30 giorni per capire i disturbi visivi

L’attenzione rivolta al tema della disabilità da parte dell’editoria per ragazzi è andata crescendo negli ultimi anni . Storie potenti e meravigliose hanno squarciato tabù, offerto rappresentazioni e allargato sguardi, andando di pari passo a libri di qualità decisamente più discutibile, in cui chiari intenti prescrittivi risultano camuffati da racconti deboli e posticci. Sono volumi in qualche modo sleali, questi ultimi, che pur assumendo una forma squisitamente narrativa, si prefiggono in realtà di spiegare la disabilità e di offrire, per quanto in buona fede, istruzioni e ammonimenti in merito. Ecco allora che anche e soprattutto rispetto a queste proposte, la serie 30 giorni per capire… di Uovonero porta una significativa ventata di novità. Perché qui non ci sono travestimenti o inganni, i libri intendono aiutare i ragazzi a conoscere l’autismo, i disturbi visivi o i disturbi dell’apprendimento e per farlo scelgono la forma che più è congeniale a uno scopo divulgativo: il manuale.

I libri di 30 giorni per capire… sono, infatti, tre manuali costruiti con grandissima intelligenza sulle esigenze dei ragazzi: chiarezza, ironia e praticità sono le loro parole chiave. Ogni volume sfida infatti i lettori a cimentarsi con una serie di challenge – dinamica, questa, molto presente nei contenuti video di cui i ragazzi sono avidi fruitori – con cui sperimentare alcuni aspetti peculiari del modo di stare al mondo di chi vive una certa condizione. Tutt’altro che tediose, le challenge sono molto creative e si rivelano particolarmente divertenti se condivise in un clima sereno con i pari. La serie in questione si presta, così, a dare i suoi migliori frutti se impiegata come strumento di azione e riflessione di gruppo: uno strumento decisamente accattivante e fuori dagli schemi consigliatissimo per le classi, per esempio. Target ideale: scuola media (ma i libri sono fruibili già dalla fine della scuola primaria), un ordine di scuola che tra l’altro è spesso bistrattato e all’interno del quale è talvolta difficile trovare delle proposte di attività davvero stimolanti.

Le challenge sono corredate da un breve approfondimento che collega l’esperienza fatta a una specifica caratteristica del disturbo trattato. In questo modo esse diventano un’occasione concreta per mettersi nei panni di qualcun altro e per capire il perché di alcuni comportamenti altrui che potrebbero altrimenti apparire strambi e indecifrabili. A chiudere ogni capitolo, l’invito a condividere sui social foto e video che attestino gli esiti delle singole challenge, con specifici hashtag: aspetto, questo, forse più critico, se si considera lo scarto tra l’età di riferimento dei volumi e l’età minima teoricamente richiesta per iscriversi ai social network più diffusi.

A rendere questo progetto davvero innovativo e meritevole ci sono tanti aspetti, di cui tre particolarmente significativi: la scelta di interloquire in maniera efficace con i reali destinatari dei volumi; la capacità di sposare un tono umoristico (mai forzato!) a un atteggiamento sempre rispettoso nei confronti di coloro che i diversi disturbi li vivono in prima persona; e l’attenzione a restituire la complessità di questi ultimi con una chiarezza estrema che non compromette, tuttavia, il rigore scientifico delle informazioni fornite. E qui viene davvero fuori tutta la solidità e la serietà di una realtà editoriale come quella di Uovonero, in cui competenze specifiche molto trasversali si integrano in maniera efficace e vincente.

 

30 giorni per capire i disturbi visivi, in particolare, guida il lettore tra i diversi tipi di difficoltà visive in cui è possibile incappare – dal daltonismo all’ipovisione fino ad arrivare alla cecità – mettendo in luce il fatto che le persone che ne sono colpite possono essere autonome ma che spesso debbano adattarsi, non senza fatica, a un mondo che non è progettato per agevolarle in questo percorso.

Rispetto agli altri volumi della serie, questo dedica maggiore spazio a una parte scientifica introduttiva che illustra i fenomeni ottici alla base del funzionamento della vista, prima di addentrarsi nello specifico tra le implicazioni quotidiane di una vita in cui questo senso sia più o meno compromesso. Buona parte delle prime challenge proposte sono funzionali, infatti, a capire cos’è la luce e come opera l’occhio e si basano, per esempio, sulla proiezione, sulle illusioni ottiche o sul riconoscimento di immagini. Le sfide che seguono, invece, invitano il lettore a sperimentare attività comuni – dalla preparazione di cibi all’orientamento nello spazio, dal riconoscimento dei compagni all’identificazione di fonti sonore – senza fare affidamento sul senso della vista. Fil rouge è sempre la proposta di attività che siano calate nell’universo di riferimento dei ragazzi, che sappiano spiazzarli, appassionarli, divertirli o incuriosirli: perché è proprio vero che se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo.

Tariq

Che brava, Alice Keller, con quella sua scrittura che ti prende allo stomaco e te lo stropiccia come fosse di tessuto. Quando accosta la penna agli adolescenti, sembra sappia captare i loro pensieri, anche quelli sommersi o che sbucano appena, e restituirli con una lingua che è loro fedelissima. Così, in una manciata di pagine, il lettore si trova catapultato in una dimensione che sembra proprio dargli del tu.

In Tariq, quella dimensione si fa largo tra i palazzoni di periferia, dove drammi e fragilità sono tanto comuni che quasi non ci si fa caso e dove la prospettiva del futuro tende a sagomarsi su necessità troppo impellenti e su orizzonti troppo chiusi. In questa cornice, quando il giovane Tariq decide di iscriversi al liceo linguistico – scelta quantomai rara tra coloro che gli vivono accanto – sono ben pochi a dargli credito. Ma come si fa a trovare la propria strada fuori dal sentiero battuto, se nessuno intorno sembra credere che quella strada esista?

E così, strattonato da una famiglia faticosa e affaticata, da un contesto che trova ordinari una pistola nello zaino, una gravidanza su un pianerottolo o uno skate park di lamiere, Tariq quella strada rischia di perderla di vista. Diventa Tariq il pazzo, quello che disturba le lezioni, che incute timore agli insegnanti, che “ne hai combinata un’altra delle tue?”. È un attimo che dalla scuola arriva una lettera di sospensione che per Tariq pesa davvero come un macigno. Di fronte allo sbriciolarsi delle sue deboli speranze, ci sono per il ragazzo lo spaesamento, la paura, la fuga. Ma poi ci sono anche sguardi e (poche ma significative) parole di cura, soprattutto da parte della sorella e della coetanea Jasmine che con lui condivide inciampi e desiderio di riscatto. Ed così che Tariq può forse pensare di riprender fiato e far ripartire quella sua vita rimasta in standby…

Coinvolgente da trattenere il fiato e travolgente da scorrer via in un lampo, Tariq è una lettura davvero interessante per ragazzi di scuola secondaria. La brevità e le caratteristiche di alta leggibilità con cui è proposto da Camelozampa lo rendono, inoltre, particolarmente intrigante anche per lettori un po’ refrattari o ostacolati dalla dislessia nell’approccio al testo.

 

L’albero, la nuvola, la bambina

Chiara Valentina Segré e Paolo Domeniconi – la cui sintonia felice avevamo già apprezzato in Lola e io – torna a toccare il lettore nel profondo con un nuovo albo che è una specie di sussurro, un invito quieto a confrontarsi con timori complessi, come quello della fine e della vita esposta al cambiamento.

Nel dialogo tra una bambina preoccupata per la sorte del fratello malato e un pruno ormai prossimo all’abbattimento, i due autori indagano il legame che ci avvicina alla natura, lo scarto tra ciò che scompare e ciò che resta con la morte, il valore della trasformazione e la varietà di forme che possono assumere la cura e il ricorso. Con uno stampo squisitamente metaforico, che vede i pensieri cupi farsi nuvola tempestosa o una prugna succosa rappresentare la memoria che dà frutto – l’albo edito da Camelozampa esplora temi tutt’altro che banali e offre al lettore una forma di poesia che prescinde da versi e rime.

L’autrice sceglie e inanella, infatti, con grande misura le parole che dicono preoccupazione e speranza mentre l’illustratore dà vita a tavole magnetiche in cui tutto – dalle inquadrature alle palette, dalle ombre ai riflessi – concorre a dare spessore e intensità al dialogo tra la bambina e l’albero.

L’albero, la nuvola e la bambina chiede silenzio e tempo per sedimentare e rimestare dentro, offrendo una lettura di una certa complessità, nonostante il numero ristretto di pagine che lo compongono. Il libro costituisce dunque un esempio perfetto di come l’albo illustrato possa prestarsi a raccontare storie tutt’altro che banali che chiamano a sé un pubblico non proprio inesperto, capace di leggere non solo le parole, ma anche le figure e l’intreccio tra i due linguaggi. Questo, unito alla scelta di caratteristiche di alta leggibilità, ne fanno un volume particolarmente appagante e fruibile anche per bambini e ragazzi con dislessia.

Il principe Budino

Cosa capita se un re e una regina, tanto desiderosi di avere un figlio, non danno alla luce un bambino ma un budino? Capita che questi dovrà mettersi sulle tracce del terribile Vincislappo, sfidare mostri stravaganti e superare indenne un incantesimo originale: unica via per ritrovare sembianze umane e poter finalmente sposare la principessa Sofficina.

Insolita fiaba dal sapore gastronomico, Il principe budino ha una trama lineare e scorrevole che predispone una lettura abbordabile e leggera. Buffe illustrazioni accompagnano un testo in rima non sempre in discesa ma perlopiù piacevole.

Nato esclusivamente come audiolibro, Il principe Budino è ora disponibile anche in formato ebook e in formato cartaceo. Proposto con accorgimenti di alta leggibilità – come il font EasyReading, la spaziatura maggiore e lo sbandieramento a destra – quest’ultimo include anche la versione audio originale, tramite QRcode scansionabile dalla quarta di copertina: un’opportunità interessante, questa, per mettere i lettori – soprattutto ma non solo con difficoltà di lettura legate alla dislessia – nella condizione di disporre a piacimento di quanti più supporti e formati possibili e affrontare, così, la lettura con maggiore agio.

Dante Pappamolla

Occhialetti da quattrocchi, nome-fardello in memoria dell’Alighieri, tendenza ad assumere il color peperone in viso, genitori fissati con l’alimentazione ultra-vega-vegetariana. A Dante Tertuliani – noto a tutti, non a caso, come Dante Pappamolla – non potevano capitare più sfortune. Tranne una, forse: la morte dell’adorata e scapestrata nonna Leopoldina, quella che sognava di comprare una moto col nipote o che lo rimpinzava di nascosto di ragù.

Alla sua scomparsa, però, Dante riceve un’eredità impareggiabile: una pietra magica che trasporta in luoghi lontani dove scoprire popoli e persone. Gli Inuit, per esempio, nel freddissimo e incontaminato Polo Nord. Qui Dante entra in contatto con una cultura, dei paesaggi, delle abitudini e soprattutto un sé del tutto nuovi. Quasi inavvertitamente si scopre eroe e capace di fare scelte coraggiose e rispettose che non tarderà a riportare anche nel suo vecchio mondo con risultati straordinari.

Malgrado gli insegnamenti risultino un po’ marcati, la sua è una storia di crescita gustosa, in cui non mancano episodi buffi e avventure impreviste e che beneficia per di più di un carattere tipografico più leggibile e meno stancante. Camelozampa propone infatti il libro di Isabella Paglia e di Adriano Gon all’interno della bella collana Peli di gatto che si avvale di caratteristiche di alta leggibilità, tra cui l’uso del font EsayReading, la sbandieratura e destra, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la stampa su carta opaca. Questi aspetti, uniti a una storia leggera, a illustrazioni frequenti e a capitoli brevi fanno di Dante Pappamolla  un libro assolutamente abbordabile e consigliabile anche in caso di difficoltà o di resistenza alla lettura.

La famiglia sgraffignoni. Il furto di compleanno

Se tuo papà si chiama Mariolo, tua mamma Fia e tua sorella Ale (diminutivo, ça va sans dire, di Criminale), è facile immaginare che la tua vita di onesto e probo figliolo possa essere un tantino in salita. Lo sa bene Fausto, che un giorno sì e l’altro pure si trova coinvolto suo malgrado in furti domestici di calzini, visite non autorizzate ai negozi di giocattoli e occultamento di piedi di porco: lui, che è buono fino al midollo e che di dire bugie proprio non è capace. Così, all’approssimarsi del suo compleanno, Fausto inizia a desiderare due cose soltanto: dei calzini tutti suoi e un lecca legga gigante regolarmente acquistato nel negozio di dolciumi. Inutile dire che la famiglia ha tutt’altri piani per procurarsi gli oggetti in questione, piani che causeranno un bel po’ di trambusto, qualche effrazione e un lieto fine rocambolesco in cui le forze dell’ordine, nella persona del vicino di casa Paul Iziotto, sono per una volta benvenute in casa Sgraffignoni!

Leggereo e spiritoso, La famiglia Sgraffignoni. Il furto di compleanno è il primo volume di una serie firmata da Anders Sparring e Per Gustavsson e portata in Italia da Sinnos. Di formato smilzo e dal ritmo svelto, il libro offre un’occasione di lettura poco gravosa e piuttosto divertente, capace di solleticare anche lettori meno spediti. Il formato maneggevole, le illustrazioni frequenti, il font leggimi e le caratteristiche di impaginazione ad alta leggibilità concorrono infatti in maniera sinergica a fare della pagina un luogo piacevole in cui sostare.

La giostra degli scontenti

Con La giostra degli scontenti, Roberto piumini dà vita a una storia in rima semplice semplice, perfetta da leggere ad alta voce. Protagonisti sono i pezzi di una giostra di paese che, ispirati dal desiderio di fuga di uno di loro, provano e riprovano finché riescono a staccarsi dalla piattaforma che li fa girare in tondo. Da lì inizia il loro viaggio in libertà e, approdati nel giardino di Mago Merlino, coronano finalmente il loro desiderio di far divertire i bambini portandoli lontano, verso orizzonti sconosciuti.

Schietto e con un tono d’altri tempi, La giostra degli scontenti presenta alcune peculiarità interessanti dal punto di vista dell’accessibilità. Non solo, infatti, il libro risulta stampato con caratteristiche di alta leggibilità, che concernono il font (EasyReading), la spaziatura e il tipo di carta e che ne agevolano la fruizione in caso di dislessia, ma presenta anche una struttura compositiva che affianca al testo in rima e in stampatello minuscolo una sintesi a grandi caratteri e in stampatello maiuscolo che consente anche a bambini piccoli o con difficoltà cognitive di godere della storia e delle immagini.

Io e Leo

Vi ricordate Max Halters? Bè, la sua carriera da stuntman è ormai al tramonto ma il personaggio creato da Boonen e Melvin ha ancora molto da fare e da dire. Così, a sorpresa, lo ritroviamo coprotagonista di Io e Leo, il nuovo racconto illustrato targato Sinnos. Il giovane Leo del titolo è un ragazzino con un grosso, grossissimo problema: da un giorno all’altro, infatti, dopo l’incidente in bicicletta che ha causato la morte del padre, si ritrova ad essere inspiegabilmente invisibile. La mamma, la maestra, i compagni e persino il cane del vicino sembrano all’improvviso non accorgersi o non ricordarsi di lui. E Leo, per questo, non si dà pace.  Per fortuna, nel suo vagare per la città, il ragazzino incontra proprio Max Halters. In veste di saggio clochard, questi lo accompagna in un viaggio sul filo della realtà, in cui incontri sorprendenti e conversazioni bizzarre lo aiuteranno a ritrovare un pochino sé stesso e farsi a sua volta ritrovare anche da chi gli sta intorno.

Intenso e forte, ma non per questo disposto a rinunciare a quel tocco di folle leggerezza che contraddistingue i lavori dei due autori, Io e Leo racconta di un’amicizia profonda, di un vuoto che pare impossibile colmare e di sentimenti forti che possono trasformarci. La storia di Leo e del lutto che deve affrontare arriva così al lettore, forte come un carrello della spesa giù per una collina ripida, coinvolgendolo in modo travolgente. Il testo non è banale ma le illustrazioni a ogni pagina e le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità ne agevolano la lettura, consentendo anche a lettori più riluttanti di confrontarsi con un racconto corposo. Forte di illustrazioni dal sapore fumettistico e dal tratto inconfondibile, di atmosfere surreali (rese ben evidenti da diffusi toni aranciati) e di personaggi che lasciano il segno, Leo e io porta sulla pagina una piccola sfida che riserva grandi soddisfazioni e forti emozioni al lettore che deciderà di affrontarla.

Un piano quasi perfetto

I bambini non leggono più e hanno occhi solo per gli schermi? No problem, da oggi c’è una soluzione! Con una grafica originalissima che trasforma ogni doppia pagina in un computer aperto, Un piano (quasi) perfetto fa della lettura un’esperienza sorprendente e diversamente tecnologica. Coloratissimo e dal tratto divertente, il libro scritto e illustrato da Silvia Baroncelli racconta di un coniglio di nome Cosimo che, vivendo lontano dai nonni, prova spesso una grande nostalgia per loro. Abituato a vederli e sentirli tramite computer (esperienza quanto mai comune di questi tempi!), Cosimo decide che per il suo compleanno vuole ricevere da loro un abbraccio vero e così organizza in gran segreto una spedizione per raggiungerli.

Per organizzare il viaggio servono intraprendenza e abilità con il computer che, non a caso, a Cosimo non mancano! E così, pagina dopo pagina, il coniglio mette a punto il suo piano sfruttando il computer di casa per cercare treni e strade: il tutto – data la segretezza dell’operazione – destreggiandosi e cercando di non farsi distrarre dalla ricerca di ricette e video rock per i famigliari. La missione si rivela così più complessa del previsto. Per fortuna ogni compleanno che si rispetti non manca di sorprese e – computer o meno – anche questo finirà per onorare la tradizione!

Molto accattivante grazie alle figure amichevoli e vivaci, alla struttura a pc che richiede una lettura in verticale e alla rivisitazione in chiave conigliesca di alcuni aspetti e dettagli del mondo umano, Un piano (quasi) perfetto si presenta come una lettura particolarmente originale per lettori alle prime armi, forte anche di un font e di caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità, di testi minimi in maiuscolo (dialoghi) e in minuscolo, perfettamente inglobati nelle illustrazioni e di un apparato visuale che la fa nettamente da padrone. Difficile non provare curiosità di fronte a un libro così particolare e una volta aperto… bè, lì inizia davvero il viaggio!

Il cattivissimo Groem

Quello messo in piedi dal team di Tadà è un progetto innovativo e ambizioso: integrare le potenzialità del digitale e quelle della scrittura supportata visivamente, per proporre un’occasione di lettura accattivante e accessibile anche in caso di difficoltà comunicative e cognitive.

Il progetto prevede infatti il rilascio di una serie di fiabe e favole, sia tradizionali sia originali, scritte in simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) e fruibili tramite l’app gratuita per Ios e Android tadà.

L’applicazione garantisce per ogni titolo un ricco set di strumenti e possibilità di personalizzazione della lettura, con l’obiettivo di rendere quest’ultima il più possibile su misura per il singolo bambino. Ogni storia può essere infatti letta in due versioni – una più semplice e una più elaborata – e in tre modalità – “muta”, che consente al piccolo lettore o a chi lo accompagna di leggere in autonomia; “narrata”, nella quale una voce registrata legge in maniera fluida mentre le parole pronunciate vengono via via messe in evidenza; e “solo tasti”, in cui la voce registrata pronuncia solo le parole corrispondenti ai simboli tappati man mano dal bambino.

A questo, si aggiunge la possibilità di stabilire a priori il numero massimo di volte in cui un simbolo può essere schiacciato e dunque ripetuto, così da favorire un avanzamento progressivo nella lettura ed evitare la fossilizzazione, voluta o involontaria, su di una specifica parte del testo. Come voce registrata, inoltre, può essere scelta quella fornita dall’applicazione o può esserne registrata una personale – del bambino stesso o di chi legge con lui, a seconda della possibilità e delle preferenze – così da personalizzare ulteriormente la lettura e superare quella che potrebbe essere una delle insidie principali del digitale, ossia la limitazione della dimensione intima ed esclusiva propria dell’esperienza narrativa.

Una volta stabilite le preferenze e la lettura è avviata, si ha sempre a disposizione sulla schermata in alto a destra un riquadro ben visibile che riporta il simbolo di una tabella. Cliccandoci sopra si accede a una vera e propria tabella digitale che comprende tutte le espressioni più utili a un bambino con difficoltà comunicative per interagire con chi legge e partecipare attivamente alla lettura. Le richieste sono le più variegate: dalla ripetizione all’interruzione, dal fare le facce al registrare la voce, dall’esprimere maggiore o minore apprezzamento al manifestare il desiderio di giocare.

E a proposito di gioco, ecco l’ultima peculiarità degli ebook di Tadà: ogni titolo presenta la possibilità di completare e integrare la lettura con giochi, dalla complessità personalizzabile. Questi comprendono per esempio quiz, giochi di memoria e attività di comprensione del testo.

Alla luce di tutte queste caratteristiche, il lavoro proposto dal team di Tadà è davvero apprezzabile per la quantità e qualità di strumenti messi a disposizione del lettore, per la capacità di sfruttare a pieno le potenzialità del digitale e per la precisione con cui le funzioni messe a punto rispondono a specifici bisogni di bambini con difficoltà comunicative. La speranza è dunque che il suo catalogo continui a venire implementato, magari con un’attenzione in più alla qualità e alla piacevolezza delle illustrazioni.

 

Il cattivissimo Groem

Il cattivissimo Groem è uno dei titoli proposti da Tadà in formato digitale e provvisto di simboli. Favola originale, scritta dalla neuropsichiatra infantile Maria Antonietta Liccardi, racconta di sette topolini attaccati all’improvviso da un gattaccio brutto e cattivo di nome Groem. Solo il più piccolo dei topolini riesce a scamparla e subito si mette alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo a salvare i suoi fratelli. Inizia così un lungo viaggio durante il quale il topolino incontra un vecchio cane, una volpe malata, un timido asino e un’aquila maestosa e a ciascuno di loro chiede soccorso. Per ragioni diverse, tutti si rifiutano di aiutarlo. Solo l’aquila, dopo essersi apparentemente voltata dall’altra parte, torna infine dal topolino tenendo stretto tra gli artigli il sacco in cui Groem aveva chiuso i suoi fratelli. Giustizia è fatta e il coraggio del più piccolo dei topini viene finalmente premiato e omaggiato.

Semplice e lineare, la storia de Il cattivissimo Groem si fa apprezzare per una struttura ben ritmata e per l’uso reiterato di alcune formule che coinvolgono il lettore e lo aiutano a riconoscere una precisa struttura narrativa. La storia è scritta sfruttando simboli WLS riquadrati, con parte alfabetica in minuscolo. I simboli presentano alcuni qualificatori, come quelli di tempo o di numero, ma non sempre sono associati a singoli elementi lessicali: preposizioni, articoli e aggettivi qualificativi, per esempio, sono associati al sostantivo di rifermento, privilegiando in questo modo l’essenzialità del racconto in simboli alla sua esaustività e fluidità

Le felicità

Che delizia, la parola di Piumini quando scava nelle gioie a misura di bambino! Nel bel volume pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele, il giovane lettore può trovare una sfilza di piccoli grandi piaceri, cantati con la raffinatezza amichevole di cui il poeta bresciano è maestro. A ogni pagina, una poesia. A ogni poesia, una felicità. Non sempre l’oggetto della contentezza è esplicitato ma anche qui sta il bello: complici le illustrazioni inconfondibili e irresistibili di Sergio Olivotti, con le quali i testi di Piumini vanno a braccetto, sta al lettore intuire di cosa si parli, come in una sorridente caccia al tesoro linguistico. Da un regalo atteso alle feste di un cane, dalle figurine alle vacanze, da una nevicata notturna al ricordo di una nonna amata, i brevi componimenti che danno vita a Le felicità sono una coccola da gustarsi con parsimonia o da scartare una via l’altra come fossero cioccolatini.

Inserita all’interno della collana I bulbi dei piccoli, di cui presenta le consueta caratteristiche di alta leggibilità, questa raccolta stuzzicante di poesie suggerisce silenziosamente che anche i giovani lettori con maggiori difficoltà di lettura abbiano diritto a fare il pieno di parole ricercate e musicali, supportati da una grafica e da una stampa il più facilitante possibile ma al contempo stimolati da contenuti inattesi e generi che sono una vera appagantissima conquista.

Il fiore ritrovato

Tre bambini, un giardino, un vecchio giardiniere, un fiore: la quarta di copertina non dice altro a proposito di questo libro e, in effetti, in questi quattro ingredienti c’è tutto ciò che serve, c’è la promessa di un racconto che profuma di fiaba, di avventura e, un poco, di mistero. Promessa mantenuta, di fatto, poiché la storia senza parole confezionata da Jeugov conduce il lettore in un vero e proprio giardino segreto in cui avviene una sorta di magia: quella della natura che cura e trasforma.

In quel giardino segreto in cui cresce un meraviglioso e secolare albero giungono un giorno tre bambini con indole da esploratori. Alto e accogliente, l’albero diventa subito teatro di giochi irresistibili, cosa che non sembra apprezzata dal burbero uomo che abita lì vicino e che di punto in bianco decide di abbattere la pianta. Motivo apparente per questo gesto crudele sembrerebbe non esserci e così, incuriositi, i tre bambini si spingono di soppiatto fino alla casa dell’uomo. Qui scoprono un segreto che viene dal passato e che li porta a mettersi sulle tracce di un misterioso fiore. La ricerca non sarà facile, non sarà immediata, non sarà priva di rischi, ma i tre bambini la affrontano con determinazione, fino ad assistere e a partecipare a una strabiliante trasformazione che il profumo dei fiori, come una sorta di pozione magica, ha il potere di attivare.

Il libro di Jeugov procede per sole immagini, caratterizzate da uno stile squisitamente liberty, lo stesso che contraddistingue la villa di campagna che ha ispirato e in cui è nata la storia de Il fiore ritrovato. Colori saturi, contorni marcati, motivi grafici e gusto per la decorazione costituiscono dunque la cifra di questo libro senza parole che gioca essenzialmente sul contrasto tra nero, bianco, verde e arancione (con qualche lampo rosso e giallo là dove il finale celebra la trasformazione più piena) e che si compone di tavole dall’effetto ipnotico.  Raffinate e di grande impatto, queste ultime richiedono una certa capacità di districarsi tra figure stilizzate e composizioni affollate per godere a pieno del racconto. Per contro, quest’ultimo mette in campo tutti gli indizi di cui il lettore necessita per muoversi con agio tra le pagine, seguendo senza indugio il filo narrativo. Abilissimo nel disseminare dettagli significativi, l’autore guida, infatti, con perizia e pazienza il dipanamento della trama, offrendo una lettura appassionante e appagante per lettori dall’occhio attento.

30 giorni per capire l’autismo

L’attenzione rivolta al tema della disabilità da parte dell’editoria per ragazzi è andata crescendo negli ultimi anni . Storie potenti e meravigliose hanno squarciato tabù, offerto rappresentazioni e allargato sguardi, andando di pari passo a libri di qualità decisamente più discutibile, in cui chiari intenti prescrittivi risultano camuffati da racconti deboli e posticci. Sono volumi in qualche modo sleali, questi ultimi, che pur assumendo una forma squisitamente narrativa, si prefiggono in realtà di spiegare la disabilità e di offrire, per quanto in buona fede, istruzioni e ammonimenti in merito. Ecco allora che anche e soprattutto rispetto a queste proposte, la serie 30 giorni per capire… di Uovonero porta una significativa ventata di novità. Perché qui non ci sono travestimenti o inganni, i libri intendono aiutare i ragazzi a conoscere l’autismo, i disturbi visivi o i disturbi dell’apprendimento e per farlo scelgono la forma che più è congeniale a uno scopo divulgativo: il manuale.

I libri di 30 giorni per capire… sono, infatti, tre manuali costruiti con grandissima intelligenza sulle esigenze dei ragazzi: chiarezza, ironia e praticità sono le loro parole chiave. Ogni volume sfida infatti i lettori a cimentarsi con una serie di challenge – dinamica, questa, molto presente nei contenuti video di cui i ragazzi sono avidi fruitori – con cui sperimentare alcuni aspetti peculiari del modo di stare al mondo di chi vive una certa condizione. Tutt’altro che tediose, le challenge sono molto creative e si rivelano particolarmente divertenti se condivise in un clima sereno con i pari. La serie in questione si presta, così, a dare i suoi migliori frutti se impiegata come strumento di azione e riflessione di gruppo: uno strumento decisamente accattivante e fuori dagli schemi consigliatissimo per le classi, per esempio. Target ideale: scuola media (ma i libri sono fruibili già dalla fine della scuola primaria), un ordine di scuola che tra l’altro è spesso bistrattato e all’interno del quale è talvolta difficile trovare delle proposte di attività davvero stimolanti.

Le challenge sono corredate da un breve approfondimento che collega l’esperienza fatta a una specifica caratteristica del disturbo trattato. In questo modo esse diventano un’occasione concreta per mettersi nei panni di qualcun altro e per capire il perché di alcuni comportamenti altrui che potrebbero altrimenti apparire strambi e indecifrabili. A chiudere ogni capitolo, l’invito a condividere sui social foto e video che attestino gli esiti delle singole challenge, con specifici hashtag: aspetto, questo, forse più critico, se si considera lo scarto tra l’età di riferimento dei volumi e l’età minima teoricamente richiesta per iscriversi ai social network più diffusi.

A rendere questo progetto davvero innovativo e meritevole ci sono tanti aspetti, di cui tre particolarmente significativi: la scelta di interloquire in maniera efficace con i reali destinatari dei volumi; la capacità di sposare un tono umoristico (mai forzato!) a un atteggiamento sempre rispettoso nei confronti di coloro che i diversi disturbi li vivono in prima persona; e l’attenzione a restituire la complessità di questi ultimi con una chiarezza estrema che non compromette, tuttavia, il rigore scientifico delle informazioni fornite. E qui viene davvero fuori tutta la solidità e la serietà di una realtà editoriale come quella di Uovonero, in cui competenze specifiche molto trasversali si integrano in maniera efficace e vincente.

 

Nel volume 30 giorni per capire l’autismo, in particolare, le challenge proposte mirano a focalizzare l’attenzione sulla peculiarità delle percezioni sensoriali, dell’uso della memoria, delle abilità motorie e sociali e del rapporto con le parole e con la comunicazione non verbale da parte delle persone autistiche. Grazie ad attività curiose ma facilmente realizzabili nella pratica, come l’adozione di una routine giornaliera casuale, il trasporto di una lattina con uno spaghetto o una caccia al tesoro misteriosa, il lettore viene messo nella condizione di capire che l’autismo comporta un diverso modo del cervello di funzionare e di conseguenza un diverso modo di stare al mondo. Mettendo inoltre in evidenza le sensazioni, in particolare di disagio, che il lettore presumibilmente sperimenta nel corso di alcune challenge, il volume ha la capacità per nulla scontata di dare un senso a taluni comportamenti tipici e spiazzanti delle persone autistiche e di sottolineare il ruolo che ciascuno di noi può giocare nella costruzione di contesti di vita più a misura di neurodivergenti. Zero moralismi e tanta pratica, insomma: chapeau!

Explorers

Da un posto che custodisce sarcofagi, mammuth, farfalle e armature non ci si può che aspettare magie. E in effetti una piccola magia è proprio quel che ha luogo tra le sale maestose del museo che il protagonista di Explorers e la sua famiglia sono decisi a visitare. Giusto il tempo di acquistare un singolare uccello di origami da un senzatetto nei pressi del museo, dopodiché mamma, papà, bambino e sorellina in passeggino sono pronti a tuffarsi tra le sale traboccanti di cultura. Meglio partire dalle farfalle o dai dinosauri? L’uccello di carta fiondato lontano taglia la testa al toro e nel tentativo di acciuffarlo, la visita diventa uno slalom tra t-rex e triceratopi, mummie e draghi cinesi, quadri e templi greci. L’inseguimento è divertente ma, senza accorgersene, il bambino finisce per perdersi tra le sale. Per fortuna c’è nelle vicinanze un bambino attento e disponibile: ché per una via smarrita, c’è dietro l’angolo una nuova e inattesa amicizia trovata!

Apprezzatissimo per il suo stile dinamico e la sua capacità di costruire storie fatte di figure, Matthew Cornell torna con un nuovo racconto senza parole, dopo la felice esperienza di Un lupo nella neve. Più enigmatico e meno dettagliato di quest’ultimo, Explorers racconta una storia di amicizia vera arricchita da una spolverata fantastica. Attento a rendere con cura le espressioni dei personaggi che tanto dicono di ciò che sta accadendo sulla pagina, l’autore lascia ampio spazio alle inferenze del lettore. Ecco allora che il silent book offre una lettura particolarmente appagante per quei lettori che trovano un ostacolo nella decodifica del testo ma che si muovono con agio tra le figure, completando senza troppa difficoltà i vuoti narrativi che queste ritagliano.

 

La caccia notturna

Non fatevi ingannare dallo stile asciutto e dai colori scuri che dominano la copertina de La caccia notturna: lungi dal dar vita a una storia cupa a ingessata, questi tratti sono piuttosto la chiave di una storia silenziosa sorprendente e appassionante.

Protagonisti sono due intrepidi amici – un armadillo e un serpente – decisi a far scorta di frutta, intrufolandosi in piena notte in una casa. I due non hanno fatto, però, i conti con il gatto da guardia. Insospettito da insoliti rumori, questi si mette infatti sulle tracce degli intrusi e inizia un giro di perlustrazione per le stanze. Ma i due ladruncoli non sono dei dilettanti: in ogni ambiente, giusto un attimo prima che il gatto li raggiunga, assumono le sembianze di un diverso oggetto d’arredo, così da risultare praticamente invisibili. E se, turlupinato a puntino, il gatto finisce per gettare la spugna e rinunciare alla sua missione di ricerca, lo stesso difficilmente può dirsi del lettore: la dinamica del cerca-trova costruita in ogni pagina rende infatti la narrazione estremamente sfiziosa. Riconoscere l’armadillo e il serpente nel bastone della doccia, nel bollitore, nel termosifone o nel mappamondo diventa, infatti, ragione di avanzamento irresistibile e piacevolissima.

Al gusto di trovare le parole per raccontare una storia che di parole scritte non ne ha – peraltro a ragion più che veduta, perché il silenzio è qui funzionale al contesto furtivo e al meccanismo di misteriosa mimetizzazione – si aggiunge, quindi, quello di raccogliere la sfida dei due animali, veri e propri artisti del camouflage!

Oh!

È proprio il caso di dirlo: Oh!, che splendida e inaspettata notizia la ripubblicazione di questo libro! Gioiellino senza tempo firmato da Josse Goffin, Oh! era uscito in Italia quasi trent’anni fa per i tipi della Emme edizioni e torna ora sugli scaffali per felice iniziativa di Kalandraka.

Semplice ed eppure sorprendente, il libro procede per doppie pagine di sole immagini che, grazie al collaudato meccanismo delle alette, trasformano puntualmente il soggetto rappresentato in qualcosa di assolutamente inatteso. Così, per esempio, una tazza diventa una nave, una molletta un pesce, una scarpa un drago e una racchetta da ping pong un aeroplano che fuma la pipa.

Nel mondo surreale di Goffin, non solo le cose mutano con una naturalezza straordinaria, ma un gatto che si lava i denti o un coccodrillo che porta la bombetta non fanno il benché minimo scalpore. Ecco allora che il lettore si lascia trasportare senza difficoltà lungo una narrazione che ha i piedi tutt’altro che per terra e che fa dello stupore il suo motore trainante. Impossibile per lui – che abbia 3 o 90 anni – resistere alla tentazione di immaginare cosa possano diventare quella mela o quel pagliaccio in scatola posti sulla pagina, una volta che l’aletta si sarà sollevata.

Oltre a vantare un fascino istantaneo, Oh! ha il pregio di risultare fruibile anche da parte di bambini con maggiori difficoltà di lettura. In primis, l’assenza di parole lo rende più amichevole nei confronti di quei lettori che faticano nella decodifica del testo alfabetico. In seconda battuta, la lettura visiva risulta accessibile e godibile anche in presenza di difficoltà cognitive, grazie al filo narrativo minimale con cui le diverse pagine sono legate (l’oggetto al centro di ogni doppia pagina è già presente, con un ruolo più marginale, anche in quella precedente) e alle immagini chiarissime, prive di fronzoli, dai contorni netti che si stagliano su uno sfondo pulito. Infine, la semplice ma efficace dinamica ludica che il libro mette in campo agevola l’aggancio anche dei lettori più recalcitranti: ché la sorpresa, si sa, ha un fascino davvero irresistibile!

Guarda il gatto. Tre storie su un cane

David Larochelle è un autore poliedrico e versatile: se il suo romanzo young adult Io no… o forse sì colpiva per il vivo e autentico approccio a temi spinosi, Guarda il gatto sa conquistare bambini di età prescolare con tre storie brevi e spassosissime. Target e tipo di racconto sono dunque totalmente diversi, ma identica è la capacità di fare centro!

Protagonista in Guarda il gatto, è un buffo cane di nome Max che interagisce in maniera piuttosto accesa con l’autore del libro, fino a costringerlo a modificarne il contenuto. Inscritto all’interno di un gioco metanarrativo efficacissimo, il loro è un botta e risposta incalzante e divertente che si presta alla perfezione a una lettura ad alta voce e che non lesina su colpi di scena, sorprese e trovate spiazzanti.

In ogni doppia pagina, la parte a sinistra contiene una breve e incisiva frase che fa avanzare il racconto, mentre la parte a destra vede la reazione di Max a quanto appena scritto, in un dialogo che ogni volta fa prendere alla storia una piega inaspettata. Tra gatti, unicorni, serpenti e ippopotami la vita narrativa di Max non può certo dirsi tranquilla e, parimenti, il lettore non ha modo di annoiarsi.

Storie minime, testo essenziale, (meta)narrazione sorprendente (e, grazie a Biancoenero, anche font ad alta leggibilità): non è difficile capire come mai Guarda il gatto. Tre storie su un cane abbia vinto uno sfilza di premi e immaginare come possa dare vita a letture, condivise o autonome, di grande appagamento.

B.B. il clownboy

Pistole cariche, cavalli al galoppo, fratelli banditi e atmosfere polverose: gli ingredienti per un western coi fiocchi ci sono tutti. Ma poi arriva lui – B.B – e ogni previsione viene salta diritta all’aria. Armato di naso rosso, pistole ad acqua e polvere ridarella, B.B. non si accontenta, infatti, di essere un cowboy: B.B. è piuttosto un clown-boy!

Sotto il sole del west, il personaggio creato da Stefania Luisi e illustrato da Umberto Mischi si muove in sella al suo cavallo a dondolo e in compagnia del suo fido cane Banana. Quando si ferma in un villaggio, il suo spettacolo è sempre un successo, con grande soddisfazione di tutti gli spettatori. Tutti tranne tre, a dire il vero. I terribili fratelli G. – Gionni il furbo, Gimmi lo svelto e Gessi il grosso – detestano l’ottimismo gioioso con cui B.B. affronta ala vita e non perdono occasione per opporgli tutta la loro prepotente arroganza. E così, quando B.B. non si presenta per l’atteso spettacolo, i bambini del villaggio sospettano subito che possa essere stato rapito e che i colpevoli possano essere proprio i tre gradassi. Liberare il clown-boy non sarà facile, ma grazie al suo esempio sulla contagiosità del sorriso, nasi rossi e fuochi d’artificio possono tornare a illuminare le calde serate del west.

B.B. il clownboy propone una storia sorridente e semplice: qualità, queste, che ben si attagliano anche al testo e alla stampa. Il racconto procede infatti in maniera piana e lineare, sfruttando frasi perlopiù brevi o paratattiche e un lessico di facile accesso. Pubblicato ad alta leggibilità, come tutti i titoli della collana Minizoom di cui fa parte, il libro vanta una veste amichevole, grazie alle illustrazioni a ogni pagina, al font biancoenero, alla spaziatura maggiore, alla sbandieratura a destra e alla distinzione netta tra paragrafi.  Il volume si presta in questo modo a supportare e invogliare i giovanissimi lettori alle prese con le prime letture autonome, anche laddove siano presenti difficoltà legate alla dislessia.

Il nostro cane Max

Gli animali domestici sono, per tanti padroni e padroncini, autentici membri della famiglia. Con loro si condividono rituali, viaggi, esperienze, emozioni e così, quando muoiono, lasciano un vuoto grande e un segno indelebile. Proprio questa parabola esistenziale, tanto familiare a chiunque abbia posseduto e amato un cane o un gatto, trova posto tra le pagine de Il nostro cane Max.

Il libro scritto da Alessandra Bocchetti omaggia e ripercorre la vita del cane Max all’interno della famiglia che lo ha accolto quando era ancora piccolissimo e brutto. L’autrice racconta in particolar modo il rapporto speciale e unico che il cane instaura con i diversi membri della famiglia, dando un assaggio delle piccole gioie che, dal primo all’ultimo giorno, la sua presenza ha regalato. Fino a che la vecchiaia lo porta via, senza che tuttavia il suo ricordo svanisca. Tutt’altro: nel cielo, nelle rocce e persino nella forma di un’isola Max torna a far visita ai suoi padroncini, nel nome di un legame intenso e sempre vivo.

Lineare e senza particolari capriole narrative, Il nostro cane Max si presenta come un omaggio personalissimo a un cagnolino realmente esistito che suscita simpatia e affetto. Piacevole da leggere e commuovente nel finale, il libro fa parte della collana Minizoom di cui condivide tutte le apprezzabili caratteristiche di alta leggibilità.

Olle

Olle non è un cane come tutti gli altri: non solo perché agli occhi del suo padrone ha un nonsoché di speciale (cosa, in effetti, piuttosto frequente), ma anche e soprattutto perché pensa e parla proprio come un umano. Le sue riflessioni sono spiazzanti e ironiche. Il suo è un modo di guardare al mondo che invita ad assumere prospettive nuove, mettendo in conto per esempio che le paperelle di gomma possano avere sentimenti, che il vento si possa leggere al pari di un libro stampato e che per farsi obbedire sia meglio spiegare le richieste più che dare ordini. Ecco allora che ogni giorno accanto a Olle diventa un’occasione per lasciarsi stupire e interrogare, godendo di una quotidianità condivisa da assaporare in leggerezza.

Breve ma appassionante, Olle si compone di aneddoti gustosi e mai debordanti, nei quali la penna leggera e pensosa di Guus Juijer trova uno spazio ideale. Con gli occhi ora di Olle, ora del suo padrone, il libro racconta di un’amicizia che dura una vita intera e in cui il punto di vista a quattro zampe offre uno sguardo insolito sui piaceri e sui dolori della vita, umana o canina che sia. Lo fa con una prosa asciutta e scorrevole, in cui si mescolano riflessioni e minuscole avventure quotidiane: dall’assalto cortese al panettiere al tentativo di accoppiarsi con l’amata Dien, dalle giornate pigre in giardino al rifiuto di occuparsi di cose ridicole come il riporto di una ciabatta.

Misurato e piacevole da seguire, il racconto è inoltre reso particolarmente amichevole nell’aspetto tipografico, grazie ad alcuni accorgimenti ispirati all’alta leggibilità adottati da Camelozampa. Il libro non solo si compone infatti di capitoli brevi e abbordabili che non scoraggiano il lettore, ma non giustifica il testo e fa uso del font EasyReading.

Tra le sorprese che ci riserva infine Olle c’è anche l’incontro con un Thé Tjong-Khing decisamente insolito e piuttosto distante, nel tratto e nella composizione, dall’illustratore che abbiamo conosciuto per esempio negli albi brulicanti editi da Beisler come Tortintavola, Tortinfuga o Tortarté. Qui, in pieno accordo con lo stile di Guus Kuijer, il suo segno è più placido, quasi schizzato: un segno sorridente e un po’ malinconico che omaggia con garbo il legame intensissimo che può legare un umano e il suo animale domestico.

Canto di Natale

Neve? C’è. Camino acceso? Pure. Abete con palline e stella? Fatto. Perfetto, siamo pronti. Perché Natale possa davvero dirsi tale manca solo una cosa: il più classico dei Canti, quello che porta la firma di Charles Dickens e la fumosa atmosfera delle ottocentesche vie di Londra. Interpretato e declinato negli anni nelle forme più disparate, Canto di Natale è da poco uscito in una convincente versione da ascoltare, per iniziativa della casa editrice Locomoctavia. In formato mp3  su cd o scaricabile dal sito della casa editrice, con la suggestiva copertina di Pietro Nicolaucich, questo Canto di Natale è l’ideale per godersi a pieno il clima delle feste, avendo le mani libere per sorseggiare una tazza di tè!

Contraddistinto dalla consueta cura con cui Locomoctavia confeziona i suoi audiolibri, Canto di Natale vede l’interpretazione di un bravissimo Daniele Fior, capace di valorizzare la musicalità del testo di Dickens e di restituire la trasformazione del vecchio Scrooge, colto in tutte le sfumature d’animo, dal risentimento più arido alla generosità più calorosa. La voce avvolgente e mai eccessiva dell’attore sono una coccola calda per dare il benvenuto all’inverno e godersi per tre ore buone il tepore della casa in festa. A completare una narrazione già di per sé ammaliante e piacevolissima da ascoltare – preziosa per chi sperimenti difficoltà di lettura come per chi semplicemente voglia ritrovare la magia del racconto orale – non va poi scordato l’accompagnamento musicale dei Gueppecartò.

Il gruppo perugino arricchisce infatti il testo (interpretato in versione integrale) con note discrete e coinvolgenti, che sottolineano a puntino l’atmosfera del racconto e il cambio di spirito del protagonista. Assolutamente azzeccata, in questo senso, la scelta di associare ogni strofa a un diverso strumento musicale: l’effetto è infatti quello di una traccia, ora inquieta ora dolce, che accompagna le capriole emotive dell’anziano banchiere e del lettore che con lui partecipa al miracolo di Natale.

Mi vesto (collana A bocca aperta)

Se illustrare libri per bambini è faccenda seria (e lo è!), farlo per bambini piccolissimi è faccenda serissima. Qui, infatti, più che altrove, la personalità del segno deve necessariamente confrontarsi con specifiche esigenze di lettura e con abilità di decodifica ancora in maturazione: pena, il flop della proposta, l’accantonamento del libro o la sua fruizione passiva e priva di sollecitazioni appaganti.

Anche per questa ragione l’affacciarsi sul mercato di libri e collane contraddistinti da un’attenzione rispettosa nei confronti del giovanissimo lettore e delle sue possibilità vanno accolti con gioia. È il caso della collana A bocca aperta proposta da Camelozampa e supervisionata da Silvia Blezza Picherle e Luca Ganzerla, professori dell’Università degli Studi di Verona. Predisposta ad accogliere titoli variegati e a coinvolgere autori diversi, la collana è stata da poco inaugurata con una miniserie di volumi che portano la firma di Helen Oxenbury, vero e proprio mostro sacro dell’illustrazione per l’infanzia.

Composta di libretti – quattro finora – cartonati, quadrati e senza parole, questa miniserie si rivolge a bambini piccoli e risulta fruibile già al di sotto dell’anno. Protagonista è un bebè dal passo ancora incerto minuziosamente rappresentato nei gesti, nelle pose e negli interessi tipici dei bambini di quell’età. Ad ogni pagina e in base al tema specifico del libro, il bebè interagisce con animali domestici e oggetti quotidiani senz’altro familiari ai lettori suoi coetanei. Il suo sguardo è attento e curioso, le sue movenze ancora acerbe e impacciate, la sua concentrazione massima, così il suo potenziale lettore finisce per trovarsi di fronte a uno specchio che riflette esattamente il suo modo di approcciare il mondp. Non è un caso, in questo senso, se i titoli che contengono un verbo sono declinati alla prima persona singolare (Mi vesto, Mi diverto)

All’interno di ogni volume, le scene proposte si susseguono secondo una logica minima (le azioni della giornata seguono vagamente una scansione temporale) o più sovente non la seguono affatto, andando piuttosto a comporre una sorta di imagier inerente a un certo tema in cui, volendo, l’ordine delle pagine potrebbe anche essere rimescolato. In particolare:

Al lavoro immortala il bebè nelle azioni quotidiane più comuni che lo vedono protagonista, come la pappa, il bagnetto o la passeggiata in carrozzina.

Mi diverto illustra alcuni dei passatempi più amati, dal concerto di pentole e cucchiai alla lettura di un libro, dalle costruzioni (e distruzioni) con i cubi alle coccole con un grande pupazzo.

Mi vesto ritrae il bebè intento a infilare, uno via l’altro, i vari capi di abbigliamento, dai più agevoli come il cappello ai più complessi come i calzini.

Amici, infine, mostra l’interazione del protagonista con animali diversi, di piccola, grossa e grossissima taglia, con i quali, in forme diverse, si instaura una tenera complicità.

A fare la differenza in questi volumi sono alcune attenzioni specifiche al livello cognitivo dei potenziali lettori e agli elementi che ne favoriscono una soddisfacente appropriazione del racconto. Così, per esempio, le figure appaiono nitide su sfondo bianco e pulito, prive di orpelli decorativi e dettagli inutili; il bambino è sempre ritratto nella sua interezza intento a compiere azioni e movimenti ben riconoscibili; dettagli come le espressioni del viso, le movenze o l’abbigliamento indossato in relazione alle specifiche attività sono sempre coerenti. Inoltre gli oggetti e gli animali rappresentati sono scelti tra quelli che più facilmente il bambino conosce, in modo da offrirgli un’esperienza appagante di decodifica dell’immagine e soprattutto di ognuno di essi viene proposta un’illustrazione estrapolata dal contesto nella pagina di sinistra e un’illustrazione che ne mostra l’uso o l’interazione da parte del bambino nella pagina di destra. Come ben spiegato da Luigi Paladin e Rita Valentino Merletti all’interno del saggio Nati sotto il segno dei Libri, questa attenzione particolare agevola l’operazione di lettura da parte del bambino piccolo perché attiva in maniera più potente la cosiddetta simulazione incarnata.

Tutti questi elementi, dal canto loro, favoriscono il coinvolgimento e la piena partecipazione anche da parte di bambini con maggiori difficoltà cognitive che qui più che altrove possono trovare racconti quotidiani davvero riconoscibili e poco confusivi.

A rendere infine speciali questi volumi, il guizzo ironico inimitabile di Helen Oxenbury che anche quando si rivolge a un pubblico di giovanissimi lettori non cede alla tentazione della rappresentazione piatta e banale. Così tra queste pagine non sarà difficile imbattersi in bambini decisi a infilare i pantaloni dopo aver indossato le scarpe, a tenere in ostaggio un gatto inerme adibito a cuscino o a leggere con grande interesse un libro girato al contrario.

Mi diverto (collana A bocca aperta)

Se illustrare libri per bambini è faccenda seria (e lo è!), farlo per bambini piccolissimi è faccenda serissima. Qui, infatti, più che altrove, la personalità del segno deve necessariamente confrontarsi con specifiche esigenze di lettura e con abilità di decodifica ancora in maturazione: pena, il flop della proposta, l’accantonamento del libro o la sua fruizione passiva e priva di sollecitazioni appaganti.

Anche per questa ragione l’affacciarsi sul mercato di libri e collane contraddistinti da un’attenzione rispettosa nei confronti del giovanissimo lettore e delle sue possibilità vanno accolti con gioia. È il caso della collana A bocca aperta proposta da Camelozampa e supervisionata da Silvia Blezza Picherle e Luca Ganzerla, professori dell’Università degli Studi di Verona. Predisposta ad accogliere titoli variegati e a coinvolgere autori diversi, la collana è stata da poco inaugurata con una miniserie di volumi che portano la firma di Helen Oxenbury, vero e proprio mostro sacro dell’illustrazione per l’infanzia.

Composta di libretti – quattro finora – cartonati, quadrati e senza parole, questa miniserie si rivolge a bambini piccoli e risulta fruibile già al di sotto dell’anno. Protagonista è un bebè dal passo ancora incerto minuziosamente rappresentato nei gesti, nelle pose e negli interessi tipici dei bambini di quell’età. Ad ogni pagina e in base al tema specifico del libro, il bebè interagisce con animali domestici e oggetti quotidiani senz’altro familiari ai lettori suoi coetanei. Il suo sguardo è attento e curioso, le sue movenze ancora acerbe e impacciate, la sua concentrazione massima, così il suo potenziale lettore finisce per trovarsi di fronte a uno specchio che riflette esattamente il suo modo di approcciare il mondp. Non è un caso, in questo senso, se i titoli che contengono un verbo sono declinati alla prima persona singolare (Mi vesto, Mi diverto)

All’interno di ogni volume, le scene proposte si susseguono secondo una logica minima (le azioni della giornata seguono vagamente una scansione temporale) o più sovente non la seguono affatto, andando piuttosto a comporre una sorta di imagier inerente a un certo tema in cui, volendo, l’ordine delle pagine potrebbe anche essere rimescolato. In particolare:

Al lavoro immortala il bebè nelle azioni quotidiane più comuni che lo vedono protagonista, come la pappa, il bagnetto o la passeggiata in carrozzina.

Mi diverto illustra alcuni dei passatempi più amati, dal concerto di pentole e cucchiai alla lettura di un libro, dalle costruzioni (e distruzioni) con i cubi alle coccole con un grande pupazzo.

Mi vesto ritrae il bebè intento a infilare, uno via l’altro, i vari capi di abbigliamento, dai più agevoli come il cappello ai più complessi come i calzini.

Amici, infine, mostra l’interazione del protagonista con animali diversi, di piccola, grossa e grossissima taglia, con i quali, in forme diverse, si instaura una tenera complicità.

A fare la differenza in questi volumi sono alcune attenzioni specifiche al livello cognitivo dei potenziali lettori e agli elementi che ne favoriscono una soddisfacente appropriazione del racconto. Così, per esempio, le figure appaiono nitide su sfondo bianco e pulito, prive di orpelli decorativi e dettagli inutili; il bambino è sempre ritratto nella sua interezza intento a compiere azioni e movimenti ben riconoscibili; dettagli come le espressioni del viso, le movenze o l’abbigliamento indossato in relazione alle specifiche attività sono sempre coerenti. Inoltre gli oggetti e gli animali rappresentati sono scelti tra quelli che più facilmente il bambino conosce, in modo da offrirgli un’esperienza appagante di decodifica dell’immagine e soprattutto di ognuno di essi viene proposta un’illustrazione estrapolata dal contesto nella pagina di sinistra e un’illustrazione che ne mostra l’uso o l’interazione da parte del bambino nella pagina di destra. Come ben spiegato da Luigi Paladin e Rita Valentino Merletti all’interno del saggio Nati sotto il segno dei Libri, questa attenzione particolare agevola l’operazione di lettura da parte del bambino piccolo perché attiva in maniera più potente la cosiddetta simulazione incarnata.

Tutti questi elementi, dal canto loro, favoriscono il coinvolgimento e la piena partecipazione anche da parte di bambini con maggiori difficoltà cognitive che qui più che altrove possono trovare racconti quotidiani davvero riconoscibili e poco confusivi.

A rendere infine speciali questi volumi, il guizzo ironico inimitabile di Helen Oxenbury che anche quando si rivolge a un pubblico di giovanissimi lettori non cede alla tentazione della rappresentazione piatta e banale. Così tra queste pagine non sarà difficile imbattersi in bambini decisi a infilare i pantaloni dopo aver indossato le scarpe, a tenere in ostaggio un gatto inerme adibito a cuscino o a leggere con grande interesse un libro girato al contrario.

Amici (collana A bocca aperta)

Se illustrare libri per bambini è faccenda seria (e lo è!), farlo per bambini piccolissimi è faccenda serissima. Qui, infatti, più che altrove, la personalità del segno deve necessariamente confrontarsi con specifiche esigenze di lettura e con abilità di decodifica ancora in maturazione: pena, il flop della proposta, l’accantonamento del libro o la sua fruizione passiva e priva di sollecitazioni appaganti.

Anche per questa ragione l’affacciarsi sul mercato di libri e collane contraddistinti da un’attenzione rispettosa nei confronti del giovanissimo lettore e delle sue possibilità vanno accolti con gioia. È il caso della collana A bocca aperta proposta da Camelozampa e supervisionata da Silvia Blezza Picherle e Luca Ganzerla, professori dell’Università degli Studi di Verona. Predisposta ad accogliere titoli variegati e a coinvolgere autori diversi, la collana è stata da poco inaugurata con una miniserie di volumi che portano la firma di Helen Oxenbury, vero e proprio mostro sacro dell’illustrazione per l’infanzia.

Composta di libretti – quattro finora – cartonati, quadrati e senza parole, questa miniserie si rivolge a bambini piccoli e risulta fruibile già al di sotto dell’anno. Protagonista è un bebè dal passo ancora incerto minuziosamente rappresentato nei gesti, nelle pose e negli interessi tipici dei bambini di quell’età. Ad ogni pagina e in base al tema specifico del libro, il bebè interagisce con animali domestici e oggetti quotidiani senz’altro familiari ai lettori suoi coetanei. Il suo sguardo è attento e curioso, le sue movenze ancora acerbe e impacciate, la sua concentrazione massima, così il suo potenziale lettore finisce per trovarsi di fronte a uno specchio che riflette esattamente il suo modo di approcciare il mondp. Non è un caso, in questo senso, se i titoli che contengono un verbo sono declinati alla prima persona singolare (Mi vesto, Mi diverto)

All’interno di ogni volume, le scene proposte si susseguono secondo una logica minima (le azioni della giornata seguono vagamente una scansione temporale) o più sovente non la seguono affatto, andando piuttosto a comporre una sorta di imagier inerente a un certo tema in cui, volendo, l’ordine delle pagine potrebbe anche essere rimescolato. In particolare:

Al lavoro immortala il bebè nelle azioni quotidiane più comuni che lo vedono protagonista, come la pappa, il bagnetto o la passeggiata in carrozzina.

Mi diverto illustra alcuni dei passatempi più amati, dal concerto di pentole e cucchiai alla lettura di un libro, dalle costruzioni (e distruzioni) con i cubi alle coccole con un grande pupazzo.

Mi vesto ritrae il bebè intento a infilare, uno via l’altro, i vari capi di abbigliamento, dai più agevoli come il cappello ai più complessi come i calzini.

Amici, infine, mostra l’interazione del protagonista con animali diversi, di piccola, grossa e grossissima taglia, con i quali, in forme diverse, si instaura una tenera complicità.

A fare la differenza in questi volumi sono alcune attenzioni specifiche al livello cognitivo dei potenziali lettori e agli elementi che ne favoriscono una soddisfacente appropriazione del racconto. Così, per esempio, le figure appaiono nitide su sfondo bianco e pulito, prive di orpelli decorativi e dettagli inutili; il bambino è sempre ritratto nella sua interezza intento a compiere azioni e movimenti ben riconoscibili; dettagli come le espressioni del viso, le movenze o l’abbigliamento indossato in relazione alle specifiche attività sono sempre coerenti. Inoltre gli oggetti e gli animali rappresentati sono scelti tra quelli che più facilmente il bambino conosce, in modo da offrirgli un’esperienza appagante di decodifica dell’immagine e soprattutto di ognuno di essi viene proposta un’illustrazione estrapolata dal contesto nella pagina di sinistra e un’illustrazione che ne mostra l’uso o l’interazione da parte del bambino nella pagina di destra. Come ben spiegato da Luigi Paladin e Rita Valentino Merletti all’interno del saggio Nati sotto il segno dei Libri, questa attenzione particolare agevola l’operazione di lettura da parte del bambino piccolo perché attiva in maniera più potente la cosiddetta simulazione incarnata.

Tutti questi elementi, dal canto loro, favoriscono il coinvolgimento e la piena partecipazione anche da parte di bambini con maggiori difficoltà cognitive che qui più che altrove possono trovare racconti quotidiani davvero riconoscibili e poco confusivi.

A rendere infine speciali questi volumi, il guizzo ironico inimitabile di Helen Oxenbury che anche quando si rivolge a un pubblico di giovanissimi lettori non cede alla tentazione della rappresentazione piatta e banale. Così tra queste pagine non sarà difficile imbattersi in bambini decisi a infilare i pantaloni dopo aver indossato le scarpe, a tenere in ostaggio un gatto inerme adibito a cuscino o a leggere con grande interesse un libro girato al contrario.

Al lavoro (collana A bocca aperta)

Se illustrare libri per bambini è faccenda seria (e lo è!), farlo per bambini piccolissimi è faccenda serissima. Qui, infatti, più che altrove, la personalità del segno deve necessariamente confrontarsi con specifiche esigenze di lettura e con abilità di decodifica ancora in maturazione: pena, il flop della proposta, l’accantonamento del libro o la sua fruizione passiva e priva di sollecitazioni appaganti.

Anche per questa ragione l’affacciarsi sul mercato di libri e collane contraddistinti da un’attenzione rispettosa nei confronti del giovanissimo lettore e delle sue possibilità vanno accolti con gioia. È il caso della collana A bocca aperta proposta da Camelozampa e supervisionata da Silvia Blezza Picherle e Luca Ganzerla, professori dell’Università degli Studi di Verona. Predisposta ad accogliere titoli variegati e a coinvolgere autori diversi, la collana è stata da poco inaugurata con una miniserie di volumi che portano la firma di Helen Oxenbury, vero e proprio mostro sacro dell’illustrazione per l’infanzia.

Composta di libretti – quattro finora – cartonati, quadrati e senza parole, questa miniserie si rivolge a bambini piccoli e risulta fruibile già al di sotto dell’anno. Protagonista è un bebè dal passo ancora incerto minuziosamente rappresentato nei gesti, nelle pose e negli interessi tipici dei bambini di quell’età. Ad ogni pagina e in base al tema specifico del libro, il bebè interagisce con animali domestici e oggetti quotidiani senz’altro familiari ai lettori suoi coetanei. Il suo sguardo è attento e curioso, le sue movenze ancora acerbe e impacciate, la sua concentrazione massima, così il suo potenziale lettore finisce per trovarsi di fronte a uno specchio che riflette esattamente il suo modo di approcciare il mondp. Non è un caso, in questo senso, se i titoli che contengono un verbo sono declinati alla prima persona singolare (Mi vesto, Mi diverto)

All’interno di ogni volume, le scene proposte si susseguono secondo una logica minima (le azioni della giornata seguono vagamente una scansione temporale) o più sovente non la seguono affatto, andando piuttosto a comporre una sorta di imagier inerente a un certo tema in cui, volendo, l’ordine delle pagine potrebbe anche essere rimescolato. In particolare:

Al lavoro immortala il bebè nelle azioni quotidiane più comuni che lo vedono protagonista, come la pappa, il bagnetto o la passeggiata in carrozzina.

Mi diverto illustra alcuni dei passatempi più amati, dal concerto di pentole e cucchiai alla lettura di un libro, dalle costruzioni (e distruzioni) con i cubi alle coccole con un grande pupazzo.

Mi vesto ritrae il bebè intento a infilare, uno via l’altro, i vari capi di abbigliamento, dai più agevoli come il cappello ai più complessi come i calzini.

Amici, infine, mostra l’interazione del protagonista con animali diversi, di piccola, grossa e grossissima taglia, con i quali, in forme diverse, si instaura una tenera complicità.

A fare la differenza in questi volumi sono alcune attenzioni specifiche al livello cognitivo dei potenziali lettori e agli elementi che ne favoriscono una soddisfacente appropriazione del racconto. Così, per esempio, le figure appaiono nitide su sfondo bianco e pulito, prive di orpelli decorativi e dettagli inutili; il bambino è sempre ritratto nella sua interezza intento a compiere azioni e movimenti ben riconoscibili; dettagli come le espressioni del viso, le movenze o l’abbigliamento indossato in relazione alle specifiche attività sono sempre coerenti. Inoltre gli oggetti e gli animali rappresentati sono scelti tra quelli che più facilmente il bambino conosce, in modo da offrirgli un’esperienza appagante di decodifica dell’immagine e soprattutto di ognuno di essi viene proposta un’illustrazione estrapolata dal contesto nella pagina di sinistra e un’illustrazione che ne mostra l’uso o l’interazione da parte del bambino nella pagina di destra. Come ben spiegato da Luigi Paladin e Rita Valentino Merletti all’interno del saggio Nati sotto il segno dei Libri, questa attenzione particolare agevola l’operazione di lettura da parte del bambino piccolo perché attiva in maniera più potente la cosiddetta simulazione incarnata.

Tutti questi elementi, dal canto loro, favoriscono il coinvolgimento e la piena partecipazione anche da parte di bambini con maggiori difficoltà cognitive che qui più che altrove possono trovare racconti quotidiani davvero riconoscibili e poco confusivi.

A rendere infine speciali questi volumi, il guizzo ironico inimitabile di Helen Oxenbury che anche quando si rivolge a un pubblico di giovanissimi lettori non cede alla tentazione della rappresentazione piatta e banale. Così tra queste pagine non sarà difficile imbattersi in bambini decisi a infilare i pantaloni dopo aver indossato le scarpe, a tenere in ostaggio un gatto inerme adibito a cuscino o a leggere con grande interesse un libro girato al contrario.

Imagine. C’est tout blanc

Se è vero (e crediamo di sì!) che i buoni libri aprano domande più che fornire risposte chiuse, un volume come Imagine. C’est tout blanc… non è buono ma buonissimo! Tutto costruito su coppie di immagini fotografiche che seminano senza svelare a pieno le loro possibili connessioni, il libro progettato da Claire Dé interroga il lettore con fare giocoso, invitandolo a immaginare i rapporti – temporali, causali, di somiglianza o chissà di che altro tipo – che legano a due a due le figure. Così, ad ogni doppia pagina, il lettore si trova di fronte mani e oggetti che interagiscono a distanza: nella fattispecie, la distanza di una rilegatura. Quest’ultima diventa infatti una sorta di spazio invisibile e colmo di significato, che racchiude tutti i possibili collegamenti logici e narrativi tra la pagina di sinistra a quella di destra.

A unire la successione di doppie pagine come un fil rouge – pardon, fil blanc – la scelta esclusiva di soggetti candidissimi. Piume, polistirolo, neve, soffioni, schiuma o petali sono così ritratti da vicino, quasi a renderne percepibile la texture, nel loro mutevole e taciuto rapporto con le mani che si trovano accanto.  Queste ultime, dal canto loro, appaiono immortalate nel loro fare quasi magico, capace con un movimento ben scelto di plasmare il mondo intorno a sé. Un dito che affonda nella schiuma da barba e posto accanto a due scie nel cielo lascia immaginare, per esempio, che quelle scie siano state proprio tracciate a mano, così come una mano chiusa a pugno e posta di fianco a un foglio sgualcito fa immediatamente pensare a un movimento accartocciante. Il chi, il perché, il quando e il come di queste azioni, dal canto loro, non sono dati e questo amplifica per chi legge la possibilità di trasformare le relazioni tra immagini in spunti felici per un racconto.

Versatilissimo e davvero capace di lasciare il lettore libero di vagare seguendo sentieri da lui stesso tracciati, il libro di Claire Dè è pubblicato dall’editore francese Éditions des Grandes Personnes ma è totalmente privo di parole, il che lo rende perfettamente fruibile anche da un pubblico non francofono. Tutto giocato sulla godibilità della lettura visiva, su immagini fotografiche di grande chiarezza e sul gioco di costruire inferenze a partire da elementi molto evocativi, Imagine. C’est tout blanc si presta bene a stuzzicare bambini con abilità diverse, forte anche della sua predisposizione a far riprodurre da chi legge i movimenti suggeriti, implicando così un efficace coinvolgimento anche di tipo fisico e cinetico.

Les animaux de la ferme

Si potrebbe pensare che Les animaux de la ferme sia un comune libro sugli animali della fattoria. E invece no, il libro di François Delebecque, così come gli altri che fanno parte della stessa serie edita in Francia da Les Grandes Personnes, è decisamente molto di più. Qui il bambino non si limita infatti a trovare cavalli, maiali, capre e galline disegnati ma ha l’occasione di conoscere e riconoscere questi animali da vicino, da diverse prospettive e in un crescendo di complessità che asseconda le sue abilità cognitive.

Come lo fa? Attraverso una scelta stilistica orientata alla pulizia e all’essenzialità (grandi sfondi bianchi su cui si stagliano silhouette nere), una particolare attenzione al tema della somiglianza e della varietà (animali della stessa famiglia sono affini ma non identici così come lo stesso animale può avere aspetti differenti a seconda dalla prospettiva e dal contesto in cui lo si guarda), e un impianto a finestrelle che invita all’interazione, al gioco e al confronto tra differenti forme di rappresentazione.

Ogni doppia pagina è dedicata a una diversa famiglia di animali e presenta 4-5 finestrelle – una più grande sulla sinistra e altre 3-4 più piccole sulla destra – su cui figura la sagoma nera del soggetto. Ben distinguibile anche in caso di ipovisione, questa illustra l’animale mettendone in evidenza i tratti più pertinenti. Perlopiù rappresentati di profilo nella pagina di sinistra, così da risultare più riconoscibili al primo impatto, gli animali sono proposti di fronte, a figura non intera, a gruppi o insieme a elementi di contesto nella pagina di destra: aspetto, questo, che invita il lettore a cimentarsi con operazione di riconoscimento via via più articolate e sfidanti.  Le sagome, dal canto loro, non sono disegnate a caso ma ricalcano esattamente la fotografia dell’animale nascosta sotto la finestrella. Tra il sotto e il sopra di quest’ultima si viene così a creare un gioco di richiami e rimandi che non solo diverte ma supporta efficacemente l’acquisizione di dimestichezza con forme di rappresentazione più e meno realistiche. Un’ultima doppia pagina, infine, ripropone sempre in forma di finestrella tutti gli animali incontrati dal lettore all’interno del libro, offrendogli un’ulteriore occasione di scoperta, gioco e conferma delle abilità fin lì messe alla prova.

Versatile e intrigante, Animaux de la ferme si presta a essere utilizzato in molti modi diversi, rispettando e stimolando le diverse abilità dei diversi lettori.

Mais où est Momo?

Irresistibile Momo! Burlone, astuto e molto molto cool, Momo è un cagnolone che ama giocare a nascondino. Grazie all’intuizione del suo padrone, questa sua passione diventa un divertente e coinvolgente filo narrativo che invita il lettore a seguire e scovare il quadrupede nelle situazioni più disparate. Nel volume Mais où est Momo?, quest’ultimo si nasconde infatti in giardino e in camera da letto ma anche in luoghi ben più improbabili come il luna park, la biblioteca o la palestra. Ne vien fuori un libro che è una specie di viaggio e di caccia al tesoro: ogni doppia pagina presenta, infatti, sulla destra una fotografia in cui cercare Momo e sulla sinistra quattro riquadri con altrettante fotografie di oggetti, ciascuno opportunamente nominato, anch’essi da ritrovare all’interno della scena.

Nato da un’idea coltivata su Instagram e pubblicato per la prima volta in America con il titolo Let’s find Momo!, il libro di Andrew Knapp  risulta estremamente accattivante ma anche molto fruibile. In primo luogo perché sfrutta immagini fotografiche, molto immediate, riconoscibili e apprezzate anche che parte di lettori con difficoltà di astrazione. In secondo luogo perché presenta una struttura grafica sempre identica in cui il lettore può ritrovarsi senza sorprese e in cui ogni oggetto è puntualmente associato alla parola che lo identifica, come in una sorta di simbolo della CAA in forma fotografica. E infine perché la dinamica ludica sottesa al volume supporti e solleciti competenze come quella di nominare le cose e riconoscere le figure, catturando con facilità il lettore.

Tra un pallone da basket e un calzino, un hot dog e un secchiello, Momo diventa così un compagno di marachelle su carta a cui ci si affeziona senza indugio. Per fortuna sul sito http://www.letsfindmomo.com/ è possibile proseguire il cerca-trova che lo vede protagonista su oltre 100 inediti scatti curati dall’autore.

Livro-clap

Se si parla di libri-gioco, Livro-Clap è un classico imprescindibile. Proposto per la prima volta nel 2014 dall’editore portoghese Planeta Tangerina, che delle sperimentazioni è attivo frequentatore, il libro ideato e illustrato da Madalena Matoso è stato ad oggi tradotto in molti paesi.

La sua forza sta in una struttura semplice e geniale che trasforma il movimento di sfogliatura delle pagine – un’azione, quindi, che coinvolge in prima persona il lettore – in una vera e propria animazione delle illustrazioni. L’autrice, infatti, sceglie e colloca astutamente su ogni doppia pagina una figura intenta a fare qualcosa – un musicista che suona i piatti, un uomo che fa gli addominali, un altro che solleva i pesi… – che pare davvero attivarsi nel momento in cui il lettore avvicina i bordi per passare alla doppia pagina seguente. Chi legge si trova così fisicamente coinvolto da ciò che accada all’interno del libro: aspetto, questo, che ne favorisce l’aggancio, la partecipazione e infine la comprensione, anche in caso di difficoltà di attenzione.

Non solo. Il libro vanta anche un altro aspetto che lo rende particolarmente coinvolgente e inclusivo: non presentando di fatto un vero e proprio testo ma piuttosto delle semplici onomatopee in accompagnamento alle figure, si presta bene a essere letto ad alta voce, ad essere partecipato e ad essere compreso anche da bambini con maggiori difficoltà di decodifica o cognitiva. Movimento e suono, in qualche modo, si fanno catalizzatori di lettura e trasformano il libro in un oggetto da animare. Efficacissimo, in questo senso, anche lo stile caratteristico dell’autrice Madalena Matoso che predilige figure molto vivaci su sfondi pulitissimi e forme essenziali prive di fronzoli.

Barban, fate, tritoni e altri esseri fantastici della Liguria

Dell’editore Telos abbiamo già avuto modo di apprezzare la scelta di proporre al lettore testi ricercati ma di grande accessibilità e strumenti di lettura estremamente ben studiati, come nel caso dei libri cartacei e digitali Il mago Tre-Pi e L’archeologo delle parole. Con la nuova collana 147 Mostro che parla!, curata da Teresa Porcella e affidata nei testi e nelle illustrazioni ad autori sempre diversi, l’editore molisano conferma questa sua predisposizione alla cura per la qualità e la fruibilità dei suoi volumi.

I libri che compongono la collana si caratterizzano per una grafica accattivante, per l’unione di componenti narrative e divulgative, per la combinazione di testo cartaceo e audiolibro e per scelte tipografiche ad alta leggibilità concernenti non solo il font (EasyReading) e l’impaginazione ma anche l’adozione di colori diversi per identificare ed evidenziare i diversi tipi di parole chiave (nomi, verbi, aggettivi).

Dedicato ad una diversa regione, ogni volume rimpasta materiale folkloristico legato alla presenza di creature fantastiche come mostri, folletti e fate, inserendolo all’interno di cornici narrative moderne e attuali. Nascono così racconti brevi e godibili con personaggi e ambientazioni ben calati nel presente che interagiscono con creature e racconti senza tempo.

Così accade, per esempio, che due bambine perdano il sentiero proprio a causa del folletto Sciverto, che Mirta dissemini gusci di noce qua e là nella speranza che una fata ne scelga uno per dondolarsi in aria o che un Barban si decida a scrivere una lettera ai bambini che lo temono per metterli a parte delle vere e false voci che circolano sul suo conto. Protagoniste del volume dedicato alla Liguria, scritto da Anselmo Roveda e illustrato da Giulia Pastorino, queste creature ritrovano così nuova vitalità e invitano il lettore a riscoprire tradizioni e radici.

Storie di Querciantica

Benvenuti a Querciantica, un bosco affascinante in cui non mancano creature di ogni specie, emozioni in cui rispecchiarsi e avventure piccole e grandi. Qui abitano animali che, giorno dopo giorno, si scoprono protagonisti di nuovi incontri, misteri, salvataggi e profezie. All’ombra accogliente di questi alberi hanno luogo vicende selvatiche che dicono tanto anche della natura dell’uomo, invitandolo a confrontarsi con alcuni valori importanti come l’amicizia, il coraggio e la lealtà. Questo accade, per esempio, quando il procione Pascal compare per la prima volta nel bosco e deve conquistarsi la fiducia dei suoi abitanti; quando il saggio barbagianni Cuorebianco lascia la foresta per cercare una compagna o quando la curiosa volpe Amelia corre un brutto pericolo per inseguire il suo sogno di volare.

Con il volume scritto da Francesca Casadio Montanari e illustrato da Marina Cremonini, la produzione in simboli di Homeless Book fa un balzo enorme in termini di qualità e appeal. Complice anche la copertina rigida e il grande formato che dà ampio spazio a testo e illustrazioni, Storie di Querciantica presenta un racconto illustrato delicato e come sospeso nel tempo, in cui le piacevoli figure ad acquerello animano sulla pagina vicende semplici ma coinvolgenti e ricche di personaggi a cui affezionarsi.  Non solo: la scelta di prediligere un ampio formato e una grafica pulitissima fa sì che il racconto in simboli appaia chiaro sulla pagina, nonostante non sia affatto scarno. Ne risulta così una lettura piacevole e agevolmente fruibile, anche grazie alla distribuzione dei simboli che asseconda a pieno la struttura della frase.

Ditino

Ditino è un tipo intraprendente: passa senza timore in alto, in basso, sopra e sotto le cose. Provare per credere! Il volume per piccolissimi ideato e realizzato da Martina Dorascenzi è infatti un invito per dita curiose a muoversi sulle pagine seguendo semplici istruzioni (“Ditino passa in alto”, per esempio), seguendo un bordo ricamato di facile reperimento. Collocato di volta in volta in una posizione diversa, il bordo delinea un sentiero, una sorta di traccia che il bambino può seguire per sperimentare in prima persona i concetti spaziali più elementari. Punto di riferimento rispetto a cui questi concetti acquistano senso, è un cuscinetto morbido posto al centro della pagina che il lettore può trovare e riconoscere con una certa immediatezza. Semplice me davvero molto ben fatto, Ditino risponde così allo specifico bisogno di allenare l’orientamento spaziale: abilità tutt’altro che scontata soprattutto (ma non solo) per i bambini non vedenti.

Ditino può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Nastrino e Quello che tocco. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali, che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, particolarmente importanti nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

Un giorno con le mani in tasca

Silvia Sasso si muove tra pagine e figure di stoffa con un talento non comune. I suoi quiet book sono intelligenti, originali e colmi di cura: le stesse qualità che, non a caso, contraddistinguono Un giorno con le mani in tasca, il libro tattile realizzato dalla stessa autrice per la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. Premiato come “miglior libro tattile per la primissima infanzia” all’edizione 2017 del concorso di editoria tattile illustrata Tocca a te!, il libro condivide con i quiet book la composizione in stoffa e un invito intrinseco all’esplorazione e all’interazione con le figure.

Un giorno con le mani in tasca adotta il punto di vista di un bambino, con cui il lettore può facilmente identificarsi, la cui giornata è scandita da una serie di attività: dallo scambio di tesori con il compagno alla visita a teatro, dal gioco delle costruzioni alla merenda, dalla gita al parco al momento della buonanotte. Ciascuno è evocato con grande semplicità ed efficacia da un oggetto particolare – una biglia, un biglietto d’ingresso, un mattoncino lego e via dicendo – che il lettore non vede ma può riconoscere al tatto, infilando le mani nella tasca applicata ad ogni pagina. Il tempo assume così una dimensione concreta e familiare, fatta di cose piccole ma preziose che è bello e rassicurante ritrovarsi tra le mani, come una sorta di talismano che evoca ricordi felici.

Fruibilissimo e stimolante, grazie soprattutto alla scelta di nascondere alla vista il cuore di ogni illustrazione, il libro di Silvia Sasso fa dell’espediente della tasca non solo un filo narrativo che incuriosisce ma anche una soluzione ingegnosa che invita a valorizzare il senso del tatto anche presso bambini senza difficoltà visive. Per loro, così come per i bambini ciechi o ipovedenti, il libro si presta infatti perfettamente a una lettura in punta di polpastrello. A questo concorrono non solo l’essenzialità delle illustrazioni e la presenza di oggetti veri e scelti oculatamente, ma anche la preferenza per testi minimi e la loro distinzione netta dalle figure. In questo modo Un giorno con le mani in tasca si rende adatto alla lettura anche da parte delle mani più inesperte e timorose.

Cipì

Piccolo, coraggioso, intramontabile Cipì! Alla soglia dei cinquant’anni, l’uccellino nato dalla penna di Mario Lodi e dei suoi alunni della scuola elementare di Vho torna a spiccare il volo in una veste nuova rispetto a quella consueta cartacea. Con un audiolibro nuovo di zecca fruibile tramite CD MP3 (12,90 euro) o file MP3 scaricabile (7,70 euro), Emons omaggia infatti il celebre racconto, nato dall’osservazione diretta fatta dai bambini di ciò che accade al di fuori della finestra della classe.

A dare voce alle avventure del giovane Cipì e dei suoi compagni di vita – la mamma e i fratelli, l’amata Passerì, l’amica Margherì e l’intera compagine di elementi naturali, dal sole ai fiori, dalle nuvole alle farfalle, che sono di fatto coprotagonisti del racconto – è Stefano Accorsi che interpreta con piglio pacato e intenso l’ampia gamma di sentimenti a cui la storia di Cipà dona spazio.

Sotto il tetto del palazzo, nella campagna tutt’intorno e nel cielo che la riveste, Cipì conosce infatti il pericolo e il sacrificio, l’amore e la solidarietà, la bellezza e la forza della natura. La sua storia, seppur insolita forse per il giovane lettore di oggi, è testimone schietta di un’esperienza pedagogica di grandissima attualità che merita di essere conosciuta e declinata nell’oggi e nel domani.

Una bottiglia nell’oceano

Sulle montagne venete di inizio ‘900 la vita dell’undicenne Emilio è dura, a tratti durissima. Nelle sue giornate, che pur non mancano di svaghi tra coetanei e giochi da scavezzacollo tra boschi e contrade, si avverte forte il peso della miseria, di un padre partito per l’America in cerca di fortuna, di un inverno che sembra non finire mai e di una scuola che riserva trattamenti diversi in base alla classe sociale di appartenenza. Emilio è un tipo tosto, però. Presi molto seriamente gli insegnamenti del padre e il ruolo di “uomo di casa” che questi gli affida alla partenza, l’undicenne non china il capo di fronte alle ingiustizie e si danna per trovare un modo di aiutare sua mamma e i suoi tre fratelli a sopravvivere. La sua è una ricerca costante di equilibrio tra lo spirito indomito del ragazzo e la responsabilità dell’uomo in formazione: una ricerca che lo porta a farsi molte domande, a cercare scampoli di speranza nelle sparute lettere che arrivano dal padre e a battersi senza risparmiarsi per un sacco di patate o un po’ di dignità. Fino a che dall’America arriva una lettera che preannuncia per lui e per il resto della famiglia la possibilità di raggiungere il padre. Il tempo dei saluti agli amici di sempre e a chi oltre alle montagne non vedrà probabilmente mai nulla, ed Emilio si imbarca su piroscafo diretto a New York: una nuova tappa, anch’essa non priva di incontri e imprevisti emozionanti, nel suo cammino per costruirsi un futuro senza subirlo soltanto.

Fresco vincitore del Premio Bancarellino, il libro di Cinzia Capitanio ha tutto ciò che serve per catturare il lettore: personaggi ben marcati, emozioni in cui specchiarsi, una storia di formazione incisiva. A tutto questo si aggiunge il merito di raccontare in maniera molto scorrevole e accattivante una parte di storia del nostro paese, cruciale ed eppure spesso trascurata a scuola, come quella dell’emigrazione di inizio secolo. Ultimo, ma non per importanza: Una bottiglia nell’oceano, così come tutti i titoli della bella collana Il parco delle storie, vanta caratteristiche tipografiche di alta leggibilità – dall’uso del font EasyReading su carta color crema alla spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, dalla sbandieratura a destra all’assenza di sillabazione – che ne favoriscono l’accesso anche a ragazzi con difficoltà di lettura legate alla dislessia.

Tonja Valdiluce

L’autrice norvegese Maria Parr ha un talento eccezionale nel creare personaggi (soprattutto femminili) dalla carica inesauribile, dallo schietto spirito libertario e dalla vitalità prorompente. Indomiti e mai immobili, nelle gambe e nel pensiero, questi abitano spesso luoghi immersi in paesaggi naturali che hanno un ruolo tutt’altro che marginale nelle loro dinamicissime avventure. Tipi irresistibili come Lena o Tonja sono le protagoniste di storie che turbinano a lungo e nel profondo di chi legge

Dieci anni quasi compiuti, Tonja vive in Valdiluce da quando è nata. I monti innevati fino a Pasqua, il villaggio a misura d’uomo e i sentieri d’acqua e terra fanno da cornice alle sue giornate in cui difficilmente mancano salti acrobatici con gli sci ed esplorazioni scatenate. Certo non si può dire che le sue occupazioni non generino un gioioso baccano, con buona pace di Klaus Hagen e del suo campeggio salutista child-free da cui vorrebbe tenere Tonja alla larga. In Valdiluce, Tonja è felice. Qui conosce tutti ma ha un rapporto speciale con il suo padrino Gunnvald: gigante buono, solitario e taciturno che condivide con lei l’amore per la montagna, per la cioccolata calda fatta con vere tavolette e per gli slittini che vanno velocissimi. Con Gunnvald, Tonja trascorre giornate intere, chiacchiere e silenzi, suonate di violino e storie. “Come faresti senza di me?”, gli chiede spessissimo, con una formula scherzosa che sfiora la verità più di quel che si potrebbe credere. Non a caso, quando a casa di Gunnvald piomba un donnone di nome Heidi che dice di essere sua figlia e minaccia di vendere la sua amata fattoria, Tonja si adopera senza risparmiarsi per evitarlo. I folli piani di sabotaggio che mette in piedi insieme al suo amico Ole danno certo una scossa alla situazione, ma sono soprattutto la sua cocciuta testardaggine, il suo innato senso della giustizia e la sua sincera capacità di parlare al cuore delle persone a rispolverare sentimenti sepolti e permettere finalmente a rapporti interrotti di riallacciarsi.

Irresistibile e incontenibile, Tonja detta il bolide della Valdiluce non lascia scampo e lascia il segno. La sua storia arriva dritta senza freni e si fa leggere con gusto. Avvolgente come una coperta calda, ha il potere magico di far risuonare sentimenti profondi senza stare a dare tante spiegazioni. Che poi è quello che fa la buona letteratura! Da leggere e rileggere senza stancare, Tonja Valdiluce è fortunatamente uno dei titoli che Beisler ha inserito nel suo progetto leggieascolta, rendendolo accessibile anche a chi non ama o fatica a seguire la storia sulla pagina. Grazie alla curata app leggieascolta, scaricabile gratuitamente per Android e Ios, la storia di Tonja, Gunnvald e tutti gli abitanti e avventori della Valdiluce può essere ascoltata con grande comodità semplicemente inquadrando il QR code che compare all’interno del libro. Intuitiva e funzionale, l’app consente di muoversi agilmente tra i capitoli del libro, sfruttando funzioni utili come la regolazione della velocità di lettura e i segnalibri.

Persi di vista

Se da adolescente ti aspetta una desolante estate in città, senza alcuna possibilità di svago e per di più con la fidanzata lontano, ecco che la prospettiva di tre pomeriggi a settimana, oltretutto pagati, a fare compagnia a una vecchia signora possono diventare allettanti. Cos’ha in fondo da perdere il giovane Sofiane, che si ritroverebbe altrimenti a ciondolare sotto casa, in attesa di veder tornare stanca e triste sua madre o, peggio, di prendersele da suo fratello? E così il giovane, che si presenta a casa dell’anziana Régine giusto per sostituire la sua fidanzata volata in Spagna, finisce per restarci più a lungo del previsto, trovando in quell’anziana sconosciuta un’amica inaspettata e un’occasione per dare una piega nuova alla sua vita. Da che doveva limitarsi a leggere ad alta voce per lei, resa ipovedente da un grosso trauma del passato, Sofiane si ritrova a condividere con lei esperienze nuove e a metterla a parte di racconti molto confidenziali. Dalla contaminazione tra i loro due mondi, fatti di rap e di arte, di lettura e di internet, di conversazioni erudite e linguaggio da strada, nasce un cocktail sorprendente che dona a entrambi una serenità perduta da tempo.

Anziana, ricca e colta lei, tutto il contrario lui, Régine e Sofiane si scoprono più simili di quel che si aspettano. A unirli, in una vicenda che ricorda la bella storia di Philippe e Driss del film francese Quasi amici, c’è soprattutto una comunione di sentimenti legati ai rapporti con le rispettive famiglie. Se Régine, nel tentativo di conquistare l’affetto del padre, ha perso da anni i contatti con i figli, Sofiane ha sempre erroneamente pensato di essere stato abbandonato dal padre. In un intreccio di relazioni familiari complicate e ambivalenti, i due protagonisti si sostengono a vicenda nel tentativo di ristabilire un minimo di ordine nei propri sentimenti. Rispecchiando l’una nell’altro il proprio rapporto tormentato con il passato, Régine e Sofiane imparano a guardarsi con occhi nuovi. Come il titolo anticipa bene, con il suo calzante gioco di parole, la loro è una storia che mostra bene come la capacità di vedere, fisicamente e metaforicamente, sia qualcosa che si può perdere, allenare e finalmente riconquistare.

Scritto in maniera molto scorrevole, forte di un gustoso contrasto tra il modo di parlare di Sofiane e quello di Régine, il romanzo di Yael Hassan offre una lettura sorridente e abbordabile anche da parte di giovani lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. La storia curiosa e i frequenti dialoghi si sposano felicemente, infatti, con le caratteristiche di alta leggibilità – dal font leggimi alla spaziatura maggiore, dall’impaginazione ariosa alla sbandieratura a destra – che rendono la pagina visivamente meno ostica.

Un giorno perfetto

Ci sono tanti modi per vivere e nutrire l’amicizia. Condividere, per esempio, il gioco, gli scherzi, la buona cucina o le letture. Ma a volte nessuna di queste cose sembra cascare a fagiolo e far sì che la scintilla dell’amicizia possa davvero scoccare. È quello che succede al volpacchiotto protagonista dell’albo Un giorno perfetto: nonostante la placida atmosfera autunnale sembri propizia a trovare un amico, tutti i suoi sforzi per conquistare l’attenzione e il favore di un giovane coniglio sembrano vani. Saranno infine la sua tenacia e la sua capacità di stare semplicemente accanto all’altro, rispettandone nel profondo i bisogni, a permettergli di cogliere la differenza tra trovare un amico ed esserlo. Perché l’amicizia, in fondo, non è condividere solo cose ed esperienze ma anche e soprattutto emozioni.

Tenero e profondo, l’albo scritto e illustrato da Maria Gianola racconta una cosa semplice semplice ma spesso trascurata come l’importanza di riconoscere e accogliere i sentimenti di chi ci sta accanto per coltivare delle relazioni autentiche. Lo fa con uno stile tenue che delinea personaggi che ispirano immediata simpatia. Nella vitalissima volpe e nel coniglio corrucciato, ogni lettore può facilmente riconoscere sé stesso in momenti diversi della sua vita o più semplicemente della sua giornata, ritrovando nei due animali protagonisti stati d’animo e atteggiamenti umanissimi. Un giorno perfetto si contraddistingue poi per un testo diretto ed essenziale che si presta bene a sostenere anche primi tentativi di lettura autonoma grazie alle poche parole scelte per ogni pagina, alla puntuale corrispondenza tra figure e testo quasi in forma di didascalia, e all’impiego dello stampatello maiuscolo, peraltro proposto in font ad alta leggibilità EasyReading.

Moby Dick

Ampio formato, pagine corpose, tavole potenti: è un libro maestoso il Moby Dick di Alessandro Sanna. Omaggio e interpretazione del capolavoro di Melville, il libro ad acquerelli edito da Rizzoli evoca con la sola forza delle immagini tutta la ferocia e l’intensità dello scontro tra uomo e natura, cuore del celebre romanzo americano.

Il  racconto a figure di Alessandro Sanna compie in particolare un preciso lavoro di selezione, concentrandosi su alcuni episodi salienti della celebre caccia alla balena bianca – su tutti, l’allestimento della nave, la composizione dell’equipaggio e, chiaramente, la lotta con la creatura del mare – che condensano ed echeggiano in maniera intensissima i temi e le suggestioni più forti del libro a cui si ispira. Le dettagliate descrizioni che caratterizzano il romanzo lasciano qui posto a tavole ad acquerello in cui sfumature, silhouettes e ombre sono cosa viva e in cui il confine tra umanità e ferinità, tra persone e ambiente, si fa fluido e mai stabile, in un gioco di trasformazioni e prospettive di grande impatto e fascino. Così, tra quadri di diverse dimensioni che si succedono creando un ritmo ora placido ora incalzante, un branco di lupi minacciosi prende pian piano la forma di un equipaggio, il capobranco assume i tratti inconfondibili del capitano Achab sotto una luna che ricorda una balena e il Pequod si fa gigante che straccia i lacci che lo immobilizzano e cavalca le onde. Allo stesso modo, arrivati al culmine della narrazione, in una doppia pagina nera che si apre come una sorta di teatro, prende avvio la lotta spietata, in cui imbarcazione e balena dai tratti significativamente simili, si inseguono e si affrontano nelle profondità dell’oceano, fino quasi a fondersi in una cosa sola.

Raffinato e prezioso, questo silenziosissimo Moby Dick si fa roboante negli occhi e nella testa del lettore, sia che peschi in un immaginario consolidato sia che vada a costruirlo da zero. Il libro offre infatti una reinterpretazione del classico di Melville che riempie, arricchisce e attiva suggestioni impetuose in chi abbia già avuto modo di immergersi tra le pagine del romanzo ma allo stesso tempo offre una possibilità di accesso diversa a chi non ne abbia mai fatto esperienza. In tal senso, questo libro senza parole che fa del silenzio una chiave per portare in superficie una narrazione che resiste al tempo si presta benissimo a dare avvio, anche in ambito scolastico, a percorsi di lettura e rilettura dei classici che risultino accessibili, appassionanti e appaganti anche per quei lettori che di fronte alla parola scritta faticano di più e finiscono per gettare l’ancora.

I misteri di Mercurio. La tempesta

C’è un quadro di Giorgione intitolato La tempesta che da sempre solletica studiosi e appassionati d’arte per il suo soggetto misterioso. Dopo anni di ipotesi e dibattiti, la giusta chiave interpretativa sembrerebbe venire finalmente a galla: merito di Nina, Lorenzo e Jamal e del loro incredibile viaggio nel tempo. Reclutati da uno strano individuo di nome Mercurio che assume all’occorrenza le sembianze di un corvo, i tre ragazzi si trovano catapultati in pieno Rinascimento, proprio nella terra di Giorgione. Qui toccherà loro risolvere una serie di enigmi che li porteranno a svelare una volta per tutte i segreti custoditi dal celebre quadro. La ricerca di un preciso punto di verde, la presenza di un soldato sul lato sinistro del quadro, la scelta di un’atmosfera temporalesca con tanto di folgore che squarcia il cielo e infine la collocazione di un uccello sull’angolo del tetto: come pezzi di un intricatissimo puzzle, tutti questi elementi trovano infine un senso e una spiegazione, gli stessi che consentiranno finalmente ai tre giovani viaggiatori di fare ritorno a casa.

Avvincente e intrigante, La tempesta ha il pregio di rendere la storia e più precisamente la storia dell’arte qualcosa di vivo e appassionante. La felice contaminazione tra passato e presente, la scelta di personaggi ben riusciti, la composizione di dialoghi accattivanti e ironici, e la costruzione di un trama enigmatica intorno a un capolavoro della pittura catapulta davvero il lettore tra i costumi, le pratiche e la cultura del 1400-1500, senza però far sì che questo aspetto offuschi il piacere di un romanzo autentico, tutto da divorare.

La tempesta è il primo di una serie di volumi che compongono una collana molto intrigante intitolata I misteri di Mercurio. Progettata in casa Book on a tree e trasformata in realtà dalla casa editrice Emons, la collana unisce le voci di alcuni dei più noti e talentuosi autori italiani  per ragazzi – Pierdomenico Baccalario, Daniele Nicastro, Manlio Castagna, Giada Pavesi e Davide Morosinotto – accompagnate dalle illustrazioni di Kalina Muhova. La tempesta, così come i volumi successivi, inaugura un nuovo progetto di Emons – la collana Emons:raga – incentrato sull’integrazione tra libro cartaceo e audiolibro.

La collana Emonsraga

Specializzato nella pubblicazione di audiolibri di qualità, Emons propone da alcuni anni anche un’interessante selezione di libri per bambini e ragazzi su CD o in formato MP3. Si va da Gianni Rodari a Bianca Pitzorno, dai classici come Il libro della giungla ai bestseller più recenti come Il diario di una schiappa, tutti interpretati da attori d’esperienza.

Dall’autunno del 2020, l’offerta per i più giovani si è arricchita di una nuova collana, caratterizzata dall’unione di libro cartaceo e audiolibro, quest’ultimo fruibile tramite scansione di un QR code, posto all’interno del libro. Attraverso il medesimo sistema vengono inoltre offerti al lettore alcuni contenuti extra come curiosità e dettagli sulla storia dell’opera che è al centro del racconto, sul pittore che l’ha dipinta o sul periodo storico in cui questi ha lavorato. Interessantissima e innovativa per come è stata concepita, la collana vanta un’integrazione particolarmente felice tra supporti diversi a cui il lettore può ricorrere secondo le sue preferenze e necessità. La presenza della registrazione, peraltro molto piacevole da ascoltare, offre infatti una preziosa possibilità di lettura e approfondimento, tanto per chi presenta difficoltà legate al testo scritto, quanto per chi legge fluidamente. Il risultato è un libro multiforme di grande appeal che non solo abbatte un grosso ostacolo all’accesso alla cultura per molti bambini e ragazzi con disabilità o dislessia, ma lo fa puntando su un prodotto accattivante per tutti e dunque per nulla ghettizzante.

Odissea. I classici facili

Curata da Carlo Scataglini e illustrata da Flavia Sorrentino, la versione de l’Odissea proposta da Erickson all’interno della collana I classici facili rappresenta un compromesso interessante tra accessibilità e apertura a generi e testi complessi. Proposto senza sacrificare alcun episodio saliente del capolavoro di Omero, quest’Odissea opta per un testo in prosa di agevole approccio. Le illustrazioni, frequentissime e importanti per sostenere la lettura, richiamano nelle linee il gusto artistico ellenico, contribuendo a far immergere il lettore nell’atmosfera unica del capolavoro di Omero.

 

I classici facili

Quella dei Classici facili, curata da Carlo Scataglini, è una delle collane editoriali che più considera l’accessibilità una questione prioritaria. Lo fa mettendo in campo strumenti e accorgimenti diversi, che concernono il testo, le illustrazioni, il loro rapporto e le loro modalità di fruizione.

La peculiarità principale dei titoli che ne fanno parte consiste in una semplificazione sintattica e lessicale del testo. Ispirate ai principi della scrittura Easy-to-Read, le frasi risultano infatti brevi, dalla struttura preferibilmente lineare, e perlopiù composte da coordinate o al massimo da una subordinata. Le parole che le compongono sono selezionate in modo da essere facilmente comprensibili e, laddove risultino più ostiche o comunque meno comuni, vengono evidenziate e spiegate alla fine del capitolo. In questo modo l’autore aggira in maniera piuttosto efficace il pericolo di un appiattimento lessicale che limiterebbe fortemente il diritto all’arricchimento e alla complessità di cui anche i bambini con maggiori difficoltà sono detentori. In questa stessa direzione va inoltre la scelta, nel caso di classici dell’epica come per l’appunto l’Odissea, di selezionare alcuni versi particolarmente significativi e restituirli al lettore nella loro integrità, accompagnati da una puntuale perifrasi e spiegazione. In questo modo non solo si mantiene un legame diretto con il testo originale ma se ne incentiva la scoperta, supportandola solidamente con un preliminare approccio alle vicende in una forma più abbordabile.

A seconda delle reali possibilità del bambino, I classici facili possono così rappresentare un punto di arrivo ma anche un punto di partenza nella scoperta di grandi capolavori letterari. In entrambi i casi, a sostegno della lettura e del suo apprezzamento, vengono tre ulteriori elementi di spicco: in primo luogo la scelta di presentare capitoli brevi e puntualmente accompagnati dalle illustrazioni; in secondo luogo la presenza di un’anticipazione illustrata dei personaggi che il lettore incontrerà, posta in apertura di libro e di due righe di riassunto di ogni capitolo, poste all’inizio di quest’ultimo; e infine la disponibilità a rendere fruibile il testo anche tramite audiolibro. Ogni capitolo può essere infatti ascoltato in formato audio, grazie alla scansione del QRcode o all’inserimento di un codice fornito in apertura sul sito della casa editrice.

Cuori di waffel

Quando un libro inizia con due bambini che costruiscono una precaria funicolare tra le rispettive finestre si può star certi che la lettura riserverà sorprese memorabili: Cuori di waffel ne è la dimostrazione lampante! Tra le sue pagine, la scatenata Lena e il timido Trille si lanciano ogni giorno in imprese stravaganti e azzardate, secondo una ferrea logica che segue i binari dell’immaginazione  ben più che quelli della sicurezza. L’estate dei due bambini, nelle cui vene scorre inconfondibile sangue nordico, procede così a gran ritmo tra una festa di mezza estate sommersa dal letame, il tentativo di far salire un sacco di animali su una moderna arca di Noé e il salvataggio di una vecchia giumenta a bordo di un traghetto. A star dietro a Lena e Trille servono polmoni buoni e nervi saldi perché le corse nel cassone di una motocicletta, le discese ripidissime in bob, i giri in elisoccorso e gli schianti in canotto sono all’ordine del giorno. Qualche commozione cerebrale (per loro) e tanta commozione e basta (per il lettore) vanno così di pari passo, in un romanzo che fa lo slalom tra guai divertentissimi ed emozioni profonde.

Già vincitore di numerosi premi, tra cui l’Andersen nel 2015, il libro di Maria Parr è un concentrato irresistibile di avventure a rompicollo e di personaggi cui affezionarsi in un istante. Pieni di vita e tratteggiati con cura, questi si muovono tra i fiordi della baia e della vita con una naturalezza e un’autenticità palpabili. E se l’inarrestabile Lena è al centro di ogni scena con un’energia che di rado lascia cose, personaggi e lettore incolumi, il vero e insospettabile eroe è forse il giovane Trille, che accoglie paziente l’irruenza e le  follie di Lena, dando voce a emozioni che entrambi provano ma che l’amica non sa esprimere che con l’irrequietezza.  Con il suo carico di sensibilità sincera, Trille cementa profondamente l’amicizia con Lena, apre a domande importanti e – non ultimo – restituisce una rappresentazione bellissima e fuori dagli stereotipi di un’infanzia al maschile.  In quell’estate unica che vede protagonisti i due bambini, trovano posto cose piccole e grandi, comprese quelle scomode come la morte, la genitorialità imperfetta o gli addii. Queste ultime, proprio come le gioie che costellano le giornate più luminose a Martinfranta, figurano tra le pagine di Cuori di Waffel con impeccabile leggerezza, finendo così per bussare all’immaginario del lettore senza gravosa invadenza.

Imperdibile per lettori dagli 8-9 anni, Cuori di Waffel è reso disponibile dall’editore Beisler anche in formato audio così che anche chi non ama o fatica a seguire la storia sulla pagina possa godersi le avventure di Lena e Trille. Grazie alla curata app leggieascolta, scaricabile gratuitamente per Android e Ios, il romanzo può essere ascoltato semplicemente inquadrando il QR code che compare sul risguardo di copertina. Intuitiva e funzionale, l’app consente di muoversi agilmente tra i capitoli del libro, sfruttando funzioni utili come la regolazione della velocità di lettura e i segnalibri.

Dulcinea nel bosco stregato

C’è un pizzico di magia nell’ultimo libro di Ole Könnecke. C’è non solo perché una strega e i suoi incantesimi si trovano al centro della storia, ma anche perché nel volume si mescolano diversi aspetti che lo rendono estremamente appetibile anche per chi di lettura non vuol proprio sentir parlare. Di più agevole fruizione anche in caso di dislessia, grazie all’impiego del font testme, e in caso di prime letture, grazie alla scelta dello stampatello maiuscolo, Dulcinea nel bosco stregato ha l’aspetto di un volume corposo, proprio come un racconto da grandi, ma allo stesso tempo amichevole, con illustrazioni ampie e frequenti che ricordano l’albo illustrato e con testi immediati e lineari che non mettono in difficoltà. E se la forma del libro riesce bene nel compito di solleticare il lettore, più o meno riluttante che sia, il suo contenuto completa per bene l’opera. Ole Könnecke confeziona, infatti, una fiaba in cui tradizione e modernità si mescolano a puntino e in cui non mancano pericoli, astuzie e finali lieti.

Protagonista è la piccola Dulcinea che abita con il papà fattore in prossimità del bosco e che proprio all’inizio della storia festeggia il suo compleanno. Per l’occasione, come da tradizione famigliare, il papà si appresta a preparale una montagna di frittelle ai mirtilli con panna. Peccato che si sia scordato dei mirtilli! Rinunciare alle frittelle è fuori discussione e così l’uomo si decide ad andare a raccogliere i frutti nel bosco: proprio quel bosco da cui per anni ha messo in guardia la figlia, per via del pericolo di incontrare la strega che vi abita. Detto, fatto: pochi passi nella selva e il papà incontra la megera, ritrovandosi presto trasformato in un albero. Per fortuna Dulcinea è coraggiosa e furba e, messasi sulle tracce del padre, scova finalmente il castello della strega. Il pericolo di trovarsi a sua volta trasformata in un flauto è molto alto ma la bambina escogita un ingegnoso modo per salvare la pelle – sua e del papà – ma anche le frittelle!

Con il suo racconto limpido e diretto e le sue illustrazioni pulite e sorridenti, Dulcinea nel bosco stregato può vantare quella semplicità deliziosa che incanta il lettore. Misteriosa quanto basta per un poco di pelle d’oca, la storia di Ole Könnecke bilancia il brivido tipicamente fiabesco con figure dotate di spiccata e sottilissima ironia, ben rintracciabile, per esempio, negli strambi animali che popolano il bosco o nel fatto che con l’avanzare tra i rovi, i palloncini di compleanno di Dulcinea pian piano scompaiono.

Perfetto da condividere ad alta voce già in età prescolare, il libro offre una lettura gustosa e appagante anche per prime letture autonome: proprio quelle che lasciano un buon sapore e il desiderio di assaggiarne ancora!

Emme come. Il meraviglioso mondo di MAssimo

È dura esser bambini, quando gli adulti non sembrano voler fare la loro parte! Almeno, questa è l’esperienza dell’undicenne Massimo, le cui giornate sono un continuo confrontarsi con due genitori che litigano e lo mettono in mezzo senza troppe remore, con una scuola che non sempre valorizza i talenti degli alunni e con un carattere che non facilita la nascita di nuove amicizie. Timido, sensibile e curioso, Massimo cresce nel pieno degli anni ’80, chiedendosi senza posa come fare a essere felice. Presto fatto: non trovando supporto nei grandi, Massimo elabora una sua personalissima strategia di sopravvivenza e riscatto. Autoproclamandosi Illustre Imperatore dell’Universo, una carica che gli consente di scrivere una costituzione tutta sua, Massimo può infatti costruirsi una realtà in cui i desideri si avverano per decreto, le nonne non scordano di preparare torte, le emozioni possono manifestarsi senza timore e la fantasia è riconosciuta come valore. In questo modo, le relazioni che Massimo coltiva – con i familiari, con gli amici vecchi e nuovi, con i professori o con gli adulti del catechismo – prendono pian piano una piega nuova, più autentica e vitale.

Emme come. Il meraviglioso mondo di Massimo è uno dei primi titoli proposti a catalogo da Read Red Road, libreria romana che dal 2018 è diventata anche casa editrice. In virtù di una particolare attenzione alla questione dell’accessibilità, il volume è pubblicato con alcune caratteristiche di alta leggibilità, come il font EasyReading e una spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe. Ulteriori vantaggi in termini di agio nella lettura potrebbero venire, sempre a livello tipografico, dal ricorso a un testo non giustificato e da una più marcata separazione tra paragrafi. D’altra parte, da un punto di vista sintattico, il testo si compone di frasi perlopiù brevi, paratattiche o con una sola subordinata, risultando così di più semplice lettura anche da parte di bambini con dislessia.

Il mago di Oz

Con i suoi audiolibri ad alto tasso di grazia, Locomoctavia ci ha abituati ad esperienze di ascolto davvero straordinarie. Da Pinocchio ad Alice, da Gianburrasca ad Augusta Snorifass, con la voce calda e versatile di Daniele Fior diversi classici della letteratura per l’infanzia (ma anche qualche chicca meno nota, come Il drago di K e altre fiabe polacche) hanno trovato una nuova rispettosa veste, oltre che una via piacevolissima per arrivare a chi fatica a confrontarsi con la pagina scritta. Se possibile, però, Il mago di Oz – l’ultimo titolo aggiunto a catalogo dalla piccola casa editrice udinese – stupisce ancor di più dei precedenti, per il curato e curioso percorso attraverso il quale è stato confezionato.

Rilasciata alla fine del 2020, questa versione tutta da ascoltare del libro di L. Frank Baum coinvolge un numero consistente di attori (ben 16!), la più piccola dei quali aveva all’epoca della registrazione solo 5 anni. Le voci registrate sono tutte ben cucite sulle rispettive parti e risultano molto variegate: aspetto, questo, non trascurabile sia dal punto di vista della gradevolezza dell’ascolto, sia da quello della fruibilità, soprattutto per chi fatica a seguire e a orientarsi in mezzo a storie molto articolate. Capaci di rendere con puntualità la moltitudine e l’assortimento di personaggi che contraddistingue il viaggio verso e dalla Città di Smeraldo, le diverse interpretazioni sono accompagnate da sottofondi sonori suggestivi, catturati durante un viaggio lungo lo Stivale.

Al gusto di una storia ricchissima, proposta come sempre in versione integrale, si aggiunge quindi il fascino di una narrazione che sfrutta minimi intramezzi musicali e che trasforma i suoni della natura e della città in puntelli acustici all’immaginazione del lettore. L’abbaiare di un vero cane che dà voce a Toto, il cinguettio degli uccellini che spesso cantano lungo il percorso di Dorothy, le campane che suonano in lontananza mentre il pallone del mago si solleva in volo: la minuzia con cui queste tracce ambientali vengono raccolte e inserite nel racconto contribuisce a fare di quest’ultimo un’immersione profonda nel meraviglioso regno di Oz.

Disponibile sia su Cd (13 €) sia in versione scaricabile (7,99 €), Il mago di Oz è inoltre fruibile come gli altri titoli Locomoctavia, tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store. Estremamente interessante in termini di accessibilità, l’app sfrutta un particolare sistema di scroll (già attivo per i titoli precedenti e presto disponibile anche per Il mago di Oz) che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

Ho catturato uno gnomo

Mai fidarsi di uno gnomo! Furbo e dispettoso, questo è capace di tendervi tranelli e farvi dispetti a raffica senza quasi farsi notare. E questo è proprio quel che accade al narratore di Ho catturato uno gnomo che, dopo aver trovato vasi rotti, palloni bucati e bucce di banana sotto i piedi, è praticamente certo che il responsabile sia Anselmo, il malvagio gatto dei vicini. Quasi per caso, però, lo gnomo viene colto sul fatto – chiodi e martelletto in mano in cima al copertone della bicicletta – e finalmente intrappolato. Da lì in avanti i tentativi di approccio e contrattazione si rivelano tanto ardui quanto spassosi, fino a un ultimo tiro mancino che lascia inaspettatamente spazio a una dolce possibilità di tregua…

Molto divertente, per come è costruito e per come ribalta il comune immaginario che vuole gli gnomi creature di straordinaria gentilezza, Ho catturato uno gnomo è un libro dalle figure buffe e dai testi incisivi. Brevi, in stampatello maiuscolo e in numero limitatissimo per pagina, questi accompagnano con ironia le illustrazioni a mezza o a tutta pagine, cui è affidato il ruolo trainante nella narrazione. Anche per questo aspetto, oltre che per le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono il volume, il libro di Alberto Lot si candida a offrire una lettura accessibilissima e accattivante a lettori alle prime armi, anche poco propensi a tuffarsi tra le pagine.

Il bambino che faceva le fusa

Gatta curiosa e intraprendente, Pepe vive in una palazzina di città con i suoi due padroni (Mamma e Papi) e il loro bambino (Tato). Sui tetti, in cortile e dalla sua finestra al secondo piano, interagisce con diversi vicini a due e quattro zampe – l’odioso cane Crostino e il furbo piccione Nerone,  per esempio – e osserva molte cose con occhio attento. È lei, non a caso, la prima ad accorgersi che da pochi mesi al quarto piano abitano una donna e un bambino. Nessuno a parte lei, sembra averlo notato: la donna si vede poco e il bambino è sempre chiuso in casa. La faccenda ha un che di misterioso e il bambino un che di affascinante, così Pepe si convince ad andare in esplorazione per saperne di più. Le sue spedizioni al quarto piano gli rendono chiaro che il bambino ha un modo tutto suo di comunicare: un modo che gli altri umani spesso travisano o non colgono per nulla, costringendolo di fatto a una vita solitaria e reclusa. Pepe, che invece sembra riconoscerne facilmente intenzioni e sentimenti, mette  in atto un ingegnoso piano per consentire al bambino, da lei soprannominato No, a uscire e socializzare. Saranno necessari molti alleati, molta pazienza e molta inventiva ma alla fine il piano di Pepe si rivela efficace e l’intero condominio si ritrova coinvolto in una missione ad alto contenuto di fusa!

Gabriele Clima, che già con Roby che sa volare e con Il sole fra le dita  aveva felicemente e coraggiosamente portato la disabilità tra le pagine destinate ai bambini e ai ragazzi, trova anche qui un espediente interessante per raccontare l’autismo ai più piccoli senza trasformare la storia in un piccolo trattato didascalico. Facendo leva sull’idea che trovare la giusta chiave di comunicazione possa fare la differenza nel costruire relazioni autentiche e possibilità di incontro tra persone neurotipiche e persone neurodivergenti, l’autore racconta una storia ispirate a persone realissime (la sua famiglia e i suoi vicini di casa!) a cui il gatto Pepe aggiunge un tocco fantastico e un punto di vista originale.

Il bambino che faceva le fusa si distingue per un’attenzione particolare all’inclusione non solo da punto di vista contenutistico ma anche da quello formale: il libro è infatti stampato con caratteristiche di alta leggibilità quali il font leggimi, la spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi,  la sbandieratura a destra e l’assenza di sillabazioni, ed è fruibile con le medesime caratteristiche anche in formato ebook (costo: 2,99 euro). Come il libro in questione, diversi altri titoli della collana Il battello a vapore di Piemme, in tutte le sue serie – bianco, azzurro, arancio e rosso – presentano gli stessi accorgimenti tipografici, resi riconoscibili fin dalla copertina grazie al bollino “alta leggibilità”.

Il gatto combinaguai

Che scoperta, la collana Upupa delle Edizioni La linea! Gli albi illustrati che la compongono lavorano in favore dell’inclusione su un doppio binario: da un lato proponendo storie in doppia lingua e dall’altro offrendo il racconto in versione cartacea e in versione audio. Ogni volume presenta infatti sul retro di copertina un qr code attraverso il quale è possibile accedere a contenuti multimediali tra cui non solo l’audiolibro completo in doppia lingua, con piacevole sottofondo musicale, ma anche alcune parole chiave del racconto, pronunciate sia in italiano sia nella lingua a cui di volta in volta questo è affiancato nel libro. Il lettore può dunque scegliere la modalità a lui più congeniale per approcciare il testo, sia dal punto di vista della lingua sia da quello del supporto. I titoli della collana offrono, così, delle occasioni di lettura preziosa anche a lettori che faticano a relazionarsi col testo scritto per ragioni per esempio di dislessia, a lettori che non padroneggiano perfettamente la nostra lingua o a lettori che sperimentano entrambe le condizioni: una situazione di doppia inaccessibilità che qui viene felicemente supportata con prodotti versatili, ben confezionati e piacevoli da leggere.

Il gatto combinaguai è proprio uno di questi titoli. Scritto da un autore giordano –  Abeer Al-Taher –, e illustrato da un’artista libanese – Maya Fidawi -, il libro racconta una storia tenera e divertente, ideale da leggere ad alta voce (e dunque anche da fruire in modalità audio). Protagonisti sono un anziano signore e un gatto nero piuttosto turbolento. L’anziano è molto affezionato al felino ma in seguito a una sfilza di marachelle, decide di disfarsene. Il suo piano appare però più facile a dirsi che a farsi: ogni volta che abbandona il gatto da qualche parte, questi trova, infatti, il modo di tornare a casa. L’unica soluzione sembra essere quella di portarlo nel luogo più lontano del mondo, al Polo Sud. La strada è lunga, al punto che una volta arrivati, l’anziano pare aver quasi scordato i guai che l’hanno spinto fino a lì. A quel punto decide di tornare a casa ma fatica a ritrovare la via. Per fortuna insieme a lui c’è qualcuno che vanta un lungo curriculum in fatto di orientamento!

Breve, semplice e ben congegnato, Il gatto combinaguai offre un testo e delle illustrazioni delicatamente ironici. Intrigante e curioso, per il lettore italiano, è inoltre il fatto di leggere il libro partendo dal fondo, come la lingua araba richiede.

Dove c’era un prato

Una porzione di campagna – un laghetto, un pugno di case, prati e coltivazioni, alberi antichi e sentieri sterrati – può nascondere molto più di quel che si vede e di quel che ci si aspetta. Nello spazio di uno sguardo c’è il lavoro dei campi, lo svago all’aria aperta, la natura che esplode in tutta la sua bellezza. Ci sono i tempi lenti, la dimensione umana e le giornate lunghe. Jörg Müller parte proprio da qui, da questo brulicare di attività, movimenti e relazioni, per raccontare la sua storia. Lo fa con un’istantanea a campo largo, che immortala un luogo e un tempo precisissimi: siamo nella primavera degli anni ‘50 e il verde puntinato di fiori la fa da padrone. Lo stesso scenario compare anche nelle pagine seguenti ma via via che il libro avanza il paesaggio si trasforma. Non sono solo le stagioni a mutare le vesti del territorio. È l’impatto dell’uomo a fare davvero la differenza. Di pagina in pagina, infatti, i prati e i boschi iniziano a sparire, le case assumono nuove forme, la presenza umana è relegata all’interno degli edifici e il grigio si fa dominante. Così, in una carrellata tristemente verosimile, l’autore racconta vent’anni di cambiamenti ambientali, interrogando silenziosamente il lettore sui vantaggi e sugli svantaggi che questi portano con sé. Del tutto privo di parole, Dove c’era un prato mette, insomma, il lettore di fronte a una successione di fatti, senza aggiungervi commenti di sorta, ma lasciando piuttosto che siano le immagini a fare leva, con la loro potenza, sullo spirito critico di chi le osserva e mette in successione.

Dove c’era un prato fa la sua prima comparsa in Italia con la Emme di Rosellina Archinto, praticamente negli stessi anni in cui Adriano Celentano cantava che là dove c’era l’erba ora c’è una città. Contemporanei e attenti alle medesime trasformazioni paesaggistiche, Il ragazzo della via Gluck e Dove c’era un prato condividono uno sguardo malinconico e inquieto su un’urbanizzazione selvaggia che metro dopo metro finisce per mangiarsi non solo il verde ma tutto ciò che questo rappresenta: attività lavorative e ricreative, relazioni, orizzonti. Libro dalle tante vite, Dove c’era un prato torna ora sugli scaffali per iniziativa di Lazy dog. Nei quasi cinquant’anni che separano quest’edizione dalla prima, l’esperienza del paesaggio e delle sue trasformazioni fatta dal lettore è senz’altro cambiata. Difficile è, infatti, che oggi un bambino assista a un cambiamento radicale come quello raccontato nel libro ma questo non ne riduce il fascino e la portata attuale. Il libro diventa anzi l’occasione per guardarsi intorno, con uno sguardo al passato e uno al futuro, offrendo spunti interessanti anche per costruire percorsi didattici stimolanti e fuori dal comune, oltre che ampiamente accessibili a tutte quelle categorie di lettori che tendono a fare a pugni con il testo scritto.

La mia giornata

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

La natura

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

Veglia su di me

Ci sono voci, come quella di Matteo Corradini, che sono un’autentica carezza. Nei suoi libri, le parole scelte con cura e le vicende profondamente umane, sanno come risuonare a lungo nel lettore. Veglia su di me, che del suonare e del risuonare fa elementi particolarmente significativi, non fa eccezione.

Protagonista del racconto è Dora, ragazzina cresciuta tra le note, contagiata nell’amore per la musica dai suoi genitori: l’uno pianista e l’altra cantante. Come una sorta di lessico famigliare, certe canzoni accompagnano la sua quotidianità e i momenti speciali di una esistenza senza troppi fronzoli e per molti versi originale. Basti pensare a quella volta in cui Dora accettò per denaro di fingersi pazza, per far sì che la sua classe fosse meno numerosa e ricevesse, quindi, un’istruzione migliore. Dora è felice della sua vita e della famiglia che le è toccata in sorte, anche se la mamma da qualche tempo è lontana, impegnata in un tour importante. Il papà, dal canto suo, si occupa di lei con grande dedizione, nonostante il lavoro al locale jazz che lo tiene impegnato fino a tardi. Ognuno a suo modo, i genitori di Dora crescono in lei un felice immaginario legato alla musica. Grande, grandissima è dunque la sua delusione  quando per caso scopre la verità sul mestiere del padre e sul motivo di assenza della madre: due non detti troppo ingombranti per la  ragazzina, che suonano stonatissimi e che la gettano in uno smisurato sconforto. Saranno l’amicizia e la saggezza del signor Vladimiro, vicino di casa noto a tutti come formidabile pianista, a permettere a Dora di guardare le cose dalla giusta prospettiva e di mettere in piedi un piano tenero e coraggioso per ricomporre una volta per tutte i pezzi della sua vita.

Delicatissimo e profondo, il racconto di Matteo Corradini, edito dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in collaborazione con Edizioni Curci, dà voce a un’idea di cura  che non è mai unilaterale e di famiglia come luogo in cui si cullano i desideri. La musica ha qui un ruolo centrale, non solo perché permea le vite dei protagonisti, nutrendo i loro sogni più profondi, ma anche perché suona in quel modo specialissimo che l’autore ha di scrivere. Splendida, dunque, è la possibilità che il testo di Veglia su di me possa essere ascoltato oltre che letto, grazie all’audiolibro scaricabile gratuitamente tramite un codice stampato sulla copia cartacea. Interpretato da Amanda Sandrelli, il libro nella sua versione per le orecchie è piacevole e avvolgente, arricchito com’è dalle musiche curate da Orazio Sciortino, che in qualche modo trasferiscono su pentagramma l’intensità delle illustrazioni di Lucia Scuderi.

Il sapore dei desideri. Betsy, Mr. Tigre e le bacche della felicità

Fate i bagagli, si parte per un luogo straordinario: “un’isola dimentica dalle mappe del mondo”. Poche parole e già si sente un profumo squisitamente fiabesco. È la bravissima Sally Gardner a confezionare per noi una storia magica, dando vita a un luogo sorprendente in cui incontrare creature minuscole e giganti timidi, principesse invidiose e sorelle rospe, sirene affabili e tigri eleganti. Ma andiamo con ordine.

Protagonista del racconto dell’autrice inglese è la piccola Betsy, figlia di un gelataio dalla sorprendente inventiva e di una sirena che conosce storie senza tempo. Betsy desidera sopra ogni cosa poter incontrare il famoso Mr. Tigre, felino dalla mise raffinata, con tanto di cappello a cilindro, che si dice viaggi per mare e diriga un circo delle meraviglie. Ogni giorno Betsy scruta l’orizzonte, speranzosa di avvistare tra le acque la cima del suo tendone da circo. Una mattina il tendone compare per davvero e lo fa, in effetti, proprio al momento giusto. Betsy e il suo papà, che di Mr. Tigre è amico di lunga data, hanno appena conosciuto la storia di una rospa che prima rospa non era e vorrebbero aiutarla a ritrovare le sue sembianze originali.  Per farlo, però, serve una vera e propria magia che si realizza solo quando la luna è blu, ossia una volta ogni mille mai. Ecco perché l’aiuto di Mr Tigre, che di autentici prodigi è capace, arriva provvidenziale. Insieme a lui, Betsy e i suoi genitori mettono in atto un delicatissimo piano che coinvolge i piccoli Gongalunghi, costretti alla macchia dalla perfida principessa Olaf, e il gigante Ivan, che da timido si trasforma in temerario. Grazie a loro e a un ingegnoso stratagemma, la luna si tinge per una notte di blu, consentendo al papà di Betsy di realizzare il prodigioso gelato alle bacche Gongalunghe e di regalare a molte creature dell’isola un prezioso desiderio ciascuna.

Primo episodio di una fortunata serie britannica che vede protagonisti Betsy e Mr. Tigre, Il sapore dei desideri scorre liscio liscio accarezzando l’immaginazione del lettore. Complici impagabili della penna di Sally Gardner, sono le fini illustrazioni di Nick Maland che, talvolta ampie, talvolta piccine, accompagnano, arricchiscono e dinamizzano ogni pagina. Anche grazie a loro il libro appare ricco di fascino e piacevolmente abbordabile, nonostante le 180 pagine abbondanti. L’impegno a far sì che la lettura assuma esattamente queste sfumature anche agli occhi di chi vede le parole scritte perlopiù come un nemico (impegno da sempre assunto anche dalla stessa Sally Gardner, che della dislessia parla e scrive spesso) si completa grazie alla scelta di Terre di Mezzo di ricorrere al font ad alta leggibilità Dyslexia, ad una spaziatura maggiore e a un inchiostro blu meno affaticante.  Il risultato di questa cura narrativa, grafica e iconografica è una lettura deliziosa che finisce più in fretta di quel che si vorrebbe, proprio come una pallina di gelato di bacche Gongalunghe

Leggere o non leggere

Di libri e lettura (così come della loro crisi) si scrive tanto, forse troppo. Nessuno dei numerosi volumi che affrontano l’argomento però può vantare un taglio originale e una struttura metariflessiva come Leggere o non leggere questo è il problema che, non a caso, porta la firma di quel genio di Jimmy Liao.

Il libro mescola infatti la forma del saggio, della raccolta di riflessioni e dell’albo per dare spazio a una sorta di dibattito illustrato che solletica il lettore (o il non lettore), invitandolo a porsi e a condividere una serie di domande cruciali. Come nascono i libri? Come mai se ne acquistano e leggono sempre meno? A cosa serve comprare libri se poi abbiamo sempre meno tempo per leggerli? Leggere fa diventare persone migliori? Di fatto l’autore mette sul tavolo questi e molti altri interrogativi, senza limitarsi, però, ad esporli sulla pagina. Quel che si inventa è infatti molto più sottile e articolato, comme d’habitude! Il libro è costruito come una sorta di matrioska: la cornice più esterna vede il figlio di un libraio, prossimo a chiudere la sua libreria, chiamare a raccolta i suoi amici per indire un dibattito sul libro e sul suo stato di salute.  Riuniti intorno a un tavolo, accomodati su sedie a forma di volumi, i bambini si scambiano opinioni, dando voce a posizioni anche molto diverse tra di loro. C’è chi legge, chi vorrebbe farlo ma non ha tempo, chi preferisce di gran lunga i video di Youtube e via dicendo… tra un argomento di discussione e il seguente, i bambini assistono alla proiezione di una serie di slide, e qui la matrioska si fa più piccina. Ogni slide contiene una citazione sul tema (con tanto di mini-biografia di chi l’ha partorita, da Bertrand Russel a Stephen King, da Bill Gates a Marylin Monroe ), di fronte alla quale i bambini si scambiano commenti e considerazioni lapidari in forma di fumetto, che racchiudono una grande ironia, molti riferimenti letterari e un certo cinismo nei confronti degli adulti. Da ultimo, e qui la matrioska si fa davvero piccina picciò, nella pagina a fianco ad ogni citazione, Jimmy Liao colloca un’illustrazione realizzata ad hoc – talvolta muta, talvolta accompagnata da un breve testo – che ne rielabora e rilancia l’argomento. Poetiche e ricchissime di rimandi, queste condensano uno sguardo nuovo sul libro e sulla lettura, contribuendo ad aprire domande piuttosto che a confezionare risposte.

Il risultato è un libro multiforme, impossibile da incasellare, che getta semi di riflessione e li innaffia di spunti interessanti. Imperdibile per chi di lettura si occupa o è appassionato, Leggere o non leggere si presta anche perfettamente a stimolare un dibattito e un lavoro insolito di condivisione tra ragazzi dalle medie in su. Molto apprezzabile, in questo senso, la scelta dell’editore Gruppo Abele di stampare il testo con caratteristiche di alta leggibilità come il font EasyReading, la spaziatura maggiore e la sbandieratura a destra, che ne spalancano la fruizione anche a chi sperimenta maggiori di decodifica legate alla dislessia.

Max Halters

Un tipo come Max Halters, scommettiamo, non l’avete mai incontrato! Audace, spericolato e ingegnoso, Max Halters è il re degli stuntman e sa tirarsi fuori dai guai con piani a dir poco sorprendenti. Come quella volta in cui doveva andare il bagno ma questo era pieno zeppo di ragni o quella volta in cui la sua dottoressa ha rivelato le sue doti da lanciatrice di coltelli.  Ogni capitolo presenta un’improbabile quanto spassosa circostanza di pericolo in cui il lettore potrebbe trovarsi e, al motto di “Fai come Max Halters”, la più strampalata ed efficace delle soluzioni.

Max Halters è, insomma, un piccolo manuale di temeraria genialità, un concentrato di surreali situazioni che cattura il lettore con l’esca più succulenta: il divertimento. A completare l’opera intervengono le illustrazioni spassose di Melvin, il cui sodalizio con Stefan Boonen è sempre frizzante, e una struttura compositiva dinamica che difficilmente viene a noia. A brevi paragrafi di testo ad alta leggibilità si alternano infatti figure di varia dimensione, fumetti, infografiche e istruzioni per compiere specifiche imprese: il tutto mantenendo una pulizia grafica apprezzabile, senza che i diversi elementi si sovrappongano, mescolino o intralcino a vicenda. In questo Sinnos si dimostra sempre attentissima a rispettare le esigenze dei giovani lettori, soprattutto con difficoltà legate alla dislessia, per i quali possono fare la differenza non solo le caratteristiche tipografiche come il tipo di font e la spaziatura ma anche il tipo di contenuto e la forma con cui questo viene presentato sulla pagina.

Il grande caos dei telefonini

Cosa succede se un guasto alla rete viene riparato malamente e tutte le linee telefoniche di un villaggio finiscono per mescolarsi? Un grande caos – questo è certo – ma forse anche una grande opportunità! Se ne rendono presto conto Margareth, Will e tutti i loro concittadini, quando i rispettivi telefoni iniziano a squillare molto più o molto meno del solito, portando alla cornetta voci e richieste del tutto inattese. E se in principio sono lo sconcerto e il fastidio ad avere la meglio di fronte a situazioni surreali che scatenano il divertimento del lettore, pian pianino l’intraprendenza e l’ottimismo prendono il sopravvento. Accade infatti che, iniziando a recapitare i messaggi ricevuti per errore ai reali destinatari, chi è appena arrivato in città trovi nuovi amici e nuove occupazioni, chi è era sopraffatto dalle cose da fare possa contare su validi aiuti, chi cercava le parole per dichiarare il proprio amore incappi in un modo insospettabile per farlo e chi vive in solitudine incontri una sorta di famiglia adottiva per sé e per il proprio gatto. Possibilità di incontro e conoscenza nuove cominciano così a correre sui fili del telefono e il tasso di felicità del villaggio squilla più forte di quanto non abbia mai fatto prima.

Con uno stile fresco e una trama essenziale e ben costruita, Sally Nicholls confeziona un racconto davvero brillante che si legge in un soffio e fa sorridere il lettore. I personaggi de Il grande caos dei telefonini (peraltro accuratamente descritti in apertura, a tutto vantaggio anche di chi necessita di punti fermi per inoltrarsi nella narrazione) sono assortiti e accattivanti. Al loro fianco si seguono con piacere i molti equivoci che si vengono a creare e gli intrecci che da questi ultimi prendono forma.

Attento a valorizzare l’unicità dei diversi protagonisti, tra cui anche la giovane Aditi che nonostante un incidente alle gambe continua a praticare l’arrampicata, il libro si mostra inclusivo anche dal punto di vista formale. Contraddistinto da un testo scorrevole e dalla struttura sintattica perlopiù semplice e lineare, Il grande caos dei telefonini rientra infatti nella bella collana Zoom di Bianconero di cui presenta tutte le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità che vanno dal font più leggibile alla spaziatura maggiore, dallo sbandieramento a destra alla carta color crema. A rendere infine particolarmente godibile e fruibile la lettura, concorrono le illustrazioni di Naida Mazzenga. Tutte giocate sul rosso, sul blu e sul bianco, queste sono infatti molto frequenti e restituiscono con tratto ironico tutta la simpatia dei personaggi di Sally Nicholls.

Achille cane quadrato

Giulio Fabroni e Gloria Francella sono due autori che frequentano casa Sinnos da qualche tempo e che hanno un’interessante capacità di dialogare con i piccolissimi. I loro cofanetti dedicati al personaggio di Merlo – Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti – sono per esempio prodotti semplici ma curati in cui gioco e lettura si contaminano felicemente. La stessa vincente abilità di parlare in piccolo e di costruire belle storie a partire da concetti maneggiabili da lettori molto in erba, la si ritrova anche in un titolo più recente – Achille cane quadrato – anch’esso pensato per soddisfare bambini taglia XXS.

Protagonista, qui, è un cagnolino a macchie bianche e nere e dal contorno vagamente tondeggiante. Decisamente più definito nella forma è suo zio Achille che, interrogato su come abbia fatto a diventare perfettamente quadrato, condivide con il nipote la sua storia: una storia fatta di iniziali prese in giro e di un lungo percorso alla ricerca della propria identità. L’incontro con un bruco, una gallina e una stella marina lo porta a sperimentare forme diverse, ma è solo quando incappa in una lumaca dalla forma bislacca che Achille trova finalmente la forma che gli calza a pennello e conosce il segreto di una piccola felicità.

Perfetto da leggere ad alta voce (ma ideale anche come prima lettura, dato il testo semplice e le caratteristiche di alta leggibilità), Achille cane quadrato vanta una storia piacevolmente iterata, un gustoso uso di onomatopee e un implicito invito a fare della lettura un’esperienza movimentata. Ogni volta che Achille cambia forma compie infatti gesti buffi che difficilmente lettori piccoli e grandi resistono dal replicare. Tutto questo, unito a illustrazioni dal tratto sorridente e amichevole, fa del libro – che è peraltro perfettamente quadrato, proprio come Achille – un ghiotto assaggio di lettura da proporre ai più piccini.

La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi

Quella che vede protagonisti i due fratelli Merle e Moritz è una trilogia avvincente che prende forma in un mondo misterioso in cui reale e fantastico si fondono con sapienza. Dopo La signora Lana e il profumo della cioccolata, Beisler pubblica ora il secondo titolo della trilogia intitolato La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi e lo inserisce tra i titoli fruibili dal lettore anche in formato audio, grazie all’applicazione gratuita leggieascolta.

In questo secondo episodio, troviamo i due fratelli ancora intenti a interrogarsi sulla vera identità della misteriosa signora Nuvolana Wolkenstein, che da qualche mese fa loro da bambinaia e su cui a scuola circolano inquietanti voci. Al centro delle loro indagini c’è inoltre l’inspiegabile scomparsa dalla biblioteca di casa del raro libro “La signora Lana e il gran teatro del mondo” che alla bambinaia, in qualche modo, sembra essere legato.

Come se non bastasse il loro compagno di classe Sebastian scompare misteriosamente nel nulla ed è mettendosi sulle sue tracce che Merle e Moritz si lanciano in una avventurosa operazione di salvataggio, facendo ritorno a Fanciullopoli. Anche in questo caso il mondo fantastico di cui  il papà  ha tanto ha parlato loro si apre e si chiude ai loro occhi in maniera enigmatica, popolandosi di creature insieme familiari e sfuggenti: aiutanti buoni come la giraffa di legno Fidibus o la volpe Lacrima d’argento, personaggi ambigui come la gatta voltagabbana e esseri insospettabilmente malvagi come gli gnomi Zannaguzza. In mezzo a loro si districano i due bambini, con l’aiuto di strumenti magici sorprendenti come gli ombrellini cinesi sistemati da Nuvolana Wolkenstein sulle loro cioccolate ghiacciate proprio qualche giorno prima. Che ruolo abbia precisamente Nuvolana nei misteri che travolgono Merle e Moritz e nelle loro spedizioni a Fanciullopoli non è ancora dato saperlo: sarà necessario, per il lettore, attendere il terzo e ultimo capitolo della saga per ricomporre un puzzle decisamente coinvolgente.

Avventuroso e con un tocco da brivido che lo rende particolarmente intrigante, La signora Lana e il segreto degli ombrellini cinesi offre una lettura molto avvincente per bambini coraggiosi e amanti delle storie fantastiche. Alla trama suggestiva e alla scrittura calibrata di Jutta Richter si uniscono le illustrazioni dai toni scuri di Günter Mattei, che amplificano l’atmosfera al contempo attraente e inquietante che pervade l’intero libro.

Quest’ultimo va, dal canto suo, ad arricchire l’interessante progetto leggieascolta di Beisler che prevede l’unione della versione cartacea e della versione audio di alcuni titoli. La versione audio è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, messa a punto dallo stesso editore e disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina l’app apre infatti l’audiolibro, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o prestabilire un tempo dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che pian piano alcune lungimiranti case editrici stanno facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Il coraggio nel vento di montagna

È piccolo piccolo il protagonista de Il coraggio nel vento di montagna ma ha intraprendenza e fegato da vendere. Tra le pagine del silent book di Li Yao lo incontriamo senza preamboli, mentre corre riparandosi gli occhi in mezzo alla polvere sollevata da un forte vento. Ritrovatosi solo nel cuore di una brutta tempesta, il bambino sfida le intemperie con risolutezza crescente. Se all’inizio, infatti, si limita a resistere e aspettare paziente di fronte a tuoni, fulmini e una pioggia battente, a un certo punto decide di passare all’attacco. Man mano che il cielo si popola di vortici e nuvole dalle sembianze di draghi, guerrieri e mostri, il bambino fa di una piccola maschera che porta con sé la chiave per superare pericolo e paura.

Tutto giocato sulla sospensione tra dimensione reale e dimensione fantastica, con gli elementi naturali che diventano creature minacciose agli occhi del bambino, Il coraggio nel vento di montagna cattura il lettore con un stile concitato che richiama alla mente tradizioni, fumetti e disegni orientali.

Rispetto ad altri volumi nati dall’esperienza del Silent Book Contest, come per esempio Il tesoro di Nina o La serraIl coraggio nel vento di montagna presenta passaggi narrativi un po’ più oscuri e lascia molto più spazio all’interpretazione del lettore. Per questa ragione si presta ad essere affrontato con particolare soddisfazione da bambini un pochino più grandi o comunque che si sentano a loro agio di fronte a storie complesse e dal contenuto meno immediato. Se l’assenza di parole, da un lato, amplifica questo aspetto, spingendo il lettore a interrogarsi sul significato di ogni pagina, dall’altro accoglie una libertà di movimento narrativo piacevolissima  di ci possono finalmente godere anche bambini e ragazzi che di fronte al testo scritto potrebbero invece sentirsi costretti.

La serra

Se c’è un aggettivo che descrive il tratto ben riconoscibile di Giovanni Colaneri è probabilmente rigoglioso. Quasi sempre, dal pennello dell’autore escono, infatti, figure sgargianti che fioriscono sulla pagina e paiono popolare foreste umane e naturali. Accadeva in Che cos’è una sindrome? e accade ora in La serra, libro che fin dal titolo sembra sposarsi a meraviglia con uno stile così florido.

La sua protagonista è una bambina visionaria e intraprendente che vive suo malgrado in una città tutto fumo e grigiume. Non ci sono alberi né animali a rendere vivo il paesaggio e così, quando un uccello dalle sfumature turchesi spunta alla finestra, la bambina non può fare a meno di notarlo. L’uccellino, d’altronde, veste i suoi stessi brillanti colori e tra i due si instaura una complicità immediata. Di fronte all’invito a seguirlo, la bambina non perde tempo e, inforcata la sua bicicletta, percorre desolate e desolanti distese di foreste ormai abbattute fino a che giunge in luogo straordinario. Si tratta di una serra lussureggiante, luogo di per sé meraviglioso se si considera la triste cornice in cui si colloca, ma reso ancor più straordinario dal personale che lo cura. Al di là delle ampie e luminose vetrate la bambina, e con lei il lettore, incontra infatti una schiera di animali deditissimi al giardinaggio: chi innaffia vasi e aiuole, chi trasporta carrelli zeppi di piante e chi ne controlla puntiglioso qualità e stato. C’è un piano preciso dietro tutto questo lavoro, ma gli animali hanno bisogno di una zampa. Ecco allora che la bambina si trova a guidare una spedizione ad alto impatto green a tutto vantaggio dell’intera comunità.

Finalista del Silent Book Contest 2020, La serra racconta di sogni all’apparenza impossibili e di collaborazioni che creano bellezza. Qui, il rispetto per la natura appare chiaramente come qualcosa che ripaga a pieno, restituendo a chi lo pratica un’esistenza a colori. Sospesa tra reale e fantastico, la storia per immagini confezionata da Giovanni Colaneri è ricca di fascino e scandita in modo lineare e chiaro nonostante l’assenza di parole. Quest’ultima, dal canto suo, ne spalanca la fruizione anche da parte di bambini e ragazzi con difficoltà di decodifica e comprensione del testo, legate per esempio alla dislessia o alla disabilità uditiva.

Bosco dove sei?

Già protagonista di Un riccio per amico, il riccio Filippo torna sugli scaffali con il suo carico di ingenua tenerezza. In questa nuova avventura firmata nei testi e nelle immagini da Alice Campanini, l’animaletto si accorge un giorno che il bosco è sparito. Alberi, foglie ed erba scompaiono dal giorno alla notte, senza una spiegazione. Gli altri animali, dal canto loro, mostrano comportamenti insoliti, tutti intenti a prepararsi per un fantomatico letargo. Che cosa sia questo letargo, Filippo di fatto non lo sa e se lo chiede di continuo. Un improvviso scivolone gli porterà inaspettatamente tutte le risposte che cerca, conducendolo finalmente soddisfatto verso un lungo sonno ristoratore…

Col tratto delicato che abbiamo già iniziato a conoscere nel precedente volume, sempre edito da Storie Cucite, Alice Campanini confeziona una storia semplice che parla di natura, curiosità, stupore e amicizia. Bosco dove sei?, già pubblicato anche in formato tradizionale, presenta nella versione in simboli le caratteristiche tipiche del modello inbook cui aderisce. I singoli elementi del testo sono quindi simbolizzati, facendo ricorso alla collezione WLS. I simboli sono poi dotati di qualificatori (di genere, di numero, di tempo…) e racchiusi insieme alla componente alfabetica all’interno del riquadro.

Il libro si caratterizza per un testo piuttosto lungo e articolato, composto di frasi dalla struttura non necessariamente lineare che richiedono una certa abilità di lettura e comprensione. Le illustrazioni, presenti in ogni doppia pagina e prive di dettagli inutili o disturbanti, seguono passo passo il racconto offrendo un sostegno all’attenzione, al fascino narrativo e all’appropriazione della storia.

 

Le mani ballano la bocca canta

Non è mai troppo presto per rendere un libro più amichevole e leggibile. Ecco allora che Sinnos ci propone un volumetto piccino picciò adatto a giovanissimissimissimi – dall’anno e mezzo in su – che sfrutta a pieno il font leggimiprima, la spaziatura ampia e il testo non giustificato (oltre che a grande carattere). Perché è vero che il pubblico di riferimento non lo leggerà in autonomia ma magari lo farà un fratellino di poco più grande per il quale gli accorgimenti di alta leggibilità possono essere un validissimo aiuto per fare della lettura condivisa un momento piacevole che fila liscio.

Protagonista del libro è una bambina dall’aria vispa che invita il lettore a sperimentare le molte possibilità espressive offerte dalle mani e dalla bocca. Con le prime si può infatti, salutare, fare musica ed esplorare il proprio corpo. Con la seconda si può dare i baci, sorridere, fare gli indiani e mangiare i gelati. Ad ogni azione è dedicata una doppia pagina centrata sulla bambina e sul suo coniglietto di pezza, immancabile compagno di giochi. I testi brevi e diretti descrivono i movimenti che la bambina fa. Resi particolarmente coinvolgenti dalla frequente presenza di onomatopee, questi possono essere facilmente imitati dal lettore e divenire il fulcro di una sorta di danza o canto mimato da condividere con gioia nell’intimità familiare.

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Cruciverba

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Cruciverba

Quando il tempo a disposizione non manca, il cruciverba è sempre una buona idea. Per divertire e soddisfare lettori con età, abilità e interessi diversi, questo quaderno di #intantofaccioqualcosa presenta 25 quiz e cruciverba dedicati a tematiche differenti e di complessità crescente. Si va dallo sport alla gastronomia, dalla geografia al cinema: in questo modo anche giovani lettori molto ferrati in un unico campo possono trovare pane per i loro denti.

Le definizioni sono tutte scritte in maniera molto lineare così da favorirne la comprensione e la soluzione. Di tutti i quiz e i cruciverba sono infine fornite le soluzioni in un’apposita appendice del volume.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Ricette

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Ricette

Il quaderno di #intantofaccioqualcosa dedicato alle ricette omaggia quella che è probabilmente stata l’occupazione più diffusa tra gli italiani durante il lockdown. Il ruolo che manicaretti e impasti hanno avuto nell’intrattenere, rilassare e far dialogare tutti noi è stato in qualche modo straordinario e in questi mesi di strana reclusione anche i più piccoli, trascorrendo molto più tempo a casa, hanno avuto modo di cimentarsi spesso con pietanze e fornelli.

Le ricette contenute nel quaderno sono pensate proprio per loro, con l’idea che possano essere replicate quasi totalmente in autonomia o con la semplice supervisione di un adulto. Tutte le proposte sono infatti piuttosto semplici e abbordabili e non richiedono l’uso di strumenti particolarmente sofisticati o pericolosi (eccezion fatta per i coltelli). A ogni ricetta è dedicato un capitolo che comprende l’elenco degli ingredienti necessari e le istruzioni passo passo per preparare il piatto, il tutto presentato tramite fotografie e relative didascalie.

Le fotografie scelte, seppur realizzate in maniera artigianale data la situazione dettata dalla pandemia, sono molto chiare ed eloquenti, al punto che nella maggior parte dei casi le didascalie fungono da supporto non indispensabile. Redatte in maniera lineare e chiara, queste ultime sono dal canto loro molto dirette e non trascurano alcun passaggio, rendendo le proposte culinarie davvero alla portata di bambini molto poco esperti.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Giochi

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Giochi

Dal classico trova le differenze al memory, dalle figure da ricomporre al sudoku dei colori: il quaderno di #intantofaccioqualcosa dedicato ai giochi raccoglie una serie variegata di proposte che ben si adattano a stimolare il giovane lettore senza risultare ripetitive.

Ogni gioco è presentato all’interno di una pagina con semplici istruzioni, descritte passo passo con testi alfabetici molto lineari e il supporto di immagini per quanto riguarda l’indicazione dei materiali utili. Laddove, nei giochi, siano previste risposte giuste o errate, il quaderno presenta una sezione di soluzioni mentre per quelle attività che invitano a ritagliare alcune parti sono previste pagine staccabili.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Granpà

Christoph Léon è un narratore di razza: sa come tirare il lettore al cuore delle storie e come dipanare temi potenti senza che questi gravino sulla pagina come una zavorra. Accade sulla lunga come sulla corta misura, come ben dimostra Granpà, racconto breve recentemente uscito per Camelozampa.

In una manciata di pagine (poco più di settanta), Léon mette in piedi un appassionante racconto di vita, che attraversa tre generazioni e in cui echeggiano questioni importanti come il rapporto tra uomo e natura e lo scarto spesso esistente tra legge e giustizia. Protagonisti, che ci pare dopo poche pagine di conoscere a fondo, sono il giovane John e suo nonno Granpà. I due si aggirano furtivi per l’America dell’Ovest, intenti a sabotare gli impianti dell’Arizona Oil Company che con i suoi pozzi per l’estrazione del petrolio sta distruggendo opere millenarie della natura ed espropriando per pochi spicci i possedimenti di intere famiglie. Granpà ha già subito questo destino una volta ed è disposto a tutto, ora, pur di difendere la sua terra e i suoi ideali di tutela dell’ambiente. A un certo punto, però, la spedizione si mette male e John è costretto a separarsi dall’amato nonno  in un epilogo intensissimo, che è insieme straziante e pieno di speranza.

Ricercato ma molto fruibile, anche grazie alle scelte orientate all’alta leggibilità compiute dall’editore Camelozampa, Granpà offre ai ragazzi dalle medie in su una lettura densa e appassionante, che rifugge la banalità delle forma e della sostanza, senza per questo risultare ostica. Il racconto si legge infatti con piacere e con deciso coinvolgimento, come immersi nelle calde e polverose notti del Colorado.

La notte

Bentornati a Wimmlingen, il paese più silenzioso e brulicante che ci sia! Già protagonista degli irresistibili Libri delle stagioni (Topipittori, 2018-2019), la città creata da Rotraut Susanne Berner torna al centro di un nuovo wimmelbuch di grandi dimensioni. Luoghi, abitanti e inquadrature sono immutati rispetto si titoli precedenti: un piacere in più per il lettore che già li ha frequentati e che può così sperimentare la gioia del riconoscimento e il sapore della familiarità. La ripresa, in questo caso, è esclusivamente notturna, il che offre la possibilità di scoprire gli spazi cittadini in una veste insolita, vedendo animarsi luoghi perlopiù deserti di giorno e, al contrario, svuotarsi luoghi di giorno animatissimi. A ruota, anche i personaggi cambiano ruolo, ripresi nel loro tempo libero o in servizio.

E così, a vagare per le strade della vivace cittadina si assiste a comunissime routine quotidiane come a eventi straordinari, a lavori spesso invisibili come a incontri inattesi. Nella Wimmlingen notturna c’è chi si fa la doccia e chi vorrebbe dormire in giardino, chi sventa furti e chi guarda le stelle cadenti, chi fa un pigiama party in biblioteca e chi imbratta i muri per amore. Anche gli animali, come sempre accade nei quadri di Susanne Rotraut Berner, non stanno a guardare e tra gatti ben svegli, procioni a zonzo e cani ladruncoli anche le notti a quattro zampe si fanno piuttosto animate. Ad attraversare la città, partendo dal quartiere residenziale che si accinge a riposare e arrivando al laghetto dove pullulano le attività notturne, il lettore si immerge in una dimensione insolita e avvolgente, in cui al silenzio delle parole assenti si aggiunge quello dell’ora tarda (le 22.15, per la precisione, dice l’orologio della stazione). Tra serrande abbassate e luci accese c’è tanto da osservare, scovare e raccontare: l’autrice ha in questo senso un tocco davvero magico, capace com’è di disseminare tra le pagine dettagli sfiziosi, microstorie che si fanno grandi, citazioni imperdibili e vicende che si intrecciano.

Nei suoi racconti per immagini tutto si tiene con una coerenza e una fittezza di rimandi che sono fonte inesauribile di stupore e ragione di riletture mai uguali. Anche grazie a questa abilità i libri come La notte svelano una molteplicità di strati di lettura che agevola il coinvolgimento e la piena partecipazione da parte di bambini con abilità diverse.  Da un lato, infatti, l’assenza di parole favorisce la positiva appropriazione del libro anche da parte di piccoli lettori con difficoltà di comprensione del testo. Dall’altro, la presenza di storie godibili sia nella loro individualità sia nel loro complesso permette una libertà di movimento pienamente appagante a chi necessita di narrazioni poco articolate al pari di chi si districa con disinvoltura tra vicende disegnate più o meno complesse. Che sia giorno o che sia notte, insomma, la città di Wimmlingen accoglie il lettore con un caloroso e amichevole benvenuto!

A mezzanotte

Mezzanotte è un’ora magica, un tempo speciale che segna un preciso confine oltre il quale qualcosa di straordinario spesso accade. Lo sanno gli umani, immancabili festeggiatori di capodanni, ma lo sanno anche gli animali del bosco. Mezzanotte è infatti l’ora in cui i cancelli del luna park chiudono, lasciando deserti giostre e chioschi di delizie. È proprio a quell’ora che volpi, alci e animali selvatici di ogni sorta varcano il limitare del bosco, da dove pazienti hanno assistito al montaggio del parco di divertimenti preparandosi a goderne. Un buco sotto la rete, un’acrobazia da procioni per accendere l’interruttore generale e si va: il luna park si accende in tutto il suo splendore. Da lì in avanti, per gli animali abituati al silenzio ombroso del bosco è tutto un sorprendersi e sperimentare: ci sono dolciumi da assaporare, giochi di abilità in cui cimentarsi, giostre da cui salire e scendere in una nottata scintillante che è tutto fuorché usuale. Ma ogni cosa ha il suo prezzo e così sui banconi delle attrazioni si accumulano man mano preziose monete del bosco: foglie, pigne, funghi e bacche. Un ultimo giro sugli autoscontri e già albeggia, sembra avvisare il saggio gufo. Mentre il custode del parco si prepara a una nuova giornata di lavoro, gli animali rassettano tutto, recuperano i loro bottini e furtivi tornano a casa, dove la festa continua. Quando la stanchezza prende il sopravvento, ognuno si ritira nella sua tana. Solo il lupo, abile vincitore del gioco delle paperelle, ha ancora qualcosa da fare per rendere la nottata davvero speciale, non solo per sé stesso ma anche per qualcun altro…

Incantevole e coinvolgente, A mezzanotte è un libro senza parole con la S e la P maiuscole, tale per cui eventuali parole scritte sarebbero proprio di troppo. Non solo infatti Gideon Sterer e Mariachiara Di Giorgio allestiscono un’ossatura narrativa solidissima e precisa, che conduce per mano il lettore nell’avventura notturna, ma la meditata assenza di testo offre a quest’ultimo la possibilità di godere delle attrazioni scintillanti proprio come fosse sul posto, prendendosi i suoi tempi e scegliendo con ritmi personali dove e come muovere lo sguardo. Chiarezza narrativa e libertà di movimento trovano qui un misurato equilibrio, permettendo di fare propria la bellezza di questo volume anche a chi si troverebbe imbrigliato dalla presenza di un testo, per motivi per esempio di dislessia o disabilità uditiva, e a chi faticherebbe a districarsi tra storie che richiedono troppe inferenze. La sceneggiatura è infatti meticolosa, scandita senza salti, e le illustrazioni sono disseminate di dettagli apparentemente minimi ma in realtà decisivi ai fini della lettura della vicenda. Si pensi, per esempio, alla precisione degli sguardi dipinti da Mariachiara Di Giorgio, ai gesti eloquenti anche dei personaggi posti sullo sfondo, alla cura di particolari come la luce che aumenta man mano che l’alba avanza o ai rimandi puntualissimi tra le pagine, come quella  iniziale che vede l’orso raccogliere bacche, fiori e funghi e quelle seguenti in cui i preziosi frutti del bosco sono impiegati a mo’ di moneta. Tutto torna, tutto ha e dà senso. In più, non solo le tavole sono di una bellezza emozionante ma le inquadrature mai banali che le contraddistinguono rendono la lettura un atto dinamicissimo che catapulta il lettore tra popcorn scoppiettanti e luci sfavillanti.

Nascondino

Anche il più feroce degli animali può nascondere uno spirito burlone, parola di tigre!

Protagonista del silent book di David Hearn, il pericoloso felino si muove quatto quatto tra l’erba alta sulle tracce di una placida antilope. Il suo sguardo è intenso e concentrato e in un efficace gioco di primissimi piani e campi larghi, capiamo che l’attacco sta per essere sferrato. Ma… colpo di scena! Proprio quando pochi centimetri separano la belva dalla preda, questa spunta trulla dall’erba con indosso occhiali, nasone e baffi finti alla Groucho Marx: uno spasso! Da lì in avanti e a più riprese, l’antilope sfodera la sua riserva di mascheramenti, rendendo la caccia una continua e divertente sorpresa. Ma la tigre non è tipo da arrendersi facilmente e così, scovato il mucchio di costumi, mette in atto la sua insospettabile rivincita. E il gioco, manco a dirlo, è pronto a ricominciare…

Nascondino è il vincitore del Silent Book Contest Junior 2020, il premio attribuito dalla giuria dei giovanissimi, all’interno del concorso organizzato da Carthusia. E il motivo della vittoria non è affatto difficile da capire. Spiazzante e divertentissimo, il libro di David Hearn sa cogliere il lettore di sorpresa e rinnovare quest’ultima fino alla fine, sa mescolare con perizia realismo e invenzione e sa fare delle diverse inquadrature – ampie, ristrette e ristrettissime – un elemento narrativo di grande efficacia. Di fronte a quelle riprese larghe che vedono la tigre muoversi felpata e a quegli zoom improvvisi sulle espressioni del suo volto o sui look improbabili dell’antilope, il lettore è coinvolto a pieno e il continuo cambio di punto di vista – dietro, davanti, sopra e di fianco alla tigre – lo colloca esattamente tra i fili d’erba, in posizione privilegiata per godersi gli esilaranti imprevisti.

Del tutto privo di parole e animato da due soli protagonisti, Nascondino si presta a essere goduto in maniera appagante anche da parte di bambini (e adulti!) con difficoltà legate alla decodifica del testo o alla comprensione di storie complesse, che non disdegnino vicende profondamente surreali.

Una specie di scintilla – audiolibro

Che tosta, Addie! 11 anni, autistica, appassionata lettrice, amante degli squali e testarda battagliera per le cause in cui crede, la protagonista di Una specie di scintilla è un personaggio a cui ci si affeziona subito e che si dimentica con difficoltà. La sua vita si svolge nella placida cittadina scozzese di Jupiter, dove nulla di eclatante pare mai accadere, dove la comunità si riunisce ancora periodicamente per prendere decisioni collettive e dove tutti sembrerebbero più interessati a difendere il buon nome del villaggio che a permettergli di essere ricordato per qualcosa di davvero buono.

E così, quando durante una lezione di Miss Murphy, Addie scopre che in passato, proprio a Jupiter, diverse donne sono state pretestuosamente condannate a morte perché ritenute streghe, inizia una determinata battaglia affinché un memoriale cittadino renda loro omaggio e ricordi a tutti gli effetti nefasti e senza tempo a cui possono condurre l’ignoranza e la paura della diversità. Addie si deve però scontrare non solo con il bigottismo che impera in paese ma anche con una insopportabile forma di bullismo e discriminazione in ambito scolastico, perpetrata da una compagna particolarmente ostile, da una classe odiosamente indifferente e da una professoressa abiettamente incapace di fare il suo mestiere.

Umiliata e trattata da inetta da chi dovrebbe saperne piuttosto cogliere bisogni e talenti, Addie trova conforto e supporto in una nuova compagna sensibile e leale e in una famiglia presente e attenta. Il rapporto con sua sorella maggiore Keedie, anche lei autistica e apparentemente più capace e avvezza a dissimulare la sua neurodiversità, costituisce in particolare per Addie un aiuto prezioso per capire che cosa accade dentro e fuori di lei, per conoscere il prezzo di un mascheramento forzato e per trovare il coraggio di portare fino in fondo la sua importante e simbolica battaglia.

Incredibilmente incisivo, Una specie di scintilla è il pluripremiato romanzo d’esordio della giovane scrittrice scozzese Elle McNicoll. La sua forza sta senz’altro in una serie di personaggi indelebili, di fronte ai quali è impossibile mantenere una posizione neutra, e nella capacità di raccontare ciò che la protagonista prova e pensa con chirurgica efficacia e assenza di retorica. L’autrice, che è a sua volta autistica, non ha infatti remore o difficoltà a spazzare via tanti luoghi comuni sulla sindrome che la contraddistingue – luoghi comuni legati, per esempio, all’intelligenza, all’autonomia, all’empatia o alla capacità di costruire legami – mettendo bene in chiaro che ci sono tanti modi di essere neurodivergenti e che tentare di inquadrare in maniera unica e stereotipata tutti coloro che rientrano nello spettro non ha dunque alcun senso. Nel solco di Temple Grandin, che echeggia chiaramente in quel “L’oceano ha bisogno di tutti i tipi di pesci, proprio come il mondo ha bisogno di tutti i tipi di mente” pronunciato da Keedie, Elle McNicoll fa del suo punto di vista interno una chiave efficacissima per offrire una lettura nuova e meno rigida dell’autismo, in cui multisfaccettatura e complessità trovino finalmente il loro posto.

Oltre a raccontare con grande chiarezza e semplicità cosa provano Addie o Keedie in determinate situazioni (per esempio di eccessivo affollamento, rumore o luminosità) e quanto per loro possa essere faticoso mascherare il proprio disagio per rispondere il più possibile alle aspettative dei neurotipici, la sua scrittura schietta ci mette costantemente nella condizione di chiederci come noi stessi ci poniamo di fronte a chi percepisce, registra e affronta la realtà in modo diverso da noi. In questo modo, a dispetto di tanta comunicazione e letteratura che tende a dipingerla in bianco e nero come una tragedia assoluta o come una superdote tout court, la neurodiversità viene piuttosto dipinta, con una fitta serie di sfumature, come una specie di scintilla.  “Il mio autismo – dice Addie durante un toccante discorso all’assemblea cittadina – non è sempre un superpotere. A volte è problematico. Ma nei giorni in cui sento l’elettricità nelle cose, quando vedo dettagli che altri potrebbero non vedere, mi piace molto.”

Una specie di scintilla è disponibile in una duplice versione: cartacea e audio. La prima è curata da Uovonero con caratteristiche di alta leggibilità. La seconda è invece proposta da Fabler audio, una nuovissima casa editrice specializzata in audiolibri. Nata nel 2020 per iniziativa di Carlotta Brentan che da anni, l’Italia e gli Stati Uniti, si occupa di teatro, cinema e doppiaggio, Fabler propone libri da ascoltare molto curati sia a livello di qualità della registrazione sia a livello di piacevolezza dell’interpretazione. Una specie di scintilla è il primo titolo per ragazzi inserito in catalogo.

Hank Zipzer. Su il sipario, giù i calzoni

Hank Zipzer torna sulla scena. Letteralmente! Nell’undicesima avventura che lo vede protagonista, il giovane personaggio creato da Lin Oliver ed Henry Winkler si trova infatti alle prese con lo spettacolo teatrale della scuola: esperienza tanto emozionante quanto impegnativa per chi, come lui, non va proprio a nozze con copioni da leggere e battute da imparare a memoria. Non solo: a complicare la faccenda sopraggiunge anche un certo patto che Hank stringe con il papà. Se non riuscirà a prendere almeno nove nel compito di matematica sulle divisioni lunghe, può dire addio al palcoscenico, alla recitazione e alla parte di re del Siam che si è talentuosamente conquistato.  E così non gli resta che accettare il tutoraggio alla pari offerto da miss perfettina Heather Payne. Contro ogni aspettativa, la motivazione di Heather ad avere successo con il suo allievo la spinge a trovare metodi di insegnamento alternativi che valorizzano l’intelligenza visiva di Hank. Quella che si apre di fronte al ragazzo è così una possibilità del tutto nuova di fare un pochino amicizia non solo con i numeri ma anche con qualcuno che credeva diversissimo e incompatibile con lui.

Spassoso e godibile come i dieci titoli precedenti, Hank Zipzer. Su il sipario, giù i calzoni mette in azione la consolidata schiera di personaggi che animano la scuola SP 87 – dall’inflessibile signorina Adolf ai fidatissimi Ashley e Frankie, dall’arrogante McKelty all’originale famiglia Zipzer – a cui il lettore è probabilmente già affezionato e da cui dipendono meccanismi narrativi ben rodati. Davvero apprezzabile il fatto che nonostante la collana dedicata ad Hank abbia ormai raggiunto il titolo numero 11, l’ironia che la contraddistingue non sia venuta meno così come la capacità di rendere i Disturbi Specifici dell’Apprendimento del protagonista parte integrante dell’avventura e non mero tema didascalico. L’attenzione alla dislessia viene inoltre confermata a livello grafico e tipografico, dal momento che il volume presenta le consuete e funzionali caratteristiche di alta leggibilità quali un font privo di grazie, una spaziatura maggiore, una sbandieratura a destra e l’uso di una carta color crema.

 

Rossi contro blu

La rivalità tra Rossi e Blu è affare di lunga data: i due schieramenti, guidati rispettivamente da Rossofuoco e Barbablù, si sfidano, fronteggiano e tendono agguati fin da quando i componenti non erano che ragazzini. Un giorno, da entrambe le parti, i guerrieri si preparano a sferrare un attacco micidiale agli avversari: si prospettano ossa rotte e nemici al ragù. Ma nessuno dei due valorosi capifazione ha previsto l’incontro nel bosco con due marmocchi, uno verde e uno nero, intenti a sfidarsi al gioco delle code. Come resistere? Di fronte alla ludica prospettiva, i cavalieri bardati di tutto punto cambiano senza esitazione vesti e obiettivi, preparandosi a rubare quante più code possibile agli avversari. Nessuno di loro si aspetta, però, che anche i nemici siano stai coinvolti nella sfida e questo fa di loro degli inattesi compagni di gioco. Certo, la sera la partita finisce e l’antica rivalità può tornare a galla. Se non fosse che giusto per il giorno seguente è in programma un torneo ai ciottoli. La battaglia, forse, può ancora aspettare…

Benjamin Leroy, già in catalogo per Sinnos con una fitta serie di titoli spassosissimi – da Super P a Caccia alla tigre dai denti a sciabola, da Appuntamento nel bosco a Susi in piscina e taglia tutto – è autore e illustratore di quest’albo che guarda con benevola ironia al mondo degli adulti e fa del gioco una chiave di risoluzione di conflitti da non sottovalutare. Con un testo divertente (e perfetto anche da leggere ad alta voce) e illustrazioni dal tratto buffo, Rossi contro blu mescola con diletto elementi medievali e moderni, mette in scena personaggi dai nomi e dai caratteri spiritosi e dissemina le tavole di particolari gustosi. Contraddistinto inoltre da caratteristiche di alta leggibilità che riguardano sia l’aspetto tipografico, con font leggimi, spaziatura ampia tra lettere, parole, righe e paragrafi, e sbandieratura a destra, sia l’aspetto compositivo, con frasi perlopiù brevi, lineari e poco numerose su ogni pagina, il libro di Benjamin Leroy si presta a offrire una piacevole e lettura autonoma dai sei anni (o condivisa anche un po’ prima).

 

Scuola di mostri

Alzi la mano chi non ha avuto un po’ di tremarella il primo giorno di scuola! Giò non fa eccezione e quando varca la soglia della sua classe è letteralmente terrorizzato: l’operatore scolastico è un orco, i compagni sono mostri e la maestra una matrigna maligna. Sarà dura per lui districarsi tra attacchi ululanti, pozioni puzzolenti e piatti di riso e bruchi, fino a quando un inatteso incidente in giardino non sembra rimettere le cose a posto, trasformando l’esperienza scolastica come per magia.

Scorrevole e leggero, Scuola di mostri è un racconto perfetto per lettori alle prime armi, non solo perché racconta una storia di piccole paure vicinissima al loro vissuto ma anche perché è costruito e stampato secondo criteri di alta leggibilità. Il testo di Sabrina Guidoreni previlegia infatti un lessico piano e strutture sintattiche lineari e risulta stampato in font leggimi mutuato da Sinnos, con spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra e frequente associazione alle illustrazioni. Firmate da Giulia Bracesco, queste ultime sono presenti pressoché a ogni pagina, con tono scanzonato e divertito, contribuendo fattivamente a rendere la lettura più abbordabile e amichevole.

Le caratteristiche di alta leggibilità che rendono Scuola di mostri particolarmente adatto anche a lettori dislessici contraddistinguono anche altri titoli della collana Oscar primi junior dalle firme note come quella di Miriam Dubini o Anna Sarfatti. Riconoscibili grazie al bollino “alta leggibilità”, questi titoli condividono l’intento di rendere storie semplici, divertenti e avventurose fruibili anche a un pubblico di lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Il signor Balena ha il raffreddore

Dura la vita da pinguino se il tuo vicino di casa è una balena (e per giunta con il raffreddore)! In questo caso, meglio mettersi al riparo: ogni starnuto crea, infatti, onde altissime che rischiano di sommergere tutto ciò che galleggia nei dintorni. Così capita ai protagonisti de Il signor Balena ha il raffreddore: una banda di pinguini intraprendenti che sperimenta più di un’improbabile soluzione – dai traslochi a remi ai fazzoletti giganti – per risolvere l’ingombrante problema del cetaceo. Nessuna sembra funzionare. A un certo punto, però, l’idea giusta arriva e la situazione si sblocca. I festeggiamenti durano tuttavia meno del previsto perché, si sa, la salute delle balene è estremamente cagionevole!

Semplice, ironico e caratterizzato da una piacevole struttura iterata e dotato di un divertente finale a sorpresa, Il signor Balena ha il raffreddore è un albo scritto e illustrato da Manuel Vertemara. Pubblicato da Storie Cucite in duplice versione – tradizione e inbook – il libro può raggiungere pubblici con esigenze di lettura diverse. La presenza dei simboli WLS, di poche frasi per pagina, di strutture sintattiche perlopiù lineari e di un lessico piano rendono in particolare la versione in simboli piacevolmente fruibile in lettura condivisa da parte di bambini già di età prescolare. Le buffe illustrazioni, dal canto loro, contribuiscono a rendere la lettura felicemente accattivante.

A Said piaceva il mare

C’è Said, che nel mare vedeva un amico rassicurante e una possibilità di futuro nuova. C’è Andrea che, ispirato dal giovane Holden, decide di mettersi alla ricerca di sé stesso. C’è Gabriele che ha un segreto che lo divora dentro fino a che non incontra qualcuno con cui condividerlo. C’è Rico che trova il coraggio di ribellarsi all’imposizione di un sogno che non gli appartiene. E c’è Maya che scova la bellezza nei cambiamenti e la immortala con la sua fotocamera. Said, Andrea, Gabriele, Rico e Maya: tuti loro abitano, ciascuno con la propria storia, la raccolta di racconti inediti firmata da Roberto Parmeggiani e intitolata A Said piaceva il mare. I racconti sono brevi e scivolano via veloci ma sedimentano con calma nel lettore, come sassi nelle tasche. Perché Roberto, che ha una lunga esperienza come educatore, i ragazzi li conosce bene e li sa raccontare da vicino, vicinissimo. Le emozioni contrastanti dei protagonisti, le loro passioni, i loro crucci, la loro quotidianità che si apre al futuro sono qualcosa di vivo e tangibile e in essi è bello e facile ritrovarsi anche se, come lettori, non si porta sulle spalle una storia specifica di emigrazione, di omosessualità o di trascuratezza familiare. Perché questo, in fondo, fanno le storie: farci sentire più simili di quel che crediamo, grazie a ciò che ci unisce davvero come i sentimenti e le relazioni.

A Said piaceva il mare è il quarto volume della collana Parimenti, proposta da la meridiana e realizzata in collaborazione con il Centro Documentazione Handicap di Bologna e con l’associazione Arca Comunità l’Arcobaleno di Granarolo. A differenza dei precedenti volumi, che presentano adattamenti di romanzi o racconti preesistenti come Il diario di Anna FranK, Dracula o Novelle fatte a macchina, A Said piaceva il mare presenta storie inedite che più facilmente, forse, possono incontrare il favore di giovani lettori con abilità diverse. Proprio come i precedenti volumi, invece,  A Said piaceva il mare abbraccia la significativa scelta di raccontare storie da grandi con una forma comunicativa – quella dei simboli della CAA – che troppo spesso l’editoria riserva ai piccoli lettori. Parimenti è infatti ad oggi la sola collana in simboli pubblicata in Italia per un pubblico di adolescenti e anche per questo merita di essere conosciuta. Il volume è in particolare realizzato secondo il modello inbook e presenta pertanto simboli WLS in bianco e nero, riquadrati insieme all’elemento alfabetico corrispondente, riferiti ai singoli elementi della frase e corredati di qualificatori per esempio di genere, numero e tempo verbale. I testi sono composti ricorrendo a strutture sintattiche lineari e non troppo complesse. Ciononostante essi non risultano per nulla banali e possono agevolmente soddisfare lettori anche lettori senza difficoltà comunicative o cognitive. Il volume è arricchito infine da un’immagine per ogni racconto contenuto. Firmate da Attilio Palumbo, le illustrazioni aggiungono una nota suggestiva e pensosa, in piena sintonia con il tono della narrazione.

A Said piaceva il mare è reso disponibile dalla casa editrice anche in formato ebook, con le medesime caratteristiche compositive della versione cartacea. Sulle principali piattaforme è inoltre proposto in formato audio. In questo senso, l’impegno della casa editrice la meridiana in favore dell’accessibilità e 360° si conferma particolarmente forte e scrupoloso.

Ci penso io!

Nella vita di un bambino (ma, ça va sans dire, anche di un adulto!), i piccoli incidenti, guai ed errori sono all’ordine del giorno. Un compito sbagliato, una matita spezzata, una maglia strappata o un quadro caduto: quasi tutto si può aggiustare, basta avere lo strumento giusto!

Attraverso una carrellata di rotture e rispettivi strumenti di riparazione, Ci penso io! dice al lettore che l’importante, di fronte a un guaio, è provare a ripararlo e allena il lettore ad associare ogni oggetto danneggiato con ciò che serve per metterlo a posto. Quello che si attiva all’interno di ogni doppia pagina è un ragionamento, tutt’altro che scontato e immediato per alcuni bambini, sulla temporalità (ciò che accade prima e ciò che si usa dopo) e soprattutto sulla funzione delle cose. Il lettore si trova dal canto suo coinvolto non solo da una struttura che si ripete identica a ogni pagina e che incentiva così l’anticipazione del contenuto ma anche dalla predilezione per situazioni e oggetti molto comuni e familiari. L’autrice sceglie inoltre di concludere il volume con una piccola e inattesa deviazione dal tema incentrato sugli oggetti per porre l’attenzione sugli umani e sullo straordinario potere riparatore dei loro baci: un modo grazioso ed efficace, questo, per sorprendere il lettore e farlo sentire protagonista, non solo come potenziale combinaguai ma anche e soprattutto come risolutore!

Scritto e illustrato da Cristine Petit, Ci penso io! gioca con semplicità sui principi di ripetizione e variazione, mettendo in campo a ogni pagina situazioni di rottura e riparazione iterate ma oggetti, strumenti e protagonisti (insieme al narratore) diversi. Raccontato dal punto di vista e con la voce di un bambino di nome Tommaso, il libro presenta pagine di apprezzabile pulizia su cui si stagliano i testi lineari e semplici e le illustrazioni grandi e nette: una struttura ideale per favorire la concentrazione del lettore e per stimolarne il riconoscimento di situazioni e soluzioni, in una lettura che si fa anche un po’ gioco ed esercizio.

 

Il bollino Liberi tutti

Ci penso io! fa parte della collana di cartonati di Pulce edizioni e rientra, più nello specifico, tra i titoli che la casa editrice contraddistingue con il bollino Liberi tutti. Quest’ultimo viene attribuito, in particolare, a volumi progettati per agevolare una piacevole esperienza di lettura anche da parte di bambini con bisogni educativi speciali.

I libri in questione non presentano codici specifici – come potrebbero essere il Braille, la LIS o i simboli – in aggiunta al testo alfabetico tradizionale ma caratteristiche compositive particolari – come la scelta dell’argomento, del lessico e delle illustrazioni – che tengano conto di eventuali difficoltà di astrazione, di comprensione di determinati passaggi logici, di decodifica testuale o visiva.

In questo senso vengono privilegiati volumi contraddistinti da testi brevi, essenziali, con struttura sintattica lineare e lessico quotidiano; da illustrazioni mirate, con forme nette e prive di dettagli superflui che supportino, grazie a una corrispondenza puntuale, la decodifica del testo; da strutture narrative iterate che sollecitino nel lettore l’attivazione di semplici meccanismi di previsione; e da racconti che offrano un aggancio forte all’esperienza concreta e quotidiana del piccolo lettore.

Grazie a questo tipo di accorgimento, i libri che presentano il bollino Liberi tutti si prestano ad accogliere con meno ostacoli, anche bambini con disabilità uditiva, cognitiva o comunicativa che possono trovare tra queste pagine un supporto accattivante e a misura per avviarsi a piccoli passi verso storie via via più complesse.

L’archeologo delle parole

L’archeologo delle parole è il secondo volume della felice collana Sottovento delle edizioni Telos e come il precedente – Il mago Tre-Pi–  si caratterizza per un’attenzione rara a fare della lettura un’esperienza pienamente fruibile e appagante anche per chi presenta difficoltà a decodificare e comprendere il testo scritto.

Punto di forza del libro, e più in generale dell’intera collana, è la libertà che viene offerta al lettore di muoversi tra diversi formati – cartaceo, digitale, audio o, perché no?, una combinazione dei tre – e tra diversi strumenti di sostegno alla lettura. Se, di per sé, la versione cartacea, presenta interessanti caratteristiche di alta leggibilità, legate alla scelta del font, della spaziatura, dell’allineamento del testo e della frequenza delle illustrazioni, la versione digitale amplia e valorizza queste caratteristiche grazie a un ricchissimo set di opzioni attivabili o disattivabili a piacimento dal lettore.

Tra queste spicca in particolare la possibilità di evidenziare unità minime di senso all’interno di frasi più complesse, di sfruttare le icone dei personaggi per mettere in evidenza chi di volta in volta parla o è al centro della scena, di attivare la registrazione audio su pezzi selezionati di testo o di rendere le parole meglio identificabili grazie alla sillabazione. Il lettore viene così accompagnato tra le pieghe di significato e significante e supportato sia a livello percettivo sia a livello cognitivo per godere a pieno del rapporto col testo.

Quest’ultimo, originale e raffinato, racconta di un oggetto magico e misterioso: un album di fotografie che si anima permettendo a chi lo sfoglia di entrare in contatto con personaggi del passato. Così Eki, intraprendente docente di musica, parte per un’avventura fuori dal tempo. Con animali e personaggi insoliti come uno zampognaro e un asino quali compagni di viaggio, Eki ripercorre il cammino compiuto tra la Calabria e la Germania da suo padre, meglio noto come il professor G. Come ne Il mago Tre-Pi, l’autrice Lilith Moscon si ispira a figure realmente esistite – in questo caso il linguista Gerhard Rohlfs – per confezionare un racconto in cui la storia, il folklore, la lingua e la tradizione aggiungono alla lettura sostanza e sapore. A questa si aggiungono le illustrazioni essenziali e suggestive di Francesco Chiacchio, contraddistinte da una forte carica espressiva.

Il mago Tre-Pi

Ci sono progetti editoriali apparentemente piccini ma così ricchi e curati che a volerli raccontare si fa difficoltà a decidere da dove iniziare. Ecco, il progetto editoriale di Telos, recentemente messo in piedi e diretto da Luana Astore, è esattamente uno di quelli.

La neonata casa editrice di Campobasso è infatti specializzata in libri che fanno dell’accessibilità una priorità e che per garantire quest’ultima nella maniera più proficua possibile valorizzano in modo innovativo l’interazione e l’integrazione tra cartaceo e digitale. I titoli finora proposti – due per la precisione – sono dunque frutto di un lavoro di ricerca e sperimentazione estremamente interessante rispetto agli strumenti che possono agevolare la lettura in caso di bisogni educativi speciali. Lavoro che, dal canto suo, si coniuga a un’attenta cura grafica, testuale e iconografia.

Il primo titolo messo in commercio, che inaugura la collana Sottovento, è Il mago Tre-pi scritto da Lilith Moscon. Il racconto è ispirato all’affascinante figura di Giuseppe Pitrè che qui compare in una veste intrigante, a ‘mo di fantasma o spirito guida, che a bordo di una originale carrozza-studio dialoga con il giovane e curioso protagonista di nome Nicola. Il loro è uno scambio in bilico tra sogno e realtà in cui viaggi,  aneddoti, tradizioni e quesiti filosofici sui sogni e sui pensieri si intrecciano e scorrono veloci, supportati dalle illustrazioni dal fascino antico di Marta Pantaleo. Il testo è originale e ricercato, le illustrazioni capaci di sottolineare il tono sospeso del racconto, impastato di storia e invenzione.

Ci troviamo dunque di fronte a un volume che non cede al luogo comune che vuole i libri accessibili – e i libri ad alta leggibilità soprattutto – come libri più semplici nella forma e nel contenuto. Tutt’altro! Qui il testo è orgogliosamente ricco, frutto della consapevolezza che la complessità è di fatto un diritto del lettore che non va sacrificato. Ciò che deve essere facilitato è piuttosto l’accesso al testo che, non a caso, è proprio il punto di forza della proposta di Telos.

Ciò che più di tutto colpisce in questo libro è infatti la ricchezza di possibilità offerte a sostegno di chi sperimenta maggiori difficoltà di lettura legate per esempio alla dislessia. Non solo il libro è stampato con font EasyReading e con caratteristiche tipografiche più amichevoli, come la spaziatura maggiore e lo sbandieramento a destra, ma la versione digitale di cui è corredato, accessibile tramite QR code e disponibile in quattro lingue, presenta una vera miniera di strumenti utili.

Oltre a disporre della registrazione audio del libro, il lettore può infatti modificare a piacere la dimensione del font e la spaziatura del testo, ma anche differenziare lo sfondo delle righe, dividere le parole in sillabe o evidenziare la riga che sta scorrendo. Originali ed estremamente utili sono poi gli strumenti a sostegno della comprensione del testo, come la possibilità di dividere le frasi più complesse in unità minime di senso, di visualizzare le icone che fanno riferimento ai personaggi quando questi compaiono o parlano, o ancora di scoprire il significato delle parole più inusuali grazie alla funzione dizionario.

Questa mole straordinaria di strumenti è messa disposizione del lettore in maniera molto agevole e intuitiva così da risultare effettivamente di supporto e non di intralcio. Il risultato è quello di mettere davvero chi si trova di fronte al libro nella conduzione migliore per affrontare con piacere la lettura, trovando e scegliendo gli strumenti che più gli si addicono. Perché l’accessibilità in fondo è esattamente questo: far sentire il singolo lettore sostenuto e accolto ma anche libero di trovare il percorso che gli è più congeniale.

 

Guarda!

Progetto che vince non si cambia… ma per fortuna si arricchisce! E così, dopo gli splendidi Fiori! e Forme!, Franco Cosimo Panini porta in Italia due nuovi e bellissimi libri-gioco a misura di mani mignon firmati da Hervé Tullet.

Il primo – Guarda! – si fa particolarmente notare per la sua composizione ipnotica, tutta giocata su cerchi concentrici all’interno dei quali si collocano aperture o specchi. Qui, il gioco dello sguardo si alimenta e si rinnova senza posa grazie alla creazione di riflessi e buchi che si rincorrono creando insolite prospettive e percorsi da indagare.

In maniera analoga, Balla! sfrutta intagli geometrici e specchi per dare vita a pagine dinamiche che invitano al movimento. Pallini e linee colorati creno quadri astratti in cui si possono però riconoscere stilizzatissime figure umane che ricordano per certi versi gli omini di Keith Haring. L’effetto complessivo è solleticante e chiama il lettore a cogliere e riprodurre mosse diverse che cambiano continuamente a seconda del verso e della prospettiva da cui si guardano le pagine.

Come i due titoli precedenti, Guarda! e Balla! presentano pagine double-face unite in una solida struttura a leporello, capace di tenersi in piedi da sola con angolature diverse. Che siano dunque aperti in linea retta, chiusi a recinto, sfogliati tradizionalmente o – che so – allestiti a mo’ di ponte, i libri si prestato a resistere ed assecondare le esplorazioni condotte da occhi e mani non solo curiosi ma magari anche un po’ irruenti per via di una motricità fine ancora acerba o ridotta.

Anche qui, l’assoluta libertà d’uso che solletica l’immaginazione e la sperimentazione personali, è incoraggiata nel lettore dalla scelta di proporre esclusivamente figure astratte o estremamente stilizzate, composte di colori basici – i tre primari più i soli bianco e nero – e di forme minime – cerchi, linee e superfici uniformi di colore o a specchio. La curiosità e l’invenzione vengono così accolte senza vincoli e restrizioni, a tutto vantaggio anche di quei lettori che faticano a sfogliare pagine troppo sottili o a confrontarsi con contenuti più o meno complessi.

Allo stesso modo l’essenzialità e la vivacità della composizione, che generano con immediatezza interesse e coinvolgimento, favoriscono l’interazione tra pari o tra cari, anche laddove la disabilità sembri imbrigliare o impedire pesantemente le possibilità di incontro e condivisione. Cerchi, specchi, linee e colori, così come combinati dal maestro Tullet, diventano in questo modo preziosi strumenti a sostegno non solo del gioco ma anche della relazione.

Balla!

Progetto che vince non si cambia… ma per fortuna si arricchisce! E così, dopo gli splendidi Fiori! e Forme!, Franco Cosimo Panini porta in Italia due nuovi e bellissimi libri-gioco a misura di mani mignon firmati da Hervé Tullet.

Il primo – Guarda! si fa particolarmente notare per la sua composizione ipnotica, tutta giocata su cerchi concentrici all’interno dei quali si collocano aperture o specchi. Qui, il gioco dello sguardo si alimenta e si rinnova senza posa grazie alla creazione di riflessi e buchi che si rincorrono creando insolite prospettive e percorsi da indagare.

In maniera analoga, Balla! sfrutta intagli geometrici e specchi per dare vita a pagine dinamiche che invitano al movimento. Pallini e linee colorati creno quadri astratti in cui si possono però riconoscere stilizzatissime figure umane che ricordano per certi versi gli omini di Keith Haring. L’effetto complessivo è solleticante e chiama il lettore a cogliere e riprodurre mosse diverse che cambiano continuamente a seconda del verso e della prospettiva da cui si guardano le pagine.

Come i due titoli precedenti, Guarda! e Balla! presentano pagine double-face unite in una solida struttura a leporello, capace di tenersi in piedi da sola con angolature diverse. Che siano dunque aperti in linea retta, chiusi a recinto, sfogliati tradizionalmente o – che so – allestiti a mo’ di ponte, i libri si prestato a resistere ed assecondare le esplorazioni condotte da occhi e mani non solo curiosi ma magari anche un po’ irruenti per via di una motricità fine ancora acerba o ridotta.

Anche qui, l’assoluta libertà d’uso che solletica l’immaginazione e la sperimentazione personali, è incoraggiata nel lettore dalla scelta di proporre esclusivamente figure astratte o estremamente stilizzate, composte di colori basici – i tre primari più i soli bianco e nero – e di forme minime – cerchi, linee e superfici uniformi di colore o a specchio. La curiosità e l’invenzione vengono così accolte senza vincoli e restrizioni, a tutto vantaggio anche di quei lettori che faticano a sfogliare pagine troppo sottili o a confrontarsi con contenuti più o meno complessi.

Allo stesso modo l’essenzialità e la vivacità della composizione, che generano con immediatezza interesse e coinvolgimento, favoriscono l’interazione tra pari o tra cari, anche laddove la disabilità sembri imbrigliare o impedire pesantemente le possibilità di incontro e condivisione. Cerchi, specchi, linee e colori, così come combinati dal maestro Tullet, diventano in questo modo preziosi strumenti a sostegno non solo del gioco ma anche della relazione.

I supereroi e lo sciopero della minestrina

Chi l’avrebbe detto che anche la vita da supereroe può rivelarsi noiosissima? Oltrepassata una certa età, quando gli acciacchi superano di gran lunga i poteri, anche le giornate dei supereroi cominciano a farsi monotone, soprattutto se neppure a tavola è concesso qualche sgarro. La dieta che il dottore infligge al povero Fulmine e alla sua combriccola nella casa di riposo Viale del Tramonto è a dir poco rigida: tutta pollo lesso, finocchi bolliti e riso in bianco. Nemmeno un po’ di formaggio nel brodo. È così che i supereroi, stufi del trattamento, improvvisano un improbabile sciopero della minestrina per rivendicare il loro sacrosanto diritto al trigliceride. Per qualche giorno si dilettano nella preparazione di manicaretti golosissimi ma gli esami del sangue sono dietro l’angolo rendendo la sommossa traballante come una gelatina!

Con il consueto humour, Davide Calì ci consegna una nuova avventura della spassosa serie dedicata agli anziani supereroi, inaugurata nel 2016 con La casa di riposo dei supereroi e arricchita in seguito da La supergita dei supereroi. Corredata dalle illustrazioni di Alice Piaggio, perfettamente intonate con il tono leggero del racconto, I supereroi e lo sciopero della minestrina offrono una lettura piacevole e abbordabile anche grazie alle caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono la collana Minizoom. Le frasi brevi e della struttura semplice, i frequenti elenchi, la grafica dinamica, la spaziatura maggior e il font specifico biancoenero concorrono infatti a rendere le pagine amichevoli anche agli occhi di giovanissimi lettori con difficoltà legate alla dislessia. Ciliegina sulla torta: la speciale Canzone del brodino, scritta dallo stesso Davide Calì e interpretata da Marianna Balducci, che il lettore può ascoltare tramite qr code apposto sul libro o collegandosi al sito della casa editrice.

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Piccoli scienziati

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

Piccoli scienziati

Piccoli scienziati è il quaderno di #intantofaccioqualcosa che propone le attività e i contenuti più complessi, raccogliendo 15 esperimenti scientifici che spaziano dalla fisica alla chimica. Dalla costruzione di un vulcano alla produzione di una schiuma effervescente, dalla trasformazione di un uovo in un oggetto rimbalzino allo studio delle onde sonore con chicchi di mais e farina di polenta, tutte le proposte prevedono l’uso di materiali comunissimi, in casa essendo nate durante un periodo di clausura.

A ogni esperimento è dedicato un capitolo che comprende l’elenco dei materiali necessari e le istruzioni passo passo, entrambi presentati tramite fotografie e relative didascalie, e una spiegazione finale che sfrutta invece il solo testo.

Redatto in maniera lineare e chiara, quest’ultimo richiede comunque una certa dimestichezza con la lettura o l’ascolto e una certa capacità di comprensione perché consta di termini tecnici e descrizioni articolate giocoforza non immediatissimi. Gli esperimenti sono però così curiosi e sfiziosi che non va sottovalutata la possibilità di godersi la loro lettura e riproduzione, senza dover necessariamente affrontare anche la spiegazione conseguente: caratteristica, questa, che rende il volume flessibile e facilmente adattabile a pubblici di età e con abilità differenti.

Pur essendo state scattate in modalità casalinga dettata dal momento di emergenza, le fotografie che illustrano gli esperimenti sono, dal canto loro, molto chiare e significative anche senza l’accostamento al testo. Grazie ad esse le istruzioni risultano dunque accessibili anche a chi non è in grado di decodificare le parole scritte.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Attività con la CAA

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Attività con la CAA

Tra i cinque quaderni finora pubblicati di #intantofaccioqualcosa, Attività con la CAA è con tutta probabilità il più semplice e adatto a bambini e ragazzi più piccoli o con difficoltà più marcate. Il volume raccoglie infatti una serie di proposte che stimolano l’abilità cognitiva dell’associazione, invitando il bambino a collegare tra loro elementi diversi come animali e relativi habitat, oggetti e colori, cause ed effetti, elettrodomestici e stanze della casa e via dicendo. Per ogni attività viene proposta una pagina da ritagliare che riporta gli elementi da associare e una pagina su cui tali elementi possono essere uniti e incollati.

Tutti gli oggetti e gli animali su cui si concentrano le attività sono molto comuni e dunque si prestano a immediata riconoscibilità. A questa concorre inoltre una rappresentazione basata sui PCS che, tra i diversi tipi di simboli, sono i più chiari e trasparenti.

Sia le parole associate ai singoli simboli sia le semplici istruzioni che spiegano le diverse attività appaiono in stampatello maiuscolo per una più agevole lettura. Le istruzioni, dal canto loro, non sono supportate visivamente dai simboli e la loro lettura può pertanto richiedere un supporto da parte di un adulto. Ciononostante sono redatte in modo da risultare lineari e semplici così da poter essere seguite più facilmente.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Lupo nero

Due occhi bianchi, insidiosi e penetranti si stagliano in copertina su uno sfondo nero intenso: è così che il Lupo nero di Antoine de Guilloppé inchioda subito il lettore. C’è qualcosa di ipnotico in quello sguardo netto: un fascino magnetico che sfida ad addentrarsi nel libro, tra le sue tavole in bianco e nero e del tutto prive di parole.

Qui compare un giovane che, nel fare rientro a casa in una notte invernale, si trova ad attraversare un fitto e intricato bosco. Nevica, fa freddo e avanzare nella coltre non è agevole ma soprattutto il percorso ha un che di inquietante: tra gli alberi si nascondono presenze misteriose, minacciose persino. Il giovane sembra accorgersene a poco a poco mentre il lettore riconosce e segue fin dall’inizio la sagoma del lupo tra i tronchi. La tensione è via via crescente e tangibile: ci si aspetta da un momento all’altro un assalto che, in effetti, non manca ma che, grazie a un sorprendente colpo di scena, cambia di segno e assume contorni del tutto inattesi.

Così, in un finale rapidissimo che chiude una sceneggiatura dal sapore cinematografico, la prospettiva si ribalta, la tensione si scioglie, le emozioni si capovolgono. All’estremità di una parabola emotiva ampissima, che parte dal sospetto, affronta la paura e approda alla rassicurazione, il lettore trova il sollievo di essersi sbagliato nell’attribuire ruoli e intenzioni ai personaggi, condizionato dalla forte valenza simbolica dei due colori usati e degli elementi fiabeschi richiamati.

L’apparenza inganna e queste pagine, con il loro abile gioco di inquadrature e illusioni percettive, consentono di sperimentarlo a fondo. Bianco e nero, vuoto e pieno, buono e cattivo: Lupo nero fa dei contrasti più essenziali e della loro capacità di rovesciarsi la sua chiave narrativa più potente che non solo mette a nudo pregiudizi e stimola interrogativi, ma amplifica la capacità di coinvolgere intimamente chi legge, facendolo sentire davvero immerso tra quei silenziosi tronchi innevati. Quello intagliato con perizia da Antoine Guilloppé – maestro indiscusso della tecnica del papercutting – diviene così un bosco da attraversare tanto fisicamente quanto simbolicamente, con spiazzante soddisfazione per lettori di età anche molto diverse.

Orlando non è più furioso

Tanti albi, diversi racconti, qualche fiaba e sparute rime: questo, finora, è stato il terreno di applicazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa al libro per l’infanzia. Originale e coraggiosa è dunque la scelta di Homeless Book di offrire ai giovani lettori che leggono in simboli un piccolo poema di ispirazione cavalleresca.

Scritto in rima e costellato di minimi riferimenti all’opera di Ariosto, Orlando non è più furioso racconta di un bambino che fatica a gestire la sua rabbia. A scuola, a casa o al parco, quando le sue richieste non vengono soddisfatte o le cose non vanno esattamente come lui desidera, Orlando va su tutte le furie. A venire in suo aiuto dopo una giornata particolarmente nera è il cavaliere Astolfo in sella all’Ippogrifo. L’eroe gli consegna infatti una scatola magica che contiene tre parole che, a suo dire, potranno rivelarsi preziose. E in effetti, messe subito in pratica dal giovane Orlando, pazienza, aiuto e coraggio lo rendono più disteso e saggio nell’affrontare le piccole difficoltà quotidiane.

Piacevole da leggere e ben costruito, Orlando non è più furioso offre una lettura di una certa complessità, rivolta a bambini che padroneggiano la CAA e che si destreggiano senza troppe difficoltà tra parole e costrutti sintattici non del tutto usuali. Il testo in rima prevede infatti una sintassi non sempre lineare e alcune parole poco ordinarie. Per contro, il racconto ben articolato e musicale, favorisce l’aggancio e l’attenzione, sostenendo il giovane lettore nella sua piccola impresa di lettura.

Tess e la settimana più folle della mia vita

Le vacanze più insospettabili possono riservare delle autentiche sorprese, anche quando si svolgono su un’isola remota e tuo fratello si rompe una caviglia durante un’esplorazione solitaria. Certo, perché una sorpresa degna di nota possa avere luogo e risollevare le sorti di un soggiorno piuttosto deludente, può rendersi necessario un incontro straordinario, come quello con Tess, per esempio. Ragazzina intraprendente e socievole, amante dichiarata delle cose strambe, Tess intercetta per la prima volta Samuel mentre questi attende che il dottore dell’isola visiti suo fratello, appena infortunatosi. L’approccio è a dir poco sui generis e comprende nel giro di pochi minuti una sessione di valzer in un parcheggio e l’organizzazione del funerale di un canarino. Ma anche Samule è a suo modo un culture della stramberia perciò ballo e cerimonia non lo scompongono di un millimetro. Allo stesso modo, il fatto di trovarsi in quattro e quattr’otto a far parte del piano di Tess per conoscere e conquistare il padre che non ha mai incontrato prima, gli appare più che normale.  E così i due neo-amici si buttano a capofitto in un folle ma minuziosissimo piano che cambia senz’altro la vita di Tess ma lascia anche una traccia indelebile nei ricordi e nel modo di Samuel di approcciarsi alle cose.

Avventuroso, divertente e popolato da personaggi indelebili, Tess e la più folle settimana della mia vita è un romanzo che coinvolge e sorprende, facendosi leggere davvero di gusto. Tra le dune dell’isola di Texel, al fianco di Samuele e Tess, il lettore non si fa solo travolgere da un incalzante susseguirsi di imprevisti, ma è portato a confrontarsi con questioni toste come la morte, l’assenza, la scelta e la responsabilità. Il tutto con una leggerezza profonda che rende la penna di Anna Wolz particolare e intrigante.

Grazie all’iniziaitva di Beisler, che del romanzo è l’editore italiano, Tess e la più folle settimana della mia vita rientra inoltre nell’interessante progetto Leggieascolta che prevede l’unione del testo cartaceo e del relativo audiolibro. Quest’ultimo è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina, l’app apre infatti l’audiolibro corrispondente al volume, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o per stabilire un tempo predefinito dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che alcune attente case editrici stanno pian piano facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Sgrunt!

Non è facile, dopo una vita di scorribande in mezzo al mare, adattarsi alla tranquilla quotidianità di un paesino come Monte Quiete: 37 cani, 54 gatti e 345 anime. Così il burbero Sgrunt, pirata coraggioso, affronta con una certa insofferenza le giornate tutte uguali, tra case tutte uguali, nella placida cittadina in cui si è ritirato dopo la pensione. L’unico abitante che pare non spazientirlo è Giustino, un bambino smilzo e amante della matematica, che con un pirata come Sgrunt parrebbe aver poco a che vedere. E invece tra i due si instaura un’inattesa amicizia, fatta di molti silenzi e qualche avventura. Così, Giustino, che in compagnia di Sgrunt diventa nientepopodimeno che Cuordipatata, si trova ad assistere a un duello tra il suo pirata preferito e il cowboy Peldiferro o ad affrontare la ciurma di bulli che gli bloccano quotidianamente la strada. Perché in fondo un animo da pirata può nascondersi anche nel più insospettabile dei mingherlini!

Estremamente accattivante nelle illustrazioni, dallo stile fumettistico e tutte giocate sui toni del blu e dell’arancio, Sgrunt! si fa leggere con gusto anche grazie a una storia che mescola ironia e avventura e a una composizione grafica e tipografica di più agevole lettura anche per bambini che frequentano poco i libri o che faticano di fronte a testi tradizionali. Il libro di Daniele Movarelli e Alice Coppini, che rientra tra le graphic novel di Sinnos destinate ai giovanissimi – diciamo dai sei anni in su –  unisce infatti in maniera molto efficace caratteristiche di alta leggibilità (font specifica, sbandieratura a destra, carta opaca, spaziatura maggiore), uso combinato di maiuscolo e minuscolo – l’uno per le parti dialogiche e l’altro per le parti narrative -, illustrazioni a ogni pagina e determinanti nel dipanare la storia. Come gli altri titoli della collana, Sgrunt! presenta inoltre una struttura ibrida, in cui fumetto e racconti di intrecciano per fare della lettura un’esperienza dinamica e accogliente, in cui il testo non si presenta come un ostico blocco all’apparenza inespugnabile.

Oggi cucino dolce

I libri in stoffa sono senza dubbio una delle proposte più interessanti dell’editore rietino Puntidivista. La collana ad essi dedicata unisce infatti semplicità, versatilità e interattività. Inoltre – cosa da non sottovalutare – è praticamente l’unica in Italia a offrire quiet book reperibili sul comune mercato editoriale e contraddistinti da un prezzo di copertina ragionevole: due aspetti che concorrono a determinarne una reale reperibilità e più ampia diffusione.

Felice è dunque la notizia che dopo Oggi divento 1 e 2, Oggi vado, Oggi mi metto e Forme e colori, la collana accolga oggi un nuovo volume: Oggi cucino dolce. Come facilmente intuibile dal titolo, il libro offre al bambino la possibilità di cimentarsi con la costruzione di torte, gelati e pasticcini che divengono materiale concretissimo per piccole o grandi narrazioni. Le doppie pagine del libro propongono in particolare un personaggio in cui immedesimarsi, diversi attrezzi di pasticceria e tanti ingredienti e componenti (strati, decorazioni ecc…) – tutti realizzati in feltro e attaccabili tra loro tramite velcro – con cui sbizzarrirsi a creare dolci delizie. Totalmente estraibili dalla pagina, i singoli elementi possono essere manipolati a 360° e combinati a piacere, prima di essere utilizzati come veri e propri oggetti di scena sulla pagina vuota. Molto utile, a questo proposito, la bustina in stoffa che contiene il libro con tutti i suoi accessori, impedendo a questi ultimi di staccarsi accidentalmente e perdersi.

Supporto semplicissimo ma molto funzionale per stimolare il gioco simbolico, la narrazione e, con essi, la verbalizzazione e la relazione, Oggi cucino dolce si presenta come un libro-gioco di grande accessibilità che può essere facilmente ed efficacemente usato con bambini senza particolari difficoltà così come con bambini con difficoltà comunicative e cognitive.

Gli amici del bosco

Con l’arrivo dell’estate gli animali del bosco si risvegliano dal letargo, si ritrovano e ricominciano come ogni anno a fantasticare circa la possibilità di attraversare agevolmente il fiume per godersi i frutti dell’altra sponda. Un giorno la lumachina Luna mette a punto un progetto per costruire un ponte e tutti, nel bosco, si danno da fare per realizzarlo. Tutti tranne lo scoiattolo Paolino, a dire il vero, che accampa scuse di ogni sorta per sottrarsi al lavoro. Il motivo della sua reticenza sarà svelato solo alla fine del racconto, quando in seguito all’incendio del ponte causato dalla banda di Billi il bullo, Paolino scoprirà a beneficio di tutti il valore della condivisione.

Un po’ acerbo nei contenuti e artigianale nella composizione, Gli amici del bosco è un libro con testo in nero e in Braille e illustrazioni visuali con inserti tattili. Il suo aspetto nel complesso non del tutto convincente contrasta in maniera evidente con l’enorme impegno profuso dalla casa editrice nel trovare soluzioni nuove e funzionale per rendere il più possibile accessibile i propri prodotti. Qui, per esempio, i materiali scelti per le illustrazioni tattili sono semplici ma perlopiù efficaci nel consentire al lettore non vedente di riconoscere oggetti e personaggi rappresentati. Apprezzabili sono, inoltre, la scelta di creare illustrazioni tattili completamente staccabili e quindi esplorabili a 360° e di rendere tattilmente solo alcuni elementi delle immagini, così da non rendere l’esplorazione al tatto eccessivamente complessa e confusiva.

L’oca e suo fratello

Capita che libri piccoli piccoli contengano a sorpresa temi e domande grandissimi. È il caso de L’oca e suo fratello, volume targato Sinnos dalla raffinata e inconsueta estetica (a partire dalla copertina rigida) e dal singolare contenuto.

Composto da 45 racconti brevi e brevissimi, originariamente pubblicati su una rivista belga, il libro scritto da Bart Moeayert e illustrato da Gerda Dendooven segue le quotidiane vicende e conversazioni di un gruppo ben assortito di animali da fattoria. Tra questi, insieme a tacchini, pecore, un cane e qualche altra bestia che di tanto in tanto compare – una talpa e un alce, per esempio – spiccano due oche dall’inattesa indole introspettiva. Le situazioni di ogni giorno, dalle più comuni alle più inconsuete, assumono attraverso i loro occhi e i loro becchi una piega nuova, capace di accendere la riflessione del lettore intorno a questioni di tutto spessore. Tra un bucato al vento e una migrazione andata buca, un pranzo della domenica e un ratto stecchito, i due pennuti si interrogano e talvolta si danno risposte rispetto a temi ampi e profondi come la morte, il rapporto con sé stessi, gli altri e la natura, i sentimenti, l’amicizia e la vita nelle sue molteplici sfaccettature.

I racconti, arricchiti da eleganti e minimali illustrazioni quadricromatiche, sono individualmente godibili ma compongono nell’insieme un quadro articolato e armonico. Con la leggerezza e la perizia narrativa che gli sono proprie, il premio ALMA Bart Moeayert dà vita a un piccolo pamphlet filosofico in cui convivono semplicità della forma e complessità del contenuto. Trasversale per età di riferimento, il libro parla soprattutto a lettori che non cerchino avventure sfrenate e che abbiano la pazienza di lasciar sedimentare i racconti più pacati. La consueta attenzione della casa editrice ad adottare caratteristiche tipografiche di alta leggibilità, agevola la lettura de L’oca e suo fratello anche da parte di ragazzi con dislessia.

Su e giù per le montagne

Il tempo trascorso in montagna ha una scansione tutta sua. E così un anno tra cime e vallate può misurarsi in lamponi colti direttamente dai cespugli, dighe di sassi costruite sui torrenti, notti trascorse in tenda sotto le stelle, alberi abbracciati o scalati, temporali improvvisi scampati e creature dei boschi incontrate.

Questi e molti altri tempi preziosi, popolano lo splendido silent book di Irene Penazzi – Su e giù per le montagne –, seguito ideale del precedente Nel mio giardino il mondo, di cui conserva l’impianto, lo spirito e la freschezza. I tre ragazzini protagonisti, accompagnati da un fedele cagnone bianco, si muovono tra queste pagine proprio come lungo un sentiero che li conduce a godere di panorami sempre diversi e a cogliere possibilità di azione e ricreazione che non si ripetono mai. Come in una sorta di viaggio perenne senza soluzione di continuità, i tre attraversano, nell’ordine, la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno montani, con tutta la ricchezza di meraviglie e attività che ciascuna di queste stagioni sa regalare agli esploratori avventurieri di qualunque età.

La matita di Irene Penazzi restituisce questa ricchezza con grande brio e dinamismo, solleticando senza posa nel lettore l’immaginazione o la memoria di un tempo felice. La cura dei dettagli e la tangibilità delle atmosfere dipinte lasciano trasparire una conoscenza autentica della montagna, un sentimento appassionato in cui il lettore può riconoscersi e ritrovarsi. Il tratto inconfondibile dell’autrice sa cioè tirare fuori dalle immagini, che  si susseguono senza alcuna parola, i suoni, i silenzi, gli odori e le sensazioni con cui un’immersione piena nella natura investe il visitatore. In questo modo il lettore si trova calato dritto dritto tra boschi e masi, ruscelli e fontane, rocce e rifugi.

Anche in questo libro, il fluire del tempo che delinea il racconto non impedisce di godersi ogni scena come una fotografia a sé stante, in cui sostare e di cui gustare ogni particolare. Irene Penazzi dissemina infatti con perizia leggere una moltitudine di dettagli che raccontano molto senza strepitare: l’abbigliamento che cambia in funzione della stagione, la fauna curiosa che fa capolino qua e là, gli oggetti che ricompaiono a distanza di pagine creando un fil rouge tra momenti apparentemente indipendenti.

Così come ogni escursionista vive la montagna alla propria maniera e con i suoi tempi, soffermandosi su quegli aspetti che per lui e lui soltanto sono più significativi, allo stesso modo ogni lettore può qui muoversi tra i sentieri disegnati dall’autrice rivendicando una certa libertà e godendo delle singole tavole come quadri autonomi oltre che come parte di un percorso. Questo, unito all’assenza di parole e alla forte riconoscibilità delle situazioni e delle attività ritratte, fa di Su e giù per le montagne un libro estremamente versatile e accessibile.

La mossa del coccodrillo

Per leggere La mossa del coccodrillo servono un occhio fino, una grande attenzione e una certa predisposizione a non lasciarsi sfuggire alcun dettaglio in un quadro che ne è pieno zeppo. Il libro racconta infatti un piccolo giallo, con tanto di furto di diademi, indagini e inseguimenti, ambientato durante una festa in cui compare un numero altissimo di bizzarri e divertenti personaggi. Dentro, fuori, intorno e sopra la magione in cui la festa si svolge si muovono e interagiscono nobili e bambini, servitori, aviatori e detective in incognito, cani di ogni taglia e non di meno coccodrilli. Accuratamente introdotti e descritti in apertura, in quella che non è affatto solo una forma di orientamento per il lettore ma è parte integrante e gustosa del racconto, i personaggi danno vita a una storia dinamicissima e surreale che tiene inevitabilmente desto il lettore.

Sta a lui, infatti, attribuire gli sparuti dialoghi che compaiono qua e là sulla pagina alle figure che fanno capolino sulla scena. E non sempre, questa, è operazione semplice. Per comprendere e seguire davvero ciò che accade in ogni quadro e come si sviluppa la faccenda narrata occorre prestare attenzione agli indizi che l’autore fornisce nella descrizione dei personaggi e che dissemina all’interno delle illustrazioni. Sono queste, infatti, a parlare più dei dialoghi, offrendo un interessante terreno di sfida e appagamento a chi normalmente trova difficoltà nel testo ma manifesta una certa dimestichezza nella lettura visiva.

Federico Appel, che a questo libro ha dato forma nei testi e nelle immagini, è un autore versatilissimo e creativo che non ha paura di sperimentare forme narrative sorprendenti e poco o per nulla sondate. Lo avevamo appurato in La grande rapina al treno, sempre targato Sinnos, in cui la narrazione procedeva per soli dialoghi al seguito di immagini dal piglio cinematografico; e lo riscopriamo ora, ne La mossa del coccodrillo, dove nuovamente il testo si compone di soli dialoghi ma in cui il racconto assume i tratti di un insolito fumetto senza divisione in vignette.

Questo approccio fortemente visivo alla narrazione, unito alla scelta di sfruttare testi davvero minimi e di impiegare font, impaginazioni e spaziature ad alta leggibilità, rendono La mossa del coccodrillo una proposta editoriale originale e stimolante, forse non immediata da padroneggiare ma senz’altro dalle potenzialità interessanti nell’ottica di coinvolgere anche i lettori meno a loro agio di fronte a forme narrative più convenzionali.

Tanti intrecci

Finalista al Silent Book Contest 2019, Tanti intrecci è un albo senza parole dal segno incisivo e dall’indole spiazzante. Fin dalla copertina, dove spicca una squadra di lavavetri sospesi a mezz’aria, il tratto espressionistico e indefinito di Yan Xinyuan cattura l’occhio e smuove l’interesse. Il forte contrasto tra il minimalismo della pennellata e la sua ricchezza narrativa e semantica si ritrova in ogni pagina del libro ed è forse ciò che più di tutto lo rende intrigante.

L’autore cinese non racconta una vera e propria storia ma inanella piuttosto una serie di quadri legati tra loro da fili sottilissimi, fisici e metaforici. Ogni pagina dipinge in particolare una scena in cui, come suggerisce il titolo, trova spazio qualche tipo di intreccio: fili che sorreggono altalene o portano in alto palloncini, che traggono in salvo persone o calano secchi, che costruiscono yurte o trainano merci, che uniscono fascine o sollevano vele. Ma accanto ai fili più visibili trovano posto anche quelli più impalpabili: quelli che uniscono le persone in legami di amicizia, amore o solidarietà e quelli che uniscono situazioni apparentemente distanti in virtù di un dettaglio, un’atmosfera, un sentimento o una sensazione.

Così, se è vero che un racconto lineare non trova posto tra queste pagine, lo è altrettanto il fatto che un intreccio narrativo viene comunque offerto al lettore. Sta a lui, però, scorgerlo, dipanarlo e riallacciarlo secondo combinazioni differenti a seconda della sua sensibilità, della finezza del suo bagaglio culturale, del suo lasciarsi trasportare da immagini non semplici ma d’impatto.

Tutt’altro che banale e immediato, Tanti intrecci è un albo fuori dagli schemi che ben si presta ad essere letto, condiviso e – perché no? – sviluppato da lettori non proprio inesperti, magari delle scuole medie o superiori. L’assenza di parole, che agevola dal canto suo il moltiplicarsi di interpretazioni e significati, ha inoltre il grande valore aggiunto di rendere queste pagine fertilissime e accoglienti anche per lettori che, a causa di disabilità o disturbi diversi, faticano a relazionarsi serenamente con il testo scritto ma non trovano ostacoli nella lettura di immagini anche complesse.

Stelle sul comodino

È difficile che il fascino delle stelle cadenti lasci qualcuno indifferente. Così, anche Tommaso, bambino curioso e avvezzo a porsi e a porre ai grandi molte domande, vive la notte delle stelle cadenti con grande interesse e un po’ di impazienza. Dove cadono esattamente le stelle? E soprattutto, quanto bisogna aspettare per vederne una? Con un po’ di attesa, qualcosa di straordinario accade infine sotto gli occhi di Tommaso, trasformando un suo piccolo desiderio in una magica realtà.

Sospeso sul filo del fantastico, Stelle sul comodino propone una storia semplice ma non priva di un pizzico di sorpresa. Il racconto procede lineare, con prevalenza di frasi brevi o coordinate, e parole di uso quotidiano. Le illustrazioni, dal canto loro sono minimali e perlopiù in bianco e nero, non particolarmente accattivanti ma con un’attenzione specifica a mettere in evidenza le emozioni del protagonista.

Sul fronte della simbolizzazione, Stelle sul comodino segue lo specifico modello inbook, supervisionato dall’omonimo Centro studi, con l’uso di icone in bianco e nero, la scrittura in simboli dei singoli elementi della frase e l’unione all’interno del riquadro di elemento simbolico ed elemento alfabetico.

Alla scoperta della fattoria

Alla scoperta della fattoria è un libro in simboli firmato Homeless Book che come alcuni volumi precedenti della stessa casa editrice – Cosa vede Don Q e Gatto e topo in società, per esempio – sfrutta efficacemente il meccanismo ludico delle alette.

Il titolo non fa mistero di ciò che il lettore potrà trovare tra le pagine: una piacevole gita tra gli animali a due e a quattro zampe che vivono in campagna. Ogni doppia pagina invita il lettore a esplorare uno specifico ambiente della fattoria – dalla cuccia al recinto, dallo stagno alla stalla e via dicendo – provando a indovinare di chi possa essere la casa. Il libro non prevede dunque una vera e propria storia ma piuttosto una carrellata di dimore e personaggi che, una volta individuati, compiono una piccola azione o pronunciano una brevissima frase.

Così come il testo è sempre diviso in due paragrafi – uno dedicato a descrivere l’ambiente e a stimolare le ipotesi sul suo abitante, l’altro contenente la soluzione del quesito – anche le illustrazioni si sviluppano in due fasi – una che mostra l’ambiente e un minimo dettaglio del suo abitante, l’altra che rivela completamente l’identità di quest’ultimo, all’aprirsi di un’aletta.

Questa particolare struttura crea un equilibrio funzionale tra prevedibilità e sorpresa, soddisfacendo il bisogno di trovare sulla pagina dei punti di riferimento ma anche quello, spesso trascurato nei libri in simboli, di sperimentare soddisfazione e coinvolgimento pieno da parte del lettore. Allo stesso modo questa costruzione narrativa dinamizza un racconto che altrimenti potrebbe risultare piatto e sollecita nel bambino la capacità di scovare indizi e formulare ipotesi.

Il testo – lineare nella sintassi, quotidiano nel lessico, maiuscolo nella grafica – risulta agevole da seguire ma non eccessivamente ripetitivo. Supportato visivamente da simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) riquadrati e disposti sulla pagina in modo da seguire l’andamento della frase, questi va a braccetto con le illustrazioni fresche e sorridenti di Piki che si diverte a nascondere in ogni tavola un piccolo topolino: un’occasione in più per il lettore di conoscere il libro anche come oggetto con cui si può giocare.

Pasqualino e l’operazione “Mani pulite”

Pasqualino e l’operazione “Mani pulite” è una storia in simboli e in rima dal chiaro fine didattico: insegnare ai bambini l’importanza di curare con costanza e attenzione l’igiene delle mani.

Protagonista è un bambino amante della pittura che scorda sempre di lavarsi le mani dopo aver usato i colori e per questo si ritrova puntualmente a leggere, mangiare, giocare e andare a letto con le dita sporche. Le conseguenze – pupazzi insozzati, libri macchiati e soprattutto pancia dolorante – non sono ahilui piacevoli ma finiscono per insegnargli efficacemente quanto possa essere utile ricordarsi di aprire il rubinetto.

Orientato non tanto al piacere della lettura fine a se stesso ma piuttosto alla veicolazione di un preciso messaggio educativo, Pasqualino e l’operazione “Mani pulite” può essere utile, soprattutto in tempi di pandemia come questi, per aiutare i bambini con difficoltà comunicative a familiarizzare con un’operazione quotidiana fondamentale come il lavaggio delle mani. Il testo propone rime non particolarmente ricercate che condizionano in parte la scelta del lessico e la struttura sintattica delle frasi. I simboli impiegati nel rafforzamento visivo del testo sono i WLS (Widgit Literacy Symbols), completi di qualificatori per il plurale. Tutti gli elementi del testo sono individualmente simbolizzati, rendendo la lettura particolarmente adatta a bambini con una pregressa esperienza con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Il tesoro di Nina

A varcare la copertina de Il tesoro di Nina si ha l’impressione di rispolverare una vecchia cinepresa e godersi un filmino d’altri tempi, una ripresa lenta per la precisione. Protagonista è una bambina piccola – gote rosse, capelli ramati, pelle candida in un delizioso e comodo vestitino blu – immersa in un placido e luminoso paesaggio marino. Ogni tavola ci invita a seguirla con partecipe discrezione in una delle sue piccole e meravigliose attività di esplorazione e scoperta: far scorrere la sabbia tra le dita, scalpicciare sulla battigia, giocare con la schiuma delle onde, scovare conchiglie tra le dune e indagarne il misterioso potere…

Nei suoi movimenti un po’ goffi e insieme liberi così come nelle sue espressioni di concentrato stupore si riconosce un’infanzia vera e palpitante, che pare emergere in carne ed ossa dalla pagina. Sonia Marialuce Possentini, attenta osservatrice, sa rendere con grazia e rispetto il rapporto poliedrico che lega i bambini a un elemento ricco ed enigmatico come il mare. In questo, la sua sensibilità ricorda non poco quella dell’autrice coreana Suzy Lee, nel cui capolavoro L’onda si ritrovano non a caso analoghe pose, gestualità, azioni e reazioni.

Finalista del Silent Book Contest 2019, Il tesoro di Nina procede per sole illustrazioni senza far uso di parole. Questo, unito alla storia minima, alla chiarezza delle immagini, alla pulizia delle pagine e al fatto che ciascuna di esse appaia godibile e assaporabile in sé oltre che nel continuum narrativo, rende il libro estremamente accessibile e affascinante anche per bambini piccoli, in età prescolare per esempio, o con difficoltà a decodificare il testo alfabetico o a seguire racconti troppo complessi. Ciononostante il libro costituisce un autentico gioiellino soprattutto per gli adulti che possono scorgervi tutta la libertà da condizionamenti e sollecitazioni superflui, la curiosità di fronte alla ricchezza di un paesaggio multiforme, la gioia della scoperta, lo stupore del gioco: un’occasione preziosa, insomma, per guardare davvero i bambini, attraverso una specchio di carta.

 

Doppio passo

La storia del riscatto femminile e dei diritti delle donne è popolata da moltissime figure sportive emblematiche. Con Controcorrente (2017) e Annie. Il vento in tasca (2019), Sinnos ce ne aveva già fatte conoscere due di grande valore ed esempio – la nuotatrice Gertrude Ederle e la ciclista Annie Cohen Kopchovsky – protagoniste di due graphic novel avvincenti firmate da Alice Keller e Veronica Truttero. La stessa coppia autoriale rispolvera ora, con la stessa efficace modalità narrativa, una terza vicenda di sport e femminismo che merita di essere conosciuta, dando vita al racconto a fumetti Doppio passo.

Protagonista è, in questo caso, Lilian Parr, calciatrice inglese di inizio secolo scorso. La sua è una storia di talento e di amore per una disciplina sportiva, coltivati tra i cortili di St. Helens, cittadina industriale del Merseyside. Attiva in squadre femminili fin da giovanissima, Lilian Parr inizia una carriera da professionista e diventa una vera capocannoniera dopo essere stata notata da un osservatore calcistico. I suoi successi contribuiscono ad attirare attenzione e interesse per le prestazioni femminili sul campo, scatenando i timori dell’ala più conservatrice di questo sport. Ecco allora che a lei e alle sue colleghe viene vietato dalla Federazione di giocare nei propri impianti: un ostacolo che non ferma, tuttavia, la determinazione di chi come Lilian riconosce nello sport un diritto e un’impareggiabile occasione di autodeterminazione.

Con il garbo e la capacità di coinvolgimento a cui ci ha abituati nel tempo, Alice Keller decide di raccontare la storia di Lilian, concentrandosi non tanto sulla sua carriera, quanto piuttosto sul periodo che l’ha preceduta: quello in cui, essendo lei ragazzina, il lettore può più facilmente trovare interesse, agganci e rispecchiamenti.  Nel farlo, l’autrice introduce un personaggio fittizio – Martin Kell – che del racconto è voce narrante e di Lilian coetaneo. Costretto ogni domenica dai suoi fratelli a giocare a calcio contro i ragazzi del cortile a fianco, Martin cerca ogni volta di svicolare, mal disposto e del tutto privo di interesse com’è verso dribbling, parate e tutto il resto. Martin incontra, però, un giorno un ragazzino che gli assomiglia straordinariamente nell’aspetto e che con il pallone tra i piedi sembra fare magie. Poco importa se quel ragazzino di nome fa Lily ed è, in realtà, una ragazzina: Martin le cede subito in segreto la sua maglia e si gode di nascosto le partite domenicali da spettatore. Non passerà molto tempo però, prima che l’identità della sostituta venga a galla, tra lo stupore di tutti, dando inizio a una delle carriere calcistiche femminili più straordinarie di tutti i tempi.

Il racconto avvincente e vivace di Alice Keller si combina con le illustrazioni dai toni vintage e dal tratto delicato di Veronica Truttero, che immergono il lettore in un’atmosfera sfumata, in cui si respira la lontananza storica ma non si perde mai di vista l’attualità della storia. La forma narrativa che ne nasce mescola fumetto e racconto illustrato secondo una formula vincente che incoraggia e sostiene anche i lettori meno forti. La pagina risulta infatti ricca di figure e poco affollata di parole, oltre che dinamica, variegata nella grafica e accattivante. I testi, dal canto loro, appaiono essenziali e poco prolissi, ma curatissimi nella composizione oltre che stampati con font ad alta leggibilità leggimigraphic: scelte, queste, che rendono bene l’idea di cosa significhi promuovere il diritto alla lettura di qualità per tutti i bambini e i ragazzi.

Il giardino dei sogni

Formato ampio, atmosfere avvolgenti, sfumature zen: di fronte a Il giardino dei sogni, finalista del Silent Book Contest 2019, il tempo si dilata e il respiro rallenta. Il libro è infatti un tacito invito a sostare tra pagine dominate dai toni di verde, attardandosi a godersi silenzio e bellezza.

Al centro dell’albo di sole immagini di Maine Neuendorff c’è un giardino straordinario – un giardino dei sogni, per l’appunto – in cui le misure del tempo e dello spazio assumono nuovi contorni. Qui veniamo condotti da due bambini, fratelli si presume, a loro volta intenti a seguire un curioso gatto nero comparso per strada. Una volta varcato il cancello di questo che è a suo modo un giardino segreto, i bambini, il gatto e con loro il lettore, assaporano e sperimentano una natura fantastica, tra rami abitati da uccelli di ogni specie, ninfee che sostengono i pisolini, steli d’erba su cui ci si può sedere e cactus dalle forme feline. Sagome e dimensioni inattese, particolari ammiccanti, animali nascosti tra le foglie richiedono un occhio attento e un’immaginazione aperta, per dar fondo a un’esplorazione in cui i confini tra reale e onirico si fanno labilissimi.

Maine Neuendorff è davvero abile nel costruire illustrazioni dalla suggestiva qualità immersiva, che dà vita a una sorta di realtà aumentata in punta di matita. Tra le sue tavole lussureggianti si dipana una storia minima ma densa di sorprese che si sviluppa a filo di pagina ma che offre grande appagamento anche nel singolo quadro. Lineare e chiara, nonostante la fascinosa sovrapposizione tra piano reale e fantastico, la narrazione risulta agevole da seguire senza che le parole si rendano necessarie e anzi l’assenza di queste ultime spalanca il cancello de Il giardino dei sogni anche a giovani esploratori avvezzi a viaggiare con la fantasia ma poco a loro agio di fronte al testo scritto.

Dal 1880

La storia si può raccontare in tanti modi e non tutti, a guardar bene, prevedono le parole. L’albo di Pietro Gottuso intitolato Dal 1880 e pubblicato da Kalandraka, è un bellissimo esempio di come si possano attraversare le epoche, con le loro peculiarità e i loro eventi più salienti, grazie alla potenza e all’incisività di una particolare sequenza di immagini.

L’autore sceglie infatti di accompagnare il lettore in uno speciale viaggio nel tempo che ha come fulcro una libreria. L’inquadratura immutata e frontale da cui viene ritratto questo luogo emblematico mette bene in evidenza cosa cambia dentro ma soprattutto attorno ad esso, anno dopo anno. Punto di riferimento, fisico e simbolico, la libreria diventa una sorta di luogo di osservazione privilegiato di fronte al quale scorrono mezzi, abiti, personaggi che scandiscono il passare dei decenni e disseminano indizi sui singoli periodi dipinti. Si modifica così il contorno della libreria e si succedono le generazioni in essa, ma la sua posizione, la sua insegna e il suo “esserci” sono sempre saldi, rassicuranti.

Si coglie cioè tra le pagine una continua tensione tra cambiamento e resistenza: una tensione che tocca nel profondo chi conosce e riconosce lo strenuo impegno e valore di questi preziosi presidi culturali. Fino all’ultima pagina, che porta con sé un’amara sorpresa e che, rimettendo in scena l’ottocentesco protagonista iniziale, crea un movimento riflessivo circolare che tante domande fa porre al lettore.

Omaggio raffinato e intenso alle librerie, a chi le anima e al loro indefesso lavoro per la comunità che le circonda e che, in definitiva, le rende vive, Dal 1880 è un libro senza parole che parla senz’altro ai grandi ma che offre spunti estremamente interessanti per costruire originali percorsi storici e culturali con i ragazzi, dalle medie in su.