Semplicemente Maria
Recensione pubblicata il: 11/09/2025
11 anni, indole tranquilla, ottimo rendimento scolastico: la vita di Maria, fuori e dentro la Marble City Middle, è votato al tenere un basso profilo. Niente colpi di testa, niente stramberie: l’obiettivo della ragazzina è apparire il più possibile normale e come tale farsi accettare. Niente di nuovo, in effetti, sotto il cielo della preadolescenza ma nel caso di Maria questa ostinata ricerca di ordinarietà socialmente accettabile muove da una ragione più profonda. Maria deve infatti fare i conti con una disabilità visiva importante che non solo impatta in maniera significativa sulla sua quotidianità ma soprattutto condiziona fortemente il modo in cui i pari la identificano. Maria si sente, nei fatti, solo “la ragazza cieca” della scuola. Nient’altro.
Forse per questo, quando il suo compagno e vicino di casa JJ le propone di lanciarsi reciprocamente delle sfide per dimostrarsi all’altezza di fondare l’Agenzia Investigativa Supereroica Ducrany, Maria si ritrova combattuta. Da un lato vorrebbe tenersi alla larga dal re degli adolescenti bizzarri che non brilla esattamente per popolarità. Dall’altro, quelle sfide un poco la attraggono, perché proprio facendo cose improbabili, sente di poter sperimentare la bellezza di essere altro dalla ragazza cieca. Pronunciare parole assurde durante l’ora di matematica, mettere un pollo di gomma sulla scrivania del preside, salvare l’amico da una spedizione in collegio e girare da sola per la città alla ricerca di una bambina smarrita, risultano cose folli ma utili per liberarsi almeno in parte da quell’etichetta invisibile e pesantissima.
Il nodo sta proprio lì: nelle etichette. Nel desiderio di scrollarsele di dosso per mostrare a tutti la propria personalità ma anche nella scoperta che nessuno di noi, Maria compresa, è immune dall’impulso ad attribuirle. Perché le etichette ci fanno comodo e ci rassicurano. Ma non c’è niente che ci allontani di più di esse, in effetti, dalla possibilità di costruire delle relazioni autentiche.
Ecco, Semplicemente Maria è esattamente questo: un romanzo spigliato e ironico sulle relazioni e sulle etichette, su ciò che la disabilità comporta e su ciò che, al contrario, non limita. È un romanzo sul desiderio, tutto umano, di essere visti per come si è e di essere trattati di conseguenza. Con il suo punto di vista determinato e schietto, Maria racconta un mondo in cui realtà complesse e sogni possono convivere, in cui l’idealizzazione è tanto pericolosa quanto il pietismo, e in cui fare zig dove tutti fanno zac può risultare una strada felice per scoprirsi e farsi scoprire.
“Ho bisogno di spazio. Ho bisogno di spazio per crescere, per imparare, per cadere e per fallire, per urtare e per barcollare, per crescere e per conquistare. Per diventare quella che sono destinata a diventare.
Non sono fantastica.
Non sono magica.
Semplicemente Maria.
E questo mi basta.”
Scorrevole, incisivo e capace di pungere in maniera chirurgica il lettore, Semplicemente Maria è un romanzo in cui una storia avvincente lascia di tanto in tanto spazio alle riflessioni della protagonista in cui emergono spunti preziosi sull’abilismo e risposte schiette ad alcune curiosità che spesso ruotano intorno alla disabilità. Jay Hardwig, l’autore, ha non a caso alle spalle una lunga carriera come docente di sostegno specializzato in disabilità visive, e questo concorre con tutta probabilità a garantire al racconto una tangibile credibilità e un’apprezzabile schiettezza.
Pubblicato da Uovonero all’interno della collana dei Geodi, Semplicemente Maria presenta, infine, interessanti caratteristiche di alta leggibilità (spaziatura maggiore, font Test me, sbandieratura a destra, carta opaca e color crema) che ne rendono la lettura più amichevole anche in caso di dislessia.
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