Luna e la camera blu
Recensione pubblicata il: 22/05/2025
Tra i titoli Babalibri finora riproposti da Officina Babùk in una versione in simboli, Luna e la camera blu è forse uno di quelli più sfidanti. Il libro di Magdalena Guirao Jullien e Christine Davenier danza, infatti, in maniera leggiadrissima sul filo della dimensione onirica, giocando con la labilità del confine tra immaginazione e realtà.
La sua protagonista – una bambina dall’indole placida, che poco parla e molto osserva – affronta infatti meravigliosi viaggi fantastici ogni volta che va a trovare la nonna e si rifugia in una stanza da letto dal fascino antico. Qui si nascondono, infatti, amici a quattro zampe con cui correre, giochi e capriole, traversate in barca e avventure piratesche. La fantasia della tappezzeria – dal fondo bianco e dai raffinati disegni blu – innesca, di fatto, una fantasia di altro genere: quella che anima le storie, i sogni e le invenzioni della piccola.
In questo volume dallo stile raffinato, testo e illustrazioni si integrano in modo efficacissimo, amplificando la sospensione tra dimensione reale e dimensione immaginaria. E proprio quella sospensione e quel dialogo imprescindibile e mai scontato tra parole e figure possono rappresentare una sfida importante per quei lettori che sperimentano maggiori difficoltà nel distacco dal piano di realtà. Ma una sfida è una sfida: se da un lato può porre davanti a ostacoli ostici, e talvolta insormontabili, dall’altra può offrire possibilità di scoperta del tutto inaspettate. Ben venga dunque, nel nome del rispetto del diritto alla complessità, anche questo tipo di proposta!
La versione in simboli di Luna e la camera blu risulta d’altro canto estremamente fedele all’originale: non si rileva infatti alcuna modifica testuale, così come identica appare l’impostazione grafica del volume. A dispetto della sofisticatezza della costruzione narrativa, il racconto risulta molto lineare nella struttura sintattica e molto piano nelle scelte lessicali. La simbolizzazione, basata come di consueto sulla collezione WLS e sul ricorso alla riquadratura, procede dunque in maniera piuttosto fluida, senza richiedere particolari adattamenti. I singoli simboli sono talvolta associati a unità lessicali (es: “giocare a nascondino”) invece che a singole parole e si caratterizzano per l’uso di qualificatori relativi ai tempi verbali. Le illustrazioni, minuziose e delicate, invitano dal canto loro a un’esplorazione lenta della pagina, di quella lentezza che consente alle storie di sedimentare e farsi posto per benino.
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