Occhi da orientale

Recensione pubblicata il: 9/10/2018

Autore Annamaria Piccione Illustratore Monica Saladino Editore Il Ciliegio Paese di pubblicazione Italia ISBN 9788867714056 Anno 2017 Numero di pagine 20 Prezzo 10 €

Fascia d'età 6-8 anni 9-11 anni Sezione Libri sulla disabilità

Si parla di Nessuna disabilità specifica

Ha un narratore insolito, Occhi da orientale. Alta e maestosa, sempre attenta a ciò che accade nel cortile, è infatti la vecchia quercia che fa ombra all’asilo a raccontare al lettore la storia di Chiara, bambina placida e taciturna che stenta a fare amicizia con i compagni. Di lei non sappiamo molto, se non che “ha qualcosa di diverso dagli altri bambini” – confermato in maniera appena accennata dal titolo del libro – e che se ne sta spesso sotto l’albero ad accarezzare il gatto Mattia. È gentile, Chiara, e la vecchia quercia la prende in simpatia a differenza di quanto fa con Goffredo, bambino prepotente e dispettoso. Così, quando il gatto Mattia si arrampica troppo in alto e non riesce a tornare a terra, la quercia non esita a sostenere Chiara nel suo coraggioso tentativo di arrampicarsi per salvare l’animale. È così che Chiara arriva in alto, dove nessun altro bambino è mai arrivato, fino a scorgere lo scoglio dei gabbiani in mezzo al mare. Ed è così che qualcosa, nella percezione dei compagni cambia, consentendo una prima felice possibilità di relazione.

Un po’ fuori dagli schemi a cui l’editoria per l’infanzia attenta alle tematiche della disabilità ci ha abituato, Occhi da Orientale sceglie la strada del sussurro, in parole ed immagini, per raccontare la sua storia. È una storia senza fretta, questa, e come tale viene narrata, chiedendo al lettore di prestare ascolto e prendersi il suo tempo per assaporare, cogliere, capire. I testi raffinati di Annamaria Piccione, votati talvolta al ricordo e alla riflessione pensosa, e le illustrazioni particolarissime di Monica Saladino, che uniscono in maniera efficace matita e collage, trovano un comune punto di incontro nell’apprezzabile scelta di mettere l’infanzia – tutta – al centro della narrazione, senza fare della questione della disabilità una bandiera forzatamente sventolata. Ne emerge un racconto pacato e poetico, che invita sommessamente a riconoscere le occasioni che la vita ci porge di superare e rimettere in discussione pregiudizi e distanze.