Scatola con sorpresa

Edizioni Arka ha portato in Italia un delizioso progetto editoriale di origine francese: una collana di fumetti senza parole per bambini intitolata Le nuvolette (originariamente: Mini bulles). I volumi che la compongono si caratterizzano per un tipo di racconto estremamente fruibile nella misura in cui l’accessibilità legata alla narrazione per immagini si somma a quella dettata dalla partitura regolare delle vignette.

La collana si rivolge idealmente a un pubblico di età prescolare, come intuibile dai personaggi e dal tipo di vicende narrate, dalla predilezione per il codice iconico e dall’attenzione a rendere i passaggi da una vignetta all’altra particolarmente chiari ed evidenti. In questo senso, i diversi autori che hanno collaborato a questa collana hanno dato a vita a storie facili da seguire nel loro sviluppo grazie a sequenze che lasciano pochi vuoti narrativi e dunque accompagnano il lettore passo passo. L’idea che sta alla base della collana è, non a caso, che i volumi che ne fanno parte possano prima di tutto essere letti in autonomia dai bambini, senza che debba necessariamente essere un adulto a guidarli (cosa che, in ogni caso, è sempre possibile e offre una diversa possibilità di lettura).

Scatola con sorpresa di Édouard Manceau si apre, manco a dirlo, con una scatola rossa ben chiusa. Da quella scatola, a partire dalla seconda vignetta, fa capolino un micio che esce, trova a sua volta una scatola azzurra da cui – sorpresa! – esce un amico, un piccolo coniglio. I due si avviano insieme (muovendosi sempre verso destra) e compiono un lungo viaggio durante il quale incontrano un gran numero di scatole, ciascuna delle quali contiene nuovi incontri e/o nuovi ambienti in cui muoversi. Così, in una sequenza molto dinamica, i due si imbattono in un’orchestra allegra, in un mostro buffo, in una motocicletta, in un pesce, in una foresta, in un equipaggiamento da campeggio, in una mongolfiera, in un barattolo, in un arco, in un’auto e in un paesaggio marino… Come si combinino questi elementi per dar vita a piccole spassose e ingegnose vicende non lo riveleremo. Si sappia, però, che quelle che possono sembrare delle innocue scatole di cartone possono contenere tutti gli ingredienti necessari per vivere un’avventura degna di questo nome. Potere dell’immaginazione!

I molteplici cambi di scenario, la dimensione magica che trasforma le scatole in veri e propri mondi in cui immergersi e la varietà di personaggi incontrati ed eventi sopraggiunti rendono Scatola con sorpresa leggermente più complesso rispetto a Coco e Mosca, l’altro titolo che ha inaugurato la collana de Le Nuvolette. Ciononostante troviamo anche qui un’apprezzabile attenzione a rendere agevolmente decodificabile ciò che accade nelle vignette, a esplicitare passaggi anche minimi e a guidare il lettore all’interno di scene mutevoli grazie a efficaci cambi di sfondo (un colore diverso per ogni scatola esplorata) e a precise espressioni del viso dei personaggi. Ne vien fuori un racconto denso ma amichevole che può riservare grandissima soddisfazione!

Tiritera giornaliera

Delicato nei toni e nelle forme, musicalmente orecchiabile e capace di favorire l’identificazione del bambino, Tiritera giornaliera è una raccolta di filastrocche pensate per un pubblico di lettori della scuola dell’infanzia. La successione dei testi in versi non è casuale ma segue di fatto la routine della giornata scolastica, prendendo in considerazione tutte le attività e le esperienze più significative che qui possono avere luogo: dai laboratori al pasto, dal gioco in giardino all’igiene, dalla nanna alla socializzazione. A ogni momento corrisponde una filastrocca di due strofe che si conclude sempre con un’onomatopea: un’espediente questo che agevola l’animazione della lettura e il coinvolgimento dei lettori.

I testi di Tiritera giornaliera sono piani ma non piatti, piacevoli da dire e ascoltare anche più volte e fruibili nonostante la struttura sintattica della frase venga talvolta condizionata dalla rima. Stampati in minuscolo, sono supportati visivamente dai simboli WLS – Widgit Literacy Symbols – della Comunicazione Aumentativa e Alternativa che aiutano il bambino, soprattutto ma non solo con difficoltà comunicative, a seguire a comprendere la narrazione. I simboli sono in bianco e nero, riquadrati insieme alle parole corrispondenti, associati a singoli lemmi e provvisti di qualificatori che indicano eventuali plurali o tempi verbali diversi dal presente.

Ogni filastrocca è associata a un’illustrazione dai toni pastello. L’interprete di ogni azione o attività è un tenero coniglio in salopette dall’aria amichevole. Le illustrazioni sono sempre minimali, prive di tinte accese e dettagli superflui che possano risultare disturbanti. È interessante notare, inoltre, come esse vengano sempre collocate su una pagina diversa da quella del testo corrispondente, così da agevolare l’orientamento del lettore e la lettura dell’oggetto libro prima ancora che della storia. Nella fattispecie, la pagina in questione è quella di sinistra, ossia la prima che il bambino incontra sfogliando la pagina: una scelta non trascurabile perché dà prima di tutto valore alla lettura delle figure, di fatto quella principale e prioritaria per i bambini in età prescolare e per i bambini con difficoltà comunicative.

In Tiritera giornaliera, così come nei volumi più recenti del suo catalogo, la casa editrice Homeless Book ha iniziato a inserire una tabella efficace e poco invasiva ad uso dei genitori, degli insegnanti e degli operatori che potrebbero farsi mediatori di lettura con i bambini. Caselle di colore e dimensione diversi, consentono di capire a colpo d’occhio il livello di complessità relativo alla narrazione, alla sintassi, al lessico e alla simbolizzazione (che si ritrovano più dettagliati sul sito dell’editore): elementi che possono avere, in effetti, un ruolo non trascurabile sulla fruibilità del volume da parte di ogni specifico bambino. Uno strumento che può essere molto utile in fase di ricerca, come sempre se usato come bussola orientativa e non come rigido selettore.

Zeb e la scorta di baci

La storia di Zeb, che ha paura di andare da solo al campo estivo e che riceve da mamma e papà una scatolina di baci-caramella da tirare fuori all’occorrenza è amatissima. Letto e riletto in famiglia, in biblioteca e a scuola, dall’asilo nido fino all’inizio della scuola primaria, Zeb e la scorta di baci è uno dei libri che più frequentemente vengono proposti per accompagnare i momenti di distacco dei bambini e il suo protagonista è uno di quelli a cui più si affezionano i giovanissimi lettori. Perché Zeb è proprio come loro, mostra le stesse paure e fragilità e ama scoprirsi più grande e forte del previsto. L’apprensione che prova Zeb di fronte all’idea di stare per la prima volta lontano da mamma e papà, il conforto che riceve da un oggetto semplice ma simbolicamente forte come la scatola di baci di carta, il timore che ha di essere preso in giro, il sollievo che sperimenta nel riconoscere nei compagni di viaggio sentimenti affini ai suoi e l’incoraggiamento che trova nella condivisione della sua scorta di baci sono tutti sentimenti familiari ai bambini.

Anche per questo motivo, il libro di Michel Gay, da anni in catalogo per Babalibri (la prima edizioni italiana è datata 2008!), continua a essere ristampato e a riscuotere consensi, nei grandi come nei piccoli. Per certi versi, con garbo e discrezione, Zeb riesce a entrare nella quotidianità dei bambini per poi dimorarvi a lungo, come una sorta di rassicurante compagno di sfide emotive. È dunque, a tutti gli effetti, una presenza forte nell’immaginario collettivo, e come tale merita di essere conosciuto e fatto proprio da tutti i bambini.

È dunque una lieta notizia, quella che vede Zeb e la scorta di baci entrare nel catalogo di Officina Babùk, la casa editrice specializzata in libri in simboli nata dalla sinergia tra Babalibri e Uovonero. Grazie all’impiego dei simboli WLS della Comunicazione Aumentativa e Alternativa a supporto visivo del testo, questa pubblicazione consente infatti anche ai bambini con difficoltà di lettura di accedere con maggiore agio alla storia della timida zebra. Quest’ultima, dal canto suo, rimane assolutamente riconoscibile poiché il rispetto dell’originale è uno dei principi che animano la produzione degli albi della neonata casa editrice. Così, il lettore che già conosca la versione tradizionale del libro e che ne scopra questa adattata, ritroverà le stesse figure dallo stile delicato e amichevole, la stessa organizzazione della pagina (illustrazione in alto, testo in basso) e lo stesso testo, fatto salvo per minimi aggiustamenti che possono rendere più lineare e fruibile la sintassi (esplicitazione del soggetto, trasformazione di una frase subordinata in una frase autonoma, ecc…), per l’aggiunta dei simboli e per il cambio del carattere da minuscolo a maiuscolo.

La scelta del maiuscolo, dal canto suo, evidenzia una volta di più l’approccio inclusivo adottato dalla casa editrice. Si tratta infatti del carattere che prima e meglio riescono a padroneggiare i bambini che iniziano a cimentarsi con la lettura e la scrittura. L’idea vincente è dunque che si tratti di libri ad ampio raggio, che accolgono tante esigenze diverse non necessariamente legate a una disabilità.

Il libro, come gli altri che animano il catalogo di Officina Babùk, adotta un modello di simbolizzazione orientato all’equilibrio tra ricchezza e fruibilità, per cui in molti casi un simbolo corrisponde a un’unità di senso più che a una parola singola. I riquadri che contengono i simboli, inoltre, assumono una funzione comunicativa, presentando stondature e punte diverse a seconda che si trovino a inizio/fine di un dialogo o di un passaggio narrativo di altro tipo. L’aspetto finale è chiaro e gradevole, anche in quelle pagine in cui il numero di parole e simboli risulta più alto e richiede grande perizia dal punto di vista grafico.

La sedia blu

Insieme a Mangerei volentieri un bambino, La sedia blu è il titolo con cui Officina Babùk ha inaugurato la sua produzione editoriale. Si tratta di un titolo già noto a molti lettori, perché in catalogo dal 2011 per Babalibri, e che in questa versione viene proposto in simboli. Nata dalla collaborazione tra Uovonero e Babalibri, Officina Babùk è infatti una neonata casa editrice specializzata nella pubblicazione di albi illustrati in cui il testo è supportato visivamente dai simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa. Il suo catalogo, che per ora attinge principalmente al vasto, ricco e curato ventaglio di titoli di Babalibri di cui offre una versione accessibile, raccoglie di fatto il testimone dello splendido progetto “I libri di Camilla” di Uovonero che dal 2016 al 2022 (ma i cui titoli sono tuttora disponibili) ha consentito la pubblicazione di una versione simbolizzata di una decina di albi molto apprezzati di diverse case editrici tra cui Topipittori, Giralangolo, Kalandraka e Sinnos. In linea con la filosofia de I libri di Camilla, Officina Babùk promuove con i suoi libri l’idea che la lettura possa costituire un potente strumento di inclusione e che le storie più amate e diffuse tra i bambini necessitino di molteplici versioni capaci di consentire una reale condivisione di immaginari anche da parte di coloro che leggono e comunicano in maniere non convenzionali.

La sedia blu, curato nei testi come nelle figure da Claude Boujon, è dal canto suo un albo illustrato molto ironico, a tratti surreale ed estremamente aderente all’approccio dei bambini alle cose del mondo. I due protagonisti – due cani di nome Bruscolo e Botolo – trovano un’insolita sedia blu in mezzo al deserto in cui vivono e subito ne fanno il fulcro di un appassionante gioco simbolico. In un crescendo immaginativo, quella semplice sedia diventa, infatti, un rifugio, una barca, un bancone e un versatile strumento circense. Fino a quando i due non vengono redarguiti da un severissimo camelide che tutto può approvare fuorché un uso così divertente e divergente di una sedia. Ai due non resta che andarsene – ché chi ha fantasia, in fondo, un oggetto consono al gioco lo trova facilmente – non prima però di aver lanciato una spassosa e irriverente stoccata al gobbuto bacchettone.

La sedia blu è contraddistinto dall’impiego di simboli WLS riquadrati, dal testo in maiuscolo esterno ai riquadri e da una simbolizzazione votata a un principio di economia funzionale. In base a quest’ultimo, i singoli elementi testuali non vengono sempre simbolizzati individualmente ma vengono talvolta riuniti in unità di senso (es: una macchia blu, articolo + sostantivo …). Il volume presenta pagine piuttosto ariose in cui i simboli tendono a occupare gli spazi bianchi delle figure così da non compromettere l’apprezzamento di queste ultime.  Ogni pagina offre un paio di frasi al massimo, distribuite in maniera tale da seguire l’andamento della frase (a capo dopo la punteggiatura, unità di senso mai divise tra due righe diverse…). I riquadri, come accade per tutti i volumi di Officina Babùk – non si limitano a delimitare i simboli ma assumono una vera e propria funzione comunicativa, cambiando forma in presenza dell’inizio e della fine di un discorso diretto (bordo a punta) e della fine di una qualunque frase (bordo stondato).

Il risultato finale è un volume in cui la presenza dei simboli non mina affatto la leggibilità e la piacevolezza della pagina e in cui un vero e proprio inno al gioco simbolico trova curiosamente espressione attraverso un codice fatto proprio di simboli.

Coco e Mosca

Edizioni Arka ha portato in Italia un delizioso progetto editoriale di origine francese. Mini bulles, qui diventato Le nuvolette, è una collana di libri fumetti senza parole per bambini. I volumi che la compongono si caratterizzano, cioè, per un tipo di racconto estremamente fruibile nella misura in cui l’accessibilità legata alla narrazione per immagini si somma a quella dettata dalla partitura regolare delle vignette.

La collana si rivolge idealmente a un pubblico di età prescolare come intuibile dai personaggi e dal tipo di vicende narrate, dalla predilezione per il codice iconico e dall’attenzione a rendere i passaggi da una vignetta all’altra particolarmente chiari ed evidenti. In questo senso, i diversi autori che hanno collaborato a questa collana hanno dato a vita a storie facili da seguire nel loro sviluppo grazie a sequenze che lasciano pochi vuoti narrativi e dunque accompagnano il lettore passo passo. L’idea che sta alla base della collana è, non a caso, che i volumi che la compongono possano prima di tutto essere letti in autonomia dai bambini, senza che debba necessariamente essere un adulto a guidarli (cosa che, in ogni caso, è sempre possibile e offre una diversa possibilità di lettura).

In Coco e mosca di Mathis, uno dei primi due titoli pubblicati all’interno de Le Nuvolette, il protagonista è un piccolo lupo fortemente motivato a usare tutti i pezzi della sua scatola di costruzioni per realizzare una torre altissima. Se i primi piani del progetto non gli creano particolari problemi, da un certo punto in poi il lupetto deve trovare degli stratagemmi per arrivare più in alto. Una scaletta? Non basta. L’aiuto dell’amica cicogna? Non pervenuto. L’uso di una pinza? Apprezzabile nella teoria, fallimentare nella pratica. La frustrazione di Coco cresce e come se non bastasse una mosca continua a tormentarlo, poggiandosi sulla costruzione e compromettendone il già precario equilibrio. Ne nasce un’accanita caccia all’insetto che non darà gli esiti sperati. Ma questo non è necessariamente un male…

Contraddistinto da una grafica pulita, da figure con contorni netti e tratti buffi, da situazioni divertenti e da espressioni estremamente eloquenti, Coco e la mosca propone un racconto per immagini molto lineare e agevole da interpretare. Laddove necessario, l’autore inserisce anche dei balloons il cui contenuto è però a sua volta iconico e privo di parole. Davvero una proposta interessante per prime letture autonome senza parole, accessibili ma non prive di una certa raffinatezza compositiva.

Mangerei volentieri un bambino

Il 2023 è un anno importante per i libri in simboli. È, infatti, l’anno in cui nasce Officina Babùk: una casa editrice nuova ma con una salda esperienza alle spalle, che unisce le forze e le competenze di due realtà editoriali dall’identità forte come Uovonero e Babalibri e che raccoglie il testimone di un progetto come I libri di Camilla il cui ruolo nella costruzione di una nuova idea di libro accessibile è stato fondamentale .

Dal 2016 al 2022, infatti, il progetto de I libri di Camilla a cura di Uovonero ha portato alla pubblicazione di una versione di simboli, in tutto e per tutto identica all’originale se non per minimi aggiustamenti testuali e per l’aggiunta dei simboli WLS, di nove albi illustrati di altrettante case editrici indipendenti: da Che rabbia! (Babalibri) a Lindo porcello (Bohem press), da Ninna nanna per una pecorella (Topipittori) a Il piccolo coniglio bianco (Kalandraka). Ma perché questo progetto è stato così importante? Perché ha segnato un punto di svolta, evidenziando la necessità di offrire anche ai bambini con disabilità non solo dei libri progettati ad hoc ma anche degli adattamenti di quei libri che dai compagni sono particolarmente letti e amati. Perché è proprio su questi ultimi che è possibile costruire degli immaginari condivisi, terreno fertilissimo per coltivare possibilità di incontro, dialogo, gioco, relazione.

Con la pubblicazione di Lei ci sarà sempre, il progetto de I libri di Camilla si è chiuso ma ha lasciato un’eredità importante. L’idea forte con cui era nato ha trovato, infatti, nuova linfa proprio in Officina Babùk: una casa editrice specializzata in libri in simboli che metterà a frutto l’esperienza di Uovonero in materia di lettura accessibile di qualità e che attingerà in primis al catalogo di albi illustrati di Babalibri. Albi curati, divertenti, amati e conosciuti, dunque. Albi che sono una garanzia per chi desidera proporre letture su misura per i bambini. La forza sta proprio in questo: nel fatto che le due case editrici che hanno dato vita al progetto condividono un’idea di diritto alla lettura come di diritto a un’esperienza piena, ricca, appagante e che ciascuna di esse ha messo a disposizione, a questo fine, la propria esperienza specifica. Perché, di fatto, è così che nascono i libri accessibili meglio riusciti: dalla compenetrazione di professionalità e competenze diverse, messe al servizio di una comune idea. L’avventura di Officina Babùk è iniziata nel mese di settembre con la pubblicazione dei primi due titoli: Mangerei volentieri un bambino e La sedia blu.

Mangerei volentieri un bambino è, per l’appunto, un titolo di grande successo firmato da Sylvaine Donnio e Dorothée de Monfreid e pubblicato nella sua versione standard da Babalibri. Qui si racconta del cocciuto coccodrillino Achille, determinato più che mai a mangiare un bambino. A nulla valgono i tentativi di mamma e papà coccodrillo, che provano a dissuaderlo dal progetto offrendogli ogni sorta di delizia: le banane di cui il piccolo è ghiotto, una salsiccia grande come un camion e persino la torta al cioccolato a cui non è proprio difficile resistire. Niente funziona. Fino a che Achille, una bambina, la incontra davvero e l’incontro non va esattamente come il cucciolo aveva previsto. Allora sì che le banane tornano utili, anche se non certo a raggiungere lo scopo di mamma e papà coccodrillo…

Divertentissimo, contraddistinto da una piacevole e funzionale struttura iterata e animato da illustrazioni buffe che fanno a meno di inutili fronzoli, Mangerei volentieri un bambino si presta a favorire momenti di lettura condivisa molto spassosi. Quelle stesse caratteristiche, d’altra parte, lo rendono anche particolarmente adatto a una resa in simboli perché la ripetizione, sia narrativa sia testuale, favorisce l’attenzione e la comprensione e perché l’ampio spazio bianco lasciato dalle figure lascia ampio margine di manovra per l’inserimento dei pittogrammi. Le doppie pagine adattate risultano così molto ariose, piacevoli alla vista e rispettose dell’originale, nonostante la consistenza presenza di simboli.

Il testo, dal canto suo, appare molto simile alla versione solo alfabetica, fatto salvo per  minimi aggiustamenti legati per esempio all’inversione delle componenti testuali (soggetto e verbo, sostantivo e aggettivo…) e all’esplicitazione o all’anticipazione del soggetto parlante, laddove non presente o laddove collocato alla fine del discorso diretto. Si tratta, cioè, di accomodamenti che vanno a incidere in maniera irrisoria sulla musicalità e sulla resa testuale ma che possono fare la differenza nella comprensione del racconto da parte di chi necessiti di una narrazione più lineare. Per le stesse ragioni, la distribuzione del testo sulla pagina segue maggiormente la punteggiatura e l’andamento della frase. Così, per esempio, dopo ogni punto il testo va a capo e fa lo stesso rispettando il più possibile le unità di senso: aspetto questo, estremamente prezioso, per qualunque lettore alle prime armi.

Mangerei volentieri un bambino, così come gli altri titoli di Officina Babùk, si caratterizza infine per un uso particolare e per certi versi sperimentale dei simboli. Oltre alla scelta di optare per un carattere maiuscolo, più adatto a chi si cimenti con le prime letture autonome, il libro fa un uso flessibile dei riquadri, la cui forma diventa leggermente a punta, rispettivamente a sinistra e a destra, quando inizia o finisce un dialogo, così come diventa leggermente stondata a destra quando finisce una frase. Il riquadro non si limita, dunque, a contenere il pittogramma ma assume anche una funzione squisitamente comunicativa. La simbolizzazione predilige poi, in generale, un certo equilibrio tra completezza ed economia. Così per esempio, gli articoli non sono mai simbolizzati ma vengono uniti al sostantivo di riferimento ed elementi che compongono unità di senso (torta al cioccolato, il nostro caro Achille…) vengono spesso uniti in un unico simbolo.

Il risultato è un libro davvero ben progettato, in cui l’accessibilità non diventa fardello per la godibilità estetica e in cui, anzi, gli accorgimenti adottati in funzione di una più agevole fruizione da parte di chi sperimenti una difficoltà di lettura risultano in definitiva apprezzabili da qualunque lettore vi si approcci.

Le puzzole Agata e Romeo e il primo giorno di scuola

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In Le puzzole Agata e Romeo e il primo giorno di scuola, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta le puzzole Agata e Romeo ad affrontare in maniera serena l’inizio dell’avventura scolastica e a superare il timore di essere isolate dai compagni a causa del loro odore. La storia delle due puzzole, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. Le puzzole Agata e Romeo e il primo giorno di scuola dedica particolare attenzione agli articoli. Il volume privilegia, infatti, frasi – per esempio in forma di elenco – che ne contengano diversi. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura.

Alla luce di queste constatazioni, gli articoli non vengono solo ampiamente usati nel testo ma anche valorizzati dal punto di vista grafico, grazie a caratteri più grandi e colorati che invitano implicitamente il lettore a non trascurarli. Il volume tiene inoltre conto della difficoltà sperimentata da molti bambini sordi nell’interpretare le espressioni idiomatiche come “vuotare il sacco” o “tagliare la corda”. Entrambe le espressioni vengono perciò inserite nella narrazione e al protagonista Pepe che le pronuncia viene affidato il compito di spiegarle in maniera semplice. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il ruolo che le figure possono avere nel sostenere la comprensione del testo, dedicando per esempio grande attenzione alle espressioni del viso dei personaggi o la puntuale correlazione con ciò che dicono le parole. Allo stesso modo essi rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

La fantastica corsa volante

Il bosco è in fermento per l’evento dell’anno: sta per iniziare la Fantastica Corsa Volante. Dieci squadre di pennuti sono pronte a sfidarsi, ciascuna a bordo di un mezzo capace in vario modo di solcare i cieli. C’è chi punta sulla classica mongolfiera, come l’affiatata coppia Struzzo&Pinguino, e chi investe su jet aerodinamici come i Super Falchi; chi si lancia su ingegnosi trabiccoli a pedali come il Flamingo Team e chi sfodera mezzi spaziali come la Bat Squadra. La gara si prospetta avvincente ma, inspiegabilmente, una dopo l’altra, tutte le squadre sono costrette al ritiro. Possibile che in una sola corsa capitino avarie di ogni tipo, dai palloni sgonfi alle eliche fuori uso, dalle fusoliere bucate agli scontri in volo? La faccenda si fa sospetta e in effetti in un rush finale tutto trambusto e colpi di scena, salta fuori un’insospettabile verità (mai e poi mai fidarsi dei polli!) e la gara finisce per trovare degli imprevedibili vincitori.

Ciò che rende davvero speciale e ben congegnato questo albo illustrato di Tjibbe Veldkamp &Sebastian Van Doninck è, da un lato, l’inventiva con cui sono costruiti i diversi mezzi volanti e il modo con cui ciascuno di essi esce di gara, e dall’altro il dialogo che si instaura tra testo e figure, costruito in maniera tale per cui le seconde sanno e dicono sempre molto di più rispetto al primo. Una caratteristica, questa, che appare apprezzabile per più di una ragione. In primo luogo perché mette in valore un tipo di lettura – quella visiva – che non ha nulla da invidiare a quella alfabetica e che anzi qui risulta fondamentale per capire che cosa succede nella storia. Questo significa che anche i bambini che magari faticano di più di fronte al testo scritto – qui peraltro stampato ad alta leggibilità e in misura breve con non più di un paragrafo per pagina – ma la cui capacità di esplorazione e interpretazione delle figure è minuziosa, possono qui trovare grande soddisfazione. Il volume risulta in questo senso ideale anche per invogliare e appagare anche i lettori meno forti e/o dislessici.

Ma non è tutto. Il particolare equilibrio che lega testo e illustrazioni genera dinamiche di lettura votate alla sorpresa e per questo molto accattivanti. Accade infatti che, con buona probabilità, il lettore arrivi alla fine della corsa senza aver davvero colto che cosa sta accadendo ai partecipanti. La pagina è infatti così ricca di figure e di dettagli che i tentativi di sabotaggio che vi hanno luogo riescono a camuffarsi molto bene. Solo tornando indietro – operazione che viene immediatamente da compiere di fronte alla notizia della squalifica di una squadra – ci si rende conto di quante cose siano accadute senza che ce ne accorgesse. Ogni pagina diventa a quel punto un terreno di sfida da esplorare a tappeto per cogliere con gusto particolari sempre nuovi e inattesi, trovando di volta in volta un senso e una ricchezza nuovi nel libro appena letto. Viceversa, chi fosse così attento da scorgere subito le industriose scorrettezze del Team Pollo può egualmente godere di una lettura in cui lo scarto tra parole e figure diverte e appassiona, chiedendo al lettore di mettersi alla prova con un occhio davvero scaltro.

Gli animali selvaggi

Si potrebbe pensare che Gli animali selvaggi sia un comune libro dedicato ad animali esotici. E invece no, il libro di François Delebecque, così come gli altri che fanno parte della stessa serie edita in Francia da Les Grandes Personnes e portati in Italia dall’Ippocampo, è decisamente molto di più. Qui il bambino non si limita infatti a trovare leoni, tigri, struzzi e babbuini disegnati ma ha l’occasione di conoscere e riconoscere questi animali da vicino, da diverse prospettive e in un crescendo di complessità che asseconda le sue abilità cognitive.

Come lo fa? Attraverso una scelta stilistica orientata alla pulizia e all’essenzialità (grandi sfondi bianchi su cui si stagliano silhouette nere), una particolare attenzione al tema della somiglianza e della varietà (animali della stessa famiglia sono affini ma non identici così come lo stesso animale può avere aspetti differenti a seconda dalla prospettiva e dal contesto in cui lo si guarda), e un impianto a finestrelle che invita all’interazione, al gioco e al confronto tra differenti forme di rappresentazione.

Ogni doppia pagina  presenta 4-5 finestrelle – una più grande sulla sinistra e altre 3-4 più piccole sulla destra – su cui figura la sagoma nera del soggetto. Ben distinguibile anche in caso di ipovisione, questa illustra l’animale mettendone in evidenza i tratti più pertinenti. I soggetti sono perlopiù rappresentati di profilo nella pagina di sinistra, così da risultare più riconoscibili al primo impatto, mentre sono spesso proposti di fronte, a figura non intera o a gruppi nella pagina di destra: aspetto, questo, che invita il lettore a cimentarsi con operazione di riconoscimento via via più articolate e sfidanti.  Le sagome, dal canto loro, non sono disegnate a caso ma ricalcano esattamente la fotografia dell’animale nascosta sotto la finestrella. Tra il sotto e il sopra di quest’ultima si viene così a creare un gioco di richiami e rimandi che non solo diverte ma supporta efficacemente l’acquisizione di dimestichezza con forme di rappresentazione più e meno realistiche. Un’ultima doppia pagina, infine, ripropone sempre in forma di finestrella tutti gli animali incontrati dal lettore all’interno del libro, offrendogli un’ulteriore occasione di scoperta, gioco e conferma delle abilità fin lì messe alla prova.

Versatile e intrigante, Gli animali selvaggi si presta a essere utilizzato in molti modi diversi, rispettando e stimolando le diverse abilità dei diversi lettori. Rispetto ad altri volumi della collana, come quello dedicato agli animali della fattoria, questo spinge la curiosità del lettore un poco più in là, andando a fotografare animali esotici più e meno noti – dal leone al suricate, dal babbuino al fenicottero – con cui i bambini hanno con tutta probabilità avuto meno possibilità di interfacciarsi nella realtà.

Orsi in salita

AAA, osservatori incalliti cercasi. Astenersi soffritori di vertigini! C’è tanto da scrutare e altrettanto da salire, infatti, tra le pagine pullulanti di Corinne Zanette. Qui, orsi, galletti, maiali e un’ampia gamma di altre deliziose bestiole si gode una giornata di sole ad alta quota. Si parte da un’altezza base, quella dei tetti più bassi, e da lì si sale, si sale, si sale, tra campanili, ruote panoramiche, gru, elicotteri e cime innevate. Girando pagina, è come se la telecamera che inquadra la scena si elevasse di qualche metro. Ciò che si trova nella parte bassa della pagina scompare dunque in quella successiva, mentre ciò che si trova nella parte in alto scende in fondo. E così via, alla pagina seguente. Come l’inquadratura, anche il tempo non è immobile e così a ogni sfogliatura ritroviamo buona parte dei personaggi che popolano la pagina precedente, intenti a proseguire o concludere l’azione che già li vedeva protagonisti. Chi si stava facendo la doccia si asciuga, chi faceva stretching inizia la coreografia, chi saliva in seggiovia si avvia con gli sci o con lo slittino e via dicendo.

L’architettura narrativa su cui poggia Orsi in salita è a tutti gli effetti mirabolante e mostra una straordinaria coerenza di fondo. C’è coerenza in ciò che fa il singolo personaggio e c’è coerenza nell’intreccio tra le azioni che vedono protagonisti personaggi diversi. Così Gianni canaglia, l’elefante dispettoso, appare intento a disturbare e giocare brutti tiri ad altri animali dall’inizio alla fine del libro. O Gulliver, il maiale osservatore, trova sempre nuove postazioni da cui guardarsi intorno con il suo binocolo. Ogni doppia pagina riunisce così da due a tre decine di personaggi – quadrupede più, bipede meno – intenti a fare cose. Qualcuno compare dalla prima all’ultima pagina, qualcuno scompare e riappare, qualcuno sopraggiunge a un certo punto: come uno spazio aperto, le pagine di Corinne Zanette accolgono così un viavai interminabile che si fa costante motivo di sorpresa e solletico decifrativo.

Dinamicissime, brulicanti e letteralmente zeppe di dettagli, queste sono in realtà del tutto prive di decorazioni accessorie. Tutti i numerosi particolari presenti sono, infatti, funzionali alla narrazione e questo, unito al tratto pulito dell’autrice, rende l’esplorazione particolarmente piacevole, ancorché non banale. Aggirarsi tra i tetti e le cime di Orsi in salita implica infatti una caccia ininterrotta a minuzie significative, uno sforzo di riconoscimento e memoria, di figure e luoghi, che il continuo slittamento di spazio e di tempo segnato dal voltare di pagina e la relativa somiglianza tra diversi protagonisti rendono particolarmente sfidante. Ecco allora che lettori non ancora o non del tutto a loro agio di fronte alla parola scritta, ma le cui facoltà cognitive risultino integre, possono trovare nel libro di Corinne Zanette uno spazio estremamente stimolante in cui cimentarsi con la lettura visiva.

L’orso antennista, i due conigli innamorati, il cane menestrello, la lumachina Lia – minuscola ma sempre presente-, il volatile postino non tanto pratico, la famiglia Fracasso con piccoli tremendi e mamma sull’orlo di una crisi di nervi: l’universo formicolante di Orsi in salita è popolato da decine di personaggi, contraddistinti da ruoli sociali, personalità, passioni e attività ben definiti e precisi, che si sviluppano di pagina in pagina con grande inventiva e profusione dei dettagli. Puntellato di guizzi inventivi particolarmente riusciti, il libro di Corinne Zanette si fa così apprezzare per il piacere dalla scoperta e del ritrovamento, per il gusto delle attività quotidiane riviste in chiave animale, per la moltiplicazione delle azioni e delle relazioni che si intrecciano e per il tocco surreale che anima l’intero racconto.

Uno e Camillo

Uno e Camillo fa parte della collana leggimi prima che Sinnos dedica alle prime letture autonome e che si caratterizza per illustrazioni frequenti, storie snelle, testi brevi in maiuscolo, grafica ariosa ad alta leggibilità.

Il libro di Giuditta Campello e Susanna Rumiz balza prima di tutto all’occhio per una copertina sgargiante e per i buffi disegni dal tratto spesso. Qui compaiono un cavallo occhialuto piuttosto arrabbiato che porta in spalla un unicorno dall’aria angelica. Il primo è Camillo, che ama dormire vicino alla sua mamma, mangiare le carote per merenda e giocare con i suoi amici. Il secondo è Uno, il suo fratellino da poco arrivato in famiglia. Così diverso da lui e da come lui se lo aspettava, Uno ha stravolto le giornate di Camillo, rubando molte attenzioni della mamma, accaparrandosi molte carote e condizionando molto i giochi con gli amici. Quasi quasi Camillo vorrebbe sbarazzarsene, ma proprio quando il suo desiderio più segreto sembra realizzarsi, il cavallo scopre quanto possa essere bello e utile avere un fratello. Anche se piccolo e con un corno dorato in testa!

Scorrevole e irresistibilmente vero nei delicati equilibri familiari che porta alla luce, Uno e Camillo racconta la fratellanza senza il peso dei libri a tema e con la leggerezza di uno stile divertito e divertente. Come se non bastasse, le autrici e l’editore fanno la scelta coraggiosa e apprezzabilissima di dedicare un libro in cui rosa, fuxia e unicorni la fanno da padroni, senza rivolgersi esclusivamente alle bambine, anzi!

Io sono blu

A righe nere e ble dalla punta del pungiglione alla punta delle zampe: così appare la protagonista del silent book Io sono blu. Mica facile, per un’ape con questo aspetto, trovare il proprio posto in uno sciame rigorosamente nero e giallo, in cui nessuno si discosta dalla norma. Soprattutto perché questa anomalia cromatica genera nelle compagne isolamento e scherni  duri da digerire.

“Perché sono così?”, sembra chiedersi allora la protagonista del libro mentre consulta manuali di enotomologia che non fanno che confermare la sua bizzarria. “E come posso rimediare?”, pare domandarsi nel disperato desiderio di farsi accettare. E così, ferri e fili alla mano, l’apetta corre ai ripari e si procura un bel travestimento: un travestimento che sembrerebbe pure funzionare all’inizio ma che a lungo andare mostra tutto il suo posticcio valore. Sarà un incontro casuale con una variegata compagnia di insetti a dare un’autentica svolta alla situazione, consentendo alla protagonista, e con lei al lettore, di scoprire che diversità può significare unicità e che là dove ognuno è libero di essere a suono modo, isolamento e scherni appaiono d’un tratto cosa assai sciocca.

Finalista del Silent Book Contest 2021 e vincitore, nell’ambito dello stesso concorso, del premio assegnato dalla giuria Junior, Io sono blu racconta una storia di diversità e accettazione che arriva in maniera molto diretta al lettore. Le situazioni in cui l’apetta protagonista viene ritratta e le emozioni che ne derivano sono infatti rese dell’autrice in modo molto efficace e riconoscibile. Irene Guglielmi è, in questo senso, molto brava, nel sottolineare con pochi tratti e senza tanti passaggi narrativi gli atteggiamenti chiave dei personaggi coinvolti.

Dopo una prima doppia pagina in cui si scorge in lontananza un grande sciame giallo in cui spicca un puntino blu, ci si trova infatti di fronte a un’illustrazione efficacissima che restituisce la grande varietà di reazioni generate dalla diversità della protagonista: stupore, diffidenza, paura, disgusto, superiorità, il tutto reso attraverso semplici posture o espressioni facciali. In questo modo non risulta difficile, per il lettore, seguire e interpretare ciò che accade dopo – la ricerca di risposte, il tentativo di sentirsi normale e farsi accettare, la curiosità accesa da altri esseri non convenzionali – facendosi guidare da un forte senso di empatia nei confronti dell’apetta. Questo, dal canto suo, agevola il lettore nelle operazioni di decodifica della storia per immagini, supportandolo in una sfida di lettura coinvolgente.

Il sogno di Max

A bordo di un pullmino stipato fino all’orlo (sfidiamo, noi, a far stare altrimenti cinque elefanti in un solo mezzo!) che viaggia in mezzo alla pioggia, l’elefantino Max si accinge a tornare da scuola. A differenza dei suoi compagni, che una volta scesi gioiscono di spruzzi e cascate d’acqua, Max non è affatto felice. Quella pioggia guastafeste gli impedirà di godersi il pomeriggio al luna park, in compagnia del papà e con un bel palloncino rosso attaccato alla proboscide. Che peccato! Eppure quel sogno è così forte e desiderato che dal palloncino rosso fiammante Max si lascia chiamare e trasportare lontano, in una bella giornata di sole, in cima alle giostre più belle. È successo davvero o Max se lo è solo immaginato? Difficile dirlo, soprattutto se il sogno finisce per essere condiviso con il papà…

Tutto giocato sul contrasto tra il bianco e il nero delle illustrazioni a matita e il rosso fiammante del palloncino e di alcuni dettagli delle giostre, Il sogno di Max racconta una graziosa storia per immagini che sa di famiglia, di fantasia e di libertà.  Oltre a dirci tra le righe che non dobbiamo per forza essere tutti uguali e a raccontarci quanto un sogno possa unirci e portarci lontano, il libro di Imbrattacarta offre un’opportunità di lettura visiva interessante in cui i vari passaggi narrativi non sono scontati ma richiedono una certa attenzione da parte del lettore a cogliere e interpretare dettagli minimi come espressioni del volto, inquadrature e posizioni.

Fuga in punta di piedi

Il cambiamento può iniziare in molti modi. Con una scarpa che si dà alla fuga, per esempio! E in effetti quando la scarpa preferita di Adele decide di scomparire proprio alla vigilia della partenza per le vacanze, l’abitudinaria pennuta è costretta suo malgrado a rimettere in discussione le sue amate routine. Impossibile per lei partire con il solito treno, il solito giorno di luglio per andare nella solita località di montagna con il marito Alfio: tocca rimettere in discussione i piani. E così, in quello che si rivelerà essere l’agosto più movimentato della vita dei due protagonisti, la caccia alla scarpa li porterà a frequentare i luoghi più disparati, dalle chiese alle discoteche, e a far la conoscenza dei personaggi più inattesi, dall’inquilino abusivo Aristide ai due poliziotti vicini di casa Assenzio a Anastasio. Alla fine la famigerata scarpa farà ritorno a casa. Niente però sarà più come prima per Adele e Alfio, ché per una scarpa smarrita c’è un mondo di cose da fare, scoprire e non lasciare (forse) mai più.

Fuga in punta di piedi, che fa parte della collana Prima graphic di Sinnos, attira prima di tutto per le sue illustrazioni dinamiche e particolareggiate, in cui il contrasto tra il bianco e nero di fondo e i dettagli in giallo vivace attirano l’occhio e accendono la curiosità. Su questa scia, ci si fa strada in una trama che impasta un sottile umorismo e uno spiccato gusto per l’assurdo, mettendo insieme personaggi buffi e ben assortiti. Il risultato è una storia coinvolgente che, imprevedibile com’è, ci si chiede di continuo dove possa portare. Costruito mescolando racconto tradizionale e narrazione a fumetto, il libro di Daniela Palumbo e Francesca Carabelli vanta inoltre un ritmo insolito e meno affaticante che, spostato ad altre caratteristiche di alta leggibilità come la font leggimi, la spaziatura maggiore e la grafica pulita, incentiva e supporta la letture anche da parte di lettori meno forti o con maggiori difficoltà legate alla dislessia.

Rolando Lelefante sulla neve

Ganzo più che mai, Rolando Lelefante torna in pista. Letteralmente. Nel nuovo libro di Louise Mézel targato Sinnos e dedicato ai lettori alle prime armi, l’irresistibile elefantino è immortalato tra slalom giganti e discese in slittino. Perché se la montagna è bella, tutto è più divertente quando nevica, e se c’è da divertirsi certo Rolando non si tira indietro. La sua personale filosofia di vita (di cui senza dubbio siamo già adepti!), fatta di ricchissime prime colazioni, bagni caldi e un giusto mix di attività contemplative e passatempi avventurosi, lo porta a godere a pieno di ogni stagione e a sfoggiare una contagiosa predisposizione per il savoir-vivre.

Costruito intorno a una tipica giornata invernale del protagonista, Rolando Lelefante sulla neve ci porta a seguirlo tra i piaceri della vita da assaporare con giacca e cappello. Come i volumi precedenti (Ecco a voi Rolando Lelefante e Rolando Lelefante legge), anche questo sposa alle caratteristiche di alta leggibilità del testo, quali font leggimi, spaziatura maggiore e sbandieratura a destra, una mirabile essenzialità compositiva. Le illustrazioni sono infatti leggere nel tratto e capaci di cogliere con poche linee sottili e qualche guizzo di colore tutto il dinamismo della vita di Rolando. Pulite e ariose, le pagine accolgono inoltre testi perfetti per coccolare e appagare i lettori meno esperti e/o con dislessia. Frasi minime, in numero ridottissimo e stampate in maiuscolo offrono infatti una lettura esemplare per chi inizia ad approcciarsi da solo alla parola scritta.

Michi e Meo scoprono il mondo – il mattino / la sera

Michi e Meo – un bambino piccolo piccolo e il suo inseparabile gatto di peluche – sono una coppia di personaggi francesi di cui da tempo Babalibri porta in Italia le avventure. Già protagonisti di brevi storie dal testo semplice e dal ritmo iterato, i due amici sono ora al centro anche di una collana di felici libri senza parole pensati per i lettori alle primissime armi.

Due sono i cofanetti – ciascuno composto da una coppia di volumi – che finora compongono la collana intitolata Michi e Meo scoprono il mondo: il primo è dedicato alle attività mattutine e serali e il secondo è dedicato ai momenti del bagno e della pappa.

Ogni libricino si presenta in forma quadrata e maneggevole, con pagine spesse e resistenti, angoli stondati e tratti compositivi appaganti e rassicuranti. L’autrice focalizza infatti l’attenzione sugli oggetti e sulle azioni più familiari a qualunque bambino, concentrandosi su una quotidianità in cui questi può facilmente riconoscersi. Così, per esempio:

Oggetti e azioni sono dipinti con spesse linee di contorno, colori pieni e una selezione misurata di dettagli. Essi risultano inoltre rappresentati in maniera molto puntuale e funzionale al riconoscimento e all’immedesimazione da parte del piccolo lettore: la scelta di situazioni realmente vicine al vissuto quotidiano di ognuno; l’attenzione a piccole ma significative sfumature espressive (l’impegno nell’allacciare la giacca, il disgusto di fronte ai broccoli, la consapevolezza monella di fare uno scherzo al papà indossando la sua ciabatta…); e la valorizzazione dei posizioni specifiche e movimenti precisi concorrono, infatti, ad attivare la cosiddetta simulazione incarnata, ossia quel meccanismo per cui il nostro cervello si comporta come se noi stessi stessimo vivendo quel che vediamo rappresentato sulla pagina.

A questo stesso importante scopo contribuisce, d’altra parte, la struttura compositiva che contraddistingue i quadrotti progettati e illustrati da Jeanne Ashbé: una struttura analoga (e analogamente efficace!) a quella dei volumi di Helen Oxenbury che fanno parte della collana A bocca aperta di Camelozampa. Si nota infatti che sulla pagina di sinistra, l’oggetto viene rappresentato isolato mentre su quella di destra lo stesso oggetto viene inserito nel suo contesto d’uso e in relazione con il protagonista. Questa scelta appare particolarmente felice nella misura in cui sostiene il bambino nel riconoscimento degli oggetti e in un percorso di decodifica iconica di difficoltà progressivamente crescente.

Rispetto ai volumi della Oxenbury, quelli dedicati a Michi e Meo mettono però in scena un bambino più autonomo; danno spazio a un co-protagonista che a suo modo interagisce con gli oggetti e arricchisce la micro-narrazione; seguono una successione temporale logica più o meno inalterabile e dipingono quadri con maggiori particolari: caratteristiche queste che li rendono godibili a pieno da giovanissimi lettori un pochino più esperti, magari a partire dall’anno e mezzo-due di età.

Frutto di un lavoro di progettazione attento alle reali competenze e necessità del bambino-lettore, i cofanetti di Michi e Meo vantano in definitiva grande qualità e fruibilità che li rendono apprezzabili e decodificabili non solo da chi si sia da poco affacciato al mondo e alle sue rappresentazioni ma anche da chi sperimenti specifiche difficoltà comunicative e/o cognitive. In questo senso la stessa assenza di parole risulta molto funzionale perché consente al mediatore che condivide con il bambino la lettura del libro di calibrarlo con più facilità sulle sue reali esigenze e capacità e di metterlo più agevolmente in relazione alla sua specifica esperienza quotidiana. In questo modo quanto si trova rappresentato sulla pagina può più efficacemente intercettare l’interesse e la comprensione da parte di chi osserva e sfoglia le pagine.

Michi e Meo scoprono il mondo – il bagno / la pappa

Michi e Meo – un bambino piccolo piccolo e il suo inseparabile gatto di peluche – sono una coppia di personaggi francesi di cui da tempo Babalibri porta in Italia le avventure. Già protagonisti di brevi storie dal testo semplice e dal ritmo iterato, i due amici sono ora al centro anche di una collana di felici libri senza parole pensati per i lettori alle primissime armi.

Due sono i cofanetti – ciascuno composto da una coppia di volumi – che finora compongono la collana intitolata Michi e Meo scoprono il mondo: il primo è dedicato alle attività mattutine e serali e il secondo è dedicato ai momenti del bagno e della pappa.

Ogni libricino si presenta in forma quadrata e maneggevole, con pagine spesse e resistenti, angoli stondati e tratti compositivi appaganti e rassicuranti. L’autrice focalizza infatti l’attenzione sugli oggetti e sulle azioni più familiari a qualunque bambino, concentrandosi su una quotidianità in cui questi può facilmente riconoscersi. Così, per esempio:

Oggetti e azioni sono dipinti con spesse linee di contorno, colori pieni e una selezione misurata di dettagli. Essi risultano inoltre rappresentati in maniera molto puntuale e funzionale al riconoscimento e all’immedesimazione da parte del piccolo lettore: la scelta di situazioni realmente vicine al vissuto quotidiano di ognuno; l’attenzione a piccole ma significative sfumature espressive (l’impegno nell’allacciare la giacca, il disgusto di fronte ai broccoli, la consapevolezza monella di fare uno scherzo al papà indossando la sua ciabatta…); e la valorizzazione dei posizioni specifiche e movimenti precisi concorrono, infatti, ad attivare la cosiddetta simulazione incarnata, ossia quel meccanismo per cui il nostro cervello si comporta come se noi stessi stessimo vivendo quel che vediamo rappresentato sulla pagina.

A questo stesso importante scopo contribuisce, d’altra parte, la struttura compositiva che contraddistingue i quadrotti progettati e illustrati da Jeanne Ashbé: una struttura analoga (e analogamente efficace!) a quella dei volumi di Helen Oxenbury che fanno parte della collana A bocca aperta di Camelozampa. Si nota infatti che sulla pagina di sinistra, l’oggetto viene rappresentato isolato mentre su quella di destra lo stesso oggetto viene inserito nel suo contesto d’uso e in relazione con il protagonista. Questa scelta appare particolarmente felice nella misura in cui sostiene il bambino nel riconoscimento degli oggetti e in un percorso di decodifica iconica di difficoltà progressivamente crescente.

Rispetto ai volumi della Oxenbury, quelli dedicati a Michi e Meo mettono però in scena un bambino più autonomo; danno spazio a un co-protagonista che a suo modo interagisce con gli oggetti e arricchisce la micro-narrazione; seguono una successione temporale logica più o meno inalterabile e dipingono quadri con maggiori particolari: caratteristiche queste che li rendono godibili a pieno da giovanissimi lettori un pochino più esperti, magari a partire dall’anno e mezzo-due di età.

Frutto di un lavoro di progettazione attento alle reali competenze e necessità del bambino-lettore, i cofanetti di Michi e Meo vantano in definitiva grande qualità e fruibilità che li rendono apprezzabili e decodificabili non solo da chi si sia da poco affacciato al mondo e alle sue rappresentazioni ma anche da chi sperimenti specifiche difficoltà comunicative e/o cognitive. In questo senso la stessa assenza di parole risulta molto funzionale perché consente al mediatore che condivide con il bambino la lettura del libro di calibrarlo con più facilità sulle sue reali esigenze e capacità e di metterlo più agevolmente in relazione alla sua specifica esperienza quotidiana. In questo modo quanto si trova rappresentato sulla pagina può più efficacemente intercettare l’interesse e la comprensione da parte di chi osserva e sfoglia le pagine.

Un piano quasi perfetto

I bambini non leggono più e hanno occhi solo per gli schermi? No problem, da oggi c’è una soluzione! Con una grafica originalissima che trasforma ogni doppia pagina in un computer aperto, Un piano (quasi) perfetto fa della lettura un’esperienza sorprendente e diversamente tecnologica. Coloratissimo e dal tratto divertente, il libro scritto e illustrato da Silvia Baroncelli racconta di un coniglio di nome Cosimo che, vivendo lontano dai nonni, prova spesso una grande nostalgia per loro. Abituato a vederli e sentirli tramite computer (esperienza quanto mai comune di questi tempi!), Cosimo decide che per il suo compleanno vuole ricevere da loro un abbraccio vero e così organizza in gran segreto una spedizione per raggiungerli.

Per organizzare il viaggio servono intraprendenza e abilità con il computer che, non a caso, a Cosimo non mancano! E così, pagina dopo pagina, il coniglio mette a punto il suo piano sfruttando il computer di casa per cercare treni e strade: il tutto – data la segretezza dell’operazione – destreggiandosi e cercando di non farsi distrarre dalla ricerca di ricette e video rock per i famigliari. La missione si rivela così più complessa del previsto. Per fortuna ogni compleanno che si rispetti non manca di sorprese e – computer o meno – anche questo finirà per onorare la tradizione!

Molto accattivante grazie alle figure amichevoli e vivaci, alla struttura a pc che richiede una lettura in verticale e alla rivisitazione in chiave conigliesca di alcuni aspetti e dettagli del mondo umano, Un piano (quasi) perfetto si presenta come una lettura particolarmente originale per lettori alle prime armi, forte anche di un font e di caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità, di testi minimi in maiuscolo (dialoghi) e in minuscolo, perfettamente inglobati nelle illustrazioni e di un apparato visuale che la fa nettamente da padrone. Difficile non provare curiosità di fronte a un libro così particolare e una volta aperto… bè, lì inizia davvero il viaggio!

Un giorno perfetto

Ci sono tanti modi per vivere e nutrire l’amicizia. Condividere, per esempio, il gioco, gli scherzi, la buona cucina o le letture. Ma a volte nessuna di queste cose sembra cascare a fagiolo e far sì che la scintilla dell’amicizia possa davvero scoccare. È quello che succede al volpacchiotto protagonista dell’albo Un giorno perfetto: nonostante la placida atmosfera autunnale sembri propizia a trovare un amico, tutti i suoi sforzi per conquistare l’attenzione e il favore di un giovane coniglio sembrano vani. Saranno infine la sua tenacia e la sua capacità di stare semplicemente accanto all’altro, rispettandone nel profondo i bisogni, a permettergli di cogliere la differenza tra trovare un amico ed esserlo. Perché l’amicizia, in fondo, non è condividere solo cose ed esperienze ma anche e soprattutto emozioni.

Tenero e profondo, l’albo scritto e illustrato da Maria Gianola racconta una cosa semplice semplice ma spesso trascurata come l’importanza di riconoscere e accogliere i sentimenti di chi ci sta accanto per coltivare delle relazioni autentiche. Lo fa con uno stile tenue che delinea personaggi che ispirano immediata simpatia. Nella vitalissima volpe e nel coniglio corrucciato, ogni lettore può facilmente riconoscere sé stesso in momenti diversi della sua vita o più semplicemente della sua giornata, ritrovando nei due animali protagonisti stati d’animo e atteggiamenti umanissimi. Un giorno perfetto si contraddistingue poi per un testo diretto ed essenziale che si presta bene a sostenere anche primi tentativi di lettura autonoma grazie alle poche parole scelte per ogni pagina, alla puntuale corrispondenza tra figure e testo quasi in forma di didascalia, e all’impiego dello stampatello maiuscolo, peraltro proposto in font ad alta leggibilità EasyReading.

Il mago di Oz

Con i suoi audiolibri ad alto tasso di grazia, Locomoctavia ci ha abituati ad esperienze di ascolto davvero straordinarie. Da Pinocchio ad Alice, da Gianburrasca ad Augusta Snorifass, con la voce calda e versatile di Daniele Fior diversi classici della letteratura per l’infanzia (ma anche qualche chicca meno nota, come Il drago di K e altre fiabe polacche) hanno trovato una nuova rispettosa veste, oltre che una via piacevolissima per arrivare a chi fatica a confrontarsi con la pagina scritta. Se possibile, però, Il mago di Oz – l’ultimo titolo aggiunto a catalogo dalla piccola casa editrice udinese – stupisce ancor di più dei precedenti, per il curato e curioso percorso attraverso il quale è stato confezionato.

Rilasciata alla fine del 2020, questa versione tutta da ascoltare del libro di L. Frank Baum coinvolge un numero consistente di attori (ben 16!), la più piccola dei quali aveva all’epoca della registrazione solo 5 anni. Le voci registrate sono tutte ben cucite sulle rispettive parti e risultano molto variegate: aspetto, questo, non trascurabile sia dal punto di vista della gradevolezza dell’ascolto, sia da quello della fruibilità, soprattutto per chi fatica a seguire e a orientarsi in mezzo a storie molto articolate. Capaci di rendere con puntualità la moltitudine e l’assortimento di personaggi che contraddistingue il viaggio verso e dalla Città di Smeraldo, le diverse interpretazioni sono accompagnate da sottofondi sonori suggestivi, catturati durante un viaggio lungo lo Stivale.

Al gusto di una storia ricchissima, proposta come sempre in versione integrale, si aggiunge quindi il fascino di una narrazione che sfrutta minimi intramezzi musicali e che trasforma i suoni della natura e della città in puntelli acustici all’immaginazione del lettore. L’abbaiare di un vero cane che dà voce a Toto, il cinguettio degli uccellini che spesso cantano lungo il percorso di Dorothy, le campane che suonano in lontananza mentre il pallone del mago si solleva in volo: la minuzia con cui queste tracce ambientali vengono raccolte e inserite nel racconto contribuisce a fare di quest’ultimo un’immersione profonda nel meraviglioso regno di Oz.

Disponibile sia su Cd (13 €) sia in versione scaricabile (7,99 €), Il mago di Oz è inoltre fruibile come gli altri titoli Locomoctavia, tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store. Estremamente interessante in termini di accessibilità, l’app sfrutta un particolare sistema di scroll (già attivo per i titoli precedenti e presto disponibile anche per Il mago di Oz) che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

La mia giornata

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

Il sapore dei desideri. Betsy, Mr. Tigre e le bacche della felicità

Fate i bagagli, si parte per un luogo straordinario: “un’isola dimentica dalle mappe del mondo”. Poche parole e già si sente un profumo squisitamente fiabesco. È la bravissima Sally Gardner a confezionare per noi una storia magica, dando vita a un luogo sorprendente in cui incontrare creature minuscole e giganti timidi, principesse invidiose e sorelle rospe, sirene affabili e tigri eleganti. Ma andiamo con ordine.

Protagonista del racconto dell’autrice inglese è la piccola Betsy, figlia di un gelataio dalla sorprendente inventiva e di una sirena che conosce storie senza tempo. Betsy desidera sopra ogni cosa poter incontrare il famoso Mr. Tigre, felino dalla mise raffinata, con tanto di cappello a cilindro, che si dice viaggi per mare e diriga un circo delle meraviglie. Ogni giorno Betsy scruta l’orizzonte, speranzosa di avvistare tra le acque la cima del suo tendone da circo. Una mattina il tendone compare per davvero e lo fa, in effetti, proprio al momento giusto. Betsy e il suo papà, che di Mr. Tigre è amico di lunga data, hanno appena conosciuto la storia di una rospa che prima rospa non era e vorrebbero aiutarla a ritrovare le sue sembianze originali.  Per farlo, però, serve una vera e propria magia che si realizza solo quando la luna è blu, ossia una volta ogni mille mai. Ecco perché l’aiuto di Mr Tigre, che di autentici prodigi è capace, arriva provvidenziale. Insieme a lui, Betsy e i suoi genitori mettono in atto un delicatissimo piano che coinvolge i piccoli Gongalunghi, costretti alla macchia dalla perfida principessa Olaf, e il gigante Ivan, che da timido si trasforma in temerario. Grazie a loro e a un ingegnoso stratagemma, la luna si tinge per una notte di blu, consentendo al papà di Betsy di realizzare il prodigioso gelato alle bacche Gongalunghe e di regalare a molte creature dell’isola un prezioso desiderio ciascuna.

Primo episodio di una fortunata serie britannica che vede protagonisti Betsy e Mr. Tigre, Il sapore dei desideri scorre liscio liscio accarezzando l’immaginazione del lettore. Complici impagabili della penna di Sally Gardner, sono le fini illustrazioni di Nick Maland che, talvolta ampie, talvolta piccine, accompagnano, arricchiscono e dinamizzano ogni pagina. Anche grazie a loro il libro appare ricco di fascino e piacevolmente abbordabile, nonostante le 180 pagine abbondanti. L’impegno a far sì che la lettura assuma esattamente queste sfumature anche agli occhi di chi vede le parole scritte perlopiù come un nemico (impegno da sempre assunto anche dalla stessa Sally Gardner, che della dislessia parla e scrive spesso) si completa grazie alla scelta di Terre di Mezzo di ricorrere al font ad alta leggibilità Dyslexia, ad una spaziatura maggiore e a un inchiostro blu meno affaticante.  Il risultato di questa cura narrativa, grafica e iconografica è una lettura deliziosa che finisce più in fretta di quel che si vorrebbe, proprio come una pallina di gelato di bacche Gongalunghe

Achille cane quadrato

Giulio Fabroni e Gloria Francella sono due autori che frequentano casa Sinnos da qualche tempo e che hanno un’interessante capacità di dialogare con i piccolissimi. I loro cofanetti dedicati al personaggio di Merlo – Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti – sono per esempio prodotti semplici ma curati in cui gioco e lettura si contaminano felicemente. La stessa vincente abilità di parlare in piccolo e di costruire belle storie a partire da concetti maneggiabili da lettori molto in erba, la si ritrova anche in un titolo più recente – Achille cane quadrato – anch’esso pensato per soddisfare bambini taglia XXS.

Protagonista, qui, è un cagnolino a macchie bianche e nere e dal contorno vagamente tondeggiante. Decisamente più definito nella forma è suo zio Achille che, interrogato su come abbia fatto a diventare perfettamente quadrato, condivide con il nipote la sua storia: una storia fatta di iniziali prese in giro e di un lungo percorso alla ricerca della propria identità. L’incontro con un bruco, una gallina e una stella marina lo porta a sperimentare forme diverse, ma è solo quando incappa in una lumaca dalla forma bislacca che Achille trova finalmente la forma che gli calza a pennello e conosce il segreto di una piccola felicità.

Perfetto da leggere ad alta voce (ma ideale anche come prima lettura, dato il testo semplice e le caratteristiche di alta leggibilità), Achille cane quadrato vanta una storia piacevolmente iterata, un gustoso uso di onomatopee e un implicito invito a fare della lettura un’esperienza movimentata. Ogni volta che Achille cambia forma compie infatti gesti buffi che difficilmente lettori piccoli e grandi resistono dal replicare. Tutto questo, unito a illustrazioni dal tratto sorridente e amichevole, fa del libro – che è peraltro perfettamente quadrato, proprio come Achille – un ghiotto assaggio di lettura da proporre ai più piccini.

La serra

Se c’è un aggettivo che descrive il tratto ben riconoscibile di Giovanni Colaneri è probabilmente rigoglioso. Quasi sempre, dal pennello dell’autore escono, infatti, figure sgargianti che fioriscono sulla pagina e paiono popolare foreste umane e naturali. Accadeva in Che cos’è una sindrome? e accade ora in La serra, libro che fin dal titolo sembra sposarsi a meraviglia con uno stile così florido.

La sua protagonista è una bambina visionaria e intraprendente che vive suo malgrado in una città tutto fumo e grigiume. Non ci sono alberi né animali a rendere vivo il paesaggio e così, quando un uccello dalle sfumature turchesi spunta alla finestra, la bambina non può fare a meno di notarlo. L’uccellino, d’altronde, veste i suoi stessi brillanti colori e tra i due si instaura una complicità immediata. Di fronte all’invito a seguirlo, la bambina non perde tempo e, inforcata la sua bicicletta, percorre desolate e desolanti distese di foreste ormai abbattute fino a che giunge in luogo straordinario. Si tratta di una serra lussureggiante, luogo di per sé meraviglioso se si considera la triste cornice in cui si colloca, ma reso ancor più straordinario dal personale che lo cura. Al di là delle ampie e luminose vetrate la bambina, e con lei il lettore, incontra infatti una schiera di animali deditissimi al giardinaggio: chi innaffia vasi e aiuole, chi trasporta carrelli zeppi di piante e chi ne controlla puntiglioso qualità e stato. C’è un piano preciso dietro tutto questo lavoro, ma gli animali hanno bisogno di una zampa. Ecco allora che la bambina si trova a guidare una spedizione ad alto impatto green a tutto vantaggio dell’intera comunità.

Finalista del Silent Book Contest 2020, La serra racconta di sogni all’apparenza impossibili e di collaborazioni che creano bellezza. Qui, il rispetto per la natura appare chiaramente come qualcosa che ripaga a pieno, restituendo a chi lo pratica un’esistenza a colori. Sospesa tra reale e fantastico, la storia per immagini confezionata da Giovanni Colaneri è ricca di fascino e scandita in modo lineare e chiaro nonostante l’assenza di parole. Quest’ultima, dal canto suo, ne spalanca la fruizione anche da parte di bambini e ragazzi con difficoltà di decodifica e comprensione del testo, legate per esempio alla dislessia o alla disabilità uditiva.

A mezzanotte

Mezzanotte è un’ora magica, un tempo speciale che segna un preciso confine oltre il quale qualcosa di straordinario spesso accade. Lo sanno gli umani, immancabili festeggiatori di capodanni, ma lo sanno anche gli animali del bosco. Mezzanotte è infatti l’ora in cui i cancelli del luna park chiudono, lasciando deserti giostre e chioschi di delizie. È proprio a quell’ora che volpi, alci e animali selvatici di ogni sorta varcano il limitare del bosco, da dove pazienti hanno assistito al montaggio del parco di divertimenti preparandosi a goderne. Un buco sotto la rete, un’acrobazia da procioni per accendere l’interruttore generale e si va: il luna park si accende in tutto il suo splendore. Da lì in avanti, per gli animali abituati al silenzio ombroso del bosco è tutto un sorprendersi e sperimentare: ci sono dolciumi da assaporare, giochi di abilità in cui cimentarsi, giostre da cui salire e scendere in una nottata scintillante che è tutto fuorché usuale. Ma ogni cosa ha il suo prezzo e così sui banconi delle attrazioni si accumulano man mano preziose monete del bosco: foglie, pigne, funghi e bacche. Un ultimo giro sugli autoscontri e già albeggia, sembra avvisare il saggio gufo. Mentre il custode del parco si prepara a una nuova giornata di lavoro, gli animali rassettano tutto, recuperano i loro bottini e furtivi tornano a casa, dove la festa continua. Quando la stanchezza prende il sopravvento, ognuno si ritira nella sua tana. Solo il lupo, abile vincitore del gioco delle paperelle, ha ancora qualcosa da fare per rendere la nottata davvero speciale, non solo per sé stesso ma anche per qualcun altro…

Incantevole e coinvolgente, A mezzanotte è un libro senza parole con la S e la P maiuscole, tale per cui eventuali parole scritte sarebbero proprio di troppo. Non solo infatti Gideon Sterer e Mariachiara Di Giorgio allestiscono un’ossatura narrativa solidissima e precisa, che conduce per mano il lettore nell’avventura notturna, ma la meditata assenza di testo offre a quest’ultimo la possibilità di godere delle attrazioni scintillanti proprio come fosse sul posto, prendendosi i suoi tempi e scegliendo con ritmi personali dove e come muovere lo sguardo. Chiarezza narrativa e libertà di movimento trovano qui un misurato equilibrio, permettendo di fare propria la bellezza di questo volume anche a chi si troverebbe imbrigliato dalla presenza di un testo, per motivi per esempio di dislessia o disabilità uditiva, e a chi faticherebbe a districarsi tra storie che richiedono troppe inferenze. La sceneggiatura è infatti meticolosa, scandita senza salti, e le illustrazioni sono disseminate di dettagli apparentemente minimi ma in realtà decisivi ai fini della lettura della vicenda. Si pensi, per esempio, alla precisione degli sguardi dipinti da Mariachiara Di Giorgio, ai gesti eloquenti anche dei personaggi posti sullo sfondo, alla cura di particolari come la luce che aumenta man mano che l’alba avanza o ai rimandi puntualissimi tra le pagine, come quella  iniziale che vede l’orso raccogliere bacche, fiori e funghi e quelle seguenti in cui i preziosi frutti del bosco sono impiegati a mo’ di moneta. Tutto torna, tutto ha e dà senso. In più, non solo le tavole sono di una bellezza emozionante ma le inquadrature mai banali che le contraddistinguono rendono la lettura un atto dinamicissimo che catapulta il lettore tra popcorn scoppiettanti e luci sfavillanti.

Nascondino

Anche il più feroce degli animali può nascondere uno spirito burlone, parola di tigre!

Protagonista del silent book di David Hearn, il pericoloso felino si muove quatto quatto tra l’erba alta sulle tracce di una placida antilope. Il suo sguardo è intenso e concentrato e in un efficace gioco di primissimi piani e campi larghi, capiamo che l’attacco sta per essere sferrato. Ma… colpo di scena! Proprio quando pochi centimetri separano la belva dalla preda, questa spunta trulla dall’erba con indosso occhiali, nasone e baffi finti alla Groucho Marx: uno spasso! Da lì in avanti e a più riprese, l’antilope sfodera la sua riserva di mascheramenti, rendendo la caccia una continua e divertente sorpresa. Ma la tigre non è tipo da arrendersi facilmente e così, scovato il mucchio di costumi, mette in atto la sua insospettabile rivincita. E il gioco, manco a dirlo, è pronto a ricominciare…

Nascondino è il vincitore del Silent Book Contest Junior 2020, il premio attribuito dalla giuria dei giovanissimi, all’interno del concorso organizzato da Carthusia. E il motivo della vittoria non è affatto difficile da capire. Spiazzante e divertentissimo, il libro di David Hearn sa cogliere il lettore di sorpresa e rinnovare quest’ultima fino alla fine, sa mescolare con perizia realismo e invenzione e sa fare delle diverse inquadrature – ampie, ristrette e ristrettissime – un elemento narrativo di grande efficacia. Di fronte a quelle riprese larghe che vedono la tigre muoversi felpata e a quegli zoom improvvisi sulle espressioni del suo volto o sui look improbabili dell’antilope, il lettore è coinvolto a pieno e il continuo cambio di punto di vista – dietro, davanti, sopra e di fianco alla tigre – lo colloca esattamente tra i fili d’erba, in posizione privilegiata per godersi gli esilaranti imprevisti.

Del tutto privo di parole e animato da due soli protagonisti, Nascondino si presta a essere goduto in maniera appagante anche da parte di bambini (e adulti!) con difficoltà legate alla decodifica del testo o alla comprensione di storie complesse, che non disdegnino vicende profondamente surreali.

Il signor Balena ha il raffreddore

Dura la vita da pinguino se il tuo vicino di casa è una balena (e per giunta con il raffreddore)! In questo caso, meglio mettersi al riparo: ogni starnuto crea, infatti, onde altissime che rischiano di sommergere tutto ciò che galleggia nei dintorni. Così capita ai protagonisti de Il signor Balena ha il raffreddore: una banda di pinguini intraprendenti che sperimenta più di un’improbabile soluzione – dai traslochi a remi ai fazzoletti giganti – per risolvere l’ingombrante problema del cetaceo. Nessuna sembra funzionare. A un certo punto, però, l’idea giusta arriva e la situazione si sblocca. I festeggiamenti durano tuttavia meno del previsto perché, si sa, la salute delle balene è estremamente cagionevole!

Semplice, ironico e caratterizzato da una piacevole struttura iterata e dotato di un divertente finale a sorpresa, Il signor Balena ha il raffreddore è un albo scritto e illustrato da Manuel Vertemara. Pubblicato da Storie Cucite in duplice versione – tradizione e inbook – il libro può raggiungere pubblici con esigenze di lettura diverse. La presenza dei simboli WLS, di poche frasi per pagina, di strutture sintattiche perlopiù lineari e di un lessico piano rendono in particolare la versione in simboli piacevolmente fruibile in lettura condivisa da parte di bambini già di età prescolare. Le buffe illustrazioni, dal canto loro, contribuiscono a rendere la lettura felicemente accattivante.

La musica di Ettore

Mica facile fare musica con quattro zampone da elefante: parola di Ettore! Trombe, fisarmoniche, arpe e xilofoni mal si accordano, infatti, con le movenze maldestre tipiche di un pachiderma e così, malgrado il suo amore spassionato per le melodie, l’elefantino Ettore si trova costretto ad assistere ai concerti della giungla invece che prendervi attivamente parte. Sarà una giornata iniziata col piede sbagliato a tirar fuori un suo inaspettato talento, che con lo strumento giusto diventa musica per le orecchie di tutti!

Semplice nella trama così come nel messaggio, La musica di Ettore è un albo scritto e illustrato dall’autrice polacca Monika Filipina. Si caratterizza per un testo minimo e lineare che lascia ampissimo spazio narrativo alle immagini. Sgargianti, movimentate, ricche di dettagli e dal tratto ironico, queste sono le vere protagoniste del libro e conducono il lettore per mano alla scoperta della storia: un aspetto, questo, che ben si sposa con gli accorgimenti di alta leggibilità – font EasyReading, spaziatura maggiore, testo non giustificato – messi in campo da Camelozampa per la stampa del volume. La sinergia tra leggibilità del segno grafico e facilità di accesso al testo è infatti determinante nello stimolare un approccio alla lettura il più possibile amichevole, accogliente e stimolante anche nei confronti di bambini con dislessia.

L’incredibile corsa dello sciroppo

Quella formata da Alex Cousseau e Charles Dutertre è una coppia collaudata da cui ci si aspetta frizzi, lazzi e magnifiche sorprese letterarie. Già creatori di quell’irresistibile personaggio che è Lucilla Scintilla, i due autori francesi tornano in libreria, sempre per Sinnos, con un volume ad alta leggibilità ugualmente gustoso ma di tutt’altro segno, intitolato L’incredibile corsa dello sciroppo.

Protagonisti del libro dal formato arioso, dalle illustrazioni densissime e dai colori accesi sono tanti intrepidi insetti pronti a sfidarsi nell’annuale Corsa dello sciroppo, una classicissima del mondo entomologico. Al via, ragni, bruchi, lumache e altri piloti in miniatura e perlopiù muniti di ali e parecchie zampe avanzano lungo un percorso tortuoso che si snoda in mezzo a una natura lussureggiante. I loro nomi sono buffi e i loro mezzi sono a dir poco stupefacenti: si va dai vasetti di yogurt volanti alle vasche da bagno a motore, dai trattori a molla ai piroscafi a elica. Ingranaggi e meccanismi sono tanto sofisticati quanto divertenti (mai più senza un treno fantasma con binario mobile!) e le affollate pagine che li ospitano sono un autentico luna park per l’occhio del lettore che può sollazzarsi a coglierne ingegnosità e tratti comici. La gara avanza senza esclusione di colpi, costringendo i protagonisti a deviazioni, decisioni, incidenti e incontri imprevisti, verso una linea del traguardo che si svela solo alla fine, con un delizioso colpo di scena.

Contraddistinto da caratteristiche di alta leggibilità – dal font leggimi alla spaziatura maggiore, dalla sbandieratura a destra all’evidenziazione dei dialoghi grazie all’uso del colore e del maiuscolo – L’incredibile corsa dello sciroppo può facilmente solleticare i giovani lettori, con e senza dislessia, in virtù del suo particolare impianto grafico e dell’efficacissimo dialogo che instaura tra parole e figure. Intorno a testi concisi che perlopiù introducono i protagonisti con i loro spassosi tratti e riportano gli eventi salienti della gara, si sviluppano infatti illustrazioni minuziosissime che raccontano molto di più di quanto si trovi scritto e che disseminano ghiotti dettagli sul funzionamento dei mezzi e sulle attitudini dei loro conduttori. Sono le immagini, insomma, a farla da padrone, a incentivare l’avanzamento nella lettura e, in qualche modo, a dettarne i tempi, rendendo del tutto legittimo quell’attardarsi sulla pagina che di norma può far sentire a disagio i bambini meno abili nella lettura.

E in questo suo temporeggiare di fronte al bello, il lettore non si discosta di molto dai personaggi del libro i quali, pur desiderando con forza avanzare verso il traguardo, conoscono il piacere di sedersi ai bordi di quell’oceano di sabbia bianca per assistere all’arrivo del sole “che già comincia a tingere il cielo di un bel rosso, rosso come lo sciroppo di amarena”.

Rolando Lelefante legge

Che Rolando Lelefante fosse un tipo colto lo sapevamo già, ma che fosse un vero divoratore di storie, bhe… quello lo scopriamo nel secondo volume che Sinnos gli dedica, intitolato per l’appunto Rolando Lelefante legge.

Qui seguiamo Rolando nella sua sfrenata passione per la lettura – cosa, dove, quando e come legge – in una buffa rassegna che mette in evidenza abitudini, trucchetti, rêverie e piccole manie in cui qualunque lettore potrà in qualche modo riconoscersi. Ma attenzione: Rolando sa bene che la lettura non è solo gioie. Il suo padroncino non legge infatti altrettanto bene perciò lui si prodiga in ogni maniera per rendergli la parola scritta più familiare. Deliziosa, in questo senso, la doppia pagina in cui Rolando interpreta con la sua goffa mole le diverse lettere dell’alfabeto, rendendo magistralmente evidente come la lettura sia un’esperienza che coinvolge tutto il corpo!

Come l’autrice riesca a condensare in pochi tratti di matita tanti spunti, ammiccamenti e persino citazioni, rimane un piccolo mistero: sta di fatto che, come la precedente, anche questa storia di Rolando fa di un nulla una piccola gustosa avventura che si legge con il sorriso sulle labbra. Piacevole nell’aspetto e attento alle esigenze dei lettori più inesperti o come maggiori difficoltà di decodifica del testo, Rolando l’elefante legge unisce le caratteristiche di alta leggibilità tipiche della collana Leggimi prima di Sinnos (font maiuscolo leggimiprima, spaziatura maggiore, testo non giustificato, pagina pulita, illustrazioni puntuali e frequentissime) a uno stile arioso, tanto nelle figure quanto nel racconto, che dice con garbo al lettore che il libro può essere amico e che addentrarsi tra le pagine può essere, sì, una sfida, ma non necessariamente spaventosa. Se non è un bell’inno alla lettura questo, è davvero difficile dire cosa lo sia!

Ecco a voi Rolando Lelefante

Attenzione, pericolo! La lettura di Ecco a voi Rolando Lelefante aumenta il rischio di desiderare un pachiderma per animale domestico. È l’effetto Rolando: un misto di tenerezza e sorpresa che coglie senza scampo chiunque incontri l’irresistibile personaggio creato da Louise Mézel.

Elefantino mini dall’appetito taglia XL, Rolando Lelefante ha un mucchio di qualità: riesce a stare in spazi ristretti, anche grazie ad acrobatici arrotolamenti di coda e proboscide, è colto, sportivo quanto basta, oltremodo goloso e pieno di passioni. Insomma, come si fa a non volergli bene?

L’autrice ce ne offre un ritratto delizioso in questo primo volume di una serie portata in Italia da Sinnos. Lettura sfiziosissima per bambini 4-5 anni accompagnati da un grande o per bambini di prima elementare che iniziano a leggere da soli, la storia di Rolando Lelefante presenta testi minimi, curati e ben leggibili (stampa in maiuscolo, font ad alta leggibilità, forte contrasto con la carta color crema, massimo una frase o due per pagina), puntualmente accompagnati da illustrazioni ironiche e delicate, realizzate a matita e con pochi tratti di colore.

Questo passo a due leggiadrissimo tra parole e figure regala alle pagine una pulizia che rassicura e un ritmo che incalza, accompagnando nell’avventura di leggere anche il lettore con dislessia o difficoltà di decodifica del testo, valorizzandone a pieno la preziosa capacità di muoversi tra le immagini.

Nella stessa serie si trova già anche il secondo volume intitolato Rolando Lelefante legge.

Nino e Taddeo dipingono la primavera

Che bella coppia di amici, Nino la talpa e Taddeo il topolino! Affiatati, vicendevolmente generosi e felici di godere della reciproca compagnia, i due sono protagonisti di un libro che ne racconta alcune avventure minime: una sessione di pittura en plain air, una domenica di pesca alla carpa e una dichiarazione specialissima all’amata di Nino. Le loro sono, per l’appunto, avventure minime poiché colpi di scena, imprevisti e peripezie non sono per nulla contemplate. Il fascino e il gusto saporito delle loro vicende illustrate stanno piuttosto in una quotidianità umana resa a misura di bestiola, in una freschezza di sentimenti non descritti ma ben riconoscibili dai piccoli gesti e in un’amicizia bellissima che poggia saldamente su un’ironia gentile.

Grazie a questo impianto, anche il tema della disabilità viene trasversalmente toccato, o per meglio dire carezzato, senza il peso di moniti o precetti. La cecità quasi totale della talpa Nino è infatti una delle caratteristiche che ne condiziona il fare e come tale è ben presente nel libro, tant’è che su di essa si giocano diverse scene buffe. Il fatto che sia assodata, tanto dal lettore che associa automaticamente l’animale al difetto di vista, quanto dal compare Taddeo, che con naturalezza ne parla e laddove necessario offre al suo amico una zampa, fa sì che essa non gravi sul racconto. La trama non è infatti incentrata sulla cecità di Nino ma da essa trae spunto e nutrimento per rafforzare il legame della talpa con Taddeo e per rendere le loro vicissitudine fuori dal comune. In un panorama ormai abbastanza ampio di libri per l’infanzia che avvicinano più o meno esplicitamente il tema della disabilità, Nino e Taddeo dipingono la primavera si lascia quindi apprezzare per la maniera spigliata e genuina in cui lo fa, dosando per benino ironia e rispetto: gli stessi ingredienti che – guarda un po’ – contraddistinguono le amicizie più convenzionali!

Nino e Taddeo dipingono la primavera è il primo volume di una serie scritta da Henry Meunier e illustrata da Benjamin Chaud, edita in Italia da Terre di Mezzo, ed è un libro dall’aspetto interessante. La dimensione né troppo grande né troppo piccola lo rende maneggevole e insieme lo distingue dall’albo illustrato standard, la copertina rigida gli dà un tocco di valore in più, il testo poco affollato e ben distribuito risulta facilmente approcciabile e le illustrazioni a ogni pagina, talvolta totalmente protagoniste, incentivano e arricchiscono la lettura. Ne risulta un prodotto di grande appeal per quei lettori nel bel mezzo della scuola primaria che iniziano ad avventurarsi tra letture autonome più consistenti ma allo stesso tempo trovano rassicurante un impianto che non rinunci all’apparato iconografico. Testo e illustrazioni si relazionano inoltre in modo giocoso, invitando il lettore a trovare tra i numerosi guizzi ironici che entrambi nascondono: un’attenzione che contribuisce a rendere la lettura un’esperienza appagante e da cui lasciarsi stuzzicare.

La nuvola Martina si è persa

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In La nuvola Martina si è persa, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta la nuvola Martina e ritrovare le sue amiche grazie a una tromba speciale, capace proiettare un raggio di luce mentre suona.

La storia della nuvola Martina, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. La nuvola Martina si è persa, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con i pronomi personali. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

 

La talpa Arturo non trova gli occhiali

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In La talpa Arturo non trova gli occhiali, per esempio, Pepe incontra la talpa Arturo, di pessimo umore perché, avendo perso gli occhiali, continua a inciampare. Per fortuna Pepe sa come aiutarla, tirando fuori dal suo magico zaino proprio quello che fa al caso di Arturo.

La storia della talpa Arturo, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. La talpa Arturo non trova gli occhiali, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con le preposizioni. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

Il leprotto Gustavo ha paura del buio

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

Ne Il leprotto Gustavo ha paura del buio, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta il suo amico e vicino di casa Gustavo a superare la paura dell’oscurità con un piccolo trucco 100% naturale! Con una lucciola nella stanza, Gustavo inizierà infatti a dormire sonni tranquilli e rilassati.

La storia del Leprotto Gustavo, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. Il leprotto Gustavo ha paura del buio, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con le congiunzioni. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

 

Buh!

Tre maiali in fuga e un lupo affamato: fin dalla copertina, il richiamo di Buh! alla storia dei tre porcellini è chiaro, chiarissimo. Eppure chi pensa di trovare tra queste pagine cartonate l’ennesima versione della nota fiaba si sbaglia di grosso. I personaggi sono sì gli stessi ma ciò che li attende è davvero inatteso, soprattutto se si considera che l’autore di Buh!  – il francese François Soutif – interpreta con grande maestria la preziosa lezione di Susy Lee circa la possibilità di trasformare le componenti fisiche del libro in una parte integrante della storia.

Non a caso, infatti, l’autore distingue fin da subito cromaticamente la pagina in cui compare il lupo già munito di posate e bavaglio a quadri (a sfondo arancione) da quella giusto a fianco che ospita i porcellini intenti a scappare (a sfondo giallo). La distinzione, apparentemente poco significativa, rivela tutta la sua forza narrativa poco più avanti, quando il lupo, quasi arrivato ad agguantare le sue prede, si schianta inaspettatamente contro la linea che separa le due pagine. Quello schianto è un colpo di scena è 360°: lo è per il lupo, che si ritrova dolorante e senza qualche dente; lo è per i porcellini, che si voltano indietro increduli e stupiti; e lo è per il lettore, abituato al fatto che una doppia pagina di questo tipo costituisca un continuum senza interruzioni (come ci insegna, per l’appunto, Suzy Lee in quel saggio meraviglioso che è La Trilogia del limite).

Giusto il tempo di riprendersi dalla sorpresa e il racconto avanza: il lupo cerca disperatamente di capire come funzioni quel muro invisibile e peraltro invalicabile solo per lui, mentre i porcellini si dilettano a schernire lui e i suoi fallimentari tentativi di oltrepassamento.  Il lettore, dal canto suo, condivide per diverse pagine gli interrogativi col primo e il divertimento con i secondi. Ma poi il lupo sembra avere un’intuizione: se il confine di pagina è un muro, forse la pagina stessa può avere le stesse proprietà. E così, scala alla mano, mette in atto un piano ingegnoso e inatteso, capace di regalare nuova carica narrativa all’inseguimento e all’albo che lo contiene!

Dinamicissimo, ironico e sorprendente, Buh! … Forte di personaggi ben riconoscibili, di illustrazioni senza fronzoli che ad essi esclusivamente si dedicano e di una felice capacità dell’autore di rendere evidenti sentimenti e pensieri dei protagonisti, il libro si presta a letture molto godibili anche da parte di lettori piuttosto piccoli, dai tre anni in poi. L’assenza di testo, dal canto suo, oltre ad ampliare la platea dei possibili fruitori – sia per età che per abilità di decodifica – amplifica l’effetto piacevolmente spiazzante di una narrazione che gioca con la fisicità del volume.

Il gatto con gli stivali

Quella del gatto con gli stivali è una fiaba intrigante e ingegnosa, che dice della fortuna, della furbizia, della sovversione e del legame che sottilmente le unisce. Tanti sono i volumi che l’hanno ripresa e riproposta, con parole e illustrazioni le più disparate. Uno di questi, edito da De Agostini, vede sposarsi le parole di Roberta Zilio e le illustrazioni del talentuoso Fabian Negrin. Quello stesso volume viene ora reso disponibile dall’editore in una versione che sfrutta i simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa per raggiungere una fetta di pubblico importante e spesso trascurata: quella dei bambini con difficoltà comunicative.

Grazie alla collaborazione con la Fondazione Paideia, il titolo è infatti proposto in una nuova versione in simboli, sia digitale sia cartacea. A partire da un testo decisamente asciugato (in alcuni punti, come l’incipit, forse persino troppo) e delle illustrazioni di grande qualità (che il formato digitale un pochino sacrifica), la fiaba viene simbolizzata sfruttando la collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e rispondendo a regole compositive scelte appositamente dall’équipe della Bottega Editoriale di Paideia, senza far riferimento a uno specifico modello.

Insieme alla possibilità di beneficiare del testo in simboli – letto secondo le caratteristiche del modeling, automatico o manuale a seconda delle esigenze del bambino – l’ebook offre quella di godere del testo nella sua versione alfabetica, sia in totale autonomia sia con supporto della registrazione audio. Sempre all’interno della versione digitale vengono proposte alcune attività ludico-educative tra cui completare una frase in simboli, trovare il simbolo esatto per indicare una certa figura, animare o colorare una data illustrazione.

 

I libri per tutti

Il gatto con gli stivali, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Amici nel mare (I libri per tutti)

Il pesce Berto e il paguro Pedro sono grandi amici. Per paura dei pescecani, tuttavia, i due si vedono di rado e restano chiusi ciascuno nella propria tana: una gran noia, a dirla tutta! Servirà un piccolo moto di coraggio per far sì che la voglia di stare insieme e di godere davvero delle bellezze del mare superi e sconfigga i loro timori… perché la paura, a volte, può essere più pericolosa dei pescecani!

Quella di Berto è Pedro è una storia semplice, pubblicata in formato cartaceo tradizionale nel 2014 per i tipi di Piemme, nella collana Il Battello a Vapore, serie Arcobaleno. In quelle stesse collana e serie, Amici nel mare compare ora in formato digitale e con un guizzo in più, quello garantito dal progetto I libri per tutti che trasforma e arricchisce il testo di base per renderlo più accessibile anche in caso di disabilità comunicativa. Come previsto per tutti i titoli del progetto, questa versione di Amici nel mare vede il testo semplificato nella struttura e supportato visivamente dai simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) che ne favoriscono la comprensione anche da parte di quei lettori che incontrano difficoltà più o meno marcate di fronte alle sole parole. A rendere particolarmente felice, in questo caso, il testo adattato concorre senz’altro il fatto che il lavoro di semplificazione è stato condotto, insieme alla squadra della Bottega Editoriale di Paideia, dall’autore stesso.

La simbolizzazione segue dal canto suo un modello piuttosto flessibile che unisce più elementi testuali all’interno di un unico simbolo laddove questa scelta venga ritenuta utile per alleggerire la lettura senza compromettere la comprensione. È il caso per esempio degli articoli, sempre associati al rispettivo sostantivo, o delle negazioni, sempre associate al relativo verbo.

Come caratteristico de I libri per tutti, il testo di Guido Quarzo è reso disponibile in simboli con lettura che ricalca il modeling “in presenza”, secondo una doppia modalità: quella automatica, che prevede la lettura fluente del testo e l’evidenziazione simultanea dei simboli via via citati, o quella manuale, che prevede la lettura del singolo simbolo solo nel momento in questo viene tappato, ossia schiacciato sullo schermo con il dito. La personalizzazione della lettura – vera forza di questo progetto, resa possibile proprio dal ricorso al digitale – si concretizza inoltre con la possibilità di optare per il testo alfabetico classico, da leggere in autonomia o con il supporto della registrazione audio, anch’essa sincronizzata con la messa in evidenza cromatica dei termini via via letti.

A completare la book-app di Amici nel mare, una sezione ludica che comprende tre giochi di diversa complessità: rispettivamente trovare il simbolo giusto, completare una frase con una serie di simboli a disposizione e colorare un’illustrazione al semplice strofinamento digitale.

 

I libri per tutti

Amici nel mare, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Gli inventatutto

Paura e amicizia sono ospiti abituali delle pagine rivolte all’infanzia. Libri per bambini sulla paura, sull’amicizia o sulla paura di perdere un’amicizia sono, infatti, più che numerosi. Non è impresa semplice, dunque, inserirsi in questo prolifico filone con un titolo che racconti davvero qualcosa di nuovo. E ciononostante Rasmus Bregnhoi ci prova e ci riesce con una storia dal finale decisamente sorprendente e fuori da ogni schema e retorica.

Protagonisti sono il gatto Mis e il topo Mus, già noti agli affezionati lettori di Sinnos grazie al volume Gli Acchiappacattivi. Amici per la pelle, i due coabitano in una casa da loro stessi fabbricata in cima alla collina e danno vita a mirabolanti invenzioni nel loro laboratorio supersegreto. Qui il loro legame si consolida giorno dopo giorno a suon di idee condivise e progetti costruiti a quattro mani. L’arrivo del tutto imprevisto di una papera sconosciuta di nome Pap, dal primo istante in grande sintonia con Mis e mal tollerata da Mus, incrina tuttavia quella che pareva un’amicizia inscalfibile e porta Mus a sperimentare una forma di paura forse nuova. Perché si può provare una paura concretissima e ben riconoscibile, come quella di non disporre di un rifugio sicuro o di cibo a sufficienza come ben descritto da Pap, ma si può anche provare una paura più nascosta e inafferrabile, che tocca in maniera sottile gli affetti e le sicurezze in cui ciascuno di noi si culla.  E così Mus si ritrova da un giorno all’altro a covare un certo astio verso la papera che minaccia di portargli via la sua speciale amicizia con Mis, al punto da allontanare malamente l’intrusa con la prodigiosa scacciacani (che oltre a funzionare bene con i gattacci funziona evidentemente benissimo anche con i pennuti). Ed è a questo punto che ci aspetterebbe una chiusura politically correct fatta di scuse reciproche e chiarimenti, legami nuovi e legami rinsaldati, amicizie a due che diventano serenamente amicizie a tre. E invece no. È proprio qui, invece, che la storia ci semina con un guizzo inatteso, dando spazio a sentimenti negativi e azioni disonorevoli – la disillusione, l’inganno, la delusione – da cui, tuttavia, non è detto che qualcosa di buono non si possa comunque inventare. Parola di Inventatutto!

Contraddistinto da una storia ben ritmata e dalla fotografia di sentimenti molto vicini all’esperienza dei lettori, Gli inventatutto ripropone la forma grafica vincente del primo episodio dedicato a Mis e Mus. Anche qui, infatti, le più classiche caratteristiche di alta leggibilità – font, spaziatura, sbandieratura, frequenza di illustrazioni – si accompagnano alla scelta di mescolare racconto e fumetto (pur senza balloons visibili) e di prediligere illustrazioni ricche di dettagli in cui sostare con gusto, così da offrire un’occasione di lettura davvero accessibile a accattivante anche per bambini con difficoltà legate ai disturbi specifici dell’apprendimento.

Grimms Marchen ohne worte (Germania)

Parola d’ordine: rimescolare le carte e rompere gli schemi. Questo, in soldoni, lo spirito di Grimms Marchen ohne worte, divertentissimo libro di origine tedesca. Dedicato alle fiabe popolari più note (letteralmente il titolo significa Le fiabe dei Grimm senza parole), il volume raccoglie 16 fiabe di ampia diffusione – da Cappuccetto Rosso a Biancaneve, dai Musicanti di Brema a Raperonzolo – raccontate in una maniera a dir poco originale.

Scandita da vignette riquadrate, dallo stile minimale e collegate tra loro da frecce che evidenziano il percorso di lettura, ogni fiaba sfrutta una tecnica narrativa ibrida che mescola racconto per immagini e racconto in simboli, rivestendo i pittogrammi di un ruolo comunicativo differente rispetto a quello che siamo abituati ad attribuirgli all’interno dei libri ispirati alla Comunicazione Aumentativa e Alternativa. In luogo di fungere da rafforzamento del testo alfabetico, i pittogrammi diventano qui il contenuto di efficacissimi balloons non verbali. Così, laddove presenti, le nuvolette tipiche dei fumetti vengono riempiti da icone singole o da combinazione di icone che danno vita a una vera e propria lingua per immagini ampiamente condivisibile, incisiva e dall’alta qualità sintetica.

La lettura, forte soprattutto di una pregressa conoscenza delle fiabe, acquisisce così gusto e sfizio poiché assume i contorni di una continua sfida a interpretare un codice nuovo: un codice che permea la nostra quotidianità (dalla segnaletica stradale agli emoji del cellulare), ma che esula dalle nostre consuetudini letterarie; un codice la cui immediatezza diventa la chiave per stimolare una forma di lettura nuova che superi barriere linguistiche e comunicative, malgrado il volume non nasca con questa precisa intenzione. Alla luce di questo, il libro apre riflessioni interessanti in merito alle possibilità narrative generate e generabili dall’incontro e dalla contaminazione tra codici e generi differenti.

Ma la sperimentazione e il sovvertimento delle regole sono cosa cara a Frank Flothmann anche da un punto di vista contenutistico. E così, oltre a stuzzicare il lettore con una lettura (o una rilettura) insolita di storie sedimentate, l’autore lo sorprende con irresistibili dettagli umoristici o gustosi cambi di trama. Così, per esempio, la matrigna di Hansel e Gretel esce di scena a causa di un accidentale colpo d’ascia del marito boscaiolo o il lupo di Cappuccetto rosso, graziato dal cacciatore, si ritrova a far da cameriere alla gaia tavolata di famiglia della bimba incappucciata.

L’unione di questi elementi fa sì che un libro come Grimms Marchen ohne worte si presti a una lettura stimolante da parte di pubblici anche molto diversi tra loro per età (adulti tutt’altro che esclusi!), abilità e abitudini comunicative. Il libro offre inoltre un terreno fertilissimo per avviare attività, didattiche e non, su codici, fiabe e narrazione che non prescindano da un certo divertimento.

 

F. Flöthmann, Grimms Märchen ohne Worte_2

F. Flöthmann, Grimms Märchen ohne Worte_3

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Où es-tu, lune? (Francia)

Solo pochi anni fa  Les Doigts Qui Rêvent aveva dato grandissima prova della sua pluriennale esperienza nell’adattamento tattile di albi illustrati grazie a un lavoro strepitoso come La chasse à l’ours (adattamento del classico della letteratura per l’infanzia scritto da Michael Rosen e illustrato da Helen Oxenbury, menzione speciale al Bologna Ragazzi Award 2016 sezione disabilità). Quest’anno la casa editrice francese torna a farlo con un nuovo titolo – Où es-tu, lune? – che traspone felicemente in versione tattile l’omonimo albo di Émile Jadoul, molto amato in Francia.

Protagonisti sono un coniglio e un orso che un giorno scoprono un fatto sconcertante: la luna è sparita. Supportati dagli amici Zebra, Coniglio e Giraffa, i due decidono di risolvere il mistero spingendosi il più in alto possibile nel cielo. L’assortita combriccola forma così un’ammirevole piramide animale grazie alla quale, con un sorridente colpo di scena, trova una lettera della luna che contiene la risposta tanto agognata.

Ciò che rende straordinario questo libro è la cura nel cogliere il senso più pieno della storia e nello scegliere di conseguenza cosa può essere modificato e cosa no, dal punto di vista delle illustrazioni. Nella versione tattile, infatti, queste ultime sono oggetto di un forte ma sapiente lavoro di semplificazione e astrazione che porta i diversi animali ad essere rappresentati con sagome semplicissime (il coniglio, per esempio è un tondo con due orecchie lunghe) o addirittura forme simboliche (la zebra è un rettangolo e il lupo un triangolo), distinte e rese significative dalla scelta dei materiali e delle texture. Questo permette al giovane lettore non vedente di riconoscere tutti i personaggi senza difficoltà o frustrazione e al contempo di godere del garbo e dell’equilibrio compositivo della pagina caratteristici dell’originale.

A table! (Francia)

Preparate lo stomaco e la fantasia, questo è un libro che fa venire fame di cibo e di storie! Protagonisti sono un pulcino con un appetito da lupo e un lupo con un appetito da pulcino che, chiamati a tavola dalle rispettive mamme, condividono in maniera spassosamente non equilibrata una lunga serie di cibi prelibati, dall’antipasto al dolce. Piacevolmente giocato sul contrasto tra i personaggi e i relativi appetiti, À table! si presenta come un libro tattile illustrato piuttosto semplice nel testo e nelle illustrazioni, rese ancor più fruibili dalla possibilità di staccarle, esplorarle a 360° e riattaccarle facilmente  grazie al velcro di cui sono dotate.

Ogni pagina presenta uno sfondo in stoffa a quadri rossi e bianchi che richiama subito alla mente i tavoli delle trattorie tradizionali e rivela una cura compositiva ed estetica raffinata. Su di esso si staglia ogni volta un piatto blu su cui compaiono le pietanze che man mano pulcino e lupo si spartiscono: un pomodoro maturo, due uova al tegamino, tre cucchiai di purè, quattro fette di formaggio e cinque crêpes. Tutti gli elementi sono bellissimi da vedere e molto ben riconoscibili al tatto per forma, texture e consistenza, rendendo così l’albo adattissimo a una lettura piena e godibile anche da parte di bambini in età prescolare e in generale con poca dimestichezza con la decodifica delle immagini tattili.

A rendere poi la lettura ancor più coinvolgente e interattiva c’è il fatto che i due protagonisti sono proposti in forma di pupazzetti da dito che il lettore è invitato a portare con sé a filo di pagina e a nutrire fisicamente al suon di slurp slurp e pic pic: un’espediente semplice ma efficacissimo per fare dell’elemento ludico e interattivo una chiave speciale di ingresso nella storia.

Petit Penguin est dans la lune (Francia)

Routine e incombenze di ogni giorno portano via una sacco di tempo prezioso alla quotidianità più piacevole e affettuosa di una famiglia e così mamme e papà – umani o pinguini che siano – si trovano frequentemente a sollecitare i loro cuccioli affinché si sbrighino ad alzarsi, far colazione, lavarsi o correre a scuola, dando luogo a un carico emotivo che può essere difficile gestire per i piccoli. Così accade a Petit Pengouin che, strigliato e rincorso, si ritrova spesso in lacrime e finisce per pensare che i suoi genitori non gli vogliano più bene. Ma è davvero così? La rivelazione di mamma e papà porterà una nuova inattesa luce sui frequenti rimbrotti.

Contraddistinto da illustrazioni tenere in cui il piccolo lettore può facilmente immedesimarsi e da un racconto lineare e piacevolmente ricorsivo, Petit Pingouin est dans la lune racconta una storia di emozioni quotidiane attraverso il testo alfabetico e una sua particolare conversione in LSF (Langue des Signes Française), chiamata Français signé (francese segnato) in cui i segni si modulano sulla sintassi del francese scritto. Quella proposta dal volume non è dunque una vera e propria traduzione in Lingua dei Segni, rispettosa delle peculiarità sintattiche e compositive di quest’ultima, quanto piuttosto un adattamento che favorisce un primo avvicinamento (tanto per i bambini sordi quanto per i loro compagni) alla comunicazione propria di una parte della comunità non udente.

Se la conversione non è dunque (consapevolmente) rigorosa, la rappresentazione grafica dei segni è davvero molto precisa e capace di indicare in maniera piuttosto chiara i movimenti che occorre riprodurre, anche quando è prevista una sequenza complessa. L‘invito a cimentarsi con una narrazione gestuale  – per chi la conosce, così come per chi ne è totalmente digiuno – si fa così particolarmente irresistibile e accessibile. Il libro si presenta in definitiva come un supporto prezioso non tanto per consentire di godere direttamente della storia in LFS quanto per familiarizzare con quest’ultima modalità comunicativa, grazie anche alla chiara descrizione dei diversi segni che si trova in chiusura del volume.

Poule rousse (Francia)

Poule Rousse, vincitore del Prix Handi-Livres 2018 nella categoria libri adattati, è un libro in simboli molto curato a gradevole, ideale per lettori poco esperti. Protagonista è la gallina rossa dell’omonima fiaba popolare che cerca l’aiuto degli amici maiale, anatra e gatto per cucinare un buon pane. Non trovandolo, la gallinella si aggiusta altrimenti, rifiutandosi poi però di condividere con gli scansafatiche  i frutti del suo lavoro.

Malgrado si tratti di un libro in simboli e dunque di un tipo di libro diffuso anche nel nostro paese, Poule Rousse non appare del tutto assimilabile ai volumi ispirati alla Comunicazione Aumentativa e Alternativa cui siamo abituati. I simboli che comprende non fanno infatti riferimento a una galleria precostituita o convenzionale bensì sono appositamente disegnati da uno degli autori del libro. Stampati in bianco su sfondo quadrato nero, questi appaiono ben distinguibili ed estremamente chiari, con un grado di trasparenza paragonabile ai nostri PCS.  Limitatissimi nel numero (massimo 6-7 per pagina) questi simboli offrono una rappresentazione grafica degli elementi lessicali della frase dando vita a un racconto essenziale che ben si adatta alla semplicità della fiaba scelta.

Collocato sulla pagina di sinistra, il testo in simboli è accompagnato sulla destra da illustrazioni delicate che sottolineano l’azione chiave descritta. Grazie a un’aletta posta alla fine del volume, il lettore adulto è invitato a coprire tali illustrazioni durante la lettura della pagina accanto e a svelarle solo in un secondo momento così che esse non costituiscano un elemento di distrazione nel corso del racconto ma possano piuttosto divenire una successiva occasione per rafforzarlo e ampliarne la risonanza.

Boucle d’or – collana Raconte à ta façon (Francia)

La collezione Raconte à ta façon è, già nel titolo, un piccolo manifesto di lettura che condensa bene la filosofia dei silent book. Raccontare la storia alla propria maniera, a piacimento insomma, è infatti una delle caratteristiche che rendono i libri senza parole così intriganti e così accessibili poiché ciascuno può trovarvi la sua personalissima strada per dare forma al racconto. Ma la collezione di Flammarion va forse anche un poco oltre perché i silent book di cui si compone, tutti dedicati a fiabe tradizionali, asciugano a tal punto la storia di base, grazie a una rappresentazione simbolica  ed essenziale di personaggi, oggetti e ambienti, che restituiscono davvero al lettore la massima libertà narrativa.

Nel caso di Boucle d’or, per esempio, Riccioli d’oro diventa un triangolo dorato, i tre orsi tre cerchi marroni di dimensione crescente e tutti gli elementi chiave della storia – dalla foresta alla casa, dalla tavola al letto – trovano rappresentazione in forme stilizzatissime. Questo fa sì che anche una fiaba arcinota come Riccioli d’oro (o come Cappuccetto Rosso, I tre porcellini e Il gatto con gli stivali per citare alcuni altri titoli della collana) possa ritrovare una veste nuova e un’interpretazione originale capace di gettare nuovi semi e nuovi stimoli nell’immaginario del lettore. Inoltre, l’accessibilità dettata dall’assenza di parole si rafforza qui in virtù di una rappresentazione minimal e del tutto priva di fronzoli che aiuta il lettore a non perdersi: caratteristica, questa, che predisporrebbe infine il volume anche a un’agevole trasposizione tattile così come dimostrato in passato dal magistrale lavoro di Les Doigts Qui Rêvent sul Cappuccetto Rosso di Warja Lavater.

L’uovo azzurro

Ohibò, un uovo azzurro a Boscoscuro è un’autentica novità. Di chi può essere? Cosa ne uscirà? Sarà pericoloso? Questi e altri interrogativi impellenti si diffondono tra alberi e tane, dopo che LeprotTina e ZamPaolo incappano per caso nell’insolito uovo e lo portano alla conoscenza della comunità del bosco. A nulla servono i consigli della saggia TalpAnna: a Boscoscuro si crea un gran scompiglio mentre confusione e timore spianano la strada a pregiudizi e ostilità nei confronti del diverso. E così, la generosa disponibilità di Zampacorta, che si offre di covare l’insolito uovo, viene accolta dagli altri abitanti con disprezzo e ostilità, costringendo il tosto coniglietto a mettere in campo affetto incondizionato e determinazione per portare a termine il suo impegno. Ed eppure, alla fine, sarà la sua tenacia gentile ad averla vinta e a dare tutto Boscoscuro una preziosa lezione di accoglienza.

L’intenzione di lanciare un messaggio forte al lettore in favore dell’apertura e del rispetto della diversità – sia essa fisica, legata alla provenienza o di qualunque altro tipo – traspare in maniera piuttosto esplicita all’interno del testo che in certi punti risulta, per questa ragione, un po’ appesantito. Per il resto il racconto si popola di numerosi personaggi del bosco che incarnano qualità positive o negative del tutto ravvicinabili a quelle umane. L’uovo azzurro si presenta infine con caratteristiche di stampa ad alta leggibilità quali il font Easyreading, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe (ma non tra paragrafi) e la sbandieratura a destra, intendendo così rivolgersi a un pubblico che non escluda i giovani lettori con dislessia.

Guarda, c’è un porcello che vola

La storia dei tre porcellini la conosciamo più o meno tutti ma la versione che ci propone Guido Quarzo ha qualcosa di speciale. Certo, anche qui ci sono tre fratelli maialini, un lupo dal grande fiato, una casa di paglia, una di legno e una di mattoni, ma il modo in cui intorno ad essi si delinea il racconto, rende la fiaba piacevolmente sorprendente. E così finisce che in quel bosco a noi tutti noto un lupo si ritrovi all’ospedale per indigestione di sciroppo per la tosse e un porcellino sognatore voli via nella sua casa color del grano, immerso in una lettura appassionante. Modificando di poco, insomma, l’ordine degli avvenimenti, il risultato cambia eccome!

Brevissima, di facile approccio e divertente, Guarda c’è un porcello che vola costituisce una proposta di lettura ghiotta per lettori alle prime armi. La presenza di illustrazioni ampie e ad ogni pagina, unita a scelte tipografiche ispirate all’alta leggibilità – come il font leggimi mutuato da Sinnos, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra e la carta opaca caratteristica della collana Il Battello a Vapore – rendono inoltre il libro particolarmente amichevole e abbordabile anche in caso di maggiori difficoltà di lettura legate alla dislessia. Il libro è disponibile anche in formato ebook (2.99 €)

Buon compleanno!

Storysign è un’app straordinaria lanciata nel 2018 da Huawei e sviluppata in collaborazione con numerosi partner tra cui l’Unione Europea dei Sordi e la British Deaf Association. L’applicazione, scaricabile gratuitamente e disponibile sia per Android sia per iOS, consente di arricchire alcuni libri cartacei di una simultanea traduzione in Lingua dei Segni condotta da un avatar di nome Star. Avviando l’applicazione sullo smartphone e inquadrandovi la pagina di uno dei libri a catalogo, si avvia infatti un video in cui Star interpreta il testo in Lingua dei Segni.

Ciò che rende davvero nuova questa proposta è il fatto che il video si attiva solo nel momento in cui lo smartphone inquadra la pagina corrispondente. Esso inoltre non solo restituisce la traduzione in Lingua dei Segni ma ne sottolinea anche la puntuale correlazione con il testo originale grazie a un efficace sistema di evidenziazione cromatica. Quella che si innesca così tra libro cartaceo e tecnologia digitale è una necessaria e funzionale sinergia che, valorizzando e intersecando le specificità di ciascun mezzo, migliora concretamente le possibilità di lettura dei bambini con disabilità (uditiva in questo caso).

Tra i primi titoli resi disponibili in LIS dall’app Storysign c’è Buon compleanno!, ispirato a una delle storie originali di Beatrix Potter. Protagonista è il più noto dei personaggi creati dall’autrice britannica: Peter Coniglio. Indispettito dal fatto che nessuno sembra prestargli attenzione proprio nel giorno del suo compleanno, questi non ha alcuna voglia di festeggiare. Le sue sorelline – Mopsy, Flopsy e Cottontail – declinano l’invito a giocare con lui, dichiarandosi molto molto indaffarate. Il cugino Benjamin, intento a trafficare con un arnese e un pezzo di legno, salta via prima ancora che Peter possa rivolgergli la parola. E la mamma, solitamente molto disponibile, è tutta presa in cucina tra utensili e fornelli. A Peter pare proprio che quello possa essere il peggior compleanno della sua vita ma, attirato in giardino da voci e rumori imprevisti, sarà travolto da un’inattesa sorpresa che vede coinvolti tutti i suoi cari.

Il viaggio di Bobo e Campi

Nel panorama dei libri per bambini con traduzione in LIS, Stella, edito dalla Mason Perkins Deafness Fund nel 2015, è tuttora uno dei lavori più curati e apprezzabili. Per questo abbiamo a lungo sperato che un nuovo titolo con caratteristiche analoghe venisse pubblicato e siamo ora felici che questo sia accaduto.

Il 2019 ha visto, infatti, la pubblicazione de Il viaggio di Bobo e Campi, una rielaborazione della favola di Esopo Il topo di campagna e il topo di città, studiata in modo da risultare più familiare e accessibile anche da parte di bambini sordi segnanti. Al raggiungimento di questo scopo concorre in particolare il lavoro svolto dalla squadra di autori, traduttori e  linguisti della Fondazione su un duplice fronte: da un lato quello dell’introduzione all’interno della favola di piccoli dettagli che richiamino da vicino la cultura e l’esperienza della sordità (così, per esempio, gli stessi topini protagonisti sono sordi e comunicano, come esplicitato sia nel testo sia nelle immagini, proprio utilizzando i segni); dall’altro quello dell’affiancamento al testo alfabetico a stampa del testo in LIS su supporto video.

All’albo in formato tradizionale in cui la fiaba si svela attraverso le parole di Stefania Berti e le illustrazioni di Elanor Burgyan, si affianca infatti il racconto in LIS interpretato da Valeria Giura (purtroppo privo di sottotitoli o di audio che ne avrebbero consentito un più agevole uso condiviso, anche senza avere il libro sottomano) con le illustrazioni dell’albo che scorrono sullo sfondo. Tale racconto, visionabile su smartphone attraverso la scansione di un QR code posto in seconda di copertina, è caricato in particolare sulla piattaforma bilingue educativa  tellyourstories che mira a moltiplicare le possibilità di fruizione in LIS di opere letterarie da parte di bambini e ragazzi sordi.

Come già accaduto con Stella, il libro è frutto di una doppia traduzione che lo rende estremamente interessante e particolare. La fiaba di Esopo è stata infatti dapprima adattata e tradotta in LIS per poi essere ritradotta in italiano per la versione a stampa. È dunque quest’ultima a doversi in qualche modo prestare a rendere sfumature di significato ed espressioni particolari che sono caratteristiche della LIS, e non viceversa, in un ribaltamento della consuetudine che invita a un ribaltamento delle prospettive e dei rapporti tra le lingue.

Il viaggio di Bobo e Campi è acquistabile con una donazione minima di 18 alla Mason Perkins Deafness Fund.

Incubi al formaggio

Che il formaggio mangiato la sera sia causa di incubi notturni è convinzione comune. Ben più che una convinzione, tuttavia, è per Hal: per lui, infatti, la correlazione tra latticini e brutti sogni è una vera e propria ossessione! Da quella sera in cui la cena a base di formaggio francese ha scatenato nel suo sonno vampiri vestiti da cowboy, il bambino non si dà infatti pace e intende risolvere una volta per tutte il famigerato mistero degli incubi al formaggio. Partendo dal venditore locale, Hal risale l’intera filiera degli alimenti incriminati. La scoperta che fa però a questo punto è a dir poco sorprendente: all’interno della Casa del formaggio della Contessa (per-niente-malvagia) Von Udderstein le mucche non solo producono il latte, ma lo rendono deliberatamente perfetto per causare i peggiori incubi ai bambini. Stufi di vedersi rubare la materia prima in nome delle scorpacciate di mascarpone e brie, i bovini hanno deciso, infatti, di vendicarsi in segreto. La fuga di Hal dalle grinfie – o per meglio dire dagli zoccoli – della contessa Von Udderstein, contribuirà a mettere fuori gioco la fabbrica dei sogni puzzolenti (non senza causare, tuttavia, qualche remora del bambino a continuare a divorare pennette ai formaggi!).

Scritto e illustrato da Ross Collins, Incubi al formaggio mescola in maniera insolita e a tratti perturbante (il che non è sempre cosa negativa) avventura, ironia e pensiero critico sullo sfruttamento degli animali. Incisivo e interessante, in questo senso il ruolo delle illustrazioni  che affiancano e talvolta sostituiscono completamente il testo, contribuendo a rendere l’approccio al libro meno ostico. La stampa ad alta leggibilità – apprezzabile consuetudine della casa editrice Biancoenero – completa infine il quadro di una lettura (letteralmente) appetibile per un pubblico di bambini anche alle prese con difficoltà legate alla dislessia.

I gatti dell’Hermitage

Le pericolose missioni segrete dell’Agente Sharp non sono nuove ai lettori della casa editrice Biancoenero. Il gatto soriano in servizio per l’agenzia felina Gattaka ha dato prova, infatti, della sua astuzia e del suo coraggio in occasione dell’offensiva contro l’evaso Karlos Gnam e delle indagini parigine sul dottor Robotec. Ma per un agente segreto l’allerta è sempre massima e così, proprio mentre Sharp si gode la quiete di casa Martini, arriva via citofono la parola d’ordine: “C’è un pacco per Mario”. Pochi minuti per dedificare il messaggio cifrato contenuto nel pacco ed ecco che Sharp è sulla via di San Pietroburgo. Direzione: Hermitage! Qualcosa di losco sta infatti accadendo al famoso museo: vari reperti e opere d’arte sono stati spostati senza apparente motivo. Per capire cosa si nasconda sotto quegli strani movimenti, la squadra di Gattaka inizia a collaborare con i colleghi russi, dando vita a una missione internazionale che sgominerà una banda e riporterà al suo posto un quadro di inestimabile valore.

Ispirato dagli insoliti guardiani felini, che da anni proteggono dai topi il museo simbolo di San Pietroburgo, Agente Sharp. I gatti dell’Hermitage propone una nuova avventura ad alta leggibilità. Stampato con tutte le caratteristiche più utili a rendere il testo amichevole anche a lettori con dislessia, il racconto di Alessandro Cini appare gustoso e non troppo impegnativo, ideale in particolare per piccoli amanti di indagini e misteri.

Processo al lupo

Assoldato in qualità di cattivo dalla maggior parte delle fiabe, il lupo non scampa infine a un solenne processo per le sue malefatte. Questo, perlomeno, è ciò che accade nel racconto immaginato da Stéphane Henrich. Di fronte a una corte di tutto rispetto presieduta da un giudice suino con tanto di pelliccia di ermellino, il malcapitato risponde alla grave accusa di aver ucciso un agnello. E di averlo divorato crudo, per giunta. Nell’aula gremita di erbivori che ogni tre per due vengono richiamati all’ordine per le esclamazioni di sconcerto che si lasciano sfuggire, si susseguono testimonianze più o meno attendibili (“Io ho visto tutto, signor Giudice!”, dichiara non creduto Leo talpa, tra il sostegno del signor Cinghiale e le accuse dei tre porcellini), perizie di investigatori e psichiatri e arringhe finali pro o contro la condanna. La sentenza è tutt’altro che scontata e in questo restituisce al lettore tutta la complessità etica sottesa a un giudizio. Lo fa però all’interno di una cornice – quella appunto del tribunale degli animali – che mescola citazioni fiabesche e ammicchi al reale che, dalla prima allultima pagina, sorprendendo e divertono il lettore.

Proposta insolita per il catalogo di Biancoenero, Processo al lupo è incluso non a caso tra i Fuori collana. Albo illustrato che fonde efficacemente testo (ad alta leggibilità) e immagini, il libro di Stéphane Henrich ricorda per certi versi anche un fumetto poiché procede quasi esclusivamente per dialoghi (solo privi di nuvoletta) che si affiancano a specifiche illustrazioni. Queste ultime, dal tratto ironicamente nervoso e capace di rendere con poche linee dettagli e sentimenti di cui volutamente il testo tace, risultano davvero efficaci nel restituire le espressioni dei personaggi e nel proporre inquadrature insolite che danno al lettore la sensazione di trovarsi nel bel mezzo dell’aula di tribunale. L’effetto è senz’altro spiazzante come spiazzante, peraltro, è il racconto di Henrich che schiude più domande che risposte ed invita, con un sorriso un po’ dolce e un po’ amaro, a interrogarsi sul senso della giustizia e sul filo sottilissimo lungo il quale si confrontano il giusto e lo sbagliato.

La conferenza degli animali

In giorni come questi in cui la parola memoria riecheggia con frequenza, risvegliando la necessità di ricordare l’orrore che è avvenuto e che, anche in forme diverse, può continuare a ripetersi, un libro come La conferenza degli animali non passa inosservato. Scritto nel 1949 da Erich Kästner, oppositore del regime nazista e fervente pacifista, il libro nasce su sollecitazione di Jella Lepman, visionaria fondatrice di Ibby, con l’intento di denunciare le grandi sofferenze imposte ai bambini dalle guerre e dai deliri di potere dei grandi. Nutrito dunque di un pensiero strenuamente antibellico oltre che profondamente convinto del potere della buona parola scritta, il libro di Erich Kästner lancia forte e chiaro ai suoi lettori un messaggio di pace, che a tutt’oggi risuona attuale e necessario.

Protagonisti del racconto sono alcuni animali che, stufi di vedere i capi di stato riunirsi in inutili conferenze prive di concreti accordi ed effetti, decidono di organizzarne una loro per rimettere al centro dell’attenzione il bene dei bambini. Così, grazie a un tam tam di grande efficienza, le delegazioni bestiali di tutto il mondo si ritrovano al Grattacielo degli animali per il loro primo incontro ufficiale, proprio in concomitanza con l’ottantasettesima conferenza dei capi di stato umani. Tra i due consessi si innesca a suon di telegrammi un braccio di ferro durissimo: gli animali chiedono infatti di trovare un accordo che garantisca ai bambini un futuro di pace mentre i governanti non si smuovono di un centimetro dalla pretesa di badare ognuno solo ai propri affari. Con grande ingegno, allora, gli animali passano dalle parole ai fatti costringendo gli umani ad accettare le loro condizioni grazie a un’escalation di azioni dimostrative che vedono documenti distrutti dai topi, divise polverizzate dalle tarme e bambini messi in salvo dall’intera combriccola di bestiole. Sarà una dura lotta, la loro, ma l’accordo che ne uscirà è un manifesto di straordinaria lucidità che non solo regala un lieto fine ai protagonisti ma che andrebbe anche appeso e appreso in ogni scuola, comune e palazzo di governo.

È dunque una splendida notizia che l’editore Piemme, che detiene i diritti dell’opera, abbia deciso di pubblicarla nella collana Il Battello a Vapore con caratteristiche di alta leggibilità. Il testo, certo datato per alcuni riferimenti ai costumi e alla cultura dell’epoca, rimane godibilissimo per il suo messaggio di fondo, per le invenzioni narrative che l’autore sfodera e per la sua grande capacità di trasformare le qualità di ogni animale in ghiotti spunti per episodi e digressioni di intermezzo. L’accessibilità del testo anche in caso di dislessia – data dall’uso del font leggimi mutuato da Sinnos, dalla spaziatura maggiore, dalla sbandieratura a destra e dalla carta color crema – viene ulteriormente supportata dalle frequenti e deliziose immagini di Walter Trier che, pur proposte in bianco e nero come consuetudine della collana in questione, mantengono intatte una certa freschezza.

La conferenza degli animali – audiolibro Locomoctavia

Quanta attualità scalpita tra le righe di quel capolavoro di Erich Kästner che è La conferenza degli animali. Scritto ormai più di settant’anni fa, quando le ferite della guerra erano frequenti come oggi ma certo più fresche e vicine ai bambini europei, il racconto che vede gli animali di tutto il mondo attivi in prima linea nel tentativo di far ragionare i capi di stato in nome del bene dei più piccoli, potrebbe tranquillamente svolgersi in questo preciso momento storico. Il suo fortissimo ed esplicito messaggio di pace, non a caso fortemente voluto e sollecitato dalla straordinaria Jella Lepman, non è affatto tramontato ma anzi, supportato da un delizioso gusto narrativo che trova una chiave di continua sorpresa nell’enumerazione e nell’interpretazione antropica delle caratteristiche dei diversi animali, parla ancora in maniera molto schietta la lingua dei bambini.

Per questo, la scelta di Locomoctavia di inserire La conferenza degli animali tra i suoi titoli in formato audiolibro (come sempre sia su cd sia scaricabile direttamente dal sito, a seconda delle preferenze) è non solo felice ma anche preziosa. Con la cura che la contraddistingue, la casa editrice triestina rende infatti nuova vita e nuova linfa al racconto di Kästner, compensando l’assenza delle storiche (e bellissime!) illustrazioni di Walter Trier con una sinfonia sonora che risulta molto coinvolgente alle orecchie dell’ascoltatore. Rispetto ai titoli precedenti, La conferenza degli animali si distingue infatti per la partecipazione di un numero maggiore di attori, utile a restituire con vivacità e sfumature il ricchissimo ventaglio di personaggi, umani e animali, che popola il racconto di Kästner. Anche questo titolo, dal canto suo, è sostenuto, accompagnato e interpretato musicalmente: in questo caso è il sapiente gioco di percussioni di Dody B a calarci in un mondo che si rivela surreale almeno quanto la politica dei grandi che l’autore denuncia.

 

La conferenza degli animali, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, è fruibile anche tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

Il libro delle ore felici di Jacominus Gainsborough

30cmx35cm: tanto misura l’albo firmato da Rebecca Dautremer e dedicato alle ore più felici di Jacominus Gainsborough. È una dimensione inconsueta, importante, perfetta per invitare a prendere posto, sistemarsi comodi e prepararsi a un piacere di lettura che richiede tempo, pazienza e dedizione. Perché così è la meraviglia: non tollera passaggi frettolosi e occhiate distratte. Tra le pagine di Rebecca Dautremer sguardo e pensiero sono portati a rallentare per consentire alla cura con cui ogni immagine è preparata e perfezionata di sedimentare e fiorire nel lettore.

E così, con occhi spalancati e curiosità accesa, ci ritroviamo immersi in un mondo straordinario, popolato da molteplici creature animali realisticamente rappresentate se non per il fatto che vestono e si atteggiano esattamente come degli umani. Umani d’altri tempi, ad essere precisi, di tutto punto abbigliati con panciotti, gilet e foulard fantasia. In questo bizzarro contesto facciamo la conoscenza di Jacominus: un coniglio taciturno e con la testa fra le nuvole. Forse proprio a causa di questa sua sbadataggine, Jacominus fa un giorno un capitombolo dalle scale e che gli lascia per sempre in eredità una gamba stramba e la necessità di appoggiarsi a una stampella. Un po’ per questo suo impedimento fisico, un po’ per la rigida educazione imposta dalla madre, Jacominus dedica gran parte del suo tempo alla filosofia e alle lettere: abilità, quest’ultima, che lo porta presto ad imbarcarsi e compiere grandi viaggi, reali e immaginari. La sua è una vita piena, fatta di incontri e riflessioni, grandi avvenimenti e quotidianità, momenti di scoramento e piccole o grandi gioie: un mosaico al contempo ordinario e straordinario che gli fa infine dire “Ti ho amata vita mia. Mi hai dato un piccolo capitombolo, una zampa stramba e del filo da torcere, ma ti ho amata. E lo sai, vecchia mia? Valevi davvero la pena di essere vissuta!”.

È un libro trasversale come pochi, Il libro delle ore felici di Jacominus Gainsborough: un libro in cui livelli diversissimi di fruizione, interpretazione e inferenza sono resi possibili con tuttavia pari dosi di stupore e coinvolgimento. È un libro, questo, in cui ampio spazio viene riservato alla dimensione filosofica e contemplativa, che in maniera piuttosto insolita guadagna intere pagine bianche. Per contro, gli avvenimenti più o meno grandi che costellano la vita del protagonista vengono riassunti in ampie tavole a doppia pagina, corredate da minimo testo o in collage di riquadri con piccole didascalie che tanto margine lasciano all’immaginazione del lettore.

Le ampie e ricchissime illustrazioni piene zeppe di citazioni e riferimenti alla storia e alla letteratura, l’ampio ventaglio di personaggi precisamente identificati nei risguardi e in seguito solo citati, i frequenti richiami del testo a dettagli che si trovano in pagine precedenti concorrono nel complesso a rendere dinamica e mai passiva la lettura del libro, ad accompagnare il lettore avanti e indietro, dentro e fuori il mondo meraviglioso di Jacominus e delle sue riflessioni sulla vita. L’effetto è del tutto fuori dal comune, straniante per certi versi: il lettore si trova infatti costantemente sollecitato da cambi di rimi narrativi e spunti di riflessione importanti, non ultimo quello sulla disabilità di Jacominus che condiziona senza dubbio la sua vita senza per questo impedirne la realizzazione. Sostenuto dalla sua inseparabile stampella, Jacominus viaggia, ama, combatte, stringe amicizie, soffre, gioisce, si sposa, diventa padre, sogna a occhi aperti e chiusi: mette insieme, cioè, i tasselli di una bella vita normale, che tanto dicono del potere della letteratura di farci riconoscere nella diversità.

Gli acchiappacattivi

Un gatto dall’inventiva fuori dal comune e un topo specialista dei lavori a maglia: già così ce ne se sarebbe a sufficienza per tuffarsi senza esitazioni tra le pagine a colori di Rasmus Bregnhoi. Ma non è tutto, perché a confermare il lato originale e stuzzicante de Gli acchiappacattivi, concorrono anche un racconto gustoso, delle illustrazioni che brulicano di dettagli sfiziosi e un’impaginazione amichevole che rende molto ben bilanciato il rapporto tra testo e immagini.

Ma andiamo con ordine. Gli acchiappacattivi sono Mus e Mis, rispettivamente un topo e un gatto. Le loro strade si incontrano in un vicoletto, quando Mus sta per finire tra le grinfie del perfido gatto Kat e Mis lo salva mettendo in azione la sua scacciacani: invenzione evidentemente funzionale anche per scacciare i gatti. Tra i due nasce un’amicizia sincera, alimentata dal desiderio di costruire un rifugio comune che possa ospitare nuove mirabolanti invenzioni. E così, a bordo di un ingegnoso sidecar, Mus e Mis iniziano la loro avventura insieme che li porterà a realizzare una casa strabiliante in  cui costruire la mirabolante macchina Acchiappacattivi. Inutile dire che a testarla sarà, suo malgrado, proprio il perfido Kat, sancendo definitivamente il soldalizio tra gatto e topo in nome dei bulloni e dei cappelli fatti a maglia.

Ironico e accattivante (mai aggettivo fu più azzeccato!), Gli acchiappacattivi celebra il valore dell’amicizia in tutte le sue forme, soprattutto quelle più inattese e strampalate. Contraddistinto da un formato snello, da illustrazioni frequenti e da caratteristiche tipografiche di alta leggibilità, il lavoro di Rasmus Bregnhoi si presta benissimo a una lettura senza fretta, in cui gustarsi particolari divertenti disseminati qua e là, lasciarsi ispirare dalle invenzioni al centro del racconto (e dal bellissimo rifugio che Mus e Mis si costruiscono) e sentirsi supportati da una narrazione che fa dell’incontro tra parole (sia in maiuscolo che in minuscolo) e figure un’ancora preziosa anche per bambini che sperimentano maggiori difficoltà nella decodifica del testo scritto.

I tre porcellini (I libri per tutti)

Quella de I tre porcellini è fiaba nota e ampiamente proposta dall’editoria per l’infanzia. All’interno di questo variegato calderone, la versione targata DeAgostini ha l’apprezzabile qualità di sostenere la narrazione con un bello sprint, grazie soprattutto alle illustrazioni di Mariachiara Di Giorgio. Lo stile buffo e delicato dell’illustratrice, non privo di succulenti dettagli moderni, rende infatti la lettura particolarmente piacevole.

Lo stesso libro è ora reso disponibile dall’editore in una versione in simboli che fa parte del progetto I libri per tutti, promosso da Paideia. Le illustrazioni originali si affiancano qui a un testo in simboli WLS, in cui componente alfabetica (in maiuscolo) e componente pittografica convivono all’interno del riquadro. La scelta compositiva dei curatori va inoltre nella direzione di non simbolizzare individualmente tutti gli elementi della frase, così da privilegiare la fluidità di lettura più che la minuzia del racconto in CAA.

Il risultato è un libro gradevole, anche nella grafica, e disponibile sia in versione cartacea sia in versione digitale: vero cuore, quest’ultima, del progetto I libri per tutti. Fruito su tablet o smartphone, I tre porcellini prevede la possibilità di personalizzare la modalità di lettura beneficiando o meno, a seconda delle esigenze, della modalità basata sul modeling e di rafforzare la familiarità con i simboli grazie a illustrazioni smart e a una serie di attività ludico-didattiche. Nell’ultima sezione dell’ebook si propone infatti al bambino di cimentarsi con un’attività basata sul gioco del memory; di trovare il simbolo corrispondente, tra quelli proposti, a un certo soggetto illustrato; di ricomporre una frase con alcuni simboli e di colorare un’illustrazione passando il dito sullo schermo.

Libro e book-app appaiono in generale molto accattivanti e fruibili. L’unica perplessità, di fronte alla relativa scarsità di risorse in simboli attualmente disponibili sul mercato, resta quella legata alla scelta dell’editore di simbolizzare una fiaba di cui esistono già due versioni accessibili a bambini con difficoltà comunicative, rispettivamente edite da Uovonero e Homeless Book.  Nello stesso formato e con le stesse caratteristiche l’editore ha messo tuttavia a disposizione del progetto anche altre due fiabe, ossia Il gatto con gli stivali e La bella addormentata.

 

I libri per tutti

I tre porcellini rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

La mia casa è uno zoo

Che La mia casa è uno zoo sia un libro insolito lo si intuisce dalla copertina: non solo per via del fatto che vi spiccano un leone con occhiali a stella e una banda musicale a penne e zampe, ma anche perché i crediti vengono riportati al contrario rispetto alla consuetudine. Pieter Gaudesaboos, illustratore, figura come autore principale, mentre si specifica che il testo è di Sylvia Vanden Heede. Il perché di questa scelta diviene chiaro una volta aperto il volume: il racconto che segue la giornata di Carlotta, una bambina frizzante che vive proprio al centro dello zoo, passa in qualche modo in secondo piano rispetto alle figure caleidoscopiche dell’artista olandese, autentico catalizzatore di attenzione sulla pagina.

Ogni illustrazione vede interagire, così come in effetti confermato e dettagliato dal racconto a parole, la piccola Carlotta e alcuni abitanti dello zoo, all’interno di istantanee strabordanti di dettagli narrativi stuzzicanti tra i quali letteralmente perdersi. L’invito ad aggirarsi con occhio stupito e spalancato tra particolari curiosi e suggestivi, viene poi rafforzato dalle domande intriganti – 3 per ogni pagina – che trasformano la lettura in un vero e proprio gioco. Così il racconto dell’originale giornata di Carlotta tra colazioni insieme alla giraffa, pittura nell’atelier dei pinguini, gelati di messer Orso e letture serali con la più variegata compagnia – diventa lo spunto per un cerca-trova raffinatissimo che prende spesso le mosse da indovinelli misteriosi.

Il libro non si limita infatti a sfidare a trovare un certo oggetto o personaggio, ma lascia al lettore il gusto di intuire che cosa vada cercato. Quesiti come Chi è il più vanitoso?, per esempio, o Qualcuno ha paura che possa piovere oggi… invitano, infatti, ad affinare l’ingegno, facendo ipotesi tutte da verificare al confronto con la pagina illustrata.

Il risultato è un libro in cui immergersi a lungo, nel quale la lettura è sostenuta non solo da una stampa del racconto ad alta leggibilità ma anche da una dinamica ludica sfiziosa e capace di valorizzare al meglio la ricchezza narrativa sottesa alle tavole.

Giorgia e Giorgio. Giro girotondo

C’è una scuola con un bel cortile, dove spicca un ulivo secolare che è teatro di bellissimi girotondi. È la scuola di Giorgia, la scimmietta creata da Cristina Obber e Silvia Vinciguerra (già protagonista insieme al fratello Giorgio dell’albo W i nonni). Nella scuola di Giorgia ci sono tanti alunni – dalle tigri ai camaleonti, dai topini alle tartarughe – e ciascuno è fatto a modo suo. Giorgia ce li presenta uno ad uno, mettendone in risalto le peculiarità. Quel che ne vien fuori è una carrellata sorridente di tipi animali che rimandano ad altrettanti tipi umani, ben riconoscibili. I tratti distintivi di ogni creatura – come avere manti sgargianti, essere piccoli di statura, l’andar lenti o veloci, per esempio – diventano chiavi per evocare ventagli di diversità che quotidianamente popolano le classi e le comunità. Qui trovano dunque posto, ritratte in maniera sottilissima, anche forme di disabilità, motoria, visiva e intellettiva per esempio, o disturbi specifici dell’apprendimento, e lo fanno in un diffuso clima di positiva accoglienza, come dimostrano le espressioni eloquenti dei personaggi.

Efficaci in questo senso, sono sia i testi essenziali sia le illustrazioni rassicuranti del libro, che ben si prestano a parlare in maniera diretta anche a bambini molto piccoli (già dai 3 anni, per esempio) e a fungere da spunto per un lavoro di classe sulle differenze e somiglianza che ci uniscono. Nella sua semplicità, di tratto e di contenuto, risulta particolarmente significativa la penultima tavola del libro, in cui i protagonisti si raccolgono in un girotondo lento che rispetta i tempi di tutti.  Qui l’illustratrice ha disseminato tanti dettagli che silenziosamente offrono spunti concreti di cosa significhino l’empatia e il valore delle diversità. Così, un fiore donato, uno scambio di dolciumi, una coda lunga che diventa corda per saltare, il tenersi chi per le zampe, chi per le ali, chi per la coda o una somiglianza inattesa tra una coda e una lingua arrotolate diventano segni tangibili di un modo di stare con gli altri che è davvero alla portata di tutti e che vale la pena coltivare.

Tortartè. Ma la torta di che artista è?

Avevamo conosciuto la signora Scodinzoli tra le pagine di Tortintavola (e poi di Tortinfuga). Vittima di un famigerato furto di torte, la signora deve essere rimasta profondamente colpita dal fattaccio: di furti e inseguimenti si popolano, infatti, in questo nuovo albo firmato dal geniale Thé Tjong-Khing, persino i suoi sogni. Assopitasi in poltrona dopo aver consultato un discreto numero di libri d’arte, la signora Scodinzoli inizia a ronfare catapultando il lettore in un’animata scena museale tra quadri che vengono sistemati e quadri che vengono invece trafugati. E via, neanche il tempo di fermarsi a pensare che subito scatta un rocambolesco inseguimento.

Alle calcagna di quello che scopriremo essere un cane mariuolo, si lancia un folto e variegato gruppo di personaggi, tutti ben noti ai fan dell’artista indonesiano: cani, gatti, maiali, pecore ma anche conigli, rane e tassi, tutti egualmente infuriati. La fuga è precipitosa, il tallonamento senza posa e come sempre accade negli albi di Thé Tjong-Khing nella cornice di un unico grande avvenimento – la caccia al ladro per l’appunto – si dipana una moltitudine di avvenimenti più piccoli tutti da gustare: una mamma coniglio assai vendicativa, un figlioletto alle prese con piante pungenti, una pecora che non perde attimo per ricamare e un’infermiera senza un attimo di tregua, per esempio, contribuiscono a rendere la corsa ancora più saporita e dinamica. Fino all’agognata cattura che segna la fine del sogno e riporta la signora Scodinzoli a un inatteso e partecipatissimo vernissage casalingo.

Ciò che rende Tortarté del tutto nuovo rispetto agli albi precedenti, nonostante i personaggi in comune e la simile struttura narrativa, è il fatto che l’inseguimento procede in un paesaggio che ad ogni pagina si rinnova, ispirandosi a una gran varietà di quadri moderni: da Picasso a Braque, da Hokusai a Mondrian le  citazioni più o meno famose di opere d’arte sono più di cinquanta e rendono la lettura una vera e propria caccia al tesoro. Felice  e originale interpretazione della teoria di Květa Pacovská secondo cui “L’albo illustrato è la prima galleria d’arte che il bambino visita”, Tortartè offre così non solo una ghiotta occasione di lettura accessibile per molti bambini che si scontrano con il testo scritto pur senza avere difficoltà cognitiva, ma anche un pretesto preziosissimo per avvicinare i bambini (ma anche i ragazzi!) all’arte e per farlo in un modo assolutamente convincente.

Bill il cattivo (ora buonissimo)

Tra le pagine dei libri per bambini di cattivi ce ne sono tanti, ma solo alcuni di loro sono dei cattivi davvero cattivi, per non dire cattivissimi. Ecco, Bill è proprio uno di quelli. Temuto da grandi e piccini, Bill è un tipo che ruba la merce al fruttivendolo, fa scherzi da far accapponare la pelle e si diverte a terrorizzare i bambini requisendo a piacere i loro palloni o annodando le loro corde per saltare. Insomma, da uno come Bill è meglio tenersi alla larga, lo sanno tutti. Eppure, quando un giorno un pallone finisce per sbaglio sul suo balcone, i bambini del quartiere si fanno coraggio e vanno a recuperarlo, scoprendo così un inatteso segreto sulla vita del prepotente concittadino e trovando un modo ingegnoso per fargli assaporare il potere della gentilezza.

Nel dare vita a personaggi dalle sembianze animali che agiscono però in tutto e per tutto come gli umani, Ole Könnecke racconta una storia semplice e schietta di prepotenze che non si dimenticano e di attenzioni che invece fioriscono. Le sue figure dalle linee sottili, dalle espressioni ben riconoscibili e dai dettagli mai superflui portano sulla pagina un’atmosfera sorridente che il testo garbato e ironico conferma ed esalta a ogni passo. Bill il cattivo (ora buonissimo) solletica così il lettore con una grazia inconfondibile, che è peraltro cifra innegabile dell’autore tedesco.

A rendere ancor più ghiotta questa novità firmata Beisler, c’è poi il suo inserimento all’interno della collana leggo già (di cui già fanno parte, per esempio le irresistibili avventure di Lester e bob) che presenta caratteristiche di alta leggibilità quali font Testme maiuscolo (particolarmente adatto alla prime letture autonome), spaziatura maggiore, sbandieratura a destra e carta opaca. Decisamente apprezzabile, inoltre, soprattutto nell’ottica di sostenere bambini poco esperti o con maggiori difficoltà di lettura, la scelta dell’editore di distribuire gli a capo mantenendo sempre sulla stessa riga le unità minime di senso.

Il re senza reame

Il re senza reame è il sovrano del Paese all’Incontrario e, come tale, non possiede niente di niente: non un trono, non un castello, non una prospettiva per sé e per il suo regno. Niente di niente, appunto. Un giorno incontra un gatto che, come lui, non ha nemmeno un nome e insieme si siedono a non aspettare nulla. Passano un cavaliere e una signora di ritorno dal mercato, e ai due il gatto ruba rispettivamente un paio di stivali, una moneta e un pesce, ma il re – non essendo il gatto di sua proprietà – non si fa carico delle sue ruberie. Poi però arriva un cane che del gatto vuol fare un bel paté: è allora che il re salva l’amico a quattro zampe da una brutta fine, scoprendo e mostrando come si possa dire di appartenere davvero a qualcuno quando si è uniti da una profonda e sincera conoscenza. Forti di questo nuovo legame, il re e il gatto si avviano insieme verso un luogo in cui essere qualcuno che non ha niente di niente assume un significato tutto nuovo.  E in cui basta la presenza di un amico a trasformare un nonnulla in una cosa più che preziosa.

Quella de Il re senza reame è una storia senza tempo, in cui riecheggiano fiabe note e in cui si intrecciano passato e presente. A rendere possibile questa magia è il dialogo profondo tra le parole di Alex Cousseau e le illustrazioni di Charles Dutrertre: coppia d’oro dell’editoria francese che ci aveva deliziati, sempre per i tipi di Sinnos, con la serie di piccole avventure quotidiane di Lucilla Scintilla. Ne Il re senza reame lo stile è diverso, decisamente più votato al fantastico, ma parimenti capace di incantare chi legge. La parole sono misurate e sonanti, proprio come ci si aspetta da una fiaba degna di questo nome, mentre le illustrazioni hanno un che di surreale, mescolando con garbo e ipnotico fascino tocchi orientali, vezzi decorativi, e dettagli moderni. Il risultato è un tripudio di figure – tutte giocate sulla combinazione di giallo, rosso, verde e blu, su sfondo bianco – che conducono lontano l’immaginazione del lettore, moltiplicando le possibilità di scoperta e invenzione. Il tutto senza rinunciare a una certa fruibilità della lettura, resa possibile non solo da un testo contraddistinto dal ritmo piano ed essenziale proprio dei racconti tradizionali, ma anche dalle caratteristiche di stampa ad alta leggibilità, ben consolidate in casa Sinnos, di cui l’albo fa vanto.

Il mago di Oz

Il lavoro che negli ultimi anni Erickson ha portato avanti sul fronte dell’adattamento dei classici della letteratura per l’infanzia a uso di lettori con difficoltà comunicative è importante e prezioso. Lo è soprattutto perché condotto con grande rispetto a attenzione nei confronti dei testi originali e con il coinvolgimento di molteplici figure le cui diverse professionalità sono garanzia di un prodotto finale che unisce con efficacia accessibilità e qualità estetica. Lo avevano mostrato già i primi due titoli della collana I classici con la CAAPinocchio e Il piccolo principe – e tornano ora a confermarlo i titoli più recenti come Il mago si Oz.

Felicemente illustrato da Giulia Orecchia, il libro restituisce al lettore tutta la vivacità dell’immaginario di Lyman Frank Baum con tavole in cui i colori si fanno protagonisti e i personaggi  toccano nel vivo la fantasia del lettore. Le incisive illustrazioni dell’artista milanese sono frequentissime (una ogni doppia pagina), il che concorre a rendere il libro una vera delizia per gli occhi e a fare dell’immagini un elemento chiave per l’aggancio, la comprensione e la rappresentazione della storia nella mente del lettore.

Per quanto semplificato e adattato, infatti, il racconto non è affatto banale sia per la ricchezza di eventi e personaggi coinvolti, sia per la lunghezza e il corpo del testo. Dal punto di vista narrativo vengono mantenuti infatti tutti gli episodi principali del romanzo – dall’incontro con il Boscaiolo di stagno, lo Spaventapasseri e il Leone all’arrivo nel regno di Oz, dall’incontro con la strega dell’Ovest all’avventura con le Scimmie Volanti, dalle ricompense del grande Oz al ritorno a casa – mentre da quello sintattico non mancano frasi di una certa lunghezza o composte da subordinate ed elementi lessicali poco comuni. Il libro si pone dunque come proposta di lettura adatta a un pubblico con difficoltà non troppo marcate e/o con una certa dimestichezza già accumulata con la lettura in simboli.

Scelti all’interno della collezione di WLS (Widgit Literacy Symbols), questi coinvolgono tutte le parti del testo (non solo quelle lessicali, quindi) e comprendono sia l’elemento alfabetico sia l’elemento grafico all’interno del riquadro. La loro distribuzione sulla pagina, come da modello inbook, segue la punteggiatura della frase così da rendere più agevole la lettura. Allo stesso scopo va sottolineata l’iniziativa dell’editore di corredare il volume cartaceo di una registrazione audio del testo, scaricabile gratuitamente grazie a un codice inserito in prima pagina: un accorgimento tutt’altro che irrilevante nell’ottica di rendere la fruizione del racconto il più possibile ampia e adatta a esigenze differenti.

Il tesoro del labirinto incantato

Cinque amici e un tesoro da trovare: nel parco dove regolarmente si trovano a giocare il pettirosso Red, la tartaruga Gaia, la talpa Pino, il riccio Valentino e la gatta Lola, compare infatti un giorno labirinto misterioso. Come esplorarlo per esser certi di arrivare al tesoro che cela? La saggia Gaia suggerisce di muoversi tutti insieme così da unire forze e talenti e l’idea si rivela vincente. Il fine ingegno della tartaruga, l’olfatto sopraffino della talpa, la vista acuta del riccio e quella ampia del pettirosso, uniti alla memoria  ben allenata della gatta portano il gruppo dritto alla meta e alla scoperta di un tesoro che più sorprendente non potrebbe essere, non solo per i protagonisti ma anche per Tommy e Viola che la storia del labirinto la ascoltano dalla zia Susanna in una sorta di storia-cornice che racchiude quella principale. Tommy ha infatti una gamba rotta e questo gli impedisce di andare a divertirsi al parco ma l’ascolto della storia del labirinto lo porta a entusiasmarsi all’idea di un parco in cui tutti possano giocare insieme, proprio come Red, Gaia, Pino, Valentino e Lola. Sicché a sua volta si impegna per progettarne uno e fare in modo che possa diventare reale!

Perché di parchi così, in cui il gioco possa essere effettivamente condiviso al di là di eventuali limiti sperimentati da qualcuno o più semplicemente di esigenze ludiche differenti, non ce ne sono molti nel nostro paese. Ed è un peccato. Quello al gioco è infatti un diritto sacrosanto  e l’ambito della progettazione dei parchi è uno di quelli in cui un approccio inclusivo, che tenga cioè conto delle esigenze di tutti, compreso chi vede male o non vede affatto, chi non può correre o arrampicarsi e chi può farlo ma con cautela, non può che risultare arricchente per tutti. Proprio da questa idea nasce il progetto che ha dato vita a Il tesoro del labirinto incantato, frutto del lavoro coordinato di moltissime realtà sensibili al tema del diritto al gioco e costruito con l’esplicito intento di portarvi l’attenzione dei lettori. Il libro, dal canto suo, propone una storia semplice in cui la diversità è chiaramente incarnata da personaggi zoomorfi dalle caratteristiche ben marcate, tanto nella mancanza (la cecità di Pino o la difficoltà a muoversi di Gaia, per esempio) quanto nella ricchezza di risorse complementari: una storia che, nella sua piana e facile rappresentazione, mira  a rendere concretamente apprezzabile anche da lettori inesperti l’idea che la diversità, nel gioco come nella vita, possa e debba essere un’opportunità.

Ma l’impegno delle realtà che hanno dato vita al libro e al parco inclusivo a cui esso si ispira (parco che proprio grazie a parte dei proventi del libro potrà prendere vita), non si è limitato al confezionamento di una storia dal messaggio chiaro e incisivo ma si è apprezzabilmente allargato alla sua resa il più possibile accessibile. Il tesoro del labirinto incantato presenta infatti sulla stessa pagina il testo in quattro versioni differenti – una più articolata, in nero, minuscolo e con font ad alta leggibilità Easyreading, una più piana ed elementare, in nero, maiuscolo a grande carattere, una in Braille e una simboli WLS – un’attenzione allargata a diverse esigenze di lettura che davvero raramente si è trovata all’interno di un volume. Grazie a un QRcode inserito nella seconda pagina, inoltre, è possibile ascoltare il testo in formato audio. Le illustrazioni, infine, si presentano ben contrastate e propongono rappresentazioni a tutta pagina prive di eccessivi dettagli, così da risultare a loro volta massimamente fruibili.  Interessante e degno di nota, a proposito di questo lavoro a 360° sull’accessibilità, il fatto che il libro sia nato dalla cooperazione di realtà editoriali contraddistinte da competenze diverse come Camelozampa, Puntidivista o la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. Perché anche quando si parla di lettura accessibile l’insegnamento  di Red, Gaia, Pino, Valentino e Lola è chiaro: fare rete e mettere insieme abilità, conoscenze e talenti diversi non può che portare a un vero tesoro!

Orsetta Mirtilla

Se c’è una cosa che non manca a Mirtilla quella è la curiosità. Così, durante una noiosa giornata invernale, basta l’idea che un paio di occhiali della fantasia possa nascondersi in casa per spingere l’orsetta a perlustrare ogni stanza fino a perdersi tra le forme dei monti che spuntano dalla finestra e inventare, tra di essi, avventure straordinarie. Questo accade nella prima storia che compone il volume ad alta leggibilità Orsetta Mirtilla (intitolato Gli occhiali della fantasia), seguita a ruota dalla seconda (intitolata In tanti è meglio!) in cui l’intraprendenza e l’apertura al nuovo che contraddistingue l’orsetta si manifesta nel viaggio alla ricerca di amici che questa compie, sfidando paure e intemperie. Sarà una ricerca pienamente ripagata, la sua, grazie a un felice incontro capace non solo di sfatare credenze e pregiudizi a anche di costruire nuove relazioni al profumo di the e torte di mele.

Scritta in maniera lineare e pulita da Isabella Paglia, con una certa felice attenzione anche alla cura sonora del racconto, Orsetta mirtilla si fa apprezzare anche per le illustrazioni deliziose firmate da Laura Deo.

 

LA COLLANA TANDEM

Orsetta Mirtilla fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Agatino

Placido e mansueto, Agatino è un dinosauro rosa che vive con insofferenza il suo aspetto ingombrante e poco rassicurante. Ovunque vada, infatti, la gente scappa e grida benché il suo intento sia solo quello di farsi degli amici. Anche il gatto Bepi Miao cerca di mettersi in salvo su un aliante quando vede Agatino al volante di un’auto, intento a prendere la patente. Solo che di quell’aliante, Bepi Miao perde il controllo finendo in cima a un abete da cui non riesce a scendere. Per riportarlo a terra serve proprio l’aiuto di qualcuno grande e grosso. Facile immaginare di chi possa trattarsi e il positivo effetto che il salvataggio può avere sulla sua fama di creatura spaventosa!

Proposto dall’editore Il Ciliegio in una versione standard e in una versione in simboli, tradotta secondo il modello Inbook, Agatino è un albo che unisce un racconto in cui gli eventi più incredibili – come un dinosauro che si mette al volante di un’auto o un gatto che pilota un aliante – sono snocciolati uno via l’altro con grande naturalezza, uno stile narrativo che preferisce accennare a descrivere nel dettaglio e delle illustrazioni dense e piene oltre che contraddistinte da un singolare stile vintage.

Il risultato è una libro interessante anche se non immediatissimo da incasellare e consigliare a un pubblico preciso poiché alla semplicità di taluni elementi (come lo sviluppo lineare, il coinvolgimento di pochi personaggi e la sequenza di un numero contenuto di eventi circoscritti) che lo renderebbero adatto a bambini più piccoli o con difficoltà maggiori, si affianca la complessità di altri (come la comparsa di un personaggio come Teresa, amica di Agatino di cui nulla si sa, la presenza di alcuni sottintesi, la costruzione di alcune frasi in maniera suggestiva ma a tratti sfuggente).

Che sport, lo sport

Che Ole Könnecke sapesse essere irresistibile lo avevamo era già cosa certa, soprattutto dopo la pubblicazione de Le avventure di Lester e Bob (Beisler, 2015). Ora l’autore tedesco torna a far sorridere i suoi lettori con un volume sempre edito da Beisler e interamente dedicato al mondo dello sport. Che sport, lo sport è infatti un inno alla gioia di cimentarsi, mettersi alla prova, divertirsi e superarsi in una disciplina sportiva. Di qualunque tipo essa sia. Sì, perché la forza di questo volume con immagini e testi dalla travolgente carica ironica, sta proprio nel celebrare con lo stesso entusiasmo le discipline più note come il calcio o il basket e quelle più sconosciute come l’arrampicata sportiva o il lancio del tronco. Quel che conta è che ciascuna richiede abilità specifiche e regala soddisfazioni enormi. In una parola molto cara all’autore, cioè, ognuna di esse sa essere fantastica!

Il libro è strutturato come una vera e propria carrellata che riassume in pochissime e chiarissime parole il principio di ogni sport e ciò che lo rende – per l’appunto – fantastico. Ai testi rigorosissimi fanno da contraltare le illustrazioni scanzonate e imprevedibili, che mettono in scena gli animali più disparati alle prese con le diverse discipline. Così, tra renne surfiste, maiali sugli sci, fenicotteri ginnasti e rane pescatrici, il lettore ha modo non solo di scoprire e riscoprire gli sport più disparati ma anche di godersi scene atletiche spassose. A completare il tutto la felice scelta dell’editore di utilizzare per il volume alcune caratteristiche di alta leggibilità (il font Testme, la sbandieratura a destra e la distribuzione poco rigida dei testi, per esempio) che ben si sposano, in un’ottica di incentivo alla lettura anche per i lettori più deboli o con maggiori difficoltà, a un racconto dinamicissimo nella forma e nel contenuto.

Un giorno nella vita di Dorotea Sgrunf

Ha una dimensione più grande della maggior parte degli albi in commercio, è piacevolmente più pesante e corposo e si presenta con un’insolita forma quadrata. Impossibile, dunque, non farsi incuriosire da Un giorno nella vita di Dorotea Sgrunf, fin dalla sua fisicità. È un fuori raffinato e intrigante, il suo, che si fa sincera anticipazione di un dentro che è un’autentica delizia.

Qui i due maiali che compaiono in copertina – una scrofa agghindata che torna dal mercato carica di provviste e un porcellino dall’aria monella che la tira per il grembiule  – sono immortalati in alcuni momenti, tanto gustosi quanto apparentemente irrilevanti, di una giornata qualunque. Un pettegolezzo al telefono, una torta in preparazione, una cena distinta, un bagno rilassante: tutti istanti  di poco conto nella quotidianità di una suina signora, se non fosse per quel terremoto del suo figliolo che li trasforma in ghiotte occasioni per qualche guaio. E così, tra frange di tappeto tagliuzzate, uova rotte e  cerbottane di ciambellone, il maialino invita il lettore scoprire marachelle sempre nuove fino quasi a sentirsene felicemente complice.

È un invito irresistibile, in effetti, quello a voltare pagina seguendo lo scorrere del giorno. Complici di grande effetto, sono i finissimi intagli che dinamizzano e prolungano ogni scena, trasformandola in una sorta di quinta teatrale dietro cui sbirciare. Il lettore ha così modo di sfogliare pagine preziose nella loro delicatezza che offrono piccole gustose anteprime di ciò che verrà dopo: un personaggio, un’azione o anche solo un ambiente, comunque sufficienti a far venire l’acquolina narrativa in bocca. È un coinvolgimento insieme emotivo (sfido a trovare qualcuno che non abbia compiuto simili guai domestici) ma anche fisico, poiché si ha letteralmente l’impressione di varcare le porte ed entrare nelle stanze in cui le diverse scene si svolgono. La soddisfazione di lettura e rilettura, in solitaria o anche a due voci genitore-figlio, è dunque grande. L’assenza di parole, poi, unita a un’innegabile raffinatezza stilistica la rende fruibile anche a giovanissimi lettori che poco d’accordo vanno con il testo scritto, per esempio perché dislessici o sordi, ma che in un racconto per immagini trovano terreno fertile e accessibile per i loro volteggi fantastici.

Edito originariamente nel 1978, pubblicato per la prima volta nel nostro paese dalla visionaria casa editrice di Rosellina Archinto (con il titolo Un giorno nella vita di Cecilia Lardò), la mitica Emme Edizioni, Un giorno nella vita di Dorotea Sgrunf torna ora a solleticare i lettori italiani grazie alla felicissima intuizione e iniziativa di una casa editrice fresca fresca, la LupoGuido. Primo titolo in catalogo per la casa editrice milanese, il silent book firmato da Tatjana Hauptmann festeggia così i suoi primi quarant’anni, continuando a offrire un ritratto scanzonato e realissimo dell’infanzia in cui bricconi di ogni età non faticheranno a riconoscersi e mamme di ogni tempo troveranno sorridente conforto!

Felicottero

Marc Herremans è un atleta belga di triathlon. Vittima di un grave incidente qualche anno fa, è rimasto paralizzato nella parte inferiore del corpo. Da quel momento ha iniziato a praticare lo stesso sport in sedia a rotelle, raggiungendo numerosi traguardi e diventando un modello per molte persone con e senza disabilità.

Perché citare proprio la storia di Marc? Perché a lui si ispira ed è dedicato il bell’albo Felicottero edito da Sinnos. Come un Herremas in becco e piume, Felicottero era un grande campione sportivo, noto a tutti per i suoi successi nelle più svariate discipline: dai 50 metri di corsa veloce alla pesca al gamberetto. Caduto però un giorno dalle nuvole, all’uccello resta una gamba sola, tanta nostalgia dei tempi d’oro e pochi amici. Dodo, Airone e Pinguino che erano soliti accompagnare le sue imprese, d’improvviso e proprio nel momento più critico, si fanno infatti latitanti. Per fortuna Felicottero incontra Millepiedi che con le parole e gli stimoli giusti, dettati da un arguto contrasto quantitativo di arti –  gli offre la spinta che da solo stentava a trovare, aiutandolo a cogliere l’occasione per una vera e propria rinascita.

Sostenuto da una felice misura di ironia e saggezza, Felicottero è un libro che si libra senza fatica tra i pensieri del lettore. Lo fa grazie a  un testo ad alta leggibilità che gioca saporitamente con modi di dire e frasi fatte e che fa proprio di questo aspetto una chiave per ribaltare il paradigma che ingessa la disabilità in una cornice cupa e del tutto priva di  humour. E lo fa l’albo grazie a delle illustrazioni strepitose, che riflettono a pieno la sensibilità e la qualità poetica caratteristica di Marije Tolman. I suoi guizzi cromatici, il suo uso sapiente della verticalità e la sua capacità di avocare senza troppo dire lasciano infatti al lettore tutto lo spazio di cui necessita per fare propria una storia preziosa.

No! Le unghie no!

No! Le unghie no! è un chiaro esempio di come una storia cosiddetta su misura, ossia costruita ad hoc nei contenuti e nella forma sulle esigenze di uno specifico bambino, possa trasformarsi in una storia per tutti. Nato all’interno di un gruppo di lavoro eterogeneo, composto da genitori, insegnanti, educatori e terapisti che a vario titolo si occupano di un bimbo di nome Federico, il libro è stato confezionato per rispondere alla passione di quest’ultimo per gli animali, alla sua insofferenza verso il taglio delle unghie  e alla sua preferenza per una comunicazione su base visuale. Il prototipo di No! Le unghie no! – composta da un testo in simboli corredato da illustrazioni – è stato poi sistematizzato secondo il modello in-book e reso disponibile al pubblico dalla casa editrice Homeless Book che grande attenzione dedica alla lettura in caso di difficoltà comunicative.

Contraddistinto da una struttura iterata e da un testo lineare ma con alcuni elementi di complessità (periodi  con diversi complementi o alcuni discorsi diretti non esplicitamente attribuiti) No! Le unghie no! racconta la storia di un bambino che si convince a tagliare le unghie – cosa che non ama affatto fare – grazie alle vicende esemplari di alcuni animali che proprio a causa delle unghie lunghe si cacciano nei guai. L’elefante, il leone, la scimmia e la mucca si trovano infatti a rompere piscine, palloncini, gonfiabili e monopattini: tutte cose familiari al protagonista ma anche e soprattutto al lettore.

Senza pretese letterarie e artistiche, coerentemente con la sua origine, il libro porta con sé una storia semplice e facile da seguire.

Questa è la storia di Topolina

Emanuela Nava ha una dote speciale nel trovare le parole giuste per dire anche le situazioni più complesse alle orecchie dei bambini. Lo dimostra, una volta di più, con Questa è la storia di TopoLina: un racconto in forma d’albo illustrato, con le splendide illustrazioni di Simona Mulazzani, in cui le difficoltà comunicative che affliggono diversi bambini trovano voce attraverso la minuta figura di una topina del bosco. Sorpresa dalla neve che ha sommerso la sua casa, TopoLina cerca aiuto ma, non riuscendo a parlare, non sa come farsi capire dagli altri animali. Saranno i segni lasciati sulla neve a far comprendere la sua richiesta e soprattutto a far trovare alla volpe e ai suoi amici un modo speciale di comunicare con lei.

Delicatissima, nelle parole e nelle illustrazioni, Questa è la storia di TopoLina è una storia di silenzi esterni che non corrispondono a silenzi interni, di amicizie che fanno trovare soluzioni inattese e di modi di relazionarsi insoliti ma straordinariamente affascinanti. Muovendosi in punta di piedi, Emanuela Nava e Simona Mulazzani dipingono un quadro fantastico in cui la disabilità, le difficoltà che implica e le risorse che fa emergere, non vengono mai citate esplicitamente ma trovano una rappresentazione lucidissima ed efficace.

E se è vero che i progetti editoriali come questo, mossi da intenti sociali, sono sempre un po’ rischiosi, va riconosciuto a Carthusia il merito di affrontare l’insidia del pedagogismo spiccio con grande perizia, affidandosi alla sensibilità e alla competenza di autori sopraffini. Gli scrittori e gli illustratori che hanno curato i diversi volumi della collana Storie al quadratosono sempre infatti di altissimo livello, capaci di mettere la loro arte al servizio di un racconto speciale. Gli albi come Questa è la storia di Topolina trasformano così esperienze particolari e importanti, come quella del Centro Benedetta d’Intino di Milano, in storie di grande fascino che arrivano al lettore grazie a un alleato prezioso: l’emozione.

Cappuccino e Cappuccetto

La storia di Cappuccetto Rosso la conosciamo tutti, ma la versione che propone Fulvia Degl’Innocenti in Cappuccino e Cappuccetto si discosta un po’ dal racconto consueto. Non solo perché la protagonista è qui una bambina moderna, con lo zaino sulle spalle, uno skateboard in mano e una fermata del bus sotto casa, ma anche perché nel fitto del bosco dove si reca per portare una torta alla nonna malata, le cose non vanno proprio come ci si aspetta. L’incontro con il lupo, ben lontano dallo stereotipo di bestia feroce e pericolosa, scioglie infatti pregiudizi e timori in quella che diventa una scampagnata in compagnia. Perché, come recita il testo, “in due è più difficile perdersi”.

Costruito in modo tale da poter essere letto in un senso e nell’altro, portando da un lato la storia del lupo Cappuccino e dall’altro quella della ragazzina Cappuccetto Rosso, Cappuccino e Cappuccetto fa incrociare le due storie proprio nel mezzo, invitando implicitamente a una riflessione sull’importanza del punto di vista. Stampato come gli altri albi della casa editrice Terra Nuova con font OpenDyslexic, il libro intende consentire una più agevole fruizione della storia anche da parte di bambini con dislessia.

La maialina, la bicicletta e la luna

Se nella fattoria passa un giorno un bimbo in bicicletta, si può star certi che qualcuno degli animali desidererà con forza il suo mezzo a due ruote. E quel qualcuno, nella fattispecie, è la maialina Viola. Determinata come pochi, Viola si appropria di nascosto della bicicletta e le prova tutte per farla stare in equilibrio, accettando con stoicismo capitomboli e bozzi, studiando ingegnosi sistemi di sicurezza e propulsione e sopportando perfino irrisioni e beffe dei compagni d’aia. Come vada a finire la sua storia di sogni e pedalate non lo sveliamo e non lo svela fino in fondo nemmeno l’autore, lasciando al lettore il gusto di un delizioso finale semiaperto.

Proposto da Sinnos all’interno della collana Prime letture, La maialina, la bicicletta e la luna vanta un equilibrio studiatissimo tra testo in stampatello maiuscolo, misurato e ben distribuito e illustrazioni a tutta pagina o frequenti. Come gli altri volumi della collana, anche questo sfrutta font e impaginazione ad alta leggibilità e si presenta in un formato maneggevole e pratico. Tutti questi aspetti, uniti alla personalità travolgente di Viola, all’ironia sottile del testo e a quella sfacciata delle illustrazioni, al dialogo ben oliato tra testo tradizionale e sparuti baloons fa del lavoro di Pierrette Dubé e Orbie un’occasione di lettura davvero curata e incentivante per bambini alle prime armi, con o senza dislessia.

La scimmia abbracciona

Stufi di subire l’affettuosità smodata della scimmia Stella, gli animali della foresta decidono di mandarle un chiaro messaggio nascondendosi ogni qual volta il primate si faccia vedere. Un po’ triste e un po’ sconcertata, la scimmia inizia a vagare in solitudine  e incontra un riccio. Subito lo considera un grande amico e prova ad abbracciarlo come suo solito, sperimentando sulla sua pelle – o per meglio dire sui suoi peli – l’inopportunità di stringere d’impulso tutto ciò che le capiti a tiro.

Ecco in breve la storia che La scimmia abbracciona porta ai suoi lettori, in una forma fruibile anche in caso di esigenze di lettura particolari. Contraddistinta da frasi brevi o comunque dalla struttura lineare, da un lessico piano e da una simbolizzazione puntuale che sfrutta la collezione dei Widgit Literacy Symbols, La scimmia abbracciona si rivolge prima di tutto, ma non solo, a bambini con difficoltà comunicative legate all’autismo, privilegiando un racconto semplice che sfrutta al massimo il canale visivo.

Non è tanto per la qualità narrativa che lo contraddistingue, quanto per la specificità del progetto da cui nasce che La scimmia abbracciona merita interesse. Il libro che Papero Editore ha deciso di pubblicare come apripista di un’intera collana di in-book, ha infatti un’origine e una finalità sociale precise. Nato in seno all’associazione La matita parlante, La scimmia abbracciona è il frutto del lavoro di scrittura e illustrazione di due ragazzi con disabilità e intende andare a beneficio di bambini con difficoltà analoghe. Non solo con la scelta di una forma narrativa accessibile o con la proposta di una storia che rispecchia il quotidiano di diversi bambini (primo fra tutti l’autore stesso!) ma anche attraverso la dimostrazione che la disabilità non deve essere un limite alla realizzazione artistica e professionale.

La rana ballerina

Ogni famiglia ha le sue storie di antenati, ma sfido a trovarne di pazzesche come quelle della famiglia di Jo. Per competere servono perlomeno un leone e un iceberg. O – minimo minimo – una rana ballerina. Facile dunque capire perché Jo sia così desideroso di conoscere le peripezie dei suoi parenti bislacchi. Ecco allora che la mamma, seppur stanca, lo accontenta con un racconto davvero straordinario. Protagonista è la zia Gertrude che,  perso il marito marinaio in mare, trova inaspettata consolazione nell’incontro con una rana. Non una rana qualsiasi, ma una rana di nome George che balla divinamente quadriglie, polke e danze scozzesi. Così i due iniziano a girare per il mondo, animando i teatri più prestigiosi con uno spettacolo sensazionale che trova picchi di successo anche in circostanze piuttosto indesiderabili come un incendio in albergo. La tournée, la preparazione dei numeri e il meritato riposo nella casa di campagna francese offrono momenti di grande gioia condivisa alla rana e alla ragazza di cui – non ci si spiega proprio come – quasi nessuno oggi si ricorda.

L’incredibile storia di George e Gertrude ha lo spirito asciutto delle narrazioni orali e lo sprint inconfondibile dei racconti marchiati Quentin Blake. Frizzante nel tratto, l’autore profonde la stessa cifra anche nel testo che appare così leggero, snello e piacevolissimo. Perfetto, insomma, per trovare posto nella collana leggimi! di Sinnos che applica i criteri tipografici dell’alta leggibilità a una serie di storie selezionate per la capacità di catturare il lettore e tenerlo agganciato. La storia de La rana ballerina, che in poche righe racchiude con leggerezza i momenti più bui e più luminosi di una vita, si presenta così in un formato tascabile e accattivante in cui ogni pagina accoglie una paio di paragrafi al massimo, ben distanziati e accompagnanti da un’illustrazioni a colori che pare davvero danzare.

Due conigli

La tenera meraviglia che suscita l’immersione in un albo senza parole come Due conigli di Daphne Louter è difficile a dirsi. C’è di mezzo lo stile pacato e dal gusto deliziosamente anglosassone dell’autrice, una capacità rara di cogliere l’infanzia nella sua più intima più vera e un gusto per i dettagli che dilata con letizia il tempo della lettura.

Protagonisti sono due conigli, presumibilmente fratelli, ritratti nel bel mezzo di momenti al contempo quotidiani e speciali, come una battaglia dei cuscini al risveglio, il gioco dei travestimenti, una festicciola in giardino,  le letture della sera. Ogni istante è immortalato in punta di piedi, come se l’occhio curioso dell’autrice si soffermasse di nascosto e con diletto a godersi le marachelle dei due cuccioli nella casa di campagna. Ognuno di questi istanti è anticipato da un dettaglio – un palloncino, una tazza, un paio di stivaletti rossi – messo ben in risalto su sfondo bianco nella pagina di sinistra, che lascia immaginare e pregustare che cosa potrebbe succedere in quella accanto. Lo stesso dettaglio ritorna poi nella pagina di destra  (al lettore, di volta in volta, trovarlo), inserito in un quadro completo che vede in azione i due protagonisti. E qui davvero ci si può perdere, scovando l’immancabile gallina di compagnia, cogliendo la precisione con cui i movimenti e i giochi infantili (talvolta condivisi, talvolta indipendenti)  sono ritratti, gustando richiami a capolavori della letteratura per l’infanzia (uno su tutti, I tre piccoli gufi che dalla cima di un mobile in soffitta guardano i due fratelli agghindarsi e mascherarsi) e assaporando dettagli minimi e gustosi (come le pantofole a forma di coniglio o gli oggetti che di quadro in quadro ritornano) e immaginando ciò che succede al di fuori del quadro, giusto oltre il margine del libro, ma anche ciò che accade prima e dopo il momento colto. Cosa si festeggia in giardino? Cosa sta prendendo la signora zebra in cima alla scala dell’emporio? E ci sarà una bella marmellata per merenda? Al lettore, paziente collezionista di indizi preziosi, il piacere di deciderlo e dirlo.

Insomma, è un albo dalla struttura semplice e iterata, Due conigli, in cui la storia si compone di una serie di flash che riassumono una giornata specialmente ordinaria. Eppure tra queste pagine si cela un mondo profondo che richiede attenzione e rende il volume adattissimo – più di molti volumi costruiti ad hoc, peraltro – a offrire spunti a chi cerca libri sulla relazione, sull’autonomia, sul genere o più in generale sulle peculiarità dell’infanzia.

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina

Un giorno Giulio Coniglio si sveglia e trova fuori da casa sua un bellissimo camper che reca scritto “Gelsomina”, ossia il nome della  famosa leprotta ballerina che ne è proprietaria. Gelsomina fa rapidamente la conoscenza di Giulio e dei suoi amici, accorsi appositamente ed elegantemente agghindati per l’occasione, deliziandoli con un meraviglioso spettacolo di danza. Un po’ meno movimentata delle altre avventure, Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina ha un ritmo più lento e punta l’attenzione sull’emozione di fare nuovi incontri.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto significa, per i bambini con qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

 

Giulio Coniglio e il picnic con la balena

Quando la balena Bernarda e il pinguino Pedro vanno fanno visita a Giulio Coniglio e ai suoi amici è una vera festa. L’accoglienza calorosa a base di succo di carota e frittelle è ben gradita dai due ospiti che ben si prestano a far trascorrere ai padroni di casa un intenso pomeriggio di sguazzate al fiume. C’è chi come topo Tommaso si tuffa senza timore tra le onde e chi come Giulio preferisce guardare. Ognuno è a suo modo, e va bene così. Poi scende la sera e la fatica cala, ma anche il momento di dormire può trasformarsi in una bella occasione per dimostrarsi amici affettuosi e accoglienti.

I testi di Giulio Coniglio e il picnic con la balena sono leggermente più brevi rispetto ad altri della medesima serie, il che rende il volume particolarmente adatto a un primo tentativo di approccio autonomo. Essi risultano inoltre arricchiti da brevissimi fumetti (composti da una o due parole) che dinamizzano la pagina e il racconto, offrendo tra l’altro una possibilità di divisione nei compiti di lettura (“io leggo questi, tu leggi il resto”) che può contribuire a rendere le prime esperienze autonome più graduali  e in quanto tali piacevoli.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e il pic nic con la balena fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini significa, per chi ha qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

Giulio Coniglio e la nave pirata

Quando un libro o una serie di grande successo vengono riproposti in una forma nuova, che consente l’accesso a un maggior numero di giovani lettori, è sempre una buona notizia. Ecco perché val proprio un festeggiamento la pubblicazione di alcune delle Giocastorie di Giulio Coniglio in una versione ad alta leggibilità che sfrutta il font leggimiprima (messo a punto e concesso all’editore da Sinnos). Scelte editoriali come questa concretizzano realmente, infatti, la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze legate, per esempio, ai Disturbi Specifici dell’apprendimento. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini di pochi anni significa potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. Le Giocastorie, peraltro, si prestano bene a venire incontro a lettori inesperti o in difficoltà, non solo per l’appeal straordinario dei personaggi, ma anche per la struttura lineare del racconto, il rapporto bilanciato tra immagini e testo, l’aspetto snello, tascabile e gradevole dei volumi  e la scrittura a misura di bambino ma non sciatta.

In Giulio Coniglio e la nave pirata l’istrice Ignazio propone agli amici di giocare ai pirati, procurando addirittura una barca vera con tanto di bandiera nera. Regola ferrea: divieto assoluto per le femmine di partecipare. Così Ignazio, Giulio e il topo Tommaso trascorrono un maschilissimo pomeriggio solcando le onde. Quando però la barca si incaglia, la sera scende e la mancanza di carote inizia a farsi sentire, i tre amici si scoraggiano sicché il salvataggio generosamente messo a punto dalle amiche femmine – la mucca Maddalena e l’oca Caterina – viene accolto con straordinaria felicità e festeggiato con una meritata pizza condivisa.

Piccola volpe nel bosco magico

L’affetto che può legare un bambino al suo peluche più caro può essere smisurato, tanto da spingere ad ardite ricerche in caso di smarrimento. Lo sa bene la bimba dal caschetto moro, protagonista di Piccola volpe nel bosco magico. La sua vecchia volpe di pezza è per lei importante, importantissima. Così, di fronte alla richiesta della maestra di portare a scuola una cosa preziosa da descrivere ai compagni, la bambina non ha ha dubbi: porterà lei, la sua morbida amica pelosina. Dalle foto ricordo che tira fuori per l’occasione si deduce quanto la bimba bene voglia al pupazzo e quanti momenti di intima crescita abbiano vissuto insieme. Per questo, quando la piccola volpe di peluche scompare dallo zainetto, la sua amica umana inizia a cercarla disperatamente, senza fermarsi  nemmeno di fronte al più fitto dei boschi. Sarà un viaggio lungo e avventuroso, il suo, che la porterà ad attraversare sentieri bui e radure fantastiche, popolate da numerose e curiose creature della foresta. Fino al fatidico ritrovamento che recherà con sé un’autentica sorpresa e ripagherà tutte le fatiche con una moltiplicazione degli affetti. Perché è proprio vero che la gentilezza si propaga e gratuitamente porta con sé una contagiosa forma di felicità.

La storia che  Stephanie Graegin racconta con grande tenerezza, si sviluppa agli occhi del lettore attraverso l’esclusivo uso delle immagini: non ci sono cioè parole a scandire ciò che accade, ma decisamente tra queste pagine non se ne sente il bisogno. La scelta narrativa fatta dall’autrice è infatti tutt’altro che oscura o ambigua: tutti i passaggi sono chiaramente tracciati sicché la bella storia di amicizia e incontro può risultare accessibile anche laddove ci siano delle difficoltà non solo di decodifica del testo ma anche di lettura di immagini troppo complesse. Azioni, emozioni e pensieri dei protagonisti sono resi facilmente intellegibili grazie a un tratto attento e minuzioso, a un’esplicitazione di scatti narrativi anche minimi e un’alternanza oculata di riquadri a tutta pagina e di riquadri più serrati in serie. La scelta del colore, dal canto suo, accompagna efficacemente il lettore prima nella distinzione e poi nella sovrapposizione tra mondo umano e mondo fantastico, rendendo l’incontro tra i due – se possibile – ancora più suggestivo.

Bombo all’avventura

Il protagonista di Bombo all’avventura è un bombo curioso e amichevole che si avvicina con fare pacifico a tutte le creature che incontra sul suo cammino, siano esse umani o animali.

Nella prima storia che compone il volume (Bombo e il gigante), l’insetto vola verso l’alto, attratto dagli indumenti sgargianti, dalle lunghe gambe e dai due occhi grandi della bimba in cui si imbatte. Il loro è un avvicinamento silenzioso e timoroso, che lascia però presagire possibilità future di incontro sereno.

Nella seconda storia (Grazie bombo!), invece, il bombo è portato a dirigersi verso il basso e più nello specifico verso la tana di una puzzola di cui scova casualmente l’accesso.  Qui farà la conoscenza non solo della proprietaria di casa ma anche della tartaruga e dello scoiattolo suoi amici. I tre condividono il cruccio per gli sgarbi arrecati dalla vicina vipera ma Bombo, con sguardo lucido e fervida inventiva, saprà risolvere il loro problema con un piano  a base di more smemorine: un successo che casca a fagiolo per trovare nel bosco nuovi amici con cui giocare!

Unite non solo dalla presenza del medesimo personaggio, le due storie di Bombo all’avventura si contraddistinguono per lo stile affabile di Elisa Mazzoli che costruisce il suo racconto – più semplice o complesso che sia – dosando con perizia le ripetizioni, una sensibilità vicina all’infanzia e diverse velocità narrative. Quest’ aspetto, unito alla simpatia delle immagini firmate da Febe Sillani, rendono il volume particolarmente amichevole e apptibile anche in caso di difficoltà di lettura.

 

LA COLLANA TANDEM

Bombo all’avventura  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Gli errori del coccodrillo

Le parole sono per il coccodrillo Crocco una croce e una delizia: se da un lato passerebbe ore a sollazzarsi tra giochi linguistici e storie inventate, dall’altra gli errori ortografici sono il suo cruccio scolastico. Al punto che i suoi compagni di classe prendono a chiamarlo scherzosamente Errore. Ma dagli errori può nascere molto, e Crocco avrà occasione di dimostrarlo con forza a chi lo prende in giro per i suoi sbagli nel dettato.

Accade infatti nella seconda storia contenuta ne Gli errori del coccodrillo (Errore l’eroe), che in classe faccia la sua comparsa un nemico spaventoso che terrorizza allievi e maestra. In preda al panico questi gridano a squarciagola il soprannome di Crocco, confuso dal cattivo con la parola Eroe. Preoccupato dal possibile arrivo di un prode combattente il nemico quindi fugge, garantendo nuova fama al piccolo coccodrillo.

La storia costituisce un invito leggero a fare dell’errore un’occasione di creatività, cosa che può accadere e dare buoni frutti soprattutto in una scuola capace di accogliere le differenze e mostrarsi flessibile. Efficacissima, in questo senso, la prima storia del volume (Salti e voli), in cui la maestra di Crocco sa valorizzarne la predisposizione all’osservazione attenta, all’immaginazione e alla divagazione poetica, trasformando il suo tragitto da casa a scuola di ogni giorno in una possibilità di apprendimento per l’intera classe.

 

LA COLLANA TANDEM

Gli errori del coccodrillo fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Che cosè il Magicoso?

Proposto dalla cooperativa Puntidivista, Che cos’è il magicoso? è un libro multicodice – con testo in nero e in Braille, arricchito da alcune illustrazioni tattili – che fa parte della collana Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa. Nata per rispondere al più ampio ventaglio di esigenze di lettura, secondo un progetto ambizioso e ammirevole, quest’ultima propone diverse versioni di ogni volume così da renderlo fruibile in caso di differenti disabilità. Ecco dunque che  il libro in questione trova posto nel catalogo della casa editrice rietina anche in versione tradizionale e in versione simbolizzata.

In tutte, protagonisti sono Lampadino e Caramella, due bambini curiosi, e il loro cane Zampacorta, alle prese con la ricerca di un misterioso oggetto smarrito dal ricco Michele nel Bosco verde. Che cosa sia questo oggetto misterioso, denominato Magicoso, non è dato saperlo fino alla fine, quando niente meno che una lente di ingrandimento salterà fuori dal ruscello.

Contraddistinto da una storia piana, un testo poco ostico e alcune illustrazioni realizzate a collage materico, Che cos’è il magicoso?,  nasce per risultare accessibile anche in caso di disabilità visiva. Il libro, stampato su carta piuttosto sottile e rilegato a spirale, presenta pagine di testo piuttosto fitte con il Braille sovrapposto al nero. Le illustrazioni – in numero inferiore rispetto alle pagine di testo perché dedicate soltanto alla presentazione dei protagonisti della storia – non si trovano mai affiancate a quest’ultimo, rendendo la corrispondenza tra descrizione verbale ed esplorazione tattile meno immediata. Le illustrazioni sono tuttavia poco complesse e perciò comunque decodificabili in differita rispetto alla lettura del testo. Che cosa sia lo stesso magicoso, oggetto cardine del racconto, non viene mai esplicitato ma reso piuttosto efficacemente a livello tattile, lasciando all’esplorazione del bambino la soluzione del mistero.

Attenzione, passaggio fiabe!

Se c’è un autore che si diverte e ci fa divertire giocando con le fiabe, quello è senza dubbio Mario Ramos. Molti dei suoi libri – a partire da Sono io il più forte o Sono io il più bello –  pescano personaggi familiari all’immaginario dei bambini e li collocano in contesti narrativi nuovi, spiazzanti, irriverenti. È il destino di lupi, bambine incappucciate, porcellini e nanetti che trovano nella sua penna una rappresentazione ironica e irresistibile: proprio quella che contraddistingue anche Attenzione, passaggio fiabe!, un silent book edito da Babalibri in cui l’autore riunisce i personaggi a lui più cari.

Come lo fa? Mettendo Cappuccetto Rosso in sella a una bicicletta pronta ad attraversare il bosco fin dalla nonna. Ma la sicurezza viene prima di tutto, anche in mezzo ad alberi e cespugli: ecco quindi che a ogni incrocio la strada naturalistica presenta un cartello di attenzione agli orsi (tre ma senza viziatella ricciuta al seguito), ai bambini che spargono briciole, ai cacciatori e ai lupi feroci, che puntualmente alla pagina seguente si presentano in forma smagliante, chi sui pattini a rotelle, chi a cavallo, chi sullo skateboard e chi in bicicletta. E già ci immaginiamo le raccomandazioni della mamma a questa Cappuccetto Rosso ciclomunita: “Fermati allo stop!, “Dai la precedenza a Pollicino” e “Guarda bene a destra e a sinistra che non arrivi un cavaliere a tutta birra!”, altro che “Non fermarti a parlare con il lupo”. Questione di modernità!

Forte di un continuo gioco di rimandi a narrazioni note e di una sfida puntuale a indovinare chi comparirà per strada e in sella a quale mezzo, Attenzione, passaggio fiabe! offre una lettura divertente tanto più se condivisa. Questo, unito alla mancanza di parole scritte, alla linearità della narrazione, al richiamo a un immaginario comune, alla corrispondenza precisa tra ogni cartello e l’illustrazione successiva e alla struttura iterata, lo rende inoltre apprezzabile anche laddove ci siano difficoltà a seguire un racconto più tradizionale o a decodificare un testo.

Assolutamente imperdibili i risguardi del libro che anticipano da un lato e proseguono dall’altro il sottile gioco di segnaletica inventato dall’autore. 24 nuovi segnali – che spaziano dal pifferaio di Hamelin al principe ranocchio, dal Gatto con gli stivali a Cenerentola – offrono lo spunto per una caccia alla fiaba che difficilmente lascerà impassibili anche gli adulti.

Il nido

Steve ha 12 anni, una famiglia abbastanza normale, una babysitter esperta di insetti e una certa difficoltà a vivere con serenità le piccole difficoltà quotidiane. È un bambino “molto sensibile!”, Steve – così lo definiscono i genitori – un bambino con piccole ossessioni e il bisogno di contenere le ansie ripetendo delle liste e affidandosi a personalissimi rituali. Data la situazione di partenza, l’arrivo di un fratellino – Theo – con una patologia non definita che lo rende fragile e diverso, non contribuisce a rasserenare il protagonista. Dopo essere stato punto da uno strano tipo di vespa cui peraltro è allergico, questi inizia infatti a fare strani sogni in cui dialoga con la regina e in cui progetta una soluzione per i problemi di Theo. L’idea di ritrovarsi con un fratellino normale, e anzi perfetto, dapprima lo affascina e tranquillizza ma quando capisce in cosa consiste l’inquietante piano della vespa i suoi pensieri accelerano e il suo diventa un percorso di accettazione della diversità tormentato in cui spendersi e rischiare in prima persona.

Il libro di Kenneth Oppel è tutt’altro che usuale e rassicurante. L’intreccio tra reale o onirico in cui lascia sospeso il lettore, stimola, interroga e spiazza  quest’ultimo. Forte di questo doppio piano narrativo, mai nettamente definito, Il nido affronta il tema della diversità da un’angolatura insolita e proprio per questo illuminante. Senza che il protagonista sia in prima persona toccato dall’imperfezione causata da una malattia o da una disabilità, questa trova un posto preminente nella narrazione attraverso il tormentato percorso del bambino. Non ci sono moralismi spicci o lunghi discorsi sul tema, tra queste pagine,  e questo fa sì che la messa in discussione di  un’idea di perfezione auspicabile a tutti i costi, non puzzi di retorico o artificioso. Sono i sogni, le decisioni riviste, le azioni e le relazioni di Steve a portarci a riflettere, supportati in maniera puntualissima dalle illustrazioni in bianco e nero di Jon Klassen che fanno del loro caratteristico gioco di ombre, spessori e inquadrature distorte la lente perfetta per mettere a fuoco un racconto così suggestivo.

Il coro di mezzanotte

Il coro di mezzanotte è un coro insolito e originale che si forma involontariamente una notte di luna piena. Risvegliato dal canto della giovane Camilla, il gallo del regnopensa sia mattina e sveglia il servo del re che a sua volta pensa sia mattina esveglia il sovrano che a sua volta pensa sia mattina e sveglia la pittrice di corte che, indispettita porta tutta la ciurma all’origine della catena di errati risvegli. Così, riuniti sotto la finestra di Camilla, il re, il servo, la pittrice e il gallo restano ammaliati dalla voce celestiale della fanciulla e si lasciano ispirare, ciascuno a modo proprio. Ne nasce un concerto improvvisato in cui ciascuno ha la propria parte da solista e in cui l’insieme appare armonioso e appagante.

Musicale non solo nel contenuto ma anche nella maniera in cui è raccontato, ricca di onomatopee, Il coro di mezzanotte risulta particolarmente adatto a una lettura ad alta voce o a una registrazione audio da ascoltare. È bello, quindi che la fiaba scritta da Claudia Ferraroli sia resa disponibile da La Fabbrica dei segni su CD in forma di audiolibro, così da risultare accessibile anche in caso di dislessia o disabilità visiva. All’audiolibro, inoltre, è possibile associare l’albo illustrato (costo 12 euro), sempre realizzato da La fabbrica dei Segni e illustrato da Arianna Usai.

Cosa dovrei dire io?

Spassosissimo: S P A S S O S I S S I M O! Non c’è tanto da discutere: questo libretto agile e allegro targato Sinnos metterà duramente alla prova la vostra capacità di restare seri (figuratevi dunque quella dei bambini!). Protagonisti sono una sfilza di animali della foresta che a turno diventano vittime e promotori di prese in giro: la scimmia viene derisa per le sue orecchie a sventola, l’elefante che ne condivide il problema la consola e lei, risollevata, lo deride per i suoi dentoni a banana. Allora l’elefante si intristisce, il castoro che ne condivide il problema lo consola e lui, risollevato, lo deride per la sua coda piatta a mo’ di focaccia. Allora il castoro si intristisce, il coccodrillo che ne condivide il problema lo consola e… inutile dire che la spirale di scherni subiti e perpetrati va proseguendo su questa strada, in un crescendo ironico che arriva a una degna e buffa conclusione, che è al contempo una fine e un (ri)inizio.

Cosa dovrei dire io? – che non è solo il titolo del volume ma anche il leitmotiv che ogni animale ripete quando cerca di consolarne un altro – fa parte della collana Leggimiprima di Sinnos, rivolta a bambini del primo ciclo delle elementari (ma godibile in lettura condivisa anche da bambini più piccoli) e contraddistinta da storie brevi e accattivanti, font apposito in stampatello maiuscolo (leggimiprima), sbandieratura a destra, spaziatura maggiore e carta color crema che ne agevolano la fruizione anche in caso di difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Ecco, credo che nulla valga più di una storia divertente, travolgente, ben costruita e sapientemente narrata come questa per avvicinare i bambini, anche quelli più recalcitranti, alla lettura autonoma (oltre che alla lettura in generale, data l’eccelsa predisposizione anche a una lettura ad alta voce). Se poi una storia come questa – con un meccanismo di ripetizione perfetto, un linguaggio tutt’altro che banale e delle illustrazioni che sono un inno al divertimento –  viene pubblicato ad alta leggibilità allora il diabolico progetto di  invitare in bambini a scoprirsi lettori può dirsi davvero completo. Brava, bravissima Sinnos, quindi, che senza mai stufarsi e senza mai stufare continua a scovare e proporre titoli che fanno dell’alta leggibilità non solo un’etichetta formale ma un progetto che mai prescinde dal contenuto.

Piccolo uovo

La storia di Piccolo uovo è tristemente e felicemente nota. Tristemente perché più volte e di recente è stata oggetto di discriminazioni e accuse folli rispetto alla possibilità che veicolasse messaggi pericolosi. Felicemente perché è stata riconosciuta dal pubblico e dalla critica come una storia di stacco, che ha avviato un discorso narrativo rivolto all’infanzia sul tema importante della molteplicità delle famiglie e forse – unica nota positiva del deprecabile polverone che le accuse al libro hanno sollevato – ha trovato modo di emergere e diffondersi, foss’anche solo per presa di posizione contro un oscurantismo tutt’altro che moderno.

Firmata nei testi e nelle illustrazioni rispettivamente da Francesca Pardi e da Altan, Piccolo uovo racconta del viaggio intrapreso da un ovetto prima della nascita. L’intento del protagonista è quello di vedere con i suoi stessi occhi cosa sia una famiglia: qualcosa di cui ha sentito parlare ma che non sa esattamente cosa sia. È così che incontra famiglie di ogni tipo – con una mamma, un papà e tanti fratelli tra loro molto simili, con una mamma, un papà e dei figli molto diversi, con due mamme, con due papà, con un solo genitore – tutte egualmente rassicuranti e capaci di fargli venir voglia di nascere, per scoprire come sarà la sua.

Originariamente pubblicato da  Lo Stampatello, Piccolo uovo è reso ora disponibile in versione in simboli all’interno della collana I Libri di Camilla di Uovonero, che già annoverava tra i suoi titoli Che rabbia!, Le parole di bianca sono farfalle, Lindo Porcello e Il piccolo coniglio bianco. Grazie al ricorso ai simboli WLS – qui delimitati da riquadri che ne agevolano l’individuazione da parte dei lettori alle prime armi (destinatari primari , non a caso, del volume) e che contengono l’elemento grafico ma non quello alfabetico – il volume risulta così fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate all’autismo o più in generale ai disturbi della comunicazione.

L’impostazione grafica del volume di partenza – con uno sfondo bianco molto pulito e i testi disposti in maniera poco confusiva – contribuisce a rendere la versione adattata piuttosto aderente, anche nell’aspetto,  all’originale. Lo stesso si può dire del testo: lineare ed essenziale già nella sua prima versione e pertanto ideale per un processo di simbolizzazione che predilige struttura poco arzigogolate. Le immagini, infine, oltre ad essere estremamente accoglienti e familiari proprio perché portano tutta la qualità, la semplicità profonda e la riconoscibilità del segno di Altan, si prestano anche molto bene a supportare la comprensione del testo in caso di difficoltà di lettura, grazie all’assenza assoluta di dettagli superflui, alla resa pulita delle espressioni dei personaggi e a figure ben definite che catturano piacevolmente  l’attenzione.

Un fantasma nella mia stanza

I fantasmi sono mascalzoni e scaltri: si nascondono nei luoghi più diversi – un armadio, un tappeto, una tenda o un baule dei giochi – e si spostano alla velocità della luce per non farsi acchiappare. C’è un solo modo per sistemarli per le feste e togliersi il pensiero di averli tra i piedi di notte:  affidarsi a un papà amorevole e paziente che controlli uno per uno tutti i possibili nascondigli. Solo allora sarà possibile addormentarsi sereni, proprio come accade a Giacomo che, pur essendo un pennuto, conosce bene i timori e i turbamenti notturni più comuni ai cuccioli di uomo.

Questa familiarità rispetto al mondo emotivo del potenziale lettore, unita alla semplicità della storia, all’iterazione  della struttura, alla linearità del testo e all’essenzialità delle immagini fa di Un fantasma nella mia stanza un albo che si presta molto bene alla simbolizzazione: procedura che, grazie all’impiego di simboli WLS, consente di agevolare la lettura condivisa anche con bambini con disturbi della comunicazione. Curato dal Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa e Alternativa di Milano, secondo il modello in-book, questo passaggio consente di offrire del bell’albo di Guido Van Genechten una versione accessibile ma molto simile all’originale.

Funzionale soprattutto a una lettura con il modeling (indicazione puntuale dei simboli con il dito man mano che vengono letti dall’adulto), questa versione mantiene il fascino di un’illustrazione delicata e rassicurante, in cui ci si può divertire a vedere come si muovono e cosa combinano i giocattoli del protagonisti, e la predisposizione per una lettura ad alta voce, garantita da un andamento piacevolmente ripetitivo e dal ricorso alle onomatopee.

La mia amica ape

In mezzo a una città, tutta cemento e grattacieli, abita una bambina. Dalla sua stanza, dove si sta godendo una lettura tranquilla, entra un giorno un’ape. La bambina tutto subito fugge ma poi, nel controllare prudentemente che fine abbia fatto l’insetto, si accorge del suo atteggiamento pacifico e decide di farsi coraggio. Pochi gesti di cura nei suoi confronti – un po’ d’acqua e zucchero e un’asciugatina – sanciscono l’inizio di un’amicizia straordinaria che cresce via via in intensità almeno quanto l’ape cresce via via in dimensione agli occhi della bimba. Insieme le due non soltanto giocano, chiacchierano, ballano o fanno merenda in un susseguirsi di momenti di grande serenità ma partono anche per un viaggio importante al di là dei palazzoni, dove fiori e piante variegati abbracciano la vista, per riportare in città qualche seme di accoglienza per il piccolo e prezioso popolo delle api. Sarà un modo speciale e insieme esemplare di consolidare e celebrare un rapporto delicatissimo tra regno umano e animale, a cui anche i piccoli lettori possono ispirarsi.

L’attenzione che l’autrice Alison Jay dedica ai dettagli è davvero ammirevole: non solo essi animano ogni quadro restituendo concretamente l’immagine di una città in fermento, ma disseminano minuscoli ma preziosi indizi interpretativi che aiutano a decifrare al meglio ciò che accade nella storia. Tra di essi il lettore può dunque svagarsi – curiosando per esempio tra le occupazioni dei diversi inquilini del palazzo o le attività che fervono per strada in ogni stagione – ma anche orientarsi – cogliendo per esempio l’amore della protagonista per la natura, evidente nell’abito, nel gingillo e nelle lettura, o trovando nell’espressione infelice dell’ape di fronte alla distesa di cemento il motore dell’incredibile viaggio che farà con la bambina.

Tutto questo assume tanto più valore se si considera che La mia amica ape appartiene alla categoria dei silent book e procede perciò attraverso il solo uso delle immagini. Delicate e accurate, felicemente giocate suo toni pastello, queste richiedono grande e ben ripagata attenzione per cogliere i piccoli scatti narrativi che collegano ogni riquadro al seguente, rendendo il volume particolarmente fruibile a chi già si muova agevolmente nel mezzo della complessità iconica.

 

Alice nel paese delle meraviglie – audiolibro Locomoctavia

Gli audiolibri sono prodotti straordinari e al contempo rischiosi: essi aprono le porte della lettura a chi non può fare affidamento sugli occhi ma non possono contare sul supporto prezioso delle illustrazioni e di pagine in cui la lettura fisicamente avanza. Con loro quindi la lettura può galoppare ma anche bruscamente frenare: questione di abitudine, di gusti ma soprattutto di qualità. Quando un libro diventa “solo” una voce da ascoltare è infatti forte il rischio che al prodotto venga dedicata un’attenzione superficiale e il risultato finale arranchi. Ma se quella voce è invece ben scelta, calibrata, esperta, capace di assecondare le giuste pause e far vibrare molteplici personaggi, ecco allora l’audiolibro galoppa eccome e alla mancanza di immagini e pagine non si bada proprio. È quel che accade, per esempio, quando si ascoltano il Pinocchio o l’Alice nel paese delle meraviglie proposti da Locomoctavia: prodotti che fanno della cura artigianale, nel senso più proprio e nobile del termine, la loro cifra restituendo una vitalità rinnovata a dei classici imperdibili.

Che siano lavori di cesello lo si nota presto e a lungo: dall’adattamento accurato dei due testi originali e dal racconto pacato ma vibrante, entrambi a cura di Daniele Fior; dalle immagini che impreziosiscono la custodia, firmate da Manuele Fior; e dall’accompagnamento musicale puntuale e incisivo di Francesco Catalucci in un caso e dei Gueppecartò nell’altro.

Alice nel paese delle meraviglie, in un doppio CD audio, ci invita così a seguirla nella tana del Bianconiglio, incantandoci dalla copertina con quella sua aria sognante e incalzandoci a filo dei suoi 32 capitoli con motivi che spaziano tra generi diversi e che assecondano, così, il pullulante e onirico creato da Carroll.

Pinocchio, in un singolo CD mp3, invece, opta per un racconto più posato in cui la chitarra marca il ritmo proprio là dove serve in una combinazione armonica con il testo (approvato peraltro dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi) che rende l’ascolto un autentico piacere.

Il risultato sono due audiolibri che potrebbero andar persi nella vastità della produzione editoriale e che invece meritano grande riguardo per il rispetto con cui si approcciano a dei capolavori della letteratura e per la vitalità talentuosa con cui li reinterpretano e rendono fruibili.

 

Alice nel paese delle meraviglie e Pinocchio, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono fruibili anche tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

 

 

Il pinguino senza frac

Quella del pinguino senza frac è una storia dal sapore antico in cui la povertà spinge il protagonista a compiere un lungo viaggio di crescita e iniziazione. Il pinguino Limpo proviene infatti da una famiglia molto modesta che non può permettersi di acquistargli il frac per andare a scuola. Schernito e allontanato dai compagni, il cucciolo decide di partire per guadagnare il necessario e poter così apparire come gli altri. Il suo sarà un viaggio formativo ricco di incontri con creature diverse – pesci, orsi, trichechi e anche umani – e scoperte non sempre piacevoli ma funzionali all’acquisizione della consapevolezza che la conoscenza dell’altro è necessaria alla comprensione e all’arricchimento reciproci.

Oggi, a quasi settant’anni dalla prima edizione, Il Pinguino senza frac non smette di promuovere il rispetto della diversità non solo facendo leva su una storia senza tempo ma anche prestandosi a traduzioni e adattamenti che lo rendono fruibile a lettori con abilità diverse. Dopo essere stata tradotta in Braille grazie alla collaborazione tra Corsiero Editore e l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e Associazione Scrittori Reggiani, la storia scritta da Silvio D’arzo veste ora infatti l’abito dei simboli grazie alla collaborazione tra lo stesso editore e l’associazione GIS – Genitori per l’Inclusione Sociale.

Questa edizione abbandona il suggestivo formato leporello in favore di un formato più classico e funzionale a una lettura basata sul modeling. Le splendide illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini, che sottolineano con forza le emozioni narrate e la ricchezza degli incontri fatti dal pinguino Limpo, riescono tuttavia a mantenere un posto e un ruolo di rilievo, concedendo respiro a pagine fitte di simboli. Il volume, realizzato secondo del linee guida del modello inbook, adotta in particolare i Widgit Literacy Symbols che, rispetto ad altri sistemi simbolici, garantiscono maggiore duttilità funzionale alla traduzione di un testo preesistente.

 

L’oggetto misterioso

I protagonisti de L’oggetto misterioso sono Lampadino, Caramella e Zampacorta: due fratellini e una cane già attivi in precedenti avventure accessibili pubblicate da Puntidivista. A conoscenza di un passaggio segreto per il Magiregno, i tre vi si recano anche in questo episodio recitando come di consueto le necessarie parole magiche. Qui incontrano il riccio Michele, disperatamente alla ricerca di un oggetto misterioso che pare essere il più bello e importante del regno. Ognuno di loro crede di aver capito di che cosa si tratti ma né il fischietto magico, né il fiore dei mille colori, né l’acqua della fonte chiara che portano al riccio risultano essere l’oggetto giusto, ben più elementare, rinvenuto infine in mezzo a un ruscello.

Come i precedenti volumi in simboli curati dalla casa editrice di Rieti, L’oggetto misterioso si caratterizza per una aspetto poco elaborato (rilegatura a spirale, illustrazioni piatte e aderenti al testo) che sacrifica la piacevolezza e l’appeal che sono tipici del libro illustrato in favore di un sostegno alla concentrazione sul racconto e della maneggevolezza del volume. Pensato per rispondere alle esigenze di un pubblico con esigenze speciali, legate soprattutto a disturbi della comunicazione e autismo, il libro si avvale di simboli simili ai Widgit Literacy Symbols, riquadrati e caratterizzati da testo in stampatello maiuscolo, e fa dell’asciuttezza (narrativa, testuale, iconica e grafica) la sua cifra.

Cucù, sono qua!

Xavier Deneux è un autore francese molto prolifico e il cui stile, contraddistinto da tinte brillanti, forme pulite e linee amichevoli, è particolarmente apprezzato e apprezzabile da un pubblico di giovanissimi lettori. Il Castello (con i diversi marchi che comprende) ha pubblicato numerosi suoi lavori tra i quali spicca anche Cucù, sono qua!, un albo tutto dedicato al nascondino: gioco nel quale la complicità tra genitori e figli svolge un ruolo fondamentale per la costruzione di un divertimento condiviso.

Protagonista del libro è il coniglietto Marco che, nascosto dietro le tende, sotto il tavolo o tra la biancheria, viene cercato da una mamma e un papà molto affettuosi e astuti ed esce ogni volta allo scoperto al grido di “Cucù, sono qua”. Il gioco si ripete fino a sera, secondo quel principio di replica tanto caro all’infanzia. Sarà a quel punto il pupazzo Lillo a scomparire per un momento ma niente paura, forse si è solo nascosto e infatti… cucù, è qua anche lui, per una chiusura narrativa e una buonanotte davvero liete!

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Cucù, sono qua! è in catalogo dal 2012 per Tourbillon che ora lo propone anche in una versione simbolizzata che rispetta fedelmente l’impostazione grafica e il rapporto testo-immagini dell’originale. Grazie alla collaborazione con il Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano, l’editore ha infatti adattato il piacevole albo ricorrendo ai simboli WLS e rendendolo così accessibile anche a bambini con autismo e disturbi della comunicazione o a bambini che per altre ragioni (perché stranieri, per esempio) familiarizzino più facilmente con una narrazione visiva più o oltre che verbale.L’importante e meritevole iniziativa, che prevede al momento anche la simbolizzazione di altri tre titoli – Bravo, Gnam! e Un fantasma nella mia stanza – segna una significativa sensibilizzazione dell’editoria rispetto al tema dell’accessibilità della lettura.IMG_20170821_155439

 

Il lupo che voleva cambiare colore

D’accordo, il grigio sta bene con tutto ma indossalo oggi, indossalo domani, anche il colore più versatile finisce per venire a noia. Così almeno la pensa il lupo protagonista della storia di Orianne Allemand che da un giorno all’altro decide quindi di cambiare colore. Come fa? Semplice: senza timore di sperimentare e inventare, l’insoddisfatto lupo fa di vernici, maglioni, petali di fiori, cesti d’arance, fango e piume di pavoni insoliti ingredienti per un cambio di look. Saranno necessari bene sette trasformazioni, una per ogni giorno della settimana, per far rivalutare al lupacchiotto il suo colore originale e, in definitiva, la sua vera identità.

Con le sue illustrazioni buffe, la sua storia breve e lineare e il suo testo stampato con font leggimi, Il lupo che voleva cambiare colore si pone in maniera molto accattivante e amichevole nei confronti dei lettori alle primissime armi, inclusi quelli con difficoltà legate ai disturbi specifici dell’apprendimento. Il libro rientra infatti nella collana di Gribaudo che vanta caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità – font specifico, spaziatura maggiore, sbandieratura a sinistra – e all’interno della quali rientrano diversi altri titoli quali Il topino che si mangiò la luna, Il signor Paltò e Iole la balena mangiaparole.

Alice nel paese delle meraviglie

Alice, quella che se va a zonzo nel paese delle meraviglie, ha da poco festeggiato i suoi primi 150 anni ma resta giovane e fresca come una pischella. Forse imbattibile per ricchezza inventiva, con il suo carico di personaggi fantasmagorici e creazioni verbali da fa arrotolare la lingue, il capolavoro di Lewis Carroll che la vede protagonista è garanzia fidata di alcune ore di avventura per la mente.

Felice dunque è la notizia della pubblicazione da parte di Emons di una versione in formato mp3 del romanzo, acquistabile su Cd o scaricabile dal sito dell’editore: a inseguire il Bianconiglio, incontrare il Brucaliffo, sfuggire alla Regina di cuori e far merenda con il Cappellaio matto in compagnia della biondina saranno ora molti più lettori, compresi quelli con poco tempo, e che potranno ascoltare la storia in auto, e quelli con difficoltà di lettura, che potranno finalmente conoscerla in una versione integrale ma accessibile.

La voce che qui anima la curiosa ragazzina e che ne rende fruibile il viaggio anche alla orecchie di lettori dislessici o con disturbi visivi, è quella di Anna Foglietta. Attrice di cinema e televisione, Anna vanta una voce suadente e calda che pare un invito a mettersi comodi in poltrona con una tazza di the fumante tra le dita e un paio di cuffie sulla testa: esattamente ciò che ci vuole, d’altronde, per un’avventura british che si rispetti!

Una cosa difficile

Dei due amici, un cagnolino e un galletto, protagonisti di Una cosa difficile, vediamo all’inizio soltanto il primo. Il cagnolino, dall’aria preoccupata, rincorre infatti un affare rotondo che è rotolato giù dal crinale e che pare spezzato. Una volta recuperato, lo tiene saldo e si avvia su per la collina sfidando vento, pendenza e gelo. È solo allora che appare il galletto: è di spalle e sembra vagare con lo sguardo vero l’orizzonte. Sta piangendo in realtà ma quando l’amico gli porge l’affare rotondo, che si rivela essere la ruota di un carretto, e gli chiede scusa, tutto cambia. È allora che il lettore capisce in un lampo che cosa doveva essere accaduto prima che la ruota ruzzolasse giù per la collina. Ed è allora che gode, insieme ai due protagonisti, della sensazione bellissima di una cosa – un carretto o un’amicizia – che si aggiusta.

Tutto giocato sui toni del bianco, del nero e dell’azzurro, Una cosa difficile racconta attraverso le immagini la strada tortuosa che conduce da uno sgarbo al perdono. Dentro queste poche e tenere pagine c’è tutta la fatica di chi sa di aver sbagliato ma vuole rimediare: le lunghe distanze da colmare, le intemperie da sopportare, i rischi da correre e gli ostacoli da superare. Perché quando si è ferito qualcuno lo si avverte distante e freddo, non si sa come possa accogliere la richiesta di perdono e ci si deve rimboccare le maniche per riconquistare la fiducia perduta. Ma sono sforzi che trovano una ricompensa perché a pace fatta si torna a sorridere giù per la collina. Con i suoi sfondi ariosi e i suoi personaggi curiosi, Una cosa difficile accoglie calorosamente il lettore, anche con difficoltà legate alla decodifica testuale, non solo perché contiene una sola importantissima parola – scusa – ma anche perché racconta in modo lineare e pulito una storia agevole da seguire e in cui è facile immedesimarsi.

Supersorda

Supersorda è un racconto a fumetti, dallo stile buffo e dal tono estremamente ironico, in cui l’autrice statunitense si rifà alla sua personale esperienza di bambina divenuta improvvisamente sorda a causa di una malattia e al percorso di integrazione cui questo episodio l’ha portata. Lo fa costruendo un mondo in cui la protagonista – che non a caso si chiama proprio Cece – e chi la circonda assumono le sembianze di simpatici conigli, collocati in un mondo perfettamente umanizzato.

Lungo le oltre 240 pagine di questo romanzo a fumetti, colorate e divertenti, si legge di una bambina come tante che si ritrova a dover fare i conti con una forma di diversità invisibile e insieme ingombrante. L’enorme orecchio fonico che Cece è costretta a portare con sé con non poco imbarazzo diventerà nelle sue fantasie di bambina il simbolo di un superpotere che sì la distingue, ma in positivo. Grazie all’apparecchio, Cece riesce infatti a sentire cose che gli altri non sentono (come la maestra quando è in pausa o persino alla toilette) e a conquistare così l’ammirazione dei compagni. Ma quello verso l’accettazione di sé, base imprescindibile anche per l’accettazione degli altri, è per la bambina un vero percorso a ostacoli, in cui le difficoltà non sono celate. Sono difficoltà piccole e grandi, dettate dal sentirsi inadeguate, dall’avvertire costantemente il curioso sguardo altrui sopra di sé, dal non riuscire, banalmente, a vivere a pieno un pigiama party in cui ci si scambi confidenze a luce spenta.

Grazie a una narrazione che parte da un vissuto e che fa leva su un’autoironia straordinaria, Supersorda riesce a far conoscere al lettore un personaggio fuori dal comune ma vicinissimo nei sentimenti, ad appassionarlo e a farlo ridere con una storia in cui la positività è la chiave del successo e a rendere la sordità una differenza più facile da comprendere e forse approcciare.

Lindo Porcello

Creato dal pennello sottile di Eric Battut, interprete straordinario dello spirito infantile, Lindo Porcello è un personaggio che da anni fa innamorare occhi e orecchie in formato mignon. La sua avventura è corta ma intensa, perfettamente condensata in una serie di onomatopee, come si addice a un pubblico di piccolissimi. Il suo divorare una fettona di torta, dar vita a un bel disegno colorato, lanciarsi nel fango con la bicicletta, costruire un castello di sabbia, e infine darsi una bella ripulita è tutto marcato da un ragionato susseguirsi di gnam gnam, splish splash, et voilà e shshshshssss che rendono la lettura estremamente coinvolgente e invitano al contributo attivo da parte del piccolo lettore.

Non meriterebbe forse ogni bambino di godere di questo piccolo piacere? Assolutamente sì! Ecco perché la pubblicazione di Lindo Porcello all’interno della collana I libri di Camilla è davvero un’ottima notizia. Da ora infatti anche i bambini con disturbi della comunicazione potranno seguire a pieno le intense attività del maialino sorridente, grazie alla simbolizzazione del testo curata da Enza Crivelli in collaborazione con Auxilia. Come gli altri titoli di questa collana, Lindo Porcello risulta in tutto e per tutto – impostazione grafica, testo e immagini – rispettoso nei confronti del volume originale, e inserisce semplicemente i simboli WLS al di sotto del testo, in appositi riquadri. .

Il libro di Eric Battut, dal canto suo, sembrerebbe prestarsi naturalmente a una versione in CAA, per via della struttura narrativa asciutta e chiara, con un solo personaggio che compie una serie di azioni riconoscibili e familiari; per via delle frasi brevissime, disposte una per pagina e contraddistinte dalla costante ed esplicita ripresa del soggetto; per via della netta distinzione tra testo (a sinistra) e immagine (a destra); e infine per via della semplicità e della ripresa rigorosa (nella forma e nella posizione) del protagonista, così come rappresentato senza dettagli superflui su di un brillante sfondo rosso.

Il piccolo coniglio bianco

Andare a raccogliere i cavoli per fare la zuppa, tornare a casa e trovare una capra capraccia che se ne è deliberatamente impossessata. Ohibò, questo sì che è un brutto fatto! Ecco allora che il piccolo coniglio bianco, a cui questa disavventura è effettivamente capitata, si ritrova a vagare per la campagna alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo. E se non può contare sul bue, sul cane e sul gallo, perché troppo fifoni, il protagonista troverà per fortuna un insospettabile alleato nella formichina: non c’è trippa che tenga, i suoi pizzichini fanno scappare persino le capre capracce!

Divertente e capace di capovolgere le attese, Il piccolo coniglio bianco ha dalla sua ha dei personaggi buffissimi, una narrazione che fa un uso spassoso dell’iterazione e un linguaggio teneramente colloquiale che lo rendono efficacissimo per una lettura ad alta voce. Questi aspetti, insieme alla grafica piuttosto ordinata, hanno senz’altro giocato la loro parte nella scelta del volume, tra quelli editi da Kalandraka, per la traduzione in simboli da inserire all’interno della collana I libri di Camilla.

Dalla primavera 2017, infatti, l’albo di  Xosé Ballesteros e Óscar Villán figura tra i titoli che, grazie alla simbolizzazione basata sulla collezione WLS (Widgit Literacy Symbols), risultano fruibili anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione o con difficoltà di lettura. Non solo: il curriculum, in termini di accessibilità, de Il piccolo coniglio bianco è arricchito da una precedente traduzione in simboli in terra spagnola che ne garantisce la funzionalità e il potenziale successo.