Hank Zipzer. Chi ha ordinato quel bambino?

Avventura numero 13 per Hank Zipzer, il bambino combina-disastri-e-trova-soluzioni più simpatico di New York. 13 è un bel numero, soprattutto considerando che la qualità delle storie che compongono la serie di cui Hank è protagonista è finora sempre rimasta elevata. Come fare per mantenerla tale? Può certo essere utile una scossa, un elemento inatteso, una novità che mescoli un po’ le carte in tavola, devono aver pensato Lin Oliver ed Henry Winkler. Detto fatto: ecco che in questo nuovo volume della serie qualcosa di sorprendente accade: Hank sta per diventare fratello maggiore!

Il problema è che la sorpresa non tocca solo il lettore ma anche e soprattutto Hank stesso, che tutto si aspettava fuorché di ritrovarsi in pochi mesi con un bebè che gironzola per casa. La sua reazione è, dunque, tutt’altro che composta. Oltretutto la notizia arriva a pochi giorni dal suo compleanno e tutti sembrano più interessati a dare il benvenuto al bambino che ad aiutarlo a organizzare una festa epica. Per fortuna c’è Papa Pete, nonno insuperabile, che abbraccia le emozioni di Hank (belle e brutte, che siano) e lo accompagna nel negozio di animali per scegliere un regalo di compleanno adeguato alle aspettative. Deciso a fare uno sforzo e ad allenarsi nel prendersi cura di una creatura piccola come potrebbe essere un fratellino, Hank opta per una tarantola che decide di chiamare Rosa. Inutile dire, se un poco si conosce la serie, che la combo Hank+tarantola non può che generare scompiglio, soprattutto se si considera che Hank decide di auto-organizzarsi una festa di compleanno in solitaria, portando in pubblico la sua nuova amica.  Guai e pezze (peggiori dei guai stessi) sono dunque dietro l’angolo, ma con loro anche qualche inattesa sorpresa che fa capire ad Hank che l’arrivo di un fratellino non divide l’amore dei famigliari ma piuttosto lo moltiplica. Il che può sembrare strano, in effetti, ma è proprio vero. Questione di matematica affettiva, la discalculia questa volta non c’entra!

Divertente e scorrevole come di consueto, Hank Zipzer. Chi ha ordinato quel bambino? ruota meno di molti volumi precedenti  intorno al tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, come se questi fossero ormai una peculiarità assodata del personaggio, che emerge di tanto in tanto proprio come accade nella realtà, senza che debba necessariamente scatenare degli eventi narrativi. Restano inalterati tutti gli accorgimenti di alta leggibilità che Uovonero mette in campo in questa collana (font, spaziatura, margini, sbandieratura, colore della carta) e che continuano a renderla particolarmente gradevole non solo nei contenuti ma anche alla vista.

La strega del tombino

Gli accorgimenti che possono essere adottati nei libri per agevolare e incentivare la lettura nei bambini dislessici sono molteplici – dall’uso di font specifiche alla spaziatura più ampia del consueto, dalla sbandieratura del testo all’uso di carta color crema – e la casa editrice Biancoenero è tra quelle che meglio le padroneggia e più le impiega all’interno del suo catalogo. A questi accorgimenti di tipo grafico e tipografico si possono aggiungere altre qualità del volume, questa volta squisitamente stilistiche e contenutistiche, che ne ampliano e rafforzano l’efficacia. Storie accattivanti e testi incisivi, per esempio, incidono in maniera decisiva sulla motivazione e sulla soddisfazione collegate alla pratica della lettura. E anche in questo, la casa editrice romana ha una lunga esperienza.

Si prenda ad esempio il recente racconto ad alta leggibilità La strega del tombino di Isabelle Renaud. Qui l’incipit sembra dire al lettore “Vieni qui, ho decisamente qualcosa per te! Non sei curioso?”. Si legge, infatti, in apertura: Nella mia città c’è una scuola. La scuola ha un cortile dove si fa ricreazione. Nel cortile c’è un tombino. In fondo al tombino c’è una strega imprigionata. Io e la mia amica Melinda le diamo spesso da mangiare: fili d’erba, sassolini, avanzi delle nostre merende. A volte la strega non mangia tutto quello che le diamo e il giorno dopo vediamo i fii d’erba o altro galleggiare in superficie. La maggior parte delle volte, però, mangia ogni cosa senza lasciare niente. Va detto che nella situazione in cui si trova non può essere troppo schizzinosa. E poi è una strega! […]

Da qui in poi il racconto procede spedito, con un piede sempre dentro un’interpretazione fantastica del reale. Quella strega che Melinda e Maud temono e nutrono dal tombino, immaginando sul suo conto le storie più articolate, si sospetta abbia un ruolo determinante nel piano messo in atto dalle bambine per tenere testa alla terribile supplente che ha preso il posto della deliziosa maestra Vittoria. Inflessibile e con una passione sfrenata per la pratica di far sezionare i pesci ai suoi allievi, la signora Tric non solo tratta la classe con autoritaria prepotenza ma rischia anche di far saltare lo spettacolo di fine anno ispirato al pow-wow indiano per cui gli alunni si sono a lungo preparati. Per liberarsi di lei servono un piano e circostanze fuori dal comune. Un’eccezionale tempesta, per esempio, di quelle che solo una creatura magica, forse, è in grado di scatenare…

Isabelle Renaud ci regala un racconto confezionato a puntino e perfetto per intercettare l’interesse anche dei lettori più riluttanti. Breve ma dotato di una storia solida e dal ritmo serrato, La strega del tombino mescola in poche pagine humour e avventura. Impaginazione ariosa e illustrazioni frequenti, dal canto loro, completano il quadro di una narrazione che sorride invece che allontanare chi teme un po’ di più la parola scritta.

Non aver paura dei cimiteri

A.A.A., lettori impavidi cercasi! Servono nervi saldi, scarsa propensione a lasciarsi impressionare e una certa dose di coraggio per tuffarsi tra le pagine della nuova collana di Biancoenero edizioni, intitolata non a casa Fifa Blu. Immancabilmente contraddistinta delle caratteristiche di alta leggibilità che da sempre rendono prezioso il catalogo dell’editore romano in un’ottica inclusiva, questa nuova collana raccoglie storie ad alta tensione e dall’accento decisamente horror. Perfette per lettori coraggiosi della scuola secondaria di primo grado, queste risultano generalmente piuttosto brevi (un centinaio di pagine al massimo) e molto intense, assecondando così i gusti e le esigenze di chi ama i racconti da brivido ma fatica magari a confrontarsi con tomi troppo impegnativi. In questo senso, la presenza di illustrazioni in bianco e nero e dallo stile gotico di Julie Massy, concorre a sua volta a sostenere la lettura, rendendo le pagine più ricche e dinamiche, e a sottolineare il tono dei racconti, dando una forma visibile all’inquietudine.

Non aver paura dei cimiteri di François Gravel ne è un esempio eloquente. Qui si narra la storia di Clara, una ragazzina da poco trasferitasi in una nuova città, in una casa prospicente il cimitero. La sua famiglia ha da sempre manifestato un curioso interesse nei confronti di tombe e affini, insegnandole fin da piccola che non deve averne timore. Possibile, però, che le abbiano tenuto nascosto qualcosa? Clara inizia a sospettarlo quando dalla sua finestra vede delle luci tremolanti dentro il cimitero che nessuno pare notare e si sente come chiamata da forze misteriose. Ne avrà conferma poco tempo dopo, quando scoprirà un segreto insospettabile sulla sua natura e quando, cercando di saperne di più, andrà incontro a un destino tutt’altro che luminoso…

Che mistero anche se…

Storybox è piccolo editore indipendente che ha scelto di adottare caratteristiche di alta leggibilità per i suoi volumi. Questi ultimi fanno uso, in particolare, del font EasyReading e privilegiano un’impaginazione ariosa con margini non risicati, sbandieratura a destra e spaziatura ampia tra lettere, parole e righe.

Tra le pubblicazioni di Storybox, avviate nel 2021, spiccano in particolare alcune raccolte di racconti, contraddistinte da una formula ricorrente e azzeccata così sintetizzabile: storie brevi, penne diverse e, appunto, grafica amichevole. Alle prime due – È Natale anche se… e Che paura anche se…, si è da poco aggiunta la terza, intitolata Che mistero anche se…

Il volume raccoglie in particolare 31 racconti scritti da altrettanti autori, tutti soci di ICWA (Associazione Italiana degli Scrittori per Ragazzi). Si tratta di storie brevi e brevissime che in una manciata di pagine offrono al lettore piccole vicende enigmatiche il cui tono è sempre piuttosto leggero e ironico, più orientato quindi a far divertire il lettore che a fargli fare ardite congetture e ipotesi. In questo senso, anche il tratto leggero amichevole dell’illustratrice Silvia Baroncelli asseconda bene le atmosfere delineate dagli autori.  Dalle loro penne escono, per esempio, note scomparse e vicini di casa sospetti, marchingegni antichi ed eredità da decifrare, crocchette magiche e gatti ipnotizzatori. A volte la spiegazione sta tutta in un equivoco, altre viene a galla mettendo insieme tracce e indizi, altre ancora è la magia a metterci lo zampino.

Da un punto di vista dell’accessibilità, Che mi stero anche se… è una proposta molto valida. Nel sostenere la lettura anche da parte di lettori meno forti o con dislessia, le caratteristiche di alta leggibilità sopra citate vengono infatti coadiuvate dalla brevità dei racconti, dalla varietà di stili e soggetti e dal tono brioso che si riflette anche nella grafica.

Crepe d’oro

Lavorare la mollica di pane con le dita per dar forma a minuziose statuette non è un hobby diffuso. Tantomeno è semplice. Bisogna lavorare con precisione e in fretta, altrimenti si formano delle crepe che rovinano il risultato. Nico odia le crepe, ma odia forse ancora di più il fatto che i suoi genitori non capiscano né condividano la sua passione. Statuine e sculture sono sciocchezze per loro, tempo prezioso sottratto allo studio. E così, ogni volta che una sua opera finisce nel cestino e che il suo impegno viene sminuito, anche in Nico si aprono delle crepe. Sul suo cammino, però, il ragazzo incontra qualcuno – un insegnante attenta, prima, e un maestro scultore poi – che le crepe sa non solo risanarle ma anche metterle in valore. Perché, come insegna l’antica arte giapponese del Kintsugi, proprio le crepe sono ciò che ci rende unici, forti e preziosi.

Scritto da Antonio Ferrara, Crepe d’oro condensa in meno di sessanta pagine un racconto spigoloso e motivante. E c’è più di una ragione per tenerlo d’occhio e consigliarlo ai ragazzi. Una è che l’autore conosce bene l’adolescenza e sa raccontarla con lucidità, senza tanti fronzoli o storture. Un’altra è che il suo racconto unisce brevità e intensità, offrendo una lettura ricca ma allo stesso tempo abbordabile: cosa per nulla trascurabile agli occhi di lettori meno forti, poco attratti dai libri o con difficoltà legate di lettura legate per esempio alla dislessia. In questo senso Biancoenero confeziona una proposta interessante e intelligente che non solo mette in campo tutti gli accorgimenti di alta leggibilità (font, spaziatura, sbandieratura, colore della carta…) ma li applica a un testo coinvolgente che non spaventa il lettore ma anzi lo abbraccia con una misura amichevole.

Amo quel cane. Odio quel gatto

Divertente, intelligente, costruito in maniera sopraffina: Amo quel cane. Odio quel gatto è un libro di Sharon Creech unico nel suo genere. Protagonista assoluta è la poesia, a cui il libo dà spazio tanto nella forma quanto nel contenuto. La narrazione procede infatti in forma di brevi componimenti: quelli che un bambino di nome Jack scrive in una sorta di fitto dialogo con la sua insegnante e in cui, attraverso soggetti comuni, come il rapporto con gli animali domestici, gli affetti e le piccole (dis)avventure quotidiane, offre una bellissima, credibile e chiara fotografia di che cosa sia la poesia e del potere che essa può custodire.

La passione per i versi, che esplode a un certo punto in maniera prorompente grazie all’incontro con un poeta in carne ed ossa dalla sensibilità simile alla sua, non è cosa immediata per Jack ma nasce anzi poco a poco, grazie all’accorto e lungimirante lavoro della sua professoressa, tal Miss Stretchberry che incessantemente invita la classe a leggere, scrivere, discutere di poesia. Così, se il rapporto iniziale del bambino con i versi può essere riassunto in questa sua ironica e cinica considerazione:

Se quella sulla carriola rossa

e le galline bianche

è una poesia

allora ogni frase

può essere una poesia.

Basta solo

fare

frasi

brevi.

man mano che il racconto procede le cose cambiano. Non solo si affina, infatti, il suo modo di scrivere (con tanto di destreggiamenti tra poeti diversi e padronanza di allitterazioni e onomatopee) ma si consolida anche la sua consapevolezza rispetto alle possibilità espressive che la poesia racchiude. Ed è qui che entra in gioco anche il tema, seppur collaterale, della disabilità.

Le poesie di Jack compongono, infatti, tra le altre cose, un ritratto della sua mamma che agita le mani in aria per fare parole / senza / suono. La sordità, mai nominata ma chiaramente rappresentata, fa dunque capolino tra le righe, sposandosi a un sentimento tenero che profuma di normalità nelle emozioni, nei gesti affettuosi, nelle cose di ogni giorno. L’altro aspetto interessante che la concerne, sta nell’ostinato interrogarsi di Jack rispetto al modo in cui le qualità sonore dei versi possano raggiungere le persone sorde e nel suo cogliere, infine, i molti modi in cui la poesia può arrivare al destinatario in tutta la sua potenza. Ecco allora che Amo quel cane. Odio quel gatto ci appare non solo come uno straordinario racconto intimo e al tempo stesso come un efficacissimo manuale di poesia ma anche come una riflessione preziosa sull’importanza della parola condivisa e sulle molteplici strade che questa può percorrere per radicare anche là dove ci siano dei limiti del linguaggio.

Già pubblicato da Mondadori una ventina di anni fa, Amo quel cane viene ora riproposto dal medesimo editore in una nuova edizione che vanta non solo una diversa copertina (con i disegni di William Steig) più in linea con il tono leggero del racconto, ma anche e soprattutto un seguito (Amo quel gatto), in cui in particolare si approfondisce la questione del rapporto tra suono e senso e il tema, a Jack molto caro, di come la parola, con tutta la sua forza espressiva, possa raggiungere anche il cuore di chi ha orecchie che non possono sentire.

L’albero del riccio

Ne L’albero del riccio sono raccolte alcune delle lettere scritte da Antonio Gramsci ai suoi familiari, e ai suoi figli in particolar modo, durante gli anni di detenzione in carcere. Si tratta di lettere tenere e rigorose, in cui l’autore fa della scrittura un modo per mantenere saldo e vivo il legame con i suoi cari distanti e per non rinunciare al ruolo educativo di padre, benché impossibilitato a vedere crescere di persona i suoi figli.  Nelle lettere si alternano così racconti di vita quotidiana in carcere, aneddoti dell’infanzia, consigli, incoraggiamenti e ammonimenti, colmi di un senso della giustizia e del dovere che non soffocano l’affetto e la premura.

Nel corso dei circa 100 anni che ci separano dalla loro stesura, le lettere di Gramsci sono state pubblicato in molteplici versioni da editori differenti. A queste se ne aggiunge ora una del tutto nuova e capace di raggiungere pubblici prima trascurati. Si tratta della versione in simboli proposta da la meridiana all’interno della collana Parimenti. L’albero del riccio – titolo che richiama proprio una delle lettere in cui l’autore racconta un episodio curioso della sua infanzia in cui con un amico osservò una famiglia di ricci fare ingegnosamente scorte di mele – trova così una forma semplificata e più snella, che ne agevola la fruizione. Il testo presenta qui una forma orientata alla linearità e alla brevità e risulta supportato da simboli WLS che ne restituiscono visivamente il significato. Molto dettagliati, questi ultimi privilegiano la traduzione dei singoli elementi testuali (compresi pronomi, articoli, congiunzioni…) e sfruttano tutti i tipi di qualificatori (genere, tempo, numero…).

Ne risulta un testo che, nonostante la semplificazione formale, appare ricco e non banale, anche per i riferimenti al contesto storico in cui le lettere sono scritte. Quello che viene offerto al lettore è dunque un volume di peso che offre molteplici spunti di riflessione, approfondimento e lavoro soprattutto (ma non solo) nell’ottica di un lavoro in ambito scolastico.

Nonna gnocchi

Confiance ha nove anni, un nome impegnativo, la battuta sempre pronta e un rapporto a ostacoli con i propri familiari. Il papà se n’è andato quando era piccolo, la mamma si occupa di lui da sola e come può e la nonna materna sembrerebbe volersi tenere il più possibile a distanza (un sentimento peraltro ricambiato dal bambino). Peccato che proprio con la nonna e con il suo nuovo fidanzato italiano Eustachio, Confiance sia costretto a trascorrere le vacanze estive. Senza troppo entusiasmo, i due lo portano con sé in un paesino vecchio e sperduto dell’entroterra ligure, completando le premesse per un’estate disastrosa. Eppure, complice la maestria culinaria di Eustachio e l’amicizia con la sua nipotina venuta in visita, Confiance sarà costretto a ricredersi e la sua visione dei rapporti umani, dell’amore, della famiglia – e perché no, della cucina – prenderà alla vigilia del suo decimo compleanno una piega tutta nuova.

Vivace, acuto e senza peli sulla lingua Nonna gnocchi si presenta come un racconto godibilissimo interamente costruito sui dialoghi. Se è vero, infatti, che questa struttura lo rende meno immediato, soprattutto perché le singole battute non sono esplicitamente attribuite, lo è altrettanto il fatto che le caratteristiche di alta leggibilità con cui è stampato, la peculiarità attraente dei personaggi che lo animano e il ritmo mai piatto che lo contraddistingue concorrono a supportare e incentivare la lettura, anche laddove questa proceda meno spedita.

Guarda il cane. Tre storie su un gatto

Chiunque abbia letto l’esilarante Guarda il gatto. Tre storie su un cane avrà probabilmente desiderato di poter rinnovare ancora e ancora il piacere di quelle storie così brevi e così spassose. In una manciata di pagine e con un gioco metanarrativo efficacissimo David Larochelle e Mike Wohnoutka sanno dar vita a racconti compiuti e ghiottissimi. Dei bon bon, praticamente, che uno tira l’altro e fermarsi vien difficile.

Felice è dunque la notizia della pubblicazione di una sorta di seguito del primo volume. Il recente Guarda il gatto. Tre storie su un cane ne rovescia in qualche modo le parti mettendo in scena un gatto a cui viene chiesto di sostituire il protagonista del libro: un cane, per l’appunto. Il gatto è un tipo spavaldo e si manifesta entusiasta della parte assegnatagli. La sua iniziale euforia verrà tuttavia messa a dura prova: scavare una buca, recuperare un bastone nel laghetto e difendere una pecora dai lupi sono, in effetti, compiti poco felini che richiederanno grande capacità di adattamento e fine ingegno.

Con immutata capacità di far dialogare tra loro parole (poche) e figure (nette), generando a ogni pagina straniamento, sorpresa e divertimento, il libro si presta a irresistibili letture ad alta voce. Ideale anche per le primissime letture autonome, Guarda il gatto. Tre storie su un cane vanta non solo un tipo di narrazione molto coinvolgente in cui di fatto il libro stesso si rivolge direttamente sia al lettore sia al protagonista, ma anche una costruzione grafica che mescola discorso diretto (quando a parlare è il libro) e fumetto (quando a parlare sono i personaggi), rendendo evidente e ben scandita l’attribuzione delle parti.

Questo, unito a un font ad alta leggibilità, a testi brevissimi e divertenti e a una predominanza visiva, fa del libro di David Larochelle e Mike Wohnoutka un volume perfetto per avvicinare alla lettura anche i lettori che faticano di più o manifestano minore interesse per i libri.

Un libro ti cambia

Ci sono libri che emozionano, libri che appassionano, libri che annoiano e libri che lasciano indifferenti. E poi ci sono loro: i libri che ti cambiano! In che senso? Basta chiederlo a Dario, il protagonista del libro di Antonio Ferrara. Il libro che sta leggendo ha dei poteri a dir poco stravaganti: le cose che vi vengono narrate accadono davvero poco dopo esser state lette! Nel libro cade un quadro? Ecco che si sente un gran fracasso di vetri rotti nella stanza di Dario. Nel libro si parla di una formica? Ecco che da lì a poco una formica si ferma proprio lì accanto. Ma non è tutto! Dario, che proprio non riesce a staccare gli occhi da quelle pagine, si accorge che il suo corpo sta inspiegabilmente cambiando: altezza, baffi, barba e muscoli crescono a vista d’occhio. Possibile che tutto questo centri con la lettura?

Originale e interrogativo come solo i libri di Antonia Ferrara sanno essere, Un libro ti cambia nasconde (ma non troppo) una riflessione metanarrativa all’interno di una storia surreale e incalzante. L’ironia che contraddistingue lo stile dell’autore aggiunge un tocco leggero al racconto che offre dal canto suo una lettura piacevole, abbordabile e intrigante. Le caratteristiche di alta leggibilità con cui il libro è stampato, infine, rendono il tutto particolarmente accessibile anche a bambini con difficoltà di decodifica legate alla dislessia.

Perché noi no?

Dura la vita da fratelli minori! Poche foto negli album di famiglia, esclusione sistematica dai giochi più belli, parti marginali negli spettacoli da giardino e nomignoli appioppati con irritante nonchalance… qualcosa bisognerà pur fare! Ecco allora che nasce l’Associazione “Perché noi no?”: un circolo segretissimo formato esclusivamente dai figli più piccoli anche detti ultimi geniti, al fine di organizzare azioni di disturbo a danno dei più grandi. E così la giovane protagonista e i suoi sodali si lanciano in spericolate missioni di bucaggio gomme, nascondimento thermos, dispersione palloni. Fino a quando qualcosa va storto, le informazioni trapelano e la banda dei piccoli vendicatori viene scoperta. Servirà un “grande” aiuto per cacciarsi fuori dai guai!

Smilzo, divertente e imperdibile per chiunque abbia sperimentato la sorte del bistrattato fratello minore, Perché noi no? si fa leggere con piacere. Lo stile pungente, l’avventura breve, la narrazione piana e le illustrazioni frequenti lo rendono appetibile anche per i lettori meno esperti o che più fanno a pugni con la parola scritta. A questo concorrono inoltre le caratteristiche di alta leggibilità puntualmente adottate dall’editore con attenzione non solo al font e alla sbandieratura ma anche alla spaziatura tra lettere, parole, righe e soprattutto paragrafi: aspetto questo che conferisce alla pagina una veste particolarmente ariosa e accessibile.

Il mio Afghanistan

La collana Parimenti de la meridiana – lo abbiamo segnalato più volte – nasce con l’intento di mettere a disposizione di adolescenti e giovani adulti storie tematicamente adatte alla loro età, che risultino semplificate nella forma e la cui lettura sia agevolata dal ricorso ai simboli.  L’obiettivo è quello di raggiungere, così, anche lettori con difficoltà cognitive, comunicative o linguistiche che resterebbero altrimenti esclusi da testi su argomenti analoghi ma proposti in forma tradizionale. I titoli finora pubblicati all’interno della collana – Il diario di Anna Frank, Dracula, Canto di Natale, Giacomo di cristallo e altre storie e A Said piaceva il mare – rendono bene l’idea della varietà e dello spessore delle narrazioni offerte ma è forse l’ultimo titolo pubblicato a rendere conto, meglio di tutti, del grande valore in termini di partecipazione, conoscenza e inclusione che la collana può vantare.

Il mio Afghanistan di Gholam Najafi è infatti un racconto estremamente forte, duro e attuale che consente al lettore di  conoscere da vicino una storia apparentemente incredibile ma di fatto più comune di quel che si potrebbe pensare, che gli fa incontrare comportamenti e sentimenti umani innanzi ai quali è difficile restare impassibili e che lo mette di fronte alla storia e al presente di una realtà sì distante dalla nostra ma al contempo molto citata nei notiziari e nei dibattiti pubblici e strettamente legata alla politica del nostro paese e del mondo intero. Il libro racconta, in particolare, il lunghissimo viaggio che l’autore ha fatto, partendo da solo all’età di dieci anni, per scappare dall’Afghanistan dopo la morte di suo padre. Attraverso tappe estenuanti in Pakistan, in Iran, in Turchia e in Grecia, il ragazzo riesce infine ad approdare in Italia, dove trova dapprima una comunità accogliente per minori e poi una famiglia che gli dona fiducia gratuita e amore: condizioni, queste, che unite a una straordinaria forza di volontà e un grande impegno, lo portano a diplomarsi e costruirsi una nuova vita. Il racconto si chiude con lo struggente viaggio di ritorno che l’autore fa nella sua terra nel tentativo disperato di ritrovare la madre e il fratello o perlomeno di avere notizie su di loro. Il suo sarà, tuttavia, un viaggio privo di risposte ma piuttosto denso di nuove domande, a cui il lettore è portato a partecipare con grande intensità, come a narrarlo fosse una persona cara.

Emozionante e durissimo, Il mio Afghanistan racconta una storia che per orecchie occidentali suona quasi difficile a credersi e che invece, come già alcuni anni fa era accaduto con Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari, ci costringe ad aprire gli occhi su verità scomode e realissime. Per questo conoscerle e condividerle è di fondamentale importanza e per questo il fatto che un libro come Il mio Afghanistan sia reso disponibile anche in una versione accessibile è una notizia quantomai felice. Oltretutto, la scelta di pubblicare il libro anche in simboli è nata proprio su suggerimento dell’autore che ha riconosciuto in questo tipo di libro uno strumento utile e prezioso del quale si sarebbe volentieri avvalso, appena arrivato in Italia, quando la sua conoscenza della nostra lingua era praticamente nulla: un aspetto, questo, tutt’altro che trascurabile perché mette in luce il forte valore che i racconti supportati dall’uso di simboli possono avere al di fuori di situazioni strettamente legate alla disabilità.

Il mio Afghanistan è reso disponibile dalla casa editrice anche in formato ebook, con le medesime caratteristiche compositive della versione cartacea.

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Il Grande Nate e la scatola che non c’è

Che tipetto, il Grande Nate! Astuto come pochi e dotato di un umorismo sottilissimo, si aggira tra le vie del suo quartiere in cerca di casi da risolvere. Amici, compagni e vicini di casa vengono puntualmente coinvolti nelle vicende in veste di vittime, testimoni o potenziali sospettati. Così il lettore, che nella serie che vede il piccolo investigatore protagonista (di cui avevamo già parlato qui) può trovare avventure sempre nuove e sfiziose, può contare d’altro canto sulla presenza di personaggi noti che rendono le dinamiche narrative familiari e amichevoli. A favorire un approccio alla lettura sereno e piacevole concorrono, inoltre, lo stile snello che contraddistingue la scrittura di Marjorie Weinman Sharmat, le illustrazioni frequenti che popolano le pagine e la scelta dell’editore di adottare caratteristiche di alta leggibilità per la stampa dei volumi.

Il lettore si trova così di fronte a storie compatte ma intriganti e ben concepite, pagine ariose dalle spaziature ampie e dal font EasyReading, testi il cui contenuto è fortemente orientato al dialogo e all’azione, a discapito di descrizioni e digressioni, e costruzioni sintattiche che privilegiano brevità e linearità: tutti aspetti, questi, che giocano un ruolo fondamentale nel rendere le micro-indagini del Grande Nate a misura anche di lettori meno forti o con maggiori difficoltà legate per esempio alla dislessia.

Ne Il Grande Nate e la scatola che non c’è, il piccolo investigatore si offre di aiutare la sua amica Rosamond a ritrovare una scatola scomparsa. Rosamond è certa di averla piazzata sul tavolino su cui si dedica a prevedere il futuro alla modica cifra di 2 cent a previsione ma, nel momento in cui si è assentata, la scatola sembra essere misteriosamente sparita nel nulla. Anche Claude, che è stato suo malgrado coinvolto da Rosamond nell’allestimento della postazione, non sa darsi una spiegazione. A Nate toccheranno allora lunghe ispezioni e molteplici ipotesi prima di riuscire a mettere insieme gli indizi e ricomporre il caso. Inutile dire che l’impresa terminerà con successo. Altrimenti il Grande Nate, che Grande Nate sarebbe?

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C’è qualcosa in casa

Passi trascinati nel corridoio, porte che si aprono misteriosamente, oggetti che si spostano: Andrea ne è certo, Qualcosa si intrufola regolarmente in casa sua per terrorizzarlo. Il problema è: cosa? Ma soprattutto: come fare per non farsi sopraffare dalla paura? Andrea le prova tutte: ignora quel Qualcosa, prova a pedinarlo, si dà delle regole come non guardare mai indietro e chiudere a chiave l’armadio, ma nulla. Qualcosa torna sempre.

Ad Andrea serve una soluzione più radicale e così, forte della sua passione per i fumetti, inizia a creare delle maschere che lo proteggano di notte e a dar forma a una sorte di supereroe personale – il temibile Maizena, ispirato dalla forza dei fluidi non newtoniani – che gli dia coraggio. In un percorso in cui vecchi amici riservano delusioni ma nuove amiche si mostrano preziose alleate, Andrea affronta un passo alla volta la sua paura. Sarà davvero una volta per tutte?

C’è qualcosa in casa fa parte dell’interessante collana Piccole piume di Pelledoca, giovane case editrice specializzata nella pubblicazione di titoli da brivido per bambini e ragazzi. La collana Piccole piume, in particolare, si rivolge a un pubblico di giovanissimi dai sei anni in su che non si facciano spaventare dalle storie misteriose.

Contraddistinti da trame avvincenti e non prive di una certa suspance, come nel caso di C’è qualcosa in casa, i libri che compongono la collana sono altresì accomunati da caratteristiche di alta leggibilità come la font leggimi, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe (purtroppo non tra paragrafi, però), sbandieratura a destra e l’uso del grassetto per evidenziare passaggi particolarmente salienti, che concorrono a rendere più amichevole la lettura anche in caso di dislessia.

Susan Duckling e il caso del raffreddore scomparso

La maestra di Susan è un tipo così gentile e premuroso che quando, di punto in bianco, inizia a mostrarsi scontrosa e arcigna, Susan si insospettisce immediatamente. Forte del successo della sua prima indagine (Susan Duckling e il caso del regalo di compleanno), la bambina ottiene di poter affiancare il padre nelle ricerche volte a svelare il perché di un cambio così inspiegabile e repentino. Grazie a pedinamenti, supposizioni e raccolta di indizi come orecchini spaiati e reazioni cagnesche, Susan riesce a ricomporre l’intricato puzzle investigativo con una logica da 10 e lode!

Ambientato in una Londra del secolo scorso, tra pipe, bombette e vetture scoppiettanti, Susan Duckling e il caso del raffreddore scomparso fa seguito al primo volume  della serie che vede protagonista la figlia del commissario Duckling. Fresca e accattivante, la serie è intrisa di un certo humour inglese ed è animata da alcuni personaggi ricorrenti – come l’immodesto papà di Susan o il paziente agente Puddle – che ruotano attorno alla bambina e aggiungono tocchi british e qualche sorriso alle sue indagini. Queste ultime, dal canto loro, sono tutte molto lineari e minimali, capaci di risolversi in un tempo misurato, senza correre il rischio che i lettori meno forti si annoino.

Questo aspetto, unito alla frequenza delle illustrazioni e al ruolo importante che viene loro riservato, così come alla scelta di stampare il testo con alcune caratteristiche di alta leggibilità (font leggimi, spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, sbandieratura a destra, come tipico di tutti i titoli della collana Piccole piume di Pelledoca), fanno dei libri di Susan Duckle una proposta frizzante e abbordabile anche per lettori dislessici.

Susan Duckling e il caso del regalo di compleanno

Che i bambini siano acuti osservatori è risaputo. Che abbiano una logica pungente, pure. Difficile pensare, quindi, a soggetti migliori per risolvere casi misteriosi. E infatti, quando il noto commissario Duckling cede alle richieste della figlia Susan e le affida una dei suoi casi, la bambina si dimostra perfettamente all’altezza di risolverlo. Le basterà seguire con attenzione le tracce, drizzare le orecchie anche di fronte alle notizie più frivole e fidarsi del suo istinto anche a notte fonda, per riportare a casa il rinoceronte sparito dallo zoo della città e guadagnarsi addirittura la prima pagine del London Time.

Ambientato in una Londra del secolo scorso, tra pipe, bombette e vetture scoppiettanti, la serie di Susan Duckling è fresca e accattivante. Intrisa di un certo humour inglese, è animata da alcuni personaggi ricorrenti – come l’immodesto papà o il paziente agente Puddle – che ruotano attorno alla giovane protagonista e aggiungono tocchi british e qualche sorriso alle sue indagini. Queste ultime sono tutte molto lineari e minimali, capaci di risolversi in un tempo misurato, senza correre il rischio che i lettori meno forti si annoino.

Questo aspetto, unito alla frequenza delle illustrazioni e al ruolo importante che viene loro riservato, così come alla scelta di stampare il testo con alcune caratteristiche di alta leggibilità (font leggimi, spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, sbandieratura a destra, come tipico di tutti i titoli della collana Piccole piume di Pelledoca), fanno dei libri di Susan Duckle una proposta frizzante e abbordabile anche per lettori dislessici.

Il bambino che guarda con le mani

Qui ad Area ricordiamo tutti molto bene una bambina di sette anni che uscendo da una delle primissime visite guidate alla mostra Vietato Non Sfogliare aveva commentato: “Oggi ho scoperto che i bambini ciechi possono leggere”. Quella frase ci aveva colpito moltissimo perché rendeva chiaramente conto di quanto la disabilità, nell’immaginario comune soprattutto ma non solo dei più piccoli, continuasse ad essere associata all’impossibilità di fare le cose e di quanto questo potesse essere di ostacolo alla costruzione di una cultura dell’inclusione vera.

Quell’episodio ci è tornato in mente leggendo Il bambino che guarda con le mani, racconto illustrato divertente e intelligente che rappresenta una proposta apprezzabilissima nel panorama della letteratura per l’infanzia attenta al tema dell’inclusione. Perché se è vero che non mancano i libri propensi a promuovere l’idea che la disabilità non è necessariamente un ostacolo a una vita attiva, è altrettanto vero che veicolare questa idea con leggerezza e senza farne il motivo della scrittura è tutto un altro paio di maniche. Grandi idealizzazioni e trionfi di buoni sentimenti sono infatti dietro l’angolo, pronti a far da fardello anche alle migliori penne. Nel libro di Tomasz Malkowski, invece, assistiamo a qualcosa di diverso. Alle spiegazioni e agli affondi didascalici, l’autore preferisce, infatti, di gran lunga l’ironia e il potere del racconto.

Il protagonista Kamil, cieco dalla nascita, è al centro di 20 micro-avventure che lo ritraggono a casa, a scuola, in città e in vacanza. Lo troviamo, per esempio, alle prese con gite in tandem e prime prove di guida autonoma di una bicicletta, scherzi in famiglia e incontri allo zoo, situazioni critiche in classe e marachelle in giardino. Si tratta di episodi variegati e gustosi, in cui emergono con grande chiarezza soprattutto tre cose: la prima è lo spirito intraprendente e curioso di Kamil, che è bambino prima ancora che bambino con disabilità; la seconda è la gamma ampissima di atteggiamenti con cui le persone affrontano e si confrontano con la disabilità; e la terza è la concretezza delle soluzioni che rendono la quotidianità di Kamil molto più simile a quella di un bambino vedente rispetto a quel che si potrebbe credere.

Riconoscimento dei propri limiti ed esplorazione di tutte le possibilità che questi non precludono sono dunque il motore di avventure minime, talvolta enfatizzate ma sempre piacevolissime, di cui il tosto Kamil è protagonista. Qui compaiono, tra gli altri, anche la sorella Zuza, la cui attenzione affettuosa nei confronti di Kamil non è di impedimento a scherzi e burle reciproche; la mamma e il papà, che regalano a Kamil una grandissima fiducia e tante soluzioni per rendere la sua vita il più possibile analoga a quella dei coetanei; la zia Helena, che lo tratta invece come un eterno bambino piccolo incapace di qualsivoglia forma di autonomia, e diversi compagni di classe, i cui sentimenti nei confronti del bambino sono multisfaccettati.

Accompagnati dalle illustrazioni ironiche di Joanna Rusinek che sposano a pieno il tono leggero del racconto, Il bambino che guarda con le mani si presta bene tanto a letture autonome quanto a letture condivise. Disponibile non solo in formato cartaceo ma anche in formato mp3 scaricabile dal sito de Il Narratore al costo di 3,90 euro, il libro edito da Mimebù assomma alle qualità di un buon libro che racconta la diversità anche quelle di un buon libro  accessibile.

Stella procione

Scoprire una nuova specie animale è un’autentica avventura per uno scienziato. Ma anche scegliere il nome per la nuova specie scoperta può non essere da meno, parola di dottor Storr.

Quando quest’ultimo – tipo eccentrico e curioso – si trova faccia a faccia con un animale che assomiglia moltissimo a un cane ma che a tutti gli effetti è una creatura a sé, inizia infatti un appassionante lavoro di osservazione e nominazione, non del tutto privo di imprevisti. Le bestiole con cui si trova ad avere a che fare sono di fatto procioni intraprendenti e vivaci. Mica facile starci dietro! Un aiuto imprevisto al dottor Storr arriverà però dal cielo che con le sue costellazioni e le storie che queste custodiscono si rivelerà fonte di ispirazione inesauribile e preziosa.

La storia che lega la specie dei procioni all’astronomia è ispirata a una storia vera ed è proposta da Sinnos in un volume smilzo e piacevole della collana Leggimi, curato da Letizia Iannaccone e Alessandro Parodi. Oltre a raccontare una storia curiosa, Stella procione vanta caratteristiche di alta leggibilità che concernono font, spaziatura e allineamento e che rendono la lettura particolarmente agevole anche in caso di dislessia.

Hank Zipzer. Un viaggio da vomito

Di fronte alla prospettiva di un campionato di cruciverba, le reazioni del giovane Hank Zipzer e di suo papà non potrebbero essere più diverse: l‘entusiasmo del secondo risulta infatti, per il primo, totalmente incomprensibile. Che Hank e le parole non vadano proprio d’accordo lo sappiamo ormai bene, in effetti. Protagonista di una fortunata serie edita da Uovonero, Hank fa infatti quotidianamente i conti con le sue difficoltà di lettura e scrittura che sono spesso fonte di guai inattesi e soluzioni creative. E anche in questo nuovo volume – ça va sans dire – inconvenienti e avventure non mancano, complici un lungo viaggio di famiglia e un grosso pacco di compiti che la signorina Adolf riserva al protagonista per le vacanze invernali.

L’intera famiglia Zipzer, accompagnata da Frankie, l’amico del cuore di Hank, e da Katherine, l’iguana domestica della sorella, parte infatti alla volta di Charlotte, dove si tiene il Campionato Nazionale di Cruciverba tanto agognato da papà Zipzer. Ogni partecipante al viaggio può scegliere una meta sul percorso, ma i patti sono chiari: Hank potrà andare sulle mirabolanti montagne russe del Colossus Coaster Kingdom solo se avrà finito i compiti assegnatigli dalla signorina Adolf. Le buone intenzioni del ragazzo non si discutono, sono purtroppo i fatti a lasciare a desiderare. E tra distrazioni davvero irresistibili, pisolini non previsti e quel grande grandissimo intoppo del pacco di compiti dimenticato per strada proprio all’inizio del viaggio, venire a capo dell’impresa sarà più facile a dirsi che a farsi. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: là dove non arrivano le montagne russe, ci pensa il campionato di cruciverba a rendere il viaggio davvero indimenticabile!

Divertente e disseminato di colpi di scena, Hank Zipzer. Un viaggio da vomito ci regala, nell’improbabilità delle avventure messe in scena, un ritratto efficace e fedele delle reazioni che letture, operazioni e compiti vari possono generare in chi come Hank riscontra in numeri e parole un autentico ostacolo. Distrazioni, repulsione, evasione: il campionario delle risposte, più o meno consapevoli, che Hank mette in atto di fronte al pacco che la signorina Adolf gli appioppa come fosse una ricetta miracolosa, la dice infatti lunga su quanto utile sarebbe una didattica più attenta alle esigenze dei singoli ragazzi. Stampato come di consueto con caratteristiche di alta leggibilità, Hank Zipzer. Un viaggio da vomito offre una lettura piacevole, leggera e amichevole non solo nei contenuti ma anche nell’aspetto.

147 mostro che parla! (collana)

147 mostro che parla! è una collana di libri ad alta leggibilità corredati da audiolibro messa a punto dell’editore Telos. La collana si compone di 21 volumi (in via di pubblicazione), ciascuno dedicato a una diversa regione italiana e all’immaginario popolare che la caratterizza. Al centro di ogni volume ci sono infatti le creature fantastiche che animano i racconti folkloristici – 7 per ogni regione – rivisitati in una chiava nuova. Calati in contesti attuali e cornici narrative costruite ad hoc, sirene, folletti e mostri di ogni sorta rivivono tra queste pagine con un duplice effetto: recuperare e rendere palpitante un patrimonio culturale ricchissimo che altrimenti tenderebbe a svanire e restituire valore alla sua straordinaria forza immaginifica attraverso storie che parlano una lingua moderna.

Questo raffinato lavoro di recupero e riscoperta, supervisionato da Teresa Porcella che della collana è curatrice, è affidato di volta in volta a una coppia di autori e illustratori diversi, penne e matite autoctone della regione trattata. In questo modo la specificità culturale di ogni singolo territorio affiora in maniera palpabile anche nelle scelte lessicali e nelle espressioni idiomatiche così come in alcuni dettagli e atmosfere che prendono forma con le figure. Inoltre – cosa non da poco – questa scelta contribuisce a rendere particolarmente vivaci e multiformi i contenuti della collana che pur mantiene una sua forte identità e coerenza.

Ogni volume presenta sette racconti, ciascuno dedicato a una deversa creatura fantastica che, come tornata dal passato, si intrufola con naturalezza in scenari e situazioni d’oggi . I racconti sono brevi, snelli e accattivanti. Alla fine di ognuno, il libro propone una sorta di carta di identità del mostro protagonista che ne riassume le caratteristiche e che fornisce tutte le informazioni necessarie per evitarlo, difendersi o guarire dai suoi poteri. Le illustrazioni che accompagnano i racconti sono frequentissime (praticamente a ogni pagina) e in generale contraddistinte da uno spiccato ed espressivo uso del colore.

A questo aspetto, che senz’altro supporta e incentiva la lettura anche da parte di quei lettori che mal digeriscono pagine fitte fitte e dall’aspetto ostico, si somma una serie di altre caratteristiche che agevolano la lettura anche in caso di difficoltà legate per esempio (ma non solo) alla dislessia. In primo luogo il testo, come da consueta cura della casa editrice Telos, presenta caratteristiche di alta leggibilità. L’impiego del font EasyReading, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la sbandieratura a destra rendono infatti la pagina più ariosa e il riconoscimento delle lettere meno faticoso. In secondo luogo le parole meno comuni vengono evidenziate cromaticamente secondo una legenda che distingue nomi, verbi e aggettivi. E infine l’intero testo è reso disponibile per l’ascolto grazie a un semplice qrcode che, inquadrato, rimanda all’audiolibro letto direttamente dell’autore di ogni volume.

Accessibilità, originalità e cura compositiva sono dunque tre caratteristiche chiave della collana 147 mostro che parla! E che ne fanno un prodotto estremamente versatile e spendibile, dentro e fuori la scuola.

Insalata mista

Essere adolescenti è difficile per chiunque, esserlo in un contesto che di punto in bianco cambia, senza conoscere nessuno e dovendo ricostruirsi una vita da zero lo è ancora di più. Per questo, di fronte all’idea di trasferirsi con la famiglia da Parigi al villaggio di Morjac in Ardèche, la giovane Margotte non fa esattamente i salti di gioia. Anzi, lei che tende per indole a parlare poco e pensare molto, è a dir poco travolta dagli interrogativi, dalle rimostranze e dalle preoccupazioni.

Queste ultime si rivelano, d’altronde, tutt’altro che infondate: una volta arrivata nella sua nuova sperduta casa, Margotte si trova circondata da strade poco piacevoli per chi come lei soffra il mal d’auto, chili di mele cotogne da pelare, poche persone con cui legare, un dialetto strano con cui fare i conti e una coetanea tutt’altro che amichevole con cui incrociarsi ogni santo giorno. Come si sopravvive in queste condizioni? Con tanta forza di volontà e qualche incontro folgorante, come quello con il giovane Théo che abita lì accanto e incanta alla vista con i suoi rasta biondi e il suo sorriso smagliante. Anche – o forse proprio – grazie a lui, Margotte trova il coraggio di provare ad affrontare la nuova vita rurale con un’intraprendenza diversa: un inizio mica male per scoprirsi meno allergica del previsto alle persone e per scoprire sulla propria pelle quanto il senso di comunità possa fare la differenza nella situazioni di difficoltà.

Con una voce adorabilmente cinica, Margotte ci accompagna all’interno di una storia che non manca di emozioni, suspense e un piccolo mistero. Qui si alterna e combina una sfilza di personaggi gustosamente caratterizzati – dalla mamma in preda a una conversione al bio alla sorellina a cui nessuno resiste, dalla giovane Justine tutta piercing e sfide al mondo all’enigmatico abitante numero 17 del  piccolo villaggio – che rendono la narrazione vivacissima e mai piatta.

Insalata mista è un libro dallo stile ricco, in cui le parole ricercate e le espressioni insolite non mancano soprattutto per bocca della protagonista Margotte, i cui pensieri sono acuti anche nella forma, e degli abitanti di Morjac, il cui dialetto trapassa sulla pagina per un maggiore realismo. A questo aspetto, che potrebbe scoraggiare i lettori meno forti, fa da contraltare una costruzione narrativa avvincente e un racconto che aderisce come una ventosa al mondo degli adolescenti. Il libro tira dunque il lettore dentro una storia capace di appagare e offrire interessanti possibilità di rispecchiamento. A rendere il tutto più amichevole anche nei confronti di chi sperimenta maggiori difficoltà di lettura concorre poi la scelta di Camelozampa di stampare il volume con alcune caratteristiche di alta leggibilità come il font EasyReading e una spaziatura più ampia: le stesse già adottate per un altro gustoso romanzo di Gaia Guasti uscito qualche anno fa e intitolato Maionese, ketchup e latte di soia.

Ellen e il leone

La penna di Crockett Johnson ha una specie di marchio: i personaggi che ne escono hanno, infatti, una carica ironica, rocambolesca e immaginifica inconfondibile. L’esempio più celebre è probabilmente quello di Harold, bambino intraprendente che con la sua matita viola sa dare forma a ciò che non c’è e spalancare la porta a inaspettate avventure. Ma c’è un altro personaggio creato dall’autore americano, che seppure meno noto non ha nulla da invidiare ad Harold quanto a inventiva e fare tosto.

Si tratta di Ellen, una bambina dall’immaginazione indomita che nel perimetro rassicurante della sua cameretta dà vita a viaggi in treno fino in Arabia e ritorno, ardite scalate in montagna, battaglie contro streghe malvagie e corse contro il tempo con tanto di valigetta e stetoscopio. A rendere queste peripezie davvero deliziose è in particolare la presenza fissa, insieme ad Ellen, del suo leone di pezza. Quest’ultimo è, infatti, coinvolto suo malgrado nelle diverse imprese e il contrasto tra il suo aplomb disincantato e l’energia incontenibile della bambina dà forma a dialoghi davvero divertenti.

Non solo, con lui Ellen condivide riflessioni mica da poco e una dimensione del gioco che, come è tipico dell’infanzia, si fa serissima e capace di un andirivieni fluido tra mondo reale e mondo fantastico. È proprio il leone di pezza, con un’imperturbabilità che fa sorridere, a tentare di riportare Ellen coi piedi per terra. Ma la bambina fa orecchie da mercante e ultimata un’avventura è già pronta a fantasticarne un’altra, con buona pace del felino e gran diletto del lettore. Ironico, vivo e capace di mantenere un equilibrio funambolico tra invenzione e pragmatismo, Ellen e il leone parla perfettamente la lingua dei bambini di quell’età magica in cui realtà e fantasia dialogano in maniera serrata e feconda.

Dal punto di vista dell’accessibilità, il libro di Crockett Johnson nell’edizione Camelozampa presenta una combinazione di caratteristiche interessanti. Stampato ad alta leggibilità, il volume vanta in primo luogo un carattere più grande del consueto, un’impaginazione ariosa, una spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e una sbandieratura a destra, oltre a un font più amichevole come L’EasyReading. La frequente presenza di illustrazioni, peraltro contraddistinte dal tratto divertente e leggero dell’autore americano, dinamizza dal canto suo le pagine e restituisce loro un aspetto più rassicurante. 78 in tutto, queste ultime offrono a chi si cimenti con le prime letture autonome una sfida appagante e corposa. La divisione in 12 racconti, tuttavia, predispone traguardi intermedi meno ostici che incoraggiano e sostengono il lettore, soprattutto laddove ci siano maggiori difficoltà legate per esempio alla dislessia.

Canto di Natale

Attenta da sempre a proporre testi importanti, classici e contemporanei, in una versione semplificata e simbolizzata, la collana Parimenti chiude il 2021 con un classico che più classico non si può: il Canto di Natale di Charles Dickens.

Il quinto volume della collana nata in casa la meridiana e attenta in particolar modo a quei giovani adulti che amano leggere ma faticano a farlo in forma tradizionale porta dunque i lettori indietro negli anni, tra le nebbie spesse e gelate di una Londra ottocentesca. Come nell’originale di Dickens, è qui infatti che entra in scena l’avaro e scorbutico Scrooge, intento a dedicarsi ai suoi affari alla vigilia di Natale. Il suo brutto carattere e il suo modo scortese e cinico di relazionarsi alle altre persone balzano subito all’occhio, fin dai primi dialoghi che lo vedono interloquire con il nipote Fred o con l’impiegato Bob Cratchit. E così, man mano che Scrooge riceve la visita dei tre fantasmi del Natale passato, del Natale presente e del Natale futuro, il coinvolgimento si fa forte e la speranza che qualcosa possa cambiare cresce fino al celebre lieto fino che ogni cosa sistema e mette a posto.

Frutto di un grosso lavoro non solo di simbolizzazione ma anche di semplificazione, questo Canto di Natale vanta un equilibrio davvero ammirevole tra rispetto dell’originale e accessibilità. La ricchezza della trama viene infatti preservata ma al contempo offerta al lettore in maniera pulita, lineare, essenziale e comprensibile. Grazie a una rielaborazione testuale ispirata ai principi della scrittura Easy To Read, il lettore viene infatti accompagnato nei vari intrecci tra passato, presente e futuro e nell’incontro con una moltitudine di personaggi senza che questo sia fonte di particolare smarrimento o confusione. L’aggiunta dei simboli WLS, poi, supporta visivamente la decodifica del testo, rendendolo fruibile anche da parte di chi trova un ostacolo nella semplice parola scritta. I simboli sono tutti riquadrati, associati a singoli elementi lessicali e dotati, laddove richiesto, di qualificatori di numero, genere e tempo verbale, sicché la lettura che viene offerta risulta in definitiva ricca, multisfaccettata e tutt’altro che piatta.

Fuga in punta di piedi

Il cambiamento può iniziare in molti modi. Con una scarpa che si dà alla fuga, per esempio! E in effetti quando la scarpa preferita di Adele decide di scomparire proprio alla vigilia della partenza per le vacanze, l’abitudinaria pennuta è costretta suo malgrado a rimettere in discussione le sue amate routine. Impossibile per lei partire con il solito treno, il solito giorno di luglio per andare nella solita località di montagna con il marito Alfio: tocca rimettere in discussione i piani. E così, in quello che si rivelerà essere l’agosto più movimentato della vita dei due protagonisti, la caccia alla scarpa li porterà a frequentare i luoghi più disparati, dalle chiese alle discoteche, e a far la conoscenza dei personaggi più inattesi, dall’inquilino abusivo Aristide ai due poliziotti vicini di casa Assenzio a Anastasio. Alla fine la famigerata scarpa farà ritorno a casa. Niente però sarà più come prima per Adele e Alfio, ché per una scarpa smarrita c’è un mondo di cose da fare, scoprire e non lasciare (forse) mai più.

Fuga in punta di piedi, che fa parte della collana Prima graphic di Sinnos, attira prima di tutto per le sue illustrazioni dinamiche e particolareggiate, in cui il contrasto tra il bianco e nero di fondo e i dettagli in giallo vivace attirano l’occhio e accendono la curiosità. Su questa scia, ci si fa strada in una trama che impasta un sottile umorismo e uno spiccato gusto per l’assurdo, mettendo insieme personaggi buffi e ben assortiti. Il risultato è una storia coinvolgente che, imprevedibile com’è, ci si chiede di continuo dove possa portare. Costruito mescolando racconto tradizionale e narrazione a fumetto, il libro di Daniela Palumbo e Francesca Carabelli vanta inoltre un ritmo insolito e meno affaticante che, spostato ad altre caratteristiche di alta leggibilità come la font leggimi, la spaziatura maggiore e la grafica pulita, incentiva e supporta la letture anche da parte di lettori meno forti o con maggiori difficoltà legate alla dislessia.

Il principe Budino

Cosa capita se un re e una regina, tanto desiderosi di avere un figlio, non danno alla luce un bambino ma un budino? Capita che questi dovrà mettersi sulle tracce del terribile Vincislappo, sfidare mostri stravaganti e superare indenne un incantesimo originale: unica via per ritrovare sembianze umane e poter finalmente sposare la principessa Sofficina.

Insolita fiaba dal sapore gastronomico, Il principe budino ha una trama lineare e scorrevole che predispone una lettura abbordabile e leggera. Buffe illustrazioni accompagnano un testo in rima non sempre in discesa ma perlopiù piacevole.

Nato esclusivamente come audiolibro, Il principe Budino è ora disponibile anche in formato ebook e in formato cartaceo. Proposto con accorgimenti di alta leggibilità – come il font EasyReading, la spaziatura maggiore e lo sbandieramento a destra – quest’ultimo include anche la versione audio originale, tramite QRcode scansionabile dalla quarta di copertina: un’opportunità interessante, questa, per mettere i lettori – soprattutto ma non solo con difficoltà di lettura legate alla dislessia – nella condizione di disporre a piacimento di quanti più supporti e formati possibili e affrontare, così, la lettura con maggiore agio.

Dante Pappamolla

Occhialetti da quattrocchi, nome-fardello in memoria dell’Alighieri, tendenza ad assumere il color peperone in viso, genitori fissati con l’alimentazione ultra-vega-vegetariana. A Dante Tertuliani – noto a tutti, non a caso, come Dante Pappamolla – non potevano capitare più sfortune. Tranne una, forse: la morte dell’adorata e scapestrata nonna Leopoldina, quella che sognava di comprare una moto col nipote o che lo rimpinzava di nascosto di ragù.

Alla sua scomparsa, però, Dante riceve un’eredità impareggiabile: una pietra magica che trasporta in luoghi lontani dove scoprire popoli e persone. Gli Inuit, per esempio, nel freddissimo e incontaminato Polo Nord. Qui Dante entra in contatto con una cultura, dei paesaggi, delle abitudini e soprattutto un sé del tutto nuovi. Quasi inavvertitamente si scopre eroe e capace di fare scelte coraggiose e rispettose che non tarderà a riportare anche nel suo vecchio mondo con risultati straordinari.

Malgrado gli insegnamenti risultino un po’ marcati, la sua è una storia di crescita gustosa, in cui non mancano episodi buffi e avventure impreviste e che beneficia per di più di un carattere tipografico più leggibile e meno stancante. Camelozampa propone infatti il libro di Isabella Paglia e di Adriano Gon all’interno della bella collana Peli di gatto che si avvale di caratteristiche di alta leggibilità, tra cui l’uso del font EsayReading, la sbandieratura e destra, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la stampa su carta opaca. Questi aspetti, uniti a una storia leggera, a illustrazioni frequenti e a capitoli brevi fanno di Dante Pappamolla  un libro assolutamente abbordabile e consigliabile anche in caso di difficoltà o di resistenza alla lettura.

La famiglia sgraffignoni. Il furto di compleanno

Se tuo papà si chiama Mariolo, tua mamma Fia e tua sorella Ale (diminutivo, ça va sans dire, di Criminale), è facile immaginare che la tua vita di onesto e probo figliolo possa essere un tantino in salita. Lo sa bene Fausto, che un giorno sì e l’altro pure si trova coinvolto suo malgrado in furti domestici di calzini, visite non autorizzate ai negozi di giocattoli e occultamento di piedi di porco: lui, che è buono fino al midollo e che di dire bugie proprio non è capace. Così, all’approssimarsi del suo compleanno, Fausto inizia a desiderare due cose soltanto: dei calzini tutti suoi e un lecca legga gigante regolarmente acquistato nel negozio di dolciumi. Inutile dire che la famiglia ha tutt’altri piani per procurarsi gli oggetti in questione, piani che causeranno un bel po’ di trambusto, qualche effrazione e un lieto fine rocambolesco in cui le forze dell’ordine, nella persona del vicino di casa Paul Iziotto, sono per una volta benvenute in casa Sgraffignoni!

Leggereo e spiritoso, La famiglia Sgraffignoni. Il furto di compleanno è il primo volume di una serie firmata da Anders Sparring e Per Gustavsson e portata in Italia da Sinnos. Di formato smilzo e dal ritmo svelto, il libro offre un’occasione di lettura poco gravosa e piuttosto divertente, capace di solleticare anche lettori meno spediti. Il formato maneggevole, le illustrazioni frequenti, il font leggimi e le caratteristiche di impaginazione ad alta leggibilità concorrono infatti in maniera sinergica a fare della pagina un luogo piacevole in cui sostare.

La giostra degli scontenti

Con La giostra degli scontenti, Roberto piumini dà vita a una storia in rima semplice semplice, perfetta da leggere ad alta voce. Protagonisti sono i pezzi di una giostra di paese che, ispirati dal desiderio di fuga di uno di loro, provano e riprovano finché riescono a staccarsi dalla piattaforma che li fa girare in tondo. Da lì inizia il loro viaggio in libertà e, approdati nel giardino di Mago Merlino, coronano finalmente il loro desiderio di far divertire i bambini portandoli lontano, verso orizzonti sconosciuti.

Schietto e con un tono d’altri tempi, La giostra degli scontenti presenta alcune peculiarità interessanti dal punto di vista dell’accessibilità. Non solo, infatti, il libro risulta stampato con caratteristiche di alta leggibilità, che concernono il font (EasyReading), la spaziatura e il tipo di carta e che ne agevolano la fruizione in caso di dislessia, ma presenta anche una struttura compositiva che affianca al testo in rima e in stampatello minuscolo una sintesi a grandi caratteri e in stampatello maiuscolo che consente anche a bambini piccoli o con difficoltà cognitive di godere della storia e delle immagini.

Io e Leo

Vi ricordate Max Halters? Bè, la sua carriera da stuntman è ormai al tramonto ma il personaggio creato da Boonen e Melvin ha ancora molto da fare e da dire. Così, a sorpresa, lo ritroviamo coprotagonista di Io e Leo, il nuovo racconto illustrato targato Sinnos. Il giovane Leo del titolo è un ragazzino con un grosso, grossissimo problema: da un giorno all’altro, infatti, dopo l’incidente in bicicletta che ha causato la morte del padre, si ritrova ad essere inspiegabilmente invisibile. La mamma, la maestra, i compagni e persino il cane del vicino sembrano all’improvviso non accorgersi o non ricordarsi di lui. E Leo, per questo, non si dà pace.  Per fortuna, nel suo vagare per la città, il ragazzino incontra proprio Max Halters. In veste di saggio clochard, questi lo accompagna in un viaggio sul filo della realtà, in cui incontri sorprendenti e conversazioni bizzarre lo aiuteranno a ritrovare un pochino sé stesso e farsi a sua volta ritrovare anche da chi gli sta intorno.

Intenso e forte, ma non per questo disposto a rinunciare a quel tocco di folle leggerezza che contraddistingue i lavori dei due autori, Io e Leo racconta di un’amicizia profonda, di un vuoto che pare impossibile colmare e di sentimenti forti che possono trasformarci. La storia di Leo e del lutto che deve affrontare arriva così al lettore, forte come un carrello della spesa giù per una collina ripida, coinvolgendolo in modo travolgente. Il testo non è banale ma le illustrazioni a ogni pagina e le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità ne agevolano la lettura, consentendo anche a lettori più riluttanti di confrontarsi con un racconto corposo. Forte di illustrazioni dal sapore fumettistico e dal tratto inconfondibile, di atmosfere surreali (rese ben evidenti da diffusi toni aranciati) e di personaggi che lasciano il segno, Leo e io porta sulla pagina una piccola sfida che riserva grandi soddisfazioni e forti emozioni al lettore che deciderà di affrontarla.

B.B. il clownboy

Pistole cariche, cavalli al galoppo, fratelli banditi e atmosfere polverose: gli ingredienti per un western coi fiocchi ci sono tutti. Ma poi arriva lui – B.B – e ogni previsione viene salta diritta all’aria. Armato di naso rosso, pistole ad acqua e polvere ridarella, B.B. non si accontenta, infatti, di essere un cowboy: B.B. è piuttosto un clown-boy!

Sotto il sole del west, il personaggio creato da Stefania Luisi e illustrato da Umberto Mischi si muove in sella al suo cavallo a dondolo e in compagnia del suo fido cane Banana. Quando si ferma in un villaggio, il suo spettacolo è sempre un successo, con grande soddisfazione di tutti gli spettatori. Tutti tranne tre, a dire il vero. I terribili fratelli G. – Gionni il furbo, Gimmi lo svelto e Gessi il grosso – detestano l’ottimismo gioioso con cui B.B. affronta ala vita e non perdono occasione per opporgli tutta la loro prepotente arroganza. E così, quando B.B. non si presenta per l’atteso spettacolo, i bambini del villaggio sospettano subito che possa essere stato rapito e che i colpevoli possano essere proprio i tre gradassi. Liberare il clown-boy non sarà facile, ma grazie al suo esempio sulla contagiosità del sorriso, nasi rossi e fuochi d’artificio possono tornare a illuminare le calde serate del west.

B.B. il clownboy propone una storia sorridente e semplice: qualità, queste, che ben si attagliano anche al testo e alla stampa. Il racconto procede infatti in maniera piana e lineare, sfruttando frasi perlopiù brevi o paratattiche e un lessico di facile accesso. Pubblicato ad alta leggibilità, come tutti i titoli della collana Minizoom di cui fa parte, il libro vanta una veste amichevole, grazie alle illustrazioni a ogni pagina, al font biancoenero, alla spaziatura maggiore, alla sbandieratura a destra e alla distinzione netta tra paragrafi.  Il volume si presta in questo modo a supportare e invogliare i giovanissimi lettori alle prese con le prime letture autonome, anche laddove siano presenti difficoltà legate alla dislessia.

Il nostro cane Max

Gli animali domestici sono, per tanti padroni e padroncini, autentici membri della famiglia. Con loro si condividono rituali, viaggi, esperienze, emozioni e così, quando muoiono, lasciano un vuoto grande e un segno indelebile. Proprio questa parabola esistenziale, tanto familiare a chiunque abbia posseduto e amato un cane o un gatto, trova posto tra le pagine de Il nostro cane Max.

Il libro scritto da Alessandra Bocchetti omaggia e ripercorre la vita del cane Max all’interno della famiglia che lo ha accolto quando era ancora piccolissimo e brutto. L’autrice racconta in particolar modo il rapporto speciale e unico che il cane instaura con i diversi membri della famiglia, dando un assaggio delle piccole gioie che, dal primo all’ultimo giorno, la sua presenza ha regalato. Fino a che la vecchiaia lo porta via, senza che tuttavia il suo ricordo svanisca. Tutt’altro: nel cielo, nelle rocce e persino nella forma di un’isola Max torna a far visita ai suoi padroncini, nel nome di un legame intenso e sempre vivo.

Lineare e senza particolari capriole narrative, Il nostro cane Max si presenta come un omaggio personalissimo a un cagnolino realmente esistito che suscita simpatia e affetto. Piacevole da leggere e commuovente nel finale, il libro fa parte della collana Minizoom di cui condivide tutte le apprezzabili caratteristiche di alta leggibilità.

Olle

Olle non è un cane come tutti gli altri: non solo perché agli occhi del suo padrone ha un nonsoché di speciale (cosa, in effetti, piuttosto frequente), ma anche e soprattutto perché pensa e parla proprio come un umano. Le sue riflessioni sono spiazzanti e ironiche. Il suo è un modo di guardare al mondo che invita ad assumere prospettive nuove, mettendo in conto per esempio che le paperelle di gomma possano avere sentimenti, che il vento si possa leggere al pari di un libro stampato e che per farsi obbedire sia meglio spiegare le richieste più che dare ordini. Ecco allora che ogni giorno accanto a Olle diventa un’occasione per lasciarsi stupire e interrogare, godendo di una quotidianità condivisa da assaporare in leggerezza.

Breve ma appassionante, Olle si compone di aneddoti gustosi e mai debordanti, nei quali la penna leggera e pensosa di Guus Juijer trova uno spazio ideale. Con gli occhi ora di Olle, ora del suo padrone, il libro racconta di un’amicizia che dura una vita intera e in cui il punto di vista a quattro zampe offre uno sguardo insolito sui piaceri e sui dolori della vita, umana o canina che sia. Lo fa con una prosa asciutta e scorrevole, in cui si mescolano riflessioni e minuscole avventure quotidiane: dall’assalto cortese al panettiere al tentativo di accoppiarsi con l’amata Dien, dalle giornate pigre in giardino al rifiuto di occuparsi di cose ridicole come il riporto di una ciabatta.

Misurato e piacevole da seguire, il racconto è inoltre reso particolarmente amichevole nell’aspetto tipografico, grazie ad alcuni accorgimenti ispirati all’alta leggibilità adottati da Camelozampa. Il libro non solo si compone infatti di capitoli brevi e abbordabili che non scoraggiano il lettore, ma non giustifica il testo e fa uso del font EasyReading.

Tra le sorprese che ci riserva infine Olle c’è anche l’incontro con un Thé Tjong-Khing decisamente insolito e piuttosto distante, nel tratto e nella composizione, dall’illustratore che abbiamo conosciuto per esempio negli albi brulicanti editi da Beisler come Tortintavola, Tortinfuga o Tortarté. Qui, in pieno accordo con lo stile di Guus Kuijer, il suo segno è più placido, quasi schizzato: un segno sorridente e un po’ malinconico che omaggia con garbo il legame intensissimo che può legare un umano e il suo animale domestico.

Canto di Natale

Neve? C’è. Camino acceso? Pure. Abete con palline e stella? Fatto. Perfetto, siamo pronti. Perché Natale possa davvero dirsi tale manca solo una cosa: il più classico dei Canti, quello che porta la firma di Charles Dickens e la fumosa atmosfera delle ottocentesche vie di Londra. Interpretato e declinato negli anni nelle forme più disparate, Canto di Natale è da poco uscito in una convincente versione da ascoltare, per iniziativa della casa editrice Locomoctavia. In formato mp3  su cd o scaricabile dal sito della casa editrice, con la suggestiva copertina di Pietro Nicolaucich, questo Canto di Natale è l’ideale per godersi a pieno il clima delle feste, avendo le mani libere per sorseggiare una tazza di tè!

Contraddistinto dalla consueta cura con cui Locomoctavia confeziona i suoi audiolibri, Canto di Natale vede l’interpretazione di un bravissimo Daniele Fior, capace di valorizzare la musicalità del testo di Dickens e di restituire la trasformazione del vecchio Scrooge, colto in tutte le sfumature d’animo, dal risentimento più arido alla generosità più calorosa. La voce avvolgente e mai eccessiva dell’attore sono una coccola calda per dare il benvenuto all’inverno e godersi per tre ore buone il tepore della casa in festa. A completare una narrazione già di per sé ammaliante e piacevolissima da ascoltare – preziosa per chi sperimenti difficoltà di lettura come per chi semplicemente voglia ritrovare la magia del racconto orale – non va poi scordato l’accompagnamento musicale dei Gueppecartò.

Il gruppo perugino arricchisce infatti il testo (interpretato in versione integrale) con note discrete e coinvolgenti, che sottolineano a puntino l’atmosfera del racconto e il cambio di spirito del protagonista. Assolutamente azzeccata, in questo senso, la scelta di associare ogni strofa a un diverso strumento musicale: l’effetto è infatti quello di una traccia, ora inquieta ora dolce, che accompagna le capriole emotive dell’anziano banchiere e del lettore che con lui partecipa al miracolo di Natale.

Barban, fate, tritoni e altri esseri fantastici della Liguria

Dell’editore Telos abbiamo già avuto modo di apprezzare la scelta di proporre al lettore testi ricercati ma di grande accessibilità e strumenti di lettura estremamente ben studiati, come nel caso dei libri cartacei e digitali Il mago Tre-Pi e L’archeologo delle parole. Con la nuova collana 147 Mostro che parla!, curata da Teresa Porcella e affidata nei testi e nelle illustrazioni ad autori sempre diversi, l’editore molisano conferma questa sua predisposizione alla cura per la qualità e la fruibilità dei suoi volumi.

I libri che compongono la collana si caratterizzano per una grafica accattivante, per l’unione di componenti narrative e divulgative, per la combinazione di testo cartaceo e audiolibro e per scelte tipografiche ad alta leggibilità concernenti non solo il font (EasyReading) e l’impaginazione ma anche l’adozione di colori diversi per identificare ed evidenziare i diversi tipi di parole chiave (nomi, verbi, aggettivi).

Dedicato ad una diversa regione, ogni volume rimpasta materiale folkloristico legato alla presenza di creature fantastiche come mostri, folletti e fate, inserendolo all’interno di cornici narrative moderne e attuali. Nascono così racconti brevi e godibili con personaggi e ambientazioni ben calati nel presente che interagiscono con creature e racconti senza tempo.

Così accade, per esempio, che due bambine perdano il sentiero proprio a causa del folletto Sciverto, che Mirta dissemini gusci di noce qua e là nella speranza che una fata ne scelga uno per dondolarsi in aria o che un Barban si decida a scrivere una lettera ai bambini che lo temono per metterli a parte delle vere e false voci che circolano sul suo conto. Protagoniste del volume dedicato alla Liguria, scritto da Anselmo Roveda e illustrato da Giulia Pastorino, queste creature ritrovano così nuova vitalità e invitano il lettore a riscoprire tradizioni e radici.

Cipì

Piccolo, coraggioso, intramontabile Cipì! Alla soglia dei cinquant’anni, l’uccellino nato dalla penna di Mario Lodi e dei suoi alunni della scuola elementare di Vho torna a spiccare il volo in una veste nuova rispetto a quella consueta cartacea. Con un audiolibro nuovo di zecca fruibile tramite CD MP3 (12,90 euro) o file MP3 scaricabile (7,70 euro), Emons omaggia infatti il celebre racconto, nato dall’osservazione diretta fatta dai bambini di ciò che accade al di fuori della finestra della classe.

A dare voce alle avventure del giovane Cipì e dei suoi compagni di vita – la mamma e i fratelli, l’amata Passerì, l’amica Margherì e l’intera compagine di elementi naturali, dal sole ai fiori, dalle nuvole alle farfalle, che sono di fatto coprotagonisti del racconto – è Stefano Accorsi che interpreta con piglio pacato e intenso l’ampia gamma di sentimenti a cui la storia di Cipà dona spazio.

Sotto il tetto del palazzo, nella campagna tutt’intorno e nel cielo che la riveste, Cipì conosce infatti il pericolo e il sacrificio, l’amore e la solidarietà, la bellezza e la forza della natura. La sua storia, seppur insolita forse per il giovane lettore di oggi, è testimone schietta di un’esperienza pedagogica di grandissima attualità che merita di essere conosciuta e declinata nell’oggi e nel domani.

Il bambino che faceva le fusa

Gatta curiosa e intraprendente, Pepe vive in una palazzina di città con i suoi due padroni (Mamma e Papi) e il loro bambino (Tato). Sui tetti, in cortile e dalla sua finestra al secondo piano, interagisce con diversi vicini a due e quattro zampe – l’odioso cane Crostino e il furbo piccione Nerone,  per esempio – e osserva molte cose con occhio attento. È lei, non a caso, la prima ad accorgersi che da pochi mesi al quarto piano abitano una donna e un bambino. Nessuno a parte lei, sembra averlo notato: la donna si vede poco e il bambino è sempre chiuso in casa. La faccenda ha un che di misterioso e il bambino un che di affascinante, così Pepe si convince ad andare in esplorazione per saperne di più. Le sue spedizioni al quarto piano gli rendono chiaro che il bambino ha un modo tutto suo di comunicare: un modo che gli altri umani spesso travisano o non colgono per nulla, costringendolo di fatto a una vita solitaria e reclusa. Pepe, che invece sembra riconoscerne facilmente intenzioni e sentimenti, mette  in atto un ingegnoso piano per consentire al bambino, da lei soprannominato No, a uscire e socializzare. Saranno necessari molti alleati, molta pazienza e molta inventiva ma alla fine il piano di Pepe si rivela efficace e l’intero condominio si ritrova coinvolto in una missione ad alto contenuto di fusa!

Gabriele Clima, che già con Roby che sa volare e con Il sole fra le dita  aveva felicemente e coraggiosamente portato la disabilità tra le pagine destinate ai bambini e ai ragazzi, trova anche qui un espediente interessante per raccontare l’autismo ai più piccoli senza trasformare la storia in un piccolo trattato didascalico. Facendo leva sull’idea che trovare la giusta chiave di comunicazione possa fare la differenza nel costruire relazioni autentiche e possibilità di incontro tra persone neurotipiche e persone neurodivergenti, l’autore racconta una storia ispirate a persone realissime (la sua famiglia e i suoi vicini di casa!) a cui il gatto Pepe aggiunge un tocco fantastico e un punto di vista originale.

Il bambino che faceva le fusa si distingue per un’attenzione particolare all’inclusione non solo da punto di vista contenutistico ma anche da quello formale: il libro è infatti stampato con caratteristiche di alta leggibilità quali il font leggimi, la spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi,  la sbandieratura a destra e l’assenza di sillabazioni, ed è fruibile con le medesime caratteristiche anche in formato ebook (costo: 2,99 euro). Come il libro in questione, diversi altri titoli della collana Il battello a vapore di Piemme, in tutte le sue serie – bianco, azzurro, arancio e rosso – presentano gli stessi accorgimenti tipografici, resi riconoscibili fin dalla copertina grazie al bollino “alta leggibilità”.

La scuola è di tutti. Le avventure di una classe straordinariamente normale

Olmo fa terza elementare e la sua classe, come spesso accade, è una sorta di mondo in miniatura. Qui ci sono, infatti, bambini di ogni tipo: con origini diverse, culture diverse, abilità diverse, talenti e punti deboli diversi. Nella classe di Olmo, però, c’è anche una maestra con la M maiuscola che sa come far sì che quelle diversità suonino in maniera armoniosa, che dalla loro unione nasca qualcosa di positivo. E così ogni giorno, nella classe di Olmo, episodi ed esperienze apparentemente insignificanti diventano occasione per capire qualcosa di più del mondo al di fuori della scuola, per avvicinarsi agli altri con curiosità e per trasformare tanti io in un noi che affronta con più forza le difficoltà. Come quando in classe iniziano a sparire delle cose – caramelle, cartucce e persino libri -, quando Ravi scappa per i corridoi ripetendo meccanicamente le diciture dei cartelli antincendio, o quando Noah viene preso di mira dai bulli. In questa cornice, affiancato da amici fidati come la tostissima Gea, Olmo si pone domande serissime e condivide problemi apparentemente insormontabili, perché, come giustamente dice a un certo punto: nella vita di un bambino ci sono problemi enormi. In questa cornice, Olmo impara a riconoscere il valore degli altri ma anche il suo, venendo infine a patti con il suo fisico mingherlino e la sua odiata ipermetropia.

Come una ripresa in diretta di un anno scolastico, La scuola è di tutti si presenta come un racconto lungo che pullula di voci ed esperienze, che mette insieme cose piccolissime e questioni grandi, che parla di individui ma anche di società. Attraverso un modo attivo, coinvolgente e innovativo di fare lezione, la maestra di Olmo mette infatti i suoi bambini nella condizione di incontrare interrogativi importanti e di cercare con spirito critico e civico le risposte più giuste. È così che, per esempio, l’insegnante di sostegno viene presentata e vista come l’insegnante che sostiene l’intero gruppo classe e che, tra le altre presenze, quella di un bambino autistico come Ravi viene accolta con le sue esigenze senza concessioni compassionevoli. Anche in questo modo di raccontare la scuola si avverte la lunga esperienza scolastica dell’autrice Cinzia Pennati e il suo pluriennale impegno nello sperimentare una modalità di insegnare più inclusivo e rispettoso delle potenzialità e delle esigenze dei bambini.

Veglia su di me

Ci sono voci, come quella di Matteo Corradini, che sono un’autentica carezza. Nei suoi libri, le parole scelte con cura e le vicende profondamente umane, sanno come risuonare a lungo nel lettore. Veglia su di me, che del suonare e del risuonare fa elementi particolarmente significativi, non fa eccezione.

Protagonista del racconto è Dora, ragazzina cresciuta tra le note, contagiata nell’amore per la musica dai suoi genitori: l’uno pianista e l’altra cantante. Come una sorta di lessico famigliare, certe canzoni accompagnano la sua quotidianità e i momenti speciali di una esistenza senza troppi fronzoli e per molti versi originale. Basti pensare a quella volta in cui Dora accettò per denaro di fingersi pazza, per far sì che la sua classe fosse meno numerosa e ricevesse, quindi, un’istruzione migliore. Dora è felice della sua vita e della famiglia che le è toccata in sorte, anche se la mamma da qualche tempo è lontana, impegnata in un tour importante. Il papà, dal canto suo, si occupa di lei con grande dedizione, nonostante il lavoro al locale jazz che lo tiene impegnato fino a tardi. Ognuno a suo modo, i genitori di Dora crescono in lei un felice immaginario legato alla musica. Grande, grandissima è dunque la sua delusione  quando per caso scopre la verità sul mestiere del padre e sul motivo di assenza della madre: due non detti troppo ingombranti per la  ragazzina, che suonano stonatissimi e che la gettano in uno smisurato sconforto. Saranno l’amicizia e la saggezza del signor Vladimiro, vicino di casa noto a tutti come formidabile pianista, a permettere a Dora di guardare le cose dalla giusta prospettiva e di mettere in piedi un piano tenero e coraggioso per ricomporre una volta per tutte i pezzi della sua vita.

Delicatissimo e profondo, il racconto di Matteo Corradini, edito dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in collaborazione con Edizioni Curci, dà voce a un’idea di cura  che non è mai unilaterale e di famiglia come luogo in cui si cullano i desideri. La musica ha qui un ruolo centrale, non solo perché permea le vite dei protagonisti, nutrendo i loro sogni più profondi, ma anche perché suona in quel modo specialissimo che l’autore ha di scrivere. Splendida, dunque, è la possibilità che il testo di Veglia su di me possa essere ascoltato oltre che letto, grazie all’audiolibro scaricabile gratuitamente tramite un codice stampato sulla copia cartacea. Interpretato da Amanda Sandrelli, il libro nella sua versione per le orecchie è piacevole e avvolgente, arricchito com’è dalle musiche curate da Orazio Sciortino, che in qualche modo trasferiscono su pentagramma l’intensità delle illustrazioni di Lucia Scuderi.

Il sapore dei desideri. Betsy, Mr. Tigre e le bacche della felicità

Fate i bagagli, si parte per un luogo straordinario: “un’isola dimentica dalle mappe del mondo”. Poche parole e già si sente un profumo squisitamente fiabesco. È la bravissima Sally Gardner a confezionare per noi una storia magica, dando vita a un luogo sorprendente in cui incontrare creature minuscole e giganti timidi, principesse invidiose e sorelle rospe, sirene affabili e tigri eleganti. Ma andiamo con ordine.

Protagonista del racconto dell’autrice inglese è la piccola Betsy, figlia di un gelataio dalla sorprendente inventiva e di una sirena che conosce storie senza tempo. Betsy desidera sopra ogni cosa poter incontrare il famoso Mr. Tigre, felino dalla mise raffinata, con tanto di cappello a cilindro, che si dice viaggi per mare e diriga un circo delle meraviglie. Ogni giorno Betsy scruta l’orizzonte, speranzosa di avvistare tra le acque la cima del suo tendone da circo. Una mattina il tendone compare per davvero e lo fa, in effetti, proprio al momento giusto. Betsy e il suo papà, che di Mr. Tigre è amico di lunga data, hanno appena conosciuto la storia di una rospa che prima rospa non era e vorrebbero aiutarla a ritrovare le sue sembianze originali.  Per farlo, però, serve una vera e propria magia che si realizza solo quando la luna è blu, ossia una volta ogni mille mai. Ecco perché l’aiuto di Mr Tigre, che di autentici prodigi è capace, arriva provvidenziale. Insieme a lui, Betsy e i suoi genitori mettono in atto un delicatissimo piano che coinvolge i piccoli Gongalunghi, costretti alla macchia dalla perfida principessa Olaf, e il gigante Ivan, che da timido si trasforma in temerario. Grazie a loro e a un ingegnoso stratagemma, la luna si tinge per una notte di blu, consentendo al papà di Betsy di realizzare il prodigioso gelato alle bacche Gongalunghe e di regalare a molte creature dell’isola un prezioso desiderio ciascuna.

Primo episodio di una fortunata serie britannica che vede protagonisti Betsy e Mr. Tigre, Il sapore dei desideri scorre liscio liscio accarezzando l’immaginazione del lettore. Complici impagabili della penna di Sally Gardner, sono le fini illustrazioni di Nick Maland che, talvolta ampie, talvolta piccine, accompagnano, arricchiscono e dinamizzano ogni pagina. Anche grazie a loro il libro appare ricco di fascino e piacevolmente abbordabile, nonostante le 180 pagine abbondanti. L’impegno a far sì che la lettura assuma esattamente queste sfumature anche agli occhi di chi vede le parole scritte perlopiù come un nemico (impegno da sempre assunto anche dalla stessa Sally Gardner, che della dislessia parla e scrive spesso) si completa grazie alla scelta di Terre di Mezzo di ricorrere al font ad alta leggibilità Dyslexia, ad una spaziatura maggiore e a un inchiostro blu meno affaticante.  Il risultato di questa cura narrativa, grafica e iconografica è una lettura deliziosa che finisce più in fretta di quel che si vorrebbe, proprio come una pallina di gelato di bacche Gongalunghe

Max Halters

Un tipo come Max Halters, scommettiamo, non l’avete mai incontrato! Audace, spericolato e ingegnoso, Max Halters è il re degli stuntman e sa tirarsi fuori dai guai con piani a dir poco sorprendenti. Come quella volta in cui doveva andare il bagno ma questo era pieno zeppo di ragni o quella volta in cui la sua dottoressa ha rivelato le sue doti da lanciatrice di coltelli.  Ogni capitolo presenta un’improbabile quanto spassosa circostanza di pericolo in cui il lettore potrebbe trovarsi e, al motto di “Fai come Max Halters”, la più strampalata ed efficace delle soluzioni.

Max Halters è, insomma, un piccolo manuale di temeraria genialità, un concentrato di surreali situazioni che cattura il lettore con l’esca più succulenta: il divertimento. A completare l’opera intervengono le illustrazioni spassose di Melvin, il cui sodalizio con Stefan Boonen è sempre frizzante, e una struttura compositiva dinamica che difficilmente viene a noia. A brevi paragrafi di testo ad alta leggibilità si alternano infatti figure di varia dimensione, fumetti, infografiche e istruzioni per compiere specifiche imprese: il tutto mantenendo una pulizia grafica apprezzabile, senza che i diversi elementi si sovrappongano, mescolino o intralcino a vicenda. In questo Sinnos si dimostra sempre attentissima a rispettare le esigenze dei giovani lettori, soprattutto con difficoltà legate alla dislessia, per i quali possono fare la differenza non solo le caratteristiche tipografiche come il tipo di font e la spaziatura ma anche il tipo di contenuto e la forma con cui questo viene presentato sulla pagina.

Il grande caos dei telefonini

Cosa succede se un guasto alla rete viene riparato malamente e tutte le linee telefoniche di un villaggio finiscono per mescolarsi? Un grande caos – questo è certo – ma forse anche una grande opportunità! Se ne rendono presto conto Margareth, Will e tutti i loro concittadini, quando i rispettivi telefoni iniziano a squillare molto più o molto meno del solito, portando alla cornetta voci e richieste del tutto inattese. E se in principio sono lo sconcerto e il fastidio ad avere la meglio di fronte a situazioni surreali che scatenano il divertimento del lettore, pian pianino l’intraprendenza e l’ottimismo prendono il sopravvento. Accade infatti che, iniziando a recapitare i messaggi ricevuti per errore ai reali destinatari, chi è appena arrivato in città trovi nuovi amici e nuove occupazioni, chi è era sopraffatto dalle cose da fare possa contare su validi aiuti, chi cercava le parole per dichiarare il proprio amore incappi in un modo insospettabile per farlo e chi vive in solitudine incontri una sorta di famiglia adottiva per sé e per il proprio gatto. Possibilità di incontro e conoscenza nuove cominciano così a correre sui fili del telefono e il tasso di felicità del villaggio squilla più forte di quanto non abbia mai fatto prima.

Con uno stile fresco e una trama essenziale e ben costruita, Sally Nicholls confeziona un racconto davvero brillante che si legge in un soffio e fa sorridere il lettore. I personaggi de Il grande caos dei telefonini (peraltro accuratamente descritti in apertura, a tutto vantaggio anche di chi necessita di punti fermi per inoltrarsi nella narrazione) sono assortiti e accattivanti. Al loro fianco si seguono con piacere i molti equivoci che si vengono a creare e gli intrecci che da questi ultimi prendono forma.

Attento a valorizzare l’unicità dei diversi protagonisti, tra cui anche la giovane Aditi che nonostante un incidente alle gambe continua a praticare l’arrampicata, il libro si mostra inclusivo anche dal punto di vista formale. Contraddistinto da un testo scorrevole e dalla struttura sintattica perlopiù semplice e lineare, Il grande caos dei telefonini rientra infatti nella bella collana Zoom di Bianconero di cui presenta tutte le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità che vanno dal font più leggibile alla spaziatura maggiore, dallo sbandieramento a destra alla carta color crema. A rendere infine particolarmente godibile e fruibile la lettura, concorrono le illustrazioni di Naida Mazzenga. Tutte giocate sul rosso, sul blu e sul bianco, queste sono infatti molto frequenti e restituiscono con tratto ironico tutta la simpatia dei personaggi di Sally Nicholls.

Granpà

Christoph Léon è un narratore di razza: sa come tirare il lettore al cuore delle storie e come dipanare temi potenti senza che questi gravino sulla pagina come una zavorra. Accade sulla lunga come sulla corta misura, come ben dimostra Granpà, racconto breve recentemente uscito per Camelozampa.

In una manciata di pagine (poco più di settanta), Léon mette in piedi un appassionante racconto di vita, che attraversa tre generazioni e in cui echeggiano questioni importanti come il rapporto tra uomo e natura e lo scarto spesso esistente tra legge e giustizia. Protagonisti, che ci pare dopo poche pagine di conoscere a fondo, sono il giovane John e suo nonno Granpà. I due si aggirano furtivi per l’America dell’Ovest, intenti a sabotare gli impianti dell’Arizona Oil Company che con i suoi pozzi per l’estrazione del petrolio sta distruggendo opere millenarie della natura ed espropriando per pochi spicci i possedimenti di intere famiglie. Granpà ha già subito questo destino una volta ed è disposto a tutto, ora, pur di difendere la sua terra e i suoi ideali di tutela dell’ambiente. A un certo punto, però, la spedizione si mette male e John è costretto a separarsi dall’amato nonno  in un epilogo intensissimo, che è insieme straziante e pieno di speranza.

Ricercato ma molto fruibile, anche grazie alle scelte orientate all’alta leggibilità compiute dall’editore Camelozampa, Granpà offre ai ragazzi dalle medie in su una lettura densa e appassionante, che rifugge la banalità delle forma e della sostanza, senza per questo risultare ostica. Il racconto si legge infatti con piacere e con deciso coinvolgimento, come immersi nelle calde e polverose notti del Colorado.

Hank Zipzer. Su il sipario, giù i calzoni

Hank Zipzer torna sulla scena. Letteralmente! Nell’undicesima avventura che lo vede protagonista, il giovane personaggio creato da Lin Oliver ed Henry Winkler si trova infatti alle prese con lo spettacolo teatrale della scuola: esperienza tanto emozionante quanto impegnativa per chi, come lui, non va proprio a nozze con copioni da leggere e battute da imparare a memoria. Non solo: a complicare la faccenda sopraggiunge anche un certo patto che Hank stringe con il papà. Se non riuscirà a prendere almeno nove nel compito di matematica sulle divisioni lunghe, può dire addio al palcoscenico, alla recitazione e alla parte di re del Siam che si è talentuosamente conquistato.  E così non gli resta che accettare il tutoraggio alla pari offerto da miss perfettina Heather Payne. Contro ogni aspettativa, la motivazione di Heather ad avere successo con il suo allievo la spinge a trovare metodi di insegnamento alternativi che valorizzano l’intelligenza visiva di Hank. Quella che si apre di fronte al ragazzo è così una possibilità del tutto nuova di fare un pochino amicizia non solo con i numeri ma anche con qualcuno che credeva diversissimo e incompatibile con lui.

Spassoso e godibile come i dieci titoli precedenti, Hank Zipzer. Su il sipario, giù i calzoni mette in azione la consolidata schiera di personaggi che animano la scuola SP 87 – dall’inflessibile signorina Adolf ai fidatissimi Ashley e Frankie, dall’arrogante McKelty all’originale famiglia Zipzer – a cui il lettore è probabilmente già affezionato e da cui dipendono meccanismi narrativi ben rodati. Davvero apprezzabile il fatto che nonostante la collana dedicata ad Hank abbia ormai raggiunto il titolo numero 11, l’ironia che la contraddistingue non sia venuta meno così come la capacità di rendere i Disturbi Specifici dell’Apprendimento del protagonista parte integrante dell’avventura e non mero tema didascalico. L’attenzione alla dislessia viene inoltre confermata a livello grafico e tipografico, dal momento che il volume presenta le consuete e funzionali caratteristiche di alta leggibilità quali un font privo di grazie, una spaziatura maggiore, una sbandieratura a destra e l’uso di una carta color crema.

 

Scuola di mostri

Alzi la mano chi non ha avuto un po’ di tremarella il primo giorno di scuola! Giò non fa eccezione e quando varca la soglia della sua classe è letteralmente terrorizzato: l’operatore scolastico è un orco, i compagni sono mostri e la maestra una matrigna maligna. Sarà dura per lui districarsi tra attacchi ululanti, pozioni puzzolenti e piatti di riso e bruchi, fino a quando un inatteso incidente in giardino non sembra rimettere le cose a posto, trasformando l’esperienza scolastica come per magia.

Scorrevole e leggero, Scuola di mostri è un racconto perfetto per lettori alle prime armi, non solo perché racconta una storia di piccole paure vicinissima al loro vissuto ma anche perché è costruito e stampato secondo criteri di alta leggibilità. Il testo di Sabrina Guidoreni previlegia infatti un lessico piano e strutture sintattiche lineari e risulta stampato in font leggimi mutuato da Sinnos, con spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra e frequente associazione alle illustrazioni. Firmate da Giulia Bracesco, queste ultime sono presenti pressoché a ogni pagina, con tono scanzonato e divertito, contribuendo fattivamente a rendere la lettura più abbordabile e amichevole.

Le caratteristiche di alta leggibilità che rendono Scuola di mostri particolarmente adatto anche a lettori dislessici contraddistinguono anche altri titoli della collana Oscar primi junior dalle firme note come quella di Miriam Dubini o Anna Sarfatti. Riconoscibili grazie al bollino “alta leggibilità”, questi titoli condividono l’intento di rendere storie semplici, divertenti e avventurose fruibili anche a un pubblico di lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

A Said piaceva il mare

C’è Said, che nel mare vedeva un amico rassicurante e una possibilità di futuro nuova. C’è Andrea che, ispirato dal giovane Holden, decide di mettersi alla ricerca di sé stesso. C’è Gabriele che ha un segreto che lo divora dentro fino a che non incontra qualcuno con cui condividerlo. C’è Rico che trova il coraggio di ribellarsi all’imposizione di un sogno che non gli appartiene. E c’è Maya che scova la bellezza nei cambiamenti e la immortala con la sua fotocamera. Said, Andrea, Gabriele, Rico e Maya: tuti loro abitano, ciascuno con la propria storia, la raccolta di racconti inediti firmata da Roberto Parmeggiani e intitolata A Said piaceva il mare. I racconti sono brevi e scivolano via veloci ma sedimentano con calma nel lettore, come sassi nelle tasche. Perché Roberto, che ha una lunga esperienza come educatore, i ragazzi li conosce bene e li sa raccontare da vicino, vicinissimo. Le emozioni contrastanti dei protagonisti, le loro passioni, i loro crucci, la loro quotidianità che si apre al futuro sono qualcosa di vivo e tangibile e in essi è bello e facile ritrovarsi anche se, come lettori, non si porta sulle spalle una storia specifica di emigrazione, di omosessualità o di trascuratezza familiare. Perché questo, in fondo, fanno le storie: farci sentire più simili di quel che crediamo, grazie a ciò che ci unisce davvero come i sentimenti e le relazioni.

A Said piaceva il mare è il quarto volume della collana Parimenti, proposta da la meridiana e realizzata in collaborazione con il Centro Documentazione Handicap di Bologna e con l’associazione Arca Comunità l’Arcobaleno di Granarolo. A differenza dei precedenti volumi, che presentano adattamenti di romanzi o racconti preesistenti come Il diario di Anna FranK, Dracula o Novelle fatte a macchina, A Said piaceva il mare presenta storie inedite che più facilmente, forse, possono incontrare il favore di giovani lettori con abilità diverse. Proprio come i precedenti volumi, invece,  A Said piaceva il mare abbraccia la significativa scelta di raccontare storie da grandi con una forma comunicativa – quella dei simboli della CAA – che troppo spesso l’editoria riserva ai piccoli lettori. Parimenti è infatti ad oggi la sola collana in simboli pubblicata in Italia per un pubblico di adolescenti e anche per questo merita di essere conosciuta. Il volume è in particolare realizzato secondo il modello inbook e presenta pertanto simboli WLS in bianco e nero, riquadrati insieme all’elemento alfabetico corrispondente, riferiti ai singoli elementi della frase e corredati di qualificatori per esempio di genere, numero e tempo verbale. I testi sono composti ricorrendo a strutture sintattiche lineari e non troppo complesse. Ciononostante essi non risultano per nulla banali e possono agevolmente soddisfare lettori anche lettori senza difficoltà comunicative o cognitive. Il volume è arricchito infine da un’immagine per ogni racconto contenuto. Firmate da Attilio Palumbo, le illustrazioni aggiungono una nota suggestiva e pensosa, in piena sintonia con il tono della narrazione.

A Said piaceva il mare è reso disponibile dalla casa editrice anche in formato ebook, con le medesime caratteristiche compositive della versione cartacea. Sulle principali piattaforme è inoltre proposto in formato audio. In questo senso, l’impegno della casa editrice la meridiana in favore dell’accessibilità e 360° si conferma particolarmente forte e scrupoloso.

L’archeologo delle parole

L’archeologo delle parole è il secondo volume della felice collana Sottovento delle edizioni Telos e come il precedente – Il mago Tre-Pi–  si caratterizza per un’attenzione rara a fare della lettura un’esperienza pienamente fruibile e appagante anche per chi presenta difficoltà a decodificare e comprendere il testo scritto.

Punto di forza del libro, e più in generale dell’intera collana, è la libertà che viene offerta al lettore di muoversi tra diversi formati – cartaceo, digitale, audio o, perché no?, una combinazione dei tre – e tra diversi strumenti di sostegno alla lettura. Se, di per sé, la versione cartacea, presenta interessanti caratteristiche di alta leggibilità, legate alla scelta del font, della spaziatura, dell’allineamento del testo e della frequenza delle illustrazioni, la versione digitale amplia e valorizza queste caratteristiche grazie a un ricchissimo set di opzioni attivabili o disattivabili a piacimento dal lettore.

Tra queste spicca in particolare la possibilità di evidenziare unità minime di senso all’interno di frasi più complesse, di sfruttare le icone dei personaggi per mettere in evidenza chi di volta in volta parla o è al centro della scena, di attivare la registrazione audio su pezzi selezionati di testo o di rendere le parole meglio identificabili grazie alla sillabazione. Il lettore viene così accompagnato tra le pieghe di significato e significante e supportato sia a livello percettivo sia a livello cognitivo per godere a pieno del rapporto col testo.

Quest’ultimo, originale e raffinato, racconta di un oggetto magico e misterioso: un album di fotografie che si anima permettendo a chi lo sfoglia di entrare in contatto con personaggi del passato. Così Eki, intraprendente docente di musica, parte per un’avventura fuori dal tempo. Con animali e personaggi insoliti come uno zampognaro e un asino quali compagni di viaggio, Eki ripercorre il cammino compiuto tra la Calabria e la Germania da suo padre, meglio noto come il professor G. Come ne Il mago Tre-Pi, l’autrice Lilith Moscon si ispira a figure realmente esistite – in questo caso il linguista Gerhard Rohlfs – per confezionare un racconto in cui la storia, il folklore, la lingua e la tradizione aggiungono alla lettura sostanza e sapore. A questa si aggiungono le illustrazioni essenziali e suggestive di Francesco Chiacchio, contraddistinte da una forte carica espressiva.

Il mago Tre-Pi

Ci sono progetti editoriali apparentemente piccini ma così ricchi e curati che a volerli raccontare si fa difficoltà a decidere da dove iniziare. Ecco, il progetto editoriale di Telos, recentemente messo in piedi e diretto da Luana Astore, è esattamente uno di quelli.

La neonata casa editrice di Campobasso è infatti specializzata in libri che fanno dell’accessibilità una priorità e che per garantire quest’ultima nella maniera più proficua possibile valorizzano in modo innovativo l’interazione e l’integrazione tra cartaceo e digitale. I titoli finora proposti – due per la precisione – sono dunque frutto di un lavoro di ricerca e sperimentazione estremamente interessante rispetto agli strumenti che possono agevolare la lettura in caso di bisogni educativi speciali. Lavoro che, dal canto suo, si coniuga a un’attenta cura grafica, testuale e iconografia.

Il primo titolo messo in commercio, che inaugura la collana Sottovento, è Il mago Tre-pi scritto da Lilith Moscon. Il racconto è ispirato all’affascinante figura di Giuseppe Pitrè che qui compare in una veste intrigante, a ‘mo di fantasma o spirito guida, che a bordo di una originale carrozza-studio dialoga con il giovane e curioso protagonista di nome Nicola. Il loro è uno scambio in bilico tra sogno e realtà in cui viaggi,  aneddoti, tradizioni e quesiti filosofici sui sogni e sui pensieri si intrecciano e scorrono veloci, supportati dalle illustrazioni dal fascino antico di Marta Pantaleo. Il testo è originale e ricercato, le illustrazioni capaci di sottolineare il tono sospeso del racconto, impastato di storia e invenzione.

Ci troviamo dunque di fronte a un volume che non cede al luogo comune che vuole i libri accessibili – e i libri ad alta leggibilità soprattutto – come libri più semplici nella forma e nel contenuto. Tutt’altro! Qui il testo è orgogliosamente ricco, frutto della consapevolezza che la complessità è di fatto un diritto del lettore che non va sacrificato. Ciò che deve essere facilitato è piuttosto l’accesso al testo che, non a caso, è proprio il punto di forza della proposta di Telos.

Ciò che più di tutto colpisce in questo libro è infatti la ricchezza di possibilità offerte a sostegno di chi sperimenta maggiori difficoltà di lettura legate per esempio alla dislessia. Non solo il libro è stampato con font EasyReading e con caratteristiche tipografiche più amichevoli, come la spaziatura maggiore e lo sbandieramento a destra, ma la versione digitale di cui è corredato, accessibile tramite QR code e disponibile in quattro lingue, presenta una vera miniera di strumenti utili.

Oltre a disporre della registrazione audio del libro, il lettore può infatti modificare a piacere la dimensione del font e la spaziatura del testo, ma anche differenziare lo sfondo delle righe, dividere le parole in sillabe o evidenziare la riga che sta scorrendo. Originali ed estremamente utili sono poi gli strumenti a sostegno della comprensione del testo, come la possibilità di dividere le frasi più complesse in unità minime di senso, di visualizzare le icone che fanno riferimento ai personaggi quando questi compaiono o parlano, o ancora di scoprire il significato delle parole più inusuali grazie alla funzione dizionario.

Questa mole straordinaria di strumenti è messa disposizione del lettore in maniera molto agevole e intuitiva così da risultare effettivamente di supporto e non di intralcio. Il risultato è quello di mettere davvero chi si trova di fronte al libro nella conduzione migliore per affrontare con piacere la lettura, trovando e scegliendo gli strumenti che più gli si addicono. Perché l’accessibilità in fondo è esattamente questo: far sentire il singolo lettore sostenuto e accolto ma anche libero di trovare il percorso che gli è più congeniale.

 

L’oca e suo fratello

Capita che libri piccoli piccoli contengano a sorpresa temi e domande grandissimi. È il caso de L’oca e suo fratello, volume targato Sinnos dalla raffinata e inconsueta estetica (a partire dalla copertina rigida) e dal singolare contenuto.

Composto da 45 racconti brevi e brevissimi, originariamente pubblicati su una rivista belga, il libro scritto da Bart Moeayert e illustrato da Gerda Dendooven segue le quotidiane vicende e conversazioni di un gruppo ben assortito di animali da fattoria. Tra questi, insieme a tacchini, pecore, un cane e qualche altra bestia che di tanto in tanto compare – una talpa e un alce, per esempio – spiccano due oche dall’inattesa indole introspettiva. Le situazioni di ogni giorno, dalle più comuni alle più inconsuete, assumono attraverso i loro occhi e i loro becchi una piega nuova, capace di accendere la riflessione del lettore intorno a questioni di tutto spessore. Tra un bucato al vento e una migrazione andata buca, un pranzo della domenica e un ratto stecchito, i due pennuti si interrogano e talvolta si danno risposte rispetto a temi ampi e profondi come la morte, il rapporto con sé stessi, gli altri e la natura, i sentimenti, l’amicizia e la vita nelle sue molteplici sfaccettature.

I racconti, arricchiti da eleganti e minimali illustrazioni quadricromatiche, sono individualmente godibili ma compongono nell’insieme un quadro articolato e armonico. Con la leggerezza e la perizia narrativa che gli sono proprie, il premio ALMA Bart Moeayert dà vita a un piccolo pamphlet filosofico in cui convivono semplicità della forma e complessità del contenuto. Trasversale per età di riferimento, il libro parla soprattutto a lettori che non cerchino avventure sfrenate e che abbiano la pazienza di lasciar sedimentare i racconti più pacati. La consueta attenzione della casa editrice ad adottare caratteristiche tipografiche di alta leggibilità, agevola la lettura de L’oca e suo fratello anche da parte di ragazzi con dislessia.

Doppio passo

La storia del riscatto femminile e dei diritti delle donne è popolata da moltissime figure sportive emblematiche. Con Controcorrente (2017) e Annie. Il vento in tasca (2019), Sinnos ce ne aveva già fatte conoscere due di grande valore ed esempio – la nuotatrice Gertrude Ederle e la ciclista Annie Cohen Kopchovsky – protagoniste di due graphic novel avvincenti firmate da Alice Keller e Veronica Truttero. La stessa coppia autoriale rispolvera ora, con la stessa efficace modalità narrativa, una terza vicenda di sport e femminismo che merita di essere conosciuta, dando vita al racconto a fumetti Doppio passo.

Protagonista è, in questo caso, Lilian Parr, calciatrice inglese di inizio secolo scorso. La sua è una storia di talento e di amore per una disciplina sportiva, coltivati tra i cortili di St. Helens, cittadina industriale del Merseyside. Attiva in squadre femminili fin da giovanissima, Lilian Parr inizia una carriera da professionista e diventa una vera capocannoniera dopo essere stata notata da un osservatore calcistico. I suoi successi contribuiscono ad attirare attenzione e interesse per le prestazioni femminili sul campo, scatenando i timori dell’ala più conservatrice di questo sport. Ecco allora che a lei e alle sue colleghe viene vietato dalla Federazione di giocare nei propri impianti: un ostacolo che non ferma, tuttavia, la determinazione di chi come Lilian riconosce nello sport un diritto e un’impareggiabile occasione di autodeterminazione.

Con il garbo e la capacità di coinvolgimento a cui ci ha abituati nel tempo, Alice Keller decide di raccontare la storia di Lilian, concentrandosi non tanto sulla sua carriera, quanto piuttosto sul periodo che l’ha preceduta: quello in cui, essendo lei ragazzina, il lettore può più facilmente trovare interesse, agganci e rispecchiamenti.  Nel farlo, l’autrice introduce un personaggio fittizio – Martin Kell – che del racconto è voce narrante e di Lilian coetaneo. Costretto ogni domenica dai suoi fratelli a giocare a calcio contro i ragazzi del cortile a fianco, Martin cerca ogni volta di svicolare, mal disposto e del tutto privo di interesse com’è verso dribbling, parate e tutto il resto. Martin incontra, però, un giorno un ragazzino che gli assomiglia straordinariamente nell’aspetto e che con il pallone tra i piedi sembra fare magie. Poco importa se quel ragazzino di nome fa Lily ed è, in realtà, una ragazzina: Martin le cede subito in segreto la sua maglia e si gode di nascosto le partite domenicali da spettatore. Non passerà molto tempo però, prima che l’identità della sostituta venga a galla, tra lo stupore di tutti, dando inizio a una delle carriere calcistiche femminili più straordinarie di tutti i tempi.

Il racconto avvincente e vivace di Alice Keller si combina con le illustrazioni dai toni vintage e dal tratto delicato di Veronica Truttero, che immergono il lettore in un’atmosfera sfumata, in cui si respira la lontananza storica ma non si perde mai di vista l’attualità della storia. La forma narrativa che ne nasce mescola fumetto e racconto illustrato secondo una formula vincente che incoraggia e sostiene anche i lettori meno forti. La pagina risulta infatti ricca di figure e poco affollata di parole, oltre che dinamica, variegata nella grafica e accattivante. I testi, dal canto loro, appaiono essenziali e poco prolissi, ma curatissimi nella composizione oltre che stampati con font ad alta leggibilità leggimigraphic: scelte, queste, che rendono bene l’idea di cosa significhi promuovere il diritto alla lettura di qualità per tutti i bambini e i ragazzi.

Caro signor F.

Elvira e Concetta sono due amiche che vivono insieme sul cucuzzolo di una montagna. Molto diverse tra loro – sedentaria, golosa e amante della scrittura la prima; avventurosa, smilza e appassionata di navi la seconda – le due trascorrono le giornate con una certa placida ritualità. Su quel cucuzzolo, in effetti, non succede mai nulla. Un giorno però dei rumori sospetti le mettono in allarme, costringendole a fantomatiche ipotesi su cosa possa averli generati, a qualche accusa reciproca e infine a rocambolesche indagini. Verrà fuori che il responsabile è un misterioso signor F., che frattanto manda lettere ad amici, parenti e ditte di trasloco, per informarli del suo felice trasferimento in montagna.

A suon di equivoci e soluzioni di emergenza per liberarsi dell’inquilino abusivo, Elvira e Concetta finiscono per scoprire che un intruso a quattro zampe può essere estremamente amichevole e che, grazie al trambusto generato dalla sua presenza, si può persino pensare a una ristrutturazione, non tanto della casa quanto piuttosto della propria vita!

Scritto e illustrato dal collaudato duo Alice Keller e Veronica Truttero, Caro signor F. è un racconto delizioso che scorre piacevole, fa sorridere e che mette in scena un piccolo protagonista a cui è difficile non affezionarsi. Stampato con alcune caratteristiche di alta leggibilità, come il font EasyReading, la sbandieratura a destra e la spaziatura maggiore tra le lettere, le righe e le parole, il libro presenta frequenti illustrazioni a matita che consolidano il tono tenero e buffo del racconto.

 

Le catastrofi del giorno

Non è facile affrontare le giornate quando i pericoli – dall’inquinamento agli incidenti aerei, dai malintenzionati ai cibi poco sani – sembrano nascondersi minacciosamente dappertutto e diventano un chiodo fisso. Così è per la dodicenne Majken che, con fare più vicino a quello di un’anziana che non a quello di una ragazzina, formula pensieri molto maturi e nient’affatto privi di allarmismo. Nella sua vita non c’è spazio – sembrerebbe – per frivolezze preadolescenziali, amicizie del cuore e pomeriggi spensierati: tutte cose che poco le interessano e che giudica per di più sciocche. Questo suo modo di porsi di fronte al mondo, che agli occhi del lettore e dei coetanei oscilla tra lo strambo e l’assillante, preoccupa non poco la madre, con la quale Majken vive sola e che un giorno, per convincerla a uscire, a distrarsi e a socializzare, le regala un cagnolino di cui occuparsi. È un cane bruttarello e indisciplinato, Blunder, ma il suo arrivo segnerà una svolta nella vita della ragazzina, consentendole di fare incontri preziosi e di incrinare la solida gabbia emotiva dentro la quale si è da tempo rinchiusa.

Con una narrazione che, seguendo il filo dei pensieri di Majken, dipinge il mondo con un filtro diverso da quello comune, Cilla Jackert ci fa affezionare, spesso scuotere la testa, talvolta chiedere “ma come ti viene in mente?” di fronte a una protagonista tanto bizzarra. Fino all’ultimo capitolo, dove un finale liberatorio, tanto per Majken quanto per chi legge, ci conduce nel passato della ragazzina, offrendoci uno spiraglio di comprensione ed empatia per quella sua interiorità tanto tormentata. Senza alcuna pretesa né attitudine prescrittiva, la storia di Majken ci illumina su cosa possano portare con sé un lutto e il dolore che ne consegue e su quanto valga la pena interrogarsi su ciò che si nasconde dietro un atteggiamento strano o persino respingente.

In Le catastrofi del giorno si ritrova e si riconosce il piglio schietto e a tratti cinico dell’autrice e la sua radicata familiarità con la città di Stoccolma, di cui pare di percorrere strade e quartieri, percepire odori e rumori, respirare la cultura, proprio come accadeva in Ci si vede all’Obse, altro bel romanzo di Cilla Jackert pubblicato nel 2018 da Camelozampa. Anche qui la stampa presenta font EasyReading e spaziatura maggiore che rafforzano la leggibilità del libro anche da parte di ragazzi con dislessia. Una più ariosa distribuzione del testo, per esempio con paragrafi distanziati e pagine meno piene, potrebbe consolidare ulteriormente l’accessibilità del volume.

Broncio e Coda

libro Quando desideri un animale da compagnia ma cani e gatti, per i tuoi genitori, sono fuori discussione, i pesci rossi possono essere un ottimo ripiego! È così che Broncio e Coda – muso lungo il primo, coda appariscente il secondo – entrano a far parte della famiglia di Teresa il giorno del suo compleanno.

Sistemati nella loro vaschetta nuova di zecca, i due pesci diventano presto degli insostituibili confidenti per la protagonista che, incuriosita dalle loro qualità e abitudini, ne trae sovente sagge lezioni di vita. Perché i pesci come Broncio e Coda saranno pure muti come si usa dire ma possono insegnarci molte cose: che addomesticare animali e persone non è affar scontato, per esempio, o che ci si può sentire soli anche quando si vive vicino a qualcuno. Come una sorta di filtro silenzioso attraverso il quale Teresa osserva le piccole e grandi cose della sua quotidianità, Broncio e Coda diventano parte integrante di una famiglia in cui nessuno resta del tutto immune al fascino dei pinnati e in cui le relazioni, soprattutto tra fratelli, si nutrono di piccoli screzi e rappacificamenti.

Proprio quelle relazioni, in cui – pesci rossi o no – non sarà difficile per il lettore riconoscersi, sono al centro del libro di Silvia Nalon, con le briose illustrazioni di Martina Motzo.

Più ricco di pensieri che di peripezie, Broncio e coda offre un’occasione di lettura quieta e piacevole in cui immergersi. Inserito nella collana leggimi di Sinnos, il libro presenta inoltre tutte le caratteristiche di alta leggibilità che agevolano la lettura anche in caso di dislessia.

Charlie e il misterioso professor Tiberius

Le giornate di Charlie si svolgono nel segno della regolarità: regolarità nel vestire (rigorosamente magliette neutre, felpe larghe, Crocs blu per stare in casa, nere per stare fuori), regolarità nel mangiare (preferibilmente se non esclusivamente nuggets di pollo), regolarità nel lavarsi le mani (né più né meno che 12 serie di insaponamento e risciacquo, una per ogni suo anno di vita), tanto per fare qualche esempio. Non sarà dunque difficile comprendere il tornado emotivo che investe Charlie quando suo papà, giornalista di guerra, torna ferito dall’Afghanistan e necessita di cure specifiche dall’altra parte degli Stati Uniti. In pochissimo tempo le routine e la rassicurante quotidianità di Charlie saltano e, come se non bastasse, sua sorella Davis, adolescente ribelle, convince lui e i gemelli Joel e Jake, pestiferi decenni, a mettersi in macchina per raggiungere la clinica in cui il papà è ricoverato.

Sarà un lungo e avventuroso viaggio quello che aspetta i quattro fratelli, accompagnati da una giovane di nome Ludmila il cui passato in Bosnia e il cui legame con il papà dei ragazzi si vela di mistero fino all’arrivo. Charlie accetta suo malgrado di partecipare alla spedizione, perlopiù motivato dalla possibilità di visitare i luoghi natali del professor Tiberius Shaw, ornitologo di cui è grandissimo estimatore e di cui possiede, per fortuite circostanze, un prezioso manoscritto. Non solo: quel viaggio di chilometri e chilometri attraverso montagne, foreste e pianure americane è per Charlie l’occasione perfetta per avvistare gli esemplari della Lista degli Uccelli da Vedere Prima o Poi che ha compilato tempo prima con il papà e a cui si aggrappa con tutte le sue forze nella convinzione che spuntarli tutti possa significare la guarigione del genitore. Un modo tutto suo, insomma, per tenere a bada le preoccupazioni e dimostrare un affetto che solo apparentemente non si manifesta.

Con il suo interesse spasmodico per gli uccelli, i suoi comportamenti bizzarri e la sua totale insofferenza verso norme sociali di dubbio senso, Charlie ricorda un poco Ted, il protagonista della serie Netflix Atypical, che condivide con il romanzo di Sally J. Pla una schiettezza ironica rispetto al tema della neurodiversità. Al seguito di Charlie e della sua sgangherata famiglia ci inoltriamo su territori che per la gran parte di noi risultano sconosciuti e sono resi insidiosi da pregiudizi e visioni stereotipate. Siamo portati a conoscere, per esempio, l’oppressione fisica che determinate sensazioni e situazioni generano in Charlie e lo sfiancante contrasto tra la sua difficoltà a esprimere sentimenti e la sua attitudine a provarli, ritrovando oltre che una storia appassionante e avvincente, anche un ritratto palpitante di cosa significhi interagire con il mondo e interpretarlo secondo schemi differenti.

Giacomino già che sei in piedi

Già che sei in piedi… prendi questo? Fai quello? Mi passi quell’altro? A chiunque è senz’altro successo di sentirsi rivolgere una richiesta di questo tipo ma di certo a nessuno è capitato così di frequente come al protagonista della buffa storia firmata da Angelo Mozzillo e Umberto Mischi. Fin da piccolo, infatti, Giacomo – Giacomino per gli amici – è diventato Giacomino-già-che-sei-in-piedi proprio a causa delle insistenti preghiere dei suoi familiari, abituati a farsi fare favori, sporgere cose e prendere oggetti dal malcapitato giovanotto.

Questi, però, un bel giorno si stufa e mette in piedi uno sciopero d’effetto. Un vero a proprio sit in, a dirla tutta. Giacomino decide infatti di restare seduto a oltranza e così resta sia per mangiare, sia per dormire, sia per giocare. Irremovibile nella sua decisione persino quando si tratta di andare a scuola, Giacomino vien trasportato di peso in classe dai genitori. E qui succede l’inatteso: sulla scia del maestro di arte, il corpo docenti interpreta il gesto del giovane come una meravigliosa provocazione contro la frenesia moderna e, per valorizzarne la portata, tutti si recano in comitiva dal sindaco. Di Giacomino seduto si fa dunque un gran parlare, tanto che il ragazzo viene invitato a tenere un discorso. Ma mai sedersi sugli allori: gli imprevisti possono sollevarsi proprio quando meno te lo aspetti…

Simpatico e scorrevole, Giacomino già che sei in piedi unisce una storia surreale e divertente a uno stile ben ritmato che incentiva la lettura. Inserito all’interno della collana Minizoom di Biancoenero, il volume presenta tutte le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono quest’ultima, rendendola una proposta davvero appetibile per giovanissimi lettori, anche con difficoltà legate alla dislessia, alle prime armi con la lettura autonoma.

 

 

 

Joker

“In fondo erano contenti di tornare a scuola”, così inizia Joker, il racconto di Susie Morgenstern da poco uscito per i tipi di Biancoenero (ma in realtà pubblicato per la prima volta nel 1999 in Francia e nel 2002 in Italia). Difficile immaginare un incipit più ficcante in questo preciso momento storico, se si considera che dopo mesi di DAD e scuole chiuse, il desiderio di tornare fra i banchi è quantomai acceso nei bambini e nei ragazzi. Ecco dunque che la loro attenzione ha subito di che esser catturata da una storia che non delude anche oltre la prima pagina. L’autrice, pluripremiata e di conclamata bravura, si conferma infatti abilissima nel mantenere accesa la curiosità del lettore con un racconto brillante e molto vicino al sentire dei bambini.

Protagonista è  Biagio Natale, anziano maestro che, nonostante l’apparenza dettata dall’età, sa come sorprendere la sua nuova classe. Il primo giorno, infatti, in luogo di sterili presentazioni, Biagio distribuisce ad ogni allievo un mazzo di Jolly, ciascuno valido per far fare o non far fare qualcosa a chi decida di giocarselo. In ogni mazzo c’è il jolly per ballare in classe, per esempio, quello per restare a letto, quello per dire una bugia o quello per fare una carezza a chi si vuole. Spiazzati e divertiti, i bambini scoprono presto il valore di quelle carte ma lo stesso non si può purtroppo dire dell’arcigna preside Candida Peres, perfetta incarnazione della didattica più stantia e meno empatica. Nonostante i suoi provvedimenti, i semi piantati da Biagio Natale finiranno tuttavia per germogliare, dando risalto all’imbattibile capacità dei bambini di fare tesoro di quanto vien loro con gioia trasmesso. E a quella di alcuni adulti di trasformare l’insegnamento in Educazione con la E maiuscola.

Coinvolgente e brioso, Joker lascia trapelare una profonda conoscenza dell’infanzia, del pensiero che la attraversa e degli interruttori che ne accendono la partecipazione. La sua lettura si fa così scorrevole e accattivante, complici anche i personaggi ben costruiti, la narrazione snella e gli accorgimenti con cui il libro è stampato. Le caratteristiche di alta leggibilità proprie della collana Minizoom di cui Joker fa parte, che coinvolgono la struttura testuale ma anche gli aspetti di stampa come la spaziatura, il font e la sbandieratura, concorrono infatti ad alleggerire il confronto con la pagina scritta e a sostenere l’avanzamento nella storia anche da parte di giovani lettori con dislessia.

Giacomo di Cristallo e altre storie

Tutti gli usi della parola a tutti, scriveva Rodari, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo. A cent’anni dalla nascita dello scritto di Omegna la casa editrice la meridiana trova un ottimo modo per omaggiare questo credo ancora attualissimo dell’autore: proporre una versione di alcune delle sue fiabe con i simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Terzo titolo della collana Parimenti, Giacomo di cristallo e altre storie declina in maniera molto concreta l’importanza di allargare l’accesso alla parola anche a chi normalmente ne viene escluso, e non lo fa solo diversificando i linguaggi con cui il lettore può accedere al testo ma anche privilegiando la traduzione di racconti dalla forte valenza civile.

Quello di Giacomo di Cristallo, per esempio, che anche rinchiuso in prigione ispira i suoi concittadini con trasparenti pensieri di protesta contro le ingiustizie della dittatura. Quello de La casa di tre bottoni, che pur essendo piccina piccina riesce a ospitare 13 persone e un cavallo, perché fatta con il cuore. Quello de La principessa allegra che vede le persone e le loro storie come unica possibilità di capire e compatire davvero i drammi della guerra. Quello di Re Mida e il brigante Fifone in cui la rinuncia all’oro porta a ricchezze ben più preziose. E quello di Teresin che non cresceva a causa del dolore ma che l’amore riesce a far diventare grande e che per amor di giustizia diventa persino una gigantessa.

Le storie contenute nel volume sono cinque e sono di diversa lunghezza. Tutte condividono una spiccata attenzione ai valori della solidarietà, dell’amore e della giustizia: caratteristica questa che le rende ideali per innescare una riflessione individuale e condivisa sulla storia e sull’attualità a misura non solo di bambino ma anche e soprattutto di lettore con qualche anno in più. I sentimenti positivi e negativi, le ingiustizie e il loro riscatto, la dittatura e il buon governo, la ricchezza e la povertà, solo per fare qualche esempio, sono infatti affrontati da Rodari con grande schiettezza e ben si prestano a solleticare l’immaginario e il pensiero di giovani adulti. Ecco dunque che l’inserimento di queste storie apparentemente semplici all’interno della collana Parimenti, che si rivolge principalmente ai preadolescenti e agli adolescenti e il cui sottotitolo è non a caso “Proprio perché cresco”, appare tutt’altro che stonata.

Come per i precedenti titoli, anche qui il testo è oggetto di una rielaborazione mirata a rendere alcune frasi più lineari, a esplicitare alcuni elementi sottintesi o metaforici e a contestualizzare alcuni dettagli: tutti accorgimenti che non intaccano la freschezza del racconto e la sua indole profondamente schierata. La linearità e la semplicità narrativa che sono proprie di Rodari, d’altro canto, si prestano con naturalezza a un lavoro di semplificazione e simbolizzazione che consenta l’accesso al testo anche da parte di lettori con autismo o difficoltà di comunicazione. La ricchezza del testo, dal canto suo, viene mantenuta grazie all’utilizzo della collezione di simboli letterariamente più versatili – quella dei simboli WLS – e alla scelta di simbolizzare tutti gli elementi della frase (compresi per esempio pronomi, articoli, preposizioni) e di inserire i qualificatori di tempo e plurale.

Il risultato è un volume che sposa semplicità narrativa ed espositiva e complessità di pensiero: un’ottima miscela per giovani lettori esigenti e curiosi.

Giacomo di cristallo e altre storie è reso disponibile dalla casa editrice anche in formato ebook, con le medesime caratteristiche compositive della versione cartacea.

Novelle fatte a macchina

Ci sono personaggi che fanno parte di un immaginario collettivo ben radicato. Ecco, gli extraterrestri che atterrano a Pisa per sgraffignare la torre, l’irriverente bambola a transistor che sa parlare o i due terribili gemelli Marko e Mirko che non mancano di coraggio fanno parte di quella schiera di figure fantastiche che in molti di noi evocano ricordi, accendono scintille e suonano familiari. Merito della penna straordinaria di Gianni Rodari che a quei protagonisti ha dato vita all’interno della raccolta Novelle fatte a macchina.

Chissà quale effetto sortiscono sul lettore di oggi. Se è vero infatti che le novelle di Rodari fanno riferimento a un precisissimo contesto storico – basti pensare alla centralità di un programma come Rischiatutto all’interno di uno dei racconti –  che può renderle un po’ distanti, è altrettanto vero che esse mescolano reale e fantastico in maniera così sapiente e lasciano spazio a domande e riflessioni così importanti e attuali che difficilmente, anche oggi, possono lasciare indifferenti. In più, la loro formula snella risulta particolarmente spendibile e vincente, anche pensando a letture frammentarie e lettori riluttanti.

Nate come racconti brevi commissionati dal giornale Paese sera, le Novelle fatte a macchina sono pubblicate negli anni ’70 da Einaudi. Oggi Emons le ripropone in formato audio (su Cd o scaricabili direttamente in file MP3) che ne allarga le possibilità di fruizione anche a bambini e ragazzi con difficoltà di lettura legate per esempio a una disabilità visiva o alla dislessia e a lettori desiderosi di godersi una bella storia anche quando gli occhi sono impegnati in altra attività. Con il suo piglio senza lungaggini, ecco che l’ascolto delle Novelle fatte a macchina potrebbe in un ipotetico viaggio in automobile riempire a meraviglia tratte medio-brevi!

 

Cane, lupo e cucciolo

Ricordate Lupo e Cane, i due cugini a dir poco insoliti nati dalla penna di Sylvia Vanden Heede e dalla matita di Marije Tolman? Protagonisti di Lupo e Cane, insoliti cugini, uscito per Beisler nel 2015, i due animali tornano sulla scena con una nuova avventura ad alta leggibilità intitolata Cane, lupo e cucciolo.

Come il titolo lascia facilmente intuire, alla coppia di nemici-amici si aggiunge questa volta un terzo compare, più precisamente un giovane spitz di pura razza che poco sa del mondo e che necessita di molte cure. Il padrone di Cane lo ha preso perché questi avesse compagnia ma per Cane il nuovo arrivato è più che altro una scocciatura, dal momento che si trova a fargli da balia e a prendersi le sgridate al posto suo. Così, quando gli si offre l’occasione di togliersi di torno il cucciolo e al contempo di liberarsi delle angherie di Lupo, non gli par vero: subito Cane ne approfitta e torna a godersi la sua serenità. Non ha però fatto i conti con l’affetto che presto prende dimora anche nei confronti di chi ci pare distante e così, in quattro e quattr’otto, Cane torna sui suoi passi, dimostrando che anche i tipi più carini e coccolosi sanno e possono all’occorrenza tirare fuori i denti per difendere i propri cari.

Senza bisogno di dichiararlo e sbandierarlo tanto in giro (ottimo segnale!), il libro svela dunque un catalogo variegato e interessante di emozioni – dalla rabbia alla paura, dalla felicità alla nostalgia – con cui il lettore frequentemente si misura e in cui può facilmente riconoscersi. Le micro-vicende dei due cugini e del loro nuovo compagno, perciò, non solo compongono un racconto non convenzionale e a tratti ironico in cui immergersi, ma offrono anche un terreno fertilissimo per confrontarsi con e su un tema delicato come la gestione emotiva delle diverse situazioni.

Dotato di un umorismo tutto particolare e scritto in una forma originale che mescola prosa, cadenza poetica e indole teatrale, Cane, lupo e cucciolo si compone di 16 capitoli abbastanza brevi, il cui animo delicato viene amplificato dalle illustrazioni dalle linee sottili e dalle sfumature accese che frequentemente animano la pagina. Questo, unito alla scelta di un font meno affaticante per la vista come il TestMe e di caratteristiche di impaginazione ad alta leggibilità (spaziatura maggiore, testo allineato a sinistra…), concorre a rendere la lettura del libro più amichevole anche in caso di dislessia.

Non solo: Cane, Lupo e cucciolo rivela un alto grado di accessibilità anche per un’altra ragione. Il libro inaugura, infatti, l’interessante progetto Leggieascolta di Beisler che prevede l’unione del testo cartaceo e del relativo audiolibro. Quest’ultimo è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina, l’app apre infatti l’audiolibro corrispondente al volume, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o per stabilire un tempo predefinito dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che alcune attente case editrici stanno pian piano facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Nino e Taddeo dipingono la primavera

Che bella coppia di amici, Nino la talpa e Taddeo il topolino! Affiatati, vicendevolmente generosi e felici di godere della reciproca compagnia, i due sono protagonisti di un libro che ne racconta alcune avventure minime: una sessione di pittura en plain air, una domenica di pesca alla carpa e una dichiarazione specialissima all’amata di Nino. Le loro sono, per l’appunto, avventure minime poiché colpi di scena, imprevisti e peripezie non sono per nulla contemplate. Il fascino e il gusto saporito delle loro vicende illustrate stanno piuttosto in una quotidianità umana resa a misura di bestiola, in una freschezza di sentimenti non descritti ma ben riconoscibili dai piccoli gesti e in un’amicizia bellissima che poggia saldamente su un’ironia gentile.

Grazie a questo impianto, anche il tema della disabilità viene trasversalmente toccato, o per meglio dire carezzato, senza il peso di moniti o precetti. La cecità quasi totale della talpa Nino è infatti una delle caratteristiche che ne condiziona il fare e come tale è ben presente nel libro, tant’è che su di essa si giocano diverse scene buffe. Il fatto che sia assodata, tanto dal lettore che associa automaticamente l’animale al difetto di vista, quanto dal compare Taddeo, che con naturalezza ne parla e laddove necessario offre al suo amico una zampa, fa sì che essa non gravi sul racconto. La trama non è infatti incentrata sulla cecità di Nino ma da essa trae spunto e nutrimento per rafforzare il legame della talpa con Taddeo e per rendere le loro vicissitudine fuori dal comune. In un panorama ormai abbastanza ampio di libri per l’infanzia che avvicinano più o meno esplicitamente il tema della disabilità, Nino e Taddeo dipingono la primavera si lascia quindi apprezzare per la maniera spigliata e genuina in cui lo fa, dosando per benino ironia e rispetto: gli stessi ingredienti che – guarda un po’ – contraddistinguono le amicizie più convenzionali!

Nino e Taddeo dipingono la primavera è il primo volume di una serie scritta da Henry Meunier e illustrata da Benjamin Chaud, edita in Italia da Terre di Mezzo, ed è un libro dall’aspetto interessante. La dimensione né troppo grande né troppo piccola lo rende maneggevole e insieme lo distingue dall’albo illustrato standard, la copertina rigida gli dà un tocco di valore in più, il testo poco affollato e ben distribuito risulta facilmente approcciabile e le illustrazioni a ogni pagina, talvolta totalmente protagoniste, incentivano e arricchiscono la lettura. Ne risulta un prodotto di grande appeal per quei lettori nel bel mezzo della scuola primaria che iniziano ad avventurarsi tra letture autonome più consistenti ma allo stesso tempo trovano rassicurante un impianto che non rinunci all’apparato iconografico. Testo e illustrazioni si relazionano inoltre in modo giocoso, invitando il lettore a trovare tra i numerosi guizzi ironici che entrambi nascondono: un’attenzione che contribuisce a rendere la lettura un’esperienza appagante e da cui lasciarsi stuzzicare.

Le parole scappate – nuova edizione

Due patologie differenti: Alzheimer e dislessia. Due età opposte: un’anziana e un bambino. Due difficoltà distinte: decifrazione e ricordo. Mariadele e suo nipote sembrerebbero aver poco in comune. Eppure…

Con Le parole scappate, Arianna Papini immagina e fa immaginare come possano convergere storie apparentemente diverse e prive di un binario condiviso. Attraverso un racconto poetico ed essenziale e illustrazioni dal tratto marcatamente sospeso, le parole si scoprono infatti elemento di incontro tra una nonnaa che difetta nella memoria e un ragazzino che stenta a leggere correntemente.

In entrambi i casi le parole si fanno protagoniste di perdite, di mancanze e talvolta di autentiche forme di sofferenza, ma diventano al contempo anche stimolo e strumento di riscatto. La narrazione, verbale e più genericamente artistica, diventa in effetti una possibilità di contatto attraverso la quale nonna e nipote trovano una personale e comune strada per l’accettazione di sé.

Ripubblicato a quasi dieci anni di distanza dalla prima edizione (quando Coccole books si chiamava ancora Coccole e Caccole!), Le parole scappate trova ora un nuovo formato, leggermente più ampio e con copertina rigida, ma anche una nuova grafica interna che valorizza figure e capitoli, che così proposti paion quasi poesie. Niente di più azzeccato: la mano di Arianna Papini, quando scrive e quando dipinge, ha infatti una grazia poetica di fronte alla quale è difficile restare indifferenti.

Le avventure di Augusta Snorifass

Augusta Snorifass è, in tutto e per tutto, una creatura di carta. Lo è in senso metaforico, perché si anima e vive straordinarie avventure grazie alla parola scritta di Chiara Carminati, e lo è nella realtà poiché, come spiega quest’ultima, nasce dalla fantasia di Hans Christian Andersen in persona, che la ritagliò con un bel corredo di vestitini, per fare un dono alla figlia di un caro amico. E proprio da questo aneddoto, poco noto ma molto suggestivo, Chiara Carminati prende le mosse per costruire un personaggio delizioso e intraprendente, che vive nella casa di un certo conte in compagnia di un vanitoso soldatino di piombo e di una fitta schiera di topolini.

A lei che ama ritagliarsi meravigliosi abiti in carte di volta in volta differenti e che non nasconde una certa dose di coraggio, l’autrice dedica otto racconti incantevoli, due per ogni stagione. Troviamo così Augusta in sella all’amico corvo nel tentativo di recuperare gli abiti sparpagliati dal vento, in fuga da un rospo intenzionato a papparsela per cena, alla ricerca di un topolino disperso nel labirinto del castello, all’inseguimento della sua ombra in compagnia di uno scoiattolo o intenta a sfidare il freddo del giardino pur di spedire la sua lettera dei desideri natalizi. Il suo è un mondo piccolissimo in cui succedono cose, in proporzione, straordinariamente grandi.

I racconti di cui si compone Le avventure di Augusta Snorifass sono piccini e deliziosi come dolcetti mignon. Ognuno è in sé gustoso e pieno, oltre che facilmente abbordabile per la lunghezza, ma unito agli altri compone un quadro di ampio respiro, minuzioso e ricchissimo. Esperta tessitrice di parole, Chiara Carminati confeziona delle fiabe moderne molto saporite, che uniscono un certo gusto per i vezzi e le preziosità con una buona dose di peripezie avventurose. E la cura con cui l’autrice cuce i suoi racconti è in fondo la stessa con cui la sua Augusta inventa, taglia, imbastisce e impreziosisce i suoi abiti straordinari.

Nella versione del libro edita da Mondadori le illustrazioni sono firmate, con una scelta a dir poco azzeccata, da Clementina Mingozzi, autentica maestra del ritaglio della carta. Le sue immagini intagliate accompagnano alla perfezione le vicende di un’eroina che di carta è per l’appunto fatta, aggiungendo al volume un tocco fiabesco di grandissimo valore.

Un audiolibro de Le avventure di Augusta Snorifass sembrerebbe partire con uno svantaggio, non potendo evidentemente contare sul prezioso contributo delle immagini. Eppure la versione che ci offre Locomoctavia, in file audio scaricabile o cd MP3, trova il modo di restituire al lettore, per altra via, quel medesimo incanto. Anche stavolta Daniele Fior, che della piccola casa editrice udinese è l’anima e il motore, compie una piccola magia, immergendo il lettore in un’atmosfera che profuma di meraviglia. Lo fa con un uso sapiente della voce, capace di modellarsi su una moltitudine di personaggi differenti, e con l’accompagnamento musicale di Marco dell’Acqua che con il suo pianoforte fa passeggiare, correre, volare ed emozionare il lettore di pari passo con Augusta. L’incontro studiato e accorto di voce e strumento musicale – così come abbiamo imparato ad apprezzare in lavori precedenti come Pinocchio, Il giornalino di Gianburrasca o Il drago di K e altre fiabe polacche – fa in qualche modo quello che su carta fanno le figure di Clementina Mingozzi: amplifica il sapore incantevole delle parole di Chiara Carminati in cui ritaglia una possibilità di immersione ancor più profonda.

È possibile ascoltare un assaggio dell’audiolibro sul sito della casa editrice.

 

Le avventure di Augusta Snorifas, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono inoltre fruibili tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

Amiche d’ombra – nuova edizione

Con la sua penna attenta e le sue figure inafferrabili, Arianna Papini sa come catturare il lettore. Quel suo tocco inconfondibile a cui ci ha abituati da tempo e che le è valso moltissimi premi, tra cui l’Andersen come miglior illustratrice nel 2018, lo ritroviamo senza eccezione anche in Amiche d’ombra, storia di un’amicizia che è insieme ordinaria e fuori dal comune.

Qui si racconta dell’incontro e del legame profondo che si instaura tra Arianna e Michela, nel caos spensierato, spaesato ed esplosivo delle scuole medie. In una quotidianità sincera e spiccia, fatta di compiti e concerti, piccole ribellioni e gite scolastiche, amori acerbi e confidenze, le due ragazzine riconoscono l’una nell’altra un’affinità che travalica due caratteri molto diversi – impulsiva ed esuberante la prima, riservata e silenziosa la seconda – e due modi differenti di approcciare il mondo. Michela, infatti, non vede ma la sua cecità si fa spazio nel racconto e nella vita dell’amica come un tassello sì insolito ma non intruso.

Arianna impara pian piano a entrare nel mondo senza vista dell’amica e a condurre quest’ultima attraverso il suo sguardo. Ma lo fa senza quasi accorgersene, con l’intimità spontanea che è tipica dell’infanzia. E proprio questo colpisce nello scorrere queste pagine: come la condivisione di esperienze, sensazioni, momenti e timori tra universi apparentemente non comunicanti trovi una sua naturale dimensione tra le faccende di ogni giorno.

Arianna Papini dà vita a tutto questo con una scrittura in cui ironia pungente e malinconia, frammenti di vita e flussi di coscienza, voci levate e pensieri sussurrati si mescolano senza soluzione di continuità. L’autrice segue, in particolare, il corso di un intero anno scolastico: periodo durante il quale l’amicizia tra Arianna e Michela si consolida. Lo fa attraverso la voce schietta di Arianna che lascia spazio a un ventaglio di sentimenti che riflette bene la complessità emotiva tipica della preadolescenza. Ad amplificare questo aspetto concorrono le splendide ed espressive illustrazioni realizzate dalla stessa autrice, che accompagnano con frequenza il racconto a parole. Sincero e profondo, il ritratto che Arianna Papini offre di una giovinezza e dei legami che la sostengono sa far specchiare i lettori del 2020, nonostante i  vent’anni pieni appena compiuti dal libro e resi qua e là evidenti da riferimenti volanti per esempio ai registratori di una volta e alle canzoni di Elton John.

Pubblicato per la prima volta nel 2000 da Fatatrac nella raffinata collana degli Ottagoni, Amiche d’ombra è ora riedito da Uovonero, che lo propone in un nuovo e leggermente più ampio formato, con una grafica differente e illustrazioni rinnovate. In questa nuova veste i singoli capitoli si esauriscono perlopiù in una doppia pagina e le figure occupano una facciata intera che ne valorizza l’intensità e il concorso emotivo alla narrazione. L’iniziativa è apprezzabilissima perché in un periodo storico di bulimica produzione editoriale fa sì che un racconto vivo e fuori dall’ordinario come questo non vada perduto o dimenticato. A gran voce gridiamo, insomma: bentornate, Amiche!

Il cavaliere saponetta e la terribile strega

L’avevamo lasciato al termine di una avventurosa caccia al drago, più lindo e scintillante che mai, ed ora eccolo di nuovo qui, il lustro e illustre Cavaliere Saponetta! Innamorato della sua Lucy, disordinata quanto basta per mettere alla prova la sua insofferenza per la confusione, il Cavaliere più pulito del reame è diventato papà. La faticosa e itinerante vita da paladino, tuttavia, lo ha tenuto a lungo fuori casa e lontano dal piccolo Max che nel suo ingenuo immaginario altro non è che un galantuomo in miniatura. Grande è, dunque, il suo sconcerto quando Lucy parte per il tradizionale Ballo delle dodici principesse e lui, rimasto da solo ad occuparsi del pargolo, scopre la vera natura del suo pupetto. Quel poppante non sa mangiare con le posate, pulirsi la bocca col tovagliolo, dire pardon quando gli scappa un ruttino né lavarsi con il sapone! Per non parlare dell’odore insopportabile che con frequenza lo avvolge: per il Cavaliere Saponetta è davvero troppo e così si convince a cercare l’aiuto di una strega. Scoperto, però, che questa intende recarsi al Ballo delle dodici principesse per avvelenarne almeno una e prenderne il posto, il Cavaliere rivede le sue priorità, si carica il puzzolente figliolo a cavallo e insieme al fido apprendista Elmo parte all’inseguimento della strega. Segue un’incalzante catena di tallonamenti, travestimenti e rivelazioni che fino all’ultima riga fa fare al lettore il pieno di risate.

Con questa nuova avventura dedicata al paladino della pulizia, intitolata Il Cavaliere Saponetta e la terribile strega, Mattia de Leeum si conferma abilissimo nel tessere trame tutto sommato semplici ma dal ritmo galoppante e dallo spirito irriverente. Stare al passo del Cavaliere Saponetta significa lasciarsi travolgere da imprevisti spassosi e situazioni buffe che rovesciano il côté più prevedibile delle fiabe pur conservandone ambientazioni, personaggi e motivi. Con un effetto divertente e spiazzante, l’autore riesce a mettere in discussione alcuni cliché di genere, ma più in generale sociali, tenendosi però alla larga dalla pesantezza delle storie a tema così come dal rischio di trasformare il rovesciamento di uno stereotipo in uno stereotipo nuovo, solo di segno opposto. E questo accade perché le sue sono prima di tutto buone storie con ottimi personaggi: tutto il resto viene dopo, di conseguenza. Anche per questa ragione il libro scorre così liscio e piacevole, solleticando anche chi della lettura proprio non vuole saperne.

Sinnos, che di solletico al lettore se ne intende eccome, lo colloca non a caso tra I narratori a colori, una collana che propone storie spigliate e ricche di immagini, oltre che stampate con font leggimi e con caratteristiche tipografiche di alta leggibilità. Il lettore a cui Il Cavaliere Saponetta e la terribile strega idealmente si rivolge, che potrebbe essere un bambino dagli 8 anni in su che con la lettura inizia a prendere dimestichezza ma che può ancora facilmente inciampare, viene così stuzzicato con una storia di un certo corpo ma al contempo rassicurato con un’impaginazione gradevolissima e incoraggiante. Perché diventare genitori è un’impresa epica (che si sia o meno Cavalieri Saponetta), ma crescere lettori può non essere da meno!

Un drago per amico

Piero è un raro drago che, lasciata la dimora dei genitori, decide di stabilirsi in una valle popolata dagli uomini. Questi lo accolgono con favore a patto che rinunci a sputare il fuoco. Tutto subito Piero accetta ma si rende ben presto conto che rinunciare alla propria natura non può che portargli tristezza. Sarà l’arrivo di un rigido inverno e la necessità di asciugare la legna del villaggio a restituire al drago il diritto di essere sé stesso e di sfruttare le sue peculiarità in favore della collettività.

Un drago per amico è un libro tattile che si colloca, per almeno due ragioni, al di fuori della più consueta produzione ad uso di giovani lettori con disabilità visiva. La prima è legata al rapporto tra testo e immagini: il testo è infatti molto più lungo del solito e nella stragrande maggioranza dei casi occupa l’intera pagina senza essere affiancato da alcuna figura. Questo fa sì che la storia possa essere un po’ più corposa rispetto agli albi tattili più diffusi e che il target di riferimento sia composto da bambini un po’ più grandi, indicativamente in età scolare. La seconda ragione concerne invece il tipo di illustrazione tattile proposta. Delle poche figure che popolano il libro – sei in tutto – circa la metà non sfruttano la tecnica del collage materica ma prediligono la messa in rilievo puntinata del contorno. Ne risultano illustrazioni dalla decifrabilità piuttosto complessa e talvolta criptica. Al contrario le illustrazioni che sfruttano il collage materico sono molto più basiche e risultano più immediate anche a chi esplori la pagina al tatto.

In definitiva testo e illustrazioni condividono un certo aspetto acerbo che rischia di comprometterne l’attrattiva nei confronti dei lettori. Resta invece interessante la scelta di percorrere una strada nuova, rivolgendosi a un pubblico di lettori spesso trascurati dall’editoria tattile come quelli che iniziano ad affrontare prime letture in autonomia.

Il grande Nate e la lista smarrita

Benvenuto Nate! Protagonista di una serie di smilze avventure investigative marchiate USA di gran successo fin dagli anni ‘70, il personaggio creato da Marjorie Weinman Sharmat è approdato in Italia per i tipi de Il Barbagianni editore. Instancabile divoratore di pancake e serissimo conduttore di indagini taglia mignon, Nate è un tipetto ostinato e acuto, il cui sguardo sagace accompagna piacevolmente il lettore nella raccolta di indizi e nella risoluzione di piccoli misteri di quartiere. A commissionare le indagini sono perlopiù amici e compagni: gli stessi che immancabilmente finiscono nella lista dei sospetti interrogati dall’arguto Nate e dal suo fido segugio Fango!

I libri che compongono la collana offrono occasioni di lettura davvero ghiotte per bambini alle prese con le prime esperienze di lettura autonoma. A renderli perfetti per sostenere lettori poco esperti o con difficoltà di decodifica legate alla dislessia, concorrono non solo le caratteristiche di alta leggibilità (spaziatura, sbandieratura e font Easyreading, nella fattispecie) ma anche una sintassi semplice e lineare, uno stile agile e ironico, illustrazioni praticamente a ogni pagina e uno sviluppo narrativo abbordabile sia nella lunghezza che nella struttura. Il bambino si trova cioè di fronte dei libri che sorridono nella forma e che lo fanno sorridere nel contenuto, libri che fin dallo spessore e dall’aspetto della pagina offrono una sfida di lettura che non pare persa in partenza. La speranza è dunque che i numerosi titoli della collana americana vengano man mano tradotti, così come ad oggi è accaduto per Il grande NateIl grande Nate e la lista smarrita e (a breve) Il grande Nate e la falsa pista.

Il grande Nate è il primo volume della collana. Qui facciamo la conoscenza del protagonista, delle sue passioni e del suo professionalissimo metodo di lavoro. Per la prima volta lo vediamo alle prese con un’indagine: quella volta a scoprire che fine abbia fatto il disegno in cui la sua amica Annie ha ritratto l’amato cane Zanna. Saranno necessari interrogatori, scavi, raccolta di indizi e applicazione della teoria dei colori per scoprire che, come nel celebre racconto di Edgar Allan Poe, la soluzione del mistero può essere più vicina di quel che si creda.

Ne Il grande Nate e la lista smarrita il caso è altrettanto complesso. Claude, che agli smarrimenti non è nuovo, chiede infatti a Nate di aiutarlo a ritrovare la lista della spesa che ha perso. Dove l’abbia perduta e cosa ci fosse scritto Claude non sa dirlo con esattezza e per questo a Nate toccano percorsi a ritrovo, il coinvolgimento di testimoni e deduzioni che richiedono un certo fiuto, in tutte le accezioni del termine. A sorpresa sarà la smodata passione di Nate per i pancake a rivelargli la soluzione del caso regalando al lettore un finale (più o meno) appetitoso!

 

Il grande Nate

Benvenuto Nate! Protagonista di una serie di smilze avventure investigative marchiate USA di gran successo fin dagli anni ‘70, il personaggio creato da Marjorie Weinman Sharmat è approdato in Italia per i tipi de Il Barbagianni editore. Instancabile divoratore di pancake e serissimo conduttore di indagini taglia mignon, Nate è un tipetto ostinato e acuto, il cui sguardo sagace accompagna piacevolmente il lettore nella raccolta di indizi e nella risoluzione di piccoli misteri di quartiere. A commissionare le indagini sono perlopiù amici e compagni: gli stessi che immancabilmente finiscono nella lista dei sospetti interrogati dall’arguto Nate e dal suo fido segugio Fango!

I libri che compongono la collana offrono occasioni di lettura davvero ghiotte per bambini alle prese con le prime esperienze di lettura autonoma. A renderli perfetti per sostenere lettori poco esperti o con difficoltà di decodifica legate alla dislessia, concorrono non solo le caratteristiche di alta leggibilità (spaziatura, sbandieratura e font Easyreading, nella fattispecie) ma anche una sintassi semplice e lineare, uno stile agile e ironico, illustrazioni praticamente a ogni pagina e uno sviluppo narrativo abbordabile sia nella lunghezza che nella struttura. Il bambino si trova cioè di fronte dei libri che sorridono nella forma e che lo fanno sorridere nel contenuto, libri che fin dallo spessore e dall’aspetto della pagina offrono una sfida di lettura che non pare persa in partenza. La speranza è dunque che i numerosi titoli della collana americana vengano man mano tradotti, così come ad oggi è accaduto per Il grande Nate, Il grande Nate e la lista smarrita e (a breve) Il grande Nate e la falsa pista.

Il grande Nate è il primo volume della collana. Qui facciamo la conoscenza del protagonista, delle sue passioni e del suo professionalissimo metodo di lavoro. Per la prima volta lo vediamo alle prese con un’indagine: quella volta a scoprire che fine abbia fatto il disegno in cui la sua amica Annie ha ritratto l’amato cane Zanna. Saranno necessari interrogatori, scavi, raccolta di indizi e applicazione della teoria dei colori per scoprire che, come nel celebre racconto di Edgar Allan Poe, la soluzione del mistero può essere più vicina di quel che si creda.

Ne Il grande Nate e la lista smarrita il caso è altrettanto complesso. Claude, che agli smarrimenti non è nuovo, chiede infatti a Nate di aiutarlo a ritrovare la lista della spesa che ha perso. Dove l’abbia perduta e cosa ci fosse scritto Claude non sa dirlo con esattezza e per questo a Nate toccano percorsi a ritrovo, il coinvolgimento di testimoni e deduzioni che richiedono un certo fiuto, in tutte le accezioni del termine. A sorpresa sarà la smodata passione di Nate per i pancake a rivelargli la soluzione del caso regalando al lettore un finale (più o meno) appetitoso!

 

La nuvola Martina si è persa

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In La nuvola Martina si è persa, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta la nuvola Martina e ritrovare le sue amiche grazie a una tromba speciale, capace proiettare un raggio di luce mentre suona.

La storia della nuvola Martina, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. La nuvola Martina si è persa, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con i pronomi personali. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

 

La talpa Arturo non trova gli occhiali

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In La talpa Arturo non trova gli occhiali, per esempio, Pepe incontra la talpa Arturo, di pessimo umore perché, avendo perso gli occhiali, continua a inciampare. Per fortuna Pepe sa come aiutarla, tirando fuori dal suo magico zaino proprio quello che fa al caso di Arturo.

La storia della talpa Arturo, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. La talpa Arturo non trova gli occhiali, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con le preposizioni. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

Il leprotto Gustavo ha paura del buio

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

Ne Il leprotto Gustavo ha paura del buio, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta il suo amico e vicino di casa Gustavo a superare la paura dell’oscurità con un piccolo trucco 100% naturale! Con una lucciola nella stanza, Gustavo inizierà infatti a dormire sonni tranquilli e rilassati.

La storia del Leprotto Gustavo, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. Il leprotto Gustavo ha paura del buio, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con le congiunzioni. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

 

Io non sono sola

Giulia ha poco più di una manciata d’anni ma di una cosa è già più che certa: “Quando i grandi vi rispondono “Vediamo”, stanno solo prendendo tempo prima di rifilarvi un bel… NO”. La convinzione, maturata nel tempo a suon di cuccioli e maschere di carnevale richiesti e mai ottenuti, attende l’ennesima scontata conferma ora che Giulia ha appena avuto una sorellina – Anita – e che tutta in famiglia sembra ruotare intorno a lei. “Vediamo”, è infatti la risposta della mamma quando Giulia le chiede speranzosa se per Natale andranno comunque in montagna, come di consueto, insieme a Giulia, a Toni e alle loro famiglie. È un appuntamento che Giulia aspetta tutto l’anno ma… Vediamo, perché la mamma deve riposare, Anitina ha un mucchio di esigenze, in montagna fa troppo freddo per un neonato… insomma, la solfa è nota. E così Giulia, indispettita da questa prospettiva, inizia a vedere non troppo di buon occhio quella sorellina inattesa, complici anche tutti quegli adulti che non la piantano di ripeterle quanto debba essere contenta di non sentirsi più sola. Sarà un Vediamo dall’esito insospettabile ad aprire, per Giulia, una possibilità di considerare la piccola Anitina con sguardo più conciliante e di scoprire che per apprezzare la compagnia di qualcuno non si ci deve necessariamente prima sentire soli.

Io non sono sola è un racconto breve adatto a bambini che iniziano a mollare un po’ da soli gli ormeggi della lettura. Ironico e a tratti impertinente, il testo di Mila Venturini risulta godibile ben al di là della questione della nascita di un fratellino che più che un tema appare qui come un motore narrativo. Supportato da illustrazioni frequenti, sorridenti e capaci di restituire la disordinata complessità di pensiero e di azione dell’infanzia, Io non sono sola può contare inoltre su caratteristiche di alta leggibilità che lo rendono una lettura più amichevole anche in caso di dislessia.

La torre fantasma

Ci vuole fegato per avventurarsi nei dintorni della Torre Fantasma. E ancor di più ce ne vuole per farlo di notte. La torre è infatti un luogo spettrale e diroccato che da tempo immemore incombe, ben piantata in cima alla collina, sul villaggio in cui vivono Ryan e Meg. Ma ai due amici il fegato non manca – quantomeno a Meg, Ryan perlopiù si adegua per non sfigurare – e così una sera, al calar della notte, i due decidono di sgattaiolare fuori di casa e andare a caccia di fantasmi nei pressi della torre. Quello che nasce come un gioco si trasforma ben presto in qualcosa di serio e importante, che richiede ai due protagonisti un grande impegno civico in prima persona. Le esplorazioni notturne di Ryan e Meg saranno infatti determinanti per convincere il Comune a non abbattere la Torre, preservandone così il prezioso (ed enigmatico!) contenuto e con esso il suo elettrizzante alone di mistero.

Smilzo e intrigante, La torre fantasma propone un racconto breve e facilmente abbordabile anche da parte di lettori riluttanti o con maggiori difficoltà di lettura fluida. Serrato nel ritmo e nei dialoghi, il testo di Gillian Cross presenta caratteristiche di alta leggibilità che coinvolgono sia l’aspetto tipografico, con font biancoenero, spaziatura maggiore e sbandieratura a destra, sia quello sintattico, con frasi perlopiù brevi e brevissime, struttura prevalentemente lineare, dialoghi attribuiti esplicitamente e lessico quotidiano.

Il regalo magico

Chi non ha mai desiderato di far scomparire dalla propria vista – temporaneamente, si intende! – una persona antipatica, furiosa o sgradevole? La prospettiva è in effetti allettante, tant’è che, invitata da uno zio un po’ inventore e un po’ mago a scegliere un regalo speciale per il suo compleanno, Costanza chiede in dono una pila a buioni, particelle appena scoperte che trasformano la luce in buio. Detto fatto: proprio il giorno della sua festa la bambina riceve dallo zio Vanni l’oggetto desiderato, capace di rabbuiare fino al successivo click la persona o la cosa verso cui viene puntata. Incredula e felicissima, la bambina si gode grazie alla pila ambìti momenti di pace e tranquillità. Fino al giorno in cui qualcosa va storto e la pila finisce in mille pezzi, non prima però di aver fatto prendere un discreto spavento a Costanza che l’aveva appena puntata contro il fratellino urlante!

Perfetto per lettori fantasiosi che hanno da poco imparato a destreggiarsi autonomamente nella lettura, Il regalo magico offre un racconto dal bel ritmo e con il giusto sprint fantastico. Stampato con font specifico per dislessia (Testme) e con caratteristiche di impaginazione che affaticano meno la vista, il libro rientra tra le proposte ad alta leggibilità che uniscono attenzione all’accessibilità e godibilità della lettura.

Bilù, l’inventa sorrisi

Quando sia accaduto che Buonvicino, paese noto per la cordialità e il buonumore dei suoi abitanti, sia diventato luogo di diffidenza e incomprensione nessuno lo sa. Così come nessuno sa da dove sia spuntato fuori Bilù, bambino dal sorriso contagioso che un giorno arriva a Buonvicino e inizia a interagire con gli abitanti con una gentilezza e una cortesia ormai a loro sconosciute. Un grazie dove serve, una risposta garbata, un saluto all’ingresso e all’uscita dai negozi bastano a innescare nell’imburberito paese una positiva inversione di tendenza che – manco a dirlo – trae lo sprint decisivo proprio dai bambini che vi abitano. E così, senza quasi accorgersene, i cittadini di Buonvicino tornano a parlarsi e a capirsi, a tutto vantaggio dell’intera collettività.

Breve, sorridente (proprio come Bilù) e agevole da seguire, la storia scritta da Daniela Palumbo e illustrata da Elisa Enedino si rivolge a lettori alle prese con prime letture autonome. Stampata con alcune caratteristiche di alta leggibilità come il font Testme minuscolo, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la sbandieratura a destra, Bilù l’inventa sorrisi intende dedicare un’attenzione particolare anche a quei bambini che si cimentano con le prime esperienze di lettura fronteggiando le difficoltà imposte dalla dislessia.

Tea. Perché devi lavorare? (I libri per tutti)

Tea è la protagonista di una collana di libri editi da Giunti Kids e rivolti a bambini in età prescolare. Attenta ai temi e alle domande che spesso animano la quotidianità dei bambini o il dialogo educativo che mette al centro questi ultimi, la collana cerca di trovare parole e risposte rassicuranti ma non banali. Dal canto suo la protagonista si muove animata da una curiosità mai sopita e da una mutisfaccettatura emotiva in cui il lettore può facilmente riconoscersi, supportato in questo anche da illustrazioni – anch’esse a firma di Silvia Serreli – semplici e ben marcate.

Con la nascita del progetto I libri per tutti, alcuni titoli della collana dedicata a Tea sono proposti dall’editore in collaborazione con Fondazione Paideia in una versione digitale e simbolizzata, che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo.

Uno di questi titoli è Tea. Perché devi lavorare?. Qui troviamo la protagonista trepidante di fronte alla prospettiva di godersi al cinema il suo cartone preferito. Sapere che proprio quel giorno mamma e papà devono lavorare sarà una brutta scoperta per lei, dura da buttare giù. Difficile è per Tea capire come mai i genitori debbano trascorrere così tanto tempo in ufficio e che proprio da quel tempo dipende la possibilità di acquistare tutto ciò di cui la famiglia necessita. L’idea della mamma di farsi accompagnare dalla bimba sul luogo di lavoro sarà la mossa vincente per restituire al lavoro dei grandi una dimensione più comprensibile e per trasformarlo in uno stimolo creativo, un’occasione cioè per immaginare il futuro.

Leggermente asciugato rispetto alla versione originale, l’ebook inclusivo di Tea. E se non ci riesco? propone una storia lineare e abbordabile, nella forma come nel contenuto, che dà spazio a una delle domande che più frequentemente ronzano in testa ai bambini. L’idea che gli adulti non possano essere a disposizione h24 è infatti tutt’altro che scontata e trovare parole semplici per rendere assimilabile può essere utile per dare nuovo e meno incomprensibile significato al tempo in famiglia.

In chiusura l’ebook accessibile di Tea. E se non ci riesco? presenta tre attività ludiche che prevedono di scegliere alcuni simboli, tra quelli a disposizione, che indichino cose acquistabili con i soldi, così come spiegato a Tea dai genitori; di riconoscere all’interno di un’illustrazione l’emozione provata da Tea e indicare il simbolo che la indica correttamente tra quelli proposti; e di ricomporre un puzzle collocando i pezzi sparsi su di una base che riproduce un’illustrazione del libro.

I libri per tutti

I libri della serie di Tea proposti in questa nuova versione digitale e in simboli, rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Tea. E se non ci riesco?

Tea è la protagonista di una collana di libri editi da Giunti Kids e rivolti a bambini in età prescolare. Attenta ai temi e alle domande che spesso animano la quotidianità dei bambini o il dialogo educativo che mette al centro questi ultimi, la collana cerca di trovare parole e risposte rassicuranti ma non banali. Dal canto suo la protagonista si muove animata da una curiosità mai sopita e da una mutisfaccettatura emotiva in cui il lettore può facilmente riconoscersi, supportato in questo anche da illustrazioni – anch’esse a firma di Silvia Serreli – semplici e ben marcate.

Con la nascita del progetto I libri per tutti, alcuni titoli della collana dedicata a Tea sono proposti dall’editore in collaborazione con Fondazione Paideia in una versione digitale e simbolizzata, che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo.

Uno di questi titoli è Tea. E se non ci riesco?. Qui la protagonista si confronta con la vergogna di non saper fare qualcosa che i suoi compagni padroneggiano già (nuotare senza braccioli, nella fattispecie) e con la paura di non riuscire a imparare mai a farla. Come spesso accade nei libri della collana, è l’intervento oculato di adulti attenti ad aiutare Tea a superare i suoi timori. Grazie ai suggerimenti della mamma prima e della nonna poi, Tea scopre infatti che ci sono cose che, al contrario del nuoto, lei sa fare e i suoi compagni no (andare in bicicletta senza rotelle, fare le capriolo, recitare una poesia…) e che anche gli adulti, apparentemente infallibili, non sono sempre (stati) capaci di fare tutto.

Leggermente asciugato rispetto alla versione originale, l’ebook inclusivo di Tea. E se non ci riesco? propone una storia lineare e abbordabile, nella forma come nel contenuto, in cui facilmente il lettore potrà riconoscersi. La scelta di dare spazio alla peculiarità di ciascun bambino – mostrando come ogni amico di Tea abbia punti forti e punti deboli – si presta inoltre particolarmente bene a ricondurre il racconto all’esperienza specifica di ciascuno.

In chiusura l’ebook accessibile di Tea. E se non ci riesco? presenta tre attività ludiche che prevedono di ricomporre alcune frasi con i simboli a disposizione; selezionare tra una serie di simboli proposti, quelli che indicano attività che il lettore sa fare; e di colorare, muovendo il dito sullo schermo, un’illustrazione del volume

 

I libri per tutti

I libri della serie di Tea proposti in questa nuova versione digitale e in simboli, rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Tea. Perché il buio è così nero? (I libri per tutti)

Tea è la protagonista di una collana di libri editi da Giunti Kids e rivolti a bambini in età prescolare. Attenta ai temi e alle domande che spesso animano la quotidianità dei bambini o il dialogo educativo che mette al centro questi ultimi, la collana cerca di trovare parole e risposte rassicuranti ma non banali. Dal canto suo la protagonista si muove animata da una curiosità mai sopita e da una mutisfaccettatura emotiva in cui il lettore può facilmente riconoscersi, supportato in questo anche da illustrazioni – anch’esse a firma di Silvia Serreli –  semplici e ben marcate.

Con la nascita del progetto I libri per tutti, alcuni titoli della collana dedicata a Tea sono proposti dall’editore in collaborazione con Fondazione Paideia in una versione digitale e simbolizzata, che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo.

Uno di questi titoli è Tea. Perché il buio è così nero?. Qui la protagonista è alle prese con una paura che accomuna tutti i bambini: quella dell’oscurità. Al suo fianco c’è però uno zio fuori dal comune che trova il modo di rendere il buio meno ostile. Portando Tea ad ammirare la luna, le stelle e i fuochi d’artificio, lo zio Andrea mostra infatti alla bambina i molti regali che il buio è solito farci: piccole magie da assaporare, proprio come quella di chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno in tutta serenità.

Leggermente asciugato rispetto alla versione originale già di per sè abbastanza semplice, l’ebook inclusivo di Tea. Perché il buio è così nero? propone una storia lineare e abbordabile, nella forma come nel contenuto. L’attenzione rivolta alle emozioni più familiari ai giovanissimi lettori (come la paura, certo, ma come anche lo stupore) e lo stratagemma ingegnoso ma molto a misura di bambino escogitato dallo zio Andrea per mettere in luce il lato più amichevole dell’oscurità, rende il racconto molto concreto pur sfiorando un tema impalpabile, come quello delle emozioni.

Così come il testo, anche i giochi proposti dall’ebook accessibile di Tea. Perché il buio è così nero? sono studiati per risultare fruibili e accattivanti per un pubblico di piccolissimi. Viene loro proposto, nella fattispecie, di indicare il colore giusto di alcuni oggetti che compaiono nel racconto (il buio, la luce, i fuochi d’artificio…), tappando il simbolo corrispondente; di far animare su una tavola scura le diverse magie del buio; e di colorare, muovendo il dito sullo schermo, un’illustrazione del volume.

 

I libri per tutti

I libri della serie di Tea proposti in questa nuova versione digitale e in simboli, rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza (I libri per tutti)

Sulla scia del successo riscosso dalla celebre Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, la produzione di Luis Sepulveda rivolta all’infanzia e pubblicata in Italia da Guanda si è arricchita di altri tre titoli, tutti di stampo simile, a partire dal titolo. Tra questi, figura Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, che vede protagonista una lumaca poco avvezza ad accettare lo stato delle cose senza porsi domande e proprio per questo mal tollerata dai componenti più anziani della sua colonia, da sempre abituati a vivere sotto un calicanto senza mai interrogarsi su di sé o sul mondo circostante. Per trovare le risposte agli interrogativi che le rimbalzano in testa – Perché sono così lenta?, in particolare – la lumaca si allontana dalla colonia e durante il suo viaggio incontra una tartaruga. Grazie alla sua guida, la lumaca scopre cosa c’è poco oltre il prato della colonia e quanto possono essere pericolose le auto degli uomini che sfrecciano a tutta velocità. Per questo si attiva per portare la colonia in salvo, in un posto più sicuro, ma solo le lumache più giovani decidono di seguirla. Il viaggio non è per nulla semplice, tanto che a ogni tappa il numero delle lumache superstiti scende. Ciononostante Ribelle – così la tartaruga chiama la lumaca prima di scomparire – porta a termine la sua missione, trovando infine una terra felice in cui sentirsi al sicuro.

Trasformato in un ebook in simboli dalla Bottega editoriale della Fondazione Paideia, grazie al progetto I libri per tutti, il libro viene ora proposto in una versione accessibile anche a giovani lettori con difficoltà di decodifica del testo alfabetico. Rispetto agli altri titoli della collana I libri per tutti, Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza si rivolge ad un pubblico con abilità cognitive e comunicative più sviluppate e appare senz’altro più impegnativo sia da leggere sia da simbolizzare. Più lungo, più articolato e più filosofico, il testo non risulta semplicissimo da seguire anche a causa di alcuni tagli e semplificazioni che rendono un po’ oscuri alcuni passaggi e che in parte sottraggono all’originale il suo velo poetico (mentenuto intatto, invece, nelle tavole di Simona Mulazzani, preziose e affascinanti come nella versione tradizionale). Appare tuttavia apprezzabile l’intento di proporre occasioni di lettura appetibili e su misura anche per lettori un po’ più grandi e abituati a leggere in simboli di quelli cui normalmente si rivolgono i volumi ispirati alla CAA. In questo senso anche le attività ludiche proposte in coda al testo sono un po’ più complesse e prevedono l’individuazione, tramite simboli da tappare, delle caratteristiche più pertinenti ai diversi personaggi; la composizione di frasi composte da 5-4 simboli; e la memorizzazione e l’unione di carte identiche secondo il meccanismo tipico del memory.

 

I libri per tutti

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Beezus-e-Ramona-Questa-sorellina

Amici nel mare (I libri per tutti)

Il pesce Berto e il paguro Pedro sono grandi amici. Per paura dei pescecani, tuttavia, i due si vedono di rado e restano chiusi ciascuno nella propria tana: una gran noia, a dirla tutta! Servirà un piccolo moto di coraggio per far sì che la voglia di stare insieme e di godere davvero delle bellezze del mare superi e sconfigga i loro timori… perché la paura, a volte, può essere più pericolosa dei pescecani!

Quella di Berto è Pedro è una storia semplice, pubblicata in formato cartaceo tradizionale nel 2014 per i tipi di Piemme, nella collana Il Battello a Vapore, serie Arcobaleno. In quelle stesse collana e serie, Amici nel mare compare ora in formato digitale e con un guizzo in più, quello garantito dal progetto I libri per tutti che trasforma e arricchisce il testo di base per renderlo più accessibile anche in caso di disabilità comunicativa. Come previsto per tutti i titoli del progetto, questa versione di Amici nel mare vede il testo semplificato nella struttura e supportato visivamente dai simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) che ne favoriscono la comprensione anche da parte di quei lettori che incontrano difficoltà più o meno marcate di fronte alle sole parole. A rendere particolarmente felice, in questo caso, il testo adattato concorre senz’altro il fatto che il lavoro di semplificazione è stato condotto, insieme alla squadra della Bottega Editoriale di Paideia, dall’autore stesso.

La simbolizzazione segue dal canto suo un modello piuttosto flessibile che unisce più elementi testuali all’interno di un unico simbolo laddove questa scelta venga ritenuta utile per alleggerire la lettura senza compromettere la comprensione. È il caso per esempio degli articoli, sempre associati al rispettivo sostantivo, o delle negazioni, sempre associate al relativo verbo.

Come caratteristico de I libri per tutti, il testo di Guido Quarzo è reso disponibile in simboli con lettura che ricalca il modeling “in presenza”, secondo una doppia modalità: quella automatica, che prevede la lettura fluente del testo e l’evidenziazione simultanea dei simboli via via citati, o quella manuale, che prevede la lettura del singolo simbolo solo nel momento in questo viene tappato, ossia schiacciato sullo schermo con il dito. La personalizzazione della lettura – vera forza di questo progetto, resa possibile proprio dal ricorso al digitale – si concretizza inoltre con la possibilità di optare per il testo alfabetico classico, da leggere in autonomia o con il supporto della registrazione audio, anch’essa sincronizzata con la messa in evidenza cromatica dei termini via via letti.

A completare la book-app di Amici nel mare, una sezione ludica che comprende tre giochi di diversa complessità: rispettivamente trovare il simbolo giusto, completare una frase con una serie di simboli a disposizione e colorare un’illustrazione al semplice strofinamento digitale.

 

I libri per tutti

Amici nel mare, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Madelief. I grandi, buoni giusto per farci il minestrone

Avevamo lasciato la vulcanica Madelief, al termine del volume Madelief. Lanciare le bambole, in procinto di salutare la sua casa e i suoi amici e di traslocare in un’altra città con la mamma. E proprio in questa nuova città la ritroviamo ora, all’inizio del secondo volume che la vede protagonista, intitolato Madelief. I grandi, buoni giusto per farci il minestrone.

Senza i suoi compagni storici di giochi – Roos e Jan-Willem – e nel pieno della chiusura della scuola, Madelief rimugina sull’ingiustizia di quel trasferimento e si guarda intorno alla ricerca di qualche appiglio che restituisca alle sue giornate vuote una parvenza di normalità. Impegnata più del solito nel suo lavoro, la mamma di Madelief è particolarmente assente e, nonostante sia affidata per alcune ore al giorno a una giovane tata di nome Mieke, la bambina lamenta con insistenza questa assenza ai suoi occhi ingiustificata.   Animata da un sentimento di incomprensione e di insofferenza verso il mondo degli adulti, così ottusi e noiosi, Madelief allarga il raggio delle sue esplorazioni e si spinge fino a una casa abbandonata: un rifugio misterioso, un luogo perfetto per starsene in pace e coltivare una nuova amicizia con un bambino da poco conosciuto di nome Robbie. Con lui Madelief condivide segreti, scorribande e sentimenti contrastanti: piccoli avvenimenti ordinari che, grazie al talento inestimabile di Guus Kujer, dipanano un fluire narrativo che sembra di poter toccare e vivere da dentro.

Stampato con caratteristiche di alta leggibilità, proprio come l’episodio precedente, Madelief.  I grandi, buoni giusto per farci il minestrone si caratterizza però per una struttura leggermente differente. Mentre nel primo volume, infatti, ogni capitolo proponeva un’avventura quasi a sé stante, qui i capitoli risultano più legati tra loro a formare un’unica vicenda. Rimane invariata, tuttavia, la loro brevità che ne agevola l’approccio anche da parte di bambini che percepiscono il testo scritto come un possibile ostacolo con cui cimentarsi.

 

 

 

 

 

 

Vi stupiremo con difetti speciali

Proposto con un titolo ad effetto (Vi stupiremo con difetti speciali), pubblicato e promosso da una grande casa editrice (Giunti) e fortemente voluto da un papà (Luca Trapanese) recentemente divenuto noto per una vicenda ampiamente coperta dai media (l’adozione di una bambina con Sindrome di Down di nome Alba), il libro scritto da Patrizia Rinaldi e illustrato da Francesca Assirelli arriva circondato da altissime aspettative. Aspettative che, malgrado l’eccellenza del progetto, finiscono però per risultare deluse a lettura compiuta.

Si avverte un gusto dolceamaro, in effetti, tra le pagine di questo libro perché, a fronte di vicende fortissime a cui con coraggio viene dedicata attenzione e di illustrazioni che non mancano di tocchi poetici, non si può fare a meno di percepire un marcato e mai nascosto intento pedagogico, di vedere quelle vicende perdere per strada la loro qualità di Storie con la S maiuscola e di sentirsi smarriti di fronte a un testo che vorrebbe parlare la lingua dei bambini (accogliendo in questo senso anche espressioni semplici o colloquiali ma ampiamente discutibili in un’ottica di rispetto della disabilità come per esempio “bimba Down”) ma che si rivolge in realtà, nel contenuto, prettamente ad adulti.

E così, della storia di Alba che, nonostante o proprio grazie alla sua Sindrome, trova l’amore incondizionato di un papà; di Akin che fa dono agli adulti della sua fiducia grazie alla quale si risolleva – fisicamente e simbolicamente – da una situazione di grave svantaggio; e di Huang che viene dato dai medici per inadatto alla vita ma poi sorprende tutti con un canto solo suo, si coglie solo una flebile traccia, resa sfocata dalla folta schiera di riflessioni filosofiche che l’accompagnano e che forse poco si prestano a fare del libro uno strumento incisivo per consentire alla disabilità di entrare nell’immaginario dei più piccoli e arrivare, così, a dialogare con loro su di un tema così delicato e potenzialmente distante dalla loro esperienza quotidiana.

Susi taglia tutto

Susi, Susi, inarrestabile Susi! Dopo aver sbaragliato la concorrenza nella piscina dei grandi (Susi in piscina) e dato prova della sua vena artistica con tele d’autore (Susi disegna), la bambina dal caschetto color carota creata da Jaap Robben e Benjamin Leroy torna alla carica con un’altra avventura al profumo di guai. Evidentemente a corto di idee di svago, dopo aver usato e strapazzato tutti i giocattoli della stanza, Susi sente una vocina chiamarla dal cassetto: è una forbicina desiderosa di uscire e saziare il suo appetito. Pronti, via: Susi non aspettava altro per scatenarsi in una caccia alle cose da tagliuzzare. E non c’è tenda, capello o cactus che tenga: tutto cade sotto le grinfie di Susi e le lame della forbicina, in un crescendo di ciac ciac ciac che non risparmiano nemmeno i pantaloni del signor Fosco o, infine, il dito della stessa Susi. A quel punto il gioco giunge a una repentina fine. Poco male, l’indomani il cassetto fornirà senz’altro qualche nuovo strumento con cui sollazzarsi…

Le scorribande della piccola Susi fanno parte della collana leggimi di Sinnos e come tale si avvalgono di caratteristiche di stampa ad alta leggibilità che concernono il font (leggimiprima), la spaziatura (maggiore tra lettere, parole e righe), la sillabazione e la giustificazione (assenti): caratteristiche che agevolano la lettura anche in caso di dislessia. Il carattere maiuscolo, le poche righe per pagina, le illustrazioni ampie e ricche di dettagli spassosi e la storia leggera costituiscono dal canto loro un ulteriore e fondamentale incentivo nei confronti di lettori alle prime armi e con difficoltà di approccio al testo.

A fare la differenza poi, nel creare una dinamica narrativa solleticante, è la sintonia perfetta che si crea tra le parole di Jaap Robben e le figure di Benjamin Leroy. Poche e ironiche, le prime diventano infatti esilaranti proprio quando messe in relazione alle seconde che tanto svelano del non detto, arricchendolo di sfumature divertenti. Come quando il lettore scorge in un angolo un pupazzo infilzato con una spada giocattolo e coglie il pieno senso di quell’ ”Orsetto ha mal di pancia e non vuole più giocare”. Il risultato è una lettura che fa leva forse più sulle immagini che sul testo, chiedendo di soffermarsi sui dettagli illustrati a lungo e mettendo così a proprio agio anche quei lettori che, pur inciampando nelle parole, di storie e narrazione hanno grande fame e desiderio.

Il vestito dei sogni di Rose

Che siate bambine degli anni ’80, armate di fogli, pastelli e ruote da girare, o che siate figli di un millennio più giovane, a cui il gioco Gira la moda non dice proprio nulla, poco importa: Il vestito dei sogni di Rose saprà trasmettervi il fascino di un mondo fantastico in cui forme, textures, tessuti e colori possono dare vita a meraviglie da indossare.

Qui si viene catapultati grazie a Rose, ragazza di fine settecento appassionata d’abiti e desiderosa fin dalla più tenera età di creare vestiti sorprendenti. Tenace e visionaria, Rose non si fa condizionare dalla sfiducia dei familiari e un giorno parte per la capitale francese, decisa a coronare il suo sogno. Qui inizia a lavorare presso la boutique di Mademoiselle Pagelle ma è la fortuna – quella che in effetti aiuta gli audaci – a offrirle l’occasione giusta per fare il salto di qualità. L’incontro sotto mentite spoglie con la principessa de Conti farà infatti di lei la prima vera stilista della storia.

Ispirato alla storia vera di Marie-Jeanne Rose Bertin, di cui si riporta alla fine del volume una breve biografia, Il vestito dei sogni di Rose è un libro piacevole e di agevole lettura, sia per la vicenda narrata sia per le caratteristiche compositive e di stampa. Il libro fa parte infatti della collana leggimi di Sinnos e si contraddistingue, oltre che per font ad alta leggibilità e spaziatura particolari, anche per la frequenza e il brio delle illustrazioni. Dominate dai toni di rosa, queste strizzano chiaramente l’occhio a lettori e lettrici amanti della moda. La storia che supportano va però ben oltre la passione per modelli e bozzetti: Rose è infatti un personaggio femminile forte ed emancipato, capace di seguire un sogno e di coltivarlo nonostante gli ostacoli posti dalla cultura dominante. In sintonia con la fitta schiera di donne esemplari – dalle Cattive ragazze ad Annie Kopchovsky di Annie e il vento – raccontate con intensità e impegno da Sinnos, Rose dà vita a un racconto da cui lasciarsi ispirare e avvolgere.

Pasticci fra le nuvole

Dimenticate gli angeli pacati e serafici di tradizionale memoria: il protagonista di Pasticci fra le nuvole è sì un angelo, ma decisamente di altro stampo. Irrequieto e impertinente, con una certa propensione a escogitare scherzi e dispetti, Gabriel è un giovane cherubino che frequenta il collegio Castel Nuvola. Nelle sue giornate si alternano a identico ritmo lezioni angeliche – si va dal canto al volo, dall’invisibilità alla lettura – e punizioni di varia entità. A ogni marachella combinata da Gabriel segue infatti, puntualmente, il castigo inflitto dalla rigida Madame Longbec, preside dell’istituto. Un giorno Gabriel la combina particolarmente grossa, rovinando il concerto scolastico, e Madame Longbec gli impedisce di andare in gita con i compagni. Non tutti i mali vengono per nuocere, però: la sua reclusione diviene infatti l’occasione di mettersi alla prova come angelo custode di un giudizioso bambino rimasto sprovvisto del suo protettore e di dimostrare a tutti il suo talento.

Ironico e leggero, Pasticci fra le nuvole si fa apprezzare per le gustose invenzioni narrative che trasformano in ottica celestiale attività e oggetti tipicamente umani e per un ritmo scanzonato e dinamico che allontana il pericolo di una lettura noiosa. Questo, unito alle caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono il libro – font leggimi, spaziatura maggiore tra lettere, righe e paragrafi, sbandieratura a destra e carta color crema -, ne favorisce l’approccio anche da parte di bambini con difficoltà di lettura legate per esempio alla dislessia.

Le secret de la maîtresse (Francia)

È senza dubbio un libro tattile illustrato, Le secret de la maîtresse, ma fin dal formato si distingue da quelli cui siamo abituati. Non è infatti un volume di grosse dimensioni, dalla forma rettangolare, dalla copertina rigida e dalla presenza massiccia di figure da esplorare con le dita. Tutt’altro, e proprio per questo merita un’attenzione particolare. Snello e maneggevole, il libro pubblicato dall’editore francese Mes Mains en or si presenta poco più grande di tascabile, con alcune illustrazioni tattili di piccola dimensione sparse qua e là tra le pagine e diverse altre raccolte in una borsina (elemento chiave della narrazione in questione). Le pagine sono dunque perlopiù composte da testo – in nero e a grande carattere da un lato e in Braille dall’altro – e raccontano uno storia dalla misura, dalla struttura e dal contenuto perfetti per prime letture autonome. Non si tratta insomma di un albo tattile ma piuttosto di un breve racconto illustrato che offre anche a bambini con disabilità visiva alle prime armi con la lettura autonoma, l’opportunità di godere, al pari dei loro coetanei, di un libro davvero adatto alle loro esigenze: non troppo semplice, breve o focalizzato sulle figure, quindi, ma nemmeno del tutto privo di illustrazioni.

La storia narrata, dal canto suo, è buffa e leggera. Protagonista è una maestra che, ingrassata un po’ negli ultimi tempi, desta i sospetti dei suoi alunni che iniziano a fare ipotesi sul suo stato di salute. Tra tesi da verificare, tentativi di origliare e misteri svelati a causa di una borsetta rovesciata, il racconto si sviluppa con ritmo agile e avvincente. Adattata a partire da un volume di grande successo in Francia, scritto da Sylvie De Mathuisieulx e illustrato da Benjamin Chaud, questa versione de Le secret de la maîtresse presenta degli elementi tattili tanto semplici quanto efficaci sia nel rendere riconoscibilissimi i soggetti cui si riferiscono (una mela, un barattolo di vernice, oggetti da borsetta come ferri da maglia, blister di pastiglie, cuffiette e lettore mp3), sia nel rendere la lettura una piccola avventura che solletica la curiosità e l’immaginazione.

Favole di pace

Qualche decina di anni sulle spalle ma uno spirito bambino inscalfibile: così le Favole di pace scritte dal maestro Mario Lodi continuano a mantenere una freschezza che le fa gustare con autentico piacere. Ispirate dagli stessi bambini che di Mario Lodi erano allievi e insieme a loro composte, così come accaduto per il forse più celebre Cipì, le Favole di pace sono 14 racconti brevi, perlopiù in prosa ma qualcuno anche in versi, che gettano uno sguardo fantastico ma anche molto lucido sulle storture del mondo che l’uomo crede a torto di possedere e sugli esiti luminosi che una cultura della solidarietà, del rispetto e della pace potrebbe invece portare con sé.

Macchine che permettono lo scambio dei pensieri, intere classi di bambini in volo al motto di “basta volerlo”, prati che custodiscono segreti musicali, isole sospese in cui ritrovare i propri cari perduti, bambini capaci di entrare nel televisore: i personaggi e le cornici messe in scena da Mario Lodi sono i più variegati e dinamici. Ad accomunarli, il ruolo decisivo che bambini e animali hanno nel rimettere in sesto un mondo  sottosopra. E così, intorno alla penna lievissima ma pungente dell’autore crescono foreste rigogliose e invenzioni straordinarie, scoperte sensazionali e ribellioni salvifiche che trasformano uno sguardo disinteressato e curioso come quello infantile in un’occasione di riscatto per il pianeta intero.

Pubblicate in precedenza da la meridiana, le Favole di pace vengono ora riproposte dalle Edizioni Terra Santa in una deliziosa versione illustrata da Desideria Guicciardini. Impreziosita e irrobustita da una copertina rigida così come gli altri titoli della bella collana Gli Aquiloni, il volume presenta un’impaginazione tutt’altro che claustrofobica che grazie a una spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, alla sbandieratura a destra del testo e all’adozione di un font ad alta leggibilità (Easyreading) si presenta amichevole e invitante anche agli occhi di lettori riluttanti o meno a loro agio di fronte a un libro, per ragioni di abitudine o di difficoltà di lettura. L’invito d’altro canto non è ingannevole: i testi di Mario Lodi sono infatti godibilissimi, con guizzi fantastici che accendono l’immaginazione e tocchi ironici che schiudono sorrisi. Le figure di Desideria Guicciardini  che li affiancano passo passo, minuti nei centimetri occupati e nei dettagli colti, spargono dal canto loro una vivace allegria sulla pagina, cogliendo con finezza la leggerezza pensosa del maestro di Vho.

Il volo di Nura

Con Il volo di Nura, racconto illustrato dal sapore antico, le Edizioni Terra Santa inaugurano una collana interessante, intitolata Gli Aquiloni e contraddistinta da veste grafica molto curata e da caratteristiche di stampa ad alta leggibilità. Insieme al libro di Paola Caridi e Maria Teresa de Palma, vi si trovano da gennaio 2020 anche le Favole di pace di Mario Lodi e figureranno a breve due titoli dalle firme significative quali quelle di Daniela Palumbo e Roberto Piumini.

Il volo di Nura, dal canto suo, anticipa bene le qualità della collana, presentandosi come un volume raffinato dalla copertina rigida, dall’impaginazione ariosa e dalle illustrazioni suggestive. La storia che contiene è quella della giovane Nura, amante del racconto orale e animata da un sentimento misto di incanto e timore nei confronti dello zio Abu-Elias da tutti apprezzato come cantastorie. Anche Nura vorrebbe seguire le sue orme ma la tradizione non prevede una simile carriera per le donne. A trasformare il sogno della bambina in una realtà adatta a tempi moderni, sarà l’incontro onirico con un personaggio misterioso e un po’ inquietante: un baffo parlante di Abu Elias. In sua compagnia, Nura compie un viaggio notturno sulla città di Gerusalemme scoprendone da una prospettiva insolita bellezze e ferite e trovando nella cultura profonda che la città custodisce l’ispirazione necessaria per seguire il suo destino.

Suggestivo ma non immediatissimo, per via di una narrazione riflessiva più che votata all’avventura e di una profonda ricchezza di riferimenti alla storia e alla cultura araba, il racconto di Paola Caridi propone una lettura sospesa tra dimensione reale e dimensione onirica, la cui commistione viene amplificata dalle affascinanti e armoniche illustrazioni di Maria Teresa de Palma. Se può risultare un po’ ostico, soprattutto se proposto a lettori che vedono nel libro un potenziale scoglio, Il volo di Nura si presta però bene a offrire uno spunto intrigante per approfondire insieme ai giovani lettori  la complessità della cultura racchiusa in una città straordinaria come Gerusalemme.

L’uovo azzurro

Ohibò, un uovo azzurro a Boscoscuro è un’autentica novità. Di chi può essere? Cosa ne uscirà? Sarà pericoloso? Questi e altri interrogativi impellenti si diffondono tra alberi e tane, dopo che LeprotTina e ZamPaolo incappano per caso nell’insolito uovo e lo portano alla conoscenza della comunità del bosco. A nulla servono i consigli della saggia TalpAnna: a Boscoscuro si crea un gran scompiglio mentre confusione e timore spianano la strada a pregiudizi e ostilità nei confronti del diverso. E così, la generosa disponibilità di Zampacorta, che si offre di covare l’insolito uovo, viene accolta dagli altri abitanti con disprezzo e ostilità, costringendo il tosto coniglietto a mettere in campo affetto incondizionato e determinazione per portare a termine il suo impegno. Ed eppure, alla fine, sarà la sua tenacia gentile ad averla vinta e a dare tutto Boscoscuro una preziosa lezione di accoglienza.

L’intenzione di lanciare un messaggio forte al lettore in favore dell’apertura e del rispetto della diversità – sia essa fisica, legata alla provenienza o di qualunque altro tipo – traspare in maniera piuttosto esplicita all’interno del testo che in certi punti risulta, per questa ragione, un po’ appesantito. Per il resto il racconto si popola di numerosi personaggi del bosco che incarnano qualità positive o negative del tutto ravvicinabili a quelle umane. L’uovo azzurro si presenta infine con caratteristiche di stampa ad alta leggibilità quali il font Easyreading, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe (ma non tra paragrafi) e la sbandieratura a destra, intendendo così rivolgersi a un pubblico che non escluda i giovani lettori con dislessia.

Il segreto di Isabella

Ambientato nel secondo dopoguerra, quando nuove possibilità di svago e incontro hanno iniziato a farsi largo per i bambini italiani, Il segreto di Isabella vede protagoniste tre ragazzine e la loro stretta amicizia cresciuta in seno allo scoutismo. Da poco ricostituitosi ufficialmente dopo la chiusura forzata imposta dal fascismo, il movimento scout accoglie, infatti, Serena e Cecilia, vicine di casa e amiche per la pelle. Le due bambine sono a dir poco elettrizzate all’idea di vivere nuove esperienze di gioco, amicizia e avventura nei boschi: l’appartenenza al gruppo scout è un modo, per loro, di consolidare il  legame che le unisce e di viverlo al di fuori della cornice domestica dove le apprensioni dei genitori e la presenza assillante dei fratelli più piccoli limita il piacere di condividere battute e segreti. Quando arriva però il momento di dormire per la prima volta con il gruppo scout, Serena e Cecilia si ritrovano una tenda da tre e un’ospite in più del previsto: la solitaria ed enigmatica Isabella. Sarà proprio il mistero che circonda quest’ultima e la cartella marrone che porta sempre con sé, a spingere le due bambine ad avvicinarsi a lei, riuscendo a conquistarne la fiducia e l’amicizia: condizione fondamentale perché Isabella possa metterle a parte del suo ricordo, al contempo affascinante e doloroso, della guerra appena conclusa. Si tratta di un ricordo confidenziale e intimo in cui giocano un ruolo centrale la musica e il suono del clarinetto, di cui il libro non manca di dare un gustoso assaggio nella versione audio di cui è corredato.

Il volume de Il segreto di Isabella è arricchito infatti dal relativo audiolibro, scaricabile dal sito dell’editore Curci grazie a un codice stampato sul retro di copertina. Questa aggiunta, oltre a favorire l’incontro del lettore con uno strumento poco comune come il clarinetto, rende il testo più fruibile anche in caso di disabilità visiva o disturbi specifici dell’apprendimento.

Tipi

Il 2020, anno rodariano per eccellenza, è appena iniziato ma le proposte editoriali che celebrano lo scrittore di Omegna hanno già iniziato a moltiplicarsi, in un tripudio di bollini e fascette che ne marcano gli intenti. E tuttavia è nel 2019 e senza tanto frastuono che ha visto la luce un libro delizioso che tra i suoi tanti meriti ha quello di apparire, nell’essenza più che nell’aspetto, un bellissimo e ficcante omaggio a Rodari e alla sua poetica. Si tratta di Tipi scritto da Cristina Bellemo e illustrato da Gioia Marchegiani: un libro-catalogo che, nutrito di feconde invenzioni linguistiche e narrative, trasforma la descrizione di diverse tipologie di individui in occasioni per dar forma a micro-storie gustose e profonde.

Qui, in una sorta di mappa catastale human edition, ci muoviamo tra i piani del Condominio Giardini, periferia sud di un’indefinita città, alla scoperta dei diversi tipi che lo popolano. A guidarci è Luce, giovane inquilina del quarto piano che brilla (nomen omen!) per curiosità e acutezza di sguardo. Di ogni tipo che abita sopra o sotto di lei, la bambina riporta infatti le caratteristiche, le abitudini, gli aneddoti più insoliti: tratti che concorrono a dare vita a piccoli racconti sospesi tra il reale (difficile non riconoscere sé stessi o i propri conoscenti in alcuni dei ritratti offerti) e il surreale. Grazie alle accurate annotazioni che Luce riporta sui suoi taccuini, incontriamo, o per meglio dire sbirciamo dall’uscio, tipi di ogni genere: sicuri di sé come il tipo che ha tutte le risposte e pieni di interrogativi come quello che ha tutte le domande, sfuggenti come il tipo sempre assente o brontoloni come il tipo delle proteste, premurosi come il tipo che aggiusta le cose non ancora rotte o ricchi sfondati come il tipo che  compra tutto.

Nel censimento narrativo del Condominio Giardini si trova insomma uno straordinario catalogo di personaggi da cui scaturiscono racconti che paion fatti per far germogliare nuove idee narrative. Come non inventare un ipotetico dialogo con la signora Celestina, che capisce una cosa per un’altra e per questo finisce per perdersi un marito? O come non prolungare l’elenco di cose da cui la signora Savia, che ha paura di ciò che cade, si tiene alla larga? O, ancora, come non immaginare nuove storie a partire dai campanelli di un condominio qualunque, sulla scia della signora Lucia? Dal tipo che collezione barattoli di vento a quello che coltiva parole aromatiche, dal tipo che ha tantissime scarpe ma non va nessuna parte a quello con quattro pensieri, Cristina Bellemo dà vita a una carrellata di personaggi che stuzzica, diverte e fa riflettere. Lo fa con un gusto sapiente per i giochi di parole, per le liste, per le ipotesi fantastiche e per gli errori creativi, che pare proprio un bellissimo e silenzioso omaggio a quell’arte di inventare storie a cui tutti siamo debitori.

Ad arricchire poi il racconto, sottolineando quanto i dettagli possano dirci sul tutto, intervengono le illustrazioni di Gioia Marchegiani, tutte giocate sui toni del salvia e del beige e intrecciate strettamente ai testi, proprio come figurassero su autentici taccuini. L’effetto d’insieme è efficacissimo e intrigante: autrice e illustratrice paiono una coppia fatta per danzare insieme. Una pacatezza gentile, infatti, e una quieta predisposizione a guardare le cose quotidiane con occhio accorto accomuna parole e figure, dando forma a una chicca editoriale da rileggere più volte senza il rischio di stufarsi, da prendere e riprendere in mano, da cui lasciarsi avvolgere e ispirare.

Tipi costituisce in definitiva un placido invito a riconsiderare con una certa relatività l’idea di stramberia e unicità, poiché ciascuno a suo modo non vi sfugge, a cogliere il potere narrativo sopito nell’ordinario e a riconoscere il valore delle etichette solo quando non mirano a incasellare e definire le persone a cui si applicano ma, al contrario, a incentivarne la conoscenza. Tipi ci aiuta, insomma, a ricordare che le persone sono prima di tutto storie e che foss’anche solo per questo meritano di essere scoperte e ascoltate.

Curioso, infine, è il fatto che proprio un volume dedicato ai tipi umani, si caratterizzi per un altro genere di tipo: quello inerente alla stampa. Tipi è infatti pubblicato con caratteristiche di alta leggibilità, ossia con font EasyReading, spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra. Al rendere il volume più fruibile anche in caso di dislessia concorrono inoltre la costruzione stessa del libro, che risulta come composto da tante micro-storie godibili non solo nell’insieme ma anche nella loro individualità e come tali capaci di soddisfare anche una lettura più dilatata o frammentata nel tempo, e la scelta di una carta color crema, che oltre ad affaticare meno la vista, predispone una cornice dal sapore antico a testi e immagini dalla preziosa cura artigianale.

La tredicesima fata

Che alla Bella Addormentata sia toccato un sortilegio soporifero bello lungo, causato da una strega cattiva, è storia nota. Meno noto, invece, è il dietro le quinte di quel gesto dalle conseguenze eclatanti. Chi è davvero la strega che lo ha compiuto? E perché lo avrebbe fatto? Ecco, La tredicesima fata di Kaye Umansky nasce da questi interrogativi bislacchi a cui risponde con un racconto a dir poco irriverente.

Protagonista è Grimbleshanks, una fata fuori dal comune che agli abiti pizzi e merletti, alle festicciole fru fru e alle tazze di tè tra i pettegolezzi, preferisce un look total black, la compagnia di un corvo e una quotidianità più spartana. Per questo le altre dodici fate del regno tendono a isolarla e a parlarle alle spalle, senza perdere occasione di punzecchiarla e farla ingelosire. Proprio come quella volta in cui le fanno sapere di non essere stata invitata al battesimo della principessina, a causa dei suoi modi rudi e poco eleganti. La rabbia di Grimbleshanks è tanta che la fata si reca a palazzo intenzionata mettere in atto una vendetta spettacolare ma innocua. Qualcosa però va storto, un qui pro quo prende la scena e trasforma la piccola rivincita in un grande, grandissimo malinteso della durata di 100 anni!

Ironico, sfacciato e per nulla politically correct, La tredicesima fata va perfettamente incontro alle ritrosie di bambini poco avvezzi alla lettura. Il racconto si legge infatti con gusto e si esaurisce in un tempo ragionevole. Inoltre, la stampa ad alta leggibilità – con font biancoenero, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, illustrazioni frequenti e carta color crema – contribuisce a rendere le condizioni di lettura più amichevoli e meno ostiche per tutti, soprattutto per chi si confronta con le difficoltò imposta della dislessia.

Cole Tiger e l’esercito fantasma

Da quando la famiglia di Cole Tiger si è trasferita a Everseen, lui ed Aquima sono diventati grandi amici. Molto diversi nell’aspetto – carnagione chiara e vistosi capelli rossi lui, carnagione scura ed evidenti lineamenti indiani lei –  i due condividono una certa solitudine legata al pregiudizio e alla diffidenza che la cittadina riserva a chi viene percepito come diverso. Lo stesso trattamento – scopriranno – ha toccato due ragazzi come loro di nome Aylen e Samuel, vissuti molti anni prima. Le loro storie non sono solo simili bensì destinate a intrecciarsi strettamente. Vittime di una maledizione, Aylen e Samuel necessitano, infatti, dell’aiuto dei due ragazzi per romperla e liberarsene per sempre. Questo, però, non si scopre che alla fine. In mezzo è tutto un tumulto di misteri, inseguimenti, tracce e rivelazioni che coinvolgono non solo i famigliari (anche quelli più insospettabili!) di Cole Tiger e Aquima ma anche personaggi straordinari dai caratteri sovrannaturali. La vicenda accelera quindi progressivamente il ritmo fino a culminare in uno scontro accesissimo, in cui le vere qualità di ciascun personaggio non mancano di venire a galla.

Il racconto scritto da Federica D’ascani è avvincente e coinvolgente. L’intreccio tra presente e passato, in particolare, richiede un po’ di abitudine a destreggiarsi all’interno di narrazioni complesse, ma offre al lettore una sfida di lettura intrigante. A rendere quest’ultima più fruibile anche a bambini con dislessia, interviene la consueta attenzione di Sinnos a proporre caratteristiche di stampa ad alta leggibilità, quali la font specifica leggimi, l’uso accorto di colori, grassetti e maiuscolo, la spaziatura maggiore, la carta color crema e la sbandieratura a destra.

La conferenza degli animali

In giorni come questi in cui la parola memoria riecheggia con frequenza, risvegliando la necessità di ricordare l’orrore che è avvenuto e che, anche in forme diverse, può continuare a ripetersi, un libro come La conferenza degli animali non passa inosservato. Scritto nel 1949 da Erich Kästner, oppositore del regime nazista e fervente pacifista, il libro nasce su sollecitazione di Jella Lepman, visionaria fondatrice di Ibby, con l’intento di denunciare le grandi sofferenze imposte ai bambini dalle guerre e dai deliri di potere dei grandi. Nutrito dunque di un pensiero strenuamente antibellico oltre che profondamente convinto del potere della buona parola scritta, il libro di Erich Kästner lancia forte e chiaro ai suoi lettori un messaggio di pace, che a tutt’oggi risuona attuale e necessario.

Protagonisti del racconto sono alcuni animali che, stufi di vedere i capi di stato riunirsi in inutili conferenze prive di concreti accordi ed effetti, decidono di organizzarne una loro per rimettere al centro dell’attenzione il bene dei bambini. Così, grazie a un tam tam di grande efficienza, le delegazioni bestiali di tutto il mondo si ritrovano al Grattacielo degli animali per il loro primo incontro ufficiale, proprio in concomitanza con l’ottantasettesima conferenza dei capi di stato umani. Tra i due consessi si innesca a suon di telegrammi un braccio di ferro durissimo: gli animali chiedono infatti di trovare un accordo che garantisca ai bambini un futuro di pace mentre i governanti non si smuovono di un centimetro dalla pretesa di badare ognuno solo ai propri affari. Con grande ingegno, allora, gli animali passano dalle parole ai fatti costringendo gli umani ad accettare le loro condizioni grazie a un’escalation di azioni dimostrative che vedono documenti distrutti dai topi, divise polverizzate dalle tarme e bambini messi in salvo dall’intera combriccola di bestiole. Sarà una dura lotta, la loro, ma l’accordo che ne uscirà è un manifesto di straordinaria lucidità che non solo regala un lieto fine ai protagonisti ma che andrebbe anche appeso e appreso in ogni scuola, comune e palazzo di governo.

È dunque una splendida notizia che l’editore Piemme, che detiene i diritti dell’opera, abbia deciso di pubblicarla nella collana Il Battello a Vapore con caratteristiche di alta leggibilità. Il testo, certo datato per alcuni riferimenti ai costumi e alla cultura dell’epoca, rimane godibilissimo per il suo messaggio di fondo, per le invenzioni narrative che l’autore sfodera e per la sua grande capacità di trasformare le qualità di ogni animale in ghiotti spunti per episodi e digressioni di intermezzo. L’accessibilità del testo anche in caso di dislessia – data dall’uso del font leggimi mutuato da Sinnos, dalla spaziatura maggiore, dalla sbandieratura a destra e dalla carta color crema – viene ulteriormente supportata dalle frequenti e deliziose immagini di Walter Trier che, pur proposte in bianco e nero come consuetudine della collana in questione, mantengono intatte una certa freschezza.

La conferenza degli animali – audiolibro Locomoctavia

Quanta attualità scalpita tra le righe di quel capolavoro di Erich Kästner che è La conferenza degli animali. Scritto ormai più di settant’anni fa, quando le ferite della guerra erano frequenti come oggi ma certo più fresche e vicine ai bambini europei, il racconto che vede gli animali di tutto il mondo attivi in prima linea nel tentativo di far ragionare i capi di stato in nome del bene dei più piccoli, potrebbe tranquillamente svolgersi in questo preciso momento storico. Il suo fortissimo ed esplicito messaggio di pace, non a caso fortemente voluto e sollecitato dalla straordinaria Jella Lepman, non è affatto tramontato ma anzi, supportato da un delizioso gusto narrativo che trova una chiave di continua sorpresa nell’enumerazione e nell’interpretazione antropica delle caratteristiche dei diversi animali, parla ancora in maniera molto schietta la lingua dei bambini.

Per questo, la scelta di Locomoctavia di inserire La conferenza degli animali tra i suoi titoli in formato audiolibro (come sempre sia su cd sia scaricabile direttamente dal sito, a seconda delle preferenze) è non solo felice ma anche preziosa. Con la cura che la contraddistingue, la casa editrice triestina rende infatti nuova vita e nuova linfa al racconto di Kästner, compensando l’assenza delle storiche (e bellissime!) illustrazioni di Walter Trier con una sinfonia sonora che risulta molto coinvolgente alle orecchie dell’ascoltatore. Rispetto ai titoli precedenti, La conferenza degli animali si distingue infatti per la partecipazione di un numero maggiore di attori, utile a restituire con vivacità e sfumature il ricchissimo ventaglio di personaggi, umani e animali, che popola il racconto di Kästner. Anche questo titolo, dal canto suo, è sostenuto, accompagnato e interpretato musicalmente: in questo caso è il sapiente gioco di percussioni di Dody B a calarci in un mondo che si rivela surreale almeno quanto la politica dei grandi che l’autore denuncia.

 

La conferenza degli animali, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, è fruibile anche tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

Il giornalino di Gianburrasca

Continua l’affascinante viaggio di Locomoctavia attraverso i classici della letteratura per ragazzi, riproposti in una versione estremamente curata che al rispetto dei testi – sempre offerti in versione integrale e/o in traduzione di pregio – sposa una ricerca musicale mai scontata e sempre calzante.

Così è stato per i primi titoli come Alice nel Paese delle Meraviglie e Pinocchio, e così non manca di essere anche per  il più recente Il Giornalino di Gianburrasca. Fedelissimo nello spirito all’indole indomita di Giannino Stoppani, novenne votato alla monelleria come pochi altri, l’audiolibro restituisce con gusto e perizia i guizzi, le imprese, i guai e i pensieri scarmigliati del protagonista. Lo fa soprattutto attraverso un’interpretazione movimentata, quale quella offerta da Daniele Fior, e da un accompagnamento incalzante quale quello di Tommaso Rolando al contrabbasso. Entrambe sottolineano, infatti, l’irrequietezza del racconto, la gioia delle marachelle, il loro effetto a sorpresa e l’immancabile senso di ingiustizia della sopraggiunta punizione.

Il rispetto del testo originale, oltre a garantire l’incontro del lettore con una straordinaria varietà di personaggi e invenzioni narrative, gustose pur nei loro 110 anni e più, offre un vantaggio interessante anche in un’ottica di accessibilità, peraltro già notevole dato il tipo di supporto scelto. La funzionale divisione in capitoli corrispondenti ai giorni del diario, così come previsto dal testo a stampa di Vamba, mette infatti il lettore di fronte a un numero cospicuo di tracce audio dalla durata circoscritta, cosa che ne agevola la fruizione e il godimento, anche laddove l’attenzione fatichi a essere mantenuta a lungo sul racconto.

 

Il Giornalino di Gianburrasca , così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, è fruibile anche tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

Filippo Maria il terribile

Giuseppe Caliceti è maestro elementare di lunghissima esperienza e le centinaia di bambini che ha incontrato nel suo percorso professionale si sentono davvero tutte tra le pagine del libro Filippo Maria, il terribile, scritto per l’editore Raffaello. Protagonista del volume, come indicato anche dal titolo, è un bambino vivace di nome Filippo Maria, intorno al quale ruotano le situazioni scolastiche quotidiane narrate dall’autore. Ma protagonisti insieme a lui sono anche il maestro, figura seria ma capace di parlare al cuore dei suoi alunni, e l’intero gruppo classe: una collezione ben assortita di indoli e storie che rende ogni giorno tra i banchi una sorpresa.

Il libro si compone di 33 brevissimi capitoli, ciascuno dedicato a un episodio significativo della vita in classe. Vi rientrano bugie e piccoli scherzi, litigi e punizioni, invenzioni e giochi, compiti e rapporti tra pari: occasioni in cui facilmente il lettore potrà riconoscersi e in cui spesso l’autore rivela la sua indole pedagogica. Stampato ad alta leggibilità, il libro non prevede solo un font specifico per dislessia, una spaziatura maggiore e una sbandieratura a destra ma si premura anche di evidenziare le parole più complesse con un colore che ne identifica la funzione nel testo e di esplicitarne il significato con un glossario posto a lato della pagina: caratteristica, questa, che agevola senz’altro la lettura anche tra i lettori meno forti pur ricordando forse un po’ troppo l’impianto caratteristico dei libri scolastici.

Annie. Il vento in tasca

Che forza, Annie! Classe 1970, Annie Cohen Kopchovsky compì più di 120 anni fa un’impresa memorabile: percorrere il giro del mondo in sella alla sua bicicletta. Nata per scommessa, la sfida di Annie diventa cosa serissima: perché decine di migliaia di chilometri su un sellino (peraltro d’altri tempi) non è propriamente una passeggiata; perché lungo il viaggio non sono pochi gli intoppi – dalle cadute alle reclusioni in prigione; e, non ultimo, perché Annie è una donna e questo porta con sé una fitta serie di complicazioni. Non certo fisiche, come dimostrerà il successo della sua impresa, ma di tutt’altro genere: Annie deve infatti fare i conti con giudizi e pregiudizi che la vorrebbero a casa a occuparsi di marito e figli piuttosto che in calzoni e abiti maschili a scorrazzare per il mondo. Ma già più di un secolo fa, per fortuna, l’opinione comune non era unica e così, dall’America all’India, Annie incontra personaggi moderni, attenti e rispettosi, che sposano la sua battaglia e le offrono appoggio: chi la scorta dopo una rapina, chi la accompagna nei tratti di mare, chi le offre abiti e mezzi più funzionali, chi le dona voce attraverso le pagine di un noto giornale. E così Annie, può finalmente fare ritorno in patria con nelle tasche un vento di libertà che ancora oggi è di grande ispirazione.

Intelligente e vigorosa è la scelta di Sinnos di dedicare ad Annie un volume della sua collana di graphic novel. Perché senza bisogno che lo si sottolineai e ci si giri intorno, la sua vicenda condensa una grandissima ricchezza di spunti e prospettive sulla delicata questione della parità di genere. E lo fa con lo sprint asciutto di un racconto avventuroso che attraversa settimane e continenti in poco meno di cento pagine, supportato da illustrazioni eloquenti, tutte giocate sul marrone e sul blu, che tanta parte hanno nell’aiutare il lettore a restare sulla scia di Annie. Frequentissime, talvolta frammentate al punto da immortalare con minuzia episodi particolari, le figure di Luogo Comune danno una spinta alla lettura, rendendola molto fresca e dinamica.

Ruggiti

Ci sono un leone, una bambina e un meccanico: non è l’inizio di una barzelletta ma il cuore di Ruggiti, un’avventura straordinaria scritta da Daniela Carucci e targata Sinnos. Il leone, in particolare, si chiama Leo e fa compagnia al meccanico Mario da quando la sua proprietaria – donna cannone di un famoso circo – si è trasferita oltreoceano senza poter portare l’animale con sé. Malgrado l’apparenza Leo non è pericoloso e infatti fa presto amicizia con la piccola Mia, compagna di giochi e abituale visitatrice dell’officina di Mario. Un giorno però dei loschi tizi di blu vestiti e denominati, per l’appunto, I Blu, portano via con la forza il povero Leo, innescando una girandola di eventi ad alto tasso di coraggio e divertimento.

Ispirato a una storia vera (!), ripescata dalle memorie d’infanzia dell’autrice, Ruggiti trascina il lettore in un inseguimento a rotta di colla, tra le grinfie di malviventi senza scrupoli, in sella a un’ape con le ali e nel folto di un bosco, il tutto senza scordare di trovare il lato buffo di ogni situazione e aggiungere un sorriso a ogni capitolo.

Complici anche le illustrazioni frizzanti di Giulia Tonelli e la stampa ad alta leggibilità che rende la lettura meno ostica, il libro si presta a far vivere più di un’emozione anche a bambini poco propensi alla lettura.

La tana nell’albero

Il 2019 è ufficialmente l’anno dei leoni addomesticati ad alta leggibilità! Dopo Ruggiti di Daniele Carucci, edito da Sinnos, esce ora per Biancoenero La tana nell’albero: un racconto lungo firmato da Cary Fagan che ci trasporta dritti dritti nella Toronto di inizio novecento. Qui un circo in trasferta perde due vagoni del treno su cui si sta muovendo: su uno di essi viaggiano un domatore e il suo affezionato leone Sunny. Scaraventati giù dal mezzo, i due si perdono di vista e l’attempato Sunny si rifugia in un albero cavo nel bel mezzo di High Park. Ma come può sopravvivere tra passeggiate ombrose e divertimenti per famiglie una creatura del suo genere? Per un po’ il leone si arrabatta cacciando di nascosto quel che può ma pavoni e visitatori a quattro zampe non sono sufficienti per la sua dieta. Come se non bastasse, le irrisolte sparizioni di animali nel parco e le misteriose apparizioni di creature mostruose che ad esse si accompagnano mettono sull’attenti polizia e opinione pubblica. Sarà allora provvidenziale l’incontro di Sunny con Sadie, la figlia del pasticcere Menke, noto in città per le sue prelibate crostate. Tra i due si instaura un rapporto di fiducia, solidamente basato su uno scambio di scarti di macelleria e coccole. Ma trovare abbastanza carne da saziare un leone non è semplice, soprattutto se in famiglia i soldi non scorrono a fiumi. Così, Sadie si convince a confidare il suo segreto felino a Theo Junior, un vicino di casa dell’alta società, dagli abiti buffi e i modi ossequiosi. La loro è un’amicizia nata per necessità, cresciuta con naturalezza e messa alla prova da un repentino precipitare dei fatti. Una soffiata costringe infatti i due ragazzini a trovare in fretta e furia una soluzione per Sunny che costringerà tutti quanti a fare i conti con ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ma anche con la perdita che può diventare conquista. Di libertà, per esempio.

Scorrevole, avvincente e ricco di questioni importanti, mai tuttavia sbandierate o men che meno sezionate con intenti didascalici, La tana nell’albero è un racconto che accarezza e scuote, proprio come avrebbe fatto il vecchio Sunny. Stampato come di consueto con caratteristiche di alta leggibilità, agevola inoltre la lettura anche a ragazzi con difficoltà legate alla dislessia.

Io sono Bellaq

La penna di Vincent Cuvellier sa essere versatilissima: leggera e poetica come in La prima volta che sono nata, asciutta e cruda come in La zuppa dell’orco, spassosa e irriverente come in Giancretino ed io. E proprio perché è versatilissima, all’occorrenza questi tratti sa anche mescolarli. È quel che accade in Io sono Bellaq, l’ultimo lavoro dell’autore francese pubblicato da Biancoenero.

Spiazzante, audace e provocatorio, Io sono Bellaq racconta la disavventura di  Bellaq Mostaganem, bambino di origini algerine che una mattina viene prelevato dalla sua classe da una squadra di poliziotti in tenuta antisommossa, portato in luoghi segreti, interrogato, trasferito e messo alle strette con l’accusa di aver compiuto un attacco terroristico in un ristorante: evento del giorno di cui tutti parlano ma di cui lui pare non sapere nulla (la mamma infatti non gli permette di guardare la tv la mattina!). Passerà una giornata intera, tra insinuazioni minacciose e incontri degni di un film poliziesco, prima che Bellaq possa essere restituito alla sua famiglia e tornare, scagionato da ogni accusa, alla sua vita di bambino, dopo un’avventura ben oltre l’ordinario e senz’altro non priva di strascichi quotidiani.

Verrà fuori che a scatenare panico e azioni militari era stata una banale omonimia tra il protagonista e il reale autore dell’attacco: aspetto che accentua ulteriormente la surrealità del racconto, mettendo bene in evidenza la cecità di una giustizia a tutti i costi, disposta ad autentiche follie in nome della sicurezza nazionale. Senza rinunciare a quell’ironia che lo rende inconfondibile, Vince Cuvellier prende così di petto una questione scottantissima, soprattutto per un paese come la Francia all’indomani di diversi attacchi di matrice terroristica e più in generale di numerose manifestazioni di fallita integrazione. La storia di Bellaq, per quanto incredibile, diventa cioè un grido di attenzione, un richiamo a quell’umanità che emergenza e paura rischiano di mettere pericolosamente in secondo piano.

L’attualità del tema, unita allo stile accattivante dell’autore, offrono un buon aggancio a lettori desiderosi di confrontarsi con storie dense e tutt’altro che banali: storie da grandi, insomma. La stampa ad alta leggibilità, caratteristica della casa editrice romana, concorre inoltre, a sua volta, a rendere la fruizione più a misura anche di lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Non parlo più!

Aurora è una bambina timida e piuttosto solitaria: non ama granché i giochi che fanno le sue compagne e fatica a trovare con loro una possibilità di interazione. Un giorno, messa in imbarazzo davanti alla classe intera a causa di un brutto tiro giocatole da un compagno, Aurora si chiude in sé stessa, rinunciando totalmente a esprimersi a parole, al di fuori dell’ambito familiare. Sarà una maestra paziente e sensibile, con la sua disponibilità ad accogliere i tempi e i modi della bambina, ad aiutarla a sconfiggere quella che lei chiama la timistrezza: un mix di timidezza e tristezza difficilissimo da scacciare. Ma sarà anche l’aiuto di Chiara, nuova compagna di classe, a giocare un ruolo decisivo nel percorso di superamento delle proprie difficoltà da parte di Aurora, delineando così con forza, l’idea che empatia e condivisione tra pari possono fare la differenza nel far sentire ogni bambino accolto e rispettato.

Quella scritta da Sabrina Mengoni è una storia che nasce da un’esperienza reale e che non nasconde un esplicito intento pedagogico: quello di dare voce ai bambini colpiti da mutismo selettivo, mettendo in evidenza le difficoltà e le emozioni che questo tipo di evento porta frequentemente con sé.

Il libro, pubblicato da Eli La Spiga, presenta alcune caratteristiche di alta leggibilità quali il ricorso al font leggimi, la maggiore spaziatura e la sbandieratura a destra del testo che ne rendono più agevole la lettura anche in caso di dislessia. La carta scelta, dal canto suo, si presenta lucida (quindi con qualche criticità legata al riflesso) ma color crema.

La collana L’albero delle storie di cui Non parlo più! fa parte comprende alcuni altri titoli ad alta leggibilità, reperibili qui: https://www.alberodeilibri.com/catalogo/?filter_leggibilita=carattere-ad-alta-leggibilita&query_type_leggibilita=or.