I giorni del mare
Dopo Nel mio giardino il mondo e Su e giù per le montagne, Irene Penazzi torna in vacanza con spirito bambino. Per il terzo volume della serie edita da Terre di Mezzo, l’autrice sceglie una meta marittima. Il titolo è, infatti, I giorni del mare. Come negli altri libri, anche qui troviamo una narrazione che procede per sole immagini e incontriamo tre personaggi: due bambine e un bambino. Eppure a ben guardare non sono davvero loro al centro del racconto. Sembrerebbero piuttosto il gioco e il tempo, i protagonisti assoluti di queste tavole meravigliose.
Il gioco è declinato in tutte le sue forme: strutturato e improvvisato, solitario e condiviso, sulla sabbia e tra le onde, con il supporto di giocattoli o della sola fantasia, corto o lungo, calmo o sfrenato, di ricerca o di sfida… quante opportunità riserva, in effetti, il contesto della spiaggia a chi voglia godersi a pieno le vacanze? Non c’è un minuto da perdere!
Il tempo, dal canto suo, appare silenzioso sulla pagina. I giorni del mare ritrae, infatti, le attività dei tre personaggi in un ipotetico arco temporale che va da inizio giugno a fine agosto. L’affollamento che cambia, l’arrivo delle stelle cadenti, il clima via via meno clemente, gli indumenti sempre più pesanti, i ritmi più lenti… Irene Penazzi non si limita a fotografare l’estate ma ne segue gli sviluppi con attenzione, premurandosi di costruire le sue illustrazioni con dovizia di dettagli che possano guidare la lettura sequenziale. Il suo tratto a matita leggero e inconfondibile, le sue tinte tenui e allegre e il suo sguardo fresco su un mondo mai sopito come quello infantile fanno de I giorni del mare una delizia in cui immergersi per un tempo lungo, godendo dei particolari e dei ricordi che questi senza dubbio attivano in ognuno di noi. La pista delle biglie, la sfida ai cavalloni, i gelati, le altalene a testa in giù, gli scherzi, le costruzioni con la sabbia e le partite a bocce o racchettoni ma anche, più sottilmente, l’allegria spensierata – diversa inevitabilmente da quella di città – con cui queste attività si susseguono e si intrecciano e la curiosità indomita che un ambiente naturale come quello marittimo può solleticare. Irene Penazzi sa guardare, ricordare, fotografare e restituire benissimo non solo le cose ma anche i sentimenti e proprio questo rende speciali i suoi libri senza parole.
La costruzione narrativa, dal canto suo, è particolare come nei volumi precedenti e tende a trattare in maniera dinamica e non lineare la doppia pagina. Gli stessi protagonisti compiono cioè più azioni all’interno della stessa cornice, senza soluzione di continuità, e questo richiede al lettore grande spirito di osservazione e capacità di inferenza: due qualità spesso presenti nei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento o con una disabilità in cui sia compromessa la sola decifrazione testuale (per esempio la sordità) ma che possono faticare a emergere all’interno dei libri tradizionali e che invece, all’interno di silent book come questi, trovano terreno fertilissimo per risplendere ed essere messe a frutto.