tentare da dettagli non pregnanti e utili dalla decodifica dell’immagine, Vedo, Tocco, Posso e Sento costituiscono una risorsa godibilissima e utilissima anche laddove siano presenti delle difficoltà cognitive o comunicative. I quattro libri costituiscono in questo senso un esempio impeccabile di come la cura compositiva ed estetica e la capacità di guardare attentamente all’infanzia predispongano un terreno molto fertile per far sì che la condivisione di un libro possa risultare piacevole e densa a raggio davvero ampio.

Posso

La splendida collana A bocca aperta di Camelozampa, specificamente progettata per accogliere proposte di qualità destinate ai piccolissimi, si arricchisce di quattro nuovi volumi a firma di Helen Oxenbury. Come suggerito dagli stessi titoli – Vedo, Sento, Tocco, Posso – questa serie pone al centro dell’attenzione la scoperta del mondo da parte dei bambini in età da asilo nido: una scoperta essenzialmente multisensoriale, dinamica e tutta basata sull’esperienza diretta.

Posso passa in rassegna, in una serrata successione, alcuni dei principali o dei più frequenti movimenti con cui un bambino tra uno e due anni si confronta. Movimenti volontari e involontari, movimenti più o meno dinamici, complessi e articolati, movimenti piacevoli o spiacevoli, faticosi o rilassanti: la varietà si fa dunque elemento chiave. Esclusivo soggetto, il bambino protagonista del volume viene rappresentato mentre compie le differenti azioni (una per pagina), senza specifici elementi di contesto. In questo modo tutta l’attenzione viene riversata sulla posizione del corpo, sull’espressione del viso, sull’abbigliamento (spesso significativo come nel caso di “scivolo”), favorendo l’immedesimazione e, con buona probabilità, la replica simultanea di ogni movenza.

Vedo mette insieme oggetti, animali e persone che il protagonista e il lettore possono osservare in contesti, momenti della giornata, posizioni diversi. Se per guardare una farfalla bisogna necessariamente starle appresso e dunque muoversi, un fiore può essere guardato a lungo e stando fermi, magari comodamente sdraiati in posizione prona. Mentre un amico resta facilmente a portata di sguardo, un aereo chiede di fissare l’occhio in lontananza per poi sparire in poco tempo. Con una scelta accorta dei soggetti, l’autrice offre dunque una carrellata non solo di cose ma anche di situazioni di osservazione molto diverse tra loro e come tali ancora più capaci di solleticare il lettore.

Tocco celebra uno dei sensi – il tatto – più importanti per la crescita e la scoperta da parte dei bambini più piccoli. Scegliendo oggetti diversissimi tra loro per consistenza ed uso, come una palla, la barba di una persona cara, un gatto o l’acqua della doccia, l’autrice illustra bene quante declinazioni il verbo toccare possa avere. Si può toccare, infatti, accarezzando, tastando, sollevando, stringendo o raccogliendo e ciascuna di queste esperienze arricchisce la conoscenza del mondo del lettore e diventa, per lui, possibilità di relazione insostituibile.

Sento pone al centro della scena rumori quotidiani di vario tipo e intensità: dal ticchettio dell’orologio all’abbaiare del cane, dal canto di un uccello agli strilli di una bimba. Più che in altri volumi qui giocano un ruolo interessante le espressioni del viso del protagonista che tanto dicono (con pochissimi tratti) del grado di piacevolezza dei diversi suoni e che tanto favoriscono l’identificazione da parte del lettore. Precisissima è, poi, l’autrice nello scegliere per il protagonista posizioni e abiti diversi – in pantofole, per esempio, a fianco al cane, a piedi nudi vicino alla sorella e con le scarpe in mezzo al prato – a seconda della situazione. Questi aspetti minimi e apparentemente insignificanti sono infatti quelli che rendono la scena davvero familiare, riconoscibile e vera per chi, a uno o due anni di età, guarda con grande attenzione il mondo che si trova a portata di mano.

Proprio come gli altri quattro titoli firmati da Helen Oxenbury e inseriti all’interno della collana A bocca aperta di Camelozampa, Vedo, Posso, Sento e Tocco vantano un formato molto maneggevole (quadrato, 14×14 cm), un’attenzione specifica agli interessi e alle conoscenze reali dei possibili destinatari, una rappresentazione dei soggetti dapprima isolati e poi inseriti nel contesto di riferimento (fatta eccezione per Posso) e uno stile essenziale, privo di elementi inutili e capace di dare rilievo a movimenti ed emozioni del protagonista.

A differenza di Amici, Al lavoro, Mi diverto e Mi vesto, tuttavia, questi cartonati più recenti non si presentano del tutto privi di parole ma assumono piuttosto la forma di imagier: ogni doppia pagina descrive infatti l’oggetto o l’azione a cui è dedicata non solo attraverso l’illustrazione ma anche attraverso la parola: una sola e soltanto, chiara, diretta e quotidiana. I libri diventano così un modo per conoscere, riconoscere e nominare insieme il mondo, con una formula compositiva e un’efficacia comunicativa per nulla distanti da quella dei simboli utilizzati nella CAA.

Per questa ragione, oltre che per la straordinaria capacità della Oxenbury di cogliere gli aspetti davvero significativi di ogni oggetto senza lasciarsi tentare da dettagli non pregnanti e utili dalla decodifica dell’immagine, Vedo, Tocco, Posso e Sento costituiscono una risorsa godibilissima e utilissima anche laddove siano presenti delle difficoltà cognitive o comunicative. I quattro libri costituiscono in questo senso un esempio impeccabile di come la cura compositiva ed estetica e la capacità di guardare attentamente all’infanzia predispongano un terreno molto fertile per far sì che la condivisione di un libro possa risultare piacevole e densa a raggio davvero ampio.

Scuficchiando

Quale bambino può dirsi immune al fascino irresistibile di borse e borsette dal contenuto imperscrutabile? Probabilmente nessuno! Se c’è una cosa che attira magneticamente la curiosità dei più piccoli sono proprio quegli accessori in cui gli adulti custodiscono cose attraenti, spesso preziose e proibite, di certo misteriose. Ecco allora che un libro tattile come Scuficchiando, che dello zaino ha proprio la forma e che  di borse e affini fa oggetto di narrazione, parte già in pole position per stuzzicare dita e occhi desiderosi di esplorare.

Il libro di Marilena Del Monte e Moira Diletta si presenta al lettore che una veste decisamente originale e ben poco somigliante a quella di un libro tradizionale. Dotato di una maniglia e di una chiusura in metallo come un vero e proprio zainetto di grosse dimensioni e dai colori fluo, il volume di impone all’attenzione del lettore scatenando un immediato desiderio di saperne di più. Quello è davvero un libro? Come mai è così grande? E cosa può nascondervisi dentro?

Il mistero è presto svelato! Aprendo lo zaino, ci si trova davanti 6 doppie pagine in stoffa, ciascuna contraddistinta da un testo a grandi caratteri in nero e in Braille sulla sinistra e da una diversa borsa sulla destra). Le borse sono capienti, variegate, vistose: un invito a nozze, praticamente, per chi non resista alla tentazione di rovistare e trovare piccoli grandi tesori. Il libro procede dunque come una carrellata di accessori di possesso dei vari familiari del bambino narrante. In ciascuno, questi è solito frugare con un preciso obiettivo: trovare qualcosa di ghiotto nella borsa della nonna, le cuffiette per la musica in quella del papà, l’oggetto di qualche dispetto in quello della sorella e via dicendo…

Nel descrivere in rima ciò che contraddistingue ogni borsa, il testo offre indizi eloquenti (ma mai del tutto svelanti) di ciò che il lettore potrà trovarvi dentro. La sua esplorazione sarà così, dunque, guidata ma non monotona: un incentivo non da poco in una pratica tutt’altro che semplice come quella della decodifica tattile. A questo scopo concorre inoltre la scelta di inserire all’interno delle borse degli oggetti reali che il bambino possa riconoscere come familiari e decifrare in maniera meno ostica.

Intrigante, appariscente e stuzzicante, Scuficchiando non passa senza dubbio inosservato e fa della lettura tattile un gioco tutt’altro che noioso. Un gioco, peraltro, che si presta a essere condiviso anche all’interno di un gruppo di pari dal momento che la dimensione del libro e la struttura delle immagini consente agevolmente un’esplorazione a più dita.

Stella procione

Scoprire una nuova specie animale è un’autentica avventura per uno scienziato. Ma anche scegliere il nome per la nuova specie scoperta può non essere da meno, parola di dottor Storr.

Quando quest’ultimo – tipo eccentrico e curioso – si trova faccia a faccia con un animale che assomiglia moltissimo a un cane ma che a tutti gli effetti è una creatura a sé, inizia infatti un appassionante lavoro di osservazione e nominazione, non del tutto privo di imprevisti. Le bestiole con cui si trova ad avere a che fare sono di fatto procioni intraprendenti e vivaci. Mica facile starci dietro! Un aiuto imprevisto al dottor Storr arriverà però dal cielo che con le sue costellazioni e le storie che queste custodiscono si rivelerà fonte di ispirazione inesauribile e preziosa.

La storia che lega la specie dei procioni all’astronomia è ispirata a una storia vera ed è proposta da Sinnos in un volume smilzo e piacevole della collana Leggimi, curato da Letizia Iannaccone e Alessandro Parodi. Oltre a raccontare una storia curiosa, Stella procione vanta caratteristiche di alta leggibilità che concernono font, spaziatura e allineamento e che rendono la lettura particolarmente agevole anche in caso di dislessia.

L’aquilone di Noah

Imperturbabile, chiuso nel suo silenzio e all’apparenza interessato, visceralmente interessato, solo a far volare il suo aquilone, Noah non ha vita facile. Non ce l’ha perché il periodo storico in cui vive – siamo a Cracovia nel bel mezzo della seconda guerra mondiale – non ammette tenerezza nei confronti di chi come lui è ebreo e ignora le tante norme via via più restrittive imposte dal nazismo. Ma non ce l’ha anche perché la famiglia che gli capita in sorte è tutto fuorché accogliente e capace di far spazio a un bambino atipico come lui.

Con una madre e una sorella del tutto anaffettive e preoccupate solo di sé stesse, un padre pavido e frustrato che dedica ogni sua attenzione agli orologi della sua bottega, Noah può fare affidamento solo su Joel, suo fratello maggiore, che da sempre di lui si prende cura. Per Joel, fare in modo che al piccolo Noah non accada nulla di male e che il suo aquilone possa continuare a volare è una sorta di missione, di compito autoassunto che intende portare a compimento costi quel che costi. Anche quando la vita nel ghetto si fa durissima, quando la famiglia Baumann è costretta a cambiare dimora e a dividere uno striminzito appartamento con degli sconosciuti, quando iniziano i rastrellamenti e quando anche una cosa banale come il volo di un aquilone può diventare motivo per trovare una morte violenta. E così, al fianco di questo scricciolo silenzioso e del gigante buono che lo accompagna, il lettore si inoltra tra le pieghe della storia, attraverso le diverse tappe che hanno dato forma all’orrore dell’Olocausto e da cui gli stessi protagonisti non sono lasciati indenni.

Intorno a loro, lungo un racconto in cui trovano spazi amori e sodalizi fraterni, tradimenti e imprevista compassione, crudeltà e generosità, si muove un’umanità palpabile e variegata che rende le categorie dei buoni e dei cattivi piuttosto labili e sfumate, un catalogo vivo di figure e caratteri animati dai sentimenti più diversi, dai più infimi ai più elevati. Tra queste pagine in cui la storia entra con prepotenza e senza remore, anche nei suoi episodi più duri, il lettore vede sfiorarsi o incrociarsi i percorsi di persone che paiono agli antipodi le une dalle altre, che mettono fortemente in discussione l’idea classica di famiglia, che in un nonnulla arrivano vicinissime alla redenzione come alla disperazione. I loro destini fragili fanno i conti con una pagina di storia vergognosa e immonda che la penna di Salmerón ha il merito di tradurre nella quotidianità di individui veri – adulti, anziani e bambini – rendendola così meno distante e impenetrabile.