Imparo a fare la pipì

Imparo a fare la pipì è un volume in simboli edito dalla casa editrice Homeless Book e dedicato a uno dei passaggi più particolari e delicati della crescita di un bambino. Non si tratta di una storia fantastica o avventurosa, bensì di una storia sociale ossia di un racconto che intende aiutare i bambini ad acquisire dimestichezza con una situazione quotidiana che può generare sorpresa, difficoltà di comprensione o reticenza. Sono reazioni, queste, che toccano trasversalmente qualunque bambino e che possono farsi a maggior ragione più marcate nel caso sopraggiungano particolari disturbi o nel caso in cui i cambiamenti vengano percepiti come ostici.

Ecco dunque che la scelta della casa editrice di rendere il contenuto del libro fruibile anche in caso di autismo e disturbi della comunicazione, grazie all’utilizzo dei simboli WLS e di illustrazioni molto piane e limpide, appare particolarmente calzante per un volume di questo genere. Imparo a fare la pipì presenta infatti un testo molto semplice, composto di poche e brevi frasi e caratterizzato da scelte lessicali ispirate alla quotidianità e da scansioni temporali molto chiare. I simboli impiegati sono riquadrati e presentano la componente alfabetica, in stampatello minuscolo, all’interno del riquadro stesso perciò strettamente connessa alla parte grafica.

Il libro, inoltre, tiene conto dell’importanza- soprattutto in caso di difficoltà legate allo spettro autistico – di personalizzare il racconto in modo che rispecchi il più possibile l’esperienza del bambino-lettore. Per questo il volume è costruito in modo tale da consentire l’adeguamento della contestualizzazione alle singole esigenze (per esempio, con la possibilità di scelta tra il simbolo del vasino e quello del wc), il completamento attivo delle illustrazioni con le proprie foto o con le figure – contraddistinte da espressioni variegate – predisposte in fondo al volume e con l’offerta dei simboli più utili per costruire una tabella comunicativa a tema. Si tratta di piccoli accorgimenti dai risvolti pratici molto significativi che rendono la collana Completalotu – di cui Imparo a fare la pipì fa parte e a cui si è recentemente aggiunto anche il titolo Divento grade, vado a scuola – particolare e ben concepita.

Foglie

La natura ha un potere incantevole che ciascuno coglie in maniera differente. C’è lo stupore di fronte all’ingegnosa perfezione di animali, piante e ambienti, il desiderio di comprendere e conoscere i meccanismi che regolano ogni processo, la meraviglia poetica suscitata dalla bellezza e dalla varietà di ciò che ci circonda. E i libri (quelli buoni!), dal canto loro, non fanno che accogliere questi sentimenti e dar loro voce e spazio. Così, un volume come Foglie di Francesca Pirrone va a cogliere e mescolare queste diverse attitudini proponendo al lettore una carrellata di esemplari botanici, presentati in maniera personalissima. Ognuno rivela un’anima suggestiva e intrigante, suggerita e ispirata dalla forma di ogni foglia. C’è quella rotonda  forse perché mangia troppo e quella a forma di lancia ma che odia la guerra, quella piccola come un bambino e quella dentellata perché è sempre arrabbiata: un assortimento composito e stimolante che invita a una vera e propria danza con le cose più semplici e comuni della natura, gettando su di esse uno sguardo nuovo.

È questione di sguardo, sì, ma anche e soprattutto di tatto. Foglie è infatti un libro tattile costruito a modino, accessibile in tutti i suoi contenuti  anche in caso di disabilità visiva. Oltre ai testi stampati in nero e in Braille nella parte bassa della pagina, il volume dedica a ogni foglia un’illustrazione in legno significativa per gli occhi e per le dita. Identiche nella texture, le foglie di Francesca Pirrone si differenziano nella sagoma, proprio quella che nell’interpretazione dell’autrice ne suggerisce il carattere. Questa scelta, che certo non intende approfondire il realismo della rappresentazione, agevola e snellisce l’esplorazione al tatto che è chiamata così a concentrarsi su un solo aspetto del soggetto. Il risultato è una passeggiata autunnale originale, tra foglie dall’animo marcato, che invitano a (ri)scoprire la natura per farne oggetto e stimolo di nuovi percorsi scientifico- fantastici.

Vincitore della seconda edizione del concorso di libri tattili illustrati Tocca a te!, in qualità di miglior libro didattico, Foglie è stato realizzato e pubblicato in 400 copie dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e distribuito gratuitamente ad altrettante biblioteche e associazioni sul territorio italiano grazie al contributo della Fondazione Cariplo. Nel corso del 2018 alcune copie del libro saranno rese invece disponibili per l’acquisto privato direttamente sul sito dell’editore.

Due conigli

La tenera meraviglia che suscita l’immersione in un albo senza parole come Due conigli di Daphne Louter è difficile a dirsi. C’è di mezzo lo stile pacato e dal gusto deliziosamente anglosassone dell’autrice, una capacità rara di cogliere l’infanzia nella sua più intima più vera e un gusto per i dettagli che dilata con letizia il tempo della lettura.

Protagonisti sono due conigli, presumibilmente fratelli, ritratti nel bel mezzo di momenti al contempo quotidiani e speciali, come una battaglia dei cuscini al risveglio, il gioco dei travestimenti, una festicciola in giardino,  le letture della sera. Ogni istante è immortalato in punta di piedi, come se l’occhio curioso dell’autrice si soffermasse di nascosto e con diletto a godersi le marachelle dei due cuccioli nella casa di campagna. Ognuno di questi istanti è anticipato da un dettaglio – un palloncino, una tazza, un paio di stivaletti rossi – messo ben in risalto su sfondo bianco nella pagina di sinistra, che lascia immaginare e pregustare che cosa potrebbe succedere in quella accanto. Lo stesso dettaglio ritorna poi nella pagina di destra  (al lettore, di volta in volta, trovarlo), inserito in un quadro completo che vede in azione i due protagonisti. E qui davvero ci si può perdere, scovando l’immancabile gallina di compagnia, cogliendo la precisione con cui i movimenti e i giochi infantili (talvolta condivisi, talvolta indipendenti)  sono ritratti, gustando richiami a capolavori della letteratura per l’infanzia (uno su tutti, I tre piccoli gufi che dalla cima di un mobile in soffitta guardano i due fratelli agghindarsi e mascherarsi) e assaporando dettagli minimi e gustosi (come le pantofole a forma di coniglio o gli oggetti che di quadro in quadro ritornano) e immaginando ciò che succede al di fuori del quadro, giusto oltre il margine del libro, ma anche ciò che accade prima e dopo il momento colto. Cosa si festeggia in giardino? Cosa sta prendendo la signora zebra in cima alla scala dell’emporio? E ci sarà una bella marmellata per merenda? Al lettore, paziente collezionista di indizi preziosi, il piacere di deciderlo e dirlo.

Insomma, è un albo dalla struttura semplice e iterata, Due conigli, in cui la storia si compone di una serie di flash che riassumono una giornata specialmente ordinaria. Eppure tra queste pagine si cela un mondo profondo che richiede attenzione e rende il volume adattissimo – più di molti volumi costruiti ad hoc, peraltro – a offrire spunti a chi cerca libri sulla relazione, sull’autonomia, sul genere o più in generale sulle peculiarità dell’infanzia.

Piccola volpe nel bosco magico

L’affetto che può legare un bambino al suo peluche più caro può essere smisurato, tanto da spingere ad ardite ricerche in caso di smarrimento. Lo sa bene la bimba dal caschetto moro, protagonista di Piccola volpe nel bosco magico. La sua vecchia volpe di pezza è per lei importante, importantissima. Così, di fronte alla richiesta della maestra di portare a scuola una cosa preziosa da descrivere ai compagni, la bambina non ha ha dubbi: porterà lei, la sua morbida amica pelosina. Dalle foto ricordo che tira fuori per l’occasione si deduce quanto la bimba bene voglia al pupazzo e quanti momenti di intima crescita abbiano vissuto insieme. Per questo, quando la piccola volpe di peluche scompare dallo zainetto, la sua amica umana inizia a cercarla disperatamente, senza fermarsi  nemmeno di fronte al più fitto dei boschi. Sarà un viaggio lungo e avventuroso, il suo, che la porterà ad attraversare sentieri bui e radure fantastiche, popolate da numerose e curiose creature della foresta. Fino al fatidico ritrovamento che recherà con sé un’autentica sorpresa e ripagherà tutte le fatiche con una moltiplicazione degli affetti. Perché è proprio vero che la gentilezza si propaga e gratuitamente porta con sé una contagiosa forma di felicità.

La storia che  Stephanie Graegin racconta con grande tenerezza, si sviluppa agli occhi del lettore attraverso l’esclusivo uso delle immagini: non ci sono cioè parole a scandire ciò che accade, ma decisamente tra queste pagine non se ne sente il bisogno. La scelta narrativa fatta dall’autrice è infatti tutt’altro che oscura o ambigua: tutti i passaggi sono chiaramente tracciati sicché la bella storia di amicizia e incontro può risultare accessibile anche laddove ci siano delle difficoltà non solo di decodifica del testo ma anche di lettura di immagini troppo complesse. Azioni, emozioni e pensieri dei protagonisti sono resi facilmente intellegibili grazie a un tratto attento e minuzioso, a un’esplicitazione di scatti narrativi anche minimi e un’alternanza oculata di riquadri a tutta pagina e di riquadri più serrati in serie. La scelta del colore, dal canto suo, accompagna efficacemente il lettore prima nella distinzione e poi nella sovrapposizione tra mondo umano e mondo fantastico, rendendo l’incontro tra i due – se possibile – ancora più suggestivo.

Vacanze

Trascorrere le vacanze in campagna con il nonno, godersi una libertà avventuriera che pare senza tempo ed esplorare la natura in una scatenata solitudine. Questa è l’estate per la bambina del libro di Blexbolex. Ma poi arriva lui: quell’elefantino in tenuta da marinaretto che giunge a bordo di un treno locale per occupare un posto importante in casa, al tavolo, in giardino e in definitiva nelle giornate e nelle notti della protagonista. Vissuta come una sgradita invasione di campo, questa sfocia in una serie di dispetti e scortesie, fino a quando l’ospite fugge nel bosco costringendo il nonno a una ardita ricerca notturna. Ritrovato il fuggitivo, all’adulto non resta che coinvolgere i due cuccioli nell’organizzazione di un’attesa festa in maschera. È qui che la bambina, come ipnotizzata dalle scintille che salgono al cielo da un falò, compie un viaggio immaginario e avventuroso in compagnia di un simpatico bambino: lo stesso che per un attimo rivedrà il giorno seguente, sul treno che riporta a casa l’elefantino tanto bistrattato.

Visionario e raffinatissimo come sempre, con figure e tinte dal sapore vintage (in cui si inseriscono però elementi di ordinaria modernità), Blexbolex sovverte qui alcune convenzioni legate alla rappresentazione dell’infanzia (chi non avrebbe desiderato un elefantino con cui giocare?), portando il lettore a non dare nulla per scontato e a interrogarsi sul reale significato di quella convivenza così tribolata. Chi è quel pachiderma e come mai il nonno lo accoglie nella sua casa? Ma soprattutto perché, per una frazione di secondo, sul treno del ritorno, assume le fattezze del simpatico bambino incontrato la sera della festa? Con fare ammiccante e mai invadente l’autore lascia a chi legge l’onere e l’onore di trovare le sue risposte, mostrando grande rispetto e dedizione per il delicato e prezioso ruolo interpretativo di chi sta dall’altra parte delle pagine.

Privo di parole, Vacanze procede per immagini in maniera molto chiara e lucida, rendendo a misura (anche) di bambino un racconto pur lungo (138 pagine sono un bel numero per un silent book) e contraddistinto da una sovrapposizione tra piano reale e fantastico. Alternando doppie pagine piene e riquadri più piccoli l’autore scandisce un ritmo variegato, anima la narrazione e rende a pieno il senso di relatività spazio-temporale(-sentimentale) vissuto dalla protagonista e caratteristico dell’infanzia.  “Vacanze è un minuscolo dramma – racconta non a caso Blexbolex in un’intervista – al quale ho tentato di dare una dimensione più importante di quella dei fatti effettivamente riportati  perché questo è per me tutto il sale e il valore dell’infanzia”.

Bosch – L’avventura magica del giovane artista, il berretto, lo zaino, la palla…

All’inizio c’è solo un ragazzo qualunque con un cappellino, una palla e un cane, che perde l’equilibrio e cade in mare da una scogliera. Ma già dalla seconda pagina tutto cambia e il lettore ha la netta percezione che il mondo in cui il bambino è precipitato afferisca più al fantastico che al reale. Creature marine e terrestri dalle strambe sembianze lo animano infatti: sono unicorni, lucertoloni dall’aspetto preistorico, angeli e creature che mescolano l’umano e l’animale. Il loro è un mondo in cui ciò che si vede e ciò che accade non sempre appare lineare e spiegabile,  ma in cui si percepisce netta la presenza di un fronte del bene e di un fronte del male che spesso si incontrano e si fronteggiano. Il protagonista, dal canto suo, vi si trova invischiato  e il banale tentativo di recuperare lo smarrito cappellino lo porta a incontrare aiutanti e nemici, a percorrere cammini inaspettati, a superare prove di grande coraggio, fino al ritorno a una piana quotidianità di cui il lettore si era praticamente scordato. Il tutto in una cornice surreale, popolata di figure oniriche di grande suggestione che irrompono nella storia principale, vivono piccoli vicende parallele o danno semplicemente  spessore a un immaginario fuori dall’ordinario. Un immaginario che evoca chiaramente il genio di Bosch, senza rinunciare al tratto caratteristico dell’autore indonesiano.

Se Thé Tjong-Khing ci aveva deliziati con il dittico TortintavolaTortinfuga, coccolando la nostra fantasia con avventure pullulanti e votate al puro divertimento per immagini, qui ci sorprende con un lavoro che riprende l’assenza di parole e la propensione alla moltiplicazione dei dettagli e dei relativi percorsi narrativi, sposandole a una raffinata trama di echi dell’opera di Hieronymus Bosch.

Piacevole e straniante se letto senza precisi riferimenti culturali, suggestivo e illuminante se fatto dialogare con l’opera del pittore olandese, Bosch rappresenta un raffinato omaggio di un artista moderno a un collega di qualche secolo più vecchio e un invito a far echeggiare dentro di noi le opere che più segnano il nostro immaginario. In questo senso, al pari e talvolta meglio di tante proposte dedicate all’arte, il libro di Thé Tjong-Khing suggerisce una pista insolita e accattivante di avvicinamento all’immaginario e allo stile di un artista di rara originalità. Quale che sia poi, per ciascun lettore,  il percorso che lega l’opera di Bosch e il libro a lui dedicato, poco conta: la conoscenza della prima può rendere irresistibile la lettura della seconda così come,  viceversa, la scoperta della seconda può suscitare la curiosità per la prima. Ciò che resta invariato è il gioco di stimoli che tiene viva la mente e quel gusto per la complessità – come diritto e come valore – a cui anche i libri accessibili non dovrebbero mai rinunciare.

Una giornata di Ivan

Quello a cui difficilmente si pensa, se non si hanno personali esperienze con bambini e ragazzi con autismo, è che anche le più semplici azioni quotidiane possano implicare grandi difficoltà e richiedere sforzi  commisurati. E invece questo è proprio ciò che accade, rendendo per queste persone anche soltanto la preparazione mattutina, una gita in piscina, una visita dal dentista o una cena al ristornante, una prova molto faticosa per la quale servono routine ben definite e previsioni rassicuranti di azioni, contesti ed emozioni.

Da qui nasce il progetto che ha dato vita a Una giornata di Ivan: un cofanetto di libri in simboli che aiutano i bambini con difficoltà legate alla sindrome autistica a conoscere, orientarsi e trovarsi a proprio agio di fronte a situazioni comuni come quelle sopracitate. E soprattutto a farlo grazie a uno strumento piacevole e curato come può essere un libro. L’intento pratico e istruttivo è dunque qui dichiarato fin dall’inizio: non ci si stupisce perciò di non trovare all’interno dei volumi che compongono il cofanetto delle vere e proprie storie ma piuttosto l’esposizione gradevolmente narrativa di come ci si comporta a casa, in piscina, in studio o al ristorante.

Ognuno dei quattro volumi – racchiusi in una pratica e carina valigetta – presenta il testo in simboli WLS a destra e un’illustrazione a tutta pagina a sinistra. Composto da frasi piuttosto lunghe e non prive di subordinate (e per questo adatto a bambini con una certa dimestichezza a seguire il testo) ma caratterizzato da una struttura lineare e da scelte lessicali quotidiane e comprensibili, il testo si compone di simboli a colori riquadrati in cui le parole, in minuscolo, sono collocate nella parte bassa de quadrato. Le illustrazioni, dal canto loro, focalizzano l’attenzione sugli elementi più significativi evidenziati dal testo e prediligono rappresentazioni chiare e nette, con frequenti primi piani che rendono più facilmente riconoscibile il protagonista e le sue emozioni. Gli sfondi, poi, presenti ma sfumati per non interferire con la decodifica dell’immagine centrale, donano maggiore coerenza, gradevolezza e identificabilità al quadro.

Una giornata di Ivan è frutto di un lavoro corale, coordinato dall’associazione Need You onlus (cui si deve già un altro volume in simboli: Le due metà del cielo) e sostenuto da diverse realtà tra cui la Regione Piemonte e l’Angsa. All’associazione promotrice del progetto è possibile fare riferimento per acquistare il cofanetto.

Revolution

In tempi di muri e barriere, nei quali il pericolo di dividersi in un pretestuoso noi e voi si fa palpabile, i buoni libri e il loro contenuto potente possono fare la differenza. A maggior ragione se sono albi illustrati che parlano a occhi più e meno maturi e che con sbalorditiva incisività riescono a fare breccia nell’immaginario. Di certo è il caso di Revolution, libro senza parole ideato e illustrato da Arianna Papini, meritatamente vincitore del Silent Book Contest 2017: un libro che sfida l’illusione di poter classificare gli esseri viventi in base a origini rigidissime, per le quali la contaminazione è qualcosa di necessariamente negativo.

Attraverso la rappresentazione di creature fantastiche che man mano si incontrano e ne generano altre che ne assommano i caratteri, l’autrice porge al lettore una riflessione molto significativa sul valore della differenza e sulla meraviglia che da esse può avere origine.  Così dall’incontro romantico tra una sorta di talpa su ruotini e una bizzarro uccello con tre ali sul capo e una veste variopinta nasce  un cucciolo peloso su ruotini con tre piume sul capo che crescerà e incontrerà una specie di elefante dalla zampe lunghissime e snelle con cui darà vita a un cucciolo dai tratti misti che a sua volta deciderà di mettere su famiglia. E così si procede fino a quando, dopo numerosi incontri e incroci tra animali stranissimi e affascinanti, non  ci si ritrova davanti a due creature dall’aspetto davvero piuttosto familiare. E lì il libro finisce e ricomincia, in un ciclo vitalissimo per il pensiero di chi legge.

La cura che Arianna Papini abitualmente dedica alle sue creature di carta trova qui massima espressione. Sono infatti i dettagli, anche quelli più minuti come la fantasia della punta di una coda, il numero di zampette, la presenza di piccolissimi ruotini o la combinazione di colori di un manto, a guidare il lettore nella comprensione del meccanismo narrativo che soggiace alle illustrazioni. Non immediatissimo, quest’ultimo richiede una certa attenzione e capacità di decodifica dell’immagine attraverso una serie di inferenze non banali. Una volta scoperto, tuttavia, risulta piacevolmente e agevolmente fruibile  anche in caso di maggiori difficoltà poiché la struttura ritmica della narrazione procede in maniera iterata presentando via via un incontro tra due creature e il cucciolo che ne nasce, secondo un andamento ciclico molto chiaro. Il gusto e la soddisfazione, poi, offerti di volta in volta dal riconoscimento dei caratteri genitoriali che ogni creatura assomma sono grandi e costituiscono un incentivo ulteriore alla lettura, tanto dei bambini quanto degli adulti. L’operazione, d’altronde, non si discosta di molto dagli immancabili “Ha il naso del papà”, “Gli occhi sono tutti della nonna”, “la punta delle orecchie è indiscutibilmente quella dalla prozia” che accompagnano gioiosamente la nascita di un bimbo.

Che cosè il Magicoso?

Proposto dalla cooperativa Puntidivista, Che cos’è il magicoso? è un libro multicodice – con testo in nero e in Braille, arricchito da alcune illustrazioni tattili – che fa parte della collana Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa. Nata per rispondere al più ampio ventaglio di esigenze di lettura, secondo un progetto ambizioso e ammirevole, quest’ultima propone diverse versioni di ogni volume così da renderlo fruibile in caso di differenti disabilità. Ecco dunque che  il libro in questione trova posto nel catalogo della casa editrice rietina anche in versione tradizionale e in versione simbolizzata.

In tutte, protagonisti sono Lampadino e Caramella, due bambini curiosi, e il loro cane Zampacorta, alle prese con la ricerca di un misterioso oggetto smarrito dal ricco Michele nel Bosco verde. Che cosa sia questo oggetto misterioso, denominato Magicoso, non è dato saperlo fino alla fine, quando niente meno che una lente di ingrandimento salterà fuori dal ruscello.

Contraddistinto da una storia piana, un testo poco ostico e alcune illustrazioni realizzate a collage materico, Che cos’è il magicoso?,  nasce per risultare accessibile anche in caso di disabilità visiva. Il libro, stampato su carta piuttosto sottile e rilegato a spirale, presenta pagine di testo piuttosto fitte con il Braille sovrapposto al nero. Le illustrazioni – in numero inferiore rispetto alle pagine di testo perché dedicate soltanto alla presentazione dei protagonisti della storia – non si trovano mai affiancate a quest’ultimo, rendendo la corrispondenza tra descrizione verbale ed esplorazione tattile meno immediata. Le illustrazioni sono tuttavia poco complesse e perciò comunque decodificabili in differita rispetto alla lettura del testo. Che cosa sia lo stesso magicoso, oggetto cardine del racconto, non viene mai esplicitato ma reso piuttosto efficacemente a livello tattile, lasciando all’esplorazione del bambino la soluzione del mistero.

Ciao ciao giocattoli

Tempo di scatoloni, cernite, cambiamenti. Forse una nuova casa. Fatto sta che il protagonista di Ciao ciao Giocattoli si trova alle prese con una serie di giocattoli con cui probabilmente non gioca più perché è ormai cresciuto. Ma i giocattoli hanno questa qualità speciale: che non servono solo  nel momento in cui li si usa, bensì riservano una certa utilità per il dopo, per il momento cioè in cui, solo guardandoli, fungono da detonatori di pensieri . Perché se può esserci (ma non è detto!) un momento in cui ci si sente troppo grandi per giocare con pinguini di peluche, carretti e navi di legno, non si è mai troppo grandi per assaporare i ricordi felici che questi custodiscono. Dietro ogni oggetto c’è infatti la memoria di una viaggio, di un’esperienza, di una tenerezza o di una condivisione con persone care che lo rendono carico di affetto e significato.

E così accade proprio al ragazzo dipinto da Marta Pantaleo nel silent book pubblicato da Carthusia. I giocattoli che nelle prime pagine popolano immobili la sua stanza diventano poi protagonisti di sfrenate avventure sulla neve, nel bel mezzo del mare ghiacciato o in sella a una slitta: sono i ricordi di un passato felice che continua ad esistere e ad accompagnare il ragazzo anche quando farà letteralmente spazio nella sua vita, cedendo i balocchi a un negozio. Qui troveranno senz’altro nuova vita – ne abbiamo conferma nell’ultima pagina – quando altri bambini ne prenderanno possesso riattivando il felice circolo dei momenti spensierati che poi diventeranno sereni ricordi.

Con uno stile particolarissimo che ricorda – non solo per i contenuti –  le atmosfere nordiche, Marta Pantaleo dà vita a un libro per immagini in cui chiunque può ritrovarsi e che aiuta a sentirsi coinvolti in un percorso di crescita che ci accomuna. Con un gioco sottile tra passato e presente, l’autrice scava nel sentimento profondo tra attaccamento e distacco che coglie qualunque ragazzo che abbandoni l’infanzia per diventare grande. Questo aspetto, che dona complessità e ricchezza al libro e che probabilmente ha concorso alla sua premiazione al Silent Book contest 2016, lo rende fruibile anche a bambini e ragazzi con difficoltà di decodifica del testo (poiché qui questo è assente) ma con una certa dimestichezza nella decodifica delle figure e dei loro legami narrativi.

Attenzione, passaggio fiabe!

Se c’è un autore che si diverte e ci fa divertire giocando con le fiabe, quello è senza dubbio Mario Ramos. Molti dei suoi libri – a partire da Sono io il più forte o Sono io il più bello –  pescano personaggi familiari all’immaginario dei bambini e li collocano in contesti narrativi nuovi, spiazzanti, irriverenti. È il destino di lupi, bambine incappucciate, porcellini e nanetti che trovano nella sua penna una rappresentazione ironica e irresistibile: proprio quella che contraddistingue anche Attenzione, passaggio fiabe!, un silent book edito da Babalibri in cui l’autore riunisce i personaggi a lui più cari.

Come lo fa? Mettendo Cappuccetto Rosso in sella a una bicicletta pronta ad attraversare il bosco fin dalla nonna. Ma la sicurezza viene prima di tutto, anche in mezzo ad alberi e cespugli: ecco quindi che a ogni incrocio la strada naturalistica presenta un cartello di attenzione agli orsi (tre ma senza viziatella ricciuta al seguito), ai bambini che spargono briciole, ai cacciatori e ai lupi feroci, che puntualmente alla pagina seguente si presentano in forma smagliante, chi sui pattini a rotelle, chi a cavallo, chi sullo skateboard e chi in bicicletta. E già ci immaginiamo le raccomandazioni della mamma a questa Cappuccetto Rosso ciclomunita: “Fermati allo stop!, “Dai la precedenza a Pollicino” e “Guarda bene a destra e a sinistra che non arrivi un cavaliere a tutta birra!”, altro che “Non fermarti a parlare con il lupo”. Questione di modernità!

Forte di un continuo gioco di rimandi a narrazioni note e di una sfida puntuale a indovinare chi comparirà per strada e in sella a quale mezzo, Attenzione, passaggio fiabe! offre una lettura divertente tanto più se condivisa. Questo, unito alla mancanza di parole scritte, alla linearità della narrazione, al richiamo a un immaginario comune, alla corrispondenza precisa tra ogni cartello e l’illustrazione successiva e alla struttura iterata, lo rende inoltre apprezzabile anche laddove ci siano difficoltà a seguire un racconto più tradizionale o a decodificare un testo.

Assolutamente imperdibili i risguardi del libro che anticipano da un lato e proseguono dall’altro il sottile gioco di segnaletica inventato dall’autore. 24 nuovi segnali – che spaziano dal pifferaio di Hamelin al principe ranocchio, dal Gatto con gli stivali a Cenerentola – offrono lo spunto per una caccia alla fiaba che difficilmente lascerà impassibili anche gli adulti.

Il brutto anatroccolo

Anche solo osservato superficialmente, tenendo chiusa la copertina o sfogliando velocemente le pagine, Il brutto anatroccolo di Uovonero offre la netta e veritiera impressione di avere tra le mani un libro prezioso. Sono senz’altro le illustrazioni avvolgenti di Arianna Papini, così malinconiche e poetiche come è caratteristico dell’illustratrice fiorentina, a dire in maniera immediata al lettore quanta cura ci possa e ci debba essere in un libro progettato per risultare fruibile anche in caso di esigenze speciali.

Accolti da questa sensazione di piacevole benvenuto, ci si sofferma poi sulle pagine interne e sui testi, curati da Enza Crivelli, e anch’essi capaci di garantire l’accessibilità della storia senza per questo sacrificarne l’intensità.

In quelle frasi molto brevi e lineari, rafforzate dai simboli PCS riquadrati e affiancate da figure dall’aria imperturbabile e immortale – come d’altronde una fiaba dovrebbe essere – ritroviamo tutta la potenza di un racconto che parla in modo ancora straordinario di diversità. E che da oggi può farlo anche a bambini che faticano a leggere un testo tradizionalmente stampato e che beneficiano invece di un supporto alla comunicazione attraverso i simboli.

Questo brutto anatroccolo fa infatti parte dell’apprezzatissima collana I pesci parlanti di Uovonero che propone fiabe tradizionali in una versione adattata, con testi asciugati, simbolizzati e disposti in maniera molto pulita e chiara sulla pagina, per venire incontro alle esigenze di lettura di bambini con autismo o disturbi della comunicazione. Forte inoltre del sistema brevettato Sfogliafacile, il volume risulta più resistente anche nel caso in cui sia maneggiato con poca praticità, con frequenza o in situazioni poco agevoli.

L’idea di accoglienza e di abbraccio caloroso che sta alla base della collana trova qui una delle sue più piene concretizzazioni grazie alle scelte fatte dalle autrici. Il risultato è un libro che con il suo aspetto concorre fisicamente alla costruzione di un piacevole momento di lettura condivisa in famiglia, in classe e in biblioteca. E questo non è poco. Che poi il libro celebri il diritto e il bello di essere sé stessi, con tutte le complicazioni che questo comporta, non solo con il suo contenuto ma anche con la sua forma, è cosa ancor più rara che dà a quella iniziale e sfuggente impressione di preziosità un solido e motivato fondamento.

Per venire incontro a esigenze diverse di lettura, dal 2018 Il brutto anatroccolo e e le altre fiabe de I Pesci parlanti sono proposte dall’editore cremasco anche in una nuova collana chiamata I Pesciolini i cui volumi, identici nel contenuto ai loro “fratelli” maggiori, fanno a meno del formato Sfogliafacile e della cartonatura, risultando così più snelli ed economici (12.90 €).

 

Guarda fuori

Attenzione: se decidete (e decidetelo, mi raccomando!) di leggere Guarda fuori, ultimo nato in casa Minibombo – cercate magari un posto tranquillo e al riparo da sguardi indiscreti. Il pericolo di essere colti in flagrante, nel pieno di sonore risate è alto, ma che dico: altissimo! Almeno a noi è successo così.

Dentro questo albo dal formato quadrato, nel bel mezzo di un paesaggio innevato, i fatti avvengono a pagine alterne al di qua e al di là di una finestra. Dal lato interno, due bambini osservano ciò che accade fuori, indicano a turno dove guardare, anticipano con le espressioni del volto il tono di ciò che succede oltre il vetro. Ma è solo girando la pagina, quando l’obiettivo inquadra ciò che succede fuori, che il lettore scopre davvero cosa hanno visto e indicato i bambini, condividendo di volta in volta il loro stupore, il loro timore o il loro entusiasmo. Tra la neve che cade, infatti, un uccellino, tre conigli rosa, un gatto e un orso (dai tratti felicemente familiari a chi abbia letto altri libri di Silvia Borando) danno vita a scene ora tenere, ora (apparentemente) tragiche, ora coraggiose, ma sempre tinte di un velo di ironia che impedisce al lettore di restare impassibile. Fino al colpo di scena finale, chicca con cui la casa editrice reggiana da sempre ci ha viziati, che spiazza, convince e fa ridere di gusto.

Con un ritmo perfettamente studiato e un’essenzialità di fondo che aiuta a raccontare la storia anche se le parole non sono scritte, Guarda fuori offre una lettura golosissima soprattutto se condivisa (in questi giorni di neve, poi!). In pieno stile Minibombo, il libro propone figure grandi, minimali e ben definite, colori pieni, contrasti forti e inquadrature piane che rendono il libro realmente apprezzabile e fruibile anche da bambini molto piccoli. L’assenza di parole, dal canto suo, non preclude l’accesso, anche in autonomia, a bambini un pelo più grandi, magari a cavallo tra scuola dell’infanzia e scuola primaria, con difficoltà legate alla decodifica testuale. Mentre la chiarezza dei passaggi narrativi marcati dalle sole immagini agevola la partecipazione anche da parte di bambini con lievi difficoltà cognitive.

Linee

All’inizio di Linee non c’è che una bambina che  pattina leggiadra e in solitaria sul ghiaccio. Anzi no. All’inizio – o prima ancora dell’inizio, nei risguardi del libro che sempre per Suzy Lee hanno un ruolo e un valore – c’è un foglio bianco con una gomma e una matita poggiati sopra. Potrebbe sembrare puramente decorativo e il lettore probabilmente tende a dimenticarsi di averlo visto fin da quando volta la prima pagina. Se ne ricorderà forse solo più avanti, quando quel foglio entrerà a pieno titolo nella storia.

Scorrendo le pagine del libro, infatti, si segue la piccola pattinatrice nei suoi volteggi sul ghiaccio, che disegnano linee armoniose dal tratto variegato: più spesso, più sottile, tratteggiato, doppio. La bambina si muove leggera, quasi volando, e pare concentrata, sicura di sé, felice. Questo ci dice l’espressione del suo volto. Ma poi accade qualcosa: la bambina perde l’equilibrio e cade rovinosamente a terra. La sua scivolata cancella parzialmente il disegno lasciato dalle lame: accipicchia, proprio ora che l’esibizione pareva perfetta e stava creando un tratteggio impeccabile! Ecco allora che voltando la pagina ci troviamo davanti un foglio appallottolato. Ohibò! È qui che ricolleghiamo quanto sta accadendo all’immagine che inaugurava il libro e che qualcosa in noi inizia a scattare, facendoci  apprezzare il gioco di matrioske fatto di un foglio dentro un altro foglio che l’autrice ha messo in piedi. Lo facciamo soprattutto perché il disegno accartocciato poco dopo viene riaperto e lisciato per popolarsi di molti altri bambini che con grande libertà e divertimento si muovono sulla pagina, facendo di ruzzoloni, sederate e capitomboli  il segreto per rendere la tela ghiacciata un quadro ancor più bello e vario.

Con un albo raffinato e intelligente, che non ha paura del bianco immacolato, Suzy Lee torna a incantarci con il solo potere delle figure. Senza parole come i precedenti volumi che compongono la trilogia del limite, anche questo libro parla chiaramente (e forse anche in modo più diretto, rispetto a L’onda, Mirror e Ombra) al lettore senza bisogno di un testo scritto. Il risultato è quindi amichevole anche nei confronti di bambini con difficoltà di decodifica testuale legata per esempio alla sordità o alla dislessia ma in possesso di quelle abilità cognitive che consentano di cogliere le inferenze e gli scarti tra diversi piani di narrazione che contraddistinguono il lavoro dell’autrice coreana.

Anche questa volta, in effetti, Suzy Lee ci ammalia con una riflessione che è anche un sottile gioco intellettuale sul concetto di limite: quello impalpabile che separa il dentro e il fuori del libro e che fa di un foglio bianco la pagina di un libro o  un’illustrazione in esso contenuta. Dentro- fuori, reale-disegnato: la dicotomia esplorata dall’autrice porta un senso di straniamento fecondo nel lettore, felicemente costretto a rimettere in discussione il suo sguardo iniziale. Proprio la stessa operazione, in fin dei conti, che Linee invita a compiere facendo dell’errore un vero e proprio elogio illustrato. Siamo certi che ciò che non risponde alle nostre aspettative iniziali debba necessariamente essere meno buono, meno valido, meno apprezzabili? O forse,  invece, quello che chiamiamo errore può scatenare fruttuosi processi creativi e rivelarsi in definitiva un piccolo  inatteso successo? Rodari ce lo ha insegnato bene e Suzy Lee, con le sue linee impertinenti, ce lo ricorda magistralmente!

Cuore di tigre

L’incontro tra Paola Formica e Carthusia aveva già prodotto, pochi anni fa, un libro senza parole densissimo e coraggioso dal titolo Orizzonti, meritatamente finalista del Silent Book Contest 2014. Oggi quell’incontro si rinnova con un altro libro che di parole non ne contiene nemmeno una ma che ne  accende moltissime dentro il lettore, prestandosi a detonare profondi e importanti confronti intorno a un tema delicato come quello del diritto all’essere bambini.

Cuore di tigre è infatti un silent book che vede protagonista una bambina dell’altro capo del mondo, che potrebbe per esempio essere indiana dati i tratti somatici e gli abiti, messa in mano a un adulto barbuto che di lei diventa lo sposo, interrompendo con bruschezza e decisamente prima del tempo quelli che dovrebbero essere i suoi giorni dell’infanzia. Con un potentissimo e accurato gioco di attenzioni sugli sguardi, l’autrice riesce a raccontare una storia fatta di emozioni che attanagliano il lettore e lo costringono a non voltarsi dall’altra parte, come invece potrebbe fare di fronte a una storia simile raccontata da un tg. In quei piccoli e quasi impercettibili scatti di forma, posizione, grandezza, chiusura e luccichio degli occhi si percepiscono con evidenza la tristezza, la paura, la rassegnazione e il terrore della protagonista ma anche il dolore della madre o l’indifferenza dello sposo: un ventaglio di sentimenti che segnano un percorso durissimo per una bambina, capace però di tirare fuori la tigre interiore che potrà forse salvarla.

Forte e coinvolgente, raffinato ed echeggiante, Cuore di tigre ha il raro pregio di evocare senza dire e di indicare sentieri interpretativi che sta al lettore  scegliere e tracciare con precisione. Proprio questa indefinitezza, che molto racconta e suscita, fa del libro un’occasione preziosa per interrogarsi, a bassa e ad alta voce, sull’impegno che il rispetto dell’infanzia ancora richiede, domandando a ciascuno di sentirsi chiamato in causa, interessato. Questi aspetti, che arricchiscono e donano complessità al libro, lo rendono specialmente adatto a lettori anche con difficoltà di decodifica testuale ma con una certa dimestichezza nella decodifica iconica. I ragazzi delle medie, in particolare, cui raramente si destinano lavori con un forte componente illustrativa, possono trovare qui un racconto estremamente suggestivo e stimolante per  i loro occhi e le loro menti in crescita.

 

Il coro di mezzanotte

Il coro di mezzanotte è un coro insolito e originale che si forma involontariamente una notte di luna piena. Risvegliato dal canto della giovane Camilla, il gallo del regnopensa sia mattina e sveglia il servo del re che a sua volta pensa sia mattina esveglia il sovrano che a sua volta pensa sia mattina e sveglia la pittrice di corte che, indispettita porta tutta la ciurma all’origine della catena di errati risvegli. Così, riuniti sotto la finestra di Camilla, il re, il servo, la pittrice e il gallo restano ammaliati dalla voce celestiale della fanciulla e si lasciano ispirare, ciascuno a modo proprio. Ne nasce un concerto improvvisato in cui ciascuno ha la propria parte da solista e in cui l’insieme appare armonioso e appagante.

Musicale non solo nel contenuto ma anche nella maniera in cui è raccontato, ricca di onomatopee, Il coro di mezzanotte risulta particolarmente adatto a una lettura ad alta voce o a una registrazione audio da ascoltare. È bello, quindi che la fiaba scritta da Claudia Ferraroli sia resa disponibile da La Fabbrica dei segni su CD in forma di audiolibro, così da risultare accessibile anche in caso di dislessia o disabilità visiva. All’audiolibro, inoltre, è possibile associare l’albo illustrato (costo 12 euro), sempre realizzato da La fabbrica dei Segni e illustrato da Arianna Usai.

Fino al cielo

Di libri che si possono guardare a ripetizione, senza mai stufarsi e scovando anzi qualche dettaglio prima passato inosservato, si vorrebbe aver la stanza piena. Per sapere dove infilare il naso in un momento di noia, per sfidarsi a trovare nella lettura un’ininterrotta sorpresa, per nutrire occhi e mente di un piacere che non è mai eguale a sé stesso. Ecco perché un libro originale e ricco come Fino al cielo di Tom Schamps entra con piacere nella libreria o per meglio dire sul muro di casa, dal momento che completamente aperto, il volume assume la forma di un bel metro.

Un libro per misurarsi, insomma, in tanti sensi: misurarsi in altezza – quanti piani del palazzo sei alto tu? quante mini-storie io? – ma anche misurarsi con una lettura che invita a mettersi in gioco e a stravolgere paradigmi consolidati di approccio alle pagine. Perché qui le pagine si aprono a fisarmonica in senso verticale fino a far prendere forma a un intero condominio di carta. I due protagonisti – due bambini bizzarramente abbigliati come una cappuccetto rosso di città e un  giaguaro in sneakers – che il lettore incontra al piano terra del libro, dove ha sede un negozio di cappelli stravaganti, salgono infatti di un piano ogni volta che il volume si allarga di una pagina, incontrando man mano abitazioni e inquilini particolari. Ci sono per esempio il marinaio e la sirena in una vecchia sala da bagno, l’uomo agreste che coltiva un albero in salotto in compagnia di un cervo o la bambina con i libri (fisicamente e metaforicamente) in testa. A ognuno i due ragazzi lasciano una misteriosa busta con timbro a cuore il cui significato e contenuto si intuisce solo una volta giunti nel sottotetto: qui tutto prende senso, la mente schiaccia rewind,  i dettagli si ricompattano e il desiderio di tornare indietro a cogliere ciò che una prima lettura ha trascurato si fa irresistibile. E così si ricomincia…

Ripercorrere su e giù le scale di questo insolito palazzo è infatti un autentico divertimento. L’autore, il cui stile ha un che di naif e di espressionista che lo rende ipnotico, vi dissemina così tanti dettagli che l’occhio fatica ad apprezzarli tutti insieme. Ogni piano diventa così un quadro in cui immergersi a lungo e a fondo, in cui crogiolarsi senza fretta, per cogliere rimandi interni ed esterni – si pensi alla bambina del penultimo piano che legge lo stesso libro che sta leggendo il lettore o a alla rivista Time che giace sul tavolino di una salotto tappezzato di orologi – o per seguire tracce e individuare impercettibili cambiamenti – come quelli nel cestino dei ragazzi, per esempio, che si riempie man mano che i due salgono con prodotti non casuali.

Questa ricchezza interna di ogni quadro, contenente un piccolo microcosmo in cui si celano sottilissimi fili narrativi significativi sia in sé sia rispetto alla cornice generale, dona grande originalità e fascino al libro pubblicato da Beisler, e lo rende altresì interessante pensando a un pubblico con bisogni speciali di lettura. In quanto silent book dotato di questa specifica qualità, infatti, Fino al cielo può piacevolmente abbracciare molti lettori che per ragioni diverse faticano a godere di un testo scritto ma apprezzano la complessità delle figure e la loro estrema fertilità fantastica.

Giacomino Golosone

La storia di Giacomino golosone, dagli espliciti intenti didattici, è la storia di un bambino ghiotto di wurstel e patatine fritte che si ritrova, dopo un scorpacciata di cibo poco sano, a fare i conti con dei famigerati mostri digestivi. Sarà una bella dose di frutta e verdura, prima sistematicamente ripudiata, a sistemare per le feste i mostriciattoli e a convincere Giacomino dell’importanza di far scorte di mele e zucche.

Resa accessibile secondo il metodo in-book, che vede impiegati i simboli WLS completamente riquadrati e vede simbolizzati tutti i singoli elementi del testo, la storia è stata creata e curata, nei testi e nelle immagini, dai ragazzi e dalle ragazze di un liceo di Gubbio. Il lavoro svolto, oltre a offrire un’occasione di lettura fruibile anche da bambini con disturbi della comunicazione, costituisce il frutto di un lavoro di sensibilizzazione sulle nuove generazioni particolarmente significativo.

 

Piccolo uovo

La storia di Piccolo uovo è tristemente e felicemente nota. Tristemente perché più volte e di recente è stata oggetto di discriminazioni e accuse folli rispetto alla possibilità che veicolasse messaggi pericolosi. Felicemente perché è stata riconosciuta dal pubblico e dalla critica come una storia di stacco, che ha avviato un discorso narrativo rivolto all’infanzia sul tema importante della molteplicità delle famiglie e forse – unica nota positiva del deprecabile polverone che le accuse al libro hanno sollevato – ha trovato modo di emergere e diffondersi, foss’anche solo per presa di posizione contro un oscurantismo tutt’altro che moderno.

Firmata nei testi e nelle illustrazioni rispettivamente da Francesca Pardi e da Altan, Piccolo uovo racconta del viaggio intrapreso da un ovetto prima della nascita. L’intento del protagonista è quello di vedere con i suoi stessi occhi cosa sia una famiglia: qualcosa di cui ha sentito parlare ma che non sa esattamente cosa sia. È così che incontra famiglie di ogni tipo – con una mamma, un papà e tanti fratelli tra loro molto simili, con una mamma, un papà e dei figli molto diversi, con due mamme, con due papà, con un solo genitore – tutte egualmente rassicuranti e capaci di fargli venir voglia di nascere, per scoprire come sarà la sua.

Originariamente pubblicato da  Lo Stampatello, Piccolo uovo è reso ora disponibile in versione in simboli all’interno della collana I Libri di Camilla di Uovonero, che già annoverava tra i suoi titoli Che rabbia!, Le parole di bianca sono farfalle, Lindo Porcello e Il piccolo coniglio bianco. Grazie al ricorso ai simboli WLS – qui delimitati da riquadri che ne agevolano l’individuazione da parte dei lettori alle prime armi (destinatari primari , non a caso, del volume) e che contengono l’elemento grafico ma non quello alfabetico – il volume risulta così fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate all’autismo o più in generale ai disturbi della comunicazione.

L’impostazione grafica del volume di partenza – con uno sfondo bianco molto pulito e i testi disposti in maniera poco confusiva – contribuisce a rendere la versione adattata piuttosto aderente, anche nell’aspetto,  all’originale. Lo stesso si può dire del testo: lineare ed essenziale già nella sua prima versione e pertanto ideale per un processo di simbolizzazione che predilige struttura poco arzigogolate. Le immagini, infine, oltre ad essere estremamente accoglienti e familiari proprio perché portano tutta la qualità, la semplicità profonda e la riconoscibilità del segno di Altan, si prestano anche molto bene a supportare la comprensione del testo in caso di difficoltà di lettura, grazie all’assenza assoluta di dettagli superflui, alla resa pulita delle espressioni dei personaggi e a figure ben definite che catturano piacevolmente  l’attenzione.

Mediterraneo

È difficile, difficilissimo parlare di un libro come Mediterraneo. L’albo senza parole (fatto salvo per quelle strazianti che lo aprono “Dopo aver finito di annegare, / il suo corpo scivolava / lentamente / verso il fondo, lì dove i pesci lo aspettavano.”) di Armin Greder è infatti un concentrato densissimo di riflessioni e spunti su di un tema cocente come quello della migrazione, che pesa come un macigno sugli occhi e sulla mente di chi legge.

Tutto parte con l’immagine di un corpo morto annegato sul fondo del mare. È un’immagine forte come un pugno, che richiede determinazione e coraggio a voltare la pagina. Quel che ci attende subito dopo è un racconto che allarga progressivamente il campo visivo, muovendo dai pesci che di quel corpo si nutrono fino ad arrivare alle coste africane da cui probabilmente quel corpo è partito. E così, come in una sorta di viaggio a ritroso,  ci troviamo a seguire quei pesci sulla tavola di due individui, che loro volta seguiremo nei loro loschi traffici di armi, che a loro volta seguiremo mentre minacciano folle di persone impaurite all’inizio del loro incerto viaggio. Fino ad arrivare sul barone dapprima stipato fino a scoppiare di persone dai volti indefiniti e poi completamente svuotato e riverso in mezzo al mare. Da lì, il passo che ci riporta all’inizio della storia è brevissimo e indispensabile per chiudere e al contempo riaprire un cerchio e attivare un cortocircuito riflessivo che ci tiene dentro e non più fuori dalla storia.

Quei visi abbozzati e quasi deformati che caratterizzano lo stile di Greder sono forse l’aspetto più impattante del suo racconto per immagini, quello che ci invita a leggere e rileggere la storia da capo a fondo e da fondo a capo per esser certi di non confondersi e di non fraintendere, quello che ci dice quanto universali siano le storie di chi si imbarca verso un destino ignoto, quello che ci obbliga a ridefinire il senso di io e di loro.

Mediterraneo è un libro tanto scomodo quanto necessario. È un libro che parla a fondo di noi anche se la nostra faccia non compare nemmeno una volta sulle pagine, che guarda la tragedia dei morti in mare durante le traversate del Mediterraneo dal retro e non dalla facciata e che invita a riconsiderare un fenomeno così complesso come la migrazione rendendo conto della spirale di eventi che lo dota di moto perpetuo. In una parola, è un libro complesso e come tale merita di comparire tra le letture, soprattutto condivise ed echeggiate in gruppo (per esempio a scuola) di tutti i ragazzi dalle medie in su, capaci di assorbire le notizie che vengono dal mondo vicino e lontano ma spesso sprovvisti degli strumenti per elaborarle.

E forse proprio questa complessità, che di primo acchito tenderebbe a tenere il libro lontano dal mondo delle difficoltà di apprendimento e della disabilità  – così superficialmente destinate alla banalizzazione del mondo e della sua espressione – , dovrebbe in realtà renderlo appetibile e meritevole di essere preso in considerazione e proposto anche in queste situazioni. Perché la complessità – dei temi, del racconto e delle forme –è nutrimento prezioso e fonte di grande soddisfazione per quei lettori che fanno a volte a pugni con il testo pur essendo in possesso di piene facoltà cognitive. Ragazzi dislessici o sordi, per esempio, che tra le immagini si possono muovere con dimestichezza a differenza di quanto non fanno con le parole, sono lettori potenziali adattissimi di un libro potente ed evocativo come Mediterraneo.

Un fantasma nella mia stanza

I fantasmi sono mascalzoni e scaltri: si nascondono nei luoghi più diversi – un armadio, un tappeto, una tenda o un baule dei giochi – e si spostano alla velocità della luce per non farsi acchiappare. C’è un solo modo per sistemarli per le feste e togliersi il pensiero di averli tra i piedi di notte:  affidarsi a un papà amorevole e paziente che controlli uno per uno tutti i possibili nascondigli. Solo allora sarà possibile addormentarsi sereni, proprio come accade a Giacomo che, pur essendo un pennuto, conosce bene i timori e i turbamenti notturni più comuni ai cuccioli di uomo.

Questa familiarità rispetto al mondo emotivo del potenziale lettore, unita alla semplicità della storia, all’iterazione  della struttura, alla linearità del testo e all’essenzialità delle immagini fa di Un fantasma nella mia stanza un albo che si presta molto bene alla simbolizzazione: procedura che, grazie all’impiego di simboli WLS, consente di agevolare la lettura condivisa anche con bambini con disturbi della comunicazione. Curato dal Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa e Alternativa di Milano, secondo il modello in-book, questo passaggio consente di offrire del bell’albo di Guido Van Genechten una versione accessibile ma molto simile all’originale.

Funzionale soprattutto a una lettura con il modeling (indicazione puntuale dei simboli con il dito man mano che vengono letti dall’adulto), questa versione mantiene il fascino di un’illustrazione delicata e rassicurante, in cui ci si può divertire a vedere come si muovono e cosa combinano i giocattoli del protagonisti, e la predisposizione per una lettura ad alta voce, garantita da un andamento piacevolmente ripetitivo e dal ricorso alle onomatopee.

Il segreto della fontana blu

Che nelle città, anche quelle più grigie, potessero nascondersi dettagli a forte carica narrativa ce lo aveva suggerito con forza l’originale Miramuri di Alessandro Sanna e Massimiliano Tappari. Ma il tema dei racconti urbani da svelare è fertile e importante, così Terre di Mezzo torna a esplorarlo con un altro albo di grandissimo fascino.

Si tratta de Il segreto della fontana blu: un silent book raffinatissimo firmato da Kyung-Sik Choi, in cui a far accadere qualcosa di straordinario è un’anonima fontana di quartiere. Potrebbe essere una fontana qualunque in mezzo a palazzi qualunque di una città qualunque, eppure il bambino protagonista vi scorge qualcosa di particolare, ne coglie il fascino incompreso e decide di guardarla più da vicino. E così la fontana rivela il suo segreto – giusta ricompensa per una sana curiosità – travolgendo il bambino (insieme al suo fedele cane) e conducendolo in un viaggio di cui certo non si pentirà.

Sarà un viaggio incredibile, sotto e sopra le profondità del mare, a cavalcioni di una balena che fino ad allora era rimasta quieta sotto il bordo di quella comune fontana, con lo sfiato in corrispondenza dello zampillo d’acqua. Serviva uno scatto d’immaginazione per farla scatenare, un guizzo impavido e creativo che tingesse di fantastico la più monotona delle realtà. Dopodichè basta abbandonarsi al mastodontico cetaceo per farsi trasportare dove l’azzurro delle onde prende il posto del grigio del cemento e dove l’odore dell’oceano resta addosso come fosse indelebile.

Con un tratto suadente e certosino e un gusto misurato per l’uso del colore, l’autore accompagna con garbo il lettore al limitare tra ciò che esiste fuori e ciò che esiste dentro la nostra testa, cogliendo con leggerissimi cambi di texture ciò che è mobile e ciò che è immobile e restituendo con sapienti volteggi di inquadrature il senso di un viaggio vorticoso che fa del cambio di prospettiva la sua chiave d’avviamento.

Il racconto procede qui solo per immagini (le poche parole che il lettore trova in apertura di libro aiutano a cogliere il senso del viaggio, abbozzano qualche indizio ma non rivelano nulla in maniera definitiva), in una continua sospensione tra dimensione reale e dimensione fantastica e lasciando ampi spazi immaginativi tra un passaggio narrativo e il seguente. Per questa ragione Il segreto della fontana blu invita a una lettura estremamente suggestiva e non proprio semplicissima, il che la rende molto accattivante per tanti lettori che trovano un ostacolo nei testi scritti e che ciononostante sono fervidamente affamati di storie e capaci di muoversi con agio nel mezzo della complessità delle immagini.

La mia amica ape

In mezzo a una città, tutta cemento e grattacieli, abita una bambina. Dalla sua stanza, dove si sta godendo una lettura tranquilla, entra un giorno un’ape. La bambina tutto subito fugge ma poi, nel controllare prudentemente che fine abbia fatto l’insetto, si accorge del suo atteggiamento pacifico e decide di farsi coraggio. Pochi gesti di cura nei suoi confronti – un po’ d’acqua e zucchero e un’asciugatina – sanciscono l’inizio di un’amicizia straordinaria che cresce via via in intensità almeno quanto l’ape cresce via via in dimensione agli occhi della bimba. Insieme le due non soltanto giocano, chiacchierano, ballano o fanno merenda in un susseguirsi di momenti di grande serenità ma partono anche per un viaggio importante al di là dei palazzoni, dove fiori e piante variegati abbracciano la vista, per riportare in città qualche seme di accoglienza per il piccolo e prezioso popolo delle api. Sarà un modo speciale e insieme esemplare di consolidare e celebrare un rapporto delicatissimo tra regno umano e animale, a cui anche i piccoli lettori possono ispirarsi.

L’attenzione che l’autrice Alison Jay dedica ai dettagli è davvero ammirevole: non solo essi animano ogni quadro restituendo concretamente l’immagine di una città in fermento, ma disseminano minuscoli ma preziosi indizi interpretativi che aiutano a decifrare al meglio ciò che accade nella storia. Tra di essi il lettore può dunque svagarsi – curiosando per esempio tra le occupazioni dei diversi inquilini del palazzo o le attività che fervono per strada in ogni stagione – ma anche orientarsi – cogliendo per esempio l’amore della protagonista per la natura, evidente nell’abito, nel gingillo e nelle lettura, o trovando nell’espressione infelice dell’ape di fronte alla distesa di cemento il motore dell’incredibile viaggio che farà con la bambina.

Tutto questo assume tanto più valore se si considera che La mia amica ape appartiene alla categoria dei silent book e procede perciò attraverso il solo uso delle immagini. Delicate e accurate, felicemente giocate suo toni pastello, queste richiedono grande e ben ripagata attenzione per cogliere i piccoli scatti narrativi che collegano ogni riquadro al seguente, rendendo il volume particolarmente fruibile a chi già si muova agevolmente nel mezzo della complessità iconica.

 

Che paura, Sam!

Quando fuori impazza il temporale, tuoni e fulmini possono creare grande scompiglio emotivo. Serve un riparo – sotto il letto è l’ideale – e serve un amico – il proprio peluche preferito, per esempio- con cui condividere la paura per farla sembrare più accettabile. Le parole consolatorie, benché immaginarie, che un compagno di avventura può portare in una situazione simile si fanno infatti portatrici di un aiuto preziosissimo capace persino di far comparire un arcobaleno in cielo.

La storia di Sam non è nient’altro che una storia familiare a qualunque bambino, una storia di timori e superamento degli stessi, di incoraggiamenti reciproci, di piccole sfide e di cieli bui che possono tornare a risplendere. Che paura, Sam! racconta perciò una paura in cui è facile rispecchiarsi e una strategia buona per far sì che non ci travolga. Lo fa con parole e illustrazioni piane, il cui tratto domestico è piuttosto marcato a testimonianza del progetto scolastico in seno al quale il volume è nato. Autori e autrici dei testi e delle illustrazioni, insieme a Silvia Fanucci e Valeria Ruspi, sono infatti gli studenti e le studentesse di un Liceo di Gubbio, messi alla prova con una narrazione che potesse parlare anche a bambini con difficoltò di lettura.

Che paura, Sam! segue infatti il modello in-book e si caratterizza quindi per l’uso di simboli in bianco e nero riquadrati, per l’unione di elemento grafico ed elemento alfabetico all’interno del riquadro, e per la scrittura in simboli di tutti gli elementi delle frasi. Queste ultime appaiono perlopiù brevi e senza subordinate, non di rado in forma di discorso diretto. Questi elementi, nel loro complesso, concorrono a dare vita a un volume agile e snello, non solo nella forma (praticamente tascabile) ma anche nel contenuto che – date anche le tematiche trattate – risulta così fruibile in lettura condivisa da parte di bambini della scuola dell’infanzia.

Marghe e Calò

Marghe e Calò sono una margherita e un calabrone, protagonisti del racconto per occhi e dita che porta i loro nomi e che parla di amicizia, di distanze e di tenacia. Bella e vezzosa lei, allegro e perseverante lui, i due personaggi si incontrano a Roma tra i banchi del mercato. Da un piccolo qui pro quo nasce tra loro un legame fatto di attenzioni rifiutate e di ricerca di contatto: un legame tanto speciale da spingere Calò a cercare la sua amica anche quando questa verrà acquistata e cambierà quindi dimora.

Marghe e Calò nasce in casa Puntidivista come libro tradizionale e diventa poi, a cura della medesima cooperativa, anche un libro fruibile in caso di disabilità visiva. Le illustrazioni tattili che lo caratterizzano sono ben realizzate, con una selezione di materiali accurata (penso soprattutto alle ali del giovane calabrone fatte di retina sottile) e con una particolare attenzione alle forme. Semplici e ben riconoscibili queste invitano a un’esplorazione tattile che possa dare soddisfazione ai bambini non vedenti mentre i dettagli visuali che arricchiscono e animano ulteriormente la pagina, la rendono più completa agli occhi dei bambini vedenti. L’idea, dunque, è che il libro possa andare realmente incontro a esigenze di lettura diverse.

Il libro presenta pagine non troppo rigide e testi in Braille apposti su cartoncino. L’aspetto complessivo che ne deriva è forse meno resistente e armonico di altri volumi tattili ma concorre d’altra parte a mantenere contenuto il prezzo del volume: aspetto per nulla trascurabile quando si parla di accessibilità della lettura.

Alice nel paese delle meraviglie – audiolibro Locomoctavia

Gli audiolibri sono prodotti straordinari e al contempo rischiosi: essi aprono le porte della lettura a chi non può fare affidamento sugli occhi ma non possono contare sul supporto prezioso delle illustrazioni e di pagine in cui la lettura fisicamente avanza. Con loro quindi la lettura può galoppare ma anche bruscamente frenare: questione di abitudine, di gusti ma soprattutto di qualità. Quando un libro diventa “solo” una voce da ascoltare è infatti forte il rischio che al prodotto venga dedicata un’attenzione superficiale e il risultato finale arranchi. Ma se quella voce è invece ben scelta, calibrata, esperta, capace di assecondare le giuste pause e far vibrare molteplici personaggi, ecco allora l’audiolibro galoppa eccome e alla mancanza di immagini e pagine non si bada proprio. È quel che accade, per esempio, quando si ascoltano il Pinocchio o l’Alice nel paese delle meraviglie proposti da Locomoctavia: prodotti che fanno della cura artigianale, nel senso più proprio e nobile del termine, la loro cifra restituendo una vitalità rinnovata a dei classici imperdibili.

Che siano lavori di cesello lo si nota presto e a lungo: dall’adattamento accurato dei due testi originali e dal racconto pacato ma vibrante, entrambi a cura di Daniele Fior; dalle immagini che impreziosiscono la custodia, firmate da Manuele Fior; e dall’accompagnamento musicale puntuale e incisivo di Francesco Catalucci in un caso e dei Gueppecartò nell’altro.

Alice nel paese delle meraviglie, in un doppio CD audio, ci invita così a seguirla nella tana del Bianconiglio, incantandoci dalla copertina con quella sua aria sognante e incalzandoci a filo dei suoi 32 capitoli con motivi che spaziano tra generi diversi e che assecondano, così, il pullulante e onirico creato da Carroll.

Pinocchio, in un singolo CD mp3, invece, opta per un racconto più posato in cui la chitarra marca il ritmo proprio là dove serve in una combinazione armonica con il testo (approvato peraltro dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi) che rende l’ascolto un autentico piacere.

Il risultato sono due audiolibri che potrebbero andar persi nella vastità della produzione editoriale e che invece meritano grande riguardo per il rispetto con cui si approcciano a dei capolavori della letteratura e per la vitalità talentuosa con cui li reinterpretano e rendono fruibili.

 

Alice nel paese delle meraviglie e Pinocchio, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono fruibili anche tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

 

 

Pinocchio – audiolibro Locomoctavia

Gli audiolibri sono prodotti straordinari e al contempo rischiosi: essi aprono le porte della lettura a chi non può fare affidamento sugli occhi ma non possono contare sul supporto prezioso delle illustrazioni e di pagine in cui la lettura fisicamente avanza. Con loro quindi la lettura può galoppare ma anche bruscamente frenare: questione di abitudine, di gusti ma soprattutto di qualità. Quando un libro diventa “solo” una voce da ascoltare è infatti forte il rischio che al prodotto venga dedicata un’attenzione superficiale e il risultato finale arranchi. Ma se quella voce è invece ben scelta, calibrata, esperta, capace di assecondare le giuste pause e far vibrare molteplici personaggi, ecco allora l’audiolibro galoppa eccome e alla mancanza di immagini e pagine non si bada proprio. È quel che accade, per esempio, quando si ascoltano il Pinocchio o l’Alice nel paese delle meraviglie proposti da Locomoctavia: prodotti che fanno della cura artigianale, nel senso più proprio e nobile del termine, la loro cifra restituendo una vitalità rinnovata a dei classici imperdibili.

Che siano lavori di cesello lo si nota presto e a lungo: dall’adattamento accurato dei due testi originali e dal racconto pacato ma vibrante, entrambi a cura di Daniele Fior; dalle immagini che impreziosiscono la custodia, firmate da Manuele Fior; e dall’accompagnamento musicale puntuale e incisivo di Francesco Catalucci in un caso e dei Gueppecartò nell’altro.

Alice nel paese delle meraviglie, in un doppio CD audio, ci invita così a seguirla nella tana del Bianconiglio, incantandoci dalla copertina con quella sua aria sognante e incalzandoci a filo dei suoi 32 capitoli con motivi che spaziano tra generi diversi e che assecondano, così, il pullulante e onirico creato da Carroll.

Pinocchio, in un singolo CD mp3, invece, opta per un racconto più posato in cui la chitarra marca il ritmo proprio là dove serve in una combinazione armonica con il testo (approvato peraltro dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi) che rende l’ascolto un autentico piacere.

Il risultato sono due audiolibri che potrebbero andar persi nella vastità della produzione editoriale e che invece meritano grande riguardo per il rispetto con cui si approcciano a dei capolavori della letteratura e per la vitalità talentuosa con cui li reinterpretano e rendono fruibili.

 

Alice nel paese delle meraviglie e Pinocchio, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono anche fruibili tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

 

Scorpacciata di carote

La vita del cavallo Duca è tutt’altro che riposante: tra corse, strigliate e ostacoli le sue giornate sono faticose e ripetitive. Ci vorrebbe proprio un diversivo! Per fortuna che Tobia, l’asino compagno di scuderia, sa come prendere l’amico e fargli cogliere il bello che lo circonda: in un attimo i due partono al galoppo per una gita in un campo di carote che salverà a entrambi l’umore e la giornata.

Caratterizzato da una storia semplice e lineare e da un testo composto perlopiù da frasi brevi e coordinate, Scorpacciata di carote dà vita a un racconto in simboli agevole da seguire ma con alcuni elementi (come esclamazioni non attribuite esplicitamente o alcuni vocaboli più ricercati) che ne aumentano il grado di complessità. La distribuzione sulla pagina dei simboli (di tipo WLS, contornati da un riquadro che contiene anche il vocabolo corrispondente) asseconda sempre, là dove possibile, la struttura della frase e accompagna illustrazioni che privilegiano la funzionalità e il sostegno alla comprensione testuale rispetto allo stupore estetico.

Nati in seno a un laboratorio di costruzione di libri su misura, per rispondere alle esigenze e agli interessi di una bambina appassionata di cavalli, il testo e la simbolizzazione della storia del cavallo Duca e dell’asino Tobia sono stati poi aggiustati in funzione di un pubblico più vasto e trasformati in un libro a tutti gli effetti dall’attivissima casa editrice Homeless Books: un percorso esemplare e significativo che rende conto molto bene del ruolo giocato dalle piccole realtà nel sovvertire alcuni vuoti editoriali che concernono la disabilità.

Il pinguino senza frac

Quella del pinguino senza frac è una storia dal sapore antico in cui la povertà spinge il protagonista a compiere un lungo viaggio di crescita e iniziazione. Il pinguino Limpo proviene infatti da una famiglia molto modesta che non può permettersi di acquistargli il frac per andare a scuola. Schernito e allontanato dai compagni, il cucciolo decide di partire per guadagnare il necessario e poter così apparire come gli altri. Il suo sarà un viaggio formativo ricco di incontri con creature diverse – pesci, orsi, trichechi e anche umani – e scoperte non sempre piacevoli ma funzionali all’acquisizione della consapevolezza che la conoscenza dell’altro è necessaria alla comprensione e all’arricchimento reciproci.

Oggi, a quasi settant’anni dalla prima edizione, Il Pinguino senza frac non smette di promuovere il rispetto della diversità non solo facendo leva su una storia senza tempo ma anche prestandosi a traduzioni e adattamenti che lo rendono fruibile a lettori con abilità diverse. Dopo essere stata tradotta in Braille grazie alla collaborazione tra Corsiero Editore e l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e Associazione Scrittori Reggiani, la storia scritta da Silvio D’arzo veste ora infatti l’abito dei simboli grazie alla collaborazione tra lo stesso editore e l’associazione GIS – Genitori per l’Inclusione Sociale.

Questa edizione abbandona il suggestivo formato leporello in favore di un formato più classico e funzionale a una lettura basata sul modeling. Le splendide illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini, che sottolineano con forza le emozioni narrate e la ricchezza degli incontri fatti dal pinguino Limpo, riescono tuttavia a mantenere un posto e un ruolo di rilievo, concedendo respiro a pagine fitte di simboli. Il volume, realizzato secondo del linee guida del modello inbook, adotta in particolare i Widgit Literacy Symbols che, rispetto ad altri sistemi simbolici, garantiscono maggiore duttilità funzionale alla traduzione di un testo preesistente.

 

Yxxy – Un giorno speciale

Un giorno speciale è il primo titolo di una collana nata dalla collaborazione di realtà diverse e attente alle tematiche dell’inclusione quali la Biblioteca oltre l’Handicap di Bolzano e la neonata casa editrice Storie cucite, con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano. La sensibilità e le competenze di questi attori sono in particolare confluiti all’interno di questo progetto editoriale che prevede la pubblicazione di una serie di volumi in simboli prodotti secondo il modello inbook e pensati per dare spazio alle piccole grandi esperienze di crescita che il bambino può affrontare.

Dedicato ai timori e alle felici scoperte che il primo giorno di scuola dell’infanzia può portare con sé, Un giorno speciale intende in particolare accompagnare i bambini, compresi quelli con qualche difficoltà, in un momento così delicato come l’ingresso alla materna. Il bambino protagonista del racconto viene infatti seguito nella preparazione di questo importante giorno, nelle emozioni che la novità reca con sé, negli incoraggiamenti e nel sostegno che arrivano dagli adulti e negli incontri  felici che si realizzano. Le pagine di Un giorno speciale riservano cioè spazio alle possibilità che un’esperienza così impegnativa racchiude senza tralasciare i timori che essa nasconde, ben sottolineati questi ultimi dalle espressioni dei visi cui le illustrazioni di Licia Zuppardi dedicano particolare attenzione.

L’attenzione all’aspetto inclusivo del racconto viene in particolare dalla scelta di dare voce e rappresentazione a un protagonista con difficoltà motorie, dalla valorizzazione degli atteggiamenti accoglienti e rassicuranti degli adulti e dei pari nei suoi confronti e dalla cura nella traduzione del testo in simboli WLS. La disabilità viene cioè tenuta in considerazione sia nella concezione formale che in quella contenutistica del libro, intendendo così amplificare il messaggio di sensibilizzazione che lo contraddistingue. Forte ed esplicito quest’ultimo rischia di apparire un po’ ridondante in una lettura prettamente di piacere mentre si presta più felicemente a un uso funzionale (per esempio per stimolare il confronto, la riflessione, l’apertura) del libro.

L’oggetto misterioso

I protagonisti de L’oggetto misterioso sono Lampadino, Caramella e Zampacorta: due fratellini e una cane già attivi in precedenti avventure accessibili pubblicate da Puntidivista. A conoscenza di un passaggio segreto per il Magiregno, i tre vi si recano anche in questo episodio recitando come di consueto le necessarie parole magiche. Qui incontrano il riccio Michele, disperatamente alla ricerca di un oggetto misterioso che pare essere il più bello e importante del regno. Ognuno di loro crede di aver capito di che cosa si tratti ma né il fischietto magico, né il fiore dei mille colori, né l’acqua della fonte chiara che portano al riccio risultano essere l’oggetto giusto, ben più elementare, rinvenuto infine in mezzo a un ruscello.

Come i precedenti volumi in simboli curati dalla casa editrice di Rieti, L’oggetto misterioso si caratterizza per una aspetto poco elaborato (rilegatura a spirale, illustrazioni piatte e aderenti al testo) che sacrifica la piacevolezza e l’appeal che sono tipici del libro illustrato in favore di un sostegno alla concentrazione sul racconto e della maneggevolezza del volume. Pensato per rispondere alle esigenze di un pubblico con esigenze speciali, legate soprattutto a disturbi della comunicazione e autismo, il libro si avvale di simboli simili ai Widgit Literacy Symbols, riquadrati e caratterizzati da testo in stampatello maiuscolo, e fa dell’asciuttezza (narrativa, testuale, iconica e grafica) la sua cifra.

Faccia di papà

Quello dell’editoria tattile è un ambito in cui i concorsi giocano un ruolo fondamentale affinché un’idea possa prendere la forma definitiva di un libro. Faccia di papà, arrivato alla stampa proprio a seguito della partecipazione al concorso di editoria tattile Tocca a te, ne è la positiva dimostrazione. Vincitore per il miglior testo dell’edizione 2011 del concorso, il prototipo di Cinzia Panarco ha abbandonato la veste di copia unica per rendersi disponibile a molteplici mani grazie all’impegno della casa editrici Puntidivista che lo ha trasformato in un libro tattile a tutti gli effetti.

Caratterizzato da una struttura piacevolmente iterata – tanto nel testo quanto nelle illustrazioni – Faccia di papà racconta dal punto di vista di ua bambino come cambia il volto del babbo con lo scorrere della settimana: un reportage emotivo-sensoriale che associa la crescita della barba alle emozioni di un piccolo e intimo gioco degli affetti.

Ogni doppia pagina presenta un breve testo in nero e in Braille (quest’ultimo su di un cartoncino attaccato alla pagina) a sinistra, un’illustrazione visuale (dai tratti piuttosto artigianali e non troppo entusiasmanti) che riempie lo spazio lasciato ibero dal testo e un’illustrazione tattile sulla destra. Quest’ultima, sempre dedicata al viso del papà, si contraddistingue per delle forme costanti, pulite, ben riconoscibili, per una scelta dei materiali molto pertinente (le carte vetrate a diversa grana, i fili di cotone e la gomma crepla rendono molto bene i diversi stadi della barba) e per un’esplorabilità agevolata e piacevole soprattutto ma non solo per i giovani lettori con disabilità visiva.

Cucù, sono qua!

Xavier Deneux è un autore francese molto prolifico e il cui stile, contraddistinto da tinte brillanti, forme pulite e linee amichevoli, è particolarmente apprezzato e apprezzabile da un pubblico di giovanissimi lettori. Il Castello (con i diversi marchi che comprende) ha pubblicato numerosi suoi lavori tra i quali spicca anche Cucù, sono qua!, un albo tutto dedicato al nascondino: gioco nel quale la complicità tra genitori e figli svolge un ruolo fondamentale per la costruzione di un divertimento condiviso.

Protagonista del libro è il coniglietto Marco che, nascosto dietro le tende, sotto il tavolo o tra la biancheria, viene cercato da una mamma e un papà molto affettuosi e astuti ed esce ogni volta allo scoperto al grido di “Cucù, sono qua”. Il gioco si ripete fino a sera, secondo quel principio di replica tanto caro all’infanzia. Sarà a quel punto il pupazzo Lillo a scomparire per un momento ma niente paura, forse si è solo nascosto e infatti… cucù, è qua anche lui, per una chiusura narrativa e una buonanotte davvero liete!

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Cucù, sono qua! è in catalogo dal 2012 per Tourbillon che ora lo propone anche in una versione simbolizzata che rispetta fedelmente l’impostazione grafica e il rapporto testo-immagini dell’originale. Grazie alla collaborazione con il Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano, l’editore ha infatti adattato il piacevole albo ricorrendo ai simboli WLS e rendendolo così accessibile anche a bambini con autismo e disturbi della comunicazione o a bambini che per altre ragioni (perché stranieri, per esempio) familiarizzino più facilmente con una narrazione visiva più o oltre che verbale.L’importante e meritevole iniziativa, che prevede al momento anche la simbolizzazione di altri tre titoli – Bravo, Gnam! e Un fantasma nella mia stanza – segna una significativa sensibilizzazione dell’editoria rispetto al tema dell’accessibilità della lettura.IMG_20170821_155439

 

Alice nel paese delle meraviglie

Alice, quella che se va a zonzo nel paese delle meraviglie, ha da poco festeggiato i suoi primi 150 anni ma resta giovane e fresca come una pischella. Forse imbattibile per ricchezza inventiva, con il suo carico di personaggi fantasmagorici e creazioni verbali da fa arrotolare la lingue, il capolavoro di Lewis Carroll che la vede protagonista è garanzia fidata di alcune ore di avventura per la mente.

Felice dunque è la notizia della pubblicazione da parte di Emons di una versione in formato mp3 del romanzo, acquistabile su Cd o scaricabile dal sito dell’editore: a inseguire il Bianconiglio, incontrare il Brucaliffo, sfuggire alla Regina di cuori e far merenda con il Cappellaio matto in compagnia della biondina saranno ora molti più lettori, compresi quelli con poco tempo, e che potranno ascoltare la storia in auto, e quelli con difficoltà di lettura, che potranno finalmente conoscerla in una versione integrale ma accessibile.

La voce che qui anima la curiosa ragazzina e che ne rende fruibile il viaggio anche alla orecchie di lettori dislessici o con disturbi visivi, è quella di Anna Foglietta. Attrice di cinema e televisione, Anna vanta una voce suadente e calda che pare un invito a mettersi comodi in poltrona con una tazza di the fumante tra le dita e un paio di cuffie sulla testa: esattamente ciò che ci vuole, d’altronde, per un’avventura british che si rispetti!

Il GGG

Nel 2016 il mondo della letteratura per ‘infanzia ha festeggiato il centenario di quello che è probabilmente il più straordinario scrittore per ragazzi mai esistito: Roald Dahl. Le sue storie divertenti e originali, insieme ciniche e tenere, mai piegate alla norma moralista, hanno incantato, travolto, allietato e in molti casi convertito alla lettura generazioni di bambini. Salani, che da sempre è in Italia l’editore di Roald Dahl, ha celebrato questa importante ricorrenza donando nuova veste a tutti i suoi racconti e i suoi romanzi con un’edizione speciale. Non solo, alcuni di questi hanno trovato anche una voce ulteriore, capace di arrivare anche a lettori che, per difficoltà di lettura o disturbi visivi, erano rimasti finora esclusi dell’enorme piacere che l’immersione nel mondo fantastico dell’autore assicura. Dopo Gli sporcelli e La fabbrica di Cioccolato, già editi in forma di audiolibro negli anni passati, si sono ora aggiunti alla collezione in formato mp3 anche Il GGG e Matilde.

Il primo, riportato all’attenzione del grande pubblico anche dalla trasposizione cinematografica firmata da Spielberg, racconta dell’amicizia straordinaria tra un gigante gentile e la bambina Sofia, e della loro missione per fermare i gozzovigli degli altri giganti, golosi di umani. Il secondo, invece, vede protagonista una bambina di nome Matilde, lettrice accanita, che fa dell’intelligenza e della cultura le magiche armi per combattere la malvagità di alcuni adulti. Ricchissimi da personaggi indimenticabili e dai nomi esilaranti, gli audiolibri de Il GGG e Matilde garantiscono tra le 4 e le 5 ore di ascolto, condotte dalla piacevole voce di Bruno Alessandro.

Matilde

Nel 2016 il mondo della letteratura per ‘infanzia ha festeggiato il centenario di quello che è probabilmente il più straordinario scrittore per ragazzi mai esistito: Roald Dahl. Le sue storie divertenti e originali, insieme ciniche e tenere, mai piegate alla norma moralista, hanno incantato, travolto, allietato e in molti casi convertito alla lettura generazioni di bambini. Salani, che da sempre è in Italia l’editore di Roald Dahl, ha celebrato questa importante ricorrenza donando nuova veste a tutti i suoi racconti e i suoi romanzi con un’edizione speciale. Non solo, alcuni di questi hanno trovato anche una voce ulteriore, capace di arrivare anche a lettori che, per difficoltà di lettura o disturbi visivi, erano rimasti finora esclusi dell’enorme piacere che l’immersione nel mondo fantastico dell’autore assicura. Dopo Gli sporcelli e La fabbrica di Cioccolato, già editi in forma di audiolibro negli anni passati, si sono ora aggiunti alla collezione in formato mp3 anche Il GGG e Matilde.

Il primo, riportato all’attenzione del grande pubblico anche dalla trasposizione cinematografica firmata da Spielberg, racconta dell’amicizia straordinaria tra un gigante gentile e la bambina Sofia, e della loro missione per fermare i gozzovigli degli altri giganti, golosi di umani. Il secondo, invece, vede protagonista una bambina di nome Matilde, lettrice accanita, che fa dell’intelligenza e della cultura le magiche armi per combattere la malvagità di alcuni adulti. Ricchissimi da personaggi indimenticabili e dai nomi esilaranti, gli audiolibri de Il GGG e Matilde garantiscono tra le 4 e le 5 ore di ascolto, condotte dalla piacevole voce di Bruno Alessandro.

Colapesce

La leggenda di Colapesce, il ragazzo che poteva respirare sott’acqua, affonda le sue radici in un passato remotissimo ed è arrivata fino a noi in una moltitudine di versioni differenti. In quella felicemente proposta da Splen editore il protagonista viene messo alla prova dal re che gli chiede dapprima di recuperare una coppa gettata in fondo al mare e poi di dimostrargli, con un bastoncino incendiato, che sotto il mare c’è davvero il fuoco. Colapesce soddisfa entrambe le richieste ma dalla seconda prova non riemerge – si dice – perché impegnato a sostenere una delle colonne rotte sottomarine su cui si regge la Sicilia intera.

Grandissimo è l’omaggio che l’editore siciliano fa alla sua terra in questo volume: non solo la leggenda fa esplicito riferimento all’isola e al suo vulcano ma il testo in rima scritto da Riccardo Francaviglia trova un suggestivo controcanto nei brani in dialetto che lo accompagnano su carta e che sono altresì registrati sul cd allegato al libro. L’albo, illustrato dallo stesso Francaviglia e da Margherita Sgarlata, è infatti provvisto di audiolibro che arricchisce l’esperienza di lettura con musiche tratte da uno spettacolo di burattini dei medesimi autori e che favorisce la fruizione del racconto anche in caso di dislessia e (almeno in parte) in caso di disturbi visivi.

Suggestivo e molto piacevole all’aspetto, soprattutto in quelle tavole che danno spazio alla profondità degli abissi, Colapesce restituisce vitalità a una leggenda che si è rivelata fertilissima per molti autori di spicco – da Capuana a Calvino – e che mantiene un certo incanto anche nella più frenetica delle modernità. Non a caso il volume è stato candidato al premio Andersen 2017, come miglior libro 6-9 anni.

 

Mary Poppins

Le bambinaie forse non esistono più ma la più famosa di loro, Mary Poppins, continua a comparire, di tanto in tanto, nell’immaginario collettivo. E quando lo fa è sempre una gioia! La sua borsa magica, le sue peripezie in compagnia di Bert, i suoi metodi educativi fuori dagli schemi e le sue giornate avventurose insieme a Giovanna e Michele Banks sfidano il tempo (sono passato ormai più di ottant’anni dalla prima edizione del libro di Pamela Lyndon Travers) e mantengono una certa rara vitalità.

Per questo la pubblicazione da parte di Emons di un audiolibro dedicato alla storia della nanny più bizzarra e longeva della letteratura rallegra e fa sorridere. Questa edizione è infatti un interessante invito ad avvicinarsi a una storia nota a molti perlopiù in virtù della sua trasposizione cinematografica firmata Disney. L’interpretazione di Paola Cortellesi è in questo senso estremamente funzionale e capace di restituire al meglio lo spirito energico e travolgente di Mary Poppins. Il racconto per voce dell’attrice è quindi motivo in più per scoprire questa versione nuova e inclusiva di un grande classico, ora accessibile anche in caso di dislessia e disturbi visivi.

Insieme con papà

Accompagnare un genitore al lavoro può risultare noioso: ecco perché il protagonista di questo albo, trovatosi nella situazione, porta con sé un videogioco dal quale pare non voler staccare gli occhi. Nel laboratorio di falegnameria del papà, però, qualcosa di imprevisto accade: forse la spina del videogioco si stacca per errore e l’intera partita va persa o forse semplicemente uno strano oggetto attira l’attenzione del bambino. È un metro giallo, di quelli rigidi e sgargianti. Sembrerebbe uno arnese insignificante ma rivela, in realtà, intriganti potenzialità: chi ha un papà che traffichi con le misure lo sa bene!

In un attimo l’innocuo strumento di lavoro prende la forma di un pericolosissimo serpente, dando il via a un gioco d’invenzione in cui perdersi e vivere inaspettate avventure. Opportunamente sagomato, il metro diventa, infatti, casa, albero, automobile, elefante, e più ci si prende la mano più la faccenda si fa coinvolgente. Così, quando il metro delinea una mastodontica balena, questa pare così vera da spruzzar acqua dappertutto e inondare il laboratorio. Per fortuna c’è la barca costruita dal papà: una barca reale, realissima, che provvidenziale scivola in acqua. Ma per farla andare lontano, un’aggiunta fantastica si renderà necessaria… meno male che c’è il metro!

Insieme con papà, edito da Il leone verde, racconta una storia di immaginazione e affetto, in cui la noia si afferma come  propulsore di creatività. A raccontarcela in un albo dal formato piccino è l’autrice brasiliana Bruna Barros. Il suo racconto, che procede per sole immagini dallo stile asciutto e dai colori ricorrenti, risulta particolarmente agevole da seguire  e fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate alla componente testuale.

 

Ritorno

C’è stata una prima avventura in cui una bambina coraggiosa scopriva il potere dell’immaginazione grazie a un pastello magico che rendeva reali gli oggetti disegnati. Quell’avventura si intitolava Viaggio. Ce n’è stata poi una seconda in cui la bambina scopriva che fantasticare è più bello se fatto in due e compiva un’impresa eroica insieme a un amico di pastello. Quell’avventura si intitolava Scoperta. C’è ora una terza ed ultima avventura in cui la bambina dà un nuovo significato a tutto quanto finora vissuto, grazie a un’azione travolgente in compagnia del papà. Quest’avventura si intitola Ritorno.

Il ritorno cui fa accenno è quello a casa, a una complicità paterna prima sopita, a un’immaginazione condivisa da generazioni diverse che permette di superare ostacoli insidiosi. Nell’inatteso compagno di viaggio della bambina, disposto a seguire la figlia attraverso porticine disegnate, riconosciamo tanti genitori perlopiù dimentichi dell’età infantile ma dalle potenzialità creative ancora grandissime: figure che prese per mano da chi ha maggior dimestichezza con la fantasia sanno tirar fuori un coraggio e un’inventiva inaspettati. Così, a cavallo di creature alate, a bordo di sottomarini sofisticati e in bocca a grotte preistoriche, padre e figlia sconfiggono l’imprigionatore dei colori, liberano il regno della fantasia e ritrovano il legame smarrito. A quel punto le porte disegnate non servono più. Si è già a casa.

Una cosa difficile

Dei due amici, un cagnolino e un galletto, protagonisti di Una cosa difficile, vediamo all’inizio soltanto il primo. Il cagnolino, dall’aria preoccupata, rincorre infatti un affare rotondo che è rotolato giù dal crinale e che pare spezzato. Una volta recuperato, lo tiene saldo e si avvia su per la collina sfidando vento, pendenza e gelo. È solo allora che appare il galletto: è di spalle e sembra vagare con lo sguardo vero l’orizzonte. Sta piangendo in realtà ma quando l’amico gli porge l’affare rotondo, che si rivela essere la ruota di un carretto, e gli chiede scusa, tutto cambia. È allora che il lettore capisce in un lampo che cosa doveva essere accaduto prima che la ruota ruzzolasse giù per la collina. Ed è allora che gode, insieme ai due protagonisti, della sensazione bellissima di una cosa – un carretto o un’amicizia – che si aggiusta.

Tutto giocato sui toni del bianco, del nero e dell’azzurro, Una cosa difficile racconta attraverso le immagini la strada tortuosa che conduce da uno sgarbo al perdono. Dentro queste poche e tenere pagine c’è tutta la fatica di chi sa di aver sbagliato ma vuole rimediare: le lunghe distanze da colmare, le intemperie da sopportare, i rischi da correre e gli ostacoli da superare. Perché quando si è ferito qualcuno lo si avverte distante e freddo, non si sa come possa accogliere la richiesta di perdono e ci si deve rimboccare le maniche per riconquistare la fiducia perduta. Ma sono sforzi che trovano una ricompensa perché a pace fatta si torna a sorridere giù per la collina. Con i suoi sfondi ariosi e i suoi personaggi curiosi, Una cosa difficile accoglie calorosamente il lettore, anche con difficoltà legate alla decodifica testuale, non solo perché contiene una sola importantissima parola – scusa – ma anche perché racconta in modo lineare e pulito una storia agevole da seguire e in cui è facile immedesimarsi.

Gnam

Dopo l’esperienza di Bravo!, si mantiene desta l’attenzione di Nati per leggere per la produzione editoriale accessibile anche ai piccolissimi con difficoltà di comunicazione. A distanza di qualche anno esce ora, infatti, un secondo volume in simboli patrocinato dall’organizzazione che promuove la lettura dai primissimi mesi. Si tratta di Gnam che, come il primo, è edito da Clavis e scritto e illustrato da Leen Van Durme.

Protagonista è nuovamente il paperotto che nel primo episodio imparava a saltare, correre, volare e nuotare e che qui, invece, va a caccia di cibo. La sua ricerca, scandita ogni doppia pagina da una domanda su un possibile alimento (la carota, l’erba, il verme e la ghianda) e da una risposta su chi se ne nutra in realtà (il coniglio, la mucca, la gallina e lo scoiattolo), accompagna il lettore a scoprire le abitudini alimentari di diversi animali e si conclude con una bella scorpacciata di briciole di pane.

Caratterizzato da testi leggermente più lunghi rispetto a Bravo!, Gnam li distribuisce su entrambe le pagine, invitando a una lettura di poco più impegnativa. Anche questa versione del testo di Leen Van Durme, che associa alle parole la relativa simbolizzazione basata sulla collezione WLS (Widgit Literacy Symbols), risulta tuttavia adatta a lettori molto piccoli, con o senza difficoltà, data la chiarezza delle immagini, la concisione dei testi, la pulizia grafica e la struttura volutamente ripetitiva.

Il Piccolo Principe

Non è la prima volta che l’editore Erickson si cimenta nell’adattamento di classici ad uso di giovani lettori, soprattutto con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica testuale. Tra il 2015 e il 2016, in particolare, è nata la collana I classici facili, di cui fanno parte Pinocchio, Il piccolo principe e Il mago di Oz e che mira a favorire la condivisione di storie facenti parte dell’immaginario comune, grazie a una riduzione e a una semplificazione testuale curate da Carlo Scataglini. A partire da quegli stessi testi adattati, in particolare Pinocchio e Il piccolo principe, nascono oggi i primi volumi di una nuova collana intitolata I classici con la CAA che allargano ulteriormente le possibilità di lettura grazie a una traduzione del testo in simboli WLS secondo le linee guida del modello inbook. Il testo di Carlo Scataglini è stato infatti tradotto in simboli con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano.

Raffinati e affascinanti nella loro veste grafica, I classici con la CAA appaiono come volumi dalle grandi dimensioni: caratteristica funzionale non solo alla necessità di contenere testi e relative simbolizzazioni piuttosto lunghi ma anche alla scelta di dare spazio a illustrazioni di grande respiro, curate nel caso di Pinocchio da Giuseppe Braghiroli e nel caso de Il Piccolo Principe da Silvia Bonanni. Ne risultano libri davvero belli da guardare e comodi da utilizzare in occasione di letture condivise, oltre che contraddistinti da un testo fruibile ma non banalizzato. Capace di dare spazio a tutti gli episodi chiave dei racconti di Collodi e Saint-Exupery, questo è perlopiù frutto di un lavoro di revisione delle espressioni meno comuni, delle frasi più articolate, delle forme verbali passive o dei sottintesi. Il racconto che viene proposto al lettore mantiene quindi una certa lunghezza e complessità che richiedono un’attenzione e una dimestichezza con i simboli non elementare: una proposta interessante, insomma, per lettori non proprio alle prime armi ma con bisogni educativi speciali nei confronti dei quali spesso le proposte editoriali sono molto scarse. Da segnalare, inoltre, che i volumi della collana sono corredati da audiolibro in formato mp3, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore.

Pinocchio (I classici con la CAA)

Non è la prima volta che l’editore Erickson si cimenta nell’adattamento di classici ad uso di piccoli lettori, soprattutto con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica testuale. Tra il 2015 e il 2016, in particolare, è nata la collana I classici facili, di cui fanno parte Pinocchio, Il piccolo principe e Il mago di Oz e che mira a favorire la condivisione di storie facenti parte dell’immaginario comune, grazie a una riduzione e a una semplificazione testuale curate da Carlo Scataglini. A partire da quegli stessi testi adattati, in particolare Pinocchio e Il piccolo principe, nascono oggi i primi volumi di una nuova collana intitolata I classici con la CAA che allargano ulteriormente le possibilità di lettura grazie a una traduzione del testo in simboli WLS secondo le linee guida del modello inbook. Il testo di Carlo Scataglini è stato infatti tradotto in simboli con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano.

Raffinati e affascinanti nella loro veste grafica, I classici con la CAA appaiono come volumi dalle grandi dimensioni: caratteristica funzionale non solo alla necessità di contenere testi e relative simbolizzazioni piuttosto lunghi ma anche alla scelta di dare spazio a illustrazioni di grande respiro, curate nel caso di Pinocchio da Giuseppe Braghiroli e nel caso de Il Piccolo Principe da Silvia Bonanni. Ne risultano libri davvero belli da guardare e comodi da utilizzare in occasione di letture condivise, oltre che contraddistinti da un testo fruibile ma non banalizzato. Capace di dare spazio a tutti gli episodi chiave dei racconti di Collodi e Saint-Exupery, questo è perlopiù frutto di un lavoro di revisione delle espressioni meno comuni, delle frasi più articolate, delle forme verbali passive o dei sottintesi. Il racconto che viene proposto al lettore mantiene quindi una certa lunghezza e complessità che richiedono un’attenzione e una dimestichezza con i simboli non elementare: una proposta interessante, insomma, per lettori non proprio alle prime armi ma con bisogni educativi speciali nei confronti dei quali spesso le proposte editoriali sono molto scarse. Da segnalare, inoltre, che i volumi della collana sono corredati da audiolibro in formato mp3, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore.

Lindo Porcello

Creato dal pennello sottile di Eric Battut, interprete straordinario dello spirito infantile, Lindo Porcello è un personaggio che da anni fa innamorare occhi e orecchie in formato mignon. La sua avventura è corta ma intensa, perfettamente condensata in una serie di onomatopee, come si addice a un pubblico di piccolissimi. Il suo divorare una fettona di torta, dar vita a un bel disegno colorato, lanciarsi nel fango con la bicicletta, costruire un castello di sabbia, e infine darsi una bella ripulita è tutto marcato da un ragionato susseguirsi di gnam gnam, splish splash, et voilà e shshshshssss che rendono la lettura estremamente coinvolgente e invitano al contributo attivo da parte del piccolo lettore.

Non meriterebbe forse ogni bambino di godere di questo piccolo piacere? Assolutamente sì! Ecco perché la pubblicazione di Lindo Porcello all’interno della collana I libri di Camilla è davvero un’ottima notizia. Da ora infatti anche i bambini con disturbi della comunicazione potranno seguire a pieno le intense attività del maialino sorridente, grazie alla simbolizzazione del testo curata da Enza Crivelli in collaborazione con Auxilia. Come gli altri titoli di questa collana, Lindo Porcello risulta in tutto e per tutto – impostazione grafica, testo e immagini – rispettoso nei confronti del volume originale, e inserisce semplicemente i simboli WLS al di sotto del testo, in appositi riquadri. .

Il libro di Eric Battut, dal canto suo, sembrerebbe prestarsi naturalmente a una versione in CAA, per via della struttura narrativa asciutta e chiara, con un solo personaggio che compie una serie di azioni riconoscibili e familiari; per via delle frasi brevissime, disposte una per pagina e contraddistinte dalla costante ed esplicita ripresa del soggetto; per via della netta distinzione tra testo (a sinistra) e immagine (a destra); e infine per via della semplicità e della ripresa rigorosa (nella forma e nella posizione) del protagonista, così come rappresentato senza dettagli superflui su di un brillante sfondo rosso.

Il piccolo coniglio bianco

Andare a raccogliere i cavoli per fare la zuppa, tornare a casa e trovare una capra capraccia che se ne è deliberatamente impossessata. Ohibò, questo sì che è un brutto fatto! Ecco allora che il piccolo coniglio bianco, a cui questa disavventura è effettivamente capitata, si ritrova a vagare per la campagna alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo. E se non può contare sul bue, sul cane e sul gallo, perché troppo fifoni, il protagonista troverà per fortuna un insospettabile alleato nella formichina: non c’è trippa che tenga, i suoi pizzichini fanno scappare persino le capre capracce!

Divertente e capace di capovolgere le attese, Il piccolo coniglio bianco ha dalla sua ha dei personaggi buffissimi, una narrazione che fa un uso spassoso dell’iterazione e un linguaggio teneramente colloquiale che lo rendono efficacissimo per una lettura ad alta voce. Questi aspetti, insieme alla grafica piuttosto ordinata, hanno senz’altro giocato la loro parte nella scelta del volume, tra quelli editi da Kalandraka, per la traduzione in simboli da inserire all’interno della collana I libri di Camilla.

Dalla primavera 2017, infatti, l’albo di  Xosé Ballesteros e Óscar Villán figura tra i titoli che, grazie alla simbolizzazione basata sulla collezione WLS (Widgit Literacy Symbols), risultano fruibili anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione o con difficoltà di lettura. Non solo: il curriculum, in termini di accessibilità, de Il piccolo coniglio bianco è arricchito da una precedente traduzione in simboli in terra spagnola che ne garantisce la funzionalità e il potenziale successo.

Zio lupo e la furbissima Giricoccola

Quella di Zio lupo e la furbissima Giricoccola è una fiaba dall’andamento tradizionalissimo in cui due figli, esortati dal padre in fin di vita, tentano di vincere una scommessa con Zio lupo ma falliscono miseramente, al contrario della terza figliola – la furbissima Giricoccola, appunto – che sconfigge il nemico con un bel po’ di ingegno. La scommessa in questione intende premiare chi resista di più senza arrabbiarsi e mentre i due fratelli più grandi si infuriano non appena Zio lupo contesta il loro modo di cucinare e pulire la casa, la fanciulla suscita le ire di quest’ultimo cucinandogli delle frittelle di sasso così dure da spaccare i denti. Con questo trucchetto diabolico vince quindi la scommessa, incassa il denaro e festeggia con delle deliziose frittelle (vere questa volta!), insieme ai suoi fratelli, per sempre felici e contenti.

Elaborata a partire dagli spunti offerti dal patrimonio fiabistico popolare (una Giricoccola, per esempio, trova spazio anche nella raccolta di Calvino e anche qui, pur compiendo un’impresa diversa, si distingue per la sua astuzia), Zio lupo e la furbissima Giricoccola nasce in questa particolare veste grazie alla collaborazione tra la casa editrice Homeless book (molto attiva sul fronte della produzione inclusiva, come dimostrano le pubblicazione di Pinocchio in CAA e de I tre porcellini in CAA), il centro di documentazione sulla Comunicazione Aumentativa e Alternativa Reciprocamente e una classe dell’Istituto di Grafica e Comunicazione Moriga-Perdisa di Ravenna. Il volume si contraddistingue infatti per una narrazione in simboli che consente la fruizione anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione. Il sistema simbolico prescelto e impiegato è, nello specifico, quello dei Widgit Literacy Symbols (WLS), più indicato di altri per rendere al meglio la ricchezza e la complessità non elementare del testo in questione. Le frasi, sia brevi che lunghe, che lo compongono non prescindono, infatti, per esempio, dal ricorso a coordinate e subordinate, pronomi e  termini fuori dall’uso più comune. La cura profusa in questo senso è rimarcabile, così come è significativo e interessante che a diffondere la conoscenza e l’utilizzo della CAA siano coinvolti anche ragazzi giovanissimi, impegnati nella produzione di un supporto piacevole, utile e coinvolgente.

Ecco perché, se anche al primo impatto Zio lupo e la furbissima Giricoccola forse non entusiasma per via del suo aspetto un po’ casalingo e delle sue illustrazioni poco attraenti, vale ugualmente la pena di scoprirlo a fondo per cogliere il valore del progetto che lo anima e promuoverlo come un esempio di sinergia fruttuosa e positiva per l’intera comunità di lettori.

Che buono!

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, i libri tattili e i libri senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Che buono! in particolare, il lettore trova un biscotto da intingere in una tazza, un piatto di spaghetti da arrotolare con la forchetta, una pera da estrarre dal cestino e una gustosa caprese. I segni della LIS riprodotti sono quello corrispondente al titolo e alle parole formaggio, pera, biscotto e pasta.

Ciao ciao

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, tattili e senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con DSA e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Ciao ciao in particolare, il lettore trova rappresentati sulle pagine quattro mezzi di trasporto – la nave, l’aereo, il treno e l’automobile – riprodotti sulle tesserine in LIS insieme ai verbi che più li caratterizzano (rispettivamente andare, passare, volare, correre). Essendo le illustrazioni interamente in stoffa il riconoscimento degli oggetti al tatto è affidato alla loro sola forma e supportato da ingegnosi sistemi di spostamento sulla pagina.

Il mago di Oz

Più di mezzo secolo fa una talentuosissima illustratrice svizzera ideò una versione di Cappuccetto Rosso interamente illustrata con una grafica simbolica fatta di cerchi di diversa misura e colore. Diversi anni più tardi l’editore francese Les Doigts Qui Revent traspose tattilmente quella versione e il risultato fu un’opera pazzesca. Nell’ambito dell’illustrazione per le dita, più che in qualunque altro forse, la simbolizzazione e la semplificazione giocano in netto favore del lettore e del suo reale piacere di lettura. Ecco perché Il mago di Oz dell’Albero della Speranza, caratterizzato da questo stesso tipo di scelta stilistica, costituisce davvero un prodotto molto interessante.

Tutti i personaggi qui – da Dorothy al leone, dall’omino di latta allo spaventapasseri – sono rappresentati da ritagli geometrici di diversi materiali come gomma crepla, pannolenci, juta e fogli di metallo. Grazie a una legenda posta all’inizio del volume, il lettore ha agevolmente modo di riconoscerli senza che la forma delle sagome debba aggiungere alcun indizio. Il potere comunicativo delle immagini si fa così immediato e chiaro, compensando una riduzione testuale meno curata e avvicinando la fruizione tattile a quella visiva. Qualunque sia il senso che il lettore impiega per condurre la lettura, il libro curato da Anna De Stefano costituisce un invito a far volare l’immaginazione lungo le strade che conducono al Regno di Oz, generando possibilità di incontro e confronto molto significative e particolarmente spendibili in ambito scolastico.

Andiamo!

Premiato nel 2013 come miglior libro d’artista in occasione del concorso nazionale di editoria tattile “Tocca a te”, Andiamo! è un libro in stoffa, con testo in nero e in Braille, che fa del risveglio mattutino una scoperta sorprendente. Le semplici e comuni operazioni che si susseguono – dallo scendere dal letto al lavarsi bene, dal fare colazione all’andare a scuola – sono rese curiose e intriganti dal fatto che le relative illustrazioni richiedono necessariamente un’esplorazione tattile e quindi un coinvolgimento attivo del lettore.

Il letto in miniatura, lo spazzolino da denti e il tappetino da bagno, il cucchiaio sulla tovaglia e il quaderno degli appunti sono infatti inseriti all’interno di taschine di stoffa in cui introdurre la mano e tastare con cura. L’esperienza che ne deriva ha il potere di mettere sullo stesso piano lettori con abilità diverse, con e senza disturbi visivi in particolare, stimolando un approccio (quello tattile) alla realtà cui progressivamente tendiamo a rinunciare in un mondo dominato dal senso della vista. Concorre a questo risultato anche il gioco accurato tra dentro e fuori che caratterizza ogni pagina: ogni taschina presenta infatti un dettaglio da toccare – che sia il bordo della coperta, la tenda della doccia, o la cinghia dello zainetto – che offre qualche indizio su cosa possa trovarsi all’interno e raddoppia al contempo il piacere della scoperta tattile.

Raffinato e gradevole, con le sue pagine bianche e morbide, le sue illustrazioni familiari e i suoi testi minimali, Andiamo! è un invito più che riuscito a condividere piccole grandi esperienze: il risveglio, la lettura, il cammino.

Professione coccodrillo

Volendo parafrasare una celebre canzone, ci si potrebbe chiedere: il coccodrillo cosa fa? Di lavoro, intendo. Probabilmente se lo sono chieste Giovanne Zoboli e Mariachiara Di Giorgio, autrici del gustosissimo silent book Professione coccodrillo. A dispetto di quanto la copertina possa far pensare, il coccodrillo in questione non sguazza placido tra le acque melmose di un fiume tropicale ma è un cittadino fatto e finito che ogni mattina si alza  per andare al lavoro. Così, le acque melmose restano un sogno e quando alle sette la sveglia suona, al coccodrillo non resta che alzarsi, infilare le ciabatte, scostare le tende, lavarsi, vestirsi e fare colazione. E poi via, fuori di casa e attraverso la città, ammirando vetrine di sushi, imprecando contro automobilisti screanzati, attendendo paziente la metropolitana e acquistando per strada un mazzo di fiori e un pollo arrosto. Fino all’arrivo sul posto di lavoro, il cambio con la divisa e… splash, l’inizio del turno!

L’umanità che contraddistingue il protagonista è fatta di piccoli gesti (come la scelta di una cravatta), di momenti intimi (come lo stare sul wc), di azioni romantiche (come il dono di un bouquet fiorito)  e lo rende irresistibile. E proprio questo suo lato personificato gioca un ruolo cruciale nel costruire nel lettore delle aspettative che la narrazione poi scompiglia, con un finale a sorpresa che porta sorrisi e pensieri. Professione coccodrillo, edito con la consueta raffinatezza grafica da Topipittori, è un libro davvero invitante e da scoprire perché racchiude un racconto semplice ma efficace, frutto di una felice invenzione; perché si sviluppa attraverso immagini delicate e deliziose, che non lasciano nulla al caso e che disseminano qua e la dettagli sfiziosi, superflui forse per la stretta comprensione della storia ma fondamentali per il piacere della lettura; e perché offrono l’occasione di godere e di condividere un racconto accogliente anche per molti lettori con difficoltà.

Non è soltanto l’assenza di parole qui a rendere più accessibile la storia, per esempio a chi fatichi a riconoscere le lettere o a cogliere il senso delle parole o delle frasi. Ciò che fa davvero la differenza, in termini di fruibilità, è la cura straordinaria che le autrici profondono nel rendere estremamente chiari e comprensibili i singoli quadri e i passaggi che li legano. Leggere le immagini non è infatti necessariamente più semplice che leggere un testo ma in questo caso il lettore è accompagnato senza premura da un’illustrazione alla successiva e senz’altro la divisione in riquadri simili a quelli di un fumetto, sapientemente alternati a grandi tavole a pagina intera, aiutano a scandire il ritmo e a far parlare le immagini. Tutto questo, tuttavia, non sacrifica affatto il gusto per il sospeso e l’immaginato che anzi si alimentano nel corso della lettura e seguono il lettore, lasciando fino all’ultima pagina con in testa quel sentito dubbio: ma il coccodrillo, cosa fa?

I tre porcellini in CAA

C’è il porcellino pigro e giocherellone, quello svogliato e dormiglione e quello forte e laborioso, ciascuno intento a costruire la sua casetta di paglia, di legno o di mattoni.  E poi,  certo, c’è il lupo che dei tre fratelli vuol fare un bel pranzetto. E infine, manco a dirlo, c’è una caduta in pentola che difficilmente si scorda. Insomma, nel libro della Homeless Book dedicato a I tre porcellini non manca alcun dettaglio della fiaba tradizionale e grazie ad esso anche i piccoli lettori con disturbi della comunicazione possono godere a pieno di questa avventura senza tempo.

Il libro si colloca infatti all’interno della collana in CAA che intende allargare le possibilità di fruizione di storie e che comprende anche un volume dedicato a Pinocchio e un volume intitolato Zio Lupo e la furbissima Giricoccola. Esteticamente più appetibile di questi ultimi, I tre porcellini vanta una particolare cura profusa nei testi – che combinano con equilibrio comprensibilità e scorrevolezza, dettagli narrativi e linearità sintattica – e nelle illustrazioni – che con uno stile brioso ma essenziale supportano la lettura, condensando e rispecchiando a dovere gli elementi chiave della storia.

I tre porcellini in CAA nasce da un lavoro sulla fiaba tradizionale che tiene conto delle Linee guida europee per la scrittura accessibile e che opta per l’impiego della collezione di Widgit Literacy Symbols  (WLS) per offrire una traduzione in simboli ricca e articolata. In virtù di questi aspetti il volume risulta mediamente complesso e adatto a lettori non piccolissimi o con un grado di difficoltà comunicative non elevato.

Martedì

Succede che un martedì sera le rane dello stagno si sollevino da terra e inizino a volare. A bordo di foglie di ninfea si librano nel buio della notte, si intrufolano in casa dai camini o dalle finestre, cambiano canale al televisore, fanno gare di corsa con i cani e non mancano di combinare guai tra le lenzuola stese. Poi sorge il sole e tutto torna alla normalità. O forse no… foglie di ninfee fradice giacciono a terra, gli investigatori brancolano nel buio e ombre di altri insoliti aviatori si preparano a decollare: è alle porte un nuovo martedì, che secondo l’autore è il giorno più divertente e dal suono più paludoso (in inglese Tuesday, martedì, richiama il suono di ooze, melma)!

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Con questo libro, che gli è valsa la prima di tre prestigiose Caldecott Medals, David Wiesner dà vita a una storia in cui reale e fantastico danzano con un’intimità e un’intesa rarissime al punto che diventa difficile stabilire se l’autore esplori con tratto realistico un mondo immaginario o se trasfiguri la realtà quotidiana con uno sguardo colmo di immaginazione. Quel che conta è che il lettore ne resta letteralmente rapito. Surreale e divertente come nello stile più caratteristico di Wiesner, Martedì racconta infatti una storia in cui lo stupore fa la parte del condottiero.

Le tavole dettagliate dell’autore hanno una capacità straordinaria e forse unica di calare il lettore nel qui ed ora letterario, facendogli avvertire l’aria fresca della sera sulla pelle, il cicalio leggero della natura notturna e il profumo di un mistero eccezionale che sta per compiersi e ripetersi. La cura con cui, poi, Wiesner dissemina le sue illustrazioni di dettagli che contestualizzano il racconto e gli conferiscono coerenza interna  – dalla luna che cambia progressivamente alla corrispondenza precisa tra un’immagine e la successiva – fa sì che la sua narrazione per immagini offra tutto ciò che occorre al lettore per seguire con rigore il filo narrativo. Al contempo, però, la libertà di donare personali interpretazioni di ciò che accade – del perché le rane prendano il volo, per esempio, del perché tutto succeda di martedì o del perché rane e cane inizino una corsa a perdifiato – resta intatta e gioca un ruolo importante nel coinvolgimento diretto di chi sfoglia le pagine.

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Questo equilibrio tra ciò che le immagini dicono, ciò che suggeriscono e ciò che lasciano in sospeso chiede da un lato un’attenzione mai sopita per seguire al meglio lo sviluppo narrativo e per godere appieno delle meraviglie che nasconde e offre dall’altro una possibilità di fruizione allargata anche a giovani lettori con difficoltà comunicative e di decodifica del testo. A strizzare loro l’occhio, inoltre, non manca un ritmo cadenzato ben scandito da una partizione di  doppie pagine piene, grandi cornici bianche e riquadri più piccoli. Il risultato è davvero un libro curatissimo e ricco di sorprese, non a caso inserito in catalogo dalla raffinatissima casa editrice Orecchio acerbo, cui si deve anche la pubblicazione del meno recente ma altrettanto affascinate Mr. Ubik!.

Balea

Quello progettato dal duo Fernandez e Gonzalez è un libro proprio strambo. Si intitola Balea e si presenta alto e stretto, chiuso da una fascetta che lo avvolge per intero. Questa recita: “Balea: il modo più efficace per viaggiare in fondo al mare!”. Possibile resistere a una simile premessa? Davvero no! Ecco dunque che in un attimo ci si ritrova a liberare l’insolito libretto che a sorpresa si apre a fisarmonica, calandoci dritti dritti nel corpo di un ingegnoso sottomarino.

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Originalissimo nel formato – un leporello che rivela un’unica grande illustrazione – Balea non è da meno nel contenuto. Nella pancia del gigantesco sommergibile in forma di cetaceo si sviluppano decine di piccoli quadri, tanti quanti sono gli ambienti di questo insolito mezzo di trasporto. Dalla sala comandi alla sala pittura, dalla cucina alla zona tubature, dall’orticello alle stanze da letto, l’occhio del lettore può perdersi, indugiare, zigzagare ed esplorare decine di vani che, lungi dall’offrire banali scene di lavoro o ozio, accolgono inaspettate microsituazioni narrative. Così, mentre un piccolo incendio si sviluppo tra pulsanti e schermi, un concerto rock con tanto di pubblico trova posto in coda al veicolo e mentre un gruppetto di robot pare ribellarsi in una sala ipertecnologica, qualcuno poco più in là si occupa con cura di maiali e galline. Non ha insomma davvero modo di annoiarsi chi provi a tuffarsi con sguardo curioso tra le viscere di questo strambo mezzo di trasporto in cui non mancano ottimi servizi di welfare come la nursery, personaggi divertenti come un vecchietto infervorato e stanze per tutte le necessità (certo, una sola toilette potrebbe essere insufficiente!). E non si pensi che col fronte lo stupore si esaurisca: anche il retro del volume riservaqualche sorpresa mostrando l’esterno del sommergibile e gli abitanti marini che gli scorrazzano intorno.

 

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Un libro come questo, edito da Kalandraka, può prestarsi a tanti usi e approcci differenti, secondo cosa fantasia comanda. Può essere un poster (non mancano peraltro due buchini ai due lati preposti presumibilmente allo scopo), un grande affresco in cui perdersi, una minuziosa collezione di quadri da esplorare. Ed è proprio questo, oltre al fatto che non vi siano parole a guidare la lettura, a rendere così stuzzicante e fruibile questo prodotto. Ciascuno è infatti invitato a scoprirlo nella maniera che più gli è congeniale cosicché anche chi solitamente incontra difficoltà legate al testo scritto o alla decodifica di storie molto rigide può qui indossare le sue pinne e tuffarsi negli abissi più curiosi.

Lo Yark

Se per caso vi trovate Lo Yark tra le mani ma siete in un luogo che richiede silenzio, per carità pazientate un poco. Resistete e rimandate la lettura fino a quando la vostra voce (o quella di Franco Sangermano che ha inciso l’audiolibro allegato al volume) potrà  finalmente esser libera di scorrere il testo a un volume adeguato. Perché Lo Yark è – assolutissimamente e fortissimamente è – un libro da leggere ad alta voce! Sia in classe a un gruppo di bambini, in camera da letto al figliolo coraggioso o a voi stessi in pace sul divano, questo libro vi conquisterà con il suo incipit asciutto e stuzzicante, il suo testo in prosa ma al contempo infarcito di rime nascoste, il suo ritmo calzante e incalzante.

Incontrerete qui un mostro – lo Yark, appunto – ghiotto di bambini buoni e allergico ai bambini cattivi, che si imbatte in una schiera di pargoli capaci di spiazzarlo, fino al più straordinario incontro, quello con la dolce e saggia Madelaine. La profondità e la tenerezza di questa bambina, che vive in cima un faro e non bada alla superficie delle cose, tocca le corde più intime e sconosciute del protagonista, tanto da portarlo a un difficile ma cruciale viaggio di riappropriazione de sé. Lungo un percorso simile a quello compiuto dal peloso Sullivan in Monsters&co, lo Yark si scopre capace di essere diverso da come è sempre stato e da come è sempre stato raccontato, sino a un delicato finale che chiama in causa anche il lettore più duro.

Forte di una storia che mescola a puntino dolcezza e crudeltà (non si pensi infatti che lo Yark si rammollisca tutto d’un tratto come un pezzetto di burro!) e di una narrazione che incanta, il libro di Bertrand Santini si arricchisce di magnifiche illustrazioni in bianco e nero di Laurent Gapaillard che diffondono un piacevole aroma gotico-retrò e che rendono perfettamente giustizia a un personaggio a tinte chiaroscure come lo Yark.  La combinazione di tutti questi aspetti dà vita a una proposta davvero speciale che sa offrire una storia gustosa e insieme dipingere la differenza tra il “preoccuparsi di” e il “preoccuparsi per”. Ecco perché l’idea che tutto questo sia reso fruibile a un pubblico ancor più ampio di giovani lettori, grazie all’aggiunta della registrazione audio su cd, rende Lo Yark un lavoro davvero mirabile.

Le parole di Bianca sono farfalle – edizione in simboli

 

Se c’è un libro, tra quelli recentemente pubblicati e rivolti all’infanzia, che celebra il valore delle comunicazione attraverso canali insoliti e la valorizzazione delle abilità di ciascuno, quello è proprio Le parole di Bianca sono farfalle: un albo del 2013 targato Giralangolo che ha avuto un larghissimo successo di pubblico soprattutto per la delicatezza poetica con cui sa dipingere una disabilità (quella uditiva) non molto esplorata dalla letteratura per bambini e ragazzi. Ecco perché l’idea che quello stesso albo possa ora essere tradotto in simboli, grazie al felice progetto de I libri di Camillla, ci pare bellissima e ricca di senso: perché come Bianca intercetta e interpreta con le dita la musica del mondo, così i lettori che beneficiano della CAA hanno un modo a loro volta particolare e del tutto rispettabile di leggere la realtà e le storie.

Il libro di Chiara Lorenzoni e Sophie Fatus sposa insomma perfettamente lo spirito di una collana come I Libri di Camilla, che celebra il principio secondo cui esistono tanti modi di leggere ed esprimersi e che anche i bambini che utilizzano sistemi comunicativi fuori dalla norma hanno diritto di accedere a un immaginario fertile e condiviso, godendo della poesia che nasce dalle parole, dalle immagini e dal loro alchemico incontro. Con la scelta di questo albo come secondo titolo della collana (dopo l’esperienza inaugurale di Che rabbia!), Giralangolo (editore della versione originale del libro) e Uovonero (editore che cura questa versione in simboli) decidono di volare davvero alto e lanciare un bellissima sfida ai lettori che si avvalgono della Comunicazione Aumentativa e Alternativa e una proposta coraggiosa agli operatori che di essi si occupano.

La parole di Bianca sono farfalle è infatti graficamente e concettualmente articolato. Esso si avvale di espressioni metaforiche molto poetiche, propone illustrazioni tutt’altro che didascaliche e opta per una distribuzione testuale piuttosto libera. La versione addattata dal canto suo offre una rielaborazione minuziosa e competente di questi aspetti – rinunciando per esempio alle frasi disposte ad arco o prediligendo strutture sintattiche più lineari laddove quelle di partenza risultino troppo complesse –  ma non stravolge mai il senso e la qualità del volume originale. Davvero l’operazione non era banale ma il risultato è in definitiva un prodotto poetico e al contempo accessibile, non semplice certo  perché ancora forte di sinestesie ed espressioni figurate (ma chi l’ha detto che proprio un libro così non possa essere usato per aiutare a comprenderne il funzionamento?) ma insieme di grande impatto emotivo ed estremamente comunicativo.

Un giorno nella vita di tutti i giorni

Avete a disposizione un lungo pomeriggio, magari di pioggia e ozio, con un bel divano a disposizione? Perfetto! Mettetevi comodi perché Un giorno nella vita di tutti i giorni è proprio il libro che fa per voi. Tra le pagine di questo cartonato dal formato consistente potrete ritrovarvi a trascorrere un tempo indefinito nel piacevole tentativo di esplorare a fondo quadri quotidiani brulicanti di attività. L’originale albo di Ali Mitgutsch, famosissimo in Germania fin dagli anni ’60 ma incredibilmente mai edito in Italia fino ad ora, è infatti un silent book in cui ciascuna delle 12 doppie pagine dipinge un contesto – il parco, il cantiere, il molo, il mercato e così via – all’interno del quale si sviluppa una miriade di azioni, situazioni e relazioni. Il bello della lettura sta perciò nel cogliere gli innumerevoli dettagli che caratterizzano ogni quadro, sfidando eventuali compagni di svago a trovare il ragazzo che sta per cadere nel laghetto, i bimbi che fanno i rotoloni giù dalla montagna o persino l’angolo dei nudisti in spiaggia.

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Tutt’altro che privo di influenze alte, che risalgono fino a Bruegel e alla corrente fiamminga, Un giorno nella vita di tutti i giorni calamita il lettore grazie a pagine che paiono letteralmente animarsi. Ogni loro centimetro vede piccole avventure dipanarsi in totale autonomia o con sottili connessioni con ciò che accade intorno. Come a bordo di un elicottero il lettore può godersi le scene dall’alto, indugiando a piacere su quelle che gli paiono più buffe (si pensi al bimbo che fa la pipì di nascosto tra i cespugli), particolari (tra le altre, la fila di mucche truccate secondo usi montanari tradizionali) o capaci di stimolare ipotesi narrative ardite (ad esempio di fronte al tizio che si arrampica sul tetto di una baita innevata).

Il fatto che la narrazione si apra e si chiuda a ogni pagina e che si sviluppi attraverso microstorie con protagonisti ogni volta diversi su cui si posa lo sguardo del lettore, fa sì che la lettura risulti particolarmente duttile, personalizzabile, propizia allo stimolo della verbalizzazione anche e forse soprattutto in caso di difficoltà cognitive e comunicative. l’assenza di testo inoltre rende il volume accessibile e godibile anche il caso di dislessia e disturbi uditivi. Da ultimo, il formato ampio e la pagine spesse rendono leggermente più agevole la sfogliatura delle pagine.

Crescendo

Finissimo esploratore del prima, quale luogo fecondo di attese e narrazioni, Alessandro Sanna torna a dedicarsi a questo tema così stimolante dopo l’apprezzatissima esperienza di Pinocchio prima di Pinocchio. Crescendo è infatti un silent book tutto dedicato ai nove mesi di una gravidanza: i nove mesi in cui tutto cresce – le aspettative, i sentimenti e senz’altro le forme. E proprio da queste ultime l’autore parte per costruire cinque piccole storie che si muovono al ritmo di una pancia che si arrotonda. Quella silhouette via via più marcata diventa infatti profilo di roccia, ali di gabbiano, corpo di cavallo e gambo di fiore in un’esplosione della natura colta in alcune delle sue molteplici forme. Man mano che la pancia cresce l’occhio dell’autore si allontana andando a cogliere uno scenario più ampio e facendo così avanzare il racconto: dalla roccia un uomo si tuffa ad esplorare le profondità marine, il gabbiano si alza in volo a caccia di cibo per i suoi piccoli, il cavallo galoppa lungo pendii vivacissimi e il fiore sboccia in un campo che abbaglia. Tutto inneggia insomma alla vita, in un inseguirsi di dettagli che si richiamano da una tavola all’altra fino a quella dolcissima immagine finale in cui la mamma stringe finalmente il suo bambino. A sottolineare questo crescendo di rotondità e di narrazioni, 18 intensi minuti di musica di Paolo Fresu che vale realmente la pena di ascoltare sfogliando le pagine poiché la tromba e gli acquerelli si intrecciano in maniera fitta e delicata, regalando al lettore una poetica nuova.

Non è un libro immediato questo , come molti d’altronde  firmati dal bravissimo Alessandro Sanna. Ma come spesso capita il valore della suggestione di un volume va di pari passo con la complessità del lavoro di appropriazione che al lettore viene chiesto. Così, quando si coglie il sottilissimo filo narrativo che lega i quadri apparentemente slegati, creando un motivo che ritorna mese dopo mese, la fantasia ha come un sussulto di gioia e delizia. È bello pensare che questo libro possa rivelarsi particolarmente affascinante, non solo per i grandi in attesa, ma anche per i bambini che aspettano un fratellino e che giorno dopo giorno vedono la pancia della mamma crescere e cambiar di forma. Sarà magico soprattutto per loro giocare a cogliere in quelle curve in evoluzione le sagome più disparate che raccontano piccole e grandi storie e che invitano a dare significati sempre nuovi alle linee care. L’assenza di parole agevola dal canto suo questo tipo di esperienza, favorendo possibilità di lettura e interpretazione personalissime anche da parte di lettori con difficoltà di decodifica del testo ma grandi abilità immaginative.

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Clemente il pesce col salvagente

Un pesciolino diverso, perché incapace di nuotare autonomamente, viene preso di mira da alcuni abitanti del mare, l’arrogante delfino e la sciocca medusa in primis. Solo il granchio si mostra fedele e vicino alla vittima delle angherie, cercando di aiutarlo in ogni modo a superare le sue difficoltà e costruendo per lui un salvagente di rami, alghe e conchiglie. Clemente, così si chiama il pesciolino, si sente ferito e umiliato e, certo, il suo primo istinto sarebbe quello di vendicarsi con i due bulli acquatici. Sarà la saggia tartaruga a convincerlo a dimostrare invece con l’azione quanto realmente valga nonostante le sue difficoltà: cosa che Clemente non mancherà di fare difendendo la medusa e il delfino dall’attacco di un pericoloso squalo e diventando così un vero eroe degli abissi.

La storia di Clemente, il pesce col salvagente non brilla per originalità ma si rende interessante per le caratteristiche con cui l’autore – Carlo Scataglini – confeziona il volume che la contiene. Questo presenta infatti una doppia versione del racconto: una più semplice, con meno dettagli, frasi più brevi e carattere maiuscolo, l’altra più articolata e dettagliata, frasi e lessico più complessi e carattere minuscolo. In questo modo anche bambini con abilità o livelli di lettura diversi possono condividere la stessa storia, trovando ciascuno la forma a lui più congeniale.

Fanno parte della stessa serie anche i volumi: Calzino bucato e l’invasione delle mollette, La rosa dei sette desideri, Coccole spinose e Mulk, l’amico extraterrestre. L’autore ha curato inoltre una seconda serie dalle medesime caratteristiche (due versioni della stessa storia con gradi di difficoltà differenti) ma destinata a lettori più scafati e con competenze di base già acquisite. I titoli, in questo caso, sono: Gigantino e la guerra saporita, SuperAle, un supereroe niente male e Topigno e la giungla da salvare.

La casa sull’albero

Sull’albero c’è una casa, e questo lo dice chiaramente il titolo dell’albo. Ma l’albero è in mezzo a un’indefinita distesa d’acqua e uno dei suoi inquilini vi arriva in copertina a cavallo di un’enorme balena. Ecco: l’atmosfera straordinariamente sospesa e surreale di questo prezioso libro firmato da Marije e Ronald Tolman si palesa fin da questi primi dettagli che invitano a sciogliere le briglie della fantasia. Perché serve una mente fervida e ben disposta per cogliere tutta la magia di un luogo magico come questo da cui si possono avvistare stormi di fenicotteri che fanno del cielo una distesa rosata, su cui ci si può divertire in compagnia di amici diversissimi come un pavone o un rinoceronte e a cui ci si può avvicinare a bordo di un piccolo veliero volante. Ogni pagina diventa insomma una sorpresa gioiosa in cui immergersi con pacatezza e stupore.

Il tratto felice degli autori – che non a caso è valso loro il Bologna Ragazzi Award nel  2010 – incanta il lettore come una ninnananna fatta di figure e colori. Così, i movimenti, i pensieri, e gli incontri dell’orso bruno e dell’orso bianco protagonisti del libro, scorrono silenziosi e naturali seguendo l’avanzare del giorno e delle stagioni e raccontando di una quotidianità straordinaria che vien voglia di sposare. Del tutto privo di parole, La casa sull’albero racconta per immagini una storia poetica ed emozionante di amicizia, condivisione e valorizzazione della lentezza.

Nell’allestire una tana sopraelevata, nel leggere un bel libro, nell’accogliere gli amici in visita, i due orsi si prendono il loro tempo e invitano il lettore a fare altrettanto, immergendosi e vagabondando con sospeso diletto tra i paesaggi avvolgenti che colorano le pagine e i minuziosi dettagli che le animano. Anche per questa ragione il libro, che certo ben si presta a una lettura condivisa che stimoli l’intreccio di suggestioni personali anche molto diverse, appare particolarmente indicato anche e soprattutto per una lettura individuale, in cui ciascuno possa trovare un proprio rifugio dell’immaginazione.

Chi se la fila?

Un libro che è tutta una corsa: in Chi se la fila?  il tempo è infatti tiranno e tutti i personaggi galoppano come fossero in perenne ritardo. In un inseguimento senza fine – la nonna insegue forse il figlio che pare inseguire la moglie che sembra inseguire la figlia che sta dietro al cane che a sua volta insegue il nonno che quasi quasi acciuffa la nonna – ciascuno sembra voler dimostrare i propri pensieri e i propri affetti con parole che si perdono nel fiatone o con gesti che rischiano di passare in osservati. Travolto da fili di lana che tanto evocano fili emotivi, relazioni che legano gli individui come una rete affettuosa, il nipotino osserva alla finestr, tra il divertito e lo stranito, la buffa scena di inseguimento. E con lui il lettore, che trova in questa curiosa catena umana una rivisitazione insolita della Fiera dell’est branduardiana.

Contraddistinto da tinte pastello e personaggi che raccontano emozioni con espressioni e movimenti, Chi se la fila? è il primo silent book targato Uovonero. In quanto privo di parole, il libro risulta particolarmente fruibile anche in caso di DSA, sordità o disturbi della comunicazione. La piena apprezzabilità della storia in caso di deficit cognitivi può essere invece compromessa da una storia che non si dipana in maniera così esplicita e facile da seguire in assenza di testo scritto. Anche in questo caso, tuttavia, nulla vieta di godere delle delicate immagini di Roberta Angeletti, sognanti e affascinanti, al di là della loro funzione prettamente narrativa.

Che rabbia!

Dal 2000, quando è stato pubblicato per la prima volta, l’albo Che rabbia! di Babalibri ha subito incontrato il favore del pubblico, riscuotendo un successo che dura ancora oggi: lo dimostrano le numerose ristampe e i frequenti prestiti bibliotecari. Difficile trovare un piccolo lettore che non abbia amato la storia del furibondo Roberto e della mostruosa cosa rossa, personificazione della sua ira, che distrugge tutto ciò che gli capita a tiro. L’albo è infatti costruito in maniera tale da stimolare la più immediata identificazione con il protagonista da parte del bambino e da dare una forma riconoscibile e incisiva a uno dei sentimenti più familiari e difficili da gestire in età infantile.

Per il suo sedicesimo compleanno Che rabbia! indossa un nuovo vestito, arricchendosi di una traduzione in Comunicazione Aumentativa e Alternativa che lo rende accessibile anche in caso di autismo, disturbi della comunicazione, difficoltà di lettura o deficit cognitivi. Pressoché identico all’originale, nella copertina come nell’aspetto interno, il volume amplia le possibilità di lettura senza compromettere la qualità del testo, delle illustrazioni e della loro armonica integrazione. A parte l’aggiunta dei simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) al di sopra del testo e alcune minime modifiche alle frasi (finalizzate per esempio a privilegiare l’ordine soggetto-verbo-discorso diretto), questa versione mira proprio a risultare riconoscibile e volendo intercambiabile con quella da cui ha preso le mosse. Perché i bei libri, nel loro complesso e non solo nelle loro componenti singolarmente prese, costituiscono un patrimonio prezioso cui tutti i bambini dovrebbero poter accedere.

Che rabbia!, in questa nuova e importante forma, inaugura la collana di libri in simboli “I libri di Camilla” (Collana di Albi Modificati Inclusivi per Letture Liberamente Accessibili), nata dalla collaborazione tra Uovonero (che cura appunto la traduzione in CAA) e altre otto case editrici per bambini (Babalibri, Sinnos, Kalandraka, Giralangolo, Bohem press, Coccole Books, Topipittori e Lo Stampatello) con lo scopo di allargare le possibilità di fruizione di alcuni degli albi più amati anche a lettori con difficoltà di decodifica testuale.

Dov’è la stella marina?

L’aria bonacciona e simpatica è forse uno dei tratti più caratteristici dei personaggi di Barroux. Basterà aprire la prima pagina di Dov’è la stella marina? per averne una prova: qui troneggia salda e sorniona una balena grigia dal sorriso timido ma contagioso: quel sorriso che diventa a dir poco smagliante quando, nella pagina seguente, il mammifero si immerge e raggiunge i numerosi pesci che popolano il fondale marino. Che tripudio di colori e che allegria sgargiante, tra alghe e coralli! Qui pesci dalle forme, dai colori e dalle dimensioni variegate sguazzano a doppia pagina invitando il lettore a scoprirne e apprezzarne i singoli dettagli dettagli. Tra gli abitanti degli abissi figurano in particolare la stella marina, la medusa e il pesce pagliaccio che da lì in avanti sfidano il lettore a scovarli ad ogni pagina. Come anche in Dov’è l’elefante?, Barroux si diverte a nascondere tre personaggi lungo l’intero corso dell’albo rendendoli però protagonisti, al contempo, di una storia fatta e finita.

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Se nel primo volume era la deforestazione il tema caro all’autore dalla forte sensibilità ambientalista, qui è invece la cura del mare ad essere messa in primo piano. Colpiti dal disdicevole accumulo di rifiuti sul fondo del loro habitat – dapprima di bottiglie e lattine, poi di pneumatici e tubi e infine di elettrodomestici e bidoni, in un vero e proprio climax iconico – i tre animaletti subacquei chiedono aiuto alla balena per disfarsi del problema e soprattutto per educare quegli zozzoni degli umani a non disperdere la loro immondizia.  Sicché, con un fare vendicativo piuttosto inaspettato, il cetaceo trova una soluzione a dir poco d’impatto che non mancherà di sorprendere il lettore. Perché la balena è tanto cara e buona ma guai a farla arrabbiare!

Assimilabile a un silent book (le uniche parole del libro sono infatti il sintetico invito a trovare i tre protagonisti nelle diverse pagine), Dov’è la stella marina? unisce l’aspetto ludico della caccia al dettaglio al gusto narrativo di una storia semplice ma completa. Scandita da passaggi iconici che richiedono attenzione ma che risultano facilmente identificabili, questa si presta a letture individuali o condivise apprezzabili anche in caso di disabilità intellettiva, oltre che uditiva e comunicativa.

Il tagliaboschi

Arrivano i primi freddi e, da sotto le coperte, si apprezzano con particolare piacere quei libri che racchiudono caminetti, manti soffici, pietanze fumanti e silenzio. Ecco perché il bell’albo di Alain Cancilleri casca proprio a fagiolo in questi giorni di autunno che avanza. Non solo Il tagliaboschi racconta di montagna, di boschi innevati, di natura e di quiete ma sa rendere queste atmosfere speciali attraverso le scelte legate alle parole (che non ci sono), alle tecniche (ruvide e minimali) e alle tinte (vibranti e misurate).

L’autore sceglie per la sua storia immersa in un paesaggio taciturno la strada impegnativa e incantevole del silent book.  In questo modo, valorizzando le sensazioni, riesce a raggiungere un pubblico ampio che non esclude lettori con disabilità o difficoltà legate al testo scritto. Anche in caso di sordità, di dislessia, di deficit intellettivi o comunicativi si può infatti cogliere il filo narrativo che lega queste pagine di un’essenzialità disarmante e apprezzare il bianco abbagliante che non è solo sfondo ma che si fa neve palpabile, le linee sottili che rivelano movimenti e sentimenti dei protagonisti; il gioco di inquadrature e colori che evidenza desolazione o calore; il contrasto netto tra figure umane esili e un contorno solido.

Edito da Il leone verde, il Tagliaboschi racconta di persone e cose semplici ma anche di scelte e azioni importanti. Il suo protagonista – un tagliaboschi per l’appunto – si accorge appena in tempo degli effetti nefasti che può avere la completa deforestazione e si impegna in prima persona perché il processo distruttivo inverta rotta. Dopo averlo seguito mentre abbatte un albero via l’altro lo troviamo in un’ultima eloquente pagina intento a portare nel bosco una nuova esile piantina. Quel che accadrà dopo possiamo solo immaginarlo, ma di certo quel che si sparge nella testa del lettore è un profumo di foglie, radici e natura che rinasce.

L’ombrello rosso

Sarà perché la voglia di storie è deliziosamente impaziente, fatto sta che Ingrid e Dieter Shubert, autori dell’albo L’ombrello rosso, non perdono tempo e il loro racconto per immagini inizia prima ancora che colophon e pagine introduttive abbiano il tempo di essere sfogliati. Subito dietro la copertina un intrepido cagnolino dal pelo color della pece trova infatti un ombrello abbandonato e a bordo di quest’ultimo si fa trasportare da un vento impetuoso. Inizia così un viaggio andata e ritorno sopra le nuvole, in mezzo alla savana, nelle profondità del mare, nel fitto della giungla e tra i rigidi ghiacci polari.

Un viaggio emozionante, non privo di pericoli e scoperte, durante il quale il comunissimo accessorio da pioggia si fa aereo, scudo, nave, sommergibile e persino slitta. Fino a quando l’intrepido viaggiatore non poggia nuovamente le zampe a terra e l’ombrello rosso non torna a essere che un utile oggetto per ripararsi dalla pioggia. Ma un nuovo passeggero curioso è in arrivo: altro giro altra corsa, tutto lascia intendere che un nuovo viaggio stia per cominciare…

Così si chiude, lasciando però aperti ampi spazi di immaginazione, il bellissimo albo senza parole pubblicato da Lamniscaat. In linea con il più autentico spirito dei viaggiatori, il lavoro dei due autori olandesi chiama il lettore a trovare a suo piacimento le parole per raccontare ciò che accade. Il loro stile privo di fronzoli ma attento ai dettagli invita infatti a spalancare gli occhi di fronte a paesaggi e protagonisti ben delineati e rende un servizio eccellente a una narrazione tutta iconica. Ciò che succede pagina dopo pagina, benché non esplicitato da un testo scritto, risulta infatti chiaro, netto e di conseguenza perfettamente fruibile anche in caso di disabilità, sia essa cognitiva, uditiva o comunicativa.

Manuale del piccolo aviatore

Un libro di narrativa certo non è, ma data la particolarità del progetto che lo supporta Il manuale del piccolo aviatore merita senz’altro una segnalazione. Il libro è un concentrato di informazioni utili e interessanti, soprattutto per quei bambini e quelle bambine che amano stare con il naso all’insù e che vedono nel volo, nella tecnologia aeronautica e nell’esplorazione dello spazio una realtà a dir poco affascinante. Qui si trovano riunite e spiegate in modo chiaro informazioni variegate relative alla storia del volo, alla flotta della nostra Aeronautica, al mestiere di Pilota, alla Frecce Tricolore, ai record spaziali e all’esperienza dell’ormai notissimo capitano Samantha Cristoforetti. Provvisto di diversi box di curiosità e di un glossario riassuntivo, il libro si chiude con il test del piccolo aviatore e un attestato ritagliabile che valorizza le conoscenze acquisite dal lettore. La ricchezza dei contenuti qui raccolti è dunque notevole benché la grafica non renda loro effettiva giustizia. Molto semplice e a tratti dall’aspetto casalingo, questa agevola la comprensibilità delle informazioni pur a scapito dell’appeal estetico.

Il manuale del piccolo aviatore è disponibile in cinque versioni diverse – tradizionale, Braille (senza illustrazioni ma con doppio testo nero-Braille), a grandi caratteri, ad alta leggibilità (con utilizzo della font Puntidivistafacile), in simboli – così da soddisfare bisogni di lettura differenti. Diverse nel formato, nell’adattamento testuale, nell’aspetto grafico oltre che nel tipo di codice impiegato, queste rispondono all’idea che strade diverse possano condurre al medesimo contenuto, garantendo a tutti i bambini le medesime opportunità di scoperta. Frutto di un progetto inclusivo che vede partner l’Aeronautica militare e la casa editrice Puntidivista, i cinque volumi si ispirano all’idea che , così come il cielo, anche il diritto alla lettura debba essere di tutti.

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Giochi di luce

Giochi di luce è un colpo di fulmine: impossibile non restarne folgorati! L’originalità e la vicinanza con il sentire bambino di questo splendido albo senza parole – già vincitore del prestigioso Bologna Ragazzi Award nel 2015 – lo rendono infatti un piccolo e insolito gioiello, in cui il lettore è chiamato ad agire con poca fretta e molta curiosità.

Sull’inconsueto sfondo nero delle pagine – che sfida le convenzioni editoriali e suscita un immediato effetto stuzzicante – si stagliano contorni grigio chiaro di piante, fiori e animali di ogni sorta. A esplorare questa natura misteriosa, fianco a fianco al lettore, c’è un intraprendente  bambino dagli sgargianti stivali giallo limone. Torcia alla mano questi si avventura tra cespugli, fronde e radure illuminando ogni volta un particolare del sottobosco.

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Il cono di luce bianco della torcia porta così allo scoperto dettagli arborei e creature del buio indaffarate, mentre tutt’intorno, nella penombra, la luna avanza nel cielo e la natura si anima pensando forse che nessuno la scorga. Gufi, cerbiatti, pipistrelli e roditori di varia taglia portano avanti le loro consuete attività notturne o si arrestano – tra timore e interesse – a fissare l’insolito ma rispettoso visitatore. Il loro è un incontro discreto e quieto, fatto di reciproche attenzioni che si risolvono in un buffo colpo di scena finale.

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Tutto accade nel massimo silenzio: quello che serve per osservare per benino il bosco e i suoi abitanti e per godere appieno di una storia fatta di minuzie, di dettagli brulicanti, di stupore per le piccole cose. Giochi di luce invita proprio a fare questo, offrendo quadri pullulanti tra i quali muoversi alla ricerca di bestiole nuove o già incontrate, di finestrelle che svelano particolari prima non scorti e di interazioni tra i personaggi che fanno del libro un’avventura vera e propria, in cui meraviglia e libertà di esplorazione vanno felicemente a braccetto.

 

 

 

Settestella

Settestella è – come anticipa il nome – una stella un po’ particolare che di punte ne ha sette invece che cinque. Caduta dal cielo in mare, la stella perde le sue punte ma trova diversi amici, tra cui animali marini e terrestri, oggetti naturali e agenti atmosferici, che riconoscono la sua unicità e le fanno doni capaci di renderla ancora più speciale. La protagonista diventa così “una stella di pinna, di foglia, di ago, di baffo, di piuma, lancetta e bastone”, incarnando l’arricchimento che l’incontro con l’altro può regalare.

Dario Moretti, autore e illustratore del volume, opta per immagini interamente realizzate in cartoncino rigido, sfruttando giochi di spessori, vuoti e pieni, rilievi e incisioni. Il risultato è una carrellata di immagini tattili  piuttosto semplici nell’aspetto ma non agevolissime da esplorare al tatto (penso per esempio al gufo, la cui forma non è così intuitiva e i cui dettagli interni non sono così marcati), piacevoli soprattutto per chi può godere anche della vista. Prive di dettagli superflui, queste accompagnano un testo poetico ed essenziale, trascritto sia in nero sia in Braille.

Ultimo di una collana preziosissima di libri tattili editi dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi grazie al sostegno di Enel Cuore, Settestella verrà distribuito in centinaia di copie gratuite a biblioteche, associazioni ed enti che hanno aderito al progetto A spasso con le dita. Il libro condensa bene i temi della diversità, dell’identità e della partecipazione che la Federazione ha fatto propri negli ultimi anni e sviluppato anche attraverso la mostra itinerante di tavole tattili Le parole della solidarietà, in cui sono stati coinvolti più di 10 artisti italiani.

Aria acqua terra fuoco

Che delizioso lavoro è Aria acqua terra fuoco, l’ultimo dei libri tattili creati dall’infaticabile squadra de L’albero della Speranza. Del tutto insolito rispetto alla precedente produzione della casa editrice di Ivrea, il volume strizza l’occhio anche al lettore adulto e rivela una cura eccezionale fin dall’involucro in cartoncino ondulato che lo impreziosisce e dalla copertina telata che lo racchiude.

Dentro, si racconta la storia dei quattro elementi, ciascuno dei quali ritiene e pretende di essere più importante degli altri. Anche l’uomo, una volta sopraggiunto, crede di potersi imporre dominando le forze della natura. Sarà solo la saggezza dei bambini a far capire a tutti – elementi, uomo e lettore – che il pianeta non è proprietà di nessuno e come tale va rispettato. O per dirla con un antico proverbio masai: non riceviamo la Terra in eredità dai nostri padri ma in prestito dai nostri figli.

Gli autori hanno optato qui per una rappresentazione fortemente simbolica – il che costituisce spesso una buona scelta in ambito tattile – chiaramente illustrata da una legenda posta all’inizio del libro ed efficacemente realizzata attraverso materiali corposi e ben distinti. Essenziali e proprio per questo molto suggestive, le immagini tattili di Aria acqua terra fuoco lasciano quindi le dita libere di esplorare con facilità e di suggerire spunti fertili all’immaginazione del lettore.

E riprese a volare

Nato dalle mani abili de L’albero della speranza alla fine del 2015, E riprese a volare racconta di un passerotto triste e inizialmente incapace di librarsi nel cielo che vive rassegnato e solo a terra fino a quando un amico non gli mostra un’occasione di riscatto e l’amore non gli offre la possibilità tanto attesa di tornare a volare. Costruito, come nella miglior tradizione della casa editrice di Ivrea, con doppio testo – nero e Braille – e illustrazioni al 100% esplorabili con le dita, il volume è adatto a un pubblico di giovanissimi lettori, anche privi di una grande esperienza in fatto di decodifica tattile.

Ci sono dentro il libro, è vero, i temi importanti della solitudine, dell’amicizia e dell’amore ma il racconto – non dei più entusiasmanti in  definitiva –  non tiene il passo di illustrazioni invece accurate in cui si vede profuso un grandissimo impegno. La loro semplicità e piacevolezza – si pensi, a titolo d’esempio, al sofficissimo piumaggio dei protagonisti, alle fronde realmente penzolanti del salice piangente o alla dura liscezza delle uova – rende il volume particolarmente fruibile in caso di disabilità visiva e altresì attraente per quei bambini che trovano nella manipolazione di superfici particolari, e morbide soprattutto, stimoli positivi e preziosi.

Scarpa, dove sei?

Un calcio per aria e la scarpa di un bambino finisce chissà dove. In fondo al mare, forse. O tra stormi di uccelli. Nel bel mezzo di una guerra coi cannoni, perché no? Sta al lettore scoprirlo scorrendo pagine in cui paesaggi e protagonisti i più disparati si susseguono in una giravolta di scene più o meno surreali.

Scarpa, dove sei? è un albo quasi senza parole, che si apre e si chiude con due righe di cornice in forma di filastrocca ma che procede per il resto per sole immagini. Il gioco sta tutto nel trovare le sagome di scarpe nascoste in ogni quadro – nel muso del rinoceronte come nel corno di una mucca, negli arti dello spaventapasseri come nella pancia della nave – scorgendo, per un piacere più minuzioso, la varietà di modelli disseminati tra le pagine e la loro peculiarità rispetto alla scena rappresentata.

Siamo di fronte a un piccolo albo che non strepita ma che sa divertire, un libro che è una caccia al tesoro a filo di pagina, una carrellata di personaggi bislacchi, un invito a cercare forme note dove meno ci si aspetterebbe. Con più di cinquant’anni sulle spalle (Scarpa, dove sei? è stato pubblicato per la prima volta a New York nel 1964), il volume ora pubblicato da Salani sposa semplicità e ironia valorizzando il tratto inconfondibile di un grande autore come Tomi Ungerer.

[Edit: luglio 2022] Il libro di Tomi Ungerer è stato da poco ripubblicato da Biancoenero nella collana Doppio passo.

Eli sottovoce… le matite

Quella di Eli sottovoce è una piccola saga silenziosa che vede protagonista una libellula intraprendente, perseverante e creativa. Nei diversi episodi la bestiola si cimenta con opere di alta e raffinata ingegneria: torri di carte, uova e matite che inesorabilmente finiscono per crollare. Ma dall’errore può nascere qualcosa di meraviglioso e la creatività può subire nutrirsi di intoppi (soprattutto se sopraggiunge l’aiuto di qualche amico!): prova ne sia il fatto che le costruzioni fallite di Eli offrono gli spunti necessari per creare strepitose mongolfiere o stupefacenti lampadari.

Nell’ultimo episodio, in particolare, un ardito pinnacolo di matite ben appuntite si schianta al suolo prima di essere completato. Ma da un lapis spezzato spunta un insetto bislungo che opportunamente insaponato e innaffiato finisce per dar vita, insieme ad Eli, a straordinarie bolle di sapone.

Il silent book, così come i precedenti (Eli sottovoce… le carte ed Eli sottovoce…l’uovo, di ciascuno dei quali è possibile visionare un trailer online), si sviluppa in un elegante formato lungo e stretto che sfrutta l’altezza della pagina per valorizzare le invenzioni della protagonista. Lo stile dell’autrice Laura Bellini è dal canto suo raffinato e sfizioso, capace di delineare brevi storie suggestive che stimolano il lettore e richiedono attenzione, invenzione e gusto per i particolari minuziosi.

Pois

In un atelier vivace e colorato qualcosa di strano sta per accadere. Tra manichini e tessuti dalle tinte sgargianti, quando la sarta meno se lo aspetta, i pois di un bell’abito giallo prendono il largo e scappano altrove. Gasp, disastro! Che ne sarà del bell’abito? Ma soprattutto dove si saranno cacciati gli intrepidi pois? Con un finale surreale e sorprendente il libro di Cristina Bazzoni lascia un sorriso sulla bocca del lettore, invitandolo a cogliere nell’imprevisto una nuova possibilità creativa!

Finalista del Silent Book Contest 2015, Pois si distingue nel variegato mondo degli albi per il suo marcato aspetto grafico e per l’influenza marcata di ambiti (pubblicitario per esempio) e periodi (gli anni ’50-’60 in primis) molto particolari. Il colore puro la fa qui da padrone, concorrendo non solo a restituire un complesso piacevole e insolito, ma agevolando anche la messa in rilievo degli elementi cardine della narrazione e dei richiami interni al libro. Questo contribuisce a rendere la storia ben comprensibile nonostante l’assenza di parole e pertanto godibile anche da parte di chi si approccia con difficoltà al testo scritto.

Dov’è l’elefante?

Potrebbe sembrare una semplice rivisitazione animalesca del classicissimo Dov’è Wally? (non a caso citato dall’autore come fonte di ispirazione) e già ci sarebbe di che divertirsi. Ma Dov’è l’elefante? non è solo questo. La sfiziosissima sfida a individuare un pachiderma, un pappagallo e un serpente ad ogni doppia pagina di questo coloratissimo libro valorizza infatti la storia raccontata da Barroux e focalizzata sul rispetto della natura. Man mano che si avanza nella lettura, la variopinta e intrigante foresta in cui i tre animali si nascondono va riducendosi a causa dell’aumento di case e costruzioni, costringendo i protagonisti dapprima a strategie di occultamento sempre più ingegnose e infine a una soluzione tanto simpatica quanto drammatica.

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fuga

Per le sue caratteristiche, il libro pubblicato dalle Edizioni Clichy si presta a un assortimento di letture davvero ricco e stimolante. Si può giocare a nascondino con i personaggi, raccontare una bella storia, scoprire i pericoli della deforestazione e/o fare tutte queste cose insieme. La libertà concessa dall’assenza di parole, inoltre, apre queste possibilità a un pubblico straordinariamente ampio nel quale anche bambini con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica del testo possono sentirsi confortevolmente inclusi.

La torta in cielo

È una storia semplice (ma quale storia di Rodari, in fondo, non lo è?) ma saporitissima, quella racchiusa tra le pagine de La torta in cielo: una storia che a distanza di anni sa ancora ammaliare perché parla di dolci che piovono come per magia, perché si fa leggere con gusto e senza fatica e perché, ancora una volta, mette la saggezza dei bambini al centro.

Sono infatti due ragazzi – Paolo e Rita – a svelare l’arcano del misterioso oggetto volante che un giorno primaverile sorvola i cieli di Roma, scatenando panico e assurde reazioni nella popolazione adulta della città. Proprio i due giovani curiosi incontrano infatti per primi lo scienziato pasticcione che trasforma le bombe atomiche in torte squisite e si fanno ambasciatori di un delizioso invito alla pace rivolto ai lettori.

Raccontata da Claudia Pandolfi in questa versione audio, La torta in cielo arricchisce la collezione rodariana promossa dalla Emons e già composta da Il pianeta degli alberi di Natale, Il libro degli errori, Favole al telefono, Filastrocche in cielo e in terra e La freccia azzurra: capolavori capaci ancora di parlare agli “orecchi acerbi” e pertanto meritevolissimi di riscoperte e riproposte come questa che ne allargano le possibilità di fruizione.

La freccia azzurra

La freccia azzurra è un mezzo più che speciale: un treno magico sul quale i giocattoli si animano e prendono iniziativa, dirigendosi in autonomia dai bambini meno abbienti. Grazie al buon cuore e al coraggio di personaggi come il capitano Mezzabarba o il cagnolino di pezza Spicciola, anche bambini come Francesco possono così vivere un’epifania serena e allietata da uno spirito di gioia e condivisione.

Mossa da un potente e chiaro intento egualitario – lo stesso che spesso emerge con forza dalle opere rodariane – La freccia azzurra racconta di un’infanzia d’altri tempi in cui forse desideri e sogni erano un po’ più sudati ma che a tutt’oggi smuove emozioni nei piccoli lettori.

Una delle storie più amate di Gianni Rodari trova in questa versione audio realizzata da Emons nuova vitalità. Pacata e avvolgente, la voce esperta di Ascanio Cestini offre un valore aggiunto a un racconto che è un grande classico, garantendone un piacevole accesso anche a bambini con difficoltà visive o di decodifica del testo.

Il libro degli errori

L’ormai celeberrimo petaloso ce lo ha recentemente ricordato: gli errori possono essere preziosi perché fecondi e potenzialmente ricchi di creatività. Lo sapeva e insegnava bene – meglio di chiunque altro forse – proprio Gianni Rodari che al valore e al potere dello sbaglio dedicò più di un suo lavoro. Ne Il libro degli errori, in particolare, l’autore di Omegna raccoglie una lunga serie di brevi storie nate da piccole grandi sviste: storie in cui errori ortografici, interpretazioni letterali di proverbi e veri e propri abbagli esistenziali diventano protagonisti di narrazioni prosa e in rima divertenti ed edificanti.

Originariamente pubblicato da Einaudi e illustrato da Bruno Munari, Il libro degli errori è ora rilanciato dalla Emons in formato audiolibro, con la voce vivace e accattivante di Lunetta Savino. La casa editrice romana propone in particolare il testo in formato MP3 acquistabile su CD (al costo di € 14.90) o direttamente scaricabile dal sito (al costo di € 8.94): in questo modo la tecnologia viene intelligentemente incontro a esigenze di lettura diverse, imposte anche ma non solo da disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento.

Harry Potter e la pietra filosofale

Primo capitolo di una saga che ha conquistato grandi e piccoli lettori in ogni angolo del mondo, Harry Potter e la pietra filosofale ha spalancato le porte alla costruzione di un immaginario comune ben radicato e fertile. Da lì in avanti, le avventure di Harry, Ron, Hermione e della miriade di personaggi corollari nati dalla mente geniale di J.K. Rowling hanno iniziato a popolare fantasie, discorsi e ricordi che diventano oggetto di condivisione e confronto tra pari. Per questo appare particolarmente importante rendere accessibile questo patrimonio anche a ragazzi con disabilità, così che la ricchezza narrativa contenuta nella penna dell’autrice non sia per loro esclusivamente ridotta alle pur apprezzatissime versioni cinematografiche.

Ecco allora che gli audiolibri Salani, che propongono una registrazione del testo, interpretato da voci solide e capaci (qui quella di Giorgio Scaramuzzino è una garanzia!), vengono incontro a questa precisa esigenza offrendo a lettori con disabilità visiva, con disturbi specifici dell’apprendimento, con necessità di leggere e al contempo fare altre cose o con predilezione per il racconto orale, la possibilità di godere delle vicende di Hogwarts al pari di un lettore tradizionale. Già uscito nel 2008 in formato audio (inciso perciò su un numero consistente di Cd, addirittura 8!), la prima avventura di Harry Potter viene ora riproposta in formato MP3 che ne snellisce e rende più fruibile l’ascolto.

Pinocchio in CAA

Pubblicato dall’editore ravennate Homeless Books, tradotto in simboli dalla Cooperativa Il cerchio e promosso dall’associazione Fare leggere tuttiPinocchio in CAA propone una versione semplificata e adattata del celebra capolavoro collodiano. Asciugato nel testo e nella trama, il libro curato da Raffaella Di Vaio porta anche i lettori con difficoltà di comunicazione a immergersi nelle avventure del burattino, dando risalto agli episodi principali che lo vedono protagonista con Il Grillo Parlante, Mangiafuoco, Il gatto e la Volpe, Lucignolo e il pescecane. L’intento, ambizioso e ammirevole, è quello di ampliare l’accesso a un patrimonio immaginifico condiviso (e per questo ancor più importante) anche a quei bambini che difficilmente si confrontano con il testo alfabetico ma che con piacere beneficiano di un libro illustrato corredato da simboli.

Il libro, dalla grafica non troppo elaborata, sfrutta i simboli Widgit che garantiscono rispetto ad altri una maggiore versatilità e complessità espressiva e si rivelano pertanto particolarmente adatti a una storia complessa come quella di Pinocchio. Proposto in formato ampio e orizzontale, Pinocchio in CAA presenta testi facilmente comprensibili senza rinunciare a frasi un pochino più articolate. L’attenzione dedicata all’accessibilità emerge soprattutto dalla scelta di un lessico abbordabile e familiare e dall’accordo tra gli a capo e la punteggiatura (punti, virgole, due punti) e  tra gli a capo e l’inizio di frasi coordinate o subordinate.

Il font utilizzato all’interno dei simboli è minuscolo e piuttosto piccolo, il che non rende agevolissimo seguire la lettura. Le immagini a tutta pagina, poste regolarmente sul lato sinistro del volume, risultano molto basiche. Forse non troppo stimolanti per un lettore che bazzichi con disinvoltura nel mondo variegato degli albi illustrati, risultano però efficaci nell’illustrare e sintetizzare gli episodi narrati e nel rendere più facilmente riconoscibili e senza distrazioni personaggi, relazioni ed emozioni, soprattutto per lettori che abbiano poca dimestichezza con questo tipo di pratica.

[Edit] Quattro anni dopo la sua prima pubblicazione, il Pinocchio in CAA di Homeless Book viene riproposto in una nuova veste cartonata, più robusta e appetibile, che ne rende senz’altro più agevole la lettura e la condivisione.

Le avventure di Tom Sawyer

Sono avventure con la A maiuscola quelle che Marc Twain confezionò nel 1976 e che cucì intorno al personaggio di Tom Sawyer. Avventure che si dipanano lungo il fiume Mississippi e che vedono protagonista un ragazzo intraprendente ed esuberante dedito a una vita spericolata in cui tesori, cadaveri, grotte misteriose non mancano. Per i primi 140 anni di questo libro che ha solletico e solletica le menti affamate di storie avvincenti, Biancoenero lo ripubblica, in versione ridotta e semplificata, all’interno della collana Raccontami.

L’alta leggibilità, che da sempre contraddistingue la produzione della casa editrice romana, non beneficia qui solo di un font specificamente messo a punto per chi ha problemi di dislessia, di un’impaginazione più spaziosa, di righe irregolari che seguono il ritmo del racconto e di una carta color crema ma anche di un adattamento del testo a cura di Giulia Avallone che privilegia scelte sintattiche e lessicali più fruibili rispetto al testo originale. Il libro è inoltre accompagnato da un CD MP3 che offre al lettore, con o senza difficoltà, di scoprire le avventure di Tom Sawyer anche attraverso l’ascolto

Pinocchio – ed. tattile

Le avventure del burattino collodiano sono tra le vicende fantastiche più note, amate e feconde del nostro immaginario. Anche per questo, forse, quello di Pinocchio è uno de testi più frequentemente ripresi, esplorati e adattati della letteratura per l’infanzia. Alle numerose versioni che popolano i nostri scaffali se ne aggiunge ora una particolarmente preziosa e importante. Si tratta della versione tattile – con testo in nero e in Braille e illustrazioni da toccare – curata dalla casa editrice eporediese L’albero della Speranza e destinata ad aprire le vicende del burattino di legno anche a un pubblico di giovani lettori con disabilità visiva.

Se il testo in questo Pinocchio non è proprio eccezionalmente curato benché funzionale al riconoscimento delle immagini, le illustrazioni (che nei libri tattili tanta parte hanno e tanto cruciali sono) appaiono molto valide. Decisamente classiche nella forma e dallo stile rintracciabile negli altri volumi della collana “Il tocco magico”, queste risultano sufficientemente spesse e solide, curate nei dettagli, piacevoli da toccare e contraddistinte da una scelta dei materiali compositivi scrupolosa e suggestiva.

L’attenzione dedicata inoltre alla loro esplorabilità (il burattino con gli arti mobili, il Pinocchio finale in versione bambino staccabile, il martello estraibile per schiacciare il grillo, il vestito della fata a più strati e così via…), in favore di una loro più agevole comprensione al tatto, è nettamente superiore rispetto ai precedenti lavori della casa editrice e ne segna perciò un felicissimo salto di qualità!

Pinocchio (ed. Erickson)

Nasce dai tipi di Erickson una collana che si propone di rendere più ampio l’accesso ad alcuni testi fondamentali della nostra tradizione per l’infanzia. Capofila, in questo senso, è il volume dedicato al capolavoro collodiano Pinocchio. Il lavoro fatto dai curatori al fine di rendere il testo più fruibile e largamente condivisibile, anche da parte di chi sperimenta difficoltà di lettura, di attenzione e di decodifica sintattica, si basa su un’attenta semplificazione, non tanto della trama, che mantiene qui invariati i suoi episodi chiave – dal teatro dei burattini alla prigione, dall’avventura in mare al Paese dei Balocchi – quanto del testo che risulta contraddistinto da espressioni più comuni, frasi meno articolate, forme verbali attive e soggetti esplicitati.

La semplificazione testuale non è tuttavia l’unica accortezza messa in campo per aumentare il grado di accessibilità del racconto di Collodi. Questa operazione passa anche infatti attraverso l’evidenziazione e la spiegazione degli elementi lessicali meno noti, la sintesi dei capitoli, la registrazione audio del testo (che l’editore sceglie di non incidere su cd ma di rendere scaricabile tramite QR code o passaggio sul sito) e l’aggiunta di illustrazioni poco elaborate ma eloquenti. Frequenti, ben integrate con il testo e indispensabili per identificare i protagonisti e tenere il filo della narrazione, queste mettono bene a fuoco i momenti salienti della storia.

Sia Il piccolo principe sia Pinocchio sono curati da Carlo Scataglini, insegnante e autore di numerosi testi tra cui figura anche Adattamento dei libri di testo. Semplificazione progressiva delle difficoltà, edito dalla stessa Erickson. Il volume (138 pagine, 24,90 €) mette in luce i principali ostacoli di comprensione testuale in cui si imbattano alcuni allievi, soprattutto (ma non soltanto) in caso di disabilitadattamento dei libri di testoà cognitive e difficoltà di concentrazione. A partire da queste considerazione, gli autori (insieme a Scataglini figura anche Annalisa Gustini) provano a individuare ed evidenziare alcune strategie di adattamento dei testi che ne consentano un accesso più ampio e paritario, e di conseguenza inclusivo. A seguire, nella parte più corposa del libro, vengono proposti alcuni esempi di analisi delle difficoltà citate, ma anche di evidenziazione, schematizzazione, ristrutturazione e riduzione di testi adatti a classi diverse dalla terza elementare alla terza superiore e afferenti a materie diverse (dalla storia alla geografia, dalle scienze alla narrativa). Il libro può fornire quindi utili spunti a insegnanti di scuole di diverso ordine e grado che con sempre maggiore frequenza si trovano di fronte alla necessità di personalizzare e rendere più accessibili determinati contenuti didattici.

 

 

La gara delle coccinelle

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All’inizio è una doppia pagina quadrata, pulita, ampia e di un  bianco abbagliante. Sui due margini laterali una linea di partenza e una di arrivo, sul lato sinistro uno schieramento di buffe coccinelle dalle forme, dalle tinte e dalle dimensioni diverse e realistiche. Tutto è statico, immobile. Pare di sentire l’attesa trepidante per il fischio o lo sparo d’inizio. Poi si gira pagina e la gara anticipata dal titolo finalmente inizia. I partecipanti che superano il nastro iniziale – ben più numerosi di quelli inizialmente visibili – invadono via via lo spazio bianco, chi ad ali spiegate e chi no, chi ingranando la quarta chi restando nelle retrovie. La corsa prosegue, caotica e brulicante, per alcune pagine fino a quando qualcosa di davvero strambo non accade. Come di fronte un muro magico – a metà tra il binario 9 e 3/4 di Harry Potter e il limite della trilogia di Suzy Lee – la baraonda di corridori prima si ammassa e poi scompare.

Che ne sarà stato di loro? Il lettore è a questo punto stupito e perplesso almeno quanto l’unica coccinella che invece riesce a passare nel lato destro del libro. Con lei vive momenti di esitazione e disorientamento ma anche la sorpresa dell’azione risolutiva su cui val la pena di non dire molto altro per non guastare il piacere della lettura!

E’ un piacere , questo, che si nutre di un’attenzione mirabile per i dettagli, di un ritmo narrativo che segue una curva ascendente prima e discendente poi, con un picco di reale congelamento centrale, e di una sfida immaginativa e deduttiva costantemente rilanciata al lettore. Leggere La gara delle coccinelle è infatti come accettare una sfida di scacchi: a ogni pagina occorre studiare con cura la situazione, prendersi il tempo di scovare cosa è cambiato rispetto alla pagina precedente, fare ipotesi su cosa potrebbe essere accaduto e su cosa potrebbe accadere in seguito e infine avanzare. Ma occorre anche ritornare sui propri passi, rivedere le proprie posizioni e rilanciare una strategia interpretativa sulla base di nuovi indizi.

Nel panorama (fortunatamente) sempre più vasto e variegato si albi senza parole, stuzzicanti anche che per chi fa a pugni con la parola scritta, quello di Amy Nielander è davvero originale e intelligente oltre che esteticamente curato e graficamente ipnotizzante. Non solo il lettore – più o meno giovane – può dedicare un lungo e piacevole tempo scoprire somiglianze e differenze tra le innumerevoli coccinelle che popolano le pagine e sorridere dell’uso narrativo che l’autrice fa dell’oggetto libro e dei suoi componenti (margini, pagine e linee di separazione) , ma può trovare un’occasione ghiottissima per condurre una lettura a più voci, in cui ci si confronta, ci si riconosce spiazzati, ci si pone interrogativi (a cui non sempre il libro fornisce risposte univoche), ci si diverte a vedere realizzate o smentite le proprie supposizioni. Il libro è insomma un gioco di rara arguzia per gli occhi e per la testa, che celebra l’importanza della cooperazione grazie al coinvolgimento estetico, narrativo e immaginativo del lettore stesso. Ben fatto davvero!

 

L’uomo che piantava gli alberi e altri racconti

Quella dell’Uomo che piantava gli alberi è la storia di un pastore quieto ma tenace che nel corso della sua intere pacata esistenza si prodiga per trasformare in meglio il luogo in cui vive curando la crescita di una vera e propria foresta. Caparbio e infaticabile, l’uomo pianta ogni giorno 100 ghiande con l’idea che possano negli anni nascerne migliaia di maestose querce. L’uomo che piantava gli alberi è forse il racconto più celebre di Jean Giono, Giono. Semplice ma penetrante, la storia parla con grande efficacia di rispetto della natura e delle creature che la popolano, di possibilità creatrici dell’uomo e di responsabilità, utilizzando un linguaggio insieme poetico e concreto, capace di parlare e generazioni diverse.

Rispetto all’edizione cartacea, edita sempre da Salani, la versione in audiolibro si arricchisce di altri quattro racconti meno noti, e forse più complessi, ma altrettanto suggestivi. Firmati anch’essi dall’autore francese e pubblicati su carta sotto il titolo di uno di essi – Il nocciolo dell’albicocca – i quattro racconti sono fiabe dai toni orientali che echeggiano e richiamano esplicitamente Le mille e una notte.   Così, nel primo racconto si legge di vendette, magie, trasformazioni e nei successivi – Il cespuglio di issopo, Il principe annoiato e La principessa aveva voglia d’uva – piante, fiori e frutti, con proprietà reali o immaginarie, si fanno il centro di storie dal sapore leggendario e fantastico. Lette da quattro voci diverse, che contribuiscono a variegare e animare il racconto, le quattro fiabe offrono uno spaccato più ampio della produzione di Giono: ricca e multiforme ma costantemente animata da un solido e spassionato interesse per la straordinarietà della natura.

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico

Dalla Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare in avanti, le amicizie improbabili tra animali costituiscono un terreno particolarmente felice per Luis Sepulveda. Anche in Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, come si può facilmente dedurre fin dal titolo, protagonisti sono due bestiole normalmente antagoniste. La prima è un vecchio gatto cieco di nome Mix, cresciuto insieme al suo padrone Max fin da quando entrambi erano piccini, e ormai dedito a ciondolare tristemente per casa per via della mancanza della vista. La seconda è un topolino furbo e logorroico di nome Mex che cerca di rubacchiare nella dispensa presidiata da Mix. A dispetto di quanto consuetudini e manuali di zoologia ci abbiano insegnato, i due si conoscono e diventano inseparabili compari trovando ciascuno una forma di arricchimento nell’altro fatta di una quoptidianità condivisa e di regali straordinari: mentre il topo consente al gatto di ritrovare immagini perdute del mondo esterno, il gatto conduce il topo in avventure mozzafiato su per i tetti.

Della bella storia di amicizia, dalla chiama morale sulla diversità e sul superamento dei pregiudizi, Salani propone sia la versione cartacea sia la versione in audiolibro. Quest’ultima, letta dal doppiatore Dante Biagioni, allarga le possibilità di fruizione anche in caso di DSA o disturbi visivi pur rinunciando alle poetiche illustrazioni di Simona Mulazzani. La durata (tre quarti d’ora giusti) della lettura e la piacevolezza del racconto fanno inoltre sì che l’ascolto risulti tutt’altro che pesante anche per chi fatica a mantenersi concentrato.

Mole Town

A sentir parlare di Mole Town da queste parti finiamo subito per pensar che a Torino si alluda. E invece no, la Mole qui non c’entra affatto: di talpe (moles, appunto, in inglese) piuttosto si tratta. Mole Town è infatti una città sotterranea abitata da laboriose talpe, che cresce a dismisura in nome della modernizzazione ad ogni costo. Un città insomma drammaticamente simile a molte metropoli in cui viviamo, in cui letteralmente il sotto e il sopra si invertono rispetto ai nostri e in cui a specchio è possibile riconoscere i paradossi dell’umana realtà contemporanea.

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In questo mondo all’incontrario, nato sotto un verdeggiante prato per iniziativa di una sola talpa, la vita e l’operosità crescono rapidamente. A filo di pagina, gli abitanti aumentano, il lavoro si intensifica e  l’inquinamento – sia sopra che sotto il terreno – raggiunge livelli pericolosi. Mentre in basso macchine sempre più evolute trivellano e aprono passaggi sempre più ambiziosi, in alto i cumuli di terra e gli scarichi si moltiplicano. Qualcosa sta sfuggendo al controllo delle indaffaratissime talpe, ormai prigioniere di strade congestionate di auto e relegate in tane che paiono armadietti. E l’autore lo sottolinea con abilità , dipingendo quadri via via più buie e ingombri e scegliendo un ritmo che cresce in intensità. Fino a quando, giunti sulla soglia del punto di non ritorno, una flebile speranza si accende, alimentata da un’ultima pagina di ottimistici ritagli di giornale: la storia di Mole Town forse può continuare, invertendo rotto e seguendo vie più virtuose…

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Mole Town è uno di quei libri – non il primo a dire il vero editi da Orecchio acerbo – che ricorrono alla parola solo per lo stretto indispensabile. Una frase appena o poco più. Anche qui, infatti, il libro si apre con un breve testo, poche righe in tutto: giusto il necessario per inquadrare il contesto di una città sotterranea abitata da talpe che con gli anni si trasforma e rischia il tracollo. Dopodiché sono subito le immagini a farla da padrone, accompagnando il lettore in un’affascinante esplorazione sotto terra e richiedendo tutta la sua attenzione per trarre dai particolari, di cui l’autore tedesco e generoso, non solo lo sviluppo e l’epilogo della storia ma anche gli spunti riflessivi di cui questa è disseminata.

L’attenzione di Torben Kuhlmann ai dettagli è infatti minuziosa e stuzzicante: dai font diversificati che caratterizzano le singole scritte (linee dei tram, titoli di giornale, insegne pubblicitarie) ai puntuali richiami all’ingegno umano (progetti di gallerie, macchinari complessi, suppellettili casalinghe), tutto solletica il gusto estetico del lettore, attivando con intelligenza il riconoscimento di temi importanti. Tra le pagine a tinte brune di Mole Town, sotto i cumuli di terra smossa dalle talpe, ci sono gli echi dell’emigrazione animata dalla prospettiva di un lavoro, del prezzo imposto da una modernizzazione fuori di senno, dell’omologazione degli individui e della saturazione dei beni: un concentrato di riferimenti, insomma, all’attualità più scottante che tutti noi tange, dai più piccoli ai più grandi. L’albo si presta dunque a letture trasversali, singole o collettive, adulte o bambine, capaci di smuovere e convogliare riflessioni importanti. Come una trivella potente e inarrestabile, insomma, che scavi nel profondo gallerie di critica lucidità.

Pinocchio prima di Pinocchio

Ci sono storie senza tempo che riecheggiano nelle orecchie e nella mente di tutti noi in forme, immagini e particolari diversi: storie che popolano l’immaginario comune e tornano a galla nelle circostanze più disparate. Ecco, Pinocchio è senz’altro una di quelle e la sua forza è tale che bastano pochi ben scelti dettagli per evocare episodi trasversalmente noti e simboli radicalmente sedimentati. Per averne una forte e travolgente prova sarà sufficiente immergersi nel corposo volume firmato da Alessandro Sanna e intitolato Pinocchio prima di Pinocchio.

Due sole frasi animano il libro che per il resto procede essenzialmente senza parole e che pertanto come un vero e proprio silent book può essere considerato. Poste in apertura e in chiusura, le due frasi segnano la continuità e la rottura con la storia di Collodi. In prima battuta vi è il richiamo al celeberrimo “C’era una volta… Un re! diranno subito i miei piccoli lettori” e l’immediato cambio di prospettiva che pone il lettore su di una nuova via interpretativa. “C’era una volta un pezzo di legno, direte voi lettori. Invece no! C’era una volta l’universo.” – dice Sanna – indicando chiaramente l’intenzione di esplorare il “prima”. Da qui in poi la narrazione avanza per sole immagini e più nel dettaglio per piccoli riquadri che lasciano periodicamente spazio ad un’apertura cromatica a tutta pagina.

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Ciò che accade è che da una sorta di esplosione iniziale prende vita un albero che cresce e si irrobustisce attraverso stagioni più o meno avverse. Poi, d’improvviso, un fulmine stacca di netto un ramo: non un ramo qualsiasi, bensì un ramo dalle stilizzate fattezze umane, composte di un tronco e quattro esili arti. Non è dunque un ramo, a ben vedere, quel che cade dalla pianta ma piuttosto un personaggio fatto e finito pur nella sua forma schematica. Come in ogni fiaba che si rispetti si prospetta subito una partenza per il protagonista che sulle sue gambe secche secche  si avvia a perdifiato per il mondo. C’è tutta la spensieratezza giovanile nelle prime falcate e capovolte del legnetto, fino all’incontro con un gatto e una volpe di nota memoria. E’ con loro che il protagonista si incammina fino all’imbocco di una foresta scura che è anche l’ingresso nell’ignoto, nell’oscuro, probabilmente nel proibito. Il clima si fa qui via via più cupo, l’ambiente più ristretto, le vie di fuga meno palesi. Una manciata di altri omini di legno si calano silenziosamente dagli alberi e circondano il nostro eroe  in un girotondo tutt’altro che rassicurante: l’atmosfera si scalda fino a prendere letteralmente fuoco.  Un Pinocchio in fiamme fugge davanti a un’ombra tanto familiare al lettore quale quella del burattinaio mangiafuoco. Fugge allora a più non posso, attraverso pianure e colline, salite e distese d’acqua, in pancia a un serpente, in groppa a un uccello, in bocca a un pescecane, fino a ritrovarsi in una cornice dai dettagli primaverili che lo avvolge e trasforma. Conquistando un corredo sempre più rigoglioso di foglie e verzura tra le cui ombre si stagliano richiami di gatti, civette, volpi e burattini, l’albero è a questo punto compiuto. E come lui anche la storia. Almeno quella che c’è prima ma che mostra di contenere già anche i semi della storia che verrà dopo. Quest’ultima, a tutti noi nota del burattino collodiano, può quindi ora cominciare: il cerchio si chiude, e la fine diventa inizio.

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Come già sperimentato in Fiume lento, Sanna si prende il tempo necessario a dipanare una narrazione millenaria e chiede al lettore di fare lo stesso. Il patto è chiaro: chi ha fretta non troverà qui molto pane per i suoi denti. La magia di questo lavoro sta infatti nelle impercettibili sfumature che avvicinano e insieme distinguono i singoli quadri, trovando un senso solo nel consecutivo accostamento delle scene. Tra le pagine di questo meraviglioso libro è tutto un gioco di dettagli che mutano, di sfumature che vibrano, di tinte che si animano: è nel complesso che il particolare trova valore, come in un quadro la cui comprensione richieda distanza e prospettiva. Serve insomma una visione d’insieme per restituire il giusto ruolo ad ogni tassello e il giusto senso ad ogni segno. L’essenzialità del tratto accompagna e accoglie qui infatti una sovrabbondanza di echi e significati e questo fa sì che le possibilità esplorative del volume siano molteplici e coinvolgano lettori di età ed esperienza diversa. anche e soprattutto non giovanissimi.

Dall’albo, edito da Orecchio acerbo è nato uno spettacolo teatrale che vede protagonista lo stesso autore Alessandro Sanna impegnato in una sessione di disegno dal vivo accompagnato da un contrabbasso e un cantante jazz: un esperimento originale e insolito che tanto dice sulle possibilità creative e creatrici che opere di altissimo livello artistico recano con sé.

Chi è stato?

Un adulto e un bambino viaggiano a bordo di un’autovettura e gettano una bottiglia vuota fuori dal finestrino. Così si apre il volume di Magdalena Armstrong Olea dal titolo Chi è stato? e che da lì in avanti segue una sorta di viaggio istruttivo: non quello dei due maleducati automobilisti, però, ma quello dei rifiuti che come la loro bottiglia atterranno in natura provocando piccoli grandi disastri ambientali.

Il libro, interamente senza parole, procede solo per immagini a matita in bianco e nero. L’assenza di testo chiama a gustare i dettagli narrativi con cui Magdalena Armstrong Olea popola le ampie pagine del volume e a seguire la struttura circolare con cui l’autrice crea il racconto. A ogni pagina si scoprono infatti rifiuti abbandonati dall’uomo in cui incappano sfortunati animali: scatolette di tonno che tagliano le zampe dei castori, vasetti di yogurt che appesantiscono le lumache, copertoni che imprigionano cinghiali e bombolette spray che stordiscono volpi. La maniera in cui l’importante questione è trattata non disdegna l’ironia – come testimoniano le soluzioni adottate per liberare un topolino da un barattolo o per estrarre un tappo di alluminio dalla bocca di una lepre  – senza che per questo la delicatezza e la gravità del tema ne risentano.

Pubblicato dall’editore Terra Nuova, particolarmente attento ai temi dell’ecologia (come anche dimostrato ne I due pappagalli pigliatutto), il libro sceglie la via della schiettezza per portare all’attenzione del lettore le conseguenze di piccoli grandi gesti quotidiani. Il titolo scelto – Chi è stato? – pone inoltre l’accento sulle responsabilità individuali che ciascuno di noi può prendersi, invitando a farsi in prima persona difensori dell’ambiente. La struttura circolare del racconto – che parte dai protagonisti umani e vi torna nelle ultime pagine – sottolinea infine l’idea che i gesti di inciviltà che compiamo si ritorcono contro quel pianeta di cui  noi stessi facciamo parte.

I due pappagalli pigliatutto

Al centro del libro un solido tronco d’albero, ai lati rami fioriti e due uccelli – uno nero dal becco giallo e uno bianco dal becco arancio. I due pappagalli pigliatutto si apre così, quieto e quasi spoglio, lasciando il lettore a chiedersi che cosa mai potrà capitare tra quelle placide fronde. Poi uno l’uccello bianco prende il volo e torna con una lampada da tavolo. Ohibò! Lo stupore di chi legge è almeno pari a quello dell’uccello nero che per tutta risposta corre di volata a procurarsi un libro da poggiare ai rami. Voilà, come in un ping pong insolito e surreale da un lato arriva un wc dall’altro una tv, poi dal primo una cravatta, un set da vino, un giradischi e uno stivale e dal secondo una chitarra, una bicicletta, un mocio e un paio di occhiali, e così via fino a che l’albero non diventa un garage all’aria aperta in cui tappeti, pianoforti, librerie e orologi a cucù non diventano letteralmente insostenibili.

Il finale è un patatrac travolgente che vuol far riflettere sui pericoli dell’accumulo forsennato di beni e su ciò che davvero è indispensabile nelle nostre vite (domestiche o arboree che siano). Lo fa silenziosamente, grazie a una narrazione che procede solo per immagine risultando così amichevole anche in caso di difficoltà di lettura, e lo fa ironicamente, grazie a due protagonisti talmente buffi e delicati da rendere irresistibile il loro strambo trasloco. Il libro è infatti una progressiva accumulazione di oggetti, un gioco curato di posizioni e gesti impercettibili tra i protagonisti, un contrasto di vuoti e pieni che scandisce un ritmo piacevolmente vivace.

Lo stile sornione con cui Dipacho – illustratore colombiano selezionato nel 2015 per la mostra della Bologna Children’s Book Fair – si diverte ad accumulare gli oggetti più disparati sui rami, mostra gli uccelli alla prese con cose per loro del tutto inutili e rende espressivi due paia di occhi a puntino e due becchi apparentemente immutabili, è davvero speciale e meritoria. Sarà forse anche per questo che il libro ha vinto il premio White Ravens assegnato dalla Internationale Jugendbibliothek di Monaco ed è stato segnalato nel 2012 anche da da IBBY.

 

Scoperta

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Lo aspettavamo, e molto. Dopo aver letto e trattenuto il fiato di fronte a Viaggio, non vedevamo l’ora di scoprire cosa avesse in serbo Aaron Becker per il secondo volume della sua trilogia senza parole. Autoconclusivo e perciò godibilissimo anche senza conoscere o avere sottomano gli altri pezzetti dell’insieme, Scoperta ci fa ritrovare la coppia di amici formatasi alla fine di Viaggio pronta per sgattaiolare in una nuova impresa dalle tinte accese. Muniti di due preziosi pastelli magici – uno rosso e l’altro viola – i due protagonisti incontrano il lettore durante un temporale cittadino. Le prime pagine (quelle del titolo e dei credits, per intenderci), dove ancora (erroneamente) crediamo di non esserci davvero addentrati nella storia, ce li mostra in corsa sotto le prime gocce  e poi al riparo sotto un ponte di pietra maestoso ma apparentemente insignificante. A ben guardare, sotto una delle volte, si cela  una porta di legno dalla cornice scolpita. La bambina – forse attratta proprio dai decori, forse colpita da un impercettibile movimento di chiave – ce la segnala con lo sguardo: è un dettaglio, quasi impercettibile ma estremamente importante: è quello che ci sommessamente ci annuncia che qualcosa di straordinario sta per succedere. L’avventura inizia.

Impazienti volgiamo la pagina ed ecco che un misterioso re dalla cappa arancione esce di soppiatto proprio da quella porta e consegna ai due ragazzi una mappa, una sorta di cartuccera e un terzo pastello arancione, prima che alcune guardie armate lo costringano a rientrare. La cartuccera si rivela presto essere un portapastelli (non male come idea antibellica, detto tra le righe!) e la mappa, criptica, riporta sei cerchi di sei colori differenti. Il legame tra i due oggetti è forte e si mostra con evidenza lampante qualche pagina più avanti, quando uno zoom sulla mappa lascia scorgere che i cerchi disegnati, uniti da linee colorate, racchiudono paesaggi che chiedono solo di essere esplorati: qui si nascondono, infatti, i tre pastelli mancanti. Ecco allora che i due protagonisti si lanciano alla loro ricerca, sfruttando la più potente arma in loro possesso: l’immaginazione. Con i loro pastelli disegnano ora un paio di pinne, ora un rinoceronte, ora un’altalena volante che li conducono in un mondo sottomarino, in una fitta giungla e infine su una montagna innevata dove l’impresa si compie e l’arcobaleno torna a risplendere… nel regno fantastico come nella città reale.

Se il primo volume della trilogia conquistava a spron battuto per la stupefacente inventiva, questo secondo fa dell’avventura condivisa il suo punto di forza. A ogni pagina è l’immaginazione congiunta dei due amici, che con i loro pennarelli magici disegnano le soluzioni per avanzare, esplorare o salvare la pelle, a consentire lo sviluppo della storia e il chiudersi del cerchio (narrativo e sulla mappa!). Senza fronzoli o moralismi, è semplicemente la forza dell’unione a vincere grazie a un’impresa rigorosamente a due.

E’ un libro travolgente e mozzafiato, Scoperta, un Silent Book con la S e la B maiuscole che fa dell’assenza di parole non un tratto qualunque ma una cifra stilistica precisa e significativa. La magia che Becker svela sotto i nostri occhi nasce infatti da una moltitudine di dettagli che si intrecciano e dipanano con una frequenza e rapidità tale che difficilmente un racconto scritto e fisso potrebbe starvi dietro. E poi ci sono i richiami cromatici, in cui l’autore è un vero talento e che qui rendono protagonisti i toni del viola; le meraviglie architettoniche che si compongono di elementi stratificati e si popolano di personaggi brulicanti; e i rimandi tra le pagine che costruiscono una trama sottesa e trasparente che dona unità e coerenza.  La libertà di movimento e scoperta di tanta ricchezza concessa al lettore dal ricorso alle sole immagini, non solo spalanca le porte a una fruizione allargata della lettura – consigliatissima per esempio a ragazzi delle elementari con difficoltà di decodifica del testo ma pronti e attratti (e raramente accontentati) da narrazioni articolate -, ma consente anche di godere appieno del piacere di assaporazione lenta offerto dal libro.

 

Quadrato al mare

Che i libri in casa Minibombo profumino di gioco è ormai felicemente noto. La dimensione ludica è componente essenziali di tutti i titoli per i piccolissimi firmati dalla casa editrice emiliana. Che si tratti di trovare somiglianze e differenze (Si vede non si vede), riconoscere un animale da un dettaglio (Vicino Lontano) o seguire una storia che procede per iterazione (Il libro bianco) o accumulazione (Dalla chioma), quel che è certo è che il lettore avrà un ruolo attivo nella lettura e non avrà modo di annoiarsi.

Così accade anche negli ultimi due libri curati da Silvia Borando: Triangolo al circo e Quadrato al mare. Qui, come nei suoi silent book precedenti, l’autrice trasforma geometrie elementari in oggetti che raccontano storie. In Triangolo al circo, per esempio, un apparentemente insignificante triangolo rosso si fa prima tendone, poi trombetta, e ancora strumento da giocoleria, cravattino, serpente da ammaestrare e – per il gran finale – uomo-cannone. Il gioco è ritrovare, a ogni voltar di pagina, l’equilatero sornione che si mimetizza senza perder la posizione, e ricontestualizzarlo in virtù delle forme che lo circondano. Sono infatti cerchi, rettangoli, quadrati e altri triangoli dalle dimensioni e dai colori variegati a comporre le figure circensi del libro e a fornire al lettore indizi stilizzati per risemantizzare il protagonista. È una storia di realtà e apparenza, di somiglianze e differenze, di forme e significati, insomma, quella che si nasconde tra queste coloratissime pagine al semplice ma eloquente motto di “Tienimi d’occhio!”.

Allo stesso modo, in Quadrato al mare, fisso e immobile qualunque cosa accada, un quadratino blu assume i panni di cravatta, di pipa o di paletta o di boccaglio. Anche qui, definito il tema del volume, il protagonista diventa dettaglio di una moltitudine di figure differenti unite da una sola ambientazione. Al lettore la scelta di leggere ogni pagina come a sé stante o di rintracciare un filo narrativo che unisca i diversi personaggi. L’assenza di parole, in questo senso, non solo favorisce la fruizione anche in caso di difficoltà di lettura, ma spalanca le porte all’invenzione meno imbrigliata. Come da tradizione, inoltre, non mancano il ricorso a una tavolozza di colori densi e ben marcati e la predilezione per forme non solo semplici e riconoscibili ma anche facilmente riproducibili.

Perché il gioco della lettura deve poter continuare anche una volta che il libro si chiude e i Minibombo’s, in questo, sono davvero imbattibili. Il lettore è naturalmente portato a proseguire le avventure dei protagonisti, trovando loro nuove collocazioni e nuove storie, e in questo, viene sostenuto e incentivato. Sul sito della casa editrice si trovano infatti spunti di attività per creare, in grande semplicità, a partire da un comune triangolo o da un banale quadrato. Il tutto a reale misura di bambino, per una nuova geometria dell’immaginazione.

Triangolo al circo

Che i libri in casa Minibombo profumino di gioco è ormai felicemente noto. La dimensione ludica è componente essenziali di tutti i titoli per i piccolissimi firmati dalla casa editrice emiliana. Che si tratti di trovare somiglianze e differenze (Si vede non si vede), riconoscere un animale da un dettaglio (Vicino Lontano) o seguire una storia che procede per iterazione (Il libro bianco) o accumulazione (Dalla chioma), quel che è certo è che il lettore avrà un ruolo attivo nella lettura e non avrà modo di annoiarsi.

Così accade anche negli ultimi due libri curati da Silvia Borando: Triangolo al circo e Quadrato al mare. Qui, come nei suoi silent book precedenti, l’autrice trasforma geometrie elementari in oggetti che raccontano storie. In Triangolo al circo, per esempio, un apparentemente insignificante triangolo rosso si fa prima tendone, poi trombetta, e ancora strumento da giocoleria, cravattino, serpente da ammaestrare e – per il gran finale – uomo-cannone. Il gioco è ritrovare, a ogni voltar di pagina, l’equilatero sornione che si mimetizza senza perder la posizione, e ricontestualizzarlo in virtù delle forme che lo circondano. Sono infatti cerchi, rettangoli, quadrati e altri triangoli dalle dimensioni e dai colori variegati a comporre le figure circensi del libro e a fornire al lettore indizi stilizzati per risemantizzare il protagonista. È una storia di realtà e apparenza, di somiglianze e differenze, di forme e significati, insomma, quella che si nasconde tra queste coloratissime pagine al semplice ma eloquente motto di “Tienimi d’occhio!”.

Allo stesso modo, in Quadrato al mare, fisso e immobile qualunque cosa accada, un quadratino blu assume i panni di cravatta, di pipa o di paletta o di boccaglio. Anche qui, definito il tema del volume, il protagonista diventa dettaglio di una moltitudine di figure differenti unite da una sola ambientazione. Al lettore la scelta di leggere ogni pagina come a sé stante o di rintracciare un filo narrativo che unisca i diversi personaggi. L’assenza di parole, in questo senso, non solo favorisce la fruizione anche in caso di difficoltà di lettura, ma spalanca le porte all’invenzione meno imbrigliata. Come da tradizione, inoltre, non mancano il ricorso a una tavolozza di colori densi e ben marcati e la predilezione per forme non solo semplici e riconoscibili ma anche facilmente riproducibili.

Perché il gioco della lettura deve poter continuare anche una volta che il libro si chiude e i Minibombo’s, in questo, sono davvero imbattibili. Il lettore è naturalmente portato a proseguire le avventure dei protagonisti, trovando loro nuove collocazioni e nuove storie, e in questo, viene sostenuto e incentivato. Sul sito della casa editrice si trovano infatti spunti di attività per creare, in grande semplicità, a partire da un comune triangolo o da un banale quadrato. Il tutto a reale misura di bambino, per una nuova geometria dell’immaginazione.

Mentre tu dormi

Mentre tu dormi di Mariana Ruiz Johnson è l’albo vincitore del Silent Book Contest 2015. Aprite, sfogliate, fate vostro questo volume e non vi sarà difficile capire le ragioni del riconoscimento. Le immagini dell’autrice argentina contenute nel libro sono a dir poco ipnotiche e raccontano in punta di pennello di un confine labilissimo tra realtà e sogno.

L’albo si apre con un’inquadratura ristretta su un bambino e sulla sua mamma, ripresi con garbo nel rito della buonanotte. Nei loro sguardi c’è attesa e dolcezza e un libro dalla copertina intrigante pare suggellare l’intimità del momento. Qualcosa sta per succedere ma per scoprirlo occorre forse abbandonarsi ai sogni.. è a quel punto, proprio quando il piccolo protagonista chiude gli occhi, che l’inquadratura infatti si allarga – sulla stanza, sulla casa, sull’isolato, sul quartiere, fin sull’intera citta – spalancando lo sguardo del lettore su pagine sempre più ampie e dettagliate. Qui, esseri umani alle prese con faccende quotidiane – una festa, una passeggiata, una mail di lavoro – si mescolano a creature fantastiche dai tratti animaleschi (un coniglio, una volpe, un orso, un cervo, un uccello e un ghepardo) non del tutto estranee all’occhio attento. Sono proprio questi ultimi, a un certo punto, a dominare la scena prendendo il mare e conducendo chi legge in un mondo meravigliosamente surreale. Qui, tra luci e colori strabilianti, hanno luogo folleggiamenti che tanto sanno di ridda selvaggia e anche per questo solleticano ricordi e fantasie di lettori più o meno grandi. È festa grande, a centro pagina. Poi però tutto finisce, la città si sveglia mostrando gli esiti della notte e restituendo alla vista protagonisti più terreni. Il mondo fantastico si è dissolto, ma forse non sarà così difficile ritrovarlo quando calerà di nuovo la sera…

In una canzone dal titolo quasi identico (Mentre dormi) all’albo di Mariana Ruiz Johnson, Max Gazzè canta “Le piume di stelle sopra il monte più alto del mondo a guardare i tuoi sogni arrivare leggeri”. Ecco, è quasi un caso ma la sensazione di leggera felicità che questo albo lascia tra le dita al termine della lettura non potrebbe forse essere espresso meglio..

Gli alberi volano

L’unione fa la forza: ce lo hanno insegnato libri senza tempo come Guizzino di Lionni e ce lo ricorda ora Gli alberi volano di Tessaro. Nel suo bel libro senza parole, finalista del premio Silent Book 2014, l’autore racconta infatti una storia di rivolta giocosa contro un nemico comune ad esseri apparentemente indifesi. Appena uscito dalle candide uova, uno schieramento di uccellini si fa gioco di uno stolido cacciatore camuffandosi da foresta e suscitando una reazione tanto ingenua quanto divertente.

Senza rinunciare al sorriso, Gek Tessaro prende posizione sul tema della caccia regalando alla natura l’ultima parola in una lotta secolare e offrendo un chiaro esempio di quanto possa essere ottuso l’essere umano. Lo fa peraltro ricorrendo alla sola narrazione per immagini che parla un linguaggio comprensibile anche a chi fa normalmente a pugni con il testo scritto.

Pur richiedendo alcune inferenze non proprio banalissime, Gli alberi volano propone una storia fruibile e spiritosa. In questo senso, l’abilità di Gek Tessaro sta nel rendere straordinariamente espressivi piccoli dettagli all’interno delle illustrazioni. Così, gli occhi prima circospetti, poi confusi e infine disperati del cacciatore la dicono lunga su quel che sta succedendo tra le pagine e offrono indizi preziosi per decodificare l’inganno ai suoi danni. Allo stesso modo, il crescendo iperbolico di uccellini messi in scena dall’autore paiono proprio risuonare nelle orecchie del lettore, aiutandolo a godere del piacevole ritmo del volume.

Facciamo cambio?

Facciamo cambio? è la proposta invitante avanzata dall’albo firmato da Lucia Scuderi. Cambio di cosa? Cambio di casa. Cambio con chi? Cambio con un altro animale. Cambio perché? Cambio per divertirsi, per vedere cosa succede se immaginiamo una pecora tra i rami, un uccello tra le onde o un coccodrillo al parco. Il libro è infatti costruito per coppie di animali che si ritrovano improvvisamente ad habitat invertiti suscitando lo stupore dei “vicini di casa” come di chi sfoglia le pagine.

Dopo una prima facile conoscenza con i protagonisti di turno ritratti in primo piano al lettore si offrono doppie pagine ricche di dettagli in cui scorgere l’intruso nell’ambiente altrui e apprezzarne l’adattamento di chi si trova fuori posto. Il sorriso scaturisce dall’incontro tra creature molto distanti tra loro non solo per tipo di habitat ma anche per grado di domesticità, modo di muoversi e personalità; si rafforza nei dettagli come la reazione dei passanti a un coccodrillo al guinzaglio o nella stretta dei pesci da parte della scimmia come fossero banane; e culmina infine quando l’ultima coppia di personaggi entra in scena. Trovare un bambino sul posto di lavoro del papà con tanto di calzini sparsi sulla scrivania e pennarelli in disordine, ma soprattutto trovare un papà alle prese con colla vinilica e lavoretti da asilo fa scattare infatti un’immedesimazione forte e un divertimento facile da condividere.

Anche se da un’idea così buffa ci si aspettava forse invenzioni più marcate, il silent book edito da Lapis è piacevole e spensierato. Non solo, l’assenza di testo lo rende facilmente fruibile anche in caso di difficoltà di lettura come quelle dettate da DSA, sordità o ritardi lievi, oltre che particolarmente adatto a una lettura ad alta voce.

 

Dalla chioma

In copertina i colori sono pochi e netti e il titolo (Dalla chioma) sbuca fisicamente da una grossa cima d’albero: ancora un volta il segno grafico di Minibombo si fa riconoscibile e invita il lettore alla curiosità prima ancora che questi abbia avuto il tempo di aprire il libro. E proprio qui – al momento di aprire il volume – arriva la seconda di molte sorprese: il libro si apre infatti non orizzontalmente ma verticalmente, così da assecondare le esigenze spaziali del suo protagonista, ossia un alto albero dalla fitta chioma da cui cadono in successione animali di stazza crescente.

Tutto parte da un minuto topolino che adocchia una castagna in cima all’albero e per procurarsela ne scuote il tronco. La castagna non cade ma al suo posto piomba a terra una volpe. A questo punto i ruoli si invertono: il topolino da mangiatore diventa preda e fugge sull’albero. Tocca allora alla volpe scuotere il tronco per far cadere il topolino. Mal posto del topo a scendere è un corpulento cinghiale. Superfluo dire che la faccenda si ripete più volte, innescando una girandola di prede e cacciatori, di salite e discese, di pasti attesi e colpi di scena cascanti. Fino a quando a cadere dall’albero non è un corpulentissimo e ferocissimo orso che lascerà tutti – lettori e animali – letteralmente a bocca aperta.

Il meccanismo iterativo e ludico che anima Dalla chioma è collaudato e spesso impiegato dalla casa editrice emiliana nei suoi libri. Si prevedono quindi anche per quest’ultimo albo di Minibombo letture ad alta voce di grande successo, alimentate peraltro dalla quasi totale assenza di parole. Questa, oltre a rendere accessibili il volume anche a quei bambini che vedono nel testo scritto un ostacolo più o meno grande, favorisce in qualunque lettore o gruppo di lettori un’interpretazione più personale e dunque più coinvolgente.

Piccolo blu e piccolo giallo

A cinquantasei anni di distanza dalla prima pubblicazione di Piccolo blu e piccolo giallo, Babalibri ci fa un vero regalo, tanto più gradito perché inatteso: una rinnovata edizione del capolavoro di Leo Lionni corredata da un audiolibro musicale. Sul Cd allegato al volume si trova infatti una registrazione del testo, interpretato con garbo dall’attrice Anna Bonaiuto  e accompagnato da musiche di Schumann accuratamente scelte.

Questo fa sì che al piccolo lettore sia offerta la possibilità di compiere un’esperienza di lettura nuova, multisensoriale e straordinariamente stimolante: un’esperienza che integra linguaggi diversi in un complesso armonico. Le musiche, disponibili anche per un ascolto separato, accompagnano infatti la lettura assecondandone e arricchendone il ritmo, il senso e la profondità. Le avventure dei due amici blu e giallo che si vogliono così bene da fondersi in un abbraccio verde che scombussola le rispettive famiglie fino al felice riconoscimento finale sono infatti colme di valore emotivo

Come positivissimo effetto collaterale questa iniziativa amplia le possibilità di fruizione di una pietra miliare della letteratura per l’infanzia, accogliendo lettori di ogni età che, per difficoltà visive, neurologiche o intellettive, possono trovare inciampi più o meno grossi nel testo scritto. Un’apertura e un’attenzione che, soprattutto in tempi di censure e restrizioni (da cui lo stesso Piccolo blu e piccolo giallo non è passato indenne), portano un segnale forte di preziosa e colorata vitalità.

Miramuri

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Si può scrivere una poesia solo con le figure? Forse sì, o almeno così vien da pensare scorrendo le insolite pagine di Miramuri.  Il bizzarro libro ideato da Massimiliano Tappari e Alessandro Sanna procede infatti per quartine illustrate in cui le pagine sono come versi a rima incrociata: disegno-fotografia-fotografia-disegno. Quel che accade all’interno di questo silent book è che il dettaglio fotografico di un muro – una crepa, una macchia o una texture – suggerisca un soggetto e che l’insieme suggerisca una storia. Così, i particolari fotografati da Tappari diventano pesci, palazzi, coccodrilli e montagne coi quali interagiscono personaggi dalle linee essenziali in pieno stile Sanna.

Ogni quadro narrativo, perciò, si apre con lo schizzo di un ambiente o di un protagonista accostato all’inquadratura singolare di un pezzetto di muro: una lepre e un pavé, un domatore e una serratura, una tela e dei graffi. Come si legheranno?  E che avventura potrà nascerne?  Il lettore è chiamato a fare le sue ipotesi dopodiché, tempo di un voltar di pagina, potrà verificarle e compiacersi del proprio intuito o sorridere della sorpresa trovata. L’assenza totale di testo lo lascia inoltre libero di dare voce alla storia, animando dettagli apparentemente insignificanti con parole ricche di personalità.

La presenza di sole immagini, unita alla brevità delle storie, godibili anche singolarmente prese, rende il volume particolarmente apprezzabile anche in caso di dislessia, sordità o disturbi legati alla decodifica delle parole scritte. Facendo leva sul solo fortissimo potere narrativo racchiuso nelle immagini Miramuri si fa incentivo di incontro nel segno dell’immaginazione,  invito alla curiosità e strumento di educazione allo sguardo. Attraverso i suoi micro-racconti di strada solletica l’invenzione e la capacità di vedere oltre il quotidiano e i suoi muri per scorgere spiragli rinvigorenti di storie, avventure e vitalità.

 

La baraonda di Corradino

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La generazione cresciuta con Dov’è Ubaldo? (meglio noto ai più come Dov’è Wally?) proverà di certo una sensazione familiare alla vista dell’albo La baraonda di Corradino. Le 32 pagine che compongono l’originale libro di Jan Von Holleben brulicano infatti di figure e invitano a gran voce alla ricerca di dettagli ancora non scorti.

Quello che l’autore tedesco si è divertito a fare è costruire una semplice trama e svilupparla attraverso personaggi e oggetti reali fotografati in posa, rimpiccoliti e inseriti in un contesto fotografico composto da innumerevoli altre persone e cose in movimento. Risultato: la lettura diventa una caccia minuziosa alla ladra Miss x che fugge da Tom il poliziotto o a Giusy (la cui t-shirt a righe rosse e bianche strizza l’occhio al capostipite dei personaggi-camaleonte) e Finn che scorrazzano tra scuole, strade e zoo stravaganti.

Vicenda e personaggi chiave sono condensati nelle dieci righe in quarta di copertina, il che con buona probabilità porterà il lettore a scorgerle solo una volta chiuso il libro. Tanto meglio: sarà la più intrigante delle scuse per riprendere il volume da capo e immergersi in una nuova e diversa esperienza di lettura, guidata questa volta da un canovaccio narrativo. Se c’è una cosa di cui si può star certi, infatti, è che con un libro come questo difficilmente si resta a corto di sorprese anche dopo due, cinque, dieci letture. Ci sarà sempre una giraffa fatta di bambini, un robot fatto di circuiti e scatole o un animale fatto di pinne e tessuti che acchiapperà il nostro occhio e la nostra curiosità. E sarà ancor più divertente analizzarne più a fondo i componenti nella pagina successiva, giacché il volume alterna pagine a campo largo che illustrano un ambiente con tutti i suoi elementi (la scuola, per esempio, con tanto di classi, allievi, cortile, scuolabus e zona merenda) e pagine più zoomate che rivelano minuzie di alcuni di quegli elementi (cosa contiene l’armadio di classe, come viene dipinta la cartina appesa al muro o chi ha fatto una brutta fine nella partita di basket). Un’inesauribile caccia al tesoro, insomma, che ipnotizza con umorismo.

La vera singolarità del libro sta nel fare della fotografia uno strumento espressivo estremamente creativo (come i fedelissimi di Art Attack hanno imparato da Neil il grande artista); nell’offrire possibilità variegate di lettura poiché ognuno può gustare a piacere il complesso della pagina e i suoi particolari; e nel conciliare con grande intelligenza opposti interessanti quali grandezza e piccolezza, movimento e stasi, vicinanza e distanza, frenesia e indugio: perché un silent book come La baraonda di Corradino è un gioco divertente e divertito di spazi e di tempi, che regala a cose e persone una nuova vita e che restituisce al lettore il diritto di far propria la pagina.