Il Piccolo Principe

Non è la prima volta che l’editore Erickson si cimenta nell’adattamento di classici ad uso di giovani lettori, soprattutto con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica testuale. Tra il 2015 e il 2016, in particolare, è nata la collana I classici facili, di cui fanno parte Pinocchio, Il piccolo principe e Il mago di Oz e che mira a favorire la condivisione di storie facenti parte dell’immaginario comune, grazie a una riduzione e a una semplificazione testuale curate da Carlo Scataglini. A partire da quegli stessi testi adattati, in particolare Pinocchio e Il piccolo principe, nascono oggi i primi volumi di una nuova collana intitolata I classici con la CAA che allargano ulteriormente le possibilità di lettura grazie a una traduzione del testo in simboli WLS secondo le linee guida del modello inbook. Il testo di Carlo Scataglini è stato infatti tradotto in simboli con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano.

Raffinati e affascinanti nella loro veste grafica, I classici con la CAA appaiono come volumi dalle grandi dimensioni: caratteristica funzionale non solo alla necessità di contenere testi e relative simbolizzazioni piuttosto lunghi ma anche alla scelta di dare spazio a illustrazioni di grande respiro, curate nel caso di Pinocchio da Giuseppe Braghiroli e nel caso de Il Piccolo Principe da Silvia Bonanni. Ne risultano libri davvero belli da guardare e comodi da utilizzare in occasione di letture condivise, oltre che contraddistinti da un testo fruibile ma non banalizzato. Capace di dare spazio a tutti gli episodi chiave dei racconti di Collodi e Saint-Exupery, questo è perlopiù frutto di un lavoro di revisione delle espressioni meno comuni, delle frasi più articolate, delle forme verbali passive o dei sottintesi. Il racconto che viene proposto al lettore mantiene quindi una certa lunghezza e complessità che richiedono un’attenzione e una dimestichezza con i simboli non elementare: una proposta interessante, insomma, per lettori non proprio alle prime armi ma con bisogni educativi speciali nei confronti dei quali spesso le proposte editoriali sono molto scarse. Da segnalare, inoltre, che i volumi della collana sono corredati da audiolibro in formato mp3, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore.

Pinocchio (I classici con la CAA)

Non è la prima volta che l’editore Erickson si cimenta nell’adattamento di classici ad uso di piccoli lettori, soprattutto con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica testuale. Tra il 2015 e il 2016, in particolare, è nata la collana I classici facili, di cui fanno parte Pinocchio, Il piccolo principe e Il mago di Oz e che mira a favorire la condivisione di storie facenti parte dell’immaginario comune, grazie a una riduzione e a una semplificazione testuale curate da Carlo Scataglini. A partire da quegli stessi testi adattati, in particolare Pinocchio e Il piccolo principe, nascono oggi i primi volumi di una nuova collana intitolata I classici con la CAA che allargano ulteriormente le possibilità di lettura grazie a una traduzione del testo in simboli WLS secondo le linee guida del modello inbook. Il testo di Carlo Scataglini è stato infatti tradotto in simboli con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano.

Raffinati e affascinanti nella loro veste grafica, I classici con la CAA appaiono come volumi dalle grandi dimensioni: caratteristica funzionale non solo alla necessità di contenere testi e relative simbolizzazioni piuttosto lunghi ma anche alla scelta di dare spazio a illustrazioni di grande respiro, curate nel caso di Pinocchio da Giuseppe Braghiroli e nel caso de Il Piccolo Principe da Silvia Bonanni. Ne risultano libri davvero belli da guardare e comodi da utilizzare in occasione di letture condivise, oltre che contraddistinti da un testo fruibile ma non banalizzato. Capace di dare spazio a tutti gli episodi chiave dei racconti di Collodi e Saint-Exupery, questo è perlopiù frutto di un lavoro di revisione delle espressioni meno comuni, delle frasi più articolate, delle forme verbali passive o dei sottintesi. Il racconto che viene proposto al lettore mantiene quindi una certa lunghezza e complessità che richiedono un’attenzione e una dimestichezza con i simboli non elementare: una proposta interessante, insomma, per lettori non proprio alle prime armi ma con bisogni educativi speciali nei confronti dei quali spesso le proposte editoriali sono molto scarse. Da segnalare, inoltre, che i volumi della collana sono corredati da audiolibro in formato mp3, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore.

Lindo Porcello

Creato dal pennello sottile di Eric Battut, interprete straordinario dello spirito infantile, Lindo Porcello è un personaggio che da anni fa innamorare occhi e orecchie in formato mignon. La sua avventura è corta ma intensa, perfettamente condensata in una serie di onomatopee, come si addice a un pubblico di piccolissimi. Il suo divorare una fettona di torta, dar vita a un bel disegno colorato, lanciarsi nel fango con la bicicletta, costruire un castello di sabbia, e infine darsi una bella ripulita è tutto marcato da un ragionato susseguirsi di gnam gnam, splish splash, et voilà e shshshshssss che rendono la lettura estremamente coinvolgente e invitano al contributo attivo da parte del piccolo lettore.

Non meriterebbe forse ogni bambino di godere di questo piccolo piacere? Assolutamente sì! Ecco perché la pubblicazione di Lindo Porcello all’interno della collana I libri di Camilla è davvero un’ottima notizia. Da ora infatti anche i bambini con disturbi della comunicazione potranno seguire a pieno le intense attività del maialino sorridente, grazie alla simbolizzazione del testo curata da Enza Crivelli in collaborazione con Auxilia. Come gli altri titoli di questa collana, Lindo Porcello risulta in tutto e per tutto – impostazione grafica, testo e immagini – rispettoso nei confronti del volume originale, e inserisce semplicemente i simboli WLS al di sotto del testo, in appositi riquadri. .

Il libro di Eric Battut, dal canto suo, sembrerebbe prestarsi naturalmente a una versione in CAA, per via della struttura narrativa asciutta e chiara, con un solo personaggio che compie una serie di azioni riconoscibili e familiari; per via delle frasi brevissime, disposte una per pagina e contraddistinte dalla costante ed esplicita ripresa del soggetto; per via della netta distinzione tra testo (a sinistra) e immagine (a destra); e infine per via della semplicità e della ripresa rigorosa (nella forma e nella posizione) del protagonista, così come rappresentato senza dettagli superflui su di un brillante sfondo rosso.

Il piccolo coniglio bianco

Andare a raccogliere i cavoli per fare la zuppa, tornare a casa e trovare una capra capraccia che se ne è deliberatamente impossessata. Ohibò, questo sì che è un brutto fatto! Ecco allora che il piccolo coniglio bianco, a cui questa disavventura è effettivamente capitata, si ritrova a vagare per la campagna alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo. E se non può contare sul bue, sul cane e sul gallo, perché troppo fifoni, il protagonista troverà per fortuna un insospettabile alleato nella formichina: non c’è trippa che tenga, i suoi pizzichini fanno scappare persino le capre capracce!

Divertente e capace di capovolgere le attese, Il piccolo coniglio bianco ha dalla sua ha dei personaggi buffissimi, una narrazione che fa un uso spassoso dell’iterazione e un linguaggio teneramente colloquiale che lo rendono efficacissimo per una lettura ad alta voce. Questi aspetti, insieme alla grafica piuttosto ordinata, hanno senz’altro giocato la loro parte nella scelta del volume, tra quelli editi da Kalandraka, per la traduzione in simboli da inserire all’interno della collana I libri di Camilla.

Dalla primavera 2017, infatti, l’albo di  Xosé Ballesteros e Óscar Villán figura tra i titoli che, grazie alla simbolizzazione basata sulla collezione WLS (Widgit Literacy Symbols), risultano fruibili anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione o con difficoltà di lettura. Non solo: il curriculum, in termini di accessibilità, de Il piccolo coniglio bianco è arricchito da una precedente traduzione in simboli in terra spagnola che ne garantisce la funzionalità e il potenziale successo.

Zio lupo e la furbissima Giricoccola

Quella di Zio lupo e la furbissima Giricoccola è una fiaba dall’andamento tradizionalissimo in cui due figli, esortati dal padre in fin di vita, tentano di vincere una scommessa con Zio lupo ma falliscono miseramente, al contrario della terza figliola – la furbissima Giricoccola, appunto – che sconfigge il nemico con un bel po’ di ingegno. La scommessa in questione intende premiare chi resista di più senza arrabbiarsi e mentre i due fratelli più grandi si infuriano non appena Zio lupo contesta il loro modo di cucinare e pulire la casa, la fanciulla suscita le ire di quest’ultimo cucinandogli delle frittelle di sasso così dure da spaccare i denti. Con questo trucchetto diabolico vince quindi la scommessa, incassa il denaro e festeggia con delle deliziose frittelle (vere questa volta!), insieme ai suoi fratelli, per sempre felici e contenti.

Elaborata a partire dagli spunti offerti dal patrimonio fiabistico popolare (una Giricoccola, per esempio, trova spazio anche nella raccolta di Calvino e anche qui, pur compiendo un’impresa diversa, si distingue per la sua astuzia), Zio lupo e la furbissima Giricoccola nasce in questa particolare veste grazie alla collaborazione tra la casa editrice Homeless book (molto attiva sul fronte della produzione inclusiva, come dimostrano le pubblicazione di Pinocchio in CAA e de I tre porcellini in CAA), il centro di documentazione sulla Comunicazione Aumentativa e Alternativa Reciprocamente e una classe dell’Istituto di Grafica e Comunicazione Moriga-Perdisa di Ravenna. Il volume si contraddistingue infatti per una narrazione in simboli che consente la fruizione anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione. Il sistema simbolico prescelto e impiegato è, nello specifico, quello dei Widgit Literacy Symbols (WLS), più indicato di altri per rendere al meglio la ricchezza e la complessità non elementare del testo in questione. Le frasi, sia brevi che lunghe, che lo compongono non prescindono, infatti, per esempio, dal ricorso a coordinate e subordinate, pronomi e  termini fuori dall’uso più comune. La cura profusa in questo senso è rimarcabile, così come è significativo e interessante che a diffondere la conoscenza e l’utilizzo della CAA siano coinvolti anche ragazzi giovanissimi, impegnati nella produzione di un supporto piacevole, utile e coinvolgente.

Ecco perché, se anche al primo impatto Zio lupo e la furbissima Giricoccola forse non entusiasma per via del suo aspetto un po’ casalingo e delle sue illustrazioni poco attraenti, vale ugualmente la pena di scoprirlo a fondo per cogliere il valore del progetto che lo anima e promuoverlo come un esempio di sinergia fruttuosa e positiva per l’intera comunità di lettori.

Che buono!

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, i libri tattili e i libri senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Che buono! in particolare, il lettore trova un biscotto da intingere in una tazza, un piatto di spaghetti da arrotolare con la forchetta, una pera da estrarre dal cestino e una gustosa caprese. I segni della LIS riprodotti sono quello corrispondente al titolo e alle parole formaggio, pera, biscotto e pasta.

Ciao ciao

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, tattili e senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con DSA e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Ciao ciao in particolare, il lettore trova rappresentati sulle pagine quattro mezzi di trasporto – la nave, l’aereo, il treno e l’automobile – riprodotti sulle tesserine in LIS insieme ai verbi che più li caratterizzano (rispettivamente andare, passare, volare, correre). Essendo le illustrazioni interamente in stoffa il riconoscimento degli oggetti al tatto è affidato alla loro sola forma e supportato da ingegnosi sistemi di spostamento sulla pagina.

Il mago di Oz

Più di mezzo secolo fa una talentuosissima illustratrice svizzera ideò una versione di Cappuccetto Rosso interamente illustrata con una grafica simbolica fatta di cerchi di diversa misura e colore. Diversi anni più tardi l’editore francese Les Doigts Qui Revent traspose tattilmente quella versione e il risultato fu un’opera pazzesca. Nell’ambito dell’illustrazione per le dita, più che in qualunque altro forse, la simbolizzazione e la semplificazione giocano in netto favore del lettore e del suo reale piacere di lettura. Ecco perché Il mago di Oz dell’Albero della Speranza, caratterizzato da questo stesso tipo di scelta stilistica, costituisce davvero un prodotto molto interessante.

Tutti i personaggi qui – da Dorothy al leone, dall’omino di latta allo spaventapasseri – sono rappresentati da ritagli geometrici di diversi materiali come gomma crepla, pannolenci, juta e fogli di metallo. Grazie a una legenda posta all’inizio del volume, il lettore ha agevolmente modo di riconoscerli senza che la forma delle sagome debba aggiungere alcun indizio. Il potere comunicativo delle immagini si fa così immediato e chiaro, compensando una riduzione testuale meno curata e avvicinando la fruizione tattile a quella visiva. Qualunque sia il senso che il lettore impiega per condurre la lettura, il libro curato da Anna De Stefano costituisce un invito a far volare l’immaginazione lungo le strade che conducono al Regno di Oz, generando possibilità di incontro e confronto molto significative e particolarmente spendibili in ambito scolastico.

Andiamo!

Premiato nel 2013 come miglior libro d’artista in occasione del concorso nazionale di editoria tattile “Tocca a te”, Andiamo! è un libro in stoffa, con testo in nero e in Braille, che fa del risveglio mattutino una scoperta sorprendente. Le semplici e comuni operazioni che si susseguono – dallo scendere dal letto al lavarsi bene, dal fare colazione all’andare a scuola – sono rese curiose e intriganti dal fatto che le relative illustrazioni richiedono necessariamente un’esplorazione tattile e quindi un coinvolgimento attivo del lettore.

Il letto in miniatura, lo spazzolino da denti e il tappetino da bagno, il cucchiaio sulla tovaglia e il quaderno degli appunti sono infatti inseriti all’interno di taschine di stoffa in cui introdurre la mano e tastare con cura. L’esperienza che ne deriva ha il potere di mettere sullo stesso piano lettori con abilità diverse, con e senza disturbi visivi in particolare, stimolando un approccio (quello tattile) alla realtà cui progressivamente tendiamo a rinunciare in un mondo dominato dal senso della vista. Concorre a questo risultato anche il gioco accurato tra dentro e fuori che caratterizza ogni pagina: ogni taschina presenta infatti un dettaglio da toccare – che sia il bordo della coperta, la tenda della doccia, o la cinghia dello zainetto – che offre qualche indizio su cosa possa trovarsi all’interno e raddoppia al contempo il piacere della scoperta tattile.

Raffinato e gradevole, con le sue pagine bianche e morbide, le sue illustrazioni familiari e i suoi testi minimali, Andiamo! è un invito più che riuscito a condividere piccole grandi esperienze: il risveglio, la lettura, il cammino.

Professione coccodrillo

Volendo parafrasare una celebre canzone, ci si potrebbe chiedere: il coccodrillo cosa fa? Di lavoro, intendo. Probabilmente se lo sono chieste Giovanne Zoboli e Mariachiara Di Giorgio, autrici del gustosissimo silent book Professione coccodrillo. A dispetto di quanto la copertina possa far pensare, il coccodrillo in questione non sguazza placido tra le acque melmose di un fiume tropicale ma è un cittadino fatto e finito che ogni mattina si alza  per andare al lavoro. Così, le acque melmose restano un sogno e quando alle sette la sveglia suona, al coccodrillo non resta che alzarsi, infilare le ciabatte, scostare le tende, lavarsi, vestirsi e fare colazione. E poi via, fuori di casa e attraverso la città, ammirando vetrine di sushi, imprecando contro automobilisti screanzati, attendendo paziente la metropolitana e acquistando per strada un mazzo di fiori e un pollo arrosto. Fino all’arrivo sul posto di lavoro, il cambio con la divisa e… splash, l’inizio del turno!

L’umanità che contraddistingue il protagonista è fatta di piccoli gesti (come la scelta di una cravatta), di momenti intimi (come lo stare sul wc), di azioni romantiche (come il dono di un bouquet fiorito)  e lo rende irresistibile. E proprio questo suo lato personificato gioca un ruolo cruciale nel costruire nel lettore delle aspettative che la narrazione poi scompiglia, con un finale a sorpresa che porta sorrisi e pensieri. Professione coccodrillo, edito con la consueta raffinatezza grafica da Topipittori, è un libro davvero invitante e da scoprire perché racchiude un racconto semplice ma efficace, frutto di una felice invenzione; perché si sviluppa attraverso immagini delicate e deliziose, che non lasciano nulla al caso e che disseminano qua e la dettagli sfiziosi, superflui forse per la stretta comprensione della storia ma fondamentali per il piacere della lettura; e perché offrono l’occasione di godere e di condividere un racconto accogliente anche per molti lettori con difficoltà.

Non è soltanto l’assenza di parole qui a rendere più accessibile la storia, per esempio a chi fatichi a riconoscere le lettere o a cogliere il senso delle parole o delle frasi. Ciò che fa davvero la differenza, in termini di fruibilità, è la cura straordinaria che le autrici profondono nel rendere estremamente chiari e comprensibili i singoli quadri e i passaggi che li legano. Leggere le immagini non è infatti necessariamente più semplice che leggere un testo ma in questo caso il lettore è accompagnato senza premura da un’illustrazione alla successiva e senz’altro la divisione in riquadri simili a quelli di un fumetto, sapientemente alternati a grandi tavole a pagina intera, aiutano a scandire il ritmo e a far parlare le immagini. Tutto questo, tuttavia, non sacrifica affatto il gusto per il sospeso e l’immaginato che anzi si alimentano nel corso della lettura e seguono il lettore, lasciando fino all’ultima pagina con in testa quel sentito dubbio: ma il coccodrillo, cosa fa?

Filastroccario

Tre raccolte di filastrocche, una per ogni trimestre dell’anno, o per contare diversamente 365 filastrocche divise in tre volumi. Comunque la si voglia mettere, il lavoro realizzato da Pippo Scudero e pubblicato dalla casa editrice catanese Splēn sotto il titolo di Filastroccario è davvero consistente e instancabile. Due sono i protagonisti dei versi: i mestieri e i nomi. A ogni giorno dell’anno l’autore fa infatti corrispondere un personaggio inventato con un nome e un lavoro precisi, spesso legati tra loro da sottili giochi di parole. Così il lettore si trova faccia a faccia con il clown Felice, l’agente matrimoniale Valentino o l’onorevole Onorato, dei quali decanta meriti, abitudini o avventure.

Con esiti più o meno originali e con sviluppi più o meno accattivanti (alcune raccontano infatti delle mini-storie mentre altre descrivono soltanto la professione), le filastrocche composte da Pippo Scudero attingono spesso a un mondo perduto – quello di ricamatrici e arrotini – narrato con parole talvolta desuete ma che lo rispecchiano a dovere. A fare un po’ le spese di questo contesto d’altri tempi sono soprattutto le protagoniste femminili che appaiono in minoranza rispetto ai colleghi uomini e sovente associate a ruoli un po’ polverosi, come la ricamatrice o la suora. Non mancano tuttavia anche associazioni che superano una certa stereotipia di genere come quella che riguarda la costruttrice Alessandra o la fattorina Genoveffa. Come si potrà desumere da questi pochi esempi, anche i nomi scelti dall’autore rimandano a un passato poco prossimo ma, soprattutto quando strani e arzigogolati come Eriberto o Cirillo,  hanno il merito di suscitare il sorriso divertito dei lettori.

Semplici e perlopiù naif, le rime dell’autore catanese costituiscono senz’altro un invito a inventarne di nuove ispirate a nomi e lavori non battuti. Portatrici talvolta di una memoria rodariana (come sottolinea Fochesato nell’introduzione al volume), queste ne celebrano lo spirito soprattutto quando danno vita a piccole narrazioni, a giochi di parole e a chiusure originali. Esemplare, in questo senso, il componimento dedicato a Ermete il pescatore tutto giocato sul detto “chi dorme non piglia pesci” e sulla doppia valenza della parola rete (da pesca e da materasso). La linearità delle rime, la prevalenza di frasi brevi e coordinate, e la compattezza dei componimenti stimolano e facilitano l’approccio anche in caso di difficoltà, situazione nei confronti della quale risulta apprezzabilissimo l’impiego di un font e di caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità.

I tre porcellini in CAA

C’è il porcellino pigro e giocherellone, quello svogliato e dormiglione e quello forte e laborioso, ciascuno intento a costruire la sua casetta di paglia, di legno o di mattoni.  E poi,  certo, c’è il lupo che dei tre fratelli vuol fare un bel pranzetto. E infine, manco a dirlo, c’è una caduta in pentola che difficilmente si scorda. Insomma, nel libro della Homeless Book dedicato a I tre porcellini non manca alcun dettaglio della fiaba tradizionale e grazie ad esso anche i piccoli lettori con disturbi della comunicazione possono godere a pieno di questa avventura senza tempo.

Il libro si colloca infatti all’interno della collana in CAA che intende allargare le possibilità di fruizione di storie e che comprende anche un volume dedicato a Pinocchio e un volume intitolato Zio Lupo e la furbissima Giricoccola. Esteticamente più appetibile di questi ultimi, I tre porcellini vanta una particolare cura profusa nei testi – che combinano con equilibrio comprensibilità e scorrevolezza, dettagli narrativi e linearità sintattica – e nelle illustrazioni – che con uno stile brioso ma essenziale supportano la lettura, condensando e rispecchiando a dovere gli elementi chiave della storia.

I tre porcellini in CAA nasce da un lavoro sulla fiaba tradizionale che tiene conto delle Linee guida europee per la scrittura accessibile e che opta per l’impiego della collezione di Widgit Literacy Symbols  (WLS) per offrire una traduzione in simboli ricca e articolata. In virtù di questi aspetti il volume risulta mediamente complesso e adatto a lettori non piccolissimi o con un grado di difficoltà comunicative non elevato.

Alice nel paese delle mani

Alice nel paese delle mani è davvero un libro molto strano, difficile da incasellare. Non è propriamente un libro senza parole, perché due piccoli testi lo aprono e lo chiudono, e non è propriamente un libro in LIS, perché non ci sono in effetti  parole e segni affiancati. Eppure il racconto procede essenzialmente per immagini prescindendo dal testo (se non per una più agevole contestualizzazione) e i segni, dal canto loro, compaiono e assumono un ruolo narrativo particolare.

Ciò che accade tra le pagine di questo libro edito dalla cooperativa romana Il Treno è che una novella Alice si addentri in un rivisitato Paese delle meraviglie in cui animali e oggetti prendono forma in base al segno della LIS che li esprime. Si delinea così un paesaggio fatto di mani che si muovono, si piegano, si incrociano e si drizzano: alberi, conigli, bruchi, fiori e laghi fatti di dita accolgono la piccola esploratrice conducendola in un viaggio di esplorazione e conoscenza non solo di sé ma anche di una lingua inconsueta fatta di gesti. L’effetto è bizzarro, piuttosto distante dalla più consueta produzione per l’infanzia e manifestamente artigianale in certi aspetti, ma comunque  interessante e curioso. Tutt’altro che banale è infatti l’operazione che porta a trasformare un gesto codificato dalla LIS nell’immagine dell’oggetto corrispondente, in un modo che  renda abbastanza riconoscibile tanto il primo quanto il secondo.

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In questo senso la lettura risulta senz’altro più agevole per quei bambini e ragazzi che la Lingua dei Segni Italiana la padroneggiano – il che può portare, in una lettura condivisa a una proficua valorizzazione di questa competenza – ma non è del tutto proibitiva per tutti gli altri dal momento che alla fine del libro si trova un piccolo glossario che associa illustrazione, immagine dell’oggetto rappresentato e segno della LIS relativo. Per questi ultimi quindi la lettura si sviluppa perlopiù come una sorta di caccia al tesoro in cui le illustrazioni forniscono degli indizi più o meno espliciti di ciò che sta accadendo mentre la soluzione o l’aiuto definitivo sopraggiungono al fondo. Per tutti il volume costituisce uno strumento particolare che promuove un originale approccio alla Lingua Dei Segni, valorizzandone la peculiarità espressiva.

Lucilla Scintilla

Che bomba, questa Lucilla Scintilla! La nuovissima creatura cartacea targata Sinnos è un concentrato di curiosità e tenerezza, di immaginazione e intraprendenza, di spirito d’avventura e amore per la natura: un distillato dell’infanzia che vorremmo qualunque bambino potesse vivere almeno un po’. Capelli rossi spettinati il giusto, fantasia da vendere, sentimenti ben in vista e una vita di campagna assaporata fino in fondo fanno di Lucilla Scintilla un personaggio che travolge e lascia un sorriso stampato in viso: meraviglioso davvero!

La piccola serie che vede protagonista Lucilla svela una cura compositiva – nelle linee, nei colori, nelle parole e nel ritmo – minuziosa e accorata. Tutto qui parla di pulizia e di essenzialità: le storie, come i testi e le illustrazioni, sono infatti asciugati a dovere per far risaltare la magia che si cela nelle cose di ogni giorno e dar vita a una lettura che è una piccola sorpresa a ogni pagina. Le avventure sono molto brevi e semplici, nutrite semplicemente di quotidianità e invenzione. Le illustrazioni sono magnetiche: caratterizzate da contorni spessi e netti, da un bianco e nero con sparuti dettagli arancioni (nella prima avventura), arancioni e gialli (nella seconda), arancioni, gialli e blu  (nella terza) e da uno stile leggero ricordano il sapore familiare dei primi libri da colorare che ognuno di noi ha posseduto.  I testi, infine, sono minimi ma ricercatissimi e capaci in pochissime mosse di rivelare una piacevole ironia. Scritti in stampatello maiuscolo (felice modifica rispetto all’edizione originale francese) ad alta leggibilità, questi costituiscono un invito davvero ghiotto per lettori alle prime armi, con o senza dislessia.

Insomma, che aspetti con trepidazione la nascita di un cucciolo, che immagini un’avventura western contro un bandito munito di rastrello o che si  dedichi anima e corpo alla ricerca di un porcello smarrito, Lucilla porta con sé una ventata di energia da cui è difficile restare immuni.  Così, con un’avventura per ogni stagione, questa bambina portentosa sa al contempo scaldare il cuore e rinfrescare le idee!

 

downloadNel primo episodio – l’avventura d’estate intitolata Lucilla Scintilla e il suo cucciolo – la bambina cerca con pazienza e attenzione la cagnolina del nonno. Questa si è nascosta per dare alla luce i suoi piccoli e Lucilla fruga senza posa nel fitto del bosco, tra le ortiche, nel garage e nel cesto dei panni sporchi senza tuttavia trovarla. Mai la bambina avrebbe pensato di trovarla in un posto così vicino a lei… ma una tana non è forse il luogo dove si sente più forte l’affetto? In questa prima avventura, tutta in bianco e nero con qualche significativo tocco di arancione, il lettore fa in modo liscio e  travolgente la conoscenza della protagonista,  con il suo modo di vivere la campagna come un habitat naturale, ma anche del nonnino che ha la testa piena di pensieri e parla alle verdure. Anche lui, come Lucilla, non mancherà di tornare nelle avventure seguenti.

 

 

Nel sbanditoecondo episodio – l’avventura d’autunno intitolata Lucilla Scintilla contro il bandito delle foglie secche – Lucilla si trasforma in quattro e quattr’otto in una piccola indiana. Basta poco per dare vita a una vera e propria vicenda western, come quelle che piacciono tanto al nonno in tv: la nonna dà ordini come uno sceriffo, il nuovo cucciolo prende il nome di Piccolo Pony, il nonno indossa il suo cappello da cowboy e maneggia il rastrello come un pericoloso fucile. La battaglia delle foglie secche impazza ma per fortuna il trattore rotto diventa una bellissima tenda indiana, ideale per ripararsi e stare vicini quando fuori scoppia un temporale. Sempre originali e divertenti, Lucilla e il nonno ricompaiono in questo secondo episodio accompagnati dal cucciolo atteso nella prima avventura e dalla nonna-sceriffo il cui grembiule giallo porta con sé una piccola novità cromatica.

 

 

Nel terzo download (1)episodio – l’avventura d’inverno Lucilla Scintilla e il porcello nascosto – la protagonista partecipa alla bizzarra ricerca di un porcello smarrito da i vicini di casa. I vicini che vivono sul cocuzzolo non sono grandi amici del nonno ma un vicino è un vicino e, se ha bisogno, occorre dargli una mano. Per fortuna Lucilla ha con sé il suo caldo berretto di lana così la ricerca non le gela la capoccia! Lo stesso cappello tornerà utile anche al vicino Gregorio quando il gelo dell’inverno rischierà di farlo diventare tutto blu (che peraltro è proprio il colore che distingue quest’avventura dalle precedenti)! L’episodio coinvolge tutti i personaggi  già conosciuti dal lettore: il nonnino, che qui conduce la ricerca; la nonnina che sferruzza caldi cappelli per tutti, Lucilla che esplora campi e boschi sulle tracce del porcellino e Piccolo pony che avrà un ruolo determinante nel trovare il fuggitivo.

Martedì

Succede che un martedì sera le rane dello stagno si sollevino da terra e inizino a volare. A bordo di foglie di ninfea si librano nel buio della notte, si intrufolano in casa dai camini o dalle finestre, cambiano canale al televisore, fanno gare di corsa con i cani e non mancano di combinare guai tra le lenzuola stese. Poi sorge il sole e tutto torna alla normalità. O forse no… foglie di ninfee fradice giacciono a terra, gli investigatori brancolano nel buio e ombre di altri insoliti aviatori si preparano a decollare: è alle porte un nuovo martedì, che secondo l’autore è il giorno più divertente e dal suono più paludoso (in inglese Tuesday, martedì, richiama il suono di ooze, melma)!

rane volanti wiesner

Con questo libro, che gli è valsa la prima di tre prestigiose Caldecott Medals, David Wiesner dà vita a una storia in cui reale e fantastico danzano con un’intimità e un’intesa rarissime al punto che diventa difficile stabilire se l’autore esplori con tratto realistico un mondo immaginario o se trasfiguri la realtà quotidiana con uno sguardo colmo di immaginazione. Quel che conta è che il lettore ne resta letteralmente rapito. Surreale e divertente come nello stile più caratteristico di Wiesner, Martedì racconta infatti una storia in cui lo stupore fa la parte del condottiero.

Le tavole dettagliate dell’autore hanno una capacità straordinaria e forse unica di calare il lettore nel qui ed ora letterario, facendogli avvertire l’aria fresca della sera sulla pelle, il cicalio leggero della natura notturna e il profumo di un mistero eccezionale che sta per compiersi e ripetersi. La cura con cui, poi, Wiesner dissemina le sue illustrazioni di dettagli che contestualizzano il racconto e gli conferiscono coerenza interna  – dalla luna che cambia progressivamente alla corrispondenza precisa tra un’immagine e la successiva – fa sì che la sua narrazione per immagini offra tutto ciò che occorre al lettore per seguire con rigore il filo narrativo. Al contempo, però, la libertà di donare personali interpretazioni di ciò che accade – del perché le rane prendano il volo, per esempio, del perché tutto succeda di martedì o del perché rane e cane inizino una corsa a perdifiato – resta intatta e gioca un ruolo importante nel coinvolgimento diretto di chi sfoglia le pagine.

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Questo equilibrio tra ciò che le immagini dicono, ciò che suggeriscono e ciò che lasciano in sospeso chiede da un lato un’attenzione mai sopita per seguire al meglio lo sviluppo narrativo e per godere appieno delle meraviglie che nasconde e offre dall’altro una possibilità di fruizione allargata anche a giovani lettori con difficoltà comunicative e di decodifica del testo. A strizzare loro l’occhio, inoltre, non manca un ritmo cadenzato ben scandito da una partizione di  doppie pagine piene, grandi cornici bianche e riquadri più piccoli. Il risultato è davvero un libro curatissimo e ricco di sorprese, non a caso inserito in catalogo dalla raffinatissima casa editrice Orecchio acerbo, cui si deve anche la pubblicazione del meno recente ma altrettanto affascinate Mr. Ubik!.

Balea

Quello progettato dal duo Fernandez e Gonzalez è un libro proprio strambo. Si intitola Balea e si presenta alto e stretto, chiuso da una fascetta che lo avvolge per intero. Questa recita: “Balea: il modo più efficace per viaggiare in fondo al mare!”. Possibile resistere a una simile premessa? Davvero no! Ecco dunque che in un attimo ci si ritrova a liberare l’insolito libretto che a sorpresa si apre a fisarmonica, calandoci dritti dritti nel corpo di un ingegnoso sottomarino.

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Originalissimo nel formato – un leporello che rivela un’unica grande illustrazione – Balea non è da meno nel contenuto. Nella pancia del gigantesco sommergibile in forma di cetaceo si sviluppano decine di piccoli quadri, tanti quanti sono gli ambienti di questo insolito mezzo di trasporto. Dalla sala comandi alla sala pittura, dalla cucina alla zona tubature, dall’orticello alle stanze da letto, l’occhio del lettore può perdersi, indugiare, zigzagare ed esplorare decine di vani che, lungi dall’offrire banali scene di lavoro o ozio, accolgono inaspettate microsituazioni narrative. Così, mentre un piccolo incendio si sviluppo tra pulsanti e schermi, un concerto rock con tanto di pubblico trova posto in coda al veicolo e mentre un gruppetto di robot pare ribellarsi in una sala ipertecnologica, qualcuno poco più in là si occupa con cura di maiali e galline. Non ha insomma davvero modo di annoiarsi chi provi a tuffarsi con sguardo curioso tra le viscere di questo strambo mezzo di trasporto in cui non mancano ottimi servizi di welfare come la nursery, personaggi divertenti come un vecchietto infervorato e stanze per tutte le necessità (certo, una sola toilette potrebbe essere insufficiente!). E non si pensi che col fronte lo stupore si esaurisca: anche il retro del volume riservaqualche sorpresa mostrando l’esterno del sommergibile e gli abitanti marini che gli scorrazzano intorno.

 

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Un libro come questo, edito da Kalandraka, può prestarsi a tanti usi e approcci differenti, secondo cosa fantasia comanda. Può essere un poster (non mancano peraltro due buchini ai due lati preposti presumibilmente allo scopo), un grande affresco in cui perdersi, una minuziosa collezione di quadri da esplorare. Ed è proprio questo, oltre al fatto che non vi siano parole a guidare la lettura, a rendere così stuzzicante e fruibile questo prodotto. Ciascuno è infatti invitato a scoprirlo nella maniera che più gli è congeniale cosicché anche chi solitamente incontra difficoltà legate al testo scritto o alla decodifica di storie molto rigide può qui indossare le sue pinne e tuffarsi negli abissi più curiosi.

Brutti, sporchi e gentili

Ricco e colto, il dodicenne Alighiero De La Tour viene rapito da una banda di lestofanti che vive in una roulotte in mezzo a una discarica. Rozzi e analfabeti – eccezion fatta per Giulia, la più giovane della famiglia, coetanea del povero Alighiero – i rapitori intendono chiedere un riscatto consistente per restituire l’ostaggio. Si imbarcano così in una rocambolesca trattativa fatta di costosissimi occhiali rotti, pollici mozzati per errore e filmini girati senza videocassetta.

A margine, ma neanche troppo, prende forma una singolare ma sincera amicizia tra Alighiero e Giulia che contribuisce a rendere l’atteggiamento dell’ostaggio stranamente conciliante e sereno. Quella presso la sgangherata banda del Cane Rognoso finisce così per diventare una permanenza formativa e persin piacevole per il ragazzino che sperimenta un calore famigliare inatteso e forse sconosciuto, fatto di piccoli gesti gentili (come il servire il dessert a tutti da parte del nonno e tenere per sé solo la fetta più piccola) che pur non vanno perduti in un contesto di disagio marcato all’estremo.

La storia narrata da Guillame Guéraud (già autore di Falla finita!, anch’esso pubblicato da Biancoenero secondo criteri di alta leggibilità) ha un tono piacevolmente surreale, ben esemplificato dalla scena il cui il povero Alighiero, prigioniero da un giorno, si gode la colazione da ostaggio famoso perché è finito in prima pagina. “Le novità hanno messo tutti di buonumore e abbiamo fatto colazione in allegria. – racconta il protagonista e, pur mazziato e con gli occhiali rotti aggiunge – Io più di tutti perché era la prima volta che finivo sul giornale”. L’aplomb svagato di Alighiero, narratore in prima persona, dà peraltro un tocco buffo all’intero racconto che scorre così piuttosto leggero, fino all’inatteso e romantico colpo di scena finale. nel complesso

Lo Yark

Se per caso vi trovate Lo Yark tra le mani ma siete in un luogo che richiede silenzio, per carità pazientate un poco. Resistete e rimandate la lettura fino a quando la vostra voce (o quella di Franco Sangermano che ha inciso l’audiolibro allegato al volume) potrà  finalmente esser libera di scorrere il testo a un volume adeguato. Perché Lo Yark è – assolutissimamente e fortissimamente è – un libro da leggere ad alta voce! Sia in classe a un gruppo di bambini, in camera da letto al figliolo coraggioso o a voi stessi in pace sul divano, questo libro vi conquisterà con il suo incipit asciutto e stuzzicante, il suo testo in prosa ma al contempo infarcito di rime nascoste, il suo ritmo calzante e incalzante.

Incontrerete qui un mostro – lo Yark, appunto – ghiotto di bambini buoni e allergico ai bambini cattivi, che si imbatte in una schiera di pargoli capaci di spiazzarlo, fino al più straordinario incontro, quello con la dolce e saggia Madelaine. La profondità e la tenerezza di questa bambina, che vive in cima un faro e non bada alla superficie delle cose, tocca le corde più intime e sconosciute del protagonista, tanto da portarlo a un difficile ma cruciale viaggio di riappropriazione de sé. Lungo un percorso simile a quello compiuto dal peloso Sullivan in Monsters&co, lo Yark si scopre capace di essere diverso da come è sempre stato e da come è sempre stato raccontato, sino a un delicato finale che chiama in causa anche il lettore più duro.

Forte di una storia che mescola a puntino dolcezza e crudeltà (non si pensi infatti che lo Yark si rammollisca tutto d’un tratto come un pezzetto di burro!) e di una narrazione che incanta, il libro di Bertrand Santini si arricchisce di magnifiche illustrazioni in bianco e nero di Laurent Gapaillard che diffondono un piacevole aroma gotico-retrò e che rendono perfettamente giustizia a un personaggio a tinte chiaroscure come lo Yark.  La combinazione di tutti questi aspetti dà vita a una proposta davvero speciale che sa offrire una storia gustosa e insieme dipingere la differenza tra il “preoccuparsi di” e il “preoccuparsi per”. Ecco perché l’idea che tutto questo sia reso fruibile a un pubblico ancor più ampio di giovani lettori, grazie all’aggiunta della registrazione audio su cd, rende Lo Yark un lavoro davvero mirabile.

Le parole di Bianca sono farfalle – edizione in simboli

 

Se c’è un libro, tra quelli recentemente pubblicati e rivolti all’infanzia, che celebra il valore delle comunicazione attraverso canali insoliti e la valorizzazione delle abilità di ciascuno, quello è proprio Le parole di Bianca sono farfalle: un albo del 2013 targato Giralangolo che ha avuto un larghissimo successo di pubblico soprattutto per la delicatezza poetica con cui sa dipingere una disabilità (quella uditiva) non molto esplorata dalla letteratura per bambini e ragazzi. Ecco perché l’idea che quello stesso albo possa ora essere tradotto in simboli, grazie al felice progetto de I libri di Camillla, ci pare bellissima e ricca di senso: perché come Bianca intercetta e interpreta con le dita la musica del mondo, così i lettori che beneficiano della CAA hanno un modo a loro volta particolare e del tutto rispettabile di leggere la realtà e le storie.

Il libro di Chiara Lorenzoni e Sophie Fatus sposa insomma perfettamente lo spirito di una collana come I Libri di Camilla, che celebra il principio secondo cui esistono tanti modi di leggere ed esprimersi e che anche i bambini che utilizzano sistemi comunicativi fuori dalla norma hanno diritto di accedere a un immaginario fertile e condiviso, godendo della poesia che nasce dalle parole, dalle immagini e dal loro alchemico incontro. Con la scelta di questo albo come secondo titolo della collana (dopo l’esperienza inaugurale di Che rabbia!), Giralangolo (editore della versione originale del libro) e Uovonero (editore che cura questa versione in simboli) decidono di volare davvero alto e lanciare un bellissima sfida ai lettori che si avvalgono della Comunicazione Aumentativa e Alternativa e una proposta coraggiosa agli operatori che di essi si occupano.

La parole di Bianca sono farfalle è infatti graficamente e concettualmente articolato. Esso si avvale di espressioni metaforiche molto poetiche, propone illustrazioni tutt’altro che didascaliche e opta per una distribuzione testuale piuttosto libera. La versione addattata dal canto suo offre una rielaborazione minuziosa e competente di questi aspetti – rinunciando per esempio alle frasi disposte ad arco o prediligendo strutture sintattiche più lineari laddove quelle di partenza risultino troppo complesse –  ma non stravolge mai il senso e la qualità del volume originale. Davvero l’operazione non era banale ma il risultato è in definitiva un prodotto poetico e al contempo accessibile, non semplice certo  perché ancora forte di sinestesie ed espressioni figurate (ma chi l’ha detto che proprio un libro così non possa essere usato per aiutare a comprenderne il funzionamento?) ma insieme di grande impatto emotivo ed estremamente comunicativo.

Un giorno nella vita di tutti i giorni

Avete a disposizione un lungo pomeriggio, magari di pioggia e ozio, con un bel divano a disposizione? Perfetto! Mettetevi comodi perché Un giorno nella vita di tutti i giorni è proprio il libro che fa per voi. Tra le pagine di questo cartonato dal formato consistente potrete ritrovarvi a trascorrere un tempo indefinito nel piacevole tentativo di esplorare a fondo quadri quotidiani brulicanti di attività. L’originale albo di Ali Mitgutsch, famosissimo in Germania fin dagli anni ’60 ma incredibilmente mai edito in Italia fino ad ora, è infatti un silent book in cui ciascuna delle 12 doppie pagine dipinge un contesto – il parco, il cantiere, il molo, il mercato e così via – all’interno del quale si sviluppa una miriade di azioni, situazioni e relazioni. Il bello della lettura sta perciò nel cogliere gli innumerevoli dettagli che caratterizzano ogni quadro, sfidando eventuali compagni di svago a trovare il ragazzo che sta per cadere nel laghetto, i bimbi che fanno i rotoloni giù dalla montagna o persino l’angolo dei nudisti in spiaggia.

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Tutt’altro che privo di influenze alte, che risalgono fino a Bruegel e alla corrente fiamminga, Un giorno nella vita di tutti i giorni calamita il lettore grazie a pagine che paiono letteralmente animarsi. Ogni loro centimetro vede piccole avventure dipanarsi in totale autonomia o con sottili connessioni con ciò che accade intorno. Come a bordo di un elicottero il lettore può godersi le scene dall’alto, indugiando a piacere su quelle che gli paiono più buffe (si pensi al bimbo che fa la pipì di nascosto tra i cespugli), particolari (tra le altre, la fila di mucche truccate secondo usi montanari tradizionali) o capaci di stimolare ipotesi narrative ardite (ad esempio di fronte al tizio che si arrampica sul tetto di una baita innevata).

Il fatto che la narrazione si apra e si chiuda a ogni pagina e che si sviluppi attraverso microstorie con protagonisti ogni volta diversi su cui si posa lo sguardo del lettore, fa sì che la lettura risulti particolarmente duttile, personalizzabile, propizia allo stimolo della verbalizzazione anche e forse soprattutto in caso di difficoltà cognitive e comunicative. l’assenza di testo inoltre rende il volume accessibile e godibile anche il caso di dislessia e disturbi uditivi. Da ultimo, il formato ampio e la pagine spesse rendono leggermente più agevole la sfogliatura delle pagine.

Come catturare il sole

Multiforme e sfuggente, oggetto di riti e credenze , il sole ha saputo radicarsi nell’immaginario di popoli vissuti in epoche e luoghi anche molto distanti tra loro. Così, dalla Cina all’America, dalla Romania all’Australia, la stella a noi più cara ha assunto di volta in volta le fattezze di principe, divinità, tiranno oltre che di corpo celeste dai poteri persino magici. Essa si moltiplica, per esempio, nel racconto che viene dall’estremo oriente fino a quando l’intrepido contadino Er-lang non ne acciuffa sei esemplari lasciandone in cielo uno soltanto e convincendolo a nascondersi una volta al giorno per consentire agli uomini di riposare. Oppure viene intrappolata da un valoroso cacciatore indiano di nome Wesakayciak e liberato a sorpresa da un inaspettato animale: il castoro.

Come catturare il sole traccia un percorso interessante tra queste narrazioni centenarie, collegando ciascuna a un esperimento scientifico di facile realizzazione che evidenzia e aiuta a far comprendere le caratteristiche più straordinarie dell’astro. Chiude infine il volume una breve sezione divulgativa che illustra le funzioni che il sole svolge in cielo a beneficio degli uomini e le caratteristiche da cui esse dipendono. Quello che Sinnos pubblica in un formato che è caratteristico dei più classici albi illustrati è insomma un lavoro più articolato di questi ultimi, capace di intrecciare leggende appartenenti a culture diverse e curiosità scientifica. Coinvolgendo infatti molteplici figure autorali – con competenze che spaziano dalla scrittura alla fisica – Come catturare il sole fa del principe degli astri il protagonista di una ricerca multi sfaccettata che può andare incontro a giovani lettori con inclinazioni diverse.

Il libro sfrutta, come di consueto per la casa editrice romana, il font ad alta leggibilità leggimi! mentre rinuncia ad altri tratti come la sbandieratura a destra, con l’intenzione di sperimentare diverse soluzioni tipografiche e verificare quali si rendano effettivamente necessarie per una lettura senza barriere. Le illustrazioni di Agnese Baruzzi, dal canto loro, calde e avvolgenti come il protagonista dei racconti, rendo bene  e a colpo d’occhio le culture cui i singoli racconti fanno riferimento.

Io sono il drago

La nonna di Alice non si stanca di ripetere alla nipote che è davvero carina né di domandarle perché non voglia giocare a fare la principessa. Ma Alice, a sua volta non si stanca di rispondere alla nonna che no, lei la principessa non la vuole proprio fare. Perché mai, in effetti, dovrebbe limitarsi ad aspettare l’arrivo di un fantomatico cavaliere se può essere uno spaventoso drago? Così l’instancabile bambina costringe due generazioni – nonni e genitori – a prestarsi a un gioco del teatro in cui a turno si ricoprono i ruoli della principessa, del cavaliere, degli scheletri, del drago e – a sorpresa – della torre del castello. Perché la fantasia lasciata libera di galoppare può portare ad avventure sempre avvincenti ma anche a piccole rivelazioni sulle qualità e sul valore delle persone. Con grande ironia il libro ritrae l’intera famiglia alle prese con un’attività molto impegnativa (parola di nonna, costretta a star sdraiata sul tappeto finché il cavaliere non libera la principessa!) e regala alle illustrazioni un ruolo sottile e determinante. Capaci di mescolare con sapienza realtà e immaginazione, le immagini paiono infatti strizzare l’occhio al lettore e giocare con il contrasto tra la visione razionale degli adulti e quella fantastica della bambina.

Io sono il drago unisce in definitiva il fascino di un albo, di cui vanta il formato, la presenza preponderante delle illustrazioni e un interessante rapporto tra immagini e parole allo spessore di un testo che, per lunghezza, scelte linguistiche e struttura non è per nulla scontato e inadatto anche a lettori non alle primissime armi. In questo modo il volume targato Sinnos rafforza il suo carattere di alta leggibilità (perseguito con il consueto font leggimi, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra, la carta opaca) e trova una maniera accattivante per intercettare anche la curiosità di quei lettori indifferenti o spaventati dai libri in cui il testo la fa prepotentemente da padrone.

Con il coraggio di un cavaliere, la calma di una principessa, la posizione salda di uno scheletro e naturalmente la forza di un drago, il libro di Grzegorz Kasdepke ed Emilia Dziubak si scaglia inoltre contro uno dei più classici stereotipi di genere che vuole le bambine interessate esclusivamente alle figure meno impavide delle storie. Alice (dal nome senz’altro propizio ad avventure vissute da protagonista attiva) diventa così una piacevole incarnazione del diritto di ogni bambino a scegliere che cosa sognare e immaginare di essere senza che preconcetti culturali ne condizionino i pensieri. Così, oltre ad abbattersi contro l’errata rassegnazione dei lettori con dislessia di fronte alla possibilità di godere della lettura, Io sono il drago partecipa anche alla recente (e ancora necessaria) battaglia contro una narrazione per l’infanzia che dica a maschi e femmine che cosa possono diventare.

L’uovo della contessa

Servono dosi sovrumane di pazienza per sopportare i caprici di una contessa viziata, soprattutto se fin dal mattino esige cose come “un uovo cotto a puntino. Non troppo duro, non troppo mollo, con un pizzico di sale”. Guai a deludere le sue aspettative! Lo sa bene Clara, la domestica del castello che si sente chiamare ogni minuto con un appellativo tanto fantasioso quanto spiacevole e lo sa bene Oreste, il cuoco del castello che non può tardare nemmeno un minuto a servire la colazione. Ma un giorno proprio Oreste sembra dire basta a questi soprusi e dall’oggi al domani non si presenta più a lavoro. Dove sarà finito? Cosa ne sarà stato di lui? Il lieto fine, inaspettatamente, è dietro l’angolo ma prima di scoprirlo la contessina si troverà a sperimentare il disgusto dell’uovo molliccio come il moccio e dell’uovo duro come cemento, la fatica della caccia direttamente nel pollaio, l’umiliazione di un finto malore, la delusione del ristorante chic, la pazzia di una corsa sfrenata in carrozza fino al centro commerciale e la fifa di un passaggio in gattabuia. Un prezzo tanto alto quanto spassoso perché Oreste e Clara possano finalmente sentirsi dire “per favore”.

 

Le folli avventure de L’uovo della contessa, scritte da Tanneke Wigersma e illustrate da Linde Faas, fanno parte della leggera collana di Sinnos dedicata alla produzione straniera in traduzione, stampata ad alta leggibilità e rivolta a lettori, con o senza dislessia, con una certa dimestichezza di lettura. Il volume è infatti tutt’altro che stringato (100 pagine e rotti non sono poche!) ma le vicende divertenti, il tono ironico, l’aspetto tipografico amichevole e le illustrazioni frequenti lo rendono molto piacevole da abbordare e poi portare a termine. Il testo in particolare è colorito e animato, tanto da parer quasi una sceneggiatura teatrale, mentre i disegni spiritosi e irriverenti attraggono l’occhio svelando inequivocabilmente il tono scanzonato del volume.

Jacob due-due in alto mare

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Imbarcarsi con la famiglia per il Canada e ritrovarsi protagonista di un rocambolesco abbordaggio da parte di pirati: tutto si può dire del trasloco di Jacob due-due – così chiamato da tutti perché ha 2+2+2 anni – tranne che sia noioso e scontato. Certo il nome della barca scelta per la traversata dall’Inghilterra – Colabrodo – non lasciava presagire granché di buono ma che a bordo si trovasse un vile traditore e che a Jacob toccasse un’indagine misteriosa era proprio difficile da prevedere. Affiancato da Cindy, un’amica conosciuta durante il viaggio, il bambino se la vede con l’insospettabile spietatezza del primo ufficiale Mr. Mangiapane, fa comunella con l’addetto ai motori Morgenbesser e viene rapito dalla ciurma del pirata Quattrossa. A porre fine alla sua insolita disavventura arriva infine l’idea balzana di due dei suoi fratelli che non solo salvano la situazione ma aprono spiragli di vita inattesi per molti passeggeri della Colabrodo. Un finale a sorpresa, insomma, che lascia stupito il lettore. Travolto dagli eventi narrati con stuzzicante ironia, questi si imbatte in un tourbillon di personaggi – la numerosa famiglia di Jacob,  gli acrobati Bubov, l’inventore di giocattoli Peabody e la snobbissima mamma di Cindy – che, con ruoli più o meno determinanti vivacizzano il racconto e lo rendono piacevolmente movimentato. Tra questi davvero irresistibile è il capitano Dentesplendente, la cui giuliva vanità crea siparietti che fanno ridere di gusto e che ben si prestano anche ad una lettura ad alta voce.

Quello di Jacob due-due è un personaggio circondato da un mondo che convince e diverte. Uscito tra gli anni ’70 e ‘90 dalla penna di Mordecai Richler, in una serie di avventure pubblicate in Italia da Adelphi nei primi anni 2000,  Jacob due-due viene qui ripreso e riproposto da Cary Fagan, scrittore canadese di talento (già edito da Biancoenero con La strana collezione di Mister Karp e The big Swim) che sa rendere omaggio all’originale e regalargli uno humour e un piglio irresistibili. La penna ironica dell’autore dà vita a un’avventura spensierata, che non manca di evidenziare le contraddizioni di un certo mondo adulto, ma che prima di tutto ha il merito di travolgere il lettore e tenerlo appeso con leggerezza e talvolta vero spasso: non male, c’è da dire, per un libro che presta attenzione anche ai lettori meno forti perché poco avvezzi alla lettura o magari affetti da dislessia. Jacob due-due si avvale infatti delle consuete caratteristiche di alta leggibilità (font specifico che aiuta a confondere e sovrapporre meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandiera tura a destra, carta color crema) che rendono amichevole oltre che appassionante la collana Maxizoom di Biancoenero.

Crescendo

Finissimo esploratore del prima, quale luogo fecondo di attese e narrazioni, Alessandro Sanna torna a dedicarsi a questo tema così stimolante dopo l’apprezzatissima esperienza di Pinocchio prima di Pinocchio. Crescendo è infatti un silent book tutto dedicato ai nove mesi di una gravidanza: i nove mesi in cui tutto cresce – le aspettative, i sentimenti e senz’altro le forme. E proprio da queste ultime l’autore parte per costruire cinque piccole storie che si muovono al ritmo di una pancia che si arrotonda. Quella silhouette via via più marcata diventa infatti profilo di roccia, ali di gabbiano, corpo di cavallo e gambo di fiore in un’esplosione della natura colta in alcune delle sue molteplici forme. Man mano che la pancia cresce l’occhio dell’autore si allontana andando a cogliere uno scenario più ampio e facendo così avanzare il racconto: dalla roccia un uomo si tuffa ad esplorare le profondità marine, il gabbiano si alza in volo a caccia di cibo per i suoi piccoli, il cavallo galoppa lungo pendii vivacissimi e il fiore sboccia in un campo che abbaglia. Tutto inneggia insomma alla vita, in un inseguirsi di dettagli che si richiamano da una tavola all’altra fino a quella dolcissima immagine finale in cui la mamma stringe finalmente il suo bambino. A sottolineare questo crescendo di rotondità e di narrazioni, 18 intensi minuti di musica di Paolo Fresu che vale realmente la pena di ascoltare sfogliando le pagine poiché la tromba e gli acquerelli si intrecciano in maniera fitta e delicata, regalando al lettore una poetica nuova.

Non è un libro immediato questo , come molti d’altronde  firmati dal bravissimo Alessandro Sanna. Ma come spesso capita il valore della suggestione di un volume va di pari passo con la complessità del lavoro di appropriazione che al lettore viene chiesto. Così, quando si coglie il sottilissimo filo narrativo che lega i quadri apparentemente slegati, creando un motivo che ritorna mese dopo mese, la fantasia ha come un sussulto di gioia e delizia. È bello pensare che questo libro possa rivelarsi particolarmente affascinante, non solo per i grandi in attesa, ma anche per i bambini che aspettano un fratellino e che giorno dopo giorno vedono la pancia della mamma crescere e cambiar di forma. Sarà magico soprattutto per loro giocare a cogliere in quelle curve in evoluzione le sagome più disparate che raccontano piccole e grandi storie e che invitano a dare significati sempre nuovi alle linee care. L’assenza di parole agevola dal canto suo questo tipo di esperienza, favorendo possibilità di lettura e interpretazione personalissime anche da parte di lettori con difficoltà di decodifica del testo ma grandi abilità immaginative.

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Iole, la balena mangiaparole

Iole è una animale pacifico e speciale: il suo talento consiste nel raccogliere le parole che cadono negli abissi dalla barca di un poeta e dare loro nuova vita, trasformandole in racconti da donare agli amici del mare. Narratrice insolita, la balena protagonista del libro si fa amare dalle creature che la circondano, sicché queste non mancheranno di venire in suo soccorso quando le parole in acqua inizieranno misteriosamente a scarseggiare.

Il libro, semplice ma suggestivo, fa parte della collana facile! Messa recentemente a punto da Gribaudo editore per venire incontro anche alle esigenze di piccoli lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Grazie ad accorgimenti tipografici mirati e all’utilizzo del font leggimi di Sinnos, oltre che a un testo curato e ad illustrazioni molto piacevoli, Iole la balena mangiaparole risulta più amichevole e meno ostico di altri testi destinati a lettori alle prime armi.

Clemente il pesce col salvagente

Un pesciolino diverso, perché incapace di nuotare autonomamente, viene preso di mira da alcuni abitanti del mare, l’arrogante delfino e la sciocca medusa in primis. Solo il granchio si mostra fedele e vicino alla vittima delle angherie, cercando di aiutarlo in ogni modo a superare le sue difficoltà e costruendo per lui un salvagente di rami, alghe e conchiglie. Clemente, così si chiama il pesciolino, si sente ferito e umiliato e, certo, il suo primo istinto sarebbe quello di vendicarsi con i due bulli acquatici. Sarà la saggia tartaruga a convincerlo a dimostrare invece con l’azione quanto realmente valga nonostante le sue difficoltà: cosa che Clemente non mancherà di fare difendendo la medusa e il delfino dall’attacco di un pericoloso squalo e diventando così un vero eroe degli abissi.

La storia di Clemente, il pesce col salvagente non brilla per originalità ma si rende interessante per le caratteristiche con cui l’autore – Carlo Scataglini – confeziona il volume che la contiene. Questo presenta infatti una doppia versione del racconto: una più semplice, con meno dettagli, frasi più brevi e carattere maiuscolo, l’altra più articolata e dettagliata, frasi e lessico più complessi e carattere minuscolo. In questo modo anche bambini con abilità o livelli di lettura diversi possono condividere la stessa storia, trovando ciascuno la forma a lui più congeniale.

Fanno parte della stessa serie anche i volumi: Calzino bucato e l’invasione delle mollette, La rosa dei sette desideri, Coccole spinose e Mulk, l’amico extraterrestre. L’autore ha curato inoltre una seconda serie dalle medesime caratteristiche (due versioni della stessa storia con gradi di difficoltà differenti) ma destinata a lettori più scafati e con competenze di base già acquisite. I titoli, in questo caso, sono: Gigantino e la guerra saporita, SuperAle, un supereroe niente male e Topigno e la giungla da salvare.

La casa sull’albero

Sull’albero c’è una casa, e questo lo dice chiaramente il titolo dell’albo. Ma l’albero è in mezzo a un’indefinita distesa d’acqua e uno dei suoi inquilini vi arriva in copertina a cavallo di un’enorme balena. Ecco: l’atmosfera straordinariamente sospesa e surreale di questo prezioso libro firmato da Marije e Ronald Tolman si palesa fin da questi primi dettagli che invitano a sciogliere le briglie della fantasia. Perché serve una mente fervida e ben disposta per cogliere tutta la magia di un luogo magico come questo da cui si possono avvistare stormi di fenicotteri che fanno del cielo una distesa rosata, su cui ci si può divertire in compagnia di amici diversissimi come un pavone o un rinoceronte e a cui ci si può avvicinare a bordo di un piccolo veliero volante. Ogni pagina diventa insomma una sorpresa gioiosa in cui immergersi con pacatezza e stupore.

Il tratto felice degli autori – che non a caso è valso loro il Bologna Ragazzi Award nel  2010 – incanta il lettore come una ninnananna fatta di figure e colori. Così, i movimenti, i pensieri, e gli incontri dell’orso bruno e dell’orso bianco protagonisti del libro, scorrono silenziosi e naturali seguendo l’avanzare del giorno e delle stagioni e raccontando di una quotidianità straordinaria che vien voglia di sposare. Del tutto privo di parole, La casa sull’albero racconta per immagini una storia poetica ed emozionante di amicizia, condivisione e valorizzazione della lentezza.

Nell’allestire una tana sopraelevata, nel leggere un bel libro, nell’accogliere gli amici in visita, i due orsi si prendono il loro tempo e invitano il lettore a fare altrettanto, immergendosi e vagabondando con sospeso diletto tra i paesaggi avvolgenti che colorano le pagine e i minuziosi dettagli che le animano. Anche per questa ragione il libro, che certo ben si presta a una lettura condivisa che stimoli l’intreccio di suggestioni personali anche molto diverse, appare particolarmente indicato anche e soprattutto per una lettura individuale, in cui ciascuno possa trovare un proprio rifugio dell’immaginazione.

La zuppa dell’orco

Lettori impressionabili e dal cuore debole, tenetevi alla larga: La zuppa dell’orco non è affare per voi! Perfettamente in linea con la tradizione più autentica e non edulcorata delle fiabe dei Grimm, il racconto di Vincent Cuvellier non esita a mettere in scena orchi sporchi del sangue dei bambini ingurgitati e genitori disposti a tagliare a pezzetti i figli. Il gusto un po’ cruento non manca insomma nell’avventura che vede protagonista l’astuto Josef, il più piccolo di sette fratelli, alle prese con genitori fannulloni e disposti a mutilare i figli per farli mendicare più efficacemente. Venuto casualmente a conoscenza del truce piano di mamma e papà, il bambino organizza una furbissima fuga, inganna e rabbonisce un terribile orco cieco e rimedia, infine, un destino gioioso per sé e per i suoi fratelli.

Il libro, stampata ad alta leggibilità dalla Biancoenero, racchiude illustrazioni espressive che ben si sposano con i toni cupi della storia e un racconto che unisce la sospensione tipica della fiaba e l’ironia caratteristica dell’autore francese. Non è raro infatti trovarsi a sorridere tra un pericolo e l’altro in cui incappano gli otto fratelli. Proprio grazie a questo stile strenuamente leggero, Vincent Cuvellier (già noto ai lettori della casa editrice romana per Giancretino e io, Scappiamo!, La settima onda e Mamma e papà oggi sposi) riesce a dare forma a una narrazione in cui temi forti come il disagio familiare e la disabilità, pur trattati in un contesto fiabesco, emergono con forza nuda e cruda e trovano nel finale un riscatto sorridente. Lo dice bene quel “Visto che i bambini avevano le mani, se le strinsero forte. Visto che avevano i piedi, ballarono tutta la notte. Visto che avevano gli occhi si guardarono a lungo sorridendo, fino a quando spuntò il sole su quel paese di neve e di notte”, con cui si chiude il racconto e che celebra l’importanza di trovare il bello della propria condizione. Qualunque essa sia.

 

Draghi dell’altro mondo

È una fiaba dal sapore antico, quella scritta da Sofia Gallo e illustrata da Vanessa Cazzagon per Sinnos: una fiaba che parla di uomini e di draghi, di astuzia e malvagità, di mondi paralleli in cui occorre essere più scaltri degli altri per risultare, infine, vincitori. Giunto nel mondo dei draghi, un povero padre di famiglia riesce a ingannare per tre volte consecutive mamma drago e i suoi figlioli, più che determinati a sbarazzarsi di lui. Con l’arte della parola e della persuasione, l’uomo supera la prova dell’acqua da trasportare con una bisaccia di pelle di bufala, la prova degli alberi da trasportare con tanto di radici e la prova della mazza da scagliare il più lontano possibile, tornando infine arricchito e soddisfatto dai suoi cari.

La fiaba, narrata attraverso un testo fruibile ma evocativo, fatto di frasi contenute e un buon equilibrio tra racconto e discorso, cattura l’attenzione del lettore trasportandolo in un mondo lontano. Le illustrazioni, dal canto loro, appaiono variopinte e originali, nutrite di suggestioni provenienti da tradizioni iconiche diverse non estranee all’estremo oriente e all’Europa dell’est. Racchiusa in un libriccino piccolo e tascabile, la storia dei Draghi dell’altro mondo è stampata rispettando i criteri dell’alta leggibilità (font leggimi!, spaziatura maggiore, carta color crema, testo non giustificato) e andando incontro a gusti ed esigenze di lettori, dislessici e non, del primo ciclo della scuola primaria.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Ci mancavano, ah quanto ci mancavano! Conosciuti soltanto un anno fa, la scaltra oca Lester e il bonaccione orso Bob tornano a soddisfare la fame di storie sfiziose dei lettori alle prime armi. Come nella prima, anche in questa nuova raccolta di avventure i due protagonisti non mancano di battibeccare, di tendersi trappole, di inventare argute soluzioni a problemi insormontabili e di cementare la loro bizzarra amicizia con piccoli gesti di preziosa tenerezza. Tra un raffinato Bob che si fa crescere i baffi, un furbo Lester che si finge ispettore delle torte e un improbabile duello senza pistole per mettere fine a un litigio tra i due, spicca particolarmente gustosa l’avventura del volano, finito – ahiloro – nel giardino a fianco, di proprietà dei coccodrilli. Il finale è, qui, come in ogni altro sketch, gustoso e sorprendente, capace di strappare un sorriso anche al più brontolone dei lettori.

L’ironia garbata che regalano queste pagine è rara e preziosa. Coltivata con cura, essa contribuisce a rendere Le nuove avventure di Lester e Bob un libro davvero appetitoso e amichevole, forte anche dell’impaginazione pulita – con testo in stampatello maiuscolo a sinistra e illustrazioni ben riquadrate a destra –  e del carattere ad alta leggibilità di Beisler Testme. La combinazione di tutti questi fattori dà vita a un lavoro che non delude le aspettative ma che anzi fa già venire l’acquolina in vista di una terza auspicabile avventura.

Aiuto, i grandi

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Aiuto, i grandi racconta col sorriso di bambini ricoperti di aspettative genitoriali e di genitori estremamente infantili. A far da filo conduttore nei due racconti che compongono il volume, non c’è soltanto infatti la figura di un bambino di nome Filippo, ma più in generale la presenza divertente (ma ahinoi  drammaticamente attuale!) di genitori ipercompetitivi. Se nella prima storia dal titolo Quando divento grande Filippo è alle prese con familiari stressanti che premono per definire il suo futuro mestiere in barba alle sue mirabolanti prospettive da astronauta, nella seconda, intitolata L’invasione dei grandi, lo stesso bambino affronta il primo giorno di scuola e con i compagni affronta una marmaglia di genitori desiderosi di mostrarsi abili (a dipingere, scrivere, giocare e far di conto) e di sostituire la vita d’ufficio con quella di classe. Semplici ma gradevoli, i due racconti di Isabella Paglia invitano a una lettura distesa, accompagnati a puntino dalle illustrazioni movimentate e coinvolgenti di Chiara Nocentini.

Sorprese al museo

Una bambina vivace e un museo cittadino. Potrebbe esserci combinazione più rischiosa? Apparentemente no, ma quando Flora viene accompagnata dai suoi seriorissimi genitori a visitare il museo locale ciò che si scatena non è un guaio ma la fantasia. Mentre gli adulti seguono il percorso espositivo con rispettoso rigore, la piccola segue una pista ben più interessante: in un quadro intitolato “I fiori blu”, infatti, dei fiori non c’è manco l’ombra e in compenso una margherita color del cielo giace abbandonata sul pavimento. Come si spiega? Per scoprirlo serve una piccola indagine e Flora non si tira certo indietro. Quella che rischiava di essere un noioso pomeriggio diventa così una strepitosa avventura tra tigri feroci, indiani pellerossa e signorotte benestanti.

Ricco di dettagli da scovare e gustare (tra cui un signore barbuto che assomiglia tremenamente all’autore!), Sorprese al museo è un invito a scoprire la cultura con occhi curiosi e freschi. E siccome la cultura deve essere per tutti, un librino come questo non poteva che comparire tra le pubblicazioni di Sinnos, che ha fatto della lettura inclusiva uno dei suoi capisaldi. Il libro, scritto da Federico Appel e illustrato da Francesca Carabelli, rientra infatti in una collana ad alta leggibilità dedicata al primo ciclo delle elementari e caratterizzata da storie brevi, leggere e tipograficamente amichevoli.

Chi se la fila?

Un libro che è tutta una corsa: in Chi se la fila?  il tempo è infatti tiranno e tutti i personaggi galoppano come fossero in perenne ritardo. In un inseguimento senza fine – la nonna insegue forse il figlio che pare inseguire la moglie che sembra inseguire la figlia che sta dietro al cane che a sua volta insegue il nonno che quasi quasi acciuffa la nonna – ciascuno sembra voler dimostrare i propri pensieri e i propri affetti con parole che si perdono nel fiatone o con gesti che rischiano di passare in osservati. Travolto da fili di lana che tanto evocano fili emotivi, relazioni che legano gli individui come una rete affettuosa, il nipotino osserva alla finestr, tra il divertito e lo stranito, la buffa scena di inseguimento. E con lui il lettore, che trova in questa curiosa catena umana una rivisitazione insolita della Fiera dell’est branduardiana.

Contraddistinto da tinte pastello e personaggi che raccontano emozioni con espressioni e movimenti, Chi se la fila? è il primo silent book targato Uovonero. In quanto privo di parole, il libro risulta particolarmente fruibile anche in caso di DSA, sordità o disturbi della comunicazione. La piena apprezzabilità della storia in caso di deficit cognitivi può essere invece compromessa da una storia che non si dipana in maniera così esplicita e facile da seguire in assenza di testo scritto. Anche in questo caso, tuttavia, nulla vieta di godere delle delicate immagini di Roberta Angeletti, sognanti e affascinanti, al di là della loro funzione prettamente narrativa.

Che rabbia!

Dal 2000, quando è stato pubblicato per la prima volta, l’albo Che rabbia! di Babalibri ha subito incontrato il favore del pubblico, riscuotendo un successo che dura ancora oggi: lo dimostrano le numerose ristampe e i frequenti prestiti bibliotecari. Difficile trovare un piccolo lettore che non abbia amato la storia del furibondo Roberto e della mostruosa cosa rossa, personificazione della sua ira, che distrugge tutto ciò che gli capita a tiro. L’albo è infatti costruito in maniera tale da stimolare la più immediata identificazione con il protagonista da parte del bambino e da dare una forma riconoscibile e incisiva a uno dei sentimenti più familiari e difficili da gestire in età infantile.

Per il suo sedicesimo compleanno Che rabbia! indossa un nuovo vestito, arricchendosi di una traduzione in Comunicazione Aumentativa e Alternativa che lo rende accessibile anche in caso di autismo, disturbi della comunicazione, difficoltà di lettura o deficit cognitivi. Pressoché identico all’originale, nella copertina come nell’aspetto interno, il volume amplia le possibilità di lettura senza compromettere la qualità del testo, delle illustrazioni e della loro armonica integrazione. A parte l’aggiunta dei simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) al di sopra del testo e alcune minime modifiche alle frasi (finalizzate per esempio a privilegiare l’ordine soggetto-verbo-discorso diretto), questa versione mira proprio a risultare riconoscibile e volendo intercambiabile con quella da cui ha preso le mosse. Perché i bei libri, nel loro complesso e non solo nelle loro componenti singolarmente prese, costituiscono un patrimonio prezioso cui tutti i bambini dovrebbero poter accedere.

Che rabbia!, in questa nuova e importante forma, inaugura la collana di libri in simboli “I libri di Camilla” (Collana di Albi Modificati Inclusivi per Letture Liberamente Accessibili), nata dalla collaborazione tra Uovonero (che cura appunto la traduzione in CAA) e altre otto case editrici per bambini (Babalibri, Sinnos, Kalandraka, Giralangolo, Bohem press, Coccole Books, Topipittori e Lo Stampatello) con lo scopo di allargare le possibilità di fruizione di alcuni degli albi più amati anche a lettori con difficoltà di decodifica testuale.

Fermate quella rana!

Le avventure di Hank Zipzer, funambolico personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver, hanno ormai preso il largo, contando più di sette episodi già pubblicati in italiano. Accanto alla serie classica che vede protagonista il bambino dislessico più creativo di New York alla fine della scuola primaria, inizia a decollare anche la serie che, come una sorta di prequel destinato ai lettori più giovani, lo vede alle prese con i primi anni alla SP87. Dopo Un segnalibro in cerca di autore e Breve storia di un lungo cane, esce infatti ora, sempre per i tipi di Uovonero, il terzo capitolo (come sempre predisposto per una lettura autonoma ma ancor più gustoso se letto a seguito dei precedenti) intitolato Fermate quella rana e contraddistinto dalla consueta grafica ariosa, dalle illustrazioni a tutta pagina di Giulia Orecchia, dai capitoli brevi e dalla stampa ad alta leggibilità in carattere piuttosto grande.

La rana in questione è Fred: l’animale domestico del preside Love, lasciato in custodia alla classe di Hank, Ashley e Frankie durante un intero weekend. È Hank, in particolare, ad avere la fortuna di occuparsene dato l’inatteso feeling che dimostra di avere fin da subito con l’animale. Da parte sua ci sono le migliori intenzioni di prendersi cura del temporaneo ospite ma quando difficoltà di attenzione e memoria ci mettono lo zampino può diventare difficile fare fronte a fughe anfibie. Quando Hank dimentica di mettere il coperchio all’acquario di Fred tutti gli amici e i famigliari saranno costretti a una caccia al tesoro contro per ritrovare la preziosa bestiola. Un posto d’onore in questa nuova avventura lo guadagna senza dubbio il cane Cheerio, affettuoso quanto inaspettato compagno di giochi di Fred, capace di mostrare a suo modo come gli amici si nascondano spesso dove meno ce lo aspettiamo.

Dov’è la stella marina?

L’aria bonacciona e simpatica è forse uno dei tratti più caratteristici dei personaggi di Barroux. Basterà aprire la prima pagina di Dov’è la stella marina? per averne una prova: qui troneggia salda e sorniona una balena grigia dal sorriso timido ma contagioso: quel sorriso che diventa a dir poco smagliante quando, nella pagina seguente, il mammifero si immerge e raggiunge i numerosi pesci che popolano il fondale marino. Che tripudio di colori e che allegria sgargiante, tra alghe e coralli! Qui pesci dalle forme, dai colori e dalle dimensioni variegate sguazzano a doppia pagina invitando il lettore a scoprirne e apprezzarne i singoli dettagli dettagli. Tra gli abitanti degli abissi figurano in particolare la stella marina, la medusa e il pesce pagliaccio che da lì in avanti sfidano il lettore a scovarli ad ogni pagina. Come anche in Dov’è l’elefante?, Barroux si diverte a nascondere tre personaggi lungo l’intero corso dell’albo rendendoli però protagonisti, al contempo, di una storia fatta e finita.

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Se nel primo volume era la deforestazione il tema caro all’autore dalla forte sensibilità ambientalista, qui è invece la cura del mare ad essere messa in primo piano. Colpiti dal disdicevole accumulo di rifiuti sul fondo del loro habitat – dapprima di bottiglie e lattine, poi di pneumatici e tubi e infine di elettrodomestici e bidoni, in un vero e proprio climax iconico – i tre animaletti subacquei chiedono aiuto alla balena per disfarsi del problema e soprattutto per educare quegli zozzoni degli umani a non disperdere la loro immondizia.  Sicché, con un fare vendicativo piuttosto inaspettato, il cetaceo trova una soluzione a dir poco d’impatto che non mancherà di sorprendere il lettore. Perché la balena è tanto cara e buona ma guai a farla arrabbiare!

Assimilabile a un silent book (le uniche parole del libro sono infatti il sintetico invito a trovare i tre protagonisti nelle diverse pagine), Dov’è la stella marina? unisce l’aspetto ludico della caccia al dettaglio al gusto narrativo di una storia semplice ma completa. Scandita da passaggi iconici che richiedono attenzione ma che risultano facilmente identificabili, questa si presta a letture individuali o condivise apprezzabili anche in caso di disabilità intellettiva, oltre che uditiva e comunicativa.

In equilibrio perfetto

Capita alcune fortunate volte di incappare in libri forti come uno schiaffo e quando questo accade la lettura si fa valanga che travolge e non lascia indenni. Ecco, considerate che In equilibrio perfetto è esattamente uno di quei libri. L’autrice – Zita Dazzi – vi infonde tanta di quella vita, in tutte le sue sfumature, che si trattiene quasi il fiato leggendolo e vi si riemerge tonificati. Fin dalle primissime pagine si ha l’impressione di camminare accanto ad Amanda,tra le mura di casa dove la madre è stremata da un tumore, sul bordo di un guardrail dove le auto che sfrecciano portano via i pensieri più bui o tra i banchi di scuola dove voti insufficienti e delusioni amorose aggiungono insicurezza all’insicurezza già accumulata. Si, la vita di Amanda è un vero caos. I suoi capelli blu,i suoi modi menefreghisti e i suoi vestiti appariscenti vogliono in qualche modo denunciarlo ma sembrano non bastare, perché non è facile a 16 anni trovare il modo giusto per dire la sofferenza e le persone giuste per ascoltarla. Anche nel buio di un’adolescenza periferica, però, alcuni incontri possono rivelarsi salvifici: quello con una professoressa attenta all’umanità dei suoi studenti, per esempio, o con un amico del tutto inatteso. Zita Dazzi riprende passo a passo, con la bravura che le è propria, questo spaccato di vita autentico, indugiando con uno sguardo lucido e mai giudicante, tanto sulle ombre quanto sulle luci che si intrecciano dentro e fuori Amanda. Ci sono tanti temi forti, qui, vicini ai ragazzi in crescita: l’amore, l’amicizia, il lutto, la responsabilità, il confronto con i pari e il desiderio di essere accettati. Tutti trovano posto in una storia che scivola veloce e che tocca anche chi non ha sedici anni, una madre malata o un padre assente che fa il dj in India. Insomma, In equilibrio perfetto è davvero un libro da scoprire e come se non bastasse è pubblicato da Sinnos ad alta leggibilità: una ragione in più per proporlo ai giovani  lettori, certi che non verranno scoraggiati né dall’aspetto né dal contenuto

Il tagliaboschi

Arrivano i primi freddi e, da sotto le coperte, si apprezzano con particolare piacere quei libri che racchiudono caminetti, manti soffici, pietanze fumanti e silenzio. Ecco perché il bell’albo di Alain Cancilleri casca proprio a fagiolo in questi giorni di autunno che avanza. Non solo Il tagliaboschi racconta di montagna, di boschi innevati, di natura e di quiete ma sa rendere queste atmosfere speciali attraverso le scelte legate alle parole (che non ci sono), alle tecniche (ruvide e minimali) e alle tinte (vibranti e misurate).

L’autore sceglie per la sua storia immersa in un paesaggio taciturno la strada impegnativa e incantevole del silent book.  In questo modo, valorizzando le sensazioni, riesce a raggiungere un pubblico ampio che non esclude lettori con disabilità o difficoltà legate al testo scritto. Anche in caso di sordità, di dislessia, di deficit intellettivi o comunicativi si può infatti cogliere il filo narrativo che lega queste pagine di un’essenzialità disarmante e apprezzare il bianco abbagliante che non è solo sfondo ma che si fa neve palpabile, le linee sottili che rivelano movimenti e sentimenti dei protagonisti; il gioco di inquadrature e colori che evidenza desolazione o calore; il contrasto netto tra figure umane esili e un contorno solido.

Edito da Il leone verde, il Tagliaboschi racconta di persone e cose semplici ma anche di scelte e azioni importanti. Il suo protagonista – un tagliaboschi per l’appunto – si accorge appena in tempo degli effetti nefasti che può avere la completa deforestazione e si impegna in prima persona perché il processo distruttivo inverta rotta. Dopo averlo seguito mentre abbatte un albero via l’altro lo troviamo in un’ultima eloquente pagina intento a portare nel bosco una nuova esile piantina. Quel che accadrà dopo possiamo solo immaginarlo, ma di certo quel che si sparge nella testa del lettore è un profumo di foglie, radici e natura che rinasce.

Un ottimo lavoro

Tra tutte le teste di legno che al mondo (reale o letterario) si possono incontrare quella creata dal bravissimo Iban Barrenetxea è in assoluto una delle più memorabili. Il suo Barone von Bomben, guerrafondaio di prima categoria, non si perde infatti una battaglia e a ogni scontro finisce per lasciarci un pezzo del corpo e per necessitare una protesi di legno. Succede per le due braccia, per le due gambe e per il capo appunto. Chiamato di volta in volta a scolpire i pezzi è lo stimatissimo falegname Firmìn che con professionalità e precisione non manca mai di soddisfare le insolite richieste dell’entourage del barone. Così, un arto dopo l’altro, l’abile artigiano dà forma a un Von Bombus pressoché interamente ligneo, senz’altro più benigno dell’originale. Ecco allora che l’ottimo lavoro cui allude il titolo travalica l’aspetto prettamente artigianale per assumere un valore squisitamente politico: perché chi lancia bombe e carica cannoni non può che aver trucioli o segatura dentro il capoccione ed è meglio se si rende innocuo.

Il libro, stampato da Sinnos ad alta leggibilità, non si caratterizza solo per l’utilizzo della ormai nota font leggimi ma anche per una scelta grafica nutrita di grassetti e colori: accorgimenti e finezze che contribuiscono a rendere il volume appetibile e piacevole anche allo sguardo di chi, per pigrizia, scarsa abitudine o disturbi dell’apprendimento, non va a nozze con i testi scritti. E come se non bastasse, a spingere la lettura con la potenza di un carro armato, ci pensano qui le parole e le immagini realizzate dall’autore basco: un piccolo curatissimo lavoro, degno di un artigiano letterario del calibro di Firmìn. La storia asciutta a incisiva, la sapiente costruzione ricorsiva e le illustrazioni che incantano, ferme nel tempo eppure in movimento tra una pagina e la seguente, danno infatti forma a un libro davvero intelligente e gustoso.

L’ombrello rosso

Sarà perché la voglia di storie è deliziosamente impaziente, fatto sta che Ingrid e Dieter Shubert, autori dell’albo L’ombrello rosso, non perdono tempo e il loro racconto per immagini inizia prima ancora che colophon e pagine introduttive abbiano il tempo di essere sfogliati. Subito dietro la copertina un intrepido cagnolino dal pelo color della pece trova infatti un ombrello abbandonato e a bordo di quest’ultimo si fa trasportare da un vento impetuoso. Inizia così un viaggio andata e ritorno sopra le nuvole, in mezzo alla savana, nelle profondità del mare, nel fitto della giungla e tra i rigidi ghiacci polari.

Un viaggio emozionante, non privo di pericoli e scoperte, durante il quale il comunissimo accessorio da pioggia si fa aereo, scudo, nave, sommergibile e persino slitta. Fino a quando l’intrepido viaggiatore non poggia nuovamente le zampe a terra e l’ombrello rosso non torna a essere che un utile oggetto per ripararsi dalla pioggia. Ma un nuovo passeggero curioso è in arrivo: altro giro altra corsa, tutto lascia intendere che un nuovo viaggio stia per cominciare…

Così si chiude, lasciando però aperti ampi spazi di immaginazione, il bellissimo albo senza parole pubblicato da Lamniscaat. In linea con il più autentico spirito dei viaggiatori, il lavoro dei due autori olandesi chiama il lettore a trovare a suo piacimento le parole per raccontare ciò che accade. Il loro stile privo di fronzoli ma attento ai dettagli invita infatti a spalancare gli occhi di fronte a paesaggi e protagonisti ben delineati e rende un servizio eccellente a una narrazione tutta iconica. Ciò che succede pagina dopo pagina, benché non esplicitato da un testo scritto, risulta infatti chiaro, netto e di conseguenza perfettamente fruibile anche in caso di disabilità, sia essa cognitiva, uditiva o comunicativa.

Hank Zipzer. Tiratemi fuori dalla quarta

Mayday mayday, allarme rosso! Si avvicinano i famigerati colloqui insegnanti-genitori: incontri ad alto rischio che possono segnare il futuro degli allievi della Scuola Primaria 87, decretandone o meno il passaggio alla classe successiva. Ecco allora che Hank, il cui profitto scolastico non è dei più brillanti, deve necessariamente ingegnarsi per evitare che la signorina Adolf e i coniugi Zipzer riescano a incrociarsi. Non basta, tuttavia, fingere di dimenticare l’avviso o tentare di distruggerlo o occultarlo: qui serve un piano degno di una mente geniale, tipo vincere due biglietti per un concerto rock a Philidalphia a cui spedire  i genitori proprio il giorno del colloquio. Detto fatto! Hank si mette all’opera con una dedizione e un impegno invidiabili ma come al solito ad aspettarlo c’è una montagna russa di panico ed euforia capace di suscitare una divertita empatia  in chi legge.

Settima avventura della serie creata da Henry Winkler e Lin Oliver, Tiratemi fuori dalla quarta sfrutta un impianto e una squadra di personaggi ben consolidata e ormai familiare al lettore. Insieme ad Hank, spumeggiante protagonista bambino con difficoltà di apprendimento, trovano spazio gli amici di sempre (Ashley e Frankie) che cercano di aiutarlo a boicottare il colloquio con gli insegnanti, la solida e insolita famiglia Zipzer che rivela qui tratti inaspettati (dall’indole benevola della sorella allo spirito rockeggiante dei genitori) e il corpo docente (in particolare la ferrea signorina Adolf e la comprensiva dottoressa Berger) che offrono un’immagine in definitiva sorprendente dell’istituzione scolastica.

Tiratemi fuori dalla quarta ha inoltre il merito di mostrare come la scuola non sia per i bambini solo un anonimo luogo in cui si apprende ma il luogo principe in cui ci si confronta, in cui ci si diverte, intorno a cui ruotano la vita sociale, l’autostima, molte relazioni e il giudizio dei pari. La scuola, insomma, come piccolo microcosmo in cui si affollano ansie, emozioni e tormenti impegnativi da gestire, che possono però trovare un contenitore e una forma positiva se ben gestite dagli adulti e ben affrontate dai piccoli. “Vogliamo darti tutte le possibilità di riuscire, Hank”, è la frase significativa che pronuncia la dottoressa Berger durante il colloquio, condensando in una riga il valore di un punto di riferimento educativo che sappia accogliere le difficoltà, valorizzando le risorse di ognuno.

Una scuola mostruosa

Spilungo-Frankie, Stecco-Lecco e Fagiolone gigante sono solo alcuni degli spiacevoli nomignoli che Frankie, bambino piuttosto alto e magro, si sente affibbiare ogni giorno a scuola. Le giornate in classe sono tutte una presa in giro e  farsi un amico gli appare un’impresa pressoché titanica. Che fare? Mamma e papà hanno una soluzione a dir poco insolita: iscriverlo per qualche tempo a una scuola di mostri! Potrebbe sembrare strambo, in effetti, ma gli insegnamenti dei professori Paletto, Furioso, Conte Fantasmino e Ombra regaleranno a Frankie la possibilità di farsi notare e apprezzare dai compagni che prima lo snobbavano. Chi l’avrebbe detto che due denti insanguinati, un muso peloso,una testa svitata e muri attraversati potessero rivelarsi così utili per fare amicizia?

Con un racconto leggero e divertente, Jeremy Strong prova e invita a ridere della paura e a trovare soluzioni creative alle difficoltà di socializzazione che spesso affliggono i bambini (ma anche i grandi). La sua storia, inserita da Sinnos all’interno della collana ad alta leggibilità leggimi! a colori, costituisce un incentivo alla lettura basato sul sorriso anche per lettori non troppo esperti o con difficoltà. In più, quasi tre le righe, si legge in questo libro del valore dell’amicizia tra maschi e femmine – spesso bistrattato o oggetto di pregiudizi – che non fa male e anzi qui dà una bella spinta alla narrazione. Nella piccola (di statura) Molly, il giovane Frenkie troverà infatti un’alleata, un’amica e una spalla tosta come poche se ne scovano in giro!

 

Manuale del piccolo aviatore

Un libro di narrativa certo non è, ma data la particolarità del progetto che lo supporta Il manuale del piccolo aviatore merita senz’altro una segnalazione. Il libro è un concentrato di informazioni utili e interessanti, soprattutto per quei bambini e quelle bambine che amano stare con il naso all’insù e che vedono nel volo, nella tecnologia aeronautica e nell’esplorazione dello spazio una realtà a dir poco affascinante. Qui si trovano riunite e spiegate in modo chiaro informazioni variegate relative alla storia del volo, alla flotta della nostra Aeronautica, al mestiere di Pilota, alla Frecce Tricolore, ai record spaziali e all’esperienza dell’ormai notissimo capitano Samantha Cristoforetti. Provvisto di diversi box di curiosità e di un glossario riassuntivo, il libro si chiude con il test del piccolo aviatore e un attestato ritagliabile che valorizza le conoscenze acquisite dal lettore. La ricchezza dei contenuti qui raccolti è dunque notevole benché la grafica non renda loro effettiva giustizia. Molto semplice e a tratti dall’aspetto casalingo, questa agevola la comprensibilità delle informazioni pur a scapito dell’appeal estetico.

Il manuale del piccolo aviatore è disponibile in cinque versioni diverse – tradizionale, Braille (senza illustrazioni ma con doppio testo nero-Braille), a grandi caratteri, ad alta leggibilità (con utilizzo della font Puntidivistafacile), in simboli – così da soddisfare bisogni di lettura differenti. Diverse nel formato, nell’adattamento testuale, nell’aspetto grafico oltre che nel tipo di codice impiegato, queste rispondono all’idea che strade diverse possano condurre al medesimo contenuto, garantendo a tutti i bambini le medesime opportunità di scoperta. Frutto di un progetto inclusivo che vede partner l’Aeronautica militare e la casa editrice Puntidivista, i cinque volumi si ispirano all’idea che , così come il cielo, anche il diritto alla lettura debba essere di tutti.

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La rapina del secolo

Il furbo, Carlone e Luigino lo svelto sono tre ladri e hanno in mente quella che potrebbe rivelarsi la rapina del secolo: rubare la torta di nozze del figlio del presidente del Cile dalla pasticceria del celebre Rolando per chiedere un sostanzioso ricatto. Ma il furbo, Carlone e Luigino lo svelto – come lasciano facilmente intuire i nomi – sono una banda scalcinata tutta da ridere con un boss alto un soldo di cacio che fa il duro che più duro non si può e due gregari di cui uno un po’ tonto e l’altro intento solo a mangiare. Inutile dire che, date le caratteristiche del trio, l’impresa incontrerà qualche intoppo, a tutto guadagno del divertimento del lettore.

Davide Calì racconta infatti questa brevissima storia sottolineando i tratti più comici dei suoi protagonisti, i dialoghi surreali che prendono vita tra loro e la piega rocambolesca che assume l’intera faccenda. Lo fa con una scrittura semplice e ben calibrata che ben si sposa con illustrazioni essenzialissime, anch’esse a firma sua,  tutte giocate su forme minime e sui toni del bianco, del nero e del verde salvia.  Il risultato sono pagine non solo dal contenuto ma anche dall’aspetto ammiccante che si mostrano fin da una prima occhiata accessibili e amichevoli anche per chi non bazzica la lettura con frequenza o con facilità. Lo stesso accade anche nell’altro libro firmato dall’autore e intitolato La casa di riposo dei Supereroi che con La rapina del secolo inaugura Minizoom, la fresca collana ad alta leggibilità per giovanissimi lanciata da Biancoenero nel 2016.

 

 

Geranio, il cane caduto dal cielo

E se un giorno come un altro, camminando placidamente per strada, un cane piombasse dal cielo e arrivasse dritto dritto sulla vostra capoccia? Di fatto è proprio quello che succede ad Alberto, quel giorno che pieno di speranza si dirigeva verso l’edicola con la speranza di acquistare la bustina fortunata di figurine. L’impatto è rovinoso ma una volta ripresosi dal colpo il bambino non può che cedere alle affettuose insistenze del cane piovuto da chissà dove e portarlo con sé a casa. Non sarà un’impresa facile perché il colonnello Marziali, che abita nello stesso palazzo di Alberto, non vuole nemmeno sentire parlare di animali domestici. Allettato però da una ricca posta in gioco, l’austero condomino accetta la sfida lanciatagli dal bambino, da sua sorella Ines e dall’amico Marcello: se entro una settimana i tre dimostreranno che il cane sa fare qualcosa di speciale potranno tenerlo, altrimenti finirà dritto al canile e il colonnello otterrà un raro francobollo. Inizia così per i tre un conto alla rovescia appassionante che li vede impegnati a testare le abilità di Geranio – questo il nome, più che mai azzeccato, del cane piovuto come un vaso dal cielo – in fatto di soccorso acquatico, traino di slitte e caccia alla selvaggina. Ma niente da fare: il cane pare non eccellere in nulla. Solo in extremis, quando tutta la famiglia si è ormai affezionata alla bestiola e ogni possibilità di successo sembra svanire, qualcuno si rende conto che una qualità speciale può essere qualcosa di semplice ma importante cui talvolta non diamo abbastanza peso…

Geranio, il cane caduto dal cielo, racconta del legame stretto che si può instaurare tra animali ed essere umani e dell’affetto che, in entrambe le direzioni, viene troppo spesso sottovalutato. Lo fa attraverso pagine che accolgono caratteri di alta leggibilità (il font leggimi mutuato dalla Sinnos, la spaziatura ariosa, la carta color crema e la sbandieratura a destra), invitando così alla lettura anche un pubblico di ragazzi con difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Appuntamento nel bosco

Gli appuntamenti al buio, si sa, sono un azzardo. Imprevisti ed equivoci possono nascondersi dietro l’angolo, rimescolando a sorpresa le carte dell’attesa. E’ proprio quel che succede alla pipistrellina protagonista di Appuntamento nel bosco che aspetta per cena un cervo ma che in luogo del maestoso mammifero si trova sulla porta di casa un insetto minuto e dimesso. A dispetto del nome, il cervo volante che si presenta al rendez-vous romantico non ha nulla a che vedere con l’ospite immaginato e rischia persino di finire divorato prima ancora di varcare la soglia. Ma la pipistrellina, dopo un primo momento di scoramento, decide di darsi e dare al coleottero una possibilità di conoscenza. Il risultato sarà una piacevole sorpresa, in barba all’ottuso martin pescatore e alla sua filosofia dell’ “ognuno se ne stia solo con i suoi simili”.

Tutto basato su un equivoco scientifico-lessical , il libro segue gli sviluppi di un incontro stravagante in cui i pregiudizi finiscono per andare a farsi friggere: niente di più adeguato, peraltro, per un racconto incentrato su una cena! A rendere il racconto ancora più gustoso intervengono illustrazioni colorate e divertenti che, sottolineando somiglianze e differenze tra i protagonisti e spargendo dettagli sfiziosi su tutte le pagine, trasformano la biodiversità in una faccenda tutta da scoprire. Lo stesso argomento, inoltre, diventa protagonista in chiusura di libro, all’interno di giochi e piccoli approfondimenti che stimolano la curiosità scientifica su alcuni degli animali citati nella storia.

La coppia autorale che dà vita a questo godibile libro è formata da Sylvia Vanden Heede, già pubblicata ad alta leggibilità con le avventure di Lupo e cane insoliti cugini (Beisler), e da Benjamin Leroy, il cui tratto sorridente ha già animato Caccia alla tigre dei denti a sciabola (Sinnos). Particolarmente adatto a lettori del primo ciclo delle elementari, Appuntamento nel bosco fa parte di una collana intelligente e accattivante di Sinnos (I narratori a colori) che combina storie brevi e divertenti, illustrazioni frequenti e avvolgenti (nei confronti sia del testo si del lettore) e accorgimenti tipografici in favore di una leggibilità maggiore e più agevole, anche per chi è colpito di dislessia.

Giochi di luce

Giochi di luce è un colpo di fulmine: impossibile non restarne folgorati! L’originalità e la vicinanza con il sentire bambino di questo splendido albo senza parole – già vincitore del prestigioso Bologna Ragazzi Award nel 2015 – lo rendono infatti un piccolo e insolito gioiello, in cui il lettore è chiamato ad agire con poca fretta e molta curiosità.

Sull’inconsueto sfondo nero delle pagine – che sfida le convenzioni editoriali e suscita un immediato effetto stuzzicante – si stagliano contorni grigio chiaro di piante, fiori e animali di ogni sorta. A esplorare questa natura misteriosa, fianco a fianco al lettore, c’è un intraprendente  bambino dagli sgargianti stivali giallo limone. Torcia alla mano questi si avventura tra cespugli, fronde e radure illuminando ogni volta un particolare del sottobosco.

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Il cono di luce bianco della torcia porta così allo scoperto dettagli arborei e creature del buio indaffarate, mentre tutt’intorno, nella penombra, la luna avanza nel cielo e la natura si anima pensando forse che nessuno la scorga. Gufi, cerbiatti, pipistrelli e roditori di varia taglia portano avanti le loro consuete attività notturne o si arrestano – tra timore e interesse – a fissare l’insolito ma rispettoso visitatore. Il loro è un incontro discreto e quieto, fatto di reciproche attenzioni che si risolvono in un buffo colpo di scena finale.

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Tutto accade nel massimo silenzio: quello che serve per osservare per benino il bosco e i suoi abitanti e per godere appieno di una storia fatta di minuzie, di dettagli brulicanti, di stupore per le piccole cose. Giochi di luce invita proprio a fare questo, offrendo quadri pullulanti tra i quali muoversi alla ricerca di bestiole nuove o già incontrate, di finestrelle che svelano particolari prima non scorti e di interazioni tra i personaggi che fanno del libro un’avventura vera e propria, in cui meraviglia e libertà di esplorazione vanno felicemente a braccetto.

 

 

 

Settestella

Settestella è – come anticipa il nome – una stella un po’ particolare che di punte ne ha sette invece che cinque. Caduta dal cielo in mare, la stella perde le sue punte ma trova diversi amici, tra cui animali marini e terrestri, oggetti naturali e agenti atmosferici, che riconoscono la sua unicità e le fanno doni capaci di renderla ancora più speciale. La protagonista diventa così “una stella di pinna, di foglia, di ago, di baffo, di piuma, lancetta e bastone”, incarnando l’arricchimento che l’incontro con l’altro può regalare.

Dario Moretti, autore e illustratore del volume, opta per immagini interamente realizzate in cartoncino rigido, sfruttando giochi di spessori, vuoti e pieni, rilievi e incisioni. Il risultato è una carrellata di immagini tattili  piuttosto semplici nell’aspetto ma non agevolissime da esplorare al tatto (penso per esempio al gufo, la cui forma non è così intuitiva e i cui dettagli interni non sono così marcati), piacevoli soprattutto per chi può godere anche della vista. Prive di dettagli superflui, queste accompagnano un testo poetico ed essenziale, trascritto sia in nero sia in Braille.

Ultimo di una collana preziosissima di libri tattili editi dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi grazie al sostegno di Enel Cuore, Settestella verrà distribuito in centinaia di copie gratuite a biblioteche, associazioni ed enti che hanno aderito al progetto A spasso con le dita. Il libro condensa bene i temi della diversità, dell’identità e della partecipazione che la Federazione ha fatto propri negli ultimi anni e sviluppato anche attraverso la mostra itinerante di tavole tattili Le parole della solidarietà, in cui sono stati coinvolti più di 10 artisti italiani.

Aria acqua terra fuoco

Che delizioso lavoro è Aria acqua terra fuoco, l’ultimo dei libri tattili creati dall’infaticabile squadra de L’albero della Speranza. Del tutto insolito rispetto alla precedente produzione della casa editrice di Ivrea, il volume strizza l’occhio anche al lettore adulto e rivela una cura eccezionale fin dall’involucro in cartoncino ondulato che lo impreziosisce e dalla copertina telata che lo racchiude.

Dentro, si racconta la storia dei quattro elementi, ciascuno dei quali ritiene e pretende di essere più importante degli altri. Anche l’uomo, una volta sopraggiunto, crede di potersi imporre dominando le forze della natura. Sarà solo la saggezza dei bambini a far capire a tutti – elementi, uomo e lettore – che il pianeta non è proprietà di nessuno e come tale va rispettato. O per dirla con un antico proverbio masai: non riceviamo la Terra in eredità dai nostri padri ma in prestito dai nostri figli.

Gli autori hanno optato qui per una rappresentazione fortemente simbolica – il che costituisce spesso una buona scelta in ambito tattile – chiaramente illustrata da una legenda posta all’inizio del libro ed efficacemente realizzata attraverso materiali corposi e ben distinti. Essenziali e proprio per questo molto suggestive, le immagini tattili di Aria acqua terra fuoco lasciano quindi le dita libere di esplorare con facilità e di suggerire spunti fertili all’immaginazione del lettore.

E riprese a volare

Nato dalle mani abili de L’albero della speranza alla fine del 2015, E riprese a volare racconta di un passerotto triste e inizialmente incapace di librarsi nel cielo che vive rassegnato e solo a terra fino a quando un amico non gli mostra un’occasione di riscatto e l’amore non gli offre la possibilità tanto attesa di tornare a volare. Costruito, come nella miglior tradizione della casa editrice di Ivrea, con doppio testo – nero e Braille – e illustrazioni al 100% esplorabili con le dita, il volume è adatto a un pubblico di giovanissimi lettori, anche privi di una grande esperienza in fatto di decodifica tattile.

Ci sono dentro il libro, è vero, i temi importanti della solitudine, dell’amicizia e dell’amore ma il racconto – non dei più entusiasmanti in  definitiva –  non tiene il passo di illustrazioni invece accurate in cui si vede profuso un grandissimo impegno. La loro semplicità e piacevolezza – si pensi, a titolo d’esempio, al sofficissimo piumaggio dei protagonisti, alle fronde realmente penzolanti del salice piangente o alla dura liscezza delle uova – rende il volume particolarmente fruibile in caso di disabilità visiva e altresì attraente per quei bambini che trovano nella manipolazione di superfici particolari, e morbide soprattutto, stimoli positivi e preziosi.

Scarpa, dove sei?

Un calcio per aria e la scarpa di un bambino finisce chissà dove. In fondo al mare, forse. O tra stormi di uccelli. Nel bel mezzo di una guerra coi cannoni, perché no? Sta al lettore scoprirlo scorrendo pagine in cui paesaggi e protagonisti i più disparati si susseguono in una giravolta di scene più o meno surreali.

Scarpa, dove sei? è un albo quasi senza parole, che si apre e si chiude con due righe di cornice in forma di filastrocca ma che procede per il resto per sole immagini. Il gioco sta tutto nel trovare le sagome di scarpe nascoste in ogni quadro – nel muso del rinoceronte come nel corno di una mucca, negli arti dello spaventapasseri come nella pancia della nave – scorgendo, per un piacere più minuzioso, la varietà di modelli disseminati tra le pagine e la loro peculiarità rispetto alla scena rappresentata.

Siamo di fronte a un piccolo albo che non strepita ma che sa divertire, un libro che è una caccia al tesoro a filo di pagina, una carrellata di personaggi bislacchi, un invito a cercare forme note dove meno ci si aspetterebbe. Con più di cinquant’anni sulle spalle (Scarpa, dove sei? è stato pubblicato per la prima volta a New York nel 1964), il volume ora pubblicato da Salani sposa semplicità e ironia valorizzando il tratto inconfondibile di un grande autore come Tomi Ungerer.

[Edit: luglio 2022] Il libro di Tomi Ungerer è stato da poco ripubblicato da Biancoenero nella collana Doppio passo.

Eli sottovoce… le matite

Quella di Eli sottovoce è una piccola saga silenziosa che vede protagonista una libellula intraprendente, perseverante e creativa. Nei diversi episodi la bestiola si cimenta con opere di alta e raffinata ingegneria: torri di carte, uova e matite che inesorabilmente finiscono per crollare. Ma dall’errore può nascere qualcosa di meraviglioso e la creatività può subire nutrirsi di intoppi (soprattutto se sopraggiunge l’aiuto di qualche amico!): prova ne sia il fatto che le costruzioni fallite di Eli offrono gli spunti necessari per creare strepitose mongolfiere o stupefacenti lampadari.

Nell’ultimo episodio, in particolare, un ardito pinnacolo di matite ben appuntite si schianta al suolo prima di essere completato. Ma da un lapis spezzato spunta un insetto bislungo che opportunamente insaponato e innaffiato finisce per dar vita, insieme ad Eli, a straordinarie bolle di sapone.

Il silent book, così come i precedenti (Eli sottovoce… le carte ed Eli sottovoce…l’uovo, di ciascuno dei quali è possibile visionare un trailer online), si sviluppa in un elegante formato lungo e stretto che sfrutta l’altezza della pagina per valorizzare le invenzioni della protagonista. Lo stile dell’autrice Laura Bellini è dal canto suo raffinato e sfizioso, capace di delineare brevi storie suggestive che stimolano il lettore e richiedono attenzione, invenzione e gusto per i particolari minuziosi.

Pois

In un atelier vivace e colorato qualcosa di strano sta per accadere. Tra manichini e tessuti dalle tinte sgargianti, quando la sarta meno se lo aspetta, i pois di un bell’abito giallo prendono il largo e scappano altrove. Gasp, disastro! Che ne sarà del bell’abito? Ma soprattutto dove si saranno cacciati gli intrepidi pois? Con un finale surreale e sorprendente il libro di Cristina Bazzoni lascia un sorriso sulla bocca del lettore, invitandolo a cogliere nell’imprevisto una nuova possibilità creativa!

Finalista del Silent Book Contest 2015, Pois si distingue nel variegato mondo degli albi per il suo marcato aspetto grafico e per l’influenza marcata di ambiti (pubblicitario per esempio) e periodi (gli anni ’50-’60 in primis) molto particolari. Il colore puro la fa qui da padrone, concorrendo non solo a restituire un complesso piacevole e insolito, ma agevolando anche la messa in rilievo degli elementi cardine della narrazione e dei richiami interni al libro. Questo contribuisce a rendere la storia ben comprensibile nonostante l’assenza di parole e pertanto godibile anche da parte di chi si approccia con difficoltà al testo scritto.

Dov’è l’elefante?

Potrebbe sembrare una semplice rivisitazione animalesca del classicissimo Dov’è Wally? (non a caso citato dall’autore come fonte di ispirazione) e già ci sarebbe di che divertirsi. Ma Dov’è l’elefante? non è solo questo. La sfiziosissima sfida a individuare un pachiderma, un pappagallo e un serpente ad ogni doppia pagina di questo coloratissimo libro valorizza infatti la storia raccontata da Barroux e focalizzata sul rispetto della natura. Man mano che si avanza nella lettura, la variopinta e intrigante foresta in cui i tre animali si nascondono va riducendosi a causa dell’aumento di case e costruzioni, costringendo i protagonisti dapprima a strategie di occultamento sempre più ingegnose e infine a una soluzione tanto simpatica quanto drammatica.

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Per le sue caratteristiche, il libro pubblicato dalle Edizioni Clichy si presta a un assortimento di letture davvero ricco e stimolante. Si può giocare a nascondino con i personaggi, raccontare una bella storia, scoprire i pericoli della deforestazione e/o fare tutte queste cose insieme. La libertà concessa dall’assenza di parole, inoltre, apre queste possibilità a un pubblico straordinariamente ampio nel quale anche bambini con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica del testo possono sentirsi confortevolmente inclusi.

Eugenia l’ingegnosa

Metti un’isola in cui gli abitanti hanno smesso di sognare e di domandarsi cosa ci sia oltre il mare. Ma metti anche una bambina intraprendente e determinata, che non si accontenta di muoversi entro limiti prefissati. Conoscerai così l’isola dei Nascondoni – popolo mite e rassegnato – ma anche Eugenia –bambina dalle idee chiare ben intenzionata a raggiungere l’ormai dimenticata isola di Nonsodove. Per farlo dovrà faticare non poco e avvalersi dell’aiuto di insoliti assistenti, dal fratellino Nicola a schiere di disponibili animali locali come castori, ragni e lucciole. Il risultato sarà così sudato ma varrà senz’altro gli sforzi, rivelando ad Eugenia e ai Nascondoni tutti, occasioni di conoscenza e arricchimento inaudite.

Eugenia l’ingegnosa dipinge con freschezza la voglia e il diritto di sognare, di essere curiosi e soprattutto di impegnarsi per diventare ciò che si desidera. Maschi o femmine che si sia. Ma racconta anche con forza che i ponti non solo strutture asettiche che collegano luoghi ma soprattutto possibilità di incontro tra persone. Tutto questo in un piccolo e apparentemente innocuo libretto che sa fare di una semplice metafora un messaggio potentissimo dalla veste frizzante (merito delle numerose e vivaci illustrazioni) e dall’aspetto amichevole (grazie ai criteri di alta leggibilità, garantiti dalla rodatissima collana leggimi di Sinnos). Agli spunti di cui il libro è già colmo di per sé si aggiungono quelli messi a punto da un’équipe di architette e ingegnere che ha fortemente voluto dar vita alla storia di Eugenia: una sfiziosa serie di semplici attività, scaricabili gratuitamente qui, sono infatti messe a disposizione di insegnanti, genitori e adulti in genere che vogliano farne uso con i piccoli lettori.

Le avventure di Lester e Bob

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Fate largo, sono in arrivo due personaggi illustrati a dir poco irresistibili! Usciti direttamente dalla penna di Ole Könnecke, Lester e Bob sono due amici davvero bislacchi: un papero con un certo savoir faire e un orso pacioccone re delle torte al forno. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più divergente – egocentrico e sicuro il primo, low-profile e accomodante il secondo – e proprio da questa divergenza nasce l’ilarità degli sketch cui i due danno vita e la vitalità della relazione che li unisce.

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Che sia nel bel mezzo di una partita a bocce con dei coccodrilli o in preparazione di una serata di gala, di ritorno da un giro del mondo o in piena costruzione di volatili di neve, i battibecchi, gli scambi di opinioni, le battute e le trovate dei due animali sanno lasciare spiazzati, sorridenti e di buonumore.

Nelle loro sono avventure, minimal e surreali, la stramberia è all’ordine del giorno e l’amicizia finisce sempre per trionfare. Senza moralismi o forzature, però – si badi bene – ma per il solo e invincibile potere di una torta al cioccolato o di una maschera del buonumore. L’autore ha infatti questa rara abilità nel raccontare storie a misura di bambino che danno rilievo ai sentimenti passando attraverso le cose concrete. Qui, in particolare, l’anatra e l’orso sono protagonisti di quadretti gustosi e concisi – perfetti per stuzzicare senza appesantire – che si vorrebbe potessero avere un seguito ancora molto lungo, lunghissimo.

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Le avventure di Lester e Bob fa parte della collana ad alta leggibilità Leggo già di Beisler, inaugurata dall’altrettanto surreale volume Lupo e cane. Insoliti cugini. Il libro di Ole Könnecke fa però uso del font specifico per dislessia in formato maiuscolo, che calza a pennello sulle storie narrate e sul target più giovane cui queste si rivolgono.

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Geltrude senza piume

Alice, la piccola protagonista dell’albo Geltrude senza Piume, è una bambina tosta e testarda. Affezionata alla sua cara oca di stoffa e sensibile di fronte alla sofferenza animale, si rifiuta dapprima di utilizzare un cuscino nuovo di zecca perché fatto di piume e riesce infine ad adottare un’oca vera, salvandola da un allevamento intensivo.

La storia, scritta con la consueta passione da Sandra Dema e stampata ad alta leggibilità grazie all’impiego del font open source OpenDislexic, presenta con un marcato ed esplicito intento educativo. Le illustrazioni di Valeria Castellani, dal canto loro, sono comunicative e avvolgenti nella loro naïveté. Prive di dettagli accumulati e rumori di fondo, sottolineano l’entusiasmo e i sinceri sentimenti della protagonista.

The big swim. La grande prova

Presentatosi ai lettori i italiani con La strana collezione di Mister Karp (finalista del premio Andersen 2014), Cary Fagan torna a farsi notare con un nuovo libro ad alta leggibilità destinato ad un pubblico analogo o di poco più grande. Pubblicato con la consueta attenzione alle esigenze di lettori con dislessia dalla Biancoenero, The big swim. La grande prova racconta di un’estate a un campo estivo per ragazzi, così come vissuta dal protagonista Ethan.

Timido e poco predisposto a farsi notare, Ethan cerca dapprima di mantenere un basso profilo e non farsi dei nemici ma scopre pian piano di potersi spingere più in là, trovando compagni che lo apprezzino, occasioni per mettersi alla prova e coraggio per mostrare i propri talenti e per esternare i propri sentimenti. La settimana di campo estivo diventa così per lui una piccola ma intensissima esperienza di crescita, con compagni di avventura che val la pena di scoprire a fondo e possibilità di toccare da vicino l’emozione palpitante e contrastante dell’adolescenza che bussa alla porta. La stessa palpitante e contrastante emozione che si prova, forse, a cimentarsi in piena notte, con la Grande Traversata a nuoto verso l’isola di Downing…

 

Officina Millegiri

Sono tante e sfaccettate le storie a due ruote che si intrecciano in questo fumetto: una moltitudine di personaggi, epoche, panorami, contesti, vicende ed emozioni si fanno largo a suon di pedalate. È proprio la passione per le biciclette dei suoi protagonisti – dall’aggiustatutto al corridore, dall’orsa equilibrista al ciclista acchiappanuvole, dalla band a pedali al tifoso sfegatato – a fare da filo conduttore a un fumetto che dice tra le curve di sogni, amori, progetti e amicizie.

Le parole sono scelte dal cantante dei Tête de Bois Andrea Satta e trovano forma visiva nella matita di Eleonora Antonioni (anche se è proprio da quest’ultima che l’idea di portare tante biciclette in un solo libro è partita). L’incontro tra le due voci è ben calibrato e non scontata: tale insomma da lanciare un amo insolito a lettori adolescenti, soprattutto se amanti delle corse in velocità.

La brevità delle storie, unita alla consueta attenzione di Sinnos per l’alta leggibilità (qui applicata al genere del fumetto grazie alla font leggimi graphic), rende Officina Millegiri particolarmente fruibile anche da parte di giovani lettori poco a proprio agio tra le pagine fitte.

La casa di riposo dei supereroi

Dei supereroi così, di certo, non li avete mai visti! Acciaccati, smemorati, mollicci e un po’ rimbambiti, alcuni dei più intrepidi paladini della giustizia sono ritratti da Davide Calì al tramonto della loro carriera, tra un apparecchio acustico e una pappetta adatta alle dentiere. Quando meno se lo aspettano, però, una nuova (e forse non ultima) avventura bussa alla porta della loro casa di riposo, obbligandoli a riscoprire il gusto della sfida e il valore della collaborazione.

La casa di riposo dei supereroi, uscito insieme a La rapina del secolo (anch’esso a firma del bravo Davide Calì), inaugura la nuova e apprezzabilissima collana Minizoom della casa editrice Biancoenero: una collana di librini agili nel formato e nel contenuto, con testi e illustrazioni amichevoli e divertenti. L’ideale insomma per avvicinare alla lettura anche i bambini più poco esperti o riluttanti che possono ritrovare qui la consueta attenzione per l’alta leggibilità a cui la casa editrice romana si è da sempre dedicata.

Il cavaliere saponetta

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Il cavaliere Saponetta si chiama così per la sua sfrenato attitudine alla pulizia: sempre lindo e profumato, non perde occasione per strofinarsi per bene dopo una battaglia condotta con lealtà e ardore. Ad accompagnarlo nelle imprese il fido ma ancora inesperto Elmo e a circondarlo presso la sua magione una sfilza di personaggi buffi, primo fra tutti il maestro inglese di quick step.

La vita del protagonista è insomma sufficientemente avvincente e vivace di per sé ma sarà un’improvvisa e urgente lettera del re a renderla davvero travolgente. Incaricato di sconfiggere un drago che sta terrorizzando il regno, il cavaliere Saponetta si trova ad affrontare molti pericoli, la maggior parte dei quali predisposti dal malfido conte Grigio che come lui punta alla mano di Linda, la soave figlia del re. Il finale sarà tutta una sorpresa, capace di rivelare intrighi ma anche di dare una scossa agli stereotipi che spesso si nascono nelle fiabe.

A rendere ancora più piacevole una storia già così molto gustosa, entrano in campo i disegni frequenti, colorati e irresistibili di Mattias de Leeuw che illustrano con pazienza i vari passaggi del racconto e ne sottolineano bene il tono scherzoso. Gli accorgimenti tipografici caratteristici (font leggimi, spaziatura maggiore, carta avoriata, sbandieratura a destra, a capo in linea con la punteggiatura) della collana ad alta leggibilità I narratori a colori di Sinnos, di cui Il cavaliere Saponetta fa parte, completano infine il quadro, garantendo una più agevole lettura anche in caso di dislessia.

Ti regalo la luna

Quale regalo può essere all’altezza di un amore è così grande come quello tra un bambino e la sua mamma? Forse solo la luna, o almeno questa è la risposta che si dà il piccolo Riccardo, desideroso di fare un dono speciale alla sua mamma. Ma la luna è così in alto che gli servirà salire sulle spalle del papà, e poi ancora dei vicini, e poi ancora dei cugini e così via prima di poter arrivare all’agognato obiettivo. Ma con tutti questi aiuti, che andranno in qualche modo ricompensati con un pezzetto di luna – resterà infine un regalo abbastanza degno per la mamma? Le parole affettuose di Alice Brière-Haquet accompagnano il lettore a scoprirlo con i toni, l’essenzialità e le atmosfere sospese tipiche delle fiaba. Accanto ad esse, le immagini sognanti di Célia Chauffrey, persin sacrificate in un formato così ridotto, danno una forma silenziosa a tutto il sentimento contenuto nella narrazione.

La struttura a iterazione che caratterizza il racconto dona un ritmo cullante alla lettura e contribuisce forse a renderla più agevole, costruendo una rete di richiami e riprese amichevoli anche per il lettore con qualche difficoltà. Di certo a questo scopo concorrono le scelte tipografiche operate dall’editore Gribaudo all’interno di questo volume così come degli altri che compongono la collana Facile! Leggere bene. Leggere tutti: font ad alta leggibilità leggimi mutuato dalla Sinnos, spaziatura maggiore tra le righe e le parole e sbandieratura a destra. Un piccolo dono per i lettori con e senza disturbi specifici dell’apprendimento, almeno prezioso come quello di Riccardo alla sua mamma.

Il topino che si mangiò la luna

Il fascino della luna, si sa, è universale. Grandi e piccoli ne restano ammaliati e così accade anche all’animaletto protagonista de Il topino che si mangiò la luna. Addormentatosi la sera ammirandone il bagliore, il topino si sveglia la mattina convinto di averla trovata a fianco al suo letto. Ne assaggia così un pezzetto, crucciandosi però subito per averla così rovinata. Non sarà facile per gli amici del bosco convincerlo che la delizia da lui gustata era solo una banana che nulla ha tolto allo splendore della notte.

La storia è semplicissima ma di una tenerezza cosmica. Ci si trova dentro tutta l’ingenuità infantile: quella che porta a vedere le cose da un punto di vista insolito e ad attribuire loro un valore tutto speciale. Le parolecentellinate e scelte con attenzione alla loro familiarità fanno come da didascalia o inserto a illustrazioni ampie (malgrado il piccolo formato del libro) e delicate. Le une e le altre sono firmate da Petr Horáček, autore e illustratore ceco che sceglie di parlare ai lettori più piccoli sbirciando direttamente nel loro mondo.

La piacevolezza del racconto, ideale per una lettura intima condivisa, è valorizzata da scelte tipografiche che promuovono l’inclusione e una lettura a misura di lettori con qualche difficoltà. Il font leggimi firmato Sinnos e la scelte di impaginazione ad alta leggibilità accentuano infatti il carattere lineare e accogliente di una storia tutta da mordere!

Il signor Paltò

Il signor Paltò era un omino che aveva sempre freddo. Ma freddo freddo freddo, tanto che stava sempre in casa e anche il giorno in cui decise di avventurarsi fuori dovette coprirsi con così tanti indumenti da diventare un’attrattiva. Fu allora che ebbe l’occasione di incontrare finalmente un essere simile a lui e scoprire che il freddo – fuori e dentro – si combatte meglio se non si è da soli. Il libro dell’olandese Sieb Posthuma, piacevolissimo nei testi e nelle immagini, offre così una storia d’amore tenera e delicata che scalda il lettore almeno quanto i personaggi.

Il signor Paltò fa parte di una valida collana edita da Gribaudo che propone storie brevi e semplici capaci di possono catturare lettori poco esperti e che segue criteri di alta leggibilità tra cui l’utilizzo del font leggimi messo a punto da Sinnos in favore di lettori con dislessia. Che font come questo  inizino a diffondersi e vengano concessi da un lato e richiesti dall’altro è un segnale forte e importante di come l’offerta di una lettura più aperta costituisca una questione sempre meno di nicchia.

La torta in cielo

È una storia semplice (ma quale storia di Rodari, in fondo, non lo è?) ma saporitissima, quella racchiusa tra le pagine de La torta in cielo: una storia che a distanza di anni sa ancora ammaliare perché parla di dolci che piovono come per magia, perché si fa leggere con gusto e senza fatica e perché, ancora una volta, mette la saggezza dei bambini al centro.

Sono infatti due ragazzi – Paolo e Rita – a svelare l’arcano del misterioso oggetto volante che un giorno primaverile sorvola i cieli di Roma, scatenando panico e assurde reazioni nella popolazione adulta della città. Proprio i due giovani curiosi incontrano infatti per primi lo scienziato pasticcione che trasforma le bombe atomiche in torte squisite e si fanno ambasciatori di un delizioso invito alla pace rivolto ai lettori.

Raccontata da Claudia Pandolfi in questa versione audio, La torta in cielo arricchisce la collezione rodariana promossa dalla Emons e già composta da Il pianeta degli alberi di Natale, Il libro degli errori, Favole al telefono, Filastrocche in cielo e in terra e La freccia azzurra: capolavori capaci ancora di parlare agli “orecchi acerbi” e pertanto meritevolissimi di riscoperte e riproposte come questa che ne allargano le possibilità di fruizione.

La freccia azzurra

La freccia azzurra è un mezzo più che speciale: un treno magico sul quale i giocattoli si animano e prendono iniziativa, dirigendosi in autonomia dai bambini meno abbienti. Grazie al buon cuore e al coraggio di personaggi come il capitano Mezzabarba o il cagnolino di pezza Spicciola, anche bambini come Francesco possono così vivere un’epifania serena e allietata da uno spirito di gioia e condivisione.

Mossa da un potente e chiaro intento egualitario – lo stesso che spesso emerge con forza dalle opere rodariane – La freccia azzurra racconta di un’infanzia d’altri tempi in cui forse desideri e sogni erano un po’ più sudati ma che a tutt’oggi smuove emozioni nei piccoli lettori.

Una delle storie più amate di Gianni Rodari trova in questa versione audio realizzata da Emons nuova vitalità. Pacata e avvolgente, la voce esperta di Ascanio Cestini offre un valore aggiunto a un racconto che è un grande classico, garantendone un piacevole accesso anche a bambini con difficoltà visive o di decodifica del testo.

Il libro degli errori

L’ormai celeberrimo petaloso ce lo ha recentemente ricordato: gli errori possono essere preziosi perché fecondi e potenzialmente ricchi di creatività. Lo sapeva e insegnava bene – meglio di chiunque altro forse – proprio Gianni Rodari che al valore e al potere dello sbaglio dedicò più di un suo lavoro. Ne Il libro degli errori, in particolare, l’autore di Omegna raccoglie una lunga serie di brevi storie nate da piccole grandi sviste: storie in cui errori ortografici, interpretazioni letterali di proverbi e veri e propri abbagli esistenziali diventano protagonisti di narrazioni prosa e in rima divertenti ed edificanti.

Originariamente pubblicato da Einaudi e illustrato da Bruno Munari, Il libro degli errori è ora rilanciato dalla Emons in formato audiolibro, con la voce vivace e accattivante di Lunetta Savino. La casa editrice romana propone in particolare il testo in formato MP3 acquistabile su CD (al costo di € 14.90) o direttamente scaricabile dal sito (al costo di € 8.94): in questo modo la tecnologia viene intelligentemente incontro a esigenze di lettura diverse, imposte anche ma non solo da disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento.

Harry Potter e la pietra filosofale

Primo capitolo di una saga che ha conquistato grandi e piccoli lettori in ogni angolo del mondo, Harry Potter e la pietra filosofale ha spalancato le porte alla costruzione di un immaginario comune ben radicato e fertile. Da lì in avanti, le avventure di Harry, Ron, Hermione e della miriade di personaggi corollari nati dalla mente geniale di J.K. Rowling hanno iniziato a popolare fantasie, discorsi e ricordi che diventano oggetto di condivisione e confronto tra pari. Per questo appare particolarmente importante rendere accessibile questo patrimonio anche a ragazzi con disabilità, così che la ricchezza narrativa contenuta nella penna dell’autrice non sia per loro esclusivamente ridotta alle pur apprezzatissime versioni cinematografiche.

Ecco allora che gli audiolibri Salani, che propongono una registrazione del testo, interpretato da voci solide e capaci (qui quella di Giorgio Scaramuzzino è una garanzia!), vengono incontro a questa precisa esigenza offrendo a lettori con disabilità visiva, con disturbi specifici dell’apprendimento, con necessità di leggere e al contempo fare altre cose o con predilezione per il racconto orale, la possibilità di godere delle vicende di Hogwarts al pari di un lettore tradizionale. Già uscito nel 2008 in formato audio (inciso perciò su un numero consistente di Cd, addirittura 8!), la prima avventura di Harry Potter viene ora riproposta in formato MP3 che ne snellisce e rende più fruibile l’ascolto.

Pinocchio in CAA

Pubblicato dall’editore ravennate Homeless Books, tradotto in simboli dalla Cooperativa Il cerchio e promosso dall’associazione Fare leggere tuttiPinocchio in CAA propone una versione semplificata e adattata del celebra capolavoro collodiano. Asciugato nel testo e nella trama, il libro curato da Raffaella Di Vaio porta anche i lettori con difficoltà di comunicazione a immergersi nelle avventure del burattino, dando risalto agli episodi principali che lo vedono protagonista con Il Grillo Parlante, Mangiafuoco, Il gatto e la Volpe, Lucignolo e il pescecane. L’intento, ambizioso e ammirevole, è quello di ampliare l’accesso a un patrimonio immaginifico condiviso (e per questo ancor più importante) anche a quei bambini che difficilmente si confrontano con il testo alfabetico ma che con piacere beneficiano di un libro illustrato corredato da simboli.

Il libro, dalla grafica non troppo elaborata, sfrutta i simboli Widgit che garantiscono rispetto ad altri una maggiore versatilità e complessità espressiva e si rivelano pertanto particolarmente adatti a una storia complessa come quella di Pinocchio. Proposto in formato ampio e orizzontale, Pinocchio in CAA presenta testi facilmente comprensibili senza rinunciare a frasi un pochino più articolate. L’attenzione dedicata all’accessibilità emerge soprattutto dalla scelta di un lessico abbordabile e familiare e dall’accordo tra gli a capo e la punteggiatura (punti, virgole, due punti) e  tra gli a capo e l’inizio di frasi coordinate o subordinate.

Il font utilizzato all’interno dei simboli è minuscolo e piuttosto piccolo, il che non rende agevolissimo seguire la lettura. Le immagini a tutta pagina, poste regolarmente sul lato sinistro del volume, risultano molto basiche. Forse non troppo stimolanti per un lettore che bazzichi con disinvoltura nel mondo variegato degli albi illustrati, risultano però efficaci nell’illustrare e sintetizzare gli episodi narrati e nel rendere più facilmente riconoscibili e senza distrazioni personaggi, relazioni ed emozioni, soprattutto per lettori che abbiano poca dimestichezza con questo tipo di pratica.

[Edit] Quattro anni dopo la sua prima pubblicazione, il Pinocchio in CAA di Homeless Book viene riproposto in una nuova veste cartonata, più robusta e appetibile, che ne rende senz’altro più agevole la lettura e la condivisione.

Il piccolo principe – ed. con marcatori visivi

Premessa necessaria: il volumetto de Il piccolo principe, curato da Maria Michela Sebastiani ed Emanuela Valenzano, non è tanto un libro pensato per la diffusione tradizionale tra i piccoli lettori quanto uno strumento utilizzabile nell’ambito di laboratori e di workshop. Alla luce di questo aspetto si comprenderà quindi il perché di una grafica e di illustrazioni tanto naïf e di fatto poco paragonabili a quella della maggior parte degli albi reperibili sul mercato.

Le illustrazioni di questo piccolo ma densissimo libro sono infatti curate da una lettrice dodicenne con disabilità uditiva che ha disegnato ciò che ha autonomamente compreso del testo grazie al sistema dei marcatori visivi (MA.VI) impiegato. Messo a punto dalle due curatrici del libro (oltre che del saggio Educare alla lettura con i Marcatori Visivi), il sistema dei MA.VI. consente infatti di agevolare la comprensione del ruolo, del senso e della relazione tra le parti del testo che spesso sfuggono a chi non vive immerso in un mondo fatto di parole (ma anche a chi, per ragioni diverse dalla sordità, non padroneggia perfettamente le strutture linguistiche e sintattiche).

Rispetto ai lavori precedenti realizzati con lo stesso sistema (Pinocchio, I tre porcellini, Il gatto stivalato), Il piccolo principe sfrutta soltanto l’elemento del colore che evidenzia in maniera molto immediata i rapporti tra gli elementi testuali. Adatto a un pubblico di ragazzi tra la fine della scuola elementare e la scuola media, quest’ultimo lavoro mostra bene come semplici ma ricercati accorgimenti consentano di preservare realmente una complessità testuale che certo concorre a determinare il piacere della lettura.

Le avventure di Tom Sawyer

Sono avventure con la A maiuscola quelle che Marc Twain confezionò nel 1976 e che cucì intorno al personaggio di Tom Sawyer. Avventure che si dipanano lungo il fiume Mississippi e che vedono protagonista un ragazzo intraprendente ed esuberante dedito a una vita spericolata in cui tesori, cadaveri, grotte misteriose non mancano. Per i primi 140 anni di questo libro che ha solletico e solletica le menti affamate di storie avvincenti, Biancoenero lo ripubblica, in versione ridotta e semplificata, all’interno della collana Raccontami.

L’alta leggibilità, che da sempre contraddistingue la produzione della casa editrice romana, non beneficia qui solo di un font specificamente messo a punto per chi ha problemi di dislessia, di un’impaginazione più spaziosa, di righe irregolari che seguono il ritmo del racconto e di una carta color crema ma anche di un adattamento del testo a cura di Giulia Avallone che privilegia scelte sintattiche e lessicali più fruibili rispetto al testo originale. Il libro è inoltre accompagnato da un CD MP3 che offre al lettore, con o senza difficoltà, di scoprire le avventure di Tom Sawyer anche attraverso l’ascolto

B&B che bello essere unici

B&B alias Bea e Blanco, una coppia di amici inseparabili composta da una bambina sveglia dagli occhiali lilla e un cane vivace dal monocalzino su una zampa ferita. Protagonisti di tre storie indipendenti tra loro, la bambina e il suo fedele amico affrontano insieme piccole difficoltà o avventure – come i dispetti dei compagni (B&B che bello essere unici), la ricerca di un animaletto smarrito (B&B alla ricerca di Jack) e i primi innamoramenti (B&B e l’amore). Il loro è un approccio positivo e curioso alla vita e alle sorprese anche minime che può riservare.

Le storie che compongono il volume si ispirano a episodi, emozioni e traguardi a misura di bambino e che come tali possono essere facilmente riconosciuti e compresi da piccoli lettori. Questo, più che la morale fin troppo esplicita che caratterizza la narrazione, può senz’altro concorrere  a lasciare una piccola traccia in chi legge. Le illustrazioni, curate dal venezuelano Rafael Andrade, non aggiungono particolare emozione ai racconti ma con la loro frequenza e vivacità accompagnano la lettura e ne evidenziano i passaggi chiave.

Il libro, pubblicato da Sestante edizioni, si propone di venire incontro alle esigenze di lettura di bambini colpiti da dislessia adottando alcuni accorgimenti quali l’uso di carta avoriata, una spaziatura leggermente aumentata, una giustificazione solo a sinistra e l’assenza di parole spezzate per andare a capo. Il font utilizzato – un Verdana – non è specificamente messo a punto per lo scopo sopracitato ma tra i font abitualmente impiegati e reperibili su qualunque pc risulta tra i meno affaticanti la vista per via dell’assenza di grazie.

Storie di straordinaria dislessia. 15 dislessici famosi raccontati ai ragazzi

Dalla storia all’arte, dallo spettacolo alla scienza: i campi esplorati da Rossella Grenci e Daniele Zanoni sono davvero molteplici e in ciascuno i due autori hanno saputo individuare figure esemplari che non hanno trasformato la loro dislessia in un sinonimo di sconfitta certa. Tom Cruise, Pablo Picasso, Carlo Magno e Isaac Newton, solo per citarne alcuni, si incontrano e ritrovano tra le pagine di Storie di straordinaria dislessia (già nato in casa Angolo Manzoni e ora riproposto in una veste nuova da Erickson), accomunati da una condivisa tenacia, voglia di riscatto e capacità di trovare risorse nonostante le difficoltà che una forma di dislessia inevitabilmente impone.

Di ogni personaggio gli autori forniscono una biografia di qualche pagina accompagnata da una caricatura che aiuta a riconoscere il personaggio, di certo già visto dal lettore in qualche altra occasione. Alcune più e alcune meno avvincenti, le biografie proposte vogliono mettere in luce il fatto che dietro un disturbo specifico dell’apprendimento non si cela una forma di stupidità (è vero, lo si sente dire in continuazione ma per arrivare a una consapevolezza diffusa forse un po’ di insistenza si rende ancora necessaria) ma piuttosto un modo differente di funzionare del cervello: un modo che si rivela spesso funzionale a esplorare strade insolite, a inventare ciò che ancora non esiste, a indovinare teorie innovative e rivoluzionarie.

Pinocchio – ed. tattile

Le avventure del burattino collodiano sono tra le vicende fantastiche più note, amate e feconde del nostro immaginario. Anche per questo, forse, quello di Pinocchio è uno de testi più frequentemente ripresi, esplorati e adattati della letteratura per l’infanzia. Alle numerose versioni che popolano i nostri scaffali se ne aggiunge ora una particolarmente preziosa e importante. Si tratta della versione tattile – con testo in nero e in Braille e illustrazioni da toccare – curata dalla casa editrice eporediese L’albero della Speranza e destinata ad aprire le vicende del burattino di legno anche a un pubblico di giovani lettori con disabilità visiva.

Se il testo in questo Pinocchio non è proprio eccezionalmente curato benché funzionale al riconoscimento delle immagini, le illustrazioni (che nei libri tattili tanta parte hanno e tanto cruciali sono) appaiono molto valide. Decisamente classiche nella forma e dallo stile rintracciabile negli altri volumi della collana “Il tocco magico”, queste risultano sufficientemente spesse e solide, curate nei dettagli, piacevoli da toccare e contraddistinte da una scelta dei materiali compositivi scrupolosa e suggestiva.

L’attenzione dedicata inoltre alla loro esplorabilità (il burattino con gli arti mobili, il Pinocchio finale in versione bambino staccabile, il martello estraibile per schiacciare il grillo, il vestito della fata a più strati e così via…), in favore di una loro più agevole comprensione al tatto, è nettamente superiore rispetto ai precedenti lavori della casa editrice e ne segna perciò un felicissimo salto di qualità!

Pinocchio (ed. Erickson)

Nasce dai tipi di Erickson una collana che si propone di rendere più ampio l’accesso ad alcuni testi fondamentali della nostra tradizione per l’infanzia. Capofila, in questo senso, è il volume dedicato al capolavoro collodiano Pinocchio. Il lavoro fatto dai curatori al fine di rendere il testo più fruibile e largamente condivisibile, anche da parte di chi sperimenta difficoltà di lettura, di attenzione e di decodifica sintattica, si basa su un’attenta semplificazione, non tanto della trama, che mantiene qui invariati i suoi episodi chiave – dal teatro dei burattini alla prigione, dall’avventura in mare al Paese dei Balocchi – quanto del testo che risulta contraddistinto da espressioni più comuni, frasi meno articolate, forme verbali attive e soggetti esplicitati.

La semplificazione testuale non è tuttavia l’unica accortezza messa in campo per aumentare il grado di accessibilità del racconto di Collodi. Questa operazione passa anche infatti attraverso l’evidenziazione e la spiegazione degli elementi lessicali meno noti, la sintesi dei capitoli, la registrazione audio del testo (che l’editore sceglie di non incidere su cd ma di rendere scaricabile tramite QR code o passaggio sul sito) e l’aggiunta di illustrazioni poco elaborate ma eloquenti. Frequenti, ben integrate con il testo e indispensabili per identificare i protagonisti e tenere il filo della narrazione, queste mettono bene a fuoco i momenti salienti della storia.

Sia Il piccolo principe sia Pinocchio sono curati da Carlo Scataglini, insegnante e autore di numerosi testi tra cui figura anche Adattamento dei libri di testo. Semplificazione progressiva delle difficoltà, edito dalla stessa Erickson. Il volume (138 pagine, 24,90 €) mette in luce i principali ostacoli di comprensione testuale in cui si imbattano alcuni allievi, soprattutto (ma non soltanto) in caso di disabilitadattamento dei libri di testoà cognitive e difficoltà di concentrazione. A partire da queste considerazione, gli autori (insieme a Scataglini figura anche Annalisa Gustini) provano a individuare ed evidenziare alcune strategie di adattamento dei testi che ne consentano un accesso più ampio e paritario, e di conseguenza inclusivo. A seguire, nella parte più corposa del libro, vengono proposti alcuni esempi di analisi delle difficoltà citate, ma anche di evidenziazione, schematizzazione, ristrutturazione e riduzione di testi adatti a classi diverse dalla terza elementare alla terza superiore e afferenti a materie diverse (dalla storia alla geografia, dalle scienze alla narrativa). Il libro può fornire quindi utili spunti a insegnanti di scuole di diverso ordine e grado che con sempre maggiore frequenza si trovano di fronte alla necessità di personalizzare e rendere più accessibili determinati contenuti didattici.

 

 

Nel paese delle parole

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Nel Paese delle parole protagoniste sono proprio queste ultime. Nel primo racconto (L’albero delle parole) Federico e Tommaso scoprono che poche semplici parole possono condurre l’immaginazione molto lontano, facendo inventare persino mostri puzzoni che si nascondono nelle tane buie. Nel secondo racconto (Il ladro di parole) gli stessi protagonisti si imbattano davvero in una creatura fantastica: non si tratta però di un mostro puzzone bensì di un bizzarro folletto mangiaparole. Famelico e astuto, questi ruba le parole più ghiotte prima che le persone riescano a pronunciarle ma dopo un primo momento di smarrimento, i bambini trovano un’ingegnosa soluzione che  non solo sfama il folletto ma migliora anche la loro padronanza lessicale! I racconti firmati da Lodovica Cima – un vero inno al potere nutritivo e fantastico della parole, in pieno stile rodariano –  invitano con garbo a giocare con le parole e trovano qui un delicato accompagnamento nelle illustrazioni di Chiara fiorentino.

Martina e il suo cappello

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

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All’interno di Martina e il suo cappello le storie sono scritte da Sofia Gallo e illustrate da Silvia Baroncelli. La prima, intitolata Il compleanno di Martina, vede la protagonista al centro dei festeggiamenti in famiglia insieme al nonno che compie gli anni il suo stesso giorno. I due ricevono alcuni regali speciali – un libro, degli stivaletti di gomma e un cappello di paglia lei, un paio di occhiali, un cappello di tela e una canna da pesca lui – che consentono loro di trascorrere insieme del tempo prezioso e costruire così  dei ricordi felici. Non a caso quegli stessi doni tornano protagonisti anche nella seconda storia contenuta nel volume e intitolata Il cappello di Martina. Qui il cappello di paglia nuovo di zecca della protagonista vola via per un colpo di vento e finisce nelle mani di una bambina che vorrebbe usarlo come cestino. Sarà l’intervento paziente e affettuoso della nonna di Martina a sistemare la faccenda lanciando un bel messaggio sul valore della condivisione.

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Un pesce sull’albero

Non è facile per Ally: scuola nuova, compagni nuovi, professori nuovi e, come se non bastasse, quell’insopportabile sensazione di essere diversa dagli altri, stupida forse. Gli sforzi che la dodicenne fa per eguagliare i compagni in fatto di lettura e scrittura non trovano infatti un’adeguata soddisfazione (“Se cercare di leggere servisse a qualcosa – dice a un certo punto – sarei un genio”), tanto che Ally arriva più di una volta a un passo dal gettare la spugna. A remarle contro, almeno inizialmente, ci sono un’insegnante e una preside incapaci di leggere realmente il suo disagio e dei compagni di classe che, poco guidati ad accogliere la diversità, scivolano facilmente nella presa in giro. A casa, d’altro canto, il morale non si solleva granché: il fratello di Ally le manifesta un affetto enorme ma manca concretamente degli strumenti per aiutarla, la mamma riconosce i sui pregi e cerca di contenere i suoi insuccessi ma non ha molto tempo da dedicarle e il padre, pur amorevole e gran punto di riferimento, è fisicamente lontano per via di una missione militare. Tutti i venti paiono insomma soffiarle contro, almeno fino a quando la signora Hall non viene sostituita da un nuovo insegnante – il signor Daniel – strenuamente deciso ad aiutare i talenti di ciascun allievo a emergere. Inizia così per Ally un anno scolastico rivoluzionario in cui sperimentare nuove attività, in cui costruire amicizie autentiche e in cui scoprirsi e rivalorizzarsi. Intorno a lei ruotano moltissimi personaggi – compagni e familiari soprattutto – di cui Lynda Mullaly Hunt offre fin dalle prime pagine una rappresentazione eloquente (capiamo fin dall’inizio, insomma, da chi guardarci le spalle e in chi riporre invece fiducia). Quello dell’autrice è un tocco suggestivo che dipinge dapprima pochi tratti essenziali e dettaglia poi col tempo, offrendo un quadro chiaro fin da subito ma invogliando anche a riconoscere che dietro ogni persona – piacevole e antipatica che sia – si nasconde una storia che val la pena scoprire prima di emettere giudizi definitivi.

Dalla sua penna esce un ritratto illuminante non solo dei personaggi che entrano in campo ma anche e soprattutto del problema che affigge fin dalle prime pagine Ally e che segna in qualche modo lo sviluppo del racconto. Mirabile è la maniera chirurgica in cui Lynda Mullaly Hunt disseziona e restituisce i sentimenti della protagonista di fronte alla squilibrata bilancia sforzi-successi della sua vita e al profondo senso di inadeguatezza (parola chiave che forse ben condensa il preciso focus del libro) che la dislessia le provoca, arrivando a minare la stessa capacità di desiderare. Con spunti interessanti sulla vergogna provata (che può portare a preferire l’apparire cattivi piuttosto che stupidi), sul sentirsi soli (cosa che ben si distingue dall’essere solitari) o sull’enorme potere riconosciuto alle parole (che come le uova vanno trattate con prudenza, “perché nessuna delle due cose può essere riparata”) , Un pesce sull’albero appare un prezioso concentrato di riflessioni sui disturbi specifici dell’apprendimento e sui vissuti che ad essi si associano: un piccolo saggio, insomma, nascosto in un bellissimo romanzo, che molti insegnanti e operatori troverebbero utile per la loro professione.

L’autrice riesce a costruire questo effetto, ricorrendo tra le altre cose a un uso efficace e ricorrente di immagini e metafore, come quella della moneta con un’imperfezione che vale più di una perfetta o delle farfalle che non volano in modo lineare cime gli uccelli ma va un po’ di qua e un po’ di là. Questa precisa scelta stilistica, mantenuta per l’intero corso del racconto, contribuisce a rendere incisiva la narrazione, rinvigorendo l’effetto coinvolgente già dovuto ad alcuni personaggi memorabili e ad una rara lucidità esplorativa di argomenti complessi. Si capisce chiaramente, prima ancora che l’autrice lo espliciti in terza di copertina, che le pagine trasudano un vissuto personale, che c’è consapevolezza e competenza tra le righe. Non solo, il libro guadagna credibilità anche dall’inserimento della dislessia in un contesto scolastico variegato, in cui le difficoltà e le diversità sono tante e differenti. La classe di Ally è in qualche modo una classe reale, dove c’è chi mangia in mensa grazie al contributo della scuola, chi fatica a mantenere la concentrazione, chi ha origini straniere, chi ha a che fare con i bulli e chi, appunto, ha difficoltà con la lettura.

In questo contesto, ciò che rende esemplare e straordinario un professore come il signor Daniels – vera figura chiave del romanzo, che tanto felicemente esprime il bisogno di maestri pazienti, caparbi e lungimiranti – è la capacità di riservare un occhio di riguardo a ogni allievo e alle sue specificità, di dedicare la giusta attenzione a ogni situazione e di cercare la strategia più adeguata per supportarla. Così, il professor Daniel insiste perché Ally si cimenti in un corso di scacchi che le renda chiaro il suo modo di pensare fuori dagli schemi, concorda con Oliver un segnale segreto per ricordargli di non farsi travolgere da parole e pensieri, e più in generale riserva una parola di incoraggiamento per ognuno dei “suoi fantastici”. Ecco, forse della parola “fantastico” il signor Daniels fa un uso un tantino eccessivo ma val la pena di perdonarlo. Irresistibile e travolgente è infatti il suo modo di fare, tanto che a stento si può resistere al desiderio di averlo (o averlo avuto) come insegnante. In lui ritroviamo prima di tutto la figura di un educatore – colui che ex-duce, che tira cioè fuori dai suoi alunni la loro personalità, la fiducia in loro stessi, la consapevolezza delle proprie capacità, dei propri limiti e del proprio “funzionamento”, piuttosto che limitarsi a ficcare nozioni dentro le loro zucche.

Ciliegina sulla torta, come gli altri volumi della collana in cui è inserito, Un pesce sull’albero è pubblicato ad alta leggibilità così da risultare più fruibile anche in caso di dislessia. Così come la serie di Hank Zipzer (peraltro ormai divenuta un classico in America e citata dall’autrice nel libro, creando un simpatico e involontario gioco di rimando interni per la casa editrice Uovonero) anche questo volume impiega un Verdana modificato (leggermente più piccolo rispetto ai libri di Lin Oliver e Henry Winkler, come si conviene ai lettori delle medie cui il libri principalmente si rivolge), una carta avoriata, una spaziatura maggiore e un’assenza di giustificazione testuale. Tutto questo contribuisce a fissare la lettura e a renderla meno ballerina agli occhi di chi come Ally si chiede “come faranno gli altri a leggere lettere che si muovono?”. Mai collana fu in qualche modo più azzeccata di questa delle Abbecedanze (il cui sottotitolo è per l’appunto: Quando le lettere non vogliono saperne di restare ferme, possiamo imparare a danzare con loro), per un libro che sulle lettere che “sembrano scarabocchi danzanti”, ha costruito un racconto davvero significativo.

La gara delle coccinelle

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All’inizio è una doppia pagina quadrata, pulita, ampia e di un  bianco abbagliante. Sui due margini laterali una linea di partenza e una di arrivo, sul lato sinistro uno schieramento di buffe coccinelle dalle forme, dalle tinte e dalle dimensioni diverse e realistiche. Tutto è statico, immobile. Pare di sentire l’attesa trepidante per il fischio o lo sparo d’inizio. Poi si gira pagina e la gara anticipata dal titolo finalmente inizia. I partecipanti che superano il nastro iniziale – ben più numerosi di quelli inizialmente visibili – invadono via via lo spazio bianco, chi ad ali spiegate e chi no, chi ingranando la quarta chi restando nelle retrovie. La corsa prosegue, caotica e brulicante, per alcune pagine fino a quando qualcosa di davvero strambo non accade. Come di fronte un muro magico – a metà tra il binario 9 e 3/4 di Harry Potter e il limite della trilogia di Suzy Lee – la baraonda di corridori prima si ammassa e poi scompare.

Che ne sarà stato di loro? Il lettore è a questo punto stupito e perplesso almeno quanto l’unica coccinella che invece riesce a passare nel lato destro del libro. Con lei vive momenti di esitazione e disorientamento ma anche la sorpresa dell’azione risolutiva su cui val la pena di non dire molto altro per non guastare il piacere della lettura!

E’ un piacere , questo, che si nutre di un’attenzione mirabile per i dettagli, di un ritmo narrativo che segue una curva ascendente prima e discendente poi, con un picco di reale congelamento centrale, e di una sfida immaginativa e deduttiva costantemente rilanciata al lettore. Leggere La gara delle coccinelle è infatti come accettare una sfida di scacchi: a ogni pagina occorre studiare con cura la situazione, prendersi il tempo di scovare cosa è cambiato rispetto alla pagina precedente, fare ipotesi su cosa potrebbe essere accaduto e su cosa potrebbe accadere in seguito e infine avanzare. Ma occorre anche ritornare sui propri passi, rivedere le proprie posizioni e rilanciare una strategia interpretativa sulla base di nuovi indizi.

Nel panorama (fortunatamente) sempre più vasto e variegato si albi senza parole, stuzzicanti anche che per chi fa a pugni con la parola scritta, quello di Amy Nielander è davvero originale e intelligente oltre che esteticamente curato e graficamente ipnotizzante. Non solo il lettore – più o meno giovane – può dedicare un lungo e piacevole tempo scoprire somiglianze e differenze tra le innumerevoli coccinelle che popolano le pagine e sorridere dell’uso narrativo che l’autrice fa dell’oggetto libro e dei suoi componenti (margini, pagine e linee di separazione) , ma può trovare un’occasione ghiottissima per condurre una lettura a più voci, in cui ci si confronta, ci si riconosce spiazzati, ci si pone interrogativi (a cui non sempre il libro fornisce risposte univoche), ci si diverte a vedere realizzate o smentite le proprie supposizioni. Il libro è insomma un gioco di rara arguzia per gli occhi e per la testa, che celebra l’importanza della cooperazione grazie al coinvolgimento estetico, narrativo e immaginativo del lettore stesso. Ben fatto davvero!

 

L’uomo che piantava gli alberi e altri racconti

Quella dell’Uomo che piantava gli alberi è la storia di un pastore quieto ma tenace che nel corso della sua intere pacata esistenza si prodiga per trasformare in meglio il luogo in cui vive curando la crescita di una vera e propria foresta. Caparbio e infaticabile, l’uomo pianta ogni giorno 100 ghiande con l’idea che possano negli anni nascerne migliaia di maestose querce. L’uomo che piantava gli alberi è forse il racconto più celebre di Jean Giono, Giono. Semplice ma penetrante, la storia parla con grande efficacia di rispetto della natura e delle creature che la popolano, di possibilità creatrici dell’uomo e di responsabilità, utilizzando un linguaggio insieme poetico e concreto, capace di parlare e generazioni diverse.

Rispetto all’edizione cartacea, edita sempre da Salani, la versione in audiolibro si arricchisce di altri quattro racconti meno noti, e forse più complessi, ma altrettanto suggestivi. Firmati anch’essi dall’autore francese e pubblicati su carta sotto il titolo di uno di essi – Il nocciolo dell’albicocca – i quattro racconti sono fiabe dai toni orientali che echeggiano e richiamano esplicitamente Le mille e una notte.   Così, nel primo racconto si legge di vendette, magie, trasformazioni e nei successivi – Il cespuglio di issopo, Il principe annoiato e La principessa aveva voglia d’uva – piante, fiori e frutti, con proprietà reali o immaginarie, si fanno il centro di storie dal sapore leggendario e fantastico. Lette da quattro voci diverse, che contribuiscono a variegare e animare il racconto, le quattro fiabe offrono uno spaccato più ampio della produzione di Giono: ricca e multiforme ma costantemente animata da un solido e spassionato interesse per la straordinarietà della natura.

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico

Dalla Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare in avanti, le amicizie improbabili tra animali costituiscono un terreno particolarmente felice per Luis Sepulveda. Anche in Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, come si può facilmente dedurre fin dal titolo, protagonisti sono due bestiole normalmente antagoniste. La prima è un vecchio gatto cieco di nome Mix, cresciuto insieme al suo padrone Max fin da quando entrambi erano piccini, e ormai dedito a ciondolare tristemente per casa per via della mancanza della vista. La seconda è un topolino furbo e logorroico di nome Mex che cerca di rubacchiare nella dispensa presidiata da Mix. A dispetto di quanto consuetudini e manuali di zoologia ci abbiano insegnato, i due si conoscono e diventano inseparabili compari trovando ciascuno una forma di arricchimento nell’altro fatta di una quoptidianità condivisa e di regali straordinari: mentre il topo consente al gatto di ritrovare immagini perdute del mondo esterno, il gatto conduce il topo in avventure mozzafiato su per i tetti.

Della bella storia di amicizia, dalla chiama morale sulla diversità e sul superamento dei pregiudizi, Salani propone sia la versione cartacea sia la versione in audiolibro. Quest’ultima, letta dal doppiatore Dante Biagioni, allarga le possibilità di fruizione anche in caso di DSA o disturbi visivi pur rinunciando alle poetiche illustrazioni di Simona Mulazzani. La durata (tre quarti d’ora giusti) della lettura e la piacevolezza del racconto fanno inoltre sì che l’ascolto risulti tutt’altro che pesante anche per chi fatica a mantenersi concentrato.

Le valigie di Auschwitz

Le valigie di Auschwitz è una raccolta di racconti sulla Shoah che Daniela Palumbo ha scritto con l’intento di dare voce ad alcune delle tante storie che si sono mescolate e spesso perse in uno dei momenti più drammatici della nostra storia recente.

Accomunate dalla giovanissima età dei loro protagonisti – Carlo il figlio del ferroviere, i fratellini Hannah e Jacob, la ribelle Émeline e il violinista Dawid sono tutti bambini negli anni in cui la follia nazista prende piede in Europa – queste mettono in particolare a fuoco il momento in cui la quotidianità di ciascuno di essi prende improvvisamente una piega nuova e preoccupante: quando cioè le nuove leggi razziali impediscono loro, in quanto ebrei, di frequentare la scuola, intrattenersi con ariani, frequentare spazi pubblici come i parchi gioco. Un momento ben preciso, insomma, della storia di diversi paesi europei (qui rappresentati ci sono l’Italia, la Germania, la Francia e la Polonia): quello che segna il precipitare della situazione politica e che prelude i rastrellamenti e le deportazioni da cui nessuno dei personaggi esce del tutto indenne. La maggior parte di loro saluta drammaticamente il lettore quando la polizia bussa alla porta di casa, solo Émeline pare salvarsi trovando rifugio presso la nonna materna. Il momento in cui vengono in fretta e furia riempite le valigie, con destinazione ignota, è dunque quello su cui si chiude ogni vicenda lasciando in sospeso ma ben immaginabile l’epilogo di ciascuna. La valigia, fin dal titolo e dal prologo in cui l’autrice riassume il dramma dell’Olocausto e racconta della stanza di Auschwitz in cui sono raccolti i bagagli vuoti delle vittime, diventa così simbolo di una tragedia tuttora priva di un senso.

Nel libro, forte e toccante, trovano spazio alcune delle discriminazioni portate avanti dal nazismo accanto a quella rivolta agli ebrei:  quelle indirizzate ai disabili, per esempio, o agli oppositori politici del regime. Vengono inoltre dipinte con voluta insistenza quelle figure come i delatori che con il loro comportamento apparentemente marginale ebbero in realtà un ruolo determinante nel destino di molte vittime. Dai nazisti alle spie, dai simpatizzanti del fuhrer agli individui che decisero di non schierarsi per non compromettersi, Daniela Palumbo prova a mostrare le diverse figure che giocarono un ruolo nella partita nazista e a dare un volto alle diverse sfumature della meschinità che in questa trovarono espressione.

Le valigie di Auschwitz è stato pubblicato nella prima volta da Piemme nel 2011, a seguito della vittoria del premio letterario Il Battello a Vapore. Questa nuova edizione, pubblicata nel 2016, arricchisce il testo, già forte e importante, di una stampa ad alta leggibilità con font specifico, spaziatura maggiore, carta opaca e testo sbandierato, che ne consente una fruizione più ampia e meno discriminante. Dal libro è stato inoltre tratto uno spettacolo teatrale che da diversi anni viene replicato e proposto a un pubblico di giovani spettatori.

Mole Town

A sentir parlare di Mole Town da queste parti finiamo subito per pensar che a Torino si alluda. E invece no, la Mole qui non c’entra affatto: di talpe (moles, appunto, in inglese) piuttosto si tratta. Mole Town è infatti una città sotterranea abitata da laboriose talpe, che cresce a dismisura in nome della modernizzazione ad ogni costo. Un città insomma drammaticamente simile a molte metropoli in cui viviamo, in cui letteralmente il sotto e il sopra si invertono rispetto ai nostri e in cui a specchio è possibile riconoscere i paradossi dell’umana realtà contemporanea.

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In questo mondo all’incontrario, nato sotto un verdeggiante prato per iniziativa di una sola talpa, la vita e l’operosità crescono rapidamente. A filo di pagina, gli abitanti aumentano, il lavoro si intensifica e  l’inquinamento – sia sopra che sotto il terreno – raggiunge livelli pericolosi. Mentre in basso macchine sempre più evolute trivellano e aprono passaggi sempre più ambiziosi, in alto i cumuli di terra e gli scarichi si moltiplicano. Qualcosa sta sfuggendo al controllo delle indaffaratissime talpe, ormai prigioniere di strade congestionate di auto e relegate in tane che paiono armadietti. E l’autore lo sottolinea con abilità , dipingendo quadri via via più buie e ingombri e scegliendo un ritmo che cresce in intensità. Fino a quando, giunti sulla soglia del punto di non ritorno, una flebile speranza si accende, alimentata da un’ultima pagina di ottimistici ritagli di giornale: la storia di Mole Town forse può continuare, invertendo rotto e seguendo vie più virtuose…

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Mole Town è uno di quei libri – non il primo a dire il vero editi da Orecchio acerbo – che ricorrono alla parola solo per lo stretto indispensabile. Una frase appena o poco più. Anche qui, infatti, il libro si apre con un breve testo, poche righe in tutto: giusto il necessario per inquadrare il contesto di una città sotterranea abitata da talpe che con gli anni si trasforma e rischia il tracollo. Dopodiché sono subito le immagini a farla da padrone, accompagnando il lettore in un’affascinante esplorazione sotto terra e richiedendo tutta la sua attenzione per trarre dai particolari, di cui l’autore tedesco e generoso, non solo lo sviluppo e l’epilogo della storia ma anche gli spunti riflessivi di cui questa è disseminata.

L’attenzione di Torben Kuhlmann ai dettagli è infatti minuziosa e stuzzicante: dai font diversificati che caratterizzano le singole scritte (linee dei tram, titoli di giornale, insegne pubblicitarie) ai puntuali richiami all’ingegno umano (progetti di gallerie, macchinari complessi, suppellettili casalinghe), tutto solletica il gusto estetico del lettore, attivando con intelligenza il riconoscimento di temi importanti. Tra le pagine a tinte brune di Mole Town, sotto i cumuli di terra smossa dalle talpe, ci sono gli echi dell’emigrazione animata dalla prospettiva di un lavoro, del prezzo imposto da una modernizzazione fuori di senno, dell’omologazione degli individui e della saturazione dei beni: un concentrato di riferimenti, insomma, all’attualità più scottante che tutti noi tange, dai più piccoli ai più grandi. L’albo si presta dunque a letture trasversali, singole o collettive, adulte o bambine, capaci di smuovere e convogliare riflessioni importanti. Come una trivella potente e inarrestabile, insomma, che scavi nel profondo gallerie di critica lucidità.

Pinocchio prima di Pinocchio

Ci sono storie senza tempo che riecheggiano nelle orecchie e nella mente di tutti noi in forme, immagini e particolari diversi: storie che popolano l’immaginario comune e tornano a galla nelle circostanze più disparate. Ecco, Pinocchio è senz’altro una di quelle e la sua forza è tale che bastano pochi ben scelti dettagli per evocare episodi trasversalmente noti e simboli radicalmente sedimentati. Per averne una forte e travolgente prova sarà sufficiente immergersi nel corposo volume firmato da Alessandro Sanna e intitolato Pinocchio prima di Pinocchio.

Due sole frasi animano il libro che per il resto procede essenzialmente senza parole e che pertanto come un vero e proprio silent book può essere considerato. Poste in apertura e in chiusura, le due frasi segnano la continuità e la rottura con la storia di Collodi. In prima battuta vi è il richiamo al celeberrimo “C’era una volta… Un re! diranno subito i miei piccoli lettori” e l’immediato cambio di prospettiva che pone il lettore su di una nuova via interpretativa. “C’era una volta un pezzo di legno, direte voi lettori. Invece no! C’era una volta l’universo.” – dice Sanna – indicando chiaramente l’intenzione di esplorare il “prima”. Da qui in poi la narrazione avanza per sole immagini e più nel dettaglio per piccoli riquadri che lasciano periodicamente spazio ad un’apertura cromatica a tutta pagina.

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Ciò che accade è che da una sorta di esplosione iniziale prende vita un albero che cresce e si irrobustisce attraverso stagioni più o meno avverse. Poi, d’improvviso, un fulmine stacca di netto un ramo: non un ramo qualsiasi, bensì un ramo dalle stilizzate fattezze umane, composte di un tronco e quattro esili arti. Non è dunque un ramo, a ben vedere, quel che cade dalla pianta ma piuttosto un personaggio fatto e finito pur nella sua forma schematica. Come in ogni fiaba che si rispetti si prospetta subito una partenza per il protagonista che sulle sue gambe secche secche  si avvia a perdifiato per il mondo. C’è tutta la spensieratezza giovanile nelle prime falcate e capovolte del legnetto, fino all’incontro con un gatto e una volpe di nota memoria. E’ con loro che il protagonista si incammina fino all’imbocco di una foresta scura che è anche l’ingresso nell’ignoto, nell’oscuro, probabilmente nel proibito. Il clima si fa qui via via più cupo, l’ambiente più ristretto, le vie di fuga meno palesi. Una manciata di altri omini di legno si calano silenziosamente dagli alberi e circondano il nostro eroe  in un girotondo tutt’altro che rassicurante: l’atmosfera si scalda fino a prendere letteralmente fuoco.  Un Pinocchio in fiamme fugge davanti a un’ombra tanto familiare al lettore quale quella del burattinaio mangiafuoco. Fugge allora a più non posso, attraverso pianure e colline, salite e distese d’acqua, in pancia a un serpente, in groppa a un uccello, in bocca a un pescecane, fino a ritrovarsi in una cornice dai dettagli primaverili che lo avvolge e trasforma. Conquistando un corredo sempre più rigoglioso di foglie e verzura tra le cui ombre si stagliano richiami di gatti, civette, volpi e burattini, l’albero è a questo punto compiuto. E come lui anche la storia. Almeno quella che c’è prima ma che mostra di contenere già anche i semi della storia che verrà dopo. Quest’ultima, a tutti noi nota del burattino collodiano, può quindi ora cominciare: il cerchio si chiude, e la fine diventa inizio.

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Come già sperimentato in Fiume lento, Sanna si prende il tempo necessario a dipanare una narrazione millenaria e chiede al lettore di fare lo stesso. Il patto è chiaro: chi ha fretta non troverà qui molto pane per i suoi denti. La magia di questo lavoro sta infatti nelle impercettibili sfumature che avvicinano e insieme distinguono i singoli quadri, trovando un senso solo nel consecutivo accostamento delle scene. Tra le pagine di questo meraviglioso libro è tutto un gioco di dettagli che mutano, di sfumature che vibrano, di tinte che si animano: è nel complesso che il particolare trova valore, come in un quadro la cui comprensione richieda distanza e prospettiva. Serve insomma una visione d’insieme per restituire il giusto ruolo ad ogni tassello e il giusto senso ad ogni segno. L’essenzialità del tratto accompagna e accoglie qui infatti una sovrabbondanza di echi e significati e questo fa sì che le possibilità esplorative del volume siano molteplici e coinvolgano lettori di età ed esperienza diversa. anche e soprattutto non giovanissimi.

Dall’albo, edito da Orecchio acerbo è nato uno spettacolo teatrale che vede protagonista lo stesso autore Alessandro Sanna impegnato in una sessione di disegno dal vivo accompagnato da un contrabbasso e un cantante jazz: un esperimento originale e insolito che tanto dice sulle possibilità creative e creatrici che opere di altissimo livello artistico recano con sé.

Sorridi!

Un cappellino di paglia legato al mento, una sorta di pannolino a fiore e due grossi occhi persi nel vuoto: così presenta ai lettori la triste e tenera ranocchietta, protagonista di Sorridi!. Terribilmente avvilita per via della solitudine, alla piccola non bastano i bacini sul naso del Macaone o le facce buffe della tinca: la nostalgia della mamma resta comunque troppo forte. Ma una mamma certe cose le sente, anche quando è distante. Così, benché affaccendata nella vendita di formaggi e marmellate del bosco, la signora ranocchia affida un sorriso speciale al castoro, con la preghiera di consegnarlo a sua figlia. Il castoro è ben lieto (e persino orgoglioso!) di prendersi l’incarico e si avvia con i dentoni ben in vista verso la zona del lago dove crescono i pioppi. Per strada trova però dei rami adattissimi a costruire una nuova diga e qui un dubbio amletico si pone: consegnare il sorriso o preoccuparsi della diga? Una soluzione c’è: affidare il sorriso alla lontra perché prosegua la sua missione. E così accade, ma anche la lontra trova per strada un intoppo e affida a sua volta il compito a un altro animale e come lei fanno, via via, anche il picchio, la volpe e il cane, l’orso. Fino a che il sorriso non arriva nel becco dell’anatra che raggiunge la ranocchietta e le recapita l’affetto di cui tanto necessita, lasciando dietro di sì una scia di letizia. L’idea che un sorriso, come qualunque altra espressione di gentilezza, possa diventare un testimone da passare di mano in mano è forte e trova nelle espressioni delle creature del bosco un’immagine davvero incisiva. Il fatto, poi, che quello di sorridere sia anche un compito importantissimo, che ciascun animale assume con la massima serietà e non abbandona finché non trova un sostituto, è altrettanto significativo e meriterebbe anche nei nostri “boschi” quotidiani” una più assidua considerazione.

La storia di questa staffetta speciale è semplice e sfrutta un collaudato meccanismo ripetitivo che dà struttura e ritmo al racconto. La narrazione potrebbe forse essere più snella ma le illustrazioni, delicate ed espressive, consentono di non badarvi troppo. Gli accorgimenti tipografici adottati dalla Sinnos, inoltre, giocano un ruolo a loro volta importantissimo per alleggerire la lettura e renderla al contempo piacevole e fluida. Attraverso un gioco sapiente di colori, grassetti e maiuscoli – uniti al font ad alta leggibilità leggimi – la pagina risulta particolarmente dinamica e chiaramente organizzata e viene così meglio incontro alle esigenze di lettori poco esperti o con difficoltà. La casa editrice aveva d’altronde sperimentato con successo gli stessi espedienti all’interno del volume Chi vuole un abbraccio?, scritto delle medesime autrici e pubblicato nella medesima collana. In questo volume così come in Sorridi! si celebra il valore dei piccoli gesti e il loro rivoluzionario potere, consolidando una sorta di filone del buonumore che se la gioca, quanto a efficacia, con una buon scatola di cioccolatini!

Nessuno vince!

Ispirato a un gioco di parole di omeriana memoria, Nessuno vince! racconta del fortuito incontro tra un bambino e un cane (che per un equivoco diventa, appunto, Nessuno) e dello scompiglio che portano all’interno di una ingessatissima fiera canina. Convinti di recarsi in una sorta di luna park per quadrupedi (con tanto di montagne russe, ruota panoramica e tiro al bersaglio) e di poter lì rinvenire una casa felice per il trovatello, i due incappano invece in un evento serio e triste dove solo il parapiglia da loro causato – tra salsicce volanti e giudici squalificati – porterà un po’ di diversivi e buonumore.

Le illustrazioni di Pablo Zweig, buffe e stilizzate, accompagnano puntualmente il testo di facile lettura, in forma di piccole miniature o sfondi a tutta pagina. Il rapporto tra immagine e parole è particolarmente ben studiato e alterna momenti in cui la prima dice quel che le seconde tacciono a momenti in cui l’una accentua o le altre. Questa raffinatezza compositiva, unita a una storia semplice, a tratti surreale e molto coinvolgente (quale bambino, in fondo, non ha desiderato di portarsi a casa un cagnolino almeno una volta?) fa sì che Nessuno vince! invogli spontaneamente alla lettura spianando il terreno anche a chi non affronti i testi scritti in maniera proprio spedita.

 

 

 

Chi è stato?

Un adulto e un bambino viaggiano a bordo di un’autovettura e gettano una bottiglia vuota fuori dal finestrino. Così si apre il volume di Magdalena Armstrong Olea dal titolo Chi è stato? e che da lì in avanti segue una sorta di viaggio istruttivo: non quello dei due maleducati automobilisti, però, ma quello dei rifiuti che come la loro bottiglia atterranno in natura provocando piccoli grandi disastri ambientali.

Il libro, interamente senza parole, procede solo per immagini a matita in bianco e nero. L’assenza di testo chiama a gustare i dettagli narrativi con cui Magdalena Armstrong Olea popola le ampie pagine del volume e a seguire la struttura circolare con cui l’autrice crea il racconto. A ogni pagina si scoprono infatti rifiuti abbandonati dall’uomo in cui incappano sfortunati animali: scatolette di tonno che tagliano le zampe dei castori, vasetti di yogurt che appesantiscono le lumache, copertoni che imprigionano cinghiali e bombolette spray che stordiscono volpi. La maniera in cui l’importante questione è trattata non disdegna l’ironia – come testimoniano le soluzioni adottate per liberare un topolino da un barattolo o per estrarre un tappo di alluminio dalla bocca di una lepre  – senza che per questo la delicatezza e la gravità del tema ne risentano.

Pubblicato dall’editore Terra Nuova, particolarmente attento ai temi dell’ecologia (come anche dimostrato ne I due pappagalli pigliatutto), il libro sceglie la via della schiettezza per portare all’attenzione del lettore le conseguenze di piccoli grandi gesti quotidiani. Il titolo scelto – Chi è stato? – pone inoltre l’accento sulle responsabilità individuali che ciascuno di noi può prendersi, invitando a farsi in prima persona difensori dell’ambiente. La struttura circolare del racconto – che parte dai protagonisti umani e vi torna nelle ultime pagine – sottolinea infine l’idea che i gesti di inciviltà che compiamo si ritorcono contro quel pianeta di cui  noi stessi facciamo parte.

I due pappagalli pigliatutto

Al centro del libro un solido tronco d’albero, ai lati rami fioriti e due uccelli – uno nero dal becco giallo e uno bianco dal becco arancio. I due pappagalli pigliatutto si apre così, quieto e quasi spoglio, lasciando il lettore a chiedersi che cosa mai potrà capitare tra quelle placide fronde. Poi uno l’uccello bianco prende il volo e torna con una lampada da tavolo. Ohibò! Lo stupore di chi legge è almeno pari a quello dell’uccello nero che per tutta risposta corre di volata a procurarsi un libro da poggiare ai rami. Voilà, come in un ping pong insolito e surreale da un lato arriva un wc dall’altro una tv, poi dal primo una cravatta, un set da vino, un giradischi e uno stivale e dal secondo una chitarra, una bicicletta, un mocio e un paio di occhiali, e così via fino a che l’albero non diventa un garage all’aria aperta in cui tappeti, pianoforti, librerie e orologi a cucù non diventano letteralmente insostenibili.

Il finale è un patatrac travolgente che vuol far riflettere sui pericoli dell’accumulo forsennato di beni e su ciò che davvero è indispensabile nelle nostre vite (domestiche o arboree che siano). Lo fa silenziosamente, grazie a una narrazione che procede solo per immagine risultando così amichevole anche in caso di difficoltà di lettura, e lo fa ironicamente, grazie a due protagonisti talmente buffi e delicati da rendere irresistibile il loro strambo trasloco. Il libro è infatti una progressiva accumulazione di oggetti, un gioco curato di posizioni e gesti impercettibili tra i protagonisti, un contrasto di vuoti e pieni che scandisce un ritmo piacevolmente vivace.

Lo stile sornione con cui Dipacho – illustratore colombiano selezionato nel 2015 per la mostra della Bologna Children’s Book Fair – si diverte ad accumulare gli oggetti più disparati sui rami, mostra gli uccelli alla prese con cose per loro del tutto inutili e rende espressivi due paia di occhi a puntino e due becchi apparentemente immutabili, è davvero speciale e meritoria. Sarà forse anche per questo che il libro ha vinto il premio White Ravens assegnato dalla Internationale Jugendbibliothek di Monaco ed è stato segnalato nel 2012 anche da da IBBY.

 

Klaus e i ragazzacci

Che cosa sia la libertà non è facile a rendersi, soprattutto nello spazio ristretto di una cinquantina di pagine. Eppure la penna esperta di David Almond riesce a darcene un assaggio, tanto concentrato quanto importante, all’interno di Klaus e i ragazzacci, un racconto breve pubblicato da Sinnos all’interno della collana ad alta leggibilità leggimi!. Ambientato nell’Inghilterra degli anni ’70, quando la seconda guerra mondiale era alle spalle ma non ancora così lontana e quando la divisione fra est e ovest assumeva un significato politico molto forte, il racconto segue i pomeriggi annoiati di una banda di ragazzini che ammazza il tempo compiendo scherzi e atti vandalici più o meno innocenti.

A promuoverli è soprattutto  Joe, un ragazzo grande e grosso e dai modi prepotenti. A metterli in atto, tra gli altri, è il narratore, un ragazzo combattuto tra il timore di venire rifiutato dal gruppo e la sensazione che quanto fatto non sia davvero giusto. La sua ribellione prende forma fin da quando Joe passa il segno intimando ai suoi di dare fuoco alla siepe del signor Eustace, preso di mira perché obiettore di coscienza durante la guerra, ma fiorisce davvero solo quando in città arriva Klaus, un ragazzo tedesco della Germania Est la cui capacità di prendere posizione diventa un modello positivo e contagioso. Arrivato da solo in Inghilterra (la madre è scomparsa e il padre, un cantante lirico, è prigioniero in un campo di lavoro russo), Klaus è amichevole, impegnato, imbattibile con un pallone al piede ma soprattutto capace di fare tesoro della sua storia personale e familiare e di quella del suo paese. Klaus “cammina e canta e mostra al mondo che è libero”, proprio come gli ha raccomandato il papà, e onora la sua memoria e i suoi insegnamenti chiedendosi il perché delle cose e non piegandosi alla logica dell’arroganza.

La sua è una figura incisiva benché o anzi forse proprio perché condensata in pochi ma significativi quadri. Spedito ma centrato, il libro offre uno spunto interessante non solo per accennare a un periodo storico poco noto au giovani lettori ma anche per dire con una storia intensa che la libertà è preziosa e ciascuno di noi la stringe a suo modo in pugno. Se poi si considera che il volume – per brevità, qualità stilistica e caratteristiche tipografiche – risulta davvero fruibile ad ampio raggio, il goal del rispetto è senza dubbio segnato.

 

 

Hai preso tutto?

Procrastinatori, udite udite: un paladino del savoir renvoyer è in arrivo tra le pagine di Sinnos. Campione inarrivabile di posticipazioni, il signor Cinghialetti guadagnerà senz’altro la vostra simpatia per la nonchalance con cui rimanda compiti odiosi come alzarsi o riordinare la casa. Protagonista del racconto firmato da Alice Keller e Veronica Truttero, il signor Cinghialetti, per gli amici Osvaldo, prende temporaneo possesso insieme alla moglie Fernanda della casa dei signori G. Questi ultimi, partiti per una breve vacanza, scordano infatti di chiudere la porta e consentono ai due inattesi ospiti – nella fattispecie un cinghiale e una cinghialessa – di entrare e fare i propri comodi per 24 ore buone. Sarà per i due umanizzatissimi suini un’occasione ghiotta per gustare tazze di caffè accompagnate da fette di ciambellone, esercitarsi al violoncello, scrivere al pc racconti spassosi e cucinare prelibate frittate. Ma 24 ore passano in fretta e le odiose pulizie, più volte rimandate, diventano un’incombenza frettolosa a cui il signor Osvaldo dovrà trovare una soluzione degna di un vero cinghiale prima di lasciare la casa di villeggiatura!

Il racconto, inserito all’interno della collana ad alta leggibilità pensata per lettori poco scafati, è buffo e fa sorridere, soprattutto se si considerano le corrispondenze più o meno celate tra i protagonisti maschili e tra le protagoniste femminili: gli uni disordinati e dediti all’arte del differimento, le altre precise e fanatiche dell’ordine. Le illustrazioni, poi, delicate e spiritose, accompagnano con piacevole frequenza il testo accentuandone gli aspetti più divertenti. Nel complesso, il libro appare sfizioso e adatto a sostenere e premiare gli sforzi di lettori alle prime armi o in difficoltà, con una storia semplice ma gustosa in cui facilmente ciascuno potrà ritrovare sé stesso o qualcuno dei suoi cari.

La leggenda di Zumbi l’immortale

Per chi ha avuto la fortuna di assaporare dal vivo la straordinaria cultura brasiliana, La leggenda di Zumbi l’immortale è un concentrato di richiami e madeleines proustiane (al doveroso profumo di cocco!). Per chi invece è totalmente digiuno di capoeira, divinità del candomblé e villaggi nella foresta amazzonica La leggenda di Zumbi l’immortale è un’occasione interessante per raccogliere qualche spunto, godendo al contempo di un racconto forte e piacevole.

Tutta incentrata sulla vita di una figura cardine della storia del Brasile (e non solo), la nuova graphic novel edita da Sinnos accende un faro sui valori della libertà e delle scelte atte a difenderla. Zumbi è infatti un ragazzo del XVII secolo che si ribella alla conquista portoghese e guida la lotta durata decenni per mantenere libero e autonomo il Quilombo dos Palmares. La sua figura è diventata quasi mitica in Brasile, come il libro lascia ben intendere fin dal titolo, e viene commemorata da statue, intitolazioni e celebrazioni in tutto il paese (il 20 novembre, che corrisponde al giorno della morte di Zumbi, si festeggia, per esempio,  il Giorno della Coscienza Nera). Dalla nascita che già recava tratti di soprannaturalità all’infanzia trascorsa presso i gesuiti, dalle innumerevoli battaglie fino al tradimento che lo porterà alla morte, la vita di Zumbi è raccontata attraverso i testi asciutti di Fabio Stassi, che si focalizzano sui fatti ma lasciano anche spazio a riflessioni e magia, e attraverso i disegni inconfondibili di Federico Appel (già noto ai fedelissimi delle graphic novel Sinnos per aver firmato Pesi Massimi), che trasformano il bianco e il nero in uno strumento efficacissimo per rendere i chiaroscuri di un periodo così tormentato come quello della conquista e schiavizzazione.

Anche grazie a questa attenzione stilistica, la storia narrata si fa esemplare e risuona forte nella nostre orecchie in questi tempi in cui la schiavitù e la libertà assumono semplicemente forme e aspetti diversi. Non a caso la stessa casa editrice, da anni impegnata in favore dello scambio tra culture e dell’inclusione (qui sostenuta sia nei temi sia nella forma, dato il carattere di alta leggibilità del volume), racconta come il libro dovesse originariamente riportare le vicende di moderni migranti e abbia solo in un secondo momento abbracciato la storia di Zumbi che in qualche modo le riecheggia e omaggia egregiamente. Perché come ricorda bene uno dei personaggi della cornice del libro proprio in chiusura: “Finché ci sarà un uomo in catene, da qualsiasi parte, nessun uomo sarà libero davvero “.

 

Scoperta

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Lo aspettavamo, e molto. Dopo aver letto e trattenuto il fiato di fronte a Viaggio, non vedevamo l’ora di scoprire cosa avesse in serbo Aaron Becker per il secondo volume della sua trilogia senza parole. Autoconclusivo e perciò godibilissimo anche senza conoscere o avere sottomano gli altri pezzetti dell’insieme, Scoperta ci fa ritrovare la coppia di amici formatasi alla fine di Viaggio pronta per sgattaiolare in una nuova impresa dalle tinte accese. Muniti di due preziosi pastelli magici – uno rosso e l’altro viola – i due protagonisti incontrano il lettore durante un temporale cittadino. Le prime pagine (quelle del titolo e dei credits, per intenderci), dove ancora (erroneamente) crediamo di non esserci davvero addentrati nella storia, ce li mostra in corsa sotto le prime gocce  e poi al riparo sotto un ponte di pietra maestoso ma apparentemente insignificante. A ben guardare, sotto una delle volte, si cela  una porta di legno dalla cornice scolpita. La bambina – forse attratta proprio dai decori, forse colpita da un impercettibile movimento di chiave – ce la segnala con lo sguardo: è un dettaglio, quasi impercettibile ma estremamente importante: è quello che ci sommessamente ci annuncia che qualcosa di straordinario sta per succedere. L’avventura inizia.

Impazienti volgiamo la pagina ed ecco che un misterioso re dalla cappa arancione esce di soppiatto proprio da quella porta e consegna ai due ragazzi una mappa, una sorta di cartuccera e un terzo pastello arancione, prima che alcune guardie armate lo costringano a rientrare. La cartuccera si rivela presto essere un portapastelli (non male come idea antibellica, detto tra le righe!) e la mappa, criptica, riporta sei cerchi di sei colori differenti. Il legame tra i due oggetti è forte e si mostra con evidenza lampante qualche pagina più avanti, quando uno zoom sulla mappa lascia scorgere che i cerchi disegnati, uniti da linee colorate, racchiudono paesaggi che chiedono solo di essere esplorati: qui si nascondono, infatti, i tre pastelli mancanti. Ecco allora che i due protagonisti si lanciano alla loro ricerca, sfruttando la più potente arma in loro possesso: l’immaginazione. Con i loro pastelli disegnano ora un paio di pinne, ora un rinoceronte, ora un’altalena volante che li conducono in un mondo sottomarino, in una fitta giungla e infine su una montagna innevata dove l’impresa si compie e l’arcobaleno torna a risplendere… nel regno fantastico come nella città reale.

Se il primo volume della trilogia conquistava a spron battuto per la stupefacente inventiva, questo secondo fa dell’avventura condivisa il suo punto di forza. A ogni pagina è l’immaginazione congiunta dei due amici, che con i loro pennarelli magici disegnano le soluzioni per avanzare, esplorare o salvare la pelle, a consentire lo sviluppo della storia e il chiudersi del cerchio (narrativo e sulla mappa!). Senza fronzoli o moralismi, è semplicemente la forza dell’unione a vincere grazie a un’impresa rigorosamente a due.

E’ un libro travolgente e mozzafiato, Scoperta, un Silent Book con la S e la B maiuscole che fa dell’assenza di parole non un tratto qualunque ma una cifra stilistica precisa e significativa. La magia che Becker svela sotto i nostri occhi nasce infatti da una moltitudine di dettagli che si intrecciano e dipanano con una frequenza e rapidità tale che difficilmente un racconto scritto e fisso potrebbe starvi dietro. E poi ci sono i richiami cromatici, in cui l’autore è un vero talento e che qui rendono protagonisti i toni del viola; le meraviglie architettoniche che si compongono di elementi stratificati e si popolano di personaggi brulicanti; e i rimandi tra le pagine che costruiscono una trama sottesa e trasparente che dona unità e coerenza.  La libertà di movimento e scoperta di tanta ricchezza concessa al lettore dal ricorso alle sole immagini, non solo spalanca le porte a una fruizione allargata della lettura – consigliatissima per esempio a ragazzi delle elementari con difficoltà di decodifica del testo ma pronti e attratti (e raramente accontentati) da narrazioni articolate -, ma consente anche di godere appieno del piacere di assaporazione lenta offerto dal libro.

 

Passi di cane

Tornano in azione i 2+1, alias Marta, Eugenio e Franci, i giovanissimi investigatori già protagonisti de Le finestre del mistero. Spediti dai genitori in campagna per due settimane di istruttive e salutari vacanze a contatto con la natura, i tre si godono (o si fanno andare a genio, nel caso di qualcuno!) la vita spartana, i bagni al fiume, la presenza di animali e la compagnia dei due gentili ospiti, Ettore e Dario. Quando però, si imbattono in una cagnolina stremata che porta con sè una misteriosa richiesta di aiuto, i tre non possono resistere e si buttano a capofitto in una nuova indagine. Si troveranno così invischiati in una losca vicenda che richiederà loro una rischiosa serie di appostamenti, deduzioni e incursioni. Anche in questo caso, come nel precedente, un film (FBI operazione gatto) ispira le avventure dei ragazzi allestendo un interessante ponte di contatto con i lettori reali che vi assistono.

I personaggi sono ben  assortiti (impulsiva e sensibile Marta, sapientino e prudente il fratello Eugenio, accomodante e sereno l’amico Franci), il testo scorre veloce (persin troppo, vien quasi da pensare quando il succo dell’ intrigo si dipana in poche righe), e le illustrazioni appaiono davvero calzanti (grazie a un tratto sfumato e a un gioco di bianchi e neri che ben si adatta al racconto). Tutto ciò, unito a una stampa ad alta leggibilità e a un lavoro redazionale che ha coinvolto direttamente alcuni giovani lettori, mira e contribuisce ad avvicinare Passi di cane a un pubblico ampio che non escluda chi fa più fatica a confrontarsi con la narrazione scritta. Un’impegno – quello in favore della lettura inclusiva – che la casa editrice Bianco0enero porta avanti con tenacia da ormai dieci anni (auguri!).

 

Arturo e l’uomo nero

Da tempo immemore, la figura dell’uomo nero trova spazio nell’immaginario collettivo declinato in molte forme. Quella proposta da Daniela Valente in Arturo e l’uomo nero richiama un uomo selvatico, schivo e apparentemente pericoloso perché come tale lo descrivono innumerevoli leggende e dicerie.  Ingrugnito, collerico e cupo, vive nel folto del bosco nutrendosi di erbe selvatiche e frutti, distante da ogni forma di compagnia e civiltà. Ma il giovane e temerario Arturo, spintosi in mezzo al bosco per vincere una gara di raccolta di funghi, scopre che la realtà può essere diversa da come la dipinge la gente e che dietro comportamenti strani possono semplicemente nascondersi storie di tristezza. Proprio come nel caso dell’uomo selvatico, all’anagrafe Tiberio, che di lavoro riparava biciclette e che aveva scelto la via della solitudine boschiva in seguito al doloroso tradimento di un amico. Incontratolo per caso, Arturo sceglie di non lasciarselo alle spalle fuggendo a gambe levate ma torna anzi più e più volte a cercarlo, da solo e accompagnato, assistendo in prima persona a una sua positiva trasformazione: di fronte al calore dell’amicizia l’aspetto ferino di Tiberio si mitiga, restituendogli un’umanità da tempo dimenticata. Arturo e l’uomo nero è insomma una storia di coraggio: quello che si manifesta avventurandosi in un bosco buio ma anche e soprattutto superando i timori che si fondano su pregiudizi.

Il volume conferma la felice apertura di Coccole Books verso l’alta leggibilità inaugurata dalla pubblicazione di S.O.S. Supplente in arrivo di Isabella Paglia. Il font impiegato sottolinea in maniera marcata, infatti, la distinzione tra le lettere che più frequentemente vengono confuse dai lettori dislessici e si accompagna a una spaziatura maggiore la lettere, parole e righe. Un contributo ulteriore, in termini di accessibilità, potrebbe venire dalla scelta di una carta meno lucide, dalla rinuncia alla giustificazione del testo e dalla concordanza tra gli a capo e la punteggiatura.

Breve storia di un lungo cane

Formato più grande, testo più grande, illustrazioni più grandi: così – all’insegna di dimensioni più consistenti – si presenta la nuova serie ad alta leggibilità di Uovonero (Vi presento Hank) rivolta a lettori alle prime armi. L’effetto è senz’altro rassicurante per i sette-ottenni che si avvicinano alla lettura e che possono trovare nelle avventure del giovanissimo Hank Zipzer uno stimolo spassoso a leggere in maniera sempre più sciolta. Le storie scritte da Lin Oliver e Henry Winkler e qui condensate in pagine più contenute rispetto alla serie base con lo stesso protagonista, hanno infatti il pregio di scorrere veloci e parlare dritto alle orecchie dei ragazzi.

In Breve storia di un lungo cane (intrigante fin dal titolo, bisogna proprio dirlo!) il giovanissimo Hank deve a tutti i costi migliorare la sua pagella scolastica: in ballo c’è la possibilità di far visita al canile e portarsi a casa un cagnolino da accudire e coccolare. Stufo di avere tra i piedi la squamosissima iguana della sorella Emily e desideroso di avere una bestiola tutta per sé, Hank ce la mette tutta per trasformare le insufficienze in voti degni di un eroe scolastico. La motivazione è forte (cosa da non sottovalutare!) ma sarà sufficiente a compensare le difficoltà di lettura che affliggono il protagonista e che sono il motore delle sue più note avventure e disavventure? In questo caso sì! Complice anche una maestra comprensiva e lungimirante che sa valorizzare l’ingegno e la creatività di Hank (diversamente dalla signorina Adolf che qualche anno più tardi casserà in pieno il suo tema vivente sulle Cascate del Niagara), il ragazzo riesce a raggiungere i suoi obiettivi e a portare a casa un adorabile salsicciotto di pelo di nome Cheerio. Da lì in poi la vera sfida sarà mostrarsi davvero responsabile agli occhi dei genitori insegnando al cucciolo come comportarsi fuori e dentro casa, dove guai e imprevisti sono sempre dietro l’angolo

Anche questo libro, come gli altri dedicati ad Hank Zipzer, è stampato ad alta leggibilità ricorrendo a un Verdana modificato, a una carta avoriata e a una spaziatura e sbandieratura particolari. Questo agevola senz’altro la lettura anche in caso di dislessia ma la rende altresì più agevole laddove non ci sia alcun tipo di disturbo. Il testo concorre a questo scopo con frasi perlopiù brevi e non troppo ostiche da seguire mentre le grandi illustrazioni firmate da Giulia Orecchia e sistemate qua e là lungo il testo e in apertura di capitolo contribuiscono dal canto loro a fare del volume un oggetto davvero appetibile e amichevole.

La gita di classe

Le pagine di Moni Nillson, autrice svedese poco conosciuta nel nostro paese ma piuttosto affermata all’estero, sono uno spaccato di vita da ragazzi: La gita di classe, in particolare,  parla la lingua dei ragazzi, ricalca i pensieri dei ragazzi e racconta pezzi di vita dei ragazzi. Accentuando (fin troppo forse per un occhio adulto) questa sintonia con il giovane lettore, l’autrice gli racconta una gita di classe al lago con tutte le aspettative, gli amori, i litigi, i carichi familiari e i guai che questa può portare con sè.

A tenere le fila del racconto, é la penna di Malin che in forma di diario riporta eventi ed emozioni dei giorni al lago, ricavando uno spazio di pensiero privilegiato per ciascuno dei suoi compagni di classe. Le parole, infatti, sono sempre quelle della ragazza ma il punto di vista, capitolo dopo capitolo, sembra passare di mano in mano come un testimone. Così, il lettore viene a sapere qualcosa in più sulla vita e sulla storia delle timida Emelie, del duro Rasmus, della frignona My, dell’insicuro Elliot o della robusta Josefine. Dietro e dentro gli amori giovanili, le piccole bravate, le amicizie altalenanti e i grandi sogni adolescenziali de La gita di classe c’è una moltitudine variegata di  personaggi, dipinti in tutta la loro fragilità, tipica di quell’età di passaggio in cui i richiami all’infanzia si fanno ancora sentire ma il desiderio di sentirsi grandi tende ad imporsi. L’autrice mette in particolare a fuoco, pur senza ricorrere ad ammonimenti e riflessioni esplicite, come amicizie e relazioni possano far cambiare le persone, come gli individui possano risultare più spesso del previsto sorprendenti e come ciascun0 di noi sia il frutto di una storia, spesso difficile da immaginare, che non merita di essere giudicata superficialmente.

Il libro sfrutta un font ad alta leggibilità open source chiamato OpenDyslexic e reperibile online anche dai lettori. Questo contribuisce senz’altro a facilitare la lettura in caso di dislessia benché il ricorso a spaziature e sbandierature mirate avrebbe a sua volta rafforzato questa possibilità. E’ bello in ogni caso che inizino a moltiplicarsi le case editrici attente alla questione dell’accessibilità di lettura. La Qudu, che ha pubblicato La gita di classe, è molto piccola ma disponibile alla sperimentazione. Anche a livello di traduzione, non a caso, proprio il libro di Moni Nillson è frutto di un lavoro di gruppo che ha visto coinvolti ben dodici professionisti.

 

 

Quadrato al mare

Che i libri in casa Minibombo profumino di gioco è ormai felicemente noto. La dimensione ludica è componente essenziali di tutti i titoli per i piccolissimi firmati dalla casa editrice emiliana. Che si tratti di trovare somiglianze e differenze (Si vede non si vede), riconoscere un animale da un dettaglio (Vicino Lontano) o seguire una storia che procede per iterazione (Il libro bianco) o accumulazione (Dalla chioma), quel che è certo è che il lettore avrà un ruolo attivo nella lettura e non avrà modo di annoiarsi.

Così accade anche negli ultimi due libri curati da Silvia Borando: Triangolo al circo e Quadrato al mare. Qui, come nei suoi silent book precedenti, l’autrice trasforma geometrie elementari in oggetti che raccontano storie. In Triangolo al circo, per esempio, un apparentemente insignificante triangolo rosso si fa prima tendone, poi trombetta, e ancora strumento da giocoleria, cravattino, serpente da ammaestrare e – per il gran finale – uomo-cannone. Il gioco è ritrovare, a ogni voltar di pagina, l’equilatero sornione che si mimetizza senza perder la posizione, e ricontestualizzarlo in virtù delle forme che lo circondano. Sono infatti cerchi, rettangoli, quadrati e altri triangoli dalle dimensioni e dai colori variegati a comporre le figure circensi del libro e a fornire al lettore indizi stilizzati per risemantizzare il protagonista. È una storia di realtà e apparenza, di somiglianze e differenze, di forme e significati, insomma, quella che si nasconde tra queste coloratissime pagine al semplice ma eloquente motto di “Tienimi d’occhio!”.

Allo stesso modo, in Quadrato al mare, fisso e immobile qualunque cosa accada, un quadratino blu assume i panni di cravatta, di pipa o di paletta o di boccaglio. Anche qui, definito il tema del volume, il protagonista diventa dettaglio di una moltitudine di figure differenti unite da una sola ambientazione. Al lettore la scelta di leggere ogni pagina come a sé stante o di rintracciare un filo narrativo che unisca i diversi personaggi. L’assenza di parole, in questo senso, non solo favorisce la fruizione anche in caso di difficoltà di lettura, ma spalanca le porte all’invenzione meno imbrigliata. Come da tradizione, inoltre, non mancano il ricorso a una tavolozza di colori densi e ben marcati e la predilezione per forme non solo semplici e riconoscibili ma anche facilmente riproducibili.

Perché il gioco della lettura deve poter continuare anche una volta che il libro si chiude e i Minibombo’s, in questo, sono davvero imbattibili. Il lettore è naturalmente portato a proseguire le avventure dei protagonisti, trovando loro nuove collocazioni e nuove storie, e in questo, viene sostenuto e incentivato. Sul sito della casa editrice si trovano infatti spunti di attività per creare, in grande semplicità, a partire da un comune triangolo o da un banale quadrato. Il tutto a reale misura di bambino, per una nuova geometria dell’immaginazione.

Triangolo al circo

Che i libri in casa Minibombo profumino di gioco è ormai felicemente noto. La dimensione ludica è componente essenziali di tutti i titoli per i piccolissimi firmati dalla casa editrice emiliana. Che si tratti di trovare somiglianze e differenze (Si vede non si vede), riconoscere un animale da un dettaglio (Vicino Lontano) o seguire una storia che procede per iterazione (Il libro bianco) o accumulazione (Dalla chioma), quel che è certo è che il lettore avrà un ruolo attivo nella lettura e non avrà modo di annoiarsi.

Così accade anche negli ultimi due libri curati da Silvia Borando: Triangolo al circo e Quadrato al mare. Qui, come nei suoi silent book precedenti, l’autrice trasforma geometrie elementari in oggetti che raccontano storie. In Triangolo al circo, per esempio, un apparentemente insignificante triangolo rosso si fa prima tendone, poi trombetta, e ancora strumento da giocoleria, cravattino, serpente da ammaestrare e – per il gran finale – uomo-cannone. Il gioco è ritrovare, a ogni voltar di pagina, l’equilatero sornione che si mimetizza senza perder la posizione, e ricontestualizzarlo in virtù delle forme che lo circondano. Sono infatti cerchi, rettangoli, quadrati e altri triangoli dalle dimensioni e dai colori variegati a comporre le figure circensi del libro e a fornire al lettore indizi stilizzati per risemantizzare il protagonista. È una storia di realtà e apparenza, di somiglianze e differenze, di forme e significati, insomma, quella che si nasconde tra queste coloratissime pagine al semplice ma eloquente motto di “Tienimi d’occhio!”.

Allo stesso modo, in Quadrato al mare, fisso e immobile qualunque cosa accada, un quadratino blu assume i panni di cravatta, di pipa o di paletta o di boccaglio. Anche qui, definito il tema del volume, il protagonista diventa dettaglio di una moltitudine di figure differenti unite da una sola ambientazione. Al lettore la scelta di leggere ogni pagina come a sé stante o di rintracciare un filo narrativo che unisca i diversi personaggi. L’assenza di parole, in questo senso, non solo favorisce la fruizione anche in caso di difficoltà di lettura, ma spalanca le porte all’invenzione meno imbrigliata. Come da tradizione, inoltre, non mancano il ricorso a una tavolozza di colori densi e ben marcati e la predilezione per forme non solo semplici e riconoscibili ma anche facilmente riproducibili.

Perché il gioco della lettura deve poter continuare anche una volta che il libro si chiude e i Minibombo’s, in questo, sono davvero imbattibili. Il lettore è naturalmente portato a proseguire le avventure dei protagonisti, trovando loro nuove collocazioni e nuove storie, e in questo, viene sostenuto e incentivato. Sul sito della casa editrice si trovano infatti spunti di attività per creare, in grande semplicità, a partire da un comune triangolo o da un banale quadrato. Il tutto a reale misura di bambino, per una nuova geometria dell’immaginazione.

Mentre tu dormi

Mentre tu dormi di Mariana Ruiz Johnson è l’albo vincitore del Silent Book Contest 2015. Aprite, sfogliate, fate vostro questo volume e non vi sarà difficile capire le ragioni del riconoscimento. Le immagini dell’autrice argentina contenute nel libro sono a dir poco ipnotiche e raccontano in punta di pennello di un confine labilissimo tra realtà e sogno.

L’albo si apre con un’inquadratura ristretta su un bambino e sulla sua mamma, ripresi con garbo nel rito della buonanotte. Nei loro sguardi c’è attesa e dolcezza e un libro dalla copertina intrigante pare suggellare l’intimità del momento. Qualcosa sta per succedere ma per scoprirlo occorre forse abbandonarsi ai sogni.. è a quel punto, proprio quando il piccolo protagonista chiude gli occhi, che l’inquadratura infatti si allarga – sulla stanza, sulla casa, sull’isolato, sul quartiere, fin sull’intera citta – spalancando lo sguardo del lettore su pagine sempre più ampie e dettagliate. Qui, esseri umani alle prese con faccende quotidiane – una festa, una passeggiata, una mail di lavoro – si mescolano a creature fantastiche dai tratti animaleschi (un coniglio, una volpe, un orso, un cervo, un uccello e un ghepardo) non del tutto estranee all’occhio attento. Sono proprio questi ultimi, a un certo punto, a dominare la scena prendendo il mare e conducendo chi legge in un mondo meravigliosamente surreale. Qui, tra luci e colori strabilianti, hanno luogo folleggiamenti che tanto sanno di ridda selvaggia e anche per questo solleticano ricordi e fantasie di lettori più o meno grandi. È festa grande, a centro pagina. Poi però tutto finisce, la città si sveglia mostrando gli esiti della notte e restituendo alla vista protagonisti più terreni. Il mondo fantastico si è dissolto, ma forse non sarà così difficile ritrovarlo quando calerà di nuovo la sera…

In una canzone dal titolo quasi identico (Mentre dormi) all’albo di Mariana Ruiz Johnson, Max Gazzè canta “Le piume di stelle sopra il monte più alto del mondo a guardare i tuoi sogni arrivare leggeri”. Ecco, è quasi un caso ma la sensazione di leggera felicità che questo albo lascia tra le dita al termine della lettura non potrebbe forse essere espresso meglio..