Orrendi per sempre

Metti insieme una ragazza morta fuori ma non dentro, una elettrica che dà la scossa, un ragazzo supergeniale e disabile e uno maciullato e pesto. E voilà, fatto! Gli “Orrendi per sempre” sono riuniti: 4 ragazzi allontanati dai compagni e rifiutati dalla comunità che condividono forza e debolezza della diversità. Ciascuno a suo modo e per le sue ragioni, sente forte la barriera che gli altri gli frappongono fino a farne a sua volta uno scudo personale. “Bambino…” disse Morta con voce fredda. “Sei sicura di quello che fai? Hai guardato bene come siamo… come siamo fatti?”

Esasperati dalla situazione, sono infatti loro stessi, a un certo punto, a fare del loro aspetto repellente un ostacolo ad una condivisione aperta. Non che non tentino di integrarsi, tutt’altro. Solo lo fanno a tentoni, percorrendo strade apparentemente più facili e talvolta palesemente disastrose, come isolarsi del tutto o camuffarsi da ciò che realmente non sono. Fino a che non decidono: basta fingere! Il tentativo di accettazione passerà da quell’istante in poi attraverso la via della valorizzazione delle capacità possedute. Gli Orrendi per sempre rinunciano, infatti, alle coperture posticce per gettarsi a capofitto in missioni ad alto rischio. Ed è lì, finalmente, che il loro potenziale umano, oltre che sovrumano, inizia ad emergere con forza e ostinazione.

E’ un libro insieme forte e scorrevole, questo di Aquilino, in cui l’autore mescola fantasia e spunti reali con un certo umorismo e una certa dose di avventura. Le vicende narrate sono infatti avvincenti e in più portano uno sguardo privilegiato sulla delicata questione della differenza e delle implicazioni sociali che essa comporta. Malgrado la commozione calchi ogni tanto la mano, si continua a percepire forte, a filo delle pagine, l’idea che ci sia una differenza tra il difetto e l’handicap, ovvero tra la mancanza e l’impossibilità del fare. Il ruolo che ciascuno di noi può giocare, per evitare che la prima si trasformi nella seconda, appare da subito estremamente influente. “Reginald s’illuminò: la soluzione era così semplice e lui non ci aveva ancora pensato. Ci volle poco per adattare il divano alle esigenze dei due ragazzi.” Come a dire che l’integrazione passa, in fondo, attraverso l’accettazione di sé e attraverso l’attenzione all’altro, nelle piccole come nelle grandi cose. Dalla condivisione dell’esperienza scolastica all’uso di un comune e banalissimo mobile.

Ben X

Un libro per ragazzi accorti e smaliziati che con un linguaggio schietto e diretto sa portare adulti e adolescenti nella realtà tanto distante e spesso incomprensibile della sindrome di Asperger: quella da cui è affetto Ben, protagonista forte di questo volume (e del film che a esso è legato), campione di videogames e apparente sconfitto della vita vera. In quest’ultima, Ben fatica infatti a farsi spazio e a trovare il suo posto. Chiuso in un mondo difficile da penetrare e marchiato per quegli atteggiamenti così strani, quasi borderline, il ragazzo diventa vittima di bullismo, accentuando la sua autoesclusione da tutto ciò che lo circonda.

Così Ben non vive, ma si allena semplicemente a farlo. In maniera virtuale, attraverso il videogioco Archlord o la chat in cui si fa chiamare Zorro: due strumenti o due realtà parallele in cui nessuno può farsi beffe di lui né chiedergli conto della sua differenza. Poco a poco queste diventano il suo unico flebile contatto con l’esterno, l’unico spiraglio e valvola di sfogo di un’oppressione che non si vede e non si tocca. Fino alla svolta, al colpo di scena, narrativamente ed esistenzialmente parlando: portato a ingoiare una pastiglia di ecstasy, Ben fa sfiorare a chi gli sta intorno la fredda sensazione della morte e per una volta, forte della sua esperienza virtuale, trova un modo di riscattarsi e uscire allo scoperto.

Ben X è un libro forte e d’impatto. A volte stride, urta, colpisce per il modo non edulcorato con cui parla ai ragazzi e dei ragazzi. Ma c’è qualcosa che sa di verità, qui dentro, al di là degli schermi e delle barriere che a volte ci dividono dalla vita reale.

Il mistero del London Eye

In questo libro ci sono: una città multiculturale e caotica, un ragazzino scomparso in un pomeriggio come tanti, una famiglia allargata che a tratti alterni si frammenta e si rinsalda e una ruota panoramica che sembra inghiottire la gente. E poi c’è Ted, il giovane protagonista, che mette insieme tutti questi elementi, trovando una soluzione al Mistero del London Eye. È un giallo ben congegnato, insomma, quello messo a punto da Siobhan Dowd, ma è anche un racconto straordinario che sa di vita quotidiana, di adolescenza e di affetti.

Con uno stile ironico e spigliato e una tecnica narrativa appassionante e sapiente, l’autrice del bel libro già vincitore del prestigioso Premio Andersen nel 2012 (miglior libro oltre i 12 anni) racconta infatti come Ted, grazie al suo modo strambo di ragionare, riesca a capire come il cugino Salim sia potuto salire sul London Eye senza apparentemente ridiscendervi e a ritrovarlo prima che possa fare la peggiore delle fini.

Affetto da Sindrome di Asperger, il protagonista ha difficoltà a interpretare tutte quelle espressioni – linguistiche o corporee – non univoche ma manifesta uno spiccato e non comune senso deduttivo. Il suo fiuto tutto basato sull’oggettività delle cose si mescola, dunque, a un’insormontabile difficoltà relazionale, a un’insolita passione per la meteorologia e a una curiosa incapacità a dire le bugie: quel che ne esce è un ritratto pertinente e intrigante della realtà Asperger, ben calata nelle dinamiche famigliari e nei contesti sociali che vi echeggiano intorno. La strada aperta ormai qualche anno fa dall’originale Strano caso del cane ucciso a mezzanotte trova qui, dunque, nuova polpa, grazie a un libro che sa fare magistralmente dell’ironia e dell’intrigo narrativo la chiave per sbucciare temi spinosi come la disabilità e la differenza.

Rico, Oscar e il Ladro Ombra

Tutto comincia con un rigatone al formaggio, per la precisione al gorgonzola, trovato inspiegabilmente sul marciapiede sotto casa. Da lì, poi, è tutto un vortice di eventi travolgenti per Rico: le indagini sull’enigmatico ladro di bambini, l’incontro con il futuro amico Oscar che gira sempre con un casco in testa, la ricerca di un fidanzato per la mamma, i rapimenti, le supposizioni e le avventure su e giù per i palazzi. Fino all’inaspettata risoluzione del mistero che da mesi terrorizza la città di Berlino.

Federico Doretti, detto Rico, è da sua stessa presentazione “un bambino lento di cervello, che confonde la destra con la sinistra e quando esce di casa cammina sempre dritto”: un bambino senza una disabilità certificata, insomma, ma che a specchio di molti coetanei percepisce di essere diverso, soffrendone in parte e reagendo a suo modo in altra. Così, con fare buffo, appunta le sue personalissime definizione di parole ignote, tenta approcci maldestri con i vicini di casa e, tra una tartina e l’altra in compagnia della signora Dolci del terzo piano, cerca distrazioni e amicizie mostrandosi curioso e goffamente intraprendente.

Attorno a lui, scorre e si ingarbuglia una fitta serie di personaggi insoliti che rendono il giallo del Ladro Ombra non solo appassionante ma anche estremamente spassoso. Ne scaturisce un libro delizioso come pochi, teneramente spiritoso nel racconto e ben congeniato nella trama, capace di parlare di diversità con la simpatia e l’efficacia che solo i libri che partono dalla narrazione e non dal tema sanno salvaguardare. E non è un caso, infatti, se questo piacevolissimo volume firmato dal tedesco Andreas Steinhöfel e intelligentemente proposto in Italia da Beisler editore, è stato selezionato e segnalato nel 2011 persino dall’Ibby Documentation Centre of Books for Disabled Young People.

Canto di Natale

Se un classico – come affermava Calvino – « è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», tutti dovrebbero avere la possibilità di rileggerlo a piacere. O di riascoltarlo a piacere, laddove le condizioni di lettura non siano agevoli.

Ecco perché gli audiolibri di alcune pietre miliari della letteratura per l’infanzia italiana possono essere salutati come belle novità nel campo dell’accessibilità letteraria: perché offrono a chiunque uno strumento alternativo per godere di un buon testo e perché garantiscono a un pubblico non vedente o con difficoltà di lettura uno strumento indispensabile per accostarsi a un patrimonio universale.

È il caso de Le avventure di Pinocchio di Collodi, de Il giornalino di Gianburrasca di Vamba o de Il canto di Natale di Charles Dickens, tutti pubblicati in versione integrale da Il Narratore in formati diversi – MP3 scaricabili dal sito, cd audio e cd MP3 – e dunque facilmente impiegabili secondo differenti esigenze e mezzi. La loro registrazione permette un ascolto rilassante e particolare che trasforma a suo modo storie arcinote in una performance da scoprire.

Pinocchio ed. il Narratore

Se un classico – come affermava Calvino – « è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», tutti dovrebbero avere la possibilità di rileggerlo a piacere. O di riascoltarlo a piacere, laddove le condizioni di lettura non siano agevoli.

Ecco perché gli audiolibri di alcune pietre miliari della letteratura per l’infanzia italiana possono essere salutati come belle novità nel campo dell’accessibilità letteraria: perché offrono a chiunque uno strumento alternativo per godere di un buon testo e perché garantiscono a un pubblico non vedente o con difficoltà di lettura uno strumento indispensabile per accostarsi a un patrimonio universale.

È il caso de Le avventure di Pinocchio di Collodi, de Il giornalino di Gianburrasca di Vamba o de Il canto di Natale di Charles Dickens, tutti pubblicati in versione integrale da Il Narratore in formati diversi – MP3 scaricabili dal sito, cd audio e cd MP3 – e dunque facilmente impiegabili secondo differenti esigenze e mezzi. La loro registrazione permette un ascolto rilassante e particolare che trasforma a suo modo storie arcinote in una performance da scoprire.

Il mondo di Orfeo

Il mondo di Orfeo, ovvero quando il fantasy incontra l’handicap. Il libro dell’esordiente Elena Mariani incuriosisce per questo connubio tanto insolito quanto intrigante che avvicina il tema della disabilità attraverso uno dei generi più amati dai giovani lettori. Accade, infatti, che tra queste pagine l’autismo di uno dei protagonisti, Orfeo, venga travolto e in parte raccontato attraverso il mondo fantastico del bosco e del Picco Solitario dove i sogni e gli incubi si scontrano e le letture alimentano una realtà in continua trasformazione.

Qui si mescolano, in maniera talvolta un po’ caotica e solo abbozzata, personaggi eroici di ogni tempo da Robin Hood al Signore degli anelli, da Frankenstein a Sherlock Holmes, le cui avventure oniriche riflettono e condizionano la vita quotidiana di Orfeo e delle persone più care che gli ruotano intorno, tra cui spicca sua sorella, la determinata Ofelia. Questo continuo rimbalzo tra realtà comune e realtà immaginata disegnano un espediente efficace e suggestivo per aprire un sottilissimo e metaforico passaggio nell’autismo, utile senz’altro a sottolinearne l’esistenza.

I colori del buio

Gli adolescenti sono i destinatari principali de I colori del buio. Vale tuttavia la pena di segnalare questo libro per il suo valore letterario e per la delicata serietà con cui affronta temi importanti. Questi tratti, che gli hanno valso il National Book Award 2010, lo rendono infatti interessante anche agli occhi di lettori e lettrici di età diversa, purché aperti a un confronto disincantato con la realtà.

La protagonista del libro, Caitlin, è in particolare affetta da sindrome di Asperger, descritta senza camuffaggi. Tutto ciò che non ha un contorno netto – dagli individui alle espressioni metaforiche – assume per lei un volto inquietante e minaccioso: così essa non si stanca di consumare il dizionario e i suoi termini esatti, di disegnare rigorosamente in bianco e nero e di attenersi ad un logica ferrea che spesso si scontra con il pensiero comune.

Il suo è un percorso a ostacoli, segnato da paletti fissi e sofferenze inattese come la morte del fratello Devon, tra le quali si trova a zigzagare alla ricerca di un posto nel mondo, e di una conciliazione con sé stessa e con gli altri. Il lettore, silenziosamente, finisce per far suo questo tortuoso tragitto, accogliendo quelle emozioni chiare e scure che ne segnano marcatamente il tracciato.

Il bambino che mangiava le stelle

Raccontare l’autismo mettendo insieme una bambina testarda e coraggiosa, un bambino chiuso su se stesso ma capace di diventare le cose che incontra, un cane in cerca della sua identità selvatica, una balia russa misteriosa e taciturna e una gamma di parenti piuttosto variegata e composita. Così Kochka, autore franco-libanese, costruisce Il (suo) bambino che mangiava le stelle, romanzo per ragazzi che non chiudono gli occhi di fronte al mondo ma sono motivati, anzi, ad entrarvi in prima persona.

Per conoscere, per capire e per agire. Così, almeno, Lucie – protagonista e voce narrante della storia – vive il suo trasloco in un palazzo parigino e il suo incontro con Matthieu, il bambino del piano di sopra la cui stranezza viene etichettata dai grandi con l’espressione “autismo”. Ma cosa vuol dire davvero essere autistici? Lucie cerca di scoprirlo buttando nel cestino le astruse definizioni degli adulti con avventurosa pragmaticità.

Ne esce un ritratto certo suggestivo della malattia che non ne copre tuttavia tutti i lati inspiegabili e duri e che sottolinea soprattutto la presenza di un individuo sotto i suoi veli.

Il meraviglioso mago di Oz

Semplicità ed efficacia sembrano comporre, ancora una volta, il motto della casa editrice Biancoenero, sempre attenta alle esigenze che i diversi lettori possono avere di fronte a uno specifico libro: esigenze di lettura, esigenze di comprensione ma anche esigenze estetiche.

Così nasce, per esempio, Il meraviglioso mago di Oz che unisce una copertina attraente dai colori caldi, una versione adattata del testo originale di Lyman Frank Baum, un carattere tipografico appositamente messo a punto per agevolare i casi di dislessia e un CD MP3 per seguire il testo con meno fatica. L’ascolto viene perciò a supportare la vista o a invitare alla lettura coloro che a scorrer le righe scritte proprio si annoiano.

Si percepisce, dunque, lo sforzo di trasformare l’accessibilità in un obiettivo concreto attraverso la sinergia tra mezzi, codici e stratagemmi differenti. Ciascuno può cioè, scegliere di affidarsi alla sola lettura semplificata, al solo riposante ascolto o alla combinazione dei due percorsi, inseguendo, a suo modo e con il suo passo, il leone senza coraggio, lo spaventapasseri senza cervello e l’omino di latta senza cuore.

E ora…tutti in Brasile!

Il connubio tra calcio e libri potrebbe sembrare tra i più improbabili a immaginarsi ma alcuni recenti fenomeni editoriali possono facilmente dimostrare il contrario. E’ il caso della serie Gol!, firmata da Luigi Garlando e pubblicata da Il Battello a Vapore con un costante ampliamento della gamma di titoli, dal 2007 ad oggi.

Volumi come questi, di grande successo tra i giovani lettori, capaci di coniugare la narrazione con la passione del pallone, sono al contempo un risultato e uno stimolo importante: essi costituiscono infatti un segnale della vitalità che può animare le letture dei ragazzi e forniscono, dal canto loro, nuova linfa che alimenta il rapporto con il libro.

Ecco perché ci piace pensare che a titoli di questo tipo si possa garantire la massima accessibilità, magari grazie all’uso delle nuove tecnologie. Così, l’audiolibro di E ora… Tutti in Brasile!, pubblicato dalla Emons, suona come una buona notizia perché segna la possibilità di condividere proposte narrative appassionanti al di là di alcuni limiti imposti da disturbi dell’apprendimento o della visione.

Brevissima storia di una bambina e di una gatta che volevano vivere aggrappate alla luna

Che ci voglia carattere per affrontare temi delicati come la malattia è fuor di dubbio e la Brevissima storia di una bambina e di una gatta che volevano vivere aggrappate alla luna pare condensare al massimo quest’idea. Edito dalla Angolo Manzoni e vincitore 2010 del premio Cassa di Risparmio di Cento, il libro di Gianpiero Scalia unisce infatti un carattere tipografico speciale – con stampa in corpo 16 e in font Easy Reading, supportata dalla disponibilità del testo su CD MP3 – e un carattere stilistico vigorosamente delicato visto l’argomento e il pubblico di riferimento.

Si rende così ampiamente accessibile – anche in caso di dislessia o problemi di vista – un racconto denso come il miele ma fortunatamente non altrettanto sdolcinato, che affronta la malattia con gli occhi e con la voce coraggiosi della bambina che ne è affetta. Qui trovano posto marionette, dottori, amici e giocattoli mescolati a questioni ingombranti dall’anima alla morte e dall’amore alla religione: il tutto in un flusso mai fuori dagli argini nonostante l’impeto dei sentimenti che rende la lettura adatta a ragazzi dallo sguardo profondo e non velato.

Mossy Trotter

Una giostra di personaggi scombinati e un vortice di guai domestici trasformano le giornate di Mossy in un’avventura a tratti elettrizzante e a tratti terrificante. Ci sono di mezzo una sorellina e un nuovo pupo in arrivo in famiglia, una mamma dalle amiche a modino, un nonno che fa bere birra allo zenzero con inaudita nonchalance, e un primo amore dai tratti inaspettati. A quindici giorni dal suo ottavo compleanno, il protagonista si trova invischiato in una serie infinita di vicissitudini che sanno di ginocchia sbucciate e brutti quarti d’ora, e assapora pomeriggi all’insegna di paghette da spendere al negozio di caramelle, discariche piene di tesori da scovare, pasticcini con la scritta di glassa, esperimenti coi trampoli e trappole per conigli.

Quella di Mossy, insomma, è la storia di un bambino dalla fantasia allenata, dalla lingua lunga e dalle gambe impazienti: la storia di un bambino che per interessi e preoccupazioni appare decisamente retrò, ma che con attualissima naturalezza riesce a suscitare il senso di curiosità e il gusto per la marachella del lettore più moderno. Nato nel 1967 dalla penna della scrittrice Elizabeth Taylor, il personaggio di Mossy è stato recentemente riscoperto, rispolverato e riproposto dalla Biancoenero Edizioni, guadagnando non a caso una prestigiosa candidatura al Premio Andersen 2012, nella categoria 9-12 anni. Le sue sono insomma avventure piacevolissime che, stampate peraltro in carattere ad alta leggibilità, risultano davvero godibili ad ampio raggio.

Niente giochi nell’acquario

Regole, regole, regole… La vita di Catherine ne è disseminata, un po’ per scelta e un po’ per forza. Le regole sono infatti un sistema efficace per controllare David, quel suo fratello così poco normale le cui reazioni sono spesso impreviste e imbarazzanti.

A volte le persone ridono perché gli sei simpatico, a volte ridono per ferirti.
Puoi abbacciare mamma ma non il commesso della videoteca.
Niente giochi nell’acquario.

Le regole sono paletti, argini e punti saldi per David, e l’autismo da cui è affetto trova talvolta un minimo equilibrio se organizzato in funzione di principi chiari e semplici. Ma le regole sono anche limiti. Esse costringono il pensiero e l’azione a rispettare barriere talvolta superflue che illudono di proteggere dal peso di un giudizio esterno. Ma se il giudizio è quello di una vicina di casa nuova, ipertrendy e potenziale amica non ne vale forse la pena? Così la pensa Catherine quando scopre che la coetanea Kristy verrà a vivere accanto a lei. Tutto dovrà pensare fuorché che la sua è una famiglia anormale, con un fratello handicappato e un amico che non si esprime se non con delle tesserine illustrate. Ma quanto può durare questo tentativo di camuffamento? Catherine si accorge presto che le persone si possono mostrare diverse da come le immaginiamo e che il tentativo di scoprirle a fondo lascia sovente più che esterefatti.

Di qui viene la forza di questo libro. Dalla capacità di mostrare piccole ricchezze dentro ogni persona senza lasciare spazio a pietismi e false idealizzazioni. David continua infatti lungo tutto il corso della storia a calarsi i pantaloni in pubblico o a gridare per strada e l’amico James non imparerà mai a esprimersi con le parole o senza emettere grugniti. Ciononostante lo spiraglio di un rapporto alla pari con loro come con le persone che da fuori li osservano, si apre e si alimenta per Catherine con una naturalezza crescente. Le difficoltà di una vita familiare e adolescenziale segnata dall’handicap sono raccontate con la genuinità semplice che viene dell’asperienza reale senza che i pregiudizi amplificati che le circondano non vengano in parte scalfiti.

Mio fratello Simple

Straordinario, toccante, divertente. Questo è Mio fratello Simple, il libro di Marie-Aude Murail la cui forza originale si poggia senza dubbio sull’ironia pungente e sul realismo mai patetico dei sentimenti. L’autrice francese, infatti, delinea, colora ed anima con efficacia disarmante il mondo di Simple, ritardato mentale, e di tutti coloro che per qualche ragione gli ruotano intorno: il fratello minore e minorenne che se ne prende cura, i loro coinquilini, il burbero vicino di casa, il padre assente o chi soltanto ne sfiora di passaggio l’esistenza senza poterne restare del tutto indenne.

Perché Simple – semplice – è tale soltanto nel suo soprannome, nella logica ferrea che regge i suoi pensieri, nei sentimenti nettamente neri o bianchi che agitano il suo didentro. Ma il suo essere insolito, imprevedibile, idiota e geniale al contempo, rendono piuttosto complicata la realtà vera o immaginaria in cui si immerge tirando con forza dietro di sé lettori e personaggi corollari. È una realtà in cui il coniglio di pezza Migliotiglio esprime osservazioni ed emozioni destinate altrimenti a restare soffocate, in cui telefoni e tecnologie funzionano grazie ad omini invisibili, in cui le principesse baciano solo il loro principe e in cui basta a volte una stopila giocattolo in tasca per sentirsi più sicuri. Ma è soprattutto una realtà che, raccontata con le parole schiette e originali dell’autrice, non sa lasciare indifferenti, spalancando agli occhi di chi legge un mondo tanto vero quanto difficile ad immaginare.

Amelia e Zio Gatto. Indagine alle PMI

Un bambina e un gatto dotato di gilet come zio. La premessa del libro di Anna Lo Piano non è certo consueta e il prosieguo del volume ha il merito di tenerle fede. Amelia e Zio Gatto. Indagine alla PMI è infatti un avvincente racconto per ragazzi, fitto di mistero, suspance e avventura.

Spuntano qua e là personaggi bizzarri che aggiungono un tocco di umorismo alla vicenda permettendole di affrontare, senza renderli pesanti, temi di scottante attualità come l’ecologia. La realtà entra così nelle indagini condotte dalla improbabile coppia investigativa che si muove senza indugio negli ambienti televisivi e dei nuovi media.

Il libro, reso accattivante anche dalle illustrazioni firmate da Chiara Nocentini, vanta inoltre il merito di ampliare la gamma di titoli accessibili in caso di dislessia. Adottando il carattere ad alta leggibilità (Leggimi!) anche in questa nuova serie, Sinnos rinnova così, una volta di più, il proprio sostanzioso impegno in favore della lettura aperta anche a chi sperimenta delle difficoltà nella decifrazione dei caratteri stampati.

L’ultimo elfo

È fresca di stampa – o meglio di registrazione – una delle proposte più interessanti della Emons audiolibri: si tratta de L’ultimo elfo scritto da Silvana De Mari e pubblicato nel 2004 dalla Salani. La proposta è, nella fattispecie, interessante perché ribadisce a gran voce l’importanza di rendere accessibili ai bambini ciechi, ipovedenti o con difficoltà di lettura, non soltanto i testi strettamente indispensabili alla loro formazione scolastica ma anche le storie che ne consentono lo svago più puro e il confronto con i compagni.

L’ultimo elfo è infatti, originariamente, un libro che ha riscosso un grande successo tra i ragazzi delle scuole elementari e medie ai quali è rivolto oltre che tra i critici che gli hanno attribuito il prestigioso premio Andersen. Esso offre, in particolare, una combinazione sapiente di avventura, invenzione, magia e coraggio che ne fanno uno dei romanzi fantasy italiani più degni di nota. Quella stessa combinazione, d’altra parte, si svela al lettore grazie ad uno stile evocativo e coinvolgente che ben si presta a solleticare le orecchie quando a leggere il racconto è la voce suadente della cantante Mietta.

Le macchine fantastiche di Bubus

Evviva! Con il libro di Franco Signoracci si palesa chiaramene come l’efficacia di un racconto possa superare di gran lunga quella di una spiegazione, anche e soprattutto a proposito dell’handicap. Ma attenzione, non un racconto-che-poi-non-è-mica-davvero-un-racconto-perchè-in-realtà-insegna-qualcosa. Un racconto e basta. Un racconto in cui la protagonista, Enrica, può viaggiare in sella alla sua sedia a rotelle senza dover per questo implicare vicende ad hoc pro riflessioni moralistiche o tentativi di riscatto.

Il modo in cui Enrica si sposta è, infatti, solo una delle sue caratteristiche, senz’altro non l’unica o quella totalizzante. Essa comporta certo delle difficoltà significative rispetto all’avventura narrata ma lo fa nella maniera in cui potrebbe farlo qualsiasi altro tratto di un protagonista, dalla curiosità all’essere secchioni, dall’amore per gli animali all’esser figli di Madonna.

La disabilità di Enrica, semplicemente, viene integrata nel racconto così come nella vita del personaggio, senza cioè che le sue implicazioni appaiano ignorate o, al contrario, amplificate. E questa ci pare un’ottima cosa, là dove si voglia trovare in un libro uno strumento di integrazione: quel che si vede qui è, infatti, che una ragazzina disabile può essere protagonista di una storia non tanto perché disabile quanto piuttosto perché ragazzina.

Peccato l’autore scivoli qua e là sullo sdrucciolevole terreno narrativo, svelando precipitevolmente il gustoso mistero delle macchine di Bubus o scegliendo un rapido finale tutto miele modello “il bullo cattivo che si innamora della buona protagonista”. Ciò non toglie, tuttavia, che il libro nasca e suggerisca a sua volta spunti interessanti e si snodi con uno stile piuttosto ironico e frizzante.