Come me, come te
Recensione pubblicata il: 29/05/2025
Da una manciata di anni il mondo editoriale italiano sembra essersi accorto delle potenzialità dei libri fotografici. I volumi di Tana Hoban e Ylla hanno, in particolare, aperto lo strada, rendendo evidente quanto apprezzato e apprezzabile possa essere questo tipo di risorsa. Versatile e riconoscibile, la fotografia rappresenta peraltro un medium molto interessante anche in termini di accessibilità, nella misura in cui può predisporre terreni di esplorazione visiva e narrativa particolarmente fruibili anche da parte di chi manifesta difficoltà cognitive, legate per esempio al piano dell’astrazione.
Come me, come te, progetto originale di Carolina Zanier sposato da Camelozampa, ne è una prova eloquente. Il libro si sviluppa attraverso una serie di coppie di fotografie affiancate: quella di sinistra immortala sempre un elemento naturale, quella di destra si concentra su soggetti umani. Tra le due c’è sempre un legame di somiglianza da cogliere: formale, come nel caso dei cerchi del tronco che ricordano quelli dell’impronta digitale, o concettuale, come la lumaca e il grande orologio uniti dal tema del tempo. Ampie e incantevoli, le fotografie di Carolina Zanier dicono in maniera efficacissima la vicinanza tra uomo e natura, gli intrecci che tra i due mondi incessantemente si possono cogliere, la meraviglia di un processo universale di trasformazione.
Sono loro le vere protagoniste di questo volume. Ad accompagnarle, c’è un testo minimo: due o tre parole per pagina, come didascalie evocative e sospese che indirizzano lo sguardo del lettore e che compongono una sorta di poesia sulla vita, sull’infanzia, sul potere della crescita. Viene da chiedersi se la sua totale assenza avrebbe potuto rendere il volume ancora più significativo e affascinante, incentivando forse la libertà di movimento e l’attivazione di personali connessioni.
Certo, così composto, Come me, come te accompagna il lettore lungo un binario scelto e come tale più rassicurante. Esso dichiara, inoltre, in maniera lampante che la natura e la sua rappresentazione fotografica posseggono un’innata componente poetica e che il nostro sguardo e la nostra voce sono tutto ciò che occorre per farla venire a galla. Il libro si presta in questo senso non solo ad accogliere esplorazioni visive suggestive e accessibili, ma anche a invitare il lettore a proseguire il gioco delle somiglianze una volta chiusa l’ultima pagina.
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