Dal 1880

La storia si può raccontare in tanti modi e non tutti, a guardar bene, prevedono le parole. L’albo di Pietro Gottuso intitolato Dal 1880 e pubblicato da Kalandraka, è un bellissimo esempio di come si possano attraversare le epoche, con le loro peculiarità e i loro eventi più salienti, grazie alla potenza e all’incisività di una particolare sequenza di immagini.

L’autore sceglie infatti di accompagnare il lettore in uno speciale viaggio nel tempo che ha come fulcro una libreria. L’inquadratura immutata e frontale da cui viene ritratto questo luogo emblematico mette bene in evidenza cosa cambia dentro ma soprattutto attorno ad esso, anno dopo anno. Punto di riferimento, fisico e simbolico, la libreria diventa una sorta di luogo di osservazione privilegiato di fronte al quale scorrono mezzi, abiti, personaggi che scandiscono il passare dei decenni e disseminano indizi sui singoli periodi dipinti. Si modifica così il contorno della libreria e si succedono le generazioni in essa, ma la sua posizione, la sua insegna e il suo “esserci” sono sempre saldi, rassicuranti.

Si coglie cioè tra le pagine una continua tensione tra cambiamento e resistenza: una tensione che tocca nel profondo chi conosce e riconosce lo strenuo impegno e valore di questi preziosi presidi culturali. Fino all’ultima pagina, che porta con sé un’amara sorpresa e che, rimettendo in scena l’ottocentesco protagonista iniziale, crea un movimento riflessivo circolare che tante domande fa porre al lettore.

Omaggio raffinato e intenso alle librerie, a chi le anima e al loro indefesso lavoro per la comunità che le circonda e che, in definitiva, le rende vive, Dal 1880 è un libro senza parole che parla senz’altro ai grandi ma che offre spunti estremamente interessanti per costruire originali percorsi storici e culturali con i ragazzi, dalle medie in su.

La musica di Ettore

Mica facile fare musica con quattro zampone da elefante: parola di Ettore! Trombe, fisarmoniche, arpe e xilofoni mal si accordano, infatti, con le movenze maldestre tipiche di un pachiderma e così, malgrado il suo amore spassionato per le melodie, l’elefantino Ettore si trova costretto ad assistere ai concerti della giungla invece che prendervi attivamente parte. Sarà una giornata iniziata col piede sbagliato a tirar fuori un suo inaspettato talento, che con lo strumento giusto diventa musica per le orecchie di tutti!

Semplice nella trama così come nel messaggio, La musica di Ettore è un albo scritto e illustrato dall’autrice polacca Monika Filipina. Si caratterizza per un testo minimo e lineare che lascia ampissimo spazio narrativo alle immagini. Sgargianti, movimentate, ricche di dettagli e dal tratto ironico, queste sono le vere protagoniste del libro e conducono il lettore per mano alla scoperta della storia: un aspetto, questo, che ben si sposa con gli accorgimenti di alta leggibilità – font EasyReading, spaziatura maggiore, testo non giustificato – messi in campo da Camelozampa per la stampa del volume. La sinergia tra leggibilità del segno grafico e facilità di accesso al testo è infatti determinante nello stimolare un approccio alla lettura il più possibile amichevole, accogliente e stimolante anche nei confronti di bambini con dislessia.

Domino i verbi con i simboli

L’incursione di Uovonero sui terreni della sperimentazione ludica non è né nuova né rara. Iniziata agli albori della casa editrice, con il gioco cooperativo Kikkerville, proseguita con l’Acchiappaidee di Fabrizio Silei poco più di un anno fa, si consolida ora con un nuovo cofanetto che intreccia lettura, gioco e apprendimento in maniera innovativa e intrigante. Il cofanetto si compone, in particolare, di un libro e di un domino, entrambi contraddistinti dall’uso dei simboli PCS.

Il libro dedica ogni doppia pagina a un’azione quotidiana (leggere, farsi la doccia, pettinarsi, giocare insieme o da soli…): a destra campeggia una chiara immagine che ne illustra il significato; a sinistra vengono riportati il simbolo e la parola ad essa corrispondenti, seguiti da una micro-storia di due sole frasi in simboli, in cui l’azione è protagonista. Le stesse illustrazioni e gli stessi simboli figurano anche sulle carte del domino, associati però in maniera casuale. Al giocatore viene dunque chiesto di affiancare le tessere in modo che simbolo e illustrazione correlati si trovino vicini, fino a formare una lunga catena di azioni.

Come è facile intuire, il libro e il domino operano in sintonia, aiutando i giovani lettori con difficoltà comunicative o alle prese con le prime esperienze di lettura a familiarizzare con il significato e l’uso dei diversi verbi. Dominare questi ultimi, come l’ingegnoso titolo del gioco suggerisce, significa infatti compiere il primo importante passo per padroneggiare l’insieme della frase e i suoi specifici meccanismi. In questo senso la scelta d’uso dei simboli più immediati e trasparenti tra quelli disponibili e maggiormente diffusi nell’ambito della Comunicazione Aumentativa e Alternativa – ossia i PCS (Picture Communication Symbols) – risponde bene all’intento di rendere libro e gioco davvero intuitivi e dunque fruibili. A rafforzare l’efficacia e la trasversalità del cofanetto concorrono, poi, in maniera determinante le attraenti illustrazioni di Antonietta Manca realizzate con la plastilina. Sgargianti e leggere, queste sanno unire chiarezza e originalità, accendendo in maniera ben riuscita il connubio tra apprendimento e piacere estetico.

Dall’idea progettuale insolita alle illustrazioni vincenti, dalla grafica pulita al packaging solido, dalla scelta mirata dei verbi e dei simboli al formato maneggevole delle carte, ogni aspetto di Domino i verbi con i simboli parla di cura: proprio quella che fa di questo prodotto dalla natura ibrida un ottimo strumento didattico, un efficace supporto alla comunicazione e, al contempo, un accattivante gioco per la famiglia.

Caro signor F.

Elvira e Concetta sono due amiche che vivono insieme sul cucuzzolo di una montagna. Molto diverse tra loro – sedentaria, golosa e amante della scrittura la prima; avventurosa, smilza e appassionata di navi la seconda – le due trascorrono le giornate con una certa placida ritualità. Su quel cucuzzolo, in effetti, non succede mai nulla. Un giorno però dei rumori sospetti le mettono in allarme, costringendole a fantomatiche ipotesi su cosa possa averli generati, a qualche accusa reciproca e infine a rocambolesche indagini. Verrà fuori che il responsabile è un misterioso signor F., che frattanto manda lettere ad amici, parenti e ditte di trasloco, per informarli del suo felice trasferimento in montagna.

A suon di equivoci e soluzioni di emergenza per liberarsi dell’inquilino abusivo, Elvira e Concetta finiscono per scoprire che un intruso a quattro zampe può essere estremamente amichevole e che, grazie al trambusto generato dalla sua presenza, si può persino pensare a una ristrutturazione, non tanto della casa quanto piuttosto della propria vita!

Scritto e illustrato dal collaudato duo Alice Keller e Veronica Truttero, Caro signor F. è un racconto delizioso che scorre piacevole, fa sorridere e che mette in scena un piccolo protagonista a cui è difficile non affezionarsi. Stampato con alcune caratteristiche di alta leggibilità, come il font EasyReading, la sbandieratura a destra e la spaziatura maggiore tra le lettere, le righe e le parole, il libro presenta frequenti illustrazioni a matita che consolidano il tono tenero e buffo del racconto.

 

Golfo

Quando nasce Andy, suo fratello Tom è così felice da sentire di non aver più bisogno del suo inseparabile amico immaginario Figgis e così, da quel momento, Figgis diventa il nomignolo con cui Tom chiama affettuosamente Andy. Molto legato e protettivo nei confronti del piccolo, Tom si gode fino all’adolescenza la tranquillità di una vita normalissima in una normalissima famiglia inglese. La mamma – accudente, attiva e impegnata nel sociale – e il papà – ammirato imprenditore e giocatore di rugby – si spendono molto per crescere i figli in maniera serena. Ma, c’è un ma. Capita infatti di tanto in tanto che Figgis complichi la quotidianità familiare con quelle che tutti chiamano “le sue fisse”: momenti in cui si immedesima così tanto nei protagonisti di notizie sentite in tv o lette sul giornale, da non riuscire a far altro che pensarvi per giorni e giorni. Questione di empatia, un’empatia fortissima e del tutto fuori dal comune. Nella maggior parte dei casi le fisse portano un forte disagio in Figgis e un grande scompiglio in famiglia ma si risolvono abbastanza rapidamente. Purtroppo lo stesso non si può dire dell’ultima, sorta con l’inizio della guerra del Golfo. All’improvviso e sempre più spesso Figgis inizia ad assentarsi mentalmente pur senza muoversi da casa, a vivere la notte in una sorta di trance, a parlare arabo, a comportarsi in modo strano e a pronunciare con insistenza il nome di un certo Latif. Ricoverato in una clinica specializzata, Figgis finisce per non riconoscere più i suoi familiari, assorbendo a tal punto il dolore e la paura di un giovane soldato iracheno da vivere nei suoi panni 24 ore al giorno. Insieme al lungimirante direttore della clinica sarà proprio Tom, mai rassegnato, a intuire cosa stia davvero capitando nella testa del fratello e a stargli testardamente accanto fino a che questi non riesce, nel bene e nel male, a liberarsi dal suo incubo.

Intenso e coinvolgente, Golfo è un romanzo breve dal grande spessore narrativo. Scritto nel 1992, dedica attenzione a una guerra lontana nello spazio e nel tempo come quella del Golfo, ma la racconta in una maniera tale da farla suonare familiare anche a chi può essere nato una ventina di anni più tardi. Perché ben più di Saddam Hussein e degli attacchi in Iraq, al centro di questa storia coraggiosa e densa c’è il nostro modo di porci di fronte a notizie terribili. Quanto riusciamo a lasciarci toccare? Quanto ci sentiamo davvero implicati? E quanto riteniamo giusto attivarci per non lasciarci semplicemente scivolare addosso gli avvenimenti del nostro tempo? Robert Westall porta queste domande a ronzare insistentemente nella testa del lettore, senza fornire mai una semplicistica risposta. Sta a ciascuno di noi, in qualche modo, capire in che maniera e in che misura un po’ di Figgis possa dimorare dentro di sé.

Imperdibile per offrire una lettura forte e non scontata a ragazzi dai 12 anni in su, Golfo viene proposto da Camelozampa in una snella e maneggevole edizioni tascabile che mette in campo alcuni accorgimenti di alta leggibilità quali il font EasyReading, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la sbandieratura a destra.

 

Le catastrofi del giorno

Non è facile affrontare le giornate quando i pericoli – dall’inquinamento agli incidenti aerei, dai malintenzionati ai cibi poco sani – sembrano nascondersi minacciosamente dappertutto e diventano un chiodo fisso. Così è per la dodicenne Majken che, con fare più vicino a quello di un’anziana che non a quello di una ragazzina, formula pensieri molto maturi e nient’affatto privi di allarmismo. Nella sua vita non c’è spazio – sembrerebbe – per frivolezze preadolescenziali, amicizie del cuore e pomeriggi spensierati: tutte cose che poco le interessano e che giudica per di più sciocche. Questo suo modo di porsi di fronte al mondo, che agli occhi del lettore e dei coetanei oscilla tra lo strambo e l’assillante, preoccupa non poco la madre, con la quale Majken vive sola e che un giorno, per convincerla a uscire, a distrarsi e a socializzare, le regala un cagnolino di cui occuparsi. È un cane bruttarello e indisciplinato, Blunder, ma il suo arrivo segnerà una svolta nella vita della ragazzina, consentendole di fare incontri preziosi e di incrinare la solida gabbia emotiva dentro la quale si è da tempo rinchiusa.

Con una narrazione che, seguendo il filo dei pensieri di Majken, dipinge il mondo con un filtro diverso da quello comune, Cilla Jackert ci fa affezionare, spesso scuotere la testa, talvolta chiedere “ma come ti viene in mente?” di fronte a una protagonista tanto bizzarra. Fino all’ultimo capitolo, dove un finale liberatorio, tanto per Majken quanto per chi legge, ci conduce nel passato della ragazzina, offrendoci uno spiraglio di comprensione ed empatia per quella sua interiorità tanto tormentata. Senza alcuna pretesa né attitudine prescrittiva, la storia di Majken ci illumina su cosa possano portare con sé un lutto e il dolore che ne consegue e su quanto valga la pena interrogarsi su ciò che si nasconde dietro un atteggiamento strano o persino respingente.

In Le catastrofi del giorno si ritrova e si riconosce il piglio schietto e a tratti cinico dell’autrice e la sua radicata familiarità con la città di Stoccolma, di cui pare di percorrere strade e quartieri, percepire odori e rumori, respirare la cultura, proprio come accadeva in Ci si vede all’Obse, altro bel romanzo di Cilla Jackert pubblicato nel 2018 da Camelozampa. Anche qui la stampa presenta font EasyReading e spaziatura maggiore che rafforzano la leggibilità del libro anche da parte di ragazzi con dislessia. Una più ariosa distribuzione del testo, per esempio con paragrafi distanziati e pagine meno piene, potrebbe consolidare ulteriormente l’accessibilità del volume.

La principessa sul pisello

L’ultima fiaba in simboli PCS pubblicata da Uovonero – Il brutto anatroccolo – risaliva al 2017 e i Pesci parlanti, con il loro formato inconfondibile e il loro equilibrio tra accessibilità del testo e ricchezza iconografica, iniziavano un po’ a mancarci. Detto fatto, il 2021 si apre con La principessa sul pisello: un nuovo titolo fiabesco curato nell’adattamento testuale da Enza Crivelli e nelle illustrazioni da Francesca Corso.

Forse meno nota delle fiabe precedentemente simbolizzate, La principessa sul pisello racconta di un principe che va in cerca di una sposa, girando il mondo in lungo e in largo e incontrando numerosissime ragazze. La sua ricerca appare, però, infruttuosa e il principe si trova costretto a tornare a casa in solitaria. Un giorno si presenta al castello una giovane fanciulla che chiede ospitalità e dichiara di essere una principessa. Le sue origini reali vengono allora messe alla prova con un fine stratagemma: un minuscolo pisello collocato sotto una pila di venti materassi, offerti come giaciglio alla ragazza. Il fastidio percepito da quest’ultima durante la notte, nonostante il notevole spessore dei materassi, convince il re e la regina che di una vera principessa si tratti, spalancando le porte al più classico dei lieti finali.

Asciugata fino al midollo, tanto da prendere avvio senza alcun preambolo e da svilupparsi in 14 doppie pagine con al massimo tre brevi frasi ciascuna, questa versione de La principessa sul pisello si propone di venire incontro alle esigenze di quei giovani lettori per i quali intrecci e strutture sintattiche troppo articolati possono costituire un grosso ostacolo. Lineari, mai più lunghe di una riga, basate su parole di facile comprensione e supportate visivamente da simboli trasparenti come i PCS (Picture Communication Symbols), le frasi che compongono La principessa sul pisello si prestano con cura a essere seguite e comprese anche da bambini con difficoltà comunicative e linguistiche o apprezzate da bambini in età prescolare.

All’estrema semplicità del testo, che appare per certi versi quasi austero, fanno da contraltare una struttura narrativa ricorsiva che crea un ritmo ammaliante e delle illustrazioni che fanno letteralmente viaggiare con la fantasia. Lo stile delicato ed evanescente di Francesca Corso crea infatti un’atmosfera sospesa, punteggiata di dettagli suggestivi – due su tutti le nuvole che compongono una sorta di mappa mentre il principe gira per il mondo e il baldacchino del letto che richiama la pianta di piselli – e capace di contaminare l’atemporalità tipica delle fiabe con una certa felice contemporaneità. I ritratti delle giovani donne incontrate dal principe a nord, a est, a sud e a ovest del mondo, oltre che molto evocativi, richiamano per esempio alla mente fotografie moderne e immaginari stratificati arricchitisi nel corso dei secoli.

Completa il tutto il consueto e apprezzabile formato Sfogliafacile, brevettato dalla stessa casa editrice e caratteristico della collana I pesci parlanti, che grazie all’irregolarità della forma delle pagine consente anche a bambini con difficoltà di motricità fine di avanzare fisicamente nella lettura con maggiore autonomia.

I tre funerali del mio cane

A scrivere con ironia e garbo una storia che pone al centro un lutto, mica son tutti buoni. Guillaume Guéraud però lo è: il suo I tre funerali del mio cane è infatti un delizioso racconto in cui la morte di una creatura cara, come può essere un animale domestico, diventa il fulcro narrativo intorno a cui orbitano dialoghi autentici, piccole disavventure di cui sorridere e un’ampia gamma di sentimenti veri: il tutto senza quasi spostarsi dal giardino di casa dove il protagonista, sua sorella e i suoi amici decidono di seppellire il povero Babino, dopo che è stato malauguratamente investito da un’auto.

Alla serietà delle intenzioni e delle emozioni dei giovani personaggii fanno da contraltare una serie di piccoli imprevisti logistici e la spontaneità con cui Babino viene affettuosamente ricordato. Il racconto mescola così, senza soluzione di continuità, aneddoti buffi e schietta tenerezza. E alla morte, lungi da essere un tema su cui dissertare, viene restituito il ruolo di cosa della vita con cui prendere le misure tra una partita di calcio, uno scherzo tra amici e una corsa in un prato di tulipani.

Divertente e delicato, I tre funerali del mio cane è proposto da Biancoenero all’interno della bella collana Maxizoom dedicata a giovani lettori a cavallo tra la scuola primaria e la scuola media. Come gli altri volumi della collana, il libro vanta dunque un’impaginazione ariosa, una spaziatura maggiore, un font ad alta leggibilità e una stampa su carta color crema che ne agevolano l’accesso anche a bambini con dislessia. A tale scopo concorrono inoltre in misura non meno significativa anche scelte sintattiche e lessicali orientate alla linearità, oltre che una storia coinvolgente che sa parlare la lingua dei bambini.

Broncio e Coda

libro Quando desideri un animale da compagnia ma cani e gatti, per i tuoi genitori, sono fuori discussione, i pesci rossi possono essere un ottimo ripiego! È così che Broncio e Coda – muso lungo il primo, coda appariscente il secondo – entrano a far parte della famiglia di Teresa il giorno del suo compleanno.

Sistemati nella loro vaschetta nuova di zecca, i due pesci diventano presto degli insostituibili confidenti per la protagonista che, incuriosita dalle loro qualità e abitudini, ne trae sovente sagge lezioni di vita. Perché i pesci come Broncio e Coda saranno pure muti come si usa dire ma possono insegnarci molte cose: che addomesticare animali e persone non è affar scontato, per esempio, o che ci si può sentire soli anche quando si vive vicino a qualcuno. Come una sorta di filtro silenzioso attraverso il quale Teresa osserva le piccole e grandi cose della sua quotidianità, Broncio e Coda diventano parte integrante di una famiglia in cui nessuno resta del tutto immune al fascino dei pinnati e in cui le relazioni, soprattutto tra fratelli, si nutrono di piccoli screzi e rappacificamenti.

Proprio quelle relazioni, in cui – pesci rossi o no – non sarà difficile per il lettore riconoscersi, sono al centro del libro di Silvia Nalon, con le briose illustrazioni di Martina Motzo.

Più ricco di pensieri che di peripezie, Broncio e coda offre un’occasione di lettura quieta e piacevole in cui immergersi. Inserito nella collana leggimi di Sinnos, il libro presenta inoltre tutte le caratteristiche di alta leggibilità che agevolano la lettura anche in caso di dislessia.

L’incredibile corsa dello sciroppo

Quella formata da Alex Cousseau e Charles Dutertre è una coppia collaudata da cui ci si aspetta frizzi, lazzi e magnifiche sorprese letterarie. Già creatori di quell’irresistibile personaggio che è Lucilla Scintilla, i due autori francesi tornano in libreria, sempre per Sinnos, con un volume ad alta leggibilità ugualmente gustoso ma di tutt’altro segno, intitolato L’incredibile corsa dello sciroppo.

Protagonisti del libro dal formato arioso, dalle illustrazioni densissime e dai colori accesi sono tanti intrepidi insetti pronti a sfidarsi nell’annuale Corsa dello sciroppo, una classicissima del mondo entomologico. Al via, ragni, bruchi, lumache e altri piloti in miniatura e perlopiù muniti di ali e parecchie zampe avanzano lungo un percorso tortuoso che si snoda in mezzo a una natura lussureggiante. I loro nomi sono buffi e i loro mezzi sono a dir poco stupefacenti: si va dai vasetti di yogurt volanti alle vasche da bagno a motore, dai trattori a molla ai piroscafi a elica. Ingranaggi e meccanismi sono tanto sofisticati quanto divertenti (mai più senza un treno fantasma con binario mobile!) e le affollate pagine che li ospitano sono un autentico luna park per l’occhio del lettore che può sollazzarsi a coglierne ingegnosità e tratti comici. La gara avanza senza esclusione di colpi, costringendo i protagonisti a deviazioni, decisioni, incidenti e incontri imprevisti, verso una linea del traguardo che si svela solo alla fine, con un delizioso colpo di scena.

Contraddistinto da caratteristiche di alta leggibilità – dal font leggimi alla spaziatura maggiore, dalla sbandieratura a destra all’evidenziazione dei dialoghi grazie all’uso del colore e del maiuscolo – L’incredibile corsa dello sciroppo può facilmente solleticare i giovani lettori, con e senza dislessia, in virtù del suo particolare impianto grafico e dell’efficacissimo dialogo che instaura tra parole e figure. Intorno a testi concisi che perlopiù introducono i protagonisti con i loro spassosi tratti e riportano gli eventi salienti della gara, si sviluppano infatti illustrazioni minuziosissime che raccontano molto di più di quanto si trovi scritto e che disseminano ghiotti dettagli sul funzionamento dei mezzi e sulle attitudini dei loro conduttori. Sono le immagini, insomma, a farla da padrone, a incentivare l’avanzamento nella lettura e, in qualche modo, a dettarne i tempi, rendendo del tutto legittimo quell’attardarsi sulla pagina che di norma può far sentire a disagio i bambini meno abili nella lettura.

E in questo suo temporeggiare di fronte al bello, il lettore non si discosta di molto dai personaggi del libro i quali, pur desiderando con forza avanzare verso il traguardo, conoscono il piacere di sedersi ai bordi di quell’oceano di sabbia bianca per assistere all’arrivo del sole “che già comincia a tingere il cielo di un bel rosso, rosso come lo sciroppo di amarena”.

Che febbre!

Un oggetto banale e inanimato come un letto può, contro ogni aspettativa, condurre verso incredibili avventure: Pomi d’ottone e manici di scopa docet! Difficile credere che lo stesso non si possa dire di un divano, che del letto, in effetti, è parente stretto. Detto fatto, la conferma arriva dritta e comoda su cuscini e braccioli tra le pagine di Che febbre!, l’albo firmato da Rina Allek e di fresco nominato vincitore del Silent Book Contest 2020.

Protagonista del racconto senza parole ideato dall’illustratrice russa è una bambina malata – il termometro segna un buon 38° – che si addormenta rannicchiata proprio sul divano di casa. Ma la febbre può giocare brutti scherzi e all’improvviso la bambina si trova minacciata da un gigantesco millepiedi: ci pensa il rosso divano, presto trasformatosi in una volpe scattante, a trarla in salvo e a condurla in un viaggio incantato tra cieli stellati, foreste lunari e oceani sottosopra. Non privo di pericoli e insidie, che prendono di volta in volta la forma di creature bizzarre, il viaggio si conclude là dove è iniziato, nel salotto di casa, in cui (quasi) tutto sembra tornato come prima.

Capace di valorizzare il silenzio per dondolare il lettore in una dimensione a mezz’aria, finemente sospesa tra sogno e realtà, Che febbre! si dimostra un wordless book degno di questo nome e non semplicemente una storia qualunque a cui sono state tolte le parole. L’autrice è poi bravissima a tendere fili sottili tra le pagine, popolando le sue tavole di figure minime dai tratti vagamente espressionistici, i cui dettagli si richiamano tra loro man mano che la narrazione avanza. Così, la forma allungata e inconfondibile degli occhi della protagonista ritorna tra le cortecce degli alberi, come segno del tempo o, chissà, del loro essere sentinelle naturali; il tondo luminoso della luna si deforma nel volto del millepiedi e poi torna rassicurante nel viso della protagonista e via dicendo… A rendere possibile questo gioco di andate e ritorni che, per certi versi, culla e rassicura il lettore, e che, per altri, evoca l’andamento contorto dei sogni più agitati, è il segno netto e serigrafico dell’autrice, la sua scelta accorta e scremata degli elementi grafici e il suo efficace giostrare tre soli colori: il blu, il rosso e il bianco.

In risultato è un albo affascinante che merita più di una lettura, rifuggendo del tutto il pericolo di stancare. Perfetto per lettori attenti, sognatori e intrepidi, poco importa se abili o meno con la parola scritta (che qui, per l’appunto, proprio non c’è), ma a proprio agio di fronte a storie sfuggenti e che volteggiano sganciate dalla più schietta realtà.

In viaggio con TopoNino

Una favola che fa da cornice ad altre tre: il viaggio esopiano di un topolino di campagna, intento a recarsi da un cugino di città, è l’espediente usato da Mariangela Balbo per riunire e cucire insieme altre tre favole di origine classica come Il leone e il topolino, La formica e la colomba e La cicala e la formica. Man mano che avanza nel suo percorso il topolino incontra infatti i protagonisti delle altre fiabe e narra il contenuto di queste ultime, premurandosi di esplicitarne in maniera chiara la morale. L’intento è quello di rendere fruibili anche a bambini con difficoltà comunicative alcune delle fiabe più note dell’autore greco: il libro presenta infatti testi adattati e accompagnati da simboli WLS.

Non proprio elementari – nella struttura sintattica, nell’uso di pronomi, nella scelta dei tempi verbali, per esempio – le rielaborazioni delle fiabe presentano in particolare simboli colorati, abitualmente poco utilizzati in editoria, font misti (perlopiù per distinguere i titoli delle diverse fiabe dal vero e proprio testo) e un’organizzazione grafica della pagina che può risultare un po’ confusiva, per come i riquadri dei simboli vanno a capo o per come tendano talvolta a coprire alcuni pezzi di illustrazioni. Queste ultime, dal canto loro, presentano un tratto acerbo e stili diversi che, se da un lato ben si adattano a distinguere le diverse favole, dall’altro sacrificano un po’ la coerenza visiva del volume.

L’aspetto generale di In viaggio con TopoNino riflette, insomma, la sua genesi multiforme che vede coinvolte una casa editrice, un’associazione impegnata nel sociale e la classe quinta di un liceo artistico.

Gita sotto l’oceano

Altro giro, altra corsa: dopo la passeggiata nello spazio di Gita sulla Luna, John Hare ci accompagna in una nuova emozionante escursione, questa volta subacquea. A bordo di un sottomarino ultraequipaggiato, che nelle linee e nel giallo brillante ricorda immediatamente il pullmino-astronave della prima avventura, l’autore ci porta a immergerci tra le profondità oceaniche più misteriose e affascinanti. In Gita sotto l’oceano la classe di bambini e bambine segue il maestro, attratta da calamari bioluminescenti, sorgenti idrotermali e lava cuscino popolata da vongole. Un bambino in particolare appare così rapito dalle bellezze marine e così dedito a immortalarle con la sua macchina fotografica che a un certo punto si allontana dai compagni per curiosare dentro il relitto di una nave e viene lasciato indietro. Proprio come in Gita sulla Luna, la classe finisce per risalire a bordo del sottomarino senza di lui e, prima che il maestro possa correre in suo soccorso, il bambino diventa protagonista di un’esplorazione fotografica che gli fa compiere straordinarie scoperte archeologiche e stringere amicizia con buffe creature dei fondali.

Abilissimo nel giocare sui meccanismi di ripetizione e variazione, John Hare ci regala un nuovo albo senza parole coinvolgente e movimentato.  All’interno di una struttura narrativa che puntualmente e volutamente ricorda quella di Gita sulla Luna, l’autore sa dare vita a un’avventura tutta nuova. I richiami al primo viaggio non solo non annoiano ma creano una fitta rete di corrispondenze divertenti da scovare e amplificano l’effetto sorpresa quando il protagonista si toglie lo scafandro. Attento come il primo titolo a rendere molto credibili le movenze, i comportamenti e le fantasie del protagonista (e dei suoi compagni), Gita sotto l’oceano rafforza l’idea di fondo che ogni bambino abbia un talento che, se coltivato e accolto, alimenta la curiosità e genera una ricchezza condivisibile.

Anche qui tavole e figure hanno un fascino ammaliante e i passaggi narrativi che legano l’una all’altra sono molto chiari, nonostante l’assenza di parole. Il silenzio, che quasi si tocca tra queste pagine e che non a caso è caratteristica significativa degli abissi come dello spazio, invita il lettore a guardarsi intorno a caccia di meraviglie, muovendosi con un ritmo e con uno sguardo del tutto personali. Così balzano all’occhio dettagli e minuzie che incantano, svelano e guidano la lettura, in un’immersione che può felicemente vedere protagonisti anche giovani lettori con difficoltà di decodifica del testo, legate per esempio alla dislessia o alla sordità.

Gita sulla Luna

Quando c’è di mezzo una gita scolastica non c’è tempo da perdere: ecco allora che John Hare non spreca neanche un minuto (e una pagina!) e inizia il suo racconto per immagini fin dalla copertina di Gita sulla Luna. È qui, infatti, che incontriamo la classe che si prepara all’escursione, che ci immergiamo senza preavviso in un’insolita ambientazione spaziale e che intercettiamo il protagonista della storia che balza all’occhio per il passo lento e lo sguardo poco entusiasta che lo distingue dai compagni. Perché se le gite sono perlopiù ragione di euforia, non tutti i bambini reagiscono allo stesso modo. E in effetti, ad addentrarsi nella lettura, si scopre un giovane astronauta un po’ timoroso – forse per nostalgia di casa, forse per timidezza, forse per lontananza di interessi, chissà – che segue la classe da distante e si tiene sempre un po’ in disparte, fino ad isolarsi del tutto per ritrarre al meglio coi suoi pastelli colorati quel pianeta verde e azzurro che tanto risalta rispetto ai crateri e ai rilievi grigi della luna. Purtroppo però, nessuno si accorge della sua assenza e così il bambino viene scordato sulla luna quando l’astronave-pullmino riparte alla volta della stazione spaziale. A nulla valgono i suoi tentativi di farsi notare dal mezzo ormai in moto e così si ritrova a cercare consolazione nel disegno, tracciando sul suo taccuino uno sgargiante arcobaleno con due nuvole al fondo (un’immagine che riletta alla luce dei tanti teli apparsi sui balconi in questo nefasto 2020 assume un significato di speranza e buon auspicio ancora più forte). Ma evidentemente il giovane protagonista non è l’unico a subire il fascino dei colori: cinque bizzarre creature lunari, di sfumatura grigiastra e forma aliena, si avvicinano infatti, prima guardinghi e poi strabiliati, trasformando l’attesa del salvataggio in una spassosa sessione di disegno.

Curato e sfizioso, Gita sulla Luna, con cui John Hare ha esordito nel mondo della letteratura illustrata per l’infanzia, è un libro che fa dell’assenza di parole non solo una preziosa possibilità di accesso alla storia anche per quei giovani lettori che faticano di fronte al testo alfabetico, ma anche una forma narrativa in cui lo sguardo viene continuamente sollecitato a scovare particolari significativi, valorizzando quella capacità di lettura visiva troppo spesso snobbata anche in ambito scolastico. Proprio perché non ci sono le parole occorre qui fare caso a ciò che comunicano i dettagli – la direzione delle orme sulla superficie lunare o l’espressività dei gesti e delle distanze tenute dai personaggi, per esempio – perché attraverso di essi si dipana il filo del racconto.

L’autore è davvero molto bravo in questo, così come nell’attribuire fascino e senso all’uso del colore. Il giallo del pullmino-astronave, il verde e il blu della Terra distante o le tinte accese dei pastelli che spiccano sul nero dello spazio e sul grigio della luna calamitano l’occhio del lettore (con buona pace di chi aborre i libri per bambini con pagine scure), rendendo vivide le scene presentate e aiutando a focalizzare l’attenzione sui particolari che denotano l’avanzamento della storia. Il lettore si trova così a muoversi senza gravità tra tavole che calano a puntino in una cornice e in un’atmosfera distantissime in cui tutto sembra rovesciato – i bambini sono astronauti, la terra è un corpo celeste lontano, gli alieni hanno paura degli umani – ma in cui l’infanzia, nei suoi movimenti e nei suoi sentimenti più propri, appare ciononostante del tutto riconoscibile. Perché le emozioni, forse, sono davvero qualcosa di universale.

A un anno di distanza dalla pubblicazione di Gita sulla Luna, Babalibri porta in Italia anche il secondo libro senza parole realizzato da John Hare e intitolato Gita sotto l’oceano.

Rolando Lelefante legge

Che Rolando Lelefante fosse un tipo colto lo sapevamo già, ma che fosse un vero divoratore di storie, bhe… quello lo scopriamo nel secondo volume che Sinnos gli dedica, intitolato per l’appunto Rolando Lelefante legge.

Qui seguiamo Rolando nella sua sfrenata passione per la lettura – cosa, dove, quando e come legge – in una buffa rassegna che mette in evidenza abitudini, trucchetti, rêverie e piccole manie in cui qualunque lettore potrà in qualche modo riconoscersi. Ma attenzione: Rolando sa bene che la lettura non è solo gioie. Il suo padroncino non legge infatti altrettanto bene perciò lui si prodiga in ogni maniera per rendergli la parola scritta più familiare. Deliziosa, in questo senso, la doppia pagina in cui Rolando interpreta con la sua goffa mole le diverse lettere dell’alfabeto, rendendo magistralmente evidente come la lettura sia un’esperienza che coinvolge tutto il corpo!

Come l’autrice riesca a condensare in pochi tratti di matita tanti spunti, ammiccamenti e persino citazioni, rimane un piccolo mistero: sta di fatto che, come la precedente, anche questa storia di Rolando fa di un nulla una piccola gustosa avventura che si legge con il sorriso sulle labbra. Piacevole nell’aspetto e attento alle esigenze dei lettori più inesperti o come maggiori difficoltà di decodifica del testo, Rolando l’elefante legge unisce le caratteristiche di alta leggibilità tipiche della collana Leggimi prima di Sinnos (font maiuscolo leggimiprima, spaziatura maggiore, testo non giustificato, pagina pulita, illustrazioni puntuali e frequentissime) a uno stile arioso, tanto nelle figure quanto nel racconto, che dice con garbo al lettore che il libro può essere amico e che addentrarsi tra le pagine può essere, sì, una sfida, ma non necessariamente spaventosa. Se non è un bell’inno alla lettura questo, è davvero difficile dire cosa lo sia!

Ecco a voi Rolando Lelefante

Attenzione, pericolo! La lettura di Ecco a voi Rolando Lelefante aumenta il rischio di desiderare un pachiderma per animale domestico. È l’effetto Rolando: un misto di tenerezza e sorpresa che coglie senza scampo chiunque incontri l’irresistibile personaggio creato da Louise Mézel.

Elefantino mini dall’appetito taglia XL, Rolando Lelefante ha un mucchio di qualità: riesce a stare in spazi ristretti, anche grazie ad acrobatici arrotolamenti di coda e proboscide, è colto, sportivo quanto basta, oltremodo goloso e pieno di passioni. Insomma, come si fa a non volergli bene?

L’autrice ce ne offre un ritratto delizioso in questo primo volume di una serie portata in Italia da Sinnos. Lettura sfiziosissima per bambini 4-5 anni accompagnati da un grande o per bambini di prima elementare che iniziano a leggere da soli, la storia di Rolando Lelefante presenta testi minimi, curati e ben leggibili (stampa in maiuscolo, font ad alta leggibilità, forte contrasto con la carta color crema, massimo una frase o due per pagina), puntualmente accompagnati da illustrazioni ironiche e delicate, realizzate a matita e con pochi tratti di colore.

Questo passo a due leggiadrissimo tra parole e figure regala alle pagine una pulizia che rassicura e un ritmo che incalza, accompagnando nell’avventura di leggere anche il lettore con dislessia o difficoltà di decodifica del testo, valorizzandone a pieno la preziosa capacità di muoversi tra le immagini.

Nella stessa serie si trova già anche il secondo volume intitolato Rolando Lelefante legge.

Giacomino già che sei in piedi

Già che sei in piedi… prendi questo? Fai quello? Mi passi quell’altro? A chiunque è senz’altro successo di sentirsi rivolgere una richiesta di questo tipo ma di certo a nessuno è capitato così di frequente come al protagonista della buffa storia firmata da Angelo Mozzillo e Umberto Mischi. Fin da piccolo, infatti, Giacomo – Giacomino per gli amici – è diventato Giacomino-già-che-sei-in-piedi proprio a causa delle insistenti preghiere dei suoi familiari, abituati a farsi fare favori, sporgere cose e prendere oggetti dal malcapitato giovanotto.

Questi, però, un bel giorno si stufa e mette in piedi uno sciopero d’effetto. Un vero a proprio sit in, a dirla tutta. Giacomino decide infatti di restare seduto a oltranza e così resta sia per mangiare, sia per dormire, sia per giocare. Irremovibile nella sua decisione persino quando si tratta di andare a scuola, Giacomino vien trasportato di peso in classe dai genitori. E qui succede l’inatteso: sulla scia del maestro di arte, il corpo docenti interpreta il gesto del giovane come una meravigliosa provocazione contro la frenesia moderna e, per valorizzarne la portata, tutti si recano in comitiva dal sindaco. Di Giacomino seduto si fa dunque un gran parlare, tanto che il ragazzo viene invitato a tenere un discorso. Ma mai sedersi sugli allori: gli imprevisti possono sollevarsi proprio quando meno te lo aspetti…

Simpatico e scorrevole, Giacomino già che sei in piedi unisce una storia surreale e divertente a uno stile ben ritmato che incentiva la lettura. Inserito all’interno della collana Minizoom di Biancoenero, il volume presenta tutte le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono quest’ultima, rendendola una proposta davvero appetibile per giovanissimi lettori, anche con difficoltà legate alla dislessia, alle prime armi con la lettura autonoma.

 

 

 

Joker

“In fondo erano contenti di tornare a scuola”, così inizia Joker, il racconto di Susie Morgenstern da poco uscito per i tipi di Biancoenero (ma in realtà pubblicato per la prima volta nel 1999 in Francia e nel 2002 in Italia). Difficile immaginare un incipit più ficcante in questo preciso momento storico, se si considera che dopo mesi di DAD e scuole chiuse, il desiderio di tornare fra i banchi è quantomai acceso nei bambini e nei ragazzi. Ecco dunque che la loro attenzione ha subito di che esser catturata da una storia che non delude anche oltre la prima pagina. L’autrice, pluripremiata e di conclamata bravura, si conferma infatti abilissima nel mantenere accesa la curiosità del lettore con un racconto brillante e molto vicino al sentire dei bambini.

Protagonista è  Biagio Natale, anziano maestro che, nonostante l’apparenza dettata dall’età, sa come sorprendere la sua nuova classe. Il primo giorno, infatti, in luogo di sterili presentazioni, Biagio distribuisce ad ogni allievo un mazzo di Jolly, ciascuno valido per far fare o non far fare qualcosa a chi decida di giocarselo. In ogni mazzo c’è il jolly per ballare in classe, per esempio, quello per restare a letto, quello per dire una bugia o quello per fare una carezza a chi si vuole. Spiazzati e divertiti, i bambini scoprono presto il valore di quelle carte ma lo stesso non si può purtroppo dire dell’arcigna preside Candida Peres, perfetta incarnazione della didattica più stantia e meno empatica. Nonostante i suoi provvedimenti, i semi piantati da Biagio Natale finiranno tuttavia per germogliare, dando risalto all’imbattibile capacità dei bambini di fare tesoro di quanto vien loro con gioia trasmesso. E a quella di alcuni adulti di trasformare l’insegnamento in Educazione con la E maiuscola.

Coinvolgente e brioso, Joker lascia trapelare una profonda conoscenza dell’infanzia, del pensiero che la attraversa e degli interruttori che ne accendono la partecipazione. La sua lettura si fa così scorrevole e accattivante, complici anche i personaggi ben costruiti, la narrazione snella e gli accorgimenti con cui il libro è stampato. Le caratteristiche di alta leggibilità proprie della collana Minizoom di cui Joker fa parte, che coinvolgono la struttura testuale ma anche gli aspetti di stampa come la spaziatura, il font e la sbandieratura, concorrono infatti ad alleggerire il confronto con la pagina scritta e a sostenere l’avanzamento nella storia anche da parte di giovani lettori con dislessia.

La supergita dei supereroi

Avevamo lasciato Tritone e la sua cricca di ormai attempati supereroi al termine di una entusiasmante impresa contro il malefico Vortice e li ritroviamo ora alle prese con le consuete faccende da casa di riposo: attività blande e ripetitive che ben poco si addicono a degli ex paladini della giustizia. Il clima è mogio, per non dire mortalmente noioso: quel che occorre è un po’ di azione! Ecco allora che al termine di una lunga e divertente trattativa (ma quanto possono dilungarsi i vecchietti?!), la combriccola parte alla volta di una gita speciale. Non si sa molto della destinazione ma sembrerebbe offrire molte cose da vedere, anche se difficilmente si tratterà delle auspicate corse di cavalli, gare di lotta o vasche giganti di pesci. Ne nascerà un’escursione sorprendente, pur nella sua ordinarietà, e capace di non lasciare a bocca asciutta nessuno dei partecipanti, né tantomeno il lettore!

Divertente e ricco di trovate sorridenti, in pieno stile Davide Calì, La supergita dei supereroi offre un racconto snello e abbordabile che sostiene anche i lettori più riluttanti o con difficoltà legate alla dislessia, e lo fa con il superpotere dell’irriverenza e dell’alta leggibilità. Il font biancoenero, le frasi brevi e lineari, la spaziatura maggiore e le illustrazioni quasi a ogni pagina agevolano infatti la lettura e fanno squadra con una narrazione ironica che solletica e che invita ad arrivare presto alla fine. La possibilità, inoltre, che il lettore abbia già familiarizzato con i personaggi grazie alla precedente avventura sempre edita da Biancoenero, fa sì che l’ingresso nella storia sia più immediato e coinvolgente. Interessante, in questo senso, anche la scelta di proporre figure che richiamano felicemente lo stile del precedente volume (firmato per intero da Davide Calì), pur essendo realizzate in questo caso da un’illustratrice diversa (Alice Piaggio).

Il prato

Ho visto un prato

Verde, verde, verde

Coperto d’erba

Verde, verde, verde

Nel prato c’era un albero

Verde, verde, verde

E sull’albero un nido

Verde, verde, verde

E nel nido un uccello

Verde, verde, verde

Che ha fatto un uovo

Bianco, bianco, bianco!

[…]

Così recita una delle poesie più note di Gianni Rodari, messa anche in musica da Sergio Endrigo.

Era la fine degli anni ’70.  Sono trascorsi dunque ormai più di quarant’anni da quella pubblicazione che, però, evidentemente non ha esaurito quel che aveva da dire ai lettori e non ha cessato di ispirare altri autori ed artisti. Ho visto un prato è infatti di recente tornata sulla scena, grazie a un libro tattile suggestivo e raffinato, intitolato semplicemente Il prato, pubblicato dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e realizzato da Giorgia A e Michelon Dei Folli, in arte Mirabilia.

Il libro, che spicca per le sue pagine verde brillante e che combina in particolare tessuti e cartoncini diversi, propone in nero e in Braille il testo qui sopra riportato associandolo a illustrazioni tattili che fuggono e scampano la scontatezza di una rappresentazione realistica e didascalica per privilegiare, al contrario, forme più astratte ed evocative. Il prato si caratterizza perciò per la presenza di pagine non affollate in cui l’attenzione è catalizzata da un unico elemento centrale, per un favore spiccato nei confronti di figure minime ed essenziali, e per la sovrapposizione e il contrasto di materiali e colori stimolanti e scelti con cura.

Il risultato è un libro tattile semplice semplice nel testo e nelle illustrazioni, ma ricchissimo e poliedrico nel modo in cui può essere letto e nelle sensazioni che sa restituire. I due autori sono stati in questo senso davvero bravi a declinare in maniera nuova e con un linguaggio diverso quella che è forse la qualità più apprezzabile di quella chicca sonora che è Ho visto un prato: la capacità, cioè, di trasformare pochissime parole in immagini vividissime e personali nella mente del lettore.

Tra i tanti omaggi al grande autore di Omegna che le case editrici hanno sfornato e stanno sfornando in questi mesi per il centenario della sua nascita, questo della Federazione pro Ciechi è senz’altro uno dei più preziosi (anche nel senso più venale del termine, ahinoi. Ma questa è una questione nota e spinosa) e originali: un oggetto che fa propria e condivide con il lettore la splendida lezione di Rodari sulla creatività, come capacità di trovare strade alternative e sentieri inattesi che solletichino il pensiero.

Giacomo di Cristallo e altre storie

Tutti gli usi della parola a tutti, scriveva Rodari, non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo. A cent’anni dalla nascita dello scritto di Omegna la casa editrice la meridiana trova un ottimo modo per omaggiare questo credo ancora attualissimo dell’autore: proporre una versione di alcune delle sue fiabe con i simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Terzo titolo della collana Parimenti, Giacomo di cristallo e altre storie declina in maniera molto concreta l’importanza di allargare l’accesso alla parola anche a chi normalmente ne viene escluso, e non lo fa solo diversificando i linguaggi con cui il lettore può accedere al testo ma anche privilegiando la traduzione di racconti dalla forte valenza civile.

Quello di Giacomo di Cristallo, per esempio, che anche rinchiuso in prigione ispira i suoi concittadini con trasparenti pensieri di protesta contro le ingiustizie della dittatura. Quello de La casa di tre bottoni, che pur essendo piccina piccina riesce a ospitare 13 persone e un cavallo, perché fatta con il cuore. Quello de La principessa allegra che vede le persone e le loro storie come unica possibilità di capire e compatire davvero i drammi della guerra. Quello di Re Mida e il brigante Fifone in cui la rinuncia all’oro porta a ricchezze ben più preziose. E quello di Teresin che non cresceva a causa del dolore ma che l’amore riesce a far diventare grande e che per amor di giustizia diventa persino una gigantessa.

Le storie contenute nel volume sono cinque e sono di diversa lunghezza. Tutte condividono una spiccata attenzione ai valori della solidarietà, dell’amore e della giustizia: caratteristica questa che le rende ideali per innescare una riflessione individuale e condivisa sulla storia e sull’attualità a misura non solo di bambino ma anche e soprattutto di lettore con qualche anno in più. I sentimenti positivi e negativi, le ingiustizie e il loro riscatto, la dittatura e il buon governo, la ricchezza e la povertà, solo per fare qualche esempio, sono infatti affrontati da Rodari con grande schiettezza e ben si prestano a solleticare l’immaginario e il pensiero di giovani adulti. Ecco dunque che l’inserimento di queste storie apparentemente semplici all’interno della collana Parimenti, che si rivolge principalmente ai preadolescenti e agli adolescenti e il cui sottotitolo è non a caso “Proprio perché cresco”, appare tutt’altro che stonata.

Come per i precedenti titoli, anche qui il testo è oggetto di una rielaborazione mirata a rendere alcune frasi più lineari, a esplicitare alcuni elementi sottintesi o metaforici e a contestualizzare alcuni dettagli: tutti accorgimenti che non intaccano la freschezza del racconto e la sua indole profondamente schierata. La linearità e la semplicità narrativa che sono proprie di Rodari, d’altro canto, si prestano con naturalezza a un lavoro di semplificazione e simbolizzazione che consenta l’accesso al testo anche da parte di lettori con autismo o difficoltà di comunicazione. La ricchezza del testo, dal canto suo, viene mantenuta grazie all’utilizzo della collezione di simboli letterariamente più versatili – quella dei simboli WLS – e alla scelta di simbolizzare tutti gli elementi della frase (compresi per esempio pronomi, articoli, preposizioni) e di inserire i qualificatori di tempo e plurale.

Il risultato è un volume che sposa semplicità narrativa ed espositiva e complessità di pensiero: un’ottima miscela per giovani lettori esigenti e curiosi.

Giacomo di cristallo e altre storie è reso disponibile dalla casa editrice anche in formato ebook, con le medesime caratteristiche compositive della versione cartacea.

Novelle fatte a macchina

Ci sono personaggi che fanno parte di un immaginario collettivo ben radicato. Ecco, gli extraterrestri che atterrano a Pisa per sgraffignare la torre, l’irriverente bambola a transistor che sa parlare o i due terribili gemelli Marko e Mirko che non mancano di coraggio fanno parte di quella schiera di figure fantastiche che in molti di noi evocano ricordi, accendono scintille e suonano familiari. Merito della penna straordinaria di Gianni Rodari che a quei protagonisti ha dato vita all’interno della raccolta Novelle fatte a macchina.

Chissà quale effetto sortiscono sul lettore di oggi. Se è vero infatti che le novelle di Rodari fanno riferimento a un precisissimo contesto storico – basti pensare alla centralità di un programma come Rischiatutto all’interno di uno dei racconti –  che può renderle un po’ distanti, è altrettanto vero che esse mescolano reale e fantastico in maniera così sapiente e lasciano spazio a domande e riflessioni così importanti e attuali che difficilmente, anche oggi, possono lasciare indifferenti. In più, la loro formula snella risulta particolarmente spendibile e vincente, anche pensando a letture frammentarie e lettori riluttanti.

Nate come racconti brevi commissionati dal giornale Paese sera, le Novelle fatte a macchina sono pubblicate negli anni ’70 da Einaudi. Oggi Emons le ripropone in formato audio (su Cd o scaricabili direttamente in file MP3) che ne allarga le possibilità di fruizione anche a bambini e ragazzi con difficoltà di lettura legate per esempio a una disabilità visiva o alla dislessia e a lettori desiderosi di godersi una bella storia anche quando gli occhi sono impegnati in altra attività. Con il suo piglio senza lungaggini, ecco che l’ascolto delle Novelle fatte a macchina potrebbe in un ipotetico viaggio in automobile riempire a meraviglia tratte medio-brevi!

 

Cane, lupo e cucciolo

Ricordate Lupo e Cane, i due cugini a dir poco insoliti nati dalla penna di Sylvia Vanden Heede e dalla matita di Marije Tolman? Protagonisti di Lupo e Cane, insoliti cugini, uscito per Beisler nel 2015, i due animali tornano sulla scena con una nuova avventura ad alta leggibilità intitolata Cane, lupo e cucciolo.

Come il titolo lascia facilmente intuire, alla coppia di nemici-amici si aggiunge questa volta un terzo compare, più precisamente un giovane spitz di pura razza che poco sa del mondo e che necessita di molte cure. Il padrone di Cane lo ha preso perché questi avesse compagnia ma per Cane il nuovo arrivato è più che altro una scocciatura, dal momento che si trova a fargli da balia e a prendersi le sgridate al posto suo. Così, quando gli si offre l’occasione di togliersi di torno il cucciolo e al contempo di liberarsi delle angherie di Lupo, non gli par vero: subito Cane ne approfitta e torna a godersi la sua serenità. Non ha però fatto i conti con l’affetto che presto prende dimora anche nei confronti di chi ci pare distante e così, in quattro e quattr’otto, Cane torna sui suoi passi, dimostrando che anche i tipi più carini e coccolosi sanno e possono all’occorrenza tirare fuori i denti per difendere i propri cari.

Senza bisogno di dichiararlo e sbandierarlo tanto in giro (ottimo segnale!), il libro svela dunque un catalogo variegato e interessante di emozioni – dalla rabbia alla paura, dalla felicità alla nostalgia – con cui il lettore frequentemente si misura e in cui può facilmente riconoscersi. Le micro-vicende dei due cugini e del loro nuovo compagno, perciò, non solo compongono un racconto non convenzionale e a tratti ironico in cui immergersi, ma offrono anche un terreno fertilissimo per confrontarsi con e su un tema delicato come la gestione emotiva delle diverse situazioni.

Dotato di un umorismo tutto particolare e scritto in una forma originale che mescola prosa, cadenza poetica e indole teatrale, Cane, lupo e cucciolo si compone di 16 capitoli abbastanza brevi, il cui animo delicato viene amplificato dalle illustrazioni dalle linee sottili e dalle sfumature accese che frequentemente animano la pagina. Questo, unito alla scelta di un font meno affaticante per la vista come il TestMe e di caratteristiche di impaginazione ad alta leggibilità (spaziatura maggiore, testo allineato a sinistra…), concorre a rendere la lettura del libro più amichevole anche in caso di dislessia.

Non solo: Cane, Lupo e cucciolo rivela un alto grado di accessibilità anche per un’altra ragione. Il libro inaugura, infatti, l’interessante progetto Leggieascolta di Beisler che prevede l’unione del testo cartaceo e del relativo audiolibro. Quest’ultimo è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina, l’app apre infatti l’audiolibro corrispondente al volume, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o per stabilire un tempo predefinito dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che alcune attente case editrici stanno pian piano facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Pinno un tuffo in aria

Elisa Mazzoli ha la grande capacità di guardare e ascoltare i bambini – che dei suoi libri sono i destinatari ma anche i protagonisti – riconoscendone i tratti più veri e andando oltre un’idea adulta e spesso stantia dell’infanzia. I suoi personaggi, anche quando hanno una disabilità, sono prima di tutto bambini e forse anche per questo i lettori si riconoscono facilmente e a fondo nelle sue storie, senza farsi frenare dal sentore di un trabocchetto moralistico. Questo accade con risultati di grandissimo valore in Noi (Bacchilega Junior, 2013), che è non a caso uno dei libri più belli finora usciti in Italia con un’attenzione al tema della diversità, e lo stesso si rileva per certi versi anche in Pinno un tuffo in aria (Bertoni, 2020), uno dei titoli più recenti dell’autrice, con illustrazioni di Roberto Grassilli.

Il protagonista, qui, pur vivendo nel mare, è un bambino a tutti gli effetti e non un pesce come si potrebbe pensare. Pinno vive in un sottomarino e ha un pescecane per animale domestico ma a parte questo, come tutti i bambini, non resiste all’idea di giocare con dei suoi coetanei. Così, uscito dalle profondità per un tuffo e udite delle giovani voci, Pinno si dirige senza esitazioni verso i bambini della spiaggia con il fermo intento di fare amicizia. Questi, dal canto loro, lo sommergono di domande – cosa che effettivamente di norma accade quando qualcosa o qualcuno di insolito irrompe nella quotidianità dell’infanzia – ma una volta soddisfatti nei loro interrogativi, non esitano a lasciarsi travolgere dal comune interesse per il gioco. Così come è venuto, Pinno torna infine alle sue onde, non senza la promessa di tornare presto dai suoi nuovi amici.

Semplicissima nella struttura, la storia di Pinno dice con gentilezza lo stupore e fors’anche lo spavento che l’incontro con la diversità può generare, restituendo a entrambi i sentimenti il loro diritto di essere. Al contempo rivela la spontaneità con cui i bambini esternano le domande urgenti che tale incontro può suscitare in loro e che, se non sepolte e messe a tacere, aprono la strada a possibilità di conoscenza reciproca. Significativo, in questo senso, è il contributo interessante che le illustrazioni di Roberto Grassilli apportano al libro: le sue figure dai colori saturi e al limite della fluorescenza, le sue inquadrature ricercate e i suoi dettagli a tratti deformanti restituiscono un senso di straniamento e sorpresa generale, come a sottolineare che in fondo l’altro siamo sempre anche noi.

Pinno un tuffo in aria è pubblicato dall’editore Bertoni junior in formato inbook e  presenta  dunque il testo in simboli WLS. La scelta ha accompagnato la progettazione del libro fin dall’inizio, il che ha permesso a Elisa Mazzoli di comporre un testo essenziale, lineare e realmente accessibile anche nella struttura sintattica senza bisogno di particolari rimaneggiamenti a posteriori. I simboli presentano, come da modello inbook, un riquadro ben marcato che comprende sia la componente alfabetica sia quella iconica, una distribuzione sulla pagina che segue la struttura della frase e un’indicazione puntuale dei diversi qualificatori (numero, genere…). Il libro unisce così una grande semplicità strutturale e un alto livello di dettaglio morfologico-sintattico, supportando e incentivando il miglioramento delle competenze di comprensione e lettura di bambini con difficoltà comunicative.

Questo (non) è un leone

Dal toro Ferdinando in avanti, più di un animale della letteratura per l’infanzia si è ribellato a ruoli ed etichette precostituiti. Il leone Leonard non fa eccezione: animo gentile e indole poetica, il protagonista di Questo (non) è un leone fatica a farsi riconoscere dai suoi simili come un leone a tutti gli effetti. I leoni – dicono questi – sono feroci, non possono essere gentili e soprattutto, senza dubbio alcuno, se si trovano una papera di fronte se la mangiano. Ma Leonard no. Lui con la papera Marianna non solo fa amicizia ma scrive pure poesie bellissime. E proprio la poesia, capace di “cambiare il mondo” perché “le parole fanno pensare”, diventa la sua personalissima e potentissima maniera di dire che non c’è un solo modo per essere un leone.

Dichiarazione spassionata e appassionata in favore del diritto a essere sé stessi, Questo (non) è un leone presenta un testo molto diretto e dal piglio filosofico, unito a illustrazioni dal tratto marcato e dalle tinte decise. Sono queste ultime, in particolare, a dire con chiarezza i sentimenti taciuti dalle parole e a restituire in certi dettagli (la papera e il leone che schizzano su monopattino e skateboard, per esempio, o il leone dall’attenzione labile che insegue farfalle mentre Leonard parla…) una leggerezza scherzosa che solletica il lettore.

A rendere particolarmente intrigante il libro di Ed Vere dal punto di vista dell’accessibilità è il fatto che si tratta di uno dei titoli resi disponibili in LIS dall’app Storysign: un’app straordinaria lanciata nel 2018 da Huawei e sviluppata in collaborazione con numerosi partner tra cui l’Unione Europea dei Sordi e la British Deaf Association.

L’applicazione, scaricabile gratuitamente e disponibile sia per Android sia per iOS, consente di arricchire alcuni libri cartacei di una simultanea traduzione in Lingua dei Segni condotta da un avatar di nome Star. Avviando l’applicazione sullo smartphone e inquadrandovi la pagina di uno dei libri a catalogo, si avvia infatti un video in cui Star interpreta il testo in Lingua dei Segni.

Ciò che rende davvero nuova questa proposta è il fatto che il video si attiva solo nel momento in cui lo smartphone inquadra la pagina corrispondente. Esso inoltre non solo restituisce la traduzione in Lingua dei Segni ma ne sottolinea anche la puntuale correlazione con il testo originale grazie a un efficace sistema di evidenziazione cromatica.

Quella che si innesca così tra libro cartaceo e tecnologia digitale è una necessaria e funzionale sinergia che, valorizzando e intersecando le specificità di ciascun mezzo, migliora concretamente le possibilità di lettura dei bambini con disabilità (uditiva in questo caso).

Sssh

Le storie si possono narrare in tanti modi, lo diciamo spesso. Anche con i rumori? Certo che sì! Sssh fa, infatti, esattamente questo: racconta la giornata di un piccolo protagonista attraverso i suoni che di situazione in situazione lo circondano.

Ogni doppia pagina fotografa un preciso momento della giornata in una particolare cornice – in casa, in classe, in piscina, per strada – dando spazio alle figure umane e agli oggetti più disparati che di volta in volta spiccano, emettendo un suono. Dal tostapane ai denti strofinati, dalle forbici al martello pneumatico: ogni cosa si fa sentire e partecipa alla sinfonia dell’ambiente. All’interno di quadri molto colorati e attenti alla vita vera dei bambini, come nello stile inconfondibile di Mariana Ruiz Johnson, risaltano dunque una serie di dettagli che si accompagnano ad eloquenti e riconoscibilissime onomatopee. Lì cade l’occhio e si attiva l’attenzione del lettore.

Ecco allora che il reperimento sulla pagina di una serie di elementi rumorosi non solo innesca un divertente e interessante meccanismo di associazione tra oggetto, azione e rumore, ma permette a un piccolo percorso narrativo di snodarsi attraverso i suoni evidenziati.  Soffermandosi su di essi e cogliendo i fili sottili che non di rado li collegano – il gatto che miagola sembra fuggire dall’aspirapolvere rombante, per esempio, o la risata che si sente nello spogliatoio della piscina si presume sia scatenata da una puzzetta – accade infatti che l’istantanea dipinta in ogni pagina si dilati e si animi secondo una logica tutt’altro che casuale.

C’è infatti una coerenza interna di base grazie alla quale il lettore non solo riconosce uno sviluppo temporale che si dipana attraverso le pagine ma può anche cogliere una serie di richiami tra di esse che danno sostanza alla narrazione. Elemento chiave, in questo senso, è la presenza fissa e ricorrente di un libro rappresentato accanto al protagonista. Dopo una giornata immerso nei suoni più variegati, infatti, questi trova nel finale un rifugio quieto tra le pagine del suo volume preferito: un luogo in cui il silenzio assume un ruolo del tutto ineffabile.

Vietato dunque ridurre Sssh a un comune libro di suoni che procede per semplice giustapposizione. Il volume rivela infatti un’orditura trasparente che lo rende molto più ricco e ne moltiplica le possibilità di lettura.  Nato da un progetto editoriale di Camelozampa, Sssh mette insieme due firme internazionali importanti: quella di Fred Paronuzzi e quella di Mariana Ruiz Johnson, dando vita a una proposta assolutamente originale e stuzzicante, oltre che dalle straordinarie potenzialità inclusive.

Sssh si presta infatti a una lettura ad alta voce irresistibile ed estremamente coinvolgente, anche nei confronti di quei bambini che per deficit cognitivi, comunicativi o di attenzione faticano a seguire un racconto complesso. Lo sviluppo di una narrazione basata su di una forma comunicativa basica ed efficacissima come quella onomatopeica, inoltre, permette di agganciare e stimolare, sia sul piano della comprensione che su quello della verbalizzazione, anche bambini con difficoltà più marcate. Da ultimo, la presenza di un numero di parole molto circoscritto e facilmente intuibile fa sì che anche una lettura individuale possa essere condotta con soddisfazione da chi non coltiva una relazione facile con il testo (o ancora non sa leggere). Una volta colto che le parole scritte rispondono a un preciso meccanismo – quello di restituire il suono emesso dalle figure ad esse associate – esse possono essere facilmente ricostruite e, anche laddove vengano sostituite da sinonimi o affini, l’effetto non cambia.

Il lavoro originale e difficilmente incasellabile di Fred Paronuzzi e Mariana Ruiz Johnson contiene dunque un vero e proprio tesoro di opportunità che difficilmente ci si aspetterebbe da un libro di onomatopee e che invece rivela tutta la sua ricchezza a chi gli presti occhio (e orecchio) attento. Parafrasando i Negrita, alla domanda che rumore fa la felicità? Probabilmente potremmo rispondere Sssh!

Questo posso farlo

Il protagonista di Questo posso farlo è un pulcino anonimo, identificato con un generico “lui”, che nell’aspetto è identico ai suoi fratelli ma che nel fare se ne discosta parecchio. Fin dal momento dell’uscita dal guscio, il pulcino manifesta maggiori difficoltà: le stesse che lo affanneranno nel prendere le bacche, nuotare, arrampicarsi, cantare e via dicendo. Ma il pulcino è tutto fuorché arrendevole, così prova a trovare nuove soluzioni e nuovi strumenti che gli consentano di mettersi in pari. Anche questi però finiscono per rivelarsi poco utili e la caparbietà del pulcino inizia a vacillare. “Non riesco a fare niente…”, pensa. Ma è a quel punto che qualcosa di inaspettato accade. Di fronte a alcuni fiori smarriti e privi di un posto dove stare, il pulcino non esita e si offre di ospitarli tra le sue piume arruffate. In un attimo il rassegnato “Non riesco a fare niente” si trasforma in un orgoglioso e consapevole “Questo posso farlo”: un cambio di rotta e di prospettiva che non ha nulla a che vedere con un ripiego o con l’accontentarsi di un compito più facile. L’impegno assunto richiederà al pulcino molti sforzi e sacrifici decisamente fuori dal comune: proprio quelli che consentiranno al suo talento, finalmente scovato e venuto alla luce, di fiorire come merita.

Delicatissimo nello stile ma capace di lasciare un segno forte nel lettore, Questo posso farlo è dotato di quella grazia caratteristica dell’immaginario e della poetica di Satoe Tone. Le figure che paion di cotone, le trame minuziosissime in punta di pennello, i dettagli inattesi e non privi di ironia e l’incontro tra dimensione reale e onirica dotano il libro di una leggerezza ariosa: la stessa che nasce dalla capacità dell’autrice di intrecciare e insieme rendere impalpabili temi di spessore. Questo posso farlo parla infatti di diversità, di tenacia, di resilienza, di morte, di trasformazione e di valorizzazione dei talenti ed eppure di nessuno di questi temi si può dire che esaurisca il libro. Ricchissimo e aperto a letture diverse, Questo posso farlo non si impone al lettore con un suo significato preconfezionato, preferendo piuttosto intonarsi alle sue corde  e alla sua sensibilità del momento. E per fare questo, è indubbio, serve da parte dell’autrice un orecchio assoluto!

Questo posso farlo di Satoe Tone è uscito per la prima volta in Italia nel 2011 per Kite, pochi anni prima che l’autrice giapponese ricevesse il prestigioso Premio Internazionale d’Illustrazione Fundaciòn SM alla Bologna Children’s Book Fair. Oggi, a poco meno di dieci anni di distanza dalla prima pubblicazione, il libro rifiorisce in una nuova forma, proprio come il pulcino che vede protagonista. Inserito all’interno della collana de I libri di Camilla, Questo posso farlo viene infatti, riproposto arricchito dai simboli WLS, a beneficio di quei lettori che trovano difficoltà nella decodifica del testo alfabetico. Come da sempre accade per i libri di questa preziosa collana, l’aggiunta dei simboli va di pari passo con il massimo rispetto per gli equilibri, la disposizione grafica e i contenuti originali, così che la nuova edizione, marchiata Uovonero e realizzata in collaborazione con la stessa Kite, risulta in tutto e per tutto accostabile alla prima, ma fruibile da un pubblico più ampio.

La versione simbolizzata di Questo posso farlo presenta i simboli riquadrati (con testo esterno) ma sperimenta un interessante uso di riquadri meno marcati e dunque meno invasivi per quanto presenti. I qualificatori di tempo e del plurale non sono indicati e due o più elementi lessicali (articolo e sostantivo o verbo e preposizione, per esempio) sono sovente riuniti al di sopra dello stesso riquadro. Ne risulta un testo in simboli che al dettaglio privilegia  l’immediatezza: scelta, questa, che appare attenta e coerente con una delle peculiarità del libro originale, basato su un efficace e raffinato gioco tra testo conciso e asciutto, e figure minuziose e di ampio respiro. Anche alla luce di questo particolare aspetto, il libro mostra bene come il proporre ai bambini storie lineari e con precisi agganci alla realtà non significhi necessariamente rinunciare a offrire loro un’opportunità poetica e di lettura su molteplici piani.

Le avventure di Augusta Snorifass

Augusta Snorifass è, in tutto e per tutto, una creatura di carta. Lo è in senso metaforico, perché si anima e vive straordinarie avventure grazie alla parola scritta di Chiara Carminati, e lo è nella realtà poiché, come spiega quest’ultima, nasce dalla fantasia di Hans Christian Andersen in persona, che la ritagliò con un bel corredo di vestitini, per fare un dono alla figlia di un caro amico. E proprio da questo aneddoto, poco noto ma molto suggestivo, Chiara Carminati prende le mosse per costruire un personaggio delizioso e intraprendente, che vive nella casa di un certo conte in compagnia di un vanitoso soldatino di piombo e di una fitta schiera di topolini.

A lei che ama ritagliarsi meravigliosi abiti in carte di volta in volta differenti e che non nasconde una certa dose di coraggio, l’autrice dedica otto racconti incantevoli, due per ogni stagione. Troviamo così Augusta in sella all’amico corvo nel tentativo di recuperare gli abiti sparpagliati dal vento, in fuga da un rospo intenzionato a papparsela per cena, alla ricerca di un topolino disperso nel labirinto del castello, all’inseguimento della sua ombra in compagnia di uno scoiattolo o intenta a sfidare il freddo del giardino pur di spedire la sua lettera dei desideri natalizi. Il suo è un mondo piccolissimo in cui succedono cose, in proporzione, straordinariamente grandi.

I racconti di cui si compone Le avventure di Augusta Snorifass sono piccini e deliziosi come dolcetti mignon. Ognuno è in sé gustoso e pieno, oltre che facilmente abbordabile per la lunghezza, ma unito agli altri compone un quadro di ampio respiro, minuzioso e ricchissimo. Esperta tessitrice di parole, Chiara Carminati confeziona delle fiabe moderne molto saporite, che uniscono un certo gusto per i vezzi e le preziosità con una buona dose di peripezie avventurose. E la cura con cui l’autrice cuce i suoi racconti è in fondo la stessa con cui la sua Augusta inventa, taglia, imbastisce e impreziosisce i suoi abiti straordinari.

Nella versione del libro edita da Mondadori le illustrazioni sono firmate, con una scelta a dir poco azzeccata, da Clementina Mingozzi, autentica maestra del ritaglio della carta. Le sue immagini intagliate accompagnano alla perfezione le vicende di un’eroina che di carta è per l’appunto fatta, aggiungendo al volume un tocco fiabesco di grandissimo valore.

Un audiolibro de Le avventure di Augusta Snorifass sembrerebbe partire con uno svantaggio, non potendo evidentemente contare sul prezioso contributo delle immagini. Eppure la versione che ci offre Locomoctavia, in file audio scaricabile o cd MP3, trova il modo di restituire al lettore, per altra via, quel medesimo incanto. Anche stavolta Daniele Fior, che della piccola casa editrice udinese è l’anima e il motore, compie una piccola magia, immergendo il lettore in un’atmosfera che profuma di meraviglia. Lo fa con un uso sapiente della voce, capace di modellarsi su una moltitudine di personaggi differenti, e con l’accompagnamento musicale di Marco dell’Acqua che con il suo pianoforte fa passeggiare, correre, volare ed emozionare il lettore di pari passo con Augusta. L’incontro studiato e accorto di voce e strumento musicale – così come abbiamo imparato ad apprezzare in lavori precedenti come Pinocchio, Il giornalino di Gianburrasca o Il drago di K e altre fiabe polacche – fa in qualche modo quello che su carta fanno le figure di Clementina Mingozzi: amplifica il sapore incantevole delle parole di Chiara Carminati in cui ritaglia una possibilità di immersione ancor più profonda.

È possibile ascoltare un assaggio dell’audiolibro sul sito della casa editrice.

 

Le avventure di Augusta Snorifas, così come gli altri pregiati audiolibri proposti da Locomoctavia, sono inoltre fruibili tramite un’apposita app (Locomoctavia audiolibri) messa a punto dalla stessa casa editrice e scaricabile gratuitamente da App store.

Si tratta di una proposta estremamente interessante in termini di accessibilità. L’app sfrutta infatti un particolare sistema di scroll che evidenzia cromaticamente le diverse frasi del testo nel momento esatto in cui vengono pronunciate. La corrispondenza tra testo e audio risulta molto fluida e puntuale e l’app fa avanzare automaticamente l’audio se il lettore fa scorrere velocemente in avanti il testo. L’esperienza di lettura e ascolto risulta, così, piacevole e tutt’altro che macchinosa.

Il lettore può in questo modo godere della cura e della bellezza delle registrazioni proposte e al contempo seguire più agevolmente il testo su schermo. Egli può disporre cioè di un ampio ventaglio di strumenti e possibilità di lettura, perfettamente integrate tra loro, tra cui destreggiarsi sulla base delle sue esigenze specifiche: un’opportunità preziosa per sostenere soprattutto quei bambini e quei ragazzi che, a causa di disturbi come la dislessia, si tengono alla larga dai libri non per disamore delle storie ma per l’enorme fatica che la lettura tradizionale di queste ultime può implicare ai loro occhi.

Il cavaliere saponetta e la terribile strega

L’avevamo lasciato al termine di una avventurosa caccia al drago, più lindo e scintillante che mai, ed ora eccolo di nuovo qui, il lustro e illustre Cavaliere Saponetta! Innamorato della sua Lucy, disordinata quanto basta per mettere alla prova la sua insofferenza per la confusione, il Cavaliere più pulito del reame è diventato papà. La faticosa e itinerante vita da paladino, tuttavia, lo ha tenuto a lungo fuori casa e lontano dal piccolo Max che nel suo ingenuo immaginario altro non è che un galantuomo in miniatura. Grande è, dunque, il suo sconcerto quando Lucy parte per il tradizionale Ballo delle dodici principesse e lui, rimasto da solo ad occuparsi del pargolo, scopre la vera natura del suo pupetto. Quel poppante non sa mangiare con le posate, pulirsi la bocca col tovagliolo, dire pardon quando gli scappa un ruttino né lavarsi con il sapone! Per non parlare dell’odore insopportabile che con frequenza lo avvolge: per il Cavaliere Saponetta è davvero troppo e così si convince a cercare l’aiuto di una strega. Scoperto, però, che questa intende recarsi al Ballo delle dodici principesse per avvelenarne almeno una e prenderne il posto, il Cavaliere rivede le sue priorità, si carica il puzzolente figliolo a cavallo e insieme al fido apprendista Elmo parte all’inseguimento della strega. Segue un’incalzante catena di tallonamenti, travestimenti e rivelazioni che fino all’ultima riga fa fare al lettore il pieno di risate.

Con questa nuova avventura dedicata al paladino della pulizia, intitolata Il Cavaliere Saponetta e la terribile strega, Mattia de Leeum si conferma abilissimo nel tessere trame tutto sommato semplici ma dal ritmo galoppante e dallo spirito irriverente. Stare al passo del Cavaliere Saponetta significa lasciarsi travolgere da imprevisti spassosi e situazioni buffe che rovesciano il côté più prevedibile delle fiabe pur conservandone ambientazioni, personaggi e motivi. Con un effetto divertente e spiazzante, l’autore riesce a mettere in discussione alcuni cliché di genere, ma più in generale sociali, tenendosi però alla larga dalla pesantezza delle storie a tema così come dal rischio di trasformare il rovesciamento di uno stereotipo in uno stereotipo nuovo, solo di segno opposto. E questo accade perché le sue sono prima di tutto buone storie con ottimi personaggi: tutto il resto viene dopo, di conseguenza. Anche per questa ragione il libro scorre così liscio e piacevole, solleticando anche chi della lettura proprio non vuole saperne.

Sinnos, che di solletico al lettore se ne intende eccome, lo colloca non a caso tra I narratori a colori, una collana che propone storie spigliate e ricche di immagini, oltre che stampate con font leggimi e con caratteristiche tipografiche di alta leggibilità. Il lettore a cui Il Cavaliere Saponetta e la terribile strega idealmente si rivolge, che potrebbe essere un bambino dagli 8 anni in su che con la lettura inizia a prendere dimestichezza ma che può ancora facilmente inciampare, viene così stuzzicato con una storia di un certo corpo ma al contempo rassicurato con un’impaginazione gradevolissima e incoraggiante. Perché diventare genitori è un’impresa epica (che si sia o meno Cavalieri Saponetta), ma crescere lettori può non essere da meno!

Tempesta

Instaurare un’amicizia può richiedere tempo. Molto tempo. E insieme al tempo può richiedere pazienza, perché per coltivare una sintonia occorre procedere con cautela, avanzando per tentativi e movimenti talvolta incerti, come in una danza a due improvvisata. E così i due protagonisti di Tempesta – un adorabile cagnolino dal pelo arruffato e una ragazza dai modi gentili – vedono passare più di un giorno prima di potersi avvicinare davvero. Dopo alcuni pomeriggi al parco, popolati di lunghi attese, sguardi e silenzi, sarà un evento inatteso come un forte temporale a dare una svolta al racconto, offrendo ai due protagonisti il pretesto perfetto per darsi finalmente fiducia.

Frutto del lavoro dell’artista cinese Guojing, Tempesta è un albo incantevole che sa rendere tangibili i sentimenti. Il suo gioco attentissimo di inquadrature e punti di vista, distanze e movimenti, rende infatti palpitante l’incontro tra la ragazza e il cagnolino, rendendo chi legge estremamente partecipe. Grazie a immagini dalla potenza silenziosa, quei tramonti malinconici prima e quella notte tempestosa poi, li si avverte sulla pelle, facendo proprio il ventaglio emotivo che muove di pagina in pagina  i protagonisti. Quella che potrebbe apparire come una storia minima, si rivela così oltremodo densa e dilatata, capace di nascondere tra le sue pieghe un autentico tesoro di dettagli e sfumature da cogliere e di cui godere.

Intensissimo e tenero, l’albo di Guojing si presenta come un fumetto senza parole. La sua, infatti, è una scansione in quadri di dimensione variabile che evidenziano minimi passaggi del racconto e rendono molto chiaro cosa accade tra una vignetta e quella successiva. Questa continuità narrativa, unita a uno stile molto realistico, agevola una possibilità di immersione piena e appagante anche da parte di bambini che faticano a compiere inferenze raffinate o a seguire acrobazie stilistiche. L’assenza di parole, dal canto suo, amplia le possibilità di accesso al libro a tutti coloro che trovano un ostacolo nel testo scritto per ragioni legate a disturbi o disabilità come la dislessia o la sordità. Oltre che perché estremamente bello ed emozionante, Tempesta merita dunque un’attenzione particolare per la capacità di abbracciare un pubblico davvero ampio, facendo risuonare corde comuni e profonde.

Un drago per amico

Piero è un raro drago che, lasciata la dimora dei genitori, decide di stabilirsi in una valle popolata dagli uomini. Questi lo accolgono con favore a patto che rinunci a sputare il fuoco. Tutto subito Piero accetta ma si rende ben presto conto che rinunciare alla propria natura non può che portargli tristezza. Sarà l’arrivo di un rigido inverno e la necessità di asciugare la legna del villaggio a restituire al drago il diritto di essere sé stesso e di sfruttare le sue peculiarità in favore della collettività.

Un drago per amico è un libro tattile che si colloca, per almeno due ragioni, al di fuori della più consueta produzione ad uso di giovani lettori con disabilità visiva. La prima è legata al rapporto tra testo e immagini: il testo è infatti molto più lungo del solito e nella stragrande maggioranza dei casi occupa l’intera pagina senza essere affiancato da alcuna figura. Questo fa sì che la storia possa essere un po’ più corposa rispetto agli albi tattili più diffusi e che il target di riferimento sia composto da bambini un po’ più grandi, indicativamente in età scolare. La seconda ragione concerne invece il tipo di illustrazione tattile proposta. Delle poche figure che popolano il libro – sei in tutto – circa la metà non sfruttano la tecnica del collage materica ma prediligono la messa in rilievo puntinata del contorno. Ne risultano illustrazioni dalla decifrabilità piuttosto complessa e talvolta criptica. Al contrario le illustrazioni che sfruttano il collage materico sono molto più basiche e risultano più immediate anche a chi esplori la pagina al tatto.

In definitiva testo e illustrazioni condividono un certo aspetto acerbo che rischia di comprometterne l’attrattiva nei confronti dei lettori. Resta invece interessante la scelta di percorrere una strada nuova, rivolgendosi a un pubblico di lettori spesso trascurati dall’editoria tattile come quelli che iniziano ad affrontare prime letture in autonomia.

Giochiamo con le stagioni

Coltivare pratiche narrative e di lettura con bambini con una disabilità che ne condiziona fortemente l’attenzione e la comprensione può risultare faticoso e complesso, prima di tutto per i bambini stessi e in secondo luogo per chi di loro si occupa. Per questo la pubblicazione di materiali diversificati, anche se privi della forma standard di libro, costituisce spesso una buona notizia e apre delle possibilità altrimenti considerate precluse.

È il caso di Giochiamo con le stagioni edito da Puntidivista: un set composto da due leporelli in cartoncino sottile corredati da diverse figure in feltro che su di essi, a piacere, possono essere attaccate per creare scenari narrativi stimolanti

Ogni leporello è illustrato da entrambi i lati, ciascuno dei quali è dedicato a una diversa stagione. Aperti nella loro lunghezza, i leporelli mostrano uno sfondo che si ripete sempre identico negli elementi chiave – un orto, un trattore, una casa, due alberi e un cespuglio, un bambino, un laghetto e delle montagne in lontananza – ma si caratterizza per una serie di dettagli che evocano una specifica stagione – elementi climatici, colori e prodotti della natura, animali, indumenti e via dicendo. In questo modo si offre al bambino tutta una serie di punti di riferimento e di elementi di prevedibilità che risultano particolarmente apprezzabili da parte di bambini con autismo ma che più in generale possono essere molto efficaci  per un lavoro sulla ciclicità della natura con qualunque bambino in età prescolare .

Disseminati sullo sfondo sono poi presenti dei pezzetti di feltro che consentono di attaccare gli elementi mobili, rendendo così viva la scena e incentivando la creazione e/o la condivisione di piccole soluzioni narrative. Le fragole che crescono, che possono essere messe nel cestino e magari guastate a bordo del camper; il cavallo che galoppa nel recinto, lo salta e se ne va a rosicchiare le mele cadute dall’albero, il pupazzo di neve che viene prima costruito e poi vestito, per esempio, sono solo alcune delle semplici sequenze narrative che possono fare  leva sugli elementi di volta in volta attaccati sul foglio. Ogni scena può essere resa più o meno complessa e più o meno verosimile (se non è la verosimiglianza a interessarmi, posso decidere di attaccare le fragole sull’albero invernale o far finire una barca nell’orto) in base alle esigenze e ai desideri del bambino.

Giochiamo con le stagioni riprende in questo i punti di forza di altri prodotti interessanti della casa editrice Puntidivista, come i quiet book Oggi vado e Oggi divento. La trasformabilità delle pagine, il coinvolgimento attivo del lettore, la manipolabilità degli elementi e il gioco accorto tra ripetizione e cambiamento risultavano infatti particolarmente efficaci nei libri attivi in feltro e tali risultano anche qui, soprattutto nell’ottica di coinvolgere e sollecitare quei bambini che più di altri faticano a seguire o sviluppare un pensiero narrativo.

Versatile, maneggevole e stimolante, Giochiamo con le stagioni è a suo modo un libro-gioco che vale la pena conoscere e sperimentare perché nella sua semplicità offre numerose possibilità di utilizzo.

Il grande libro delle navi

Appassionati di navi di ogni genere, forma e funzione, unitevi: si salpa! Fresco di carpenteria tipografica, Il grande libro delle navi ideato e realizzato da Luogo Comune ed edito da Sinnos propone un minuzioso viaggio tra i diversi tipi di imbarcazioni che nelle diverse epoche, zone geografiche e culture hanno solcato i mari.

A mezza via tra il manuale tecnico, l’enciclopedia e la raccolta di curiosità, Il grande libro delle navi unisce la precisione del primo, la ricchezza della seconda e lo sguardo solleticante del terzo. Le sue pagine presentano brevi testi che raccontano in pochissime e semplici parole le caratteristiche di determinate imbarcazioni e che si accompagnano ad accuratissime immagini dal tratto a pennarello – vere protagoniste dello spazio compositivo – che ne illustrano i dettagli. Opportunamente numerate, queste rimandano a didascalie minime a bordo pagina che riportano il nome preciso, il luogo e il periodo di azione delle diverse navi.

C’è dunque di che perdersi tra navi da carico, pescherecci, case galleggianti e navi pirata. Il punto di forza e di originalità di questo libro sta proprio nel tessere collegamenti non solo tra navi e barche apparentemente molto diverse tra loro ma anche nel creare un ponte galleggiante tra ambiti diversi: dalla storia alla letteratura, dalla geografia all’antropologia. La lettura de Il grande libro delle navi si presta così ad assumere forme, modalità e scopi anche molto differenti tra loro, a seconda di ciò che potrebbe maggiormente catturare l’attenzione del lettore. Come in un viaggio avventuroso a tutti gli effetti, questi può seguire rotte diverse, lasciandosi trasportare dalla corrente o zigzagando qua e là a sentimento.

Supportato da immagini affascinanti e minuziose e da un’impostazione grafica ad alta leggibilità, con font specifico leggimi, sbandieratura a destra e testo poco esteso, il libro di Luogo Comune attira e accoglie il lettore anche con dislessia, attraverso pagine amichevoli che non spaventano ma al contrario chiamano all’immersione.

Dieci piccole volpi

Le vite di Camillo e Beppino sono agli antipodi: benestante e figlio di un potente petroliere il primo, umile e figlio di una coppia venuta da lontano il secondo. Eppure i due, che frequentano la stessa scuola, sono amici per la pelle. Così, quando dei temibili pirati rapiscono Camillo, Beppino non ci pensa due volte e si mette subito a cercarlo, sfidando il pericolo di una ciurma senza scrupoli e la fatica di arrivare alla meta collezionando un indizio dietro l’altro. Ad accompagnarlo c’è un curioso branco di 12 volpi che si rivelano determinanti nel reperire notizie utili al rintracciamento del rapito e nell’aiutare Beppino a dare ai pirati la lezione che si meritano.

Il racconto scritto e illustrato da Cecco Mariniello è avventuroso e serrato quel tanto che basta per tenere desto e sulle spine il lettore, incentivandone l’avanzamento tra le pagine. La ricerca di Camillo procede infatti a ritmo sostenuto e scandito dall’incontro con animali sempre diversi. Questo, unito alla brevità del racconto, alle frequenti e colorate immagini e alle caratteristiche di alta leggibilità tipiche della collana leggimi di Sinnos, fa di Dieci piccole volpi un bocconcino gustoso per bambini alle prime armi con la lettura autonoma, con o senza difficoltà legate alla dislessia.  Cecco Mariniello aggiunge inoltre alla sua storia avvincente uno spunto di riflessione importante sull’amicizia e sulla scuola: la prima si fa infatti  occasione per superare le differenze sociali e la seconda spicca come luogo eletto proprio per coltivare quel superamento.

Non è colpa della pioggia

Cape cod è una tranquilla località di villeggiatura balneare, uno di quei luoghi che stagionalmente cambia volto, i cui residenti si riconoscono dal modo di parlare e dalle caffetterie frequentate. Dalsie, gambe veloci e grande passione per i temporali, è una di loro: vive qui da sempre, cresciuta dai nonni fin da quando, piccolissima, la madre l’ha abbandonata per motivi di dipendenze. In un quartiere in cui tutti si conoscono e le cui storie familiari si intrecciano, Dalsie abita con la nonna e la aiuta con le pulizie alberghiere: lavoro che consente loro di vivere dignitosamente ma non senza qualche preoccupazione. Ogni anno la ragazzina attende con trepidazione l’estate che porta con sé la sua amica storica Brenda con cui da tempo immemore condivide piccoli riti, passioni e giochi.

Un anno, però, Brenda arriva e a sorpresa appare diversa, comportandosi in modo strano: i loro segreti sembrano non interessarle più e alla compagnia di Delsie preferisce quella di una nuova ragazza di nome Tressa tanto sicura di sé quanto prepotente. Dopo qualche goffo e doloroso tentativo di ritrovare il feeling perduto, Delsie fa i conti col fatto che esistono amicizie solide ed altre meno affidabili ma questo scombussolamento emotivo porta a galla altri tormenti interiori, fino ad allora sopiti: quello per l’abbandono della madre, in primis. Sarà l’incontro con un ragazzo nuovo del posto – Ronan – e la rete di sicurezza tessuta negli anni dalla famiglia di Delsie ad accompagnarla nell’occhio di questo ciclone emotivo fino a farle ritrovare una nuova prospettiva da cui godere di un tempo finalmente sereno.

Capace di scavare nei sentimenti con precisione chirurgica ed empatia rara, Lynda Mullaly Hunt ci offre un nuovo romanzo in cui la vita vera scalpita. Dentro Non è colpa della pioggia ci sono infatti le tante sfumature dell’amicizia, la fatica di crescere, i legami di sangue e quelli elettivi: temi cari all’autrice che già vi aveva dedicato attenzione in Una per i Murphy. Ci sono le mancanze e i “cosa avrebbe potuto essere se…”, il coraggio di essere quello che si è e la consapevolezza che non sono gli errori a definirci ma ciò che decidiamo di fare di loro. Quello edito da Uovonero è, insomma, un libro denso e avvincente, con tante cose da dire. Qui si affollano molti interrogativi e qualche risposta in cui i giovani lettori possono trovare rispecchiamento e forse conforto. L’autrice prende infatti di petto questioni che li toccano da vicino, qualunque sia la loro storia, e sa parlare loro con una schiettezza pacata che fa leva su immagini e metafore di grandissima efficacia. Questo, unito alle caratteristiche di alta leggibilità con cui il libro è stampato, ne fa una proposta di grande valore e appeal anche per quei ragazzi che dalla lettura faticano maggiormente a lasciarsi coinvolgere.

Il grande Nate e la lista smarrita

Benvenuto Nate! Protagonista di una serie di smilze avventure investigative marchiate USA di gran successo fin dagli anni ‘70, il personaggio creato da Marjorie Weinman Sharmat è approdato in Italia per i tipi de Il Barbagianni editore. Instancabile divoratore di pancake e serissimo conduttore di indagini taglia mignon, Nate è un tipetto ostinato e acuto, il cui sguardo sagace accompagna piacevolmente il lettore nella raccolta di indizi e nella risoluzione di piccoli misteri di quartiere. A commissionare le indagini sono perlopiù amici e compagni: gli stessi che immancabilmente finiscono nella lista dei sospetti interrogati dall’arguto Nate e dal suo fido segugio Fango!

I libri che compongono la collana offrono occasioni di lettura davvero ghiotte per bambini alle prese con le prime esperienze di lettura autonoma. A renderli perfetti per sostenere lettori poco esperti o con difficoltà di decodifica legate alla dislessia, concorrono non solo le caratteristiche di alta leggibilità (spaziatura, sbandieratura e font Easyreading, nella fattispecie) ma anche una sintassi semplice e lineare, uno stile agile e ironico, illustrazioni praticamente a ogni pagina e uno sviluppo narrativo abbordabile sia nella lunghezza che nella struttura. Il bambino si trova cioè di fronte dei libri che sorridono nella forma e che lo fanno sorridere nel contenuto, libri che fin dallo spessore e dall’aspetto della pagina offrono una sfida di lettura che non pare persa in partenza. La speranza è dunque che i numerosi titoli della collana americana vengano man mano tradotti, così come ad oggi è accaduto per Il grande NateIl grande Nate e la lista smarrita e (a breve) Il grande Nate e la falsa pista.

Il grande Nate è il primo volume della collana. Qui facciamo la conoscenza del protagonista, delle sue passioni e del suo professionalissimo metodo di lavoro. Per la prima volta lo vediamo alle prese con un’indagine: quella volta a scoprire che fine abbia fatto il disegno in cui la sua amica Annie ha ritratto l’amato cane Zanna. Saranno necessari interrogatori, scavi, raccolta di indizi e applicazione della teoria dei colori per scoprire che, come nel celebre racconto di Edgar Allan Poe, la soluzione del mistero può essere più vicina di quel che si creda.

Ne Il grande Nate e la lista smarrita il caso è altrettanto complesso. Claude, che agli smarrimenti non è nuovo, chiede infatti a Nate di aiutarlo a ritrovare la lista della spesa che ha perso. Dove l’abbia perduta e cosa ci fosse scritto Claude non sa dirlo con esattezza e per questo a Nate toccano percorsi a ritrovo, il coinvolgimento di testimoni e deduzioni che richiedono un certo fiuto, in tutte le accezioni del termine. A sorpresa sarà la smodata passione di Nate per i pancake a rivelargli la soluzione del caso regalando al lettore un finale (più o meno) appetitoso!

 

Il grande Nate

Benvenuto Nate! Protagonista di una serie di smilze avventure investigative marchiate USA di gran successo fin dagli anni ‘70, il personaggio creato da Marjorie Weinman Sharmat è approdato in Italia per i tipi de Il Barbagianni editore. Instancabile divoratore di pancake e serissimo conduttore di indagini taglia mignon, Nate è un tipetto ostinato e acuto, il cui sguardo sagace accompagna piacevolmente il lettore nella raccolta di indizi e nella risoluzione di piccoli misteri di quartiere. A commissionare le indagini sono perlopiù amici e compagni: gli stessi che immancabilmente finiscono nella lista dei sospetti interrogati dall’arguto Nate e dal suo fido segugio Fango!

I libri che compongono la collana offrono occasioni di lettura davvero ghiotte per bambini alle prese con le prime esperienze di lettura autonoma. A renderli perfetti per sostenere lettori poco esperti o con difficoltà di decodifica legate alla dislessia, concorrono non solo le caratteristiche di alta leggibilità (spaziatura, sbandieratura e font Easyreading, nella fattispecie) ma anche una sintassi semplice e lineare, uno stile agile e ironico, illustrazioni praticamente a ogni pagina e uno sviluppo narrativo abbordabile sia nella lunghezza che nella struttura. Il bambino si trova cioè di fronte dei libri che sorridono nella forma e che lo fanno sorridere nel contenuto, libri che fin dallo spessore e dall’aspetto della pagina offrono una sfida di lettura che non pare persa in partenza. La speranza è dunque che i numerosi titoli della collana americana vengano man mano tradotti, così come ad oggi è accaduto per Il grande Nate, Il grande Nate e la lista smarrita e (a breve) Il grande Nate e la falsa pista.

Il grande Nate è il primo volume della collana. Qui facciamo la conoscenza del protagonista, delle sue passioni e del suo professionalissimo metodo di lavoro. Per la prima volta lo vediamo alle prese con un’indagine: quella volta a scoprire che fine abbia fatto il disegno in cui la sua amica Annie ha ritratto l’amato cane Zanna. Saranno necessari interrogatori, scavi, raccolta di indizi e applicazione della teoria dei colori per scoprire che, come nel celebre racconto di Edgar Allan Poe, la soluzione del mistero può essere più vicina di quel che si creda.

Ne Il grande Nate e la lista smarrita il caso è altrettanto complesso. Claude, che agli smarrimenti non è nuovo, chiede infatti a Nate di aiutarlo a ritrovare la lista della spesa che ha perso. Dove l’abbia perduta e cosa ci fosse scritto Claude non sa dirlo con esattezza e per questo a Nate toccano percorsi a ritrovo, il coinvolgimento di testimoni e deduzioni che richiedono un certo fiuto, in tutte le accezioni del termine. A sorpresa sarà la smodata passione di Nate per i pancake a rivelargli la soluzione del caso regalando al lettore un finale (più o meno) appetitoso!

 

La nuvola Martina si è persa

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In La nuvola Martina si è persa, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta la nuvola Martina e ritrovare le sue amiche grazie a una tromba speciale, capace proiettare un raggio di luce mentre suona.

La storia della nuvola Martina, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. La nuvola Martina si è persa, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con i pronomi personali. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

 

La talpa Arturo non trova gli occhiali

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

In La talpa Arturo non trova gli occhiali, per esempio, Pepe incontra la talpa Arturo, di pessimo umore perché, avendo perso gli occhiali, continua a inciampare. Per fortuna Pepe sa come aiutarla, tirando fuori dal suo magico zaino proprio quello che fa al caso di Arturo.

La storia della talpa Arturo, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. La talpa Arturo non trova gli occhiali, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con le preposizioni. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

Il leprotto Gustavo ha paura del buio

Pepe è un cane furbo e vivace e ha uno zaino magico che porta sempre con sé. Nel suo zaino c’è un libro di storie da cui trae piccoli racconti, uno per ogni volume che lo vede protagonista.

Ne Il leprotto Gustavo ha paura del buio, per esempio, leggiamo di Pepe che aiuta il suo amico e vicino di casa Gustavo a superare la paura dell’oscurità con un piccolo trucco 100% naturale! Con una lucciola nella stanza, Gustavo inizierà infatti a dormire sonni tranquilli e rilassati.

La storia del Leprotto Gustavo, così come le altre che compongono la collana dedicata al cane Pepe, è evidentemente molto breve, lineare e piacevole, seppur priva di veri e propri guizzi narrativi: caratteristiche che in parte rispondono a un preciso intento, quello di offrire racconti il più possibile fruibili anche da parte di bambini con disabilità uditiva.

Le storie di Pepe sono state confezionate, infatti, con un’attenzione particolare alle difficoltà di lettura dei bambini sordi: difficoltà legate soprattutto al riconoscimento e all’attribuzione di significato a componenti del testo come preposizioni, pronomi, congiunzioni e articoli. Il leprotto Gustavo ha paura del buio, per esempio, si concentra sulla presa di confidenza con le congiunzioni. Difficili da percepire a livello labiale ma anche da riempire di senso poiché prive di un referente concreto, queste particelle del testo tendono infatti a essere trascurate dal giovane lettore sordo, compromettendone l’effettiva comprensione del testo oltre che il piacere della lettura. Alla luce di queste constatazioni, l’autrice ha modellato i testi in modo da dare ampio spazio a tali componenti, ulteriormente valorizzate da una particolare attenzione grafica. Messi in evidenza grazie a caratteri più grandi e colorati, gli elementi testuali critici vengono portati all’attenzione del lettore, invitandolo implicitamente a non trascurarli. In questa cornice, l’aggiunta di giochi-esercizi didattici posta al fondo dei volumi e normalmente discutibile nell’ambito della produzione per l’infanzia che voglia essere veramente libera da una certa pesantezza didattica, risultano funzionali a favorire una reale appropriazione del testo.

Sempre nella medesima ottica, i volumi valorizzano il più possibile la messa in evidenza di correlazioni causa-effetto e l’esplicitazione di frasi idiomatiche – altre criticità in caso di sordità -, privilegiano illustrazioni che dedicano grande attenzione alle espressioni del viso, e rendono evidente l’attribuzione dei dialoghi attraverso un semplice ma ingegnoso espediente. A fianco di ogni battuta compare, infatti, l’icona del personaggio che in quel momento sta parlando: in questo modo il testo non viene gravato e la fluidità di lettura e comprensione ne guadagna. Si tratta in generale di accorgimenti minimi ma significativi, che predispongono un terreno di lettura amichevole e abbordabile non solo per i bambini sordi per cui sono specificamente progettati ma anche per tanti altri bambini che ne condividono le difficoltà pur manifestando altri disturbi o disabilità.

La collana de Le storie di pepe e del suo zaino magico è nata per intuizione dell’autrice Paola Secchi, particolarmente sensibile rispetto alla questione del diritto alla lettura di bambini con disabilità uditiva, ed è cresciuta grazie al coraggio della casa editrice Astragalo, decisa a rispondere a un bisogno poco noto ma molto delicato e importante, e al confronto con Francesca Volpato e Carmela Bertone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzate nello studio del rapporto tra apprendimento linguistico e sordità. La collana lavora concretamente in un’ottica inclusiva anche grazie alle illustrazioni accattivanti dal tratto fumettistico firmate da Simona Capovilla, con la supervisione grafica di Bruno Testa.

 

Camping

Il bello del campeggio è che spesso si trasforma in una vacanza allargata. La vicinanza fisica, la condivisione degli spazi e il favore della vita all’aperto, facilitano l’incontro e la conoscenza tra sconosciuti. Così, dopo un giorno o poco più, i vicini di piazzola paiono amici di sempre e i volti che si incrociano tra le docce e la piscina assumono un tratto decisamente familiare. Allo stesso modo, i personaggi di Camping, che in un campeggio è per l’appunto ambientato, non sono stringono amicizie tra l’inizio e la fine del racconto (rigorosamente privo di parole) ma fin dalla seconda pagina risultano del tutto riconoscibili al lettore.

Dalla famiglia piratesca munita di bandana al nonno baffuto in vacanza col nipote, dal giovane in compagnia di un bel cagnone nero alla famiglia con minuscolo bebè al seguito, ogni figura ritratta da Eilika Mühlenberg è ben caratterizzata e facilmente identificabile nonostante i cambi d’abito che la vita di lago impone. Cercarli e ritrovarli ogni volta che una pagina viene voltata assume così i contorni di un divertimento ricco di soddisfazione. Il lettore è infatti implicitamente invitato a seguire le storie individuali che si sviluppano intorno alla storia principale: quella che vede una folata di vento portare via un grosso coccodrillo gonfiabile, rincorso in ogni angolo del campeggio dagli indefessi proprietari.

Il libro assume così i contorni di un wimmelbuch, anche se le figure che lo compongono appaiono in realtà più grandi del consueto con un effetto forse all’occhio meno brulicante. E come in ogni wimmelbuch che si rispetti, ogni quadro che corrisponde a una doppia pagina è godibile nella sua individualità prima ancora che nella nel suo far parte di una sequenza narrativa. Qui ci si può infatti soffermare a lungo per cogliere dettagli minimi, riconoscere attività note a chi ha già potuto assaporare il campeggio, e magari ipotizzare piccoli risvolti narrativi di singole situazioni dipinte: tutti indugi di cui possono beneficiare anche bambini con maggiori difficoltà – per età o abilità – a godere a pieno della narrazione nella sua complessità e da cui possono derivare incentivi interessanti alla verbalizzazione, anche laddove questa risulti lacunosa.

E come in ogni wimmelbuch che si rispetti, accade anche un’altra cosa speciale: il piccolo si fa grande, sia fuori sia dentro il libro. Da un lato, infatti, i lettori più giovani possono riconoscersi autonomi nella lettura di Camping e possono farsi condottieri in una lettura condivisa con l’adulto. E dall’altro, i particolari e i personaggi apparentemente più minuti e insignificanti del libro, divengono a conti fatti le vere superstar. È il caso degli animali che popolano le pagine – il castoro che vaga per il campeggio, la tartaruga che accompagna l’uomo in rosso o l’anatra che si atteggia a cliente abituale, per esempio – o del mitico nanetto da giardino che tutto pare fuorché inanimato. Sono loro, infatti, gli attori più curiosi del libro, quelli che vien subito voglia di cercare e che, anche grazie alle ridotte dimensioni, richiedono un occhio più attento che mai. Le loro storie mignon salgono così alla ribalta mostrando bene come il baricentro di lettura di un silent book come Camping sia mobile e si calibri sul singolo lettore, accogliendone con una certa flessibilità le specifiche esigenze.

Fiori di città

Il potere inclusivo di un silent book, la scansione ritmata di un fumetto, il dinamismo coinvolgente di un’animazione: Fiori di città è un albo ricco e bellissimo, capace di attraversare linguaggi diversi, coglierne le rispettive cifre e impastarle in una narrazione originale e dai molteplici livelli di lettura.

Protagonista del libro firmato da JonArno Lowson e Sydney Smith è una bambina ripresa tra le strade di città nel suo tragitto verso casa. Avvolta in un grazioso giacchetto rosso, la bambina spicca su uno sfondo perlopiù in bianco e nero con una vivacità cromatica che riflette una pari vivacità di sguardo. Mentre l’adulto – presumibilmente il papà – che la accompagna appare infatti un po’ distaccato e mosso da una certa fretta, la bambina presta minuziosa attenzione alle sorprese che il paesaggio urbano può offrire.

È un’esplorazione piacevolmente meravigliata la sua, disseminata di incontri che solleticano i diversi sensi, che richiedono minime pause e che non mancano di regalare un piccolo tesoro. Tra la curiosità per un tatuaggio vistoso, il dialogo muto con un gatto in vetrina, il fascino segreto per una statua orientale, la piccola coglie qua e là i fiori che spuntano dal marciapiede o dai muri, confezionando un delizioso mazzetto che man mano e con spontanea generosità distribuisce tra le diverse creature che incontra: piccioni defunti, signori addormentati sulla panchina, cani al guinzaglio e infine genitori e fratelli. I fiori che raccoglie diventano così minuscoli e potenti omaggi alla vita, in tutte le sue sfumature e componenti (morte compresa), e proprio man mano che essi vengono condivisi, il paesaggio riacquista colore restituendo alla quotidianità una bellezza semplice che merita di essere riconosciuta.

L’uso che l’illustratore fa del colore è in questo senso davvero straordinario. Il progetto cromatico che anima il libro evidenzia infatti il focus delle diverse scene, ciò che cattura l’attenzione della bambina e che fa muovere il racconto, suggerisce affinità di spirito tra i personaggi e dà voce a una dimensione emotiva in continua evoluzione. Supportato da un impiego altrettanto efficace di zoom, inquadrature, ombre e riflessi, rende la narrazione estremamente ricca e concorre a guidare con discrezione il lettore nella decodifica delle immagini. Dense di senso e sfumature che non necessitano di testo per affiorare, le illustrazioni di Fiori di città si prestano a offrire un’occasione di lettura piena e appagante anche a tanti lettori le cui difficoltà di decodifica della parola scritta – legate per esempio alla dislessia o alla sordità – non inficiano in alcun modo le abilità cognitive e immaginative. D’altro canto, i passaggi molto lineari da un quadro all’altro consentono anche a ragazzi che più facilmente si smarriscono di fronte alla necessità di compiere inferenze, di avventurarsi in questa speciale esplorazione urbana al fianco della bambina protagonista. Moderna Cappuccetto Rosso in un bosco di città,  questa ci svela che lo scostamento dalla via più dritta vero casa non porta solo pericoli ma anche doni di rara bellezza.

Passeggiata col cane

Metti che un bambino porti a spasso il cane: aggancia il pelosone al guinzaglio, saluta la nonna e si avvia per la viuzza di paese. Tutto nella norma, il giretto si prospetta ordinario. Ma poi… ma poi il bambino sale su un trenino che sbuffa denso fumo grigio e sale lungo binari verticali e lì ti accorgi che la sua Passeggiata col cane probabilmente sarà tutto tranne che nella norma e ordinaria.

A partire dalla seconda pagina del silent book firmato da quel visionario di Sven Nordqvist, infatti, il viaggio del bambino e del suo gigante di pelo bianco, prende direzioni inattese e insieme a loro ci si trova catapultati in mondi stupefacenti che mettono letteralmente in discussione ogni certezza sulla realtà e sulla sua rappresentazione. Tutto, tutto, ma proprio tutto ciò che i due protagonisti incontrano manifesta uno scarto rispetto al reale: nell’aspetto, nelle dimensioni, nelle proporzioni, nelle funzioni, nei ruoli, o nell’osservanza delle leggi fisiche. Ricci giganti al guinzaglio di anziani barbuti, jazziste mastodontiche che allietano cagnolini, caprette che trasportano cartonati di nobili settecenteschi, animali fantastici che sparano con le cerbottane, topi che colgono mirtilli in sella a libellule o ometti a bordo di baguette non sono che la centesima parte delle invenzioni messe su carta dall’autore svedese secondo una logica interna sottile, decisamente sfuggente, ma tutt’altro che assente.

Il lettore ha quindi il suo bellissimo da fare nel cogliere e nel godere di questo scarto, capace di generare una continua sorpresa. Ma come se questa carica inventiva non bastasse, l’autore ne moltiplica l’effetto distribuendo le sue figure stranianti e strabilianti all’interno di quadri affollatissimi che pullulano letteralmente di dettagli. Ogni pagina è piena e densissima ma non si trova nemmeno un centimetro che sia riempito a caso, con un mero scopo decorativo. E questo mette il lettore in una posizione impegnativa ma esaltante, sollecitato senza posa a notare, scoprire e mettere in relazione elementi, lasciandosi travolgere da tanta ingegnosa bellezza. E ancora: scene e personaggi sottendono decine di citazioni popolari e colte che spaziano dall’arte alla letteratura, dal cinema alla storia, il che amplifica quella sensazione di tensione continua tra familiare ed estraneo che avvolge il lettore a lo porta perdersi e ritrovarsi più e più volte.

Alla luce di questo, leggere Passeggiata col cane diventa un’esperienza da capogiro. La sfida costante al riconoscimento e al discostamento da una realtà nota, il brulicare di figure, la fitta trama di rimandi interni ed esterni al libro e la surrealtà poetica delle diverse situazioni dipinte chiedono a gran voce un tempo lento di esplorazione e un numero di letture che non può essere uguale a uno per dirsi pienamente soddisfatto. E questo concorre a rendere il libro un amico straordinario con il quale dialogare a fondo e a lungo, senza mai esaurire domande e ipotesi narrative.

L’assenza di testo, in questo senso, appare più che calzante e sostiene al meglio il personalissimo viaggio di ogni lettore. Difficile è, infatti, immaginare parole che non siano briglia per una tale ricchezza visiva e per l’inafferrabile mistero che la anima, la cui interpretazione è tacitamente rimessa e anzi incoraggiata alla fantasia di ciascuno. Ogni angolo di Passeggiata col cane suggerisce la latenza di microstorie autonome o connesse tra loro che possono prendere direzioni molto diverse in base alla sensibilità, al bagaglio culturale e all’immaginazione di chi vi si pone di fronte. Ecco allora che il volume, di per sé meraviglioso e irresistibile, appare ancor più prezioso per tutti quei lettori che vedono nel libro un potenziale nemico essenzialmente perché faticano di fronte allo scritto ma che nelle figure e nelle storie da esse veicolate, anche quelle più complesse e sovversive rispetto al reale, riconoscono una possibilità di immersione appagante. Anche e soprattutto per loro, Passeggiata con il cane, con la sua esplosione caleidoscopica di mini-narrazioni dipinte, dice microscopicamente bene che il piacere della lettura può anche essere molto silenzioso.

Io non sono sola

Giulia ha poco più di una manciata d’anni ma di una cosa è già più che certa: “Quando i grandi vi rispondono “Vediamo”, stanno solo prendendo tempo prima di rifilarvi un bel… NO”. La convinzione, maturata nel tempo a suon di cuccioli e maschere di carnevale richiesti e mai ottenuti, attende l’ennesima scontata conferma ora che Giulia ha appena avuto una sorellina – Anita – e che tutta in famiglia sembra ruotare intorno a lei. “Vediamo”, è infatti la risposta della mamma quando Giulia le chiede speranzosa se per Natale andranno comunque in montagna, come di consueto, insieme a Giulia, a Toni e alle loro famiglie. È un appuntamento che Giulia aspetta tutto l’anno ma… Vediamo, perché la mamma deve riposare, Anitina ha un mucchio di esigenze, in montagna fa troppo freddo per un neonato… insomma, la solfa è nota. E così Giulia, indispettita da questa prospettiva, inizia a vedere non troppo di buon occhio quella sorellina inattesa, complici anche tutti quegli adulti che non la piantano di ripeterle quanto debba essere contenta di non sentirsi più sola. Sarà un Vediamo dall’esito insospettabile ad aprire, per Giulia, una possibilità di considerare la piccola Anitina con sguardo più conciliante e di scoprire che per apprezzare la compagnia di qualcuno non si ci deve necessariamente prima sentire soli.

Io non sono sola è un racconto breve adatto a bambini che iniziano a mollare un po’ da soli gli ormeggi della lettura. Ironico e a tratti impertinente, il testo di Mila Venturini risulta godibile ben al di là della questione della nascita di un fratellino che più che un tema appare qui come un motore narrativo. Supportato da illustrazioni frequenti, sorridenti e capaci di restituire la disordinata complessità di pensiero e di azione dell’infanzia, Io non sono sola può contare inoltre su caratteristiche di alta leggibilità che lo rendono una lettura più amichevole anche in caso di dislessia.

La torre fantasma

Ci vuole fegato per avventurarsi nei dintorni della Torre Fantasma. E ancor di più ce ne vuole per farlo di notte. La torre è infatti un luogo spettrale e diroccato che da tempo immemore incombe, ben piantata in cima alla collina, sul villaggio in cui vivono Ryan e Meg. Ma ai due amici il fegato non manca – quantomeno a Meg, Ryan perlopiù si adegua per non sfigurare – e così una sera, al calar della notte, i due decidono di sgattaiolare fuori di casa e andare a caccia di fantasmi nei pressi della torre. Quello che nasce come un gioco si trasforma ben presto in qualcosa di serio e importante, che richiede ai due protagonisti un grande impegno civico in prima persona. Le esplorazioni notturne di Ryan e Meg saranno infatti determinanti per convincere il Comune a non abbattere la Torre, preservandone così il prezioso (ed enigmatico!) contenuto e con esso il suo elettrizzante alone di mistero.

Smilzo e intrigante, La torre fantasma propone un racconto breve e facilmente abbordabile anche da parte di lettori riluttanti o con maggiori difficoltà di lettura fluida. Serrato nel ritmo e nei dialoghi, il testo di Gillian Cross presenta caratteristiche di alta leggibilità che coinvolgono sia l’aspetto tipografico, con font biancoenero, spaziatura maggiore e sbandieratura a destra, sia quello sintattico, con frasi perlopiù brevi e brevissime, struttura prevalentemente lineare, dialoghi attribuiti esplicitamente e lessico quotidiano.

Cibo, ragazze e tutto quello che non posso avere

Se l’estate dei suoi 15 anni avessero detto a Andy che giusto qualche mese più tardi sarebbe diventato un campione popolare di football, circondato di amici e capace di chiedere a una ragazza di uscire, a stento avrebbe potuto crederci. Abituato a fare di tutto pur di non farsi notare – cosa piuttosto difficile visti i suoi 140 kg – e a mantenere un basso profilo per evitare prese in giro e bullismo, il protagonista del bel romanzo di Allen Zadoff si considera lontano anni luce dalla possibilità di cambiare il suo modo di guardarsi e di essere guardato. E invece qualcosa di inaspettato succede nella sua vita, scolastica e non. Complici il desiderio di far colpo su April e un posto vacante nel ruolo di centro nella squadra della scuola, Andy inizia ad allenarsi con O. e gli altri ragazzi del football, sperimentando la carica dello spirito di squadra, l’ebrezza della notorietà e il coraggio che può venire dalla loro combinazione E poco importa se una serie di incontri e opportunità apparentemente fuortuiti si rivelano essere precise mosse di un piano di cui Andy non è che una pedina. A lui spetterà comunque il guadagno più grande: la spinta necessaria a uscire dalla propria comfort zone, una maggiore capacità di ascoltarsi e una consapevolezza del tutto nuova di sé. Esattamente quello che gli serve per chiedersi chi davvero voglia essere e come possa diventarlo.

Straordinariamente vicino alle frequenze adolescenziali, Cibo, ragazze e tutto quello che non posso avere è un romanzo young adult che sa muoversi con grande naturalezza tra la leggerezza frivola di questa età e la pesantezza granitica dei cambiamenti che essa reca con sé.  Molto credibili nei pensieri e dei dialoghi, Andy e i personaggi che lo circondano – dai genitori in crisi, alla sorella con abitudini alimentari opposte alle sue, dall’amico storico con cui condivide le simulazioni ONU alla variegata gamma di compagni di scuola – danno vita a una storia tanto coinvolgente quanto capace di sedimentare. Scorrevole e ben ritmato, oltre che stampato con le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono la produzione di Biancoenero, il romanzo di Allen Zadoff sembra cucito apposta per incentivare la lettura anche da parte dei ragazzi meno motivati o con difficoltà legate alla dislessia. Carta vincente, in questo senso, è l’invidiabile ironia che l’autore regala al suo protagonista, rendendolo immediatamente familiare e capace di restituire vissuti complessi senza cedere di un millimetro al vittimismo.

Il sogno di Martin

Ci sono figure storiche la cui forza, il cui carisma e la cui storia sono a dir poco ammalianti ed emblematici, e che in quanto tali meritano di arrivare alle orecchie e all’immaginario dei ragazzi. A loro dedica un’attenzione speciale una collana di biografie proposta da Coccole Books e curata da autori diversi: una collana che ha il pregio di mettere in luce il lato squisitamente umano di personaggi che potrebbero apparire distanti dai più giovani, anche solo per ragioni anagrafiche, e che invece approdano su carta con tutta la loro iconicità. Si va da Gianni Rodari a Wangari Maatha, da papa Francesco a Muhammad Alì: profili, esperienze e contesti molto variegati e di grande impatto.

Tutti i volumi che ne fanno parte presentano il font ad alta leggibilità Testme di più agevole lettura anche in caso di dislessia.

Uno di questi volumi – Il sogno di Martin – è dedicato alla figura di Martin Luther King. Il simbolo della lotta pacifica contro il razzismo e per l’uguaglianza dei diritti viene ritratto attraverso alcuni momenti particolarmente significativi della sua vita: da quando ancora ragazzo si ribella a un episodio di discriminazione razziale sul bus a quando vince il premio Nobel per la pace, da quando riesce a portare a Washington 250.000 persone e pronuncia il suo celebre discorso a quando viene ucciso a Memphis in una delle fasi più delicate della sua battaglia non-violenta.

Il libro di Dino Ticli non propone una fotografia dettagliata e puntigliosa dell’intera biografia di Martin Luther King ma preferisce concentrarsi su alcuni momenti, ben scelti e descritti, capaci di restituire ciò che più conta: la forza rivoluzionaria delle sue idee, il valore morale delle sue scelte, la capacità rara di contagiare positivamente le persone intorno a sé così da rendere la lotta indipendente dalla sua figura. E in questo senso appare efficace e apprezzabile la scelta fatta dall’autore di intervallare gli episodi narrati con altrettanti racconti che vedono dei protagonisti diversi dal pastore di Atlanta, distanti da lui sia temporalmente sia geograficamente, ma profondamente vicini ai suoi insegnamenti o capaci di farci cogliere l’estrema attualità e trasversalità di questi ultimi. C’è, per esempio, la storia di Sankar, che in India si mobilità per cambiare il suo destino e quello di tanti bambini del luogo, dalit come lui; c’è la storia di Aziz che sperimenta sulla sua pelle come l’odio tra israeliani e palestinesi vacilli se messo alla prova degli affetti personali; e c’è la storia di Azibo che dall’Africa riesce ad arrivare in Italia, dopo un viaggio terrificante in cui l’umanità appare soffocata e calpestata in molti modi.  Storie multiformi e diversissime con un comune denominatore: la consapevolezza che la battaglia per i diritti non si è interrotta a Memphis nel 1968, che tanta strada ancora e in tanti luoghi c’è da fare e che la forza di una figura come Martin Luther King sta proprio in un messaggio che ha germogliato ovunque e ancora continua a germogliare.

Se la scelta di Dino Ticli complica un poco, da un lato, il compito del lettore di seguire lo sviluppo narrativo, ha dall’altro il merito di rendere omaggio al protagonista del libro, nella maniera più fedele possibile al messaggio da questi lanciato e difeso a costo della vita.

Fiori!

Colori vivissimi, forme essenziali, tratto scarabocchiato: Fiori! Forme! dichiarano a gran voce la loro gioiosa tulletitudine! La cifra di Hervé Tullet è infatti inconfondibile tra le pagine a leporello di questi due cartonati sgargianti che invitano mani e occhi curiosi a un’esplorazione multiforme.

Il primo – Fiori! – presenta da un lato e dall’altro del leporello una sequenza di fiori variegati nelle forme e nei colori. A tutta pagina e su sfondo bianco, questi sono contraddistinti da forme minime e tratti diversi: punti, cerchi, linee sottili o contorni spessi. Al centro di ciascuno, fatto salvo per il fiore in chiusura che contiene uno specchio, si trova un foglio spesso di plastica colorata e semitrasparente che trasforma una piacevole carrellata floreale in un’occasione stupefacente di scoperta e sperimentazione tattile, cromatica e luminosa.

Con effetti analoghi con principi compositivi differenti, Forme! propone una sequenza di pagine con motivi a righe colorate su sfondo bianco da un lato e pagine a sfondo multicolore dall’altro. Giocate sui tre colori primari, le pagine presentano intagli geometrici sempre diversi per posizione, dimensione e forma – tondi, quadrati, rettangolari e romboidali – che offrono alle piccole dita pertugi perfetti per una perlustrazione curiosa, per inquadrature insolite di panorami, oggetti e persone, per giochi di combinazione e sovrapposizione e per creazioni suggestive di ombre.

Parola d’ordine: libertà. Fiori! e Forme!, più ancora di altri libri di Tullet che già favorivano una dinamica ludica, offrono al lettore un invito a interagire in maniera assolutamente svincolata, attiva e personale con gli stimoli offerti dai volumi. Non solo questi non prevedono né parole né tracce narrative vere e proprie, ma presentano una struttura fisica che li predispone a una lettura imprevedibile e giocosa, all’interno della quale sono l’intraprendenza, la curiosità e le scelte del lettore – dove il libro viene collocato, in che posizione ci si sistema per leggerlo, se la lettura avviene in solitaria o in compagnia e così via… –  a fare la differenza, a modificare il contenuto, a dare vita a possibilità diverse.

E questo li rende particolarmente preziosi anche per un pubblico con disabilità, cognitiva o comunicativa soprattutto, che può trovare nei libri tradizionali una rigidità di fruizione scoraggiante. Grazie anche alla solidità garantita dalle pagine cartonate e dalla struttura a leporello, che consentono ai libri di reggersi in piedi senza alcun supporto, Fiori! e Forme! restituiscono un valore speciale all’autonomia di lettura, facilitata anche in caso di difficoltà di sfogliatura, e alla possibilità di prendersi un tempo proprio in cui lasciarsi sorprendere dalle scoperte che l’incontro con le pagine può generare.

Cosa succede se le pagine di Fiori! incontrano la luce diretta del sole? E se due trasparenze colorate si sovrappongono? E cosa accade, invece, se si guarda un oggetto attraverso le fustellature di Forme!? E se si lascia che esse generino un’ombra? Ogni volume racchiude domande segrete e indefinite, non scritte e non poste, che sta al bambino decidere se indagare, in base a quel che l’esplorazione visiva e tattile gli suggerirà. Molto vicini nel concept a quella meraviglia progettuale che è Coucou di Lucie Félix,  edito  in Francia da Les grandes Personnes, Fiori! e Forme! imboccano un sentiero proprio, forse meno orientato ad attivare una relazione tra due lettori o tra un lettore e un mediatore e più propenso a solleticare l’interazione con le pagine stesse e con l’ambiente circostante.

Fori e trasparenze fanno leva sulla semplicità delle forme e dei colori, favorendo così un’indagine spontanea e poco condizionata, capace di rispondere a bisogni di complessità differenti. Non a caso i due libri, che certo nascono per soddisfare le esigenze di lettura di bambini piccolissimi – anche al di sotto dell’anno di età – risultano assolutamente irresistibili anche per bambini decisamente più grandi, per esempio di età prescolare.

Forme!

Colori vivissimi, forme essenziali, tratto scarabocchiato: Fiori! Forme! dichiarano a gran voce la loro gioiosa tulletitudine! La cifra di Hervé Tullet è infatti inconfondibile tra le pagine a leporello di questi due cartonati sgargianti che invitano mani e occhi curiosi a un’esplorazione multiforme.

Il primo – Fiori! – presenta da un lato e dall’altro del leporello una sequenza di fiori variegati nelle forme e nei colori. A tutta pagina e su sfondo bianco, questi sono contraddistinti da forme minime e tratti diversi: punti, cerchi, linee sottili o contorni spessi. Al centro di ciascuno, fatto salvo per il fiore in chiusura che contiene uno specchio, si trova un foglio spesso di plastica colorata e semitrasparente che trasforma una piacevole carrellata floreale in un’occasione stupefacente di scoperta e sperimentazione tattile, cromatica e luminosa.

Con effetti analoghi con principi compositivi differenti, Forme! propone una sequenza di pagine con motivi a righe colorate su sfondo bianco da un lato e pagine a sfondo multicolore dall’altro. Giocate sui tre colori primari, le pagine presentano intagli geometrici sempre diversi per posizione, dimensione e forma – tondi, quadrati, rettangolari e romboidali – che offrono alle piccole dita pertugi perfetti per una perlustrazione curiosa, per inquadrature insolite di panorami, oggetti e persone, per giochi di combinazione e sovrapposizione e per creazioni suggestive di ombre.

Parola d’ordine: libertà. Fiori! e Forme!, più ancora di altri libri di Tullet che già favorivano una dinamica ludica, offrono al lettore un invito a interagire in maniera assolutamente svincolata, attiva e personale con gli stimoli offerti dai volumi. Non solo questi non prevedono né parole né tracce narrative vere e proprie, ma presentano una struttura fisica che li predispone a una lettura imprevedibile e giocosa, all’interno della quale sono l’intraprendenza, la curiosità e le scelte del lettore – dove il libro viene collocato, in che posizione ci si sistema per leggerlo, se la lettura avviene in solitaria o in compagnia e così via… –  a fare la differenza, a modificare il contenuto, a dare vita a possibilità diverse.

E questo li rende particolarmente preziosi anche per un pubblico con disabilità, cognitiva o comunicativa soprattutto, che può trovare nei libri tradizionali una rigidità di fruizione scoraggiante. Grazie anche alla solidità garantita dalle pagine cartonate e dalla struttura a leporello, che consentono ai libri di reggersi in piedi senza alcun supporto, Fiori! e Forme! restituiscono un valore speciale all’autonomia di lettura, facilitata anche in caso di difficoltà di sfogliatura, e alla possibilità di prendersi un tempo proprio in cui lasciarsi sorprendere dalle scoperte che l’incontro con le pagine può generare.

Cosa succede se le pagine di Fiori! incontrano la luce diretta del sole? E se due trasparenze colorate si sovrappongono? E cosa accade, invece, se si guarda un oggetto attraverso le fustellature di Forme!? E se si lascia che esse generino un’ombra? Ogni volume racchiude domande segrete e indefinite, non scritte e non poste, che sta al bambino decidere se indagare, in base a quel che l’esplorazione visiva e tattile gli suggerirà. Molto vicini nel concept a quella meraviglia progettuale che è Coucou di Lucie Félix,  edito  in Francia da Les grandes Personnes, Fiori! e Forme! imboccano un sentiero proprio, forse meno orientato ad attivare una relazione tra due lettori o tra un lettore e un mediatore e più propenso a solleticare l’interazione con le pagine stesse e con l’ambiente circostante.

Fori e trasparenze fanno leva sulla semplicità delle forme e dei colori, favorendo così un’indagine spontanea e poco condizionata, capace di rispondere a bisogni di complessità differenti. Non a caso i due libri, che certo nascono per soddisfare le esigenze di lettura di bambini piccolissimi – anche al di sotto dell’anno di età – risultano assolutamente irresistibili anche per bambini decisamente più grandi, per esempio di età prescolare.

Coucou (Francia)

Quando si parla di libri accessibili, si pensa principalmente a libri che rendono il testo e/o le immagini fruibili anche in caso di disabilità: libri che presuppongono, cioè, la presenza di una storia – raccontata con parole e/o con illustrazioni – e la possibilità di allargarne l’accesso a un pubblico più ampio grazie all’adozione di diversi codici, adattamenti strutturali o accorgimenti di stampa. Questo lascerebbe pensare che laddove non ci sia una storia non abbia senso parlare di libro e tantomeno di lettura accessibile, ma i libri-gioco ci hanno da tempo insegnato che questa visione non è del tutto esaustiva. Esistono infatti libri che richiedono di essere agiti per essere soddisfatti, che richiedono di mettere in campo modalità di interazione con la pagina differenti, che mettono in discussione l’essenzialità del testo o delle immagini per dare vita a un qualche tipo di narrazione. Quest’ultima può nascere insomma su iniziativa del lettore, a partire da una serie di stimoli offerti dal libro, può dipanarsi e compiersi in una forma che risulta più fisica del consueto.

Esattamente in questo filone e nel centro di questa riflessione piomba nel 2018 un libro straordinario pubblicato dall’editore francese Éditions des Grandes Personnes. Il libro si intitola Coucou ed è frutto dell’intelligente e visionario lavoro della progettista Lucie Félix. Realizzato in forma di leporello in cartone abbastanza spesso da reggersi agevolmente in piedi da solo, il libro si compone di 6 pagine, da un lato su sfondo bianco e dall’altro su sfondo nero. Ciascuna è contraddistinta da poche e semplicissime forme geometriche intagliate e riempite di un foglio di plastica trasparente o colorata, a tinta unita o con motivi elementari (puntini o righe). Così realizzato, Coucou si presta a molteplici possibilità d’uso: possibilità all’interno delle quali il movimento e la posizione – del libro e/o del lettore – costituiscono delle variabili interessanti. Coucou può solleticare osservazioni e scoperte variegate che coinvolgono giochi di luce, sovrapposizioni di forme e colori, contorni da seguire col dito. Può farsi rifugio, percorso, cornice e filtro, in un gioco che può rinnovarsi senza posa da una volta all’altra.

Come evocato dal titolo stesso, Coucou è un invito a una sorpresa da condividere, una rivisitazione di un gioco intramontabile da cui scaturisce una minuscola magia, che qui si arricchisce di nuove e sorprendenti sfumature. Attraverso il libro di Lucie Félix è possibile e bello cercarsi, guardarsi, scoprirsi e riscoprirsi. È possibile fare tutto questo e farlo in molti modi, nessuno dei quali codificato. Coucou si presenta dunque, prima di tutto come un preziosissimo strumento di relazione: un mediatore versatile e gioioso grazie al quale tessere sottilissimi fili personali e instaurare un legame anche laddove sembrerebbe complicato. Pensiamo per esempio ai bambini con disabilità grave, comunicativa, intellettiva e/o motoria, rispetto ai quali l’editoria parrebbe perlopiù offrire opportunità inservibili. Anche in questi casi un libro progettato in maniera così fine, minimale ed eclettica come Coucou può aprire delle possibilità, schiudere degli spiragli. Chiave di questo delicato processo è senz’altro la scelta e l’uso accorto di figure essenziali: cerchi, quadrati, rettangoli e via dicendo. Forme e non oggetti, insomma, che possono più agevolmente essere riempite di contenuto e di significato, diventando vive proprio grazie alla dinamica ludica e relazionale che attivano.

Se Coucou è dunque un libro speciale per molte ragioni, questa capacità di offrire una base per costruire una comunicazione intima anche in situazioni di difficoltà più marcata lo rende particolarmente prezioso e ne fa un autentico esercizio di libertà. Per tutti.

Miracolo tra i ghiacci

Quella di Miracolo tra i ghiacci è la storia di un amore impossibile: l’amore tra un orso polare e una foca, che di norma dell’orso potrebbe essere lo spuntino. Ma l’orso in questione è in fondo un romanticone che osserva assorto il tramonto e che, innamoratosi della bella preda, resiste alla fame pur di poter stare con lei. Ma la natura ha le sue regole e per quanto si sforzi, l’orso sa di doversi allontanare dalla sua amata per evitare, prima o poi, di cedere al bisogno di cibo. Servirà una piccola magia del cielo, che pare venire da un misterioso pulcinella di mare seduto comodo sulla luna, a rendere possibile il piccolo prodigio e a regalare un lieto fine a una storia apparentemente irrealizzabile.

Ideale per romantici e paladini dell’amore ad ogni costo, Miracolo tra i ghiacci si contraddistingue per una storia con parecchio zucchero, illustrazioni non troppo elaborate che privilegiano le tinte chiare e un testo che celebra i sentimenti. Quest’ultimo si presenta composto da frasi anche piuttosto articolate e supportato visivamente dall’uso di simboli WLS, impiegati in maniera molto dettagliata in traduzione di singoli elementi lessicali. Ne risulta una lettura mediamente impegnativa, adatta a bambini non alle primissime armi con l’approccio ai simboli.

Tombili il gatto in posa da re

All’inizio degli anni 2000, per le strade di Istambul gironzolava (poco) e poltriva (molto) una celebrità a quattro zampe: il gatto Tombili. Amato e benvoluto da tutti i residenti e i turisti, soprattutto per via della caratteristica posa da pascià che soleva assumere sul marciapiede, il gatto è stato omaggiato nel 2016 con una statua piazzata e inaugurata nel quartiere di Ziverbey della città turca.

La storia di Tombili è curiosa e fa sorridere e anche per questo, forse, l’autrice Valentina Ponti ha pensato di dedicarvi un libro. Pubblicato da Homeless Book, Tombili, il gatto in posa da re ha una struttura in rima che rende il testo cadenzato e una traduzione in simboli che ne amplia le possibilità di fruizione anche da parte di bambini con difficoltà di decodifica e comprensione del testo. Qui si racconta della passione sfrenata di Tombili per cibo e manicaretti e del suo tentativo di ottenerne a bizzeffe in cambio di una corona d’oro trovata per strada. Chef e cuochi non paiono tuttavia interessati allo scambio. Sarà invece l’incontro con un bambino dallo sgargiante turbante arancione a cambiare radicalmente la sorte del gatto e a farle prendere una piega a tutti gli effetti regale.

Composto secondo il modello in-book, il libro richiede una discreta dimestichezza con la lettura dei simboli. Questi vengono infatti impiegati a supporto visivo dei singoli elementi del testo, compresi per esempio articoli e preposizioni, e risultano completi di qualificatori di numero e di genere. La struttura in rima, che vincola talvolta le scelte sintattiche, e la ricerca lessicale, arricchita non di rado di vocaboli non scontati, concorrono a loro volta a dare vita a un testo dinamico e di media complessità. Piacevole e fresco, il racconto si sposa bene con le illustrazioni semplici ma allo stesso tempo accattivanti e spiritose di Piki che regalano un tocco vivace al libro.

Buh!

Tre maiali in fuga e un lupo affamato: fin dalla copertina, il richiamo di Buh! alla storia dei tre porcellini è chiaro, chiarissimo. Eppure chi pensa di trovare tra queste pagine cartonate l’ennesima versione della nota fiaba si sbaglia di grosso. I personaggi sono sì gli stessi ma ciò che li attende è davvero inatteso, soprattutto se si considera che l’autore di Buh!  – il francese François Soutif – interpreta con grande maestria la preziosa lezione di Susy Lee circa la possibilità di trasformare le componenti fisiche del libro in una parte integrante della storia.

Non a caso, infatti, l’autore distingue fin da subito cromaticamente la pagina in cui compare il lupo già munito di posate e bavaglio a quadri (a sfondo arancione) da quella giusto a fianco che ospita i porcellini intenti a scappare (a sfondo giallo). La distinzione, apparentemente poco significativa, rivela tutta la sua forza narrativa poco più avanti, quando il lupo, quasi arrivato ad agguantare le sue prede, si schianta inaspettatamente contro la linea che separa le due pagine. Quello schianto è un colpo di scena è 360°: lo è per il lupo, che si ritrova dolorante e senza qualche dente; lo è per i porcellini, che si voltano indietro increduli e stupiti; e lo è per il lettore, abituato al fatto che una doppia pagina di questo tipo costituisca un continuum senza interruzioni (come ci insegna, per l’appunto, Suzy Lee in quel saggio meraviglioso che è La Trilogia del limite).

Giusto il tempo di riprendersi dalla sorpresa e il racconto avanza: il lupo cerca disperatamente di capire come funzioni quel muro invisibile e peraltro invalicabile solo per lui, mentre i porcellini si dilettano a schernire lui e i suoi fallimentari tentativi di oltrepassamento.  Il lettore, dal canto suo, condivide per diverse pagine gli interrogativi col primo e il divertimento con i secondi. Ma poi il lupo sembra avere un’intuizione: se il confine di pagina è un muro, forse la pagina stessa può avere le stesse proprietà. E così, scala alla mano, mette in atto un piano ingegnoso e inatteso, capace di regalare nuova carica narrativa all’inseguimento e all’albo che lo contiene!

Dinamicissimo, ironico e sorprendente, Buh! … Forte di personaggi ben riconoscibili, di illustrazioni senza fronzoli che ad essi esclusivamente si dedicano e di una felice capacità dell’autore di rendere evidenti sentimenti e pensieri dei protagonisti, il libro si presta a letture molto godibili anche da parte di lettori piuttosto piccoli, dai tre anni in poi. L’assenza di testo, dal canto suo, oltre ad ampliare la platea dei possibili fruitori – sia per età che per abilità di decodifica – amplifica l’effetto piacevolmente spiazzante di una narrazione che gioca con la fisicità del volume.

Il regalo magico

Chi non ha mai desiderato di far scomparire dalla propria vista – temporaneamente, si intende! – una persona antipatica, furiosa o sgradevole? La prospettiva è in effetti allettante, tant’è che, invitata da uno zio un po’ inventore e un po’ mago a scegliere un regalo speciale per il suo compleanno, Costanza chiede in dono una pila a buioni, particelle appena scoperte che trasformano la luce in buio. Detto fatto: proprio il giorno della sua festa la bambina riceve dallo zio Vanni l’oggetto desiderato, capace di rabbuiare fino al successivo click la persona o la cosa verso cui viene puntata. Incredula e felicissima, la bambina si gode grazie alla pila ambìti momenti di pace e tranquillità. Fino al giorno in cui qualcosa va storto e la pila finisce in mille pezzi, non prima però di aver fatto prendere un discreto spavento a Costanza che l’aveva appena puntata contro il fratellino urlante!

Perfetto per lettori fantasiosi che hanno da poco imparato a destreggiarsi autonomamente nella lettura, Il regalo magico offre un racconto dal bel ritmo e con il giusto sprint fantastico. Stampato con font specifico per dislessia (Testme) e con caratteristiche di impaginazione che affaticano meno la vista, il libro rientra tra le proposte ad alta leggibilità che uniscono attenzione all’accessibilità e godibilità della lettura.

Bilù, l’inventa sorrisi

Quando sia accaduto che Buonvicino, paese noto per la cordialità e il buonumore dei suoi abitanti, sia diventato luogo di diffidenza e incomprensione nessuno lo sa. Così come nessuno sa da dove sia spuntato fuori Bilù, bambino dal sorriso contagioso che un giorno arriva a Buonvicino e inizia a interagire con gli abitanti con una gentilezza e una cortesia ormai a loro sconosciute. Un grazie dove serve, una risposta garbata, un saluto all’ingresso e all’uscita dai negozi bastano a innescare nell’imburberito paese una positiva inversione di tendenza che – manco a dirlo – trae lo sprint decisivo proprio dai bambini che vi abitano. E così, senza quasi accorgersene, i cittadini di Buonvicino tornano a parlarsi e a capirsi, a tutto vantaggio dell’intera collettività.

Breve, sorridente (proprio come Bilù) e agevole da seguire, la storia scritta da Daniela Palumbo e illustrata da Elisa Enedino si rivolge a lettori alle prese con prime letture autonome. Stampata con alcune caratteristiche di alta leggibilità come il font Testme minuscolo, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la sbandieratura a destra, Bilù l’inventa sorrisi intende dedicare un’attenzione particolare anche a quei bambini che si cimentano con le prime esperienze di lettura fronteggiando le difficoltà imposte dalla dislessia.

Il gatto con gli stivali

Quella del gatto con gli stivali è una fiaba intrigante e ingegnosa, che dice della fortuna, della furbizia, della sovversione e del legame che sottilmente le unisce. Tanti sono i volumi che l’hanno ripresa e riproposta, con parole e illustrazioni le più disparate. Uno di questi, edito da De Agostini, vede sposarsi le parole di Roberta Zilio e le illustrazioni del talentuoso Fabian Negrin. Quello stesso volume viene ora reso disponibile dall’editore in una versione che sfrutta i simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa per raggiungere una fetta di pubblico importante e spesso trascurata: quella dei bambini con difficoltà comunicative.

Grazie alla collaborazione con la Fondazione Paideia, il titolo è infatti proposto in una nuova versione in simboli, sia digitale sia cartacea. A partire da un testo decisamente asciugato (in alcuni punti, come l’incipit, forse persino troppo) e delle illustrazioni di grande qualità (che il formato digitale un pochino sacrifica), la fiaba viene simbolizzata sfruttando la collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e rispondendo a regole compositive scelte appositamente dall’équipe della Bottega Editoriale di Paideia, senza far riferimento a uno specifico modello.

Insieme alla possibilità di beneficiare del testo in simboli – letto secondo le caratteristiche del modeling, automatico o manuale a seconda delle esigenze del bambino – l’ebook offre quella di godere del testo nella sua versione alfabetica, sia in totale autonomia sia con supporto della registrazione audio. Sempre all’interno della versione digitale vengono proposte alcune attività ludico-educative tra cui completare una frase in simboli, trovare il simbolo esatto per indicare una certa figura, animare o colorare una data illustrazione.

 

I libri per tutti

Il gatto con gli stivali, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

La bella addormentata

Ci sono illustratori i cui lavori profumano di fiaba. Come Valeria Docampo, straordinaria autrice argentina che in Italia ha illustrato volumi preziosi soprattutto per l’editore Terre di Mezzo. Troviamo però la sua firma anche su alcuni titoli della collana Io leggo da solo di De Agostini, che proprio di fiabe tradizionali, non a caso, si compone. Come La bella addormentata, che appare per noi particolarmente interessante perché di recente è stato reso disponibile dall’editore anche in una nuova versione inclusiva, cartacea e digitale, realizzata in collaborazione con Fondazione Paideia.

Inserito all’interno del progetto I libri per tutti, La bella addormentata ripropone con i simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa la nota storia della principessa che, a causa di una maledizione, si punge con un fuso e si addormenta per 100 anni, fino a che il bacio di un principe non la risveglia. La fiaba viene qui proposta con le parole di Roberta Zilio così come accada nell’analogo volume di De Agostini con testo esclusivamente alfabetico, in minima parte riviste e adattate così da dare vita a una narrazione più lineare ed essenziale. I simboli scelti per far risultare il testo più accessibile anche in caso di disabilità comunicativa sono i WLS (Widgit Literacy Symbols), impiegati secondo criteri che non fanno riferimento a uno specifico modello. Così, per esempio, gli articoli sono sempre associati al sostantivo all’interno di un unico simbolo mentre le preposizioni vengono simbolizzate individualmente. A fare da contraltare a una narrazione intenzionalmente scarna e minima, intervengono le illustrazioni di Valeria Docampo, che anche nella versione digitale mantengono un’inconfondibile cifra poetica.

Come tutti i titoli del progetto I libri per tutti, anche la book-app de La bella addormentata propone in chiusura alcune attività ludico-didattiche che aiutano a prendere confidenza con la narrazione e soprattutto con i simboli: nella fattispecie, ricomporre alcune frasi a partire da simboli dati; scegliere i simboli corretti, tra quelli proposti, per descrivere il carattere della fata malvagia;  tappare un certo simbolo man mano che compare sullo schermo e colorare un’immagine passando il dito sullo schermo.

 

I libri per tutti

La bella addormentata in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Tea. Perché devi lavorare? (I libri per tutti)

Tea è la protagonista di una collana di libri editi da Giunti Kids e rivolti a bambini in età prescolare. Attenta ai temi e alle domande che spesso animano la quotidianità dei bambini o il dialogo educativo che mette al centro questi ultimi, la collana cerca di trovare parole e risposte rassicuranti ma non banali. Dal canto suo la protagonista si muove animata da una curiosità mai sopita e da una mutisfaccettatura emotiva in cui il lettore può facilmente riconoscersi, supportato in questo anche da illustrazioni – anch’esse a firma di Silvia Serreli – semplici e ben marcate.

Con la nascita del progetto I libri per tutti, alcuni titoli della collana dedicata a Tea sono proposti dall’editore in collaborazione con Fondazione Paideia in una versione digitale e simbolizzata, che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo.

Uno di questi titoli è Tea. Perché devi lavorare?. Qui troviamo la protagonista trepidante di fronte alla prospettiva di godersi al cinema il suo cartone preferito. Sapere che proprio quel giorno mamma e papà devono lavorare sarà una brutta scoperta per lei, dura da buttare giù. Difficile è per Tea capire come mai i genitori debbano trascorrere così tanto tempo in ufficio e che proprio da quel tempo dipende la possibilità di acquistare tutto ciò di cui la famiglia necessita. L’idea della mamma di farsi accompagnare dalla bimba sul luogo di lavoro sarà la mossa vincente per restituire al lavoro dei grandi una dimensione più comprensibile e per trasformarlo in uno stimolo creativo, un’occasione cioè per immaginare il futuro.

Leggermente asciugato rispetto alla versione originale, l’ebook inclusivo di Tea. E se non ci riesco? propone una storia lineare e abbordabile, nella forma come nel contenuto, che dà spazio a una delle domande che più frequentemente ronzano in testa ai bambini. L’idea che gli adulti non possano essere a disposizione h24 è infatti tutt’altro che scontata e trovare parole semplici per rendere assimilabile può essere utile per dare nuovo e meno incomprensibile significato al tempo in famiglia.

In chiusura l’ebook accessibile di Tea. E se non ci riesco? presenta tre attività ludiche che prevedono di scegliere alcuni simboli, tra quelli a disposizione, che indichino cose acquistabili con i soldi, così come spiegato a Tea dai genitori; di riconoscere all’interno di un’illustrazione l’emozione provata da Tea e indicare il simbolo che la indica correttamente tra quelli proposti; e di ricomporre un puzzle collocando i pezzi sparsi su di una base che riproduce un’illustrazione del libro.

I libri per tutti

I libri della serie di Tea proposti in questa nuova versione digitale e in simboli, rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Tea. E se non ci riesco?

Tea è la protagonista di una collana di libri editi da Giunti Kids e rivolti a bambini in età prescolare. Attenta ai temi e alle domande che spesso animano la quotidianità dei bambini o il dialogo educativo che mette al centro questi ultimi, la collana cerca di trovare parole e risposte rassicuranti ma non banali. Dal canto suo la protagonista si muove animata da una curiosità mai sopita e da una mutisfaccettatura emotiva in cui il lettore può facilmente riconoscersi, supportato in questo anche da illustrazioni – anch’esse a firma di Silvia Serreli – semplici e ben marcate.

Con la nascita del progetto I libri per tutti, alcuni titoli della collana dedicata a Tea sono proposti dall’editore in collaborazione con Fondazione Paideia in una versione digitale e simbolizzata, che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo.

Uno di questi titoli è Tea. E se non ci riesco?. Qui la protagonista si confronta con la vergogna di non saper fare qualcosa che i suoi compagni padroneggiano già (nuotare senza braccioli, nella fattispecie) e con la paura di non riuscire a imparare mai a farla. Come spesso accade nei libri della collana, è l’intervento oculato di adulti attenti ad aiutare Tea a superare i suoi timori. Grazie ai suggerimenti della mamma prima e della nonna poi, Tea scopre infatti che ci sono cose che, al contrario del nuoto, lei sa fare e i suoi compagni no (andare in bicicletta senza rotelle, fare le capriolo, recitare una poesia…) e che anche gli adulti, apparentemente infallibili, non sono sempre (stati) capaci di fare tutto.

Leggermente asciugato rispetto alla versione originale, l’ebook inclusivo di Tea. E se non ci riesco? propone una storia lineare e abbordabile, nella forma come nel contenuto, in cui facilmente il lettore potrà riconoscersi. La scelta di dare spazio alla peculiarità di ciascun bambino – mostrando come ogni amico di Tea abbia punti forti e punti deboli – si presta inoltre particolarmente bene a ricondurre il racconto all’esperienza specifica di ciascuno.

In chiusura l’ebook accessibile di Tea. E se non ci riesco? presenta tre attività ludiche che prevedono di ricomporre alcune frasi con i simboli a disposizione; selezionare tra una serie di simboli proposti, quelli che indicano attività che il lettore sa fare; e di colorare, muovendo il dito sullo schermo, un’illustrazione del volume

 

I libri per tutti

I libri della serie di Tea proposti in questa nuova versione digitale e in simboli, rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Tea. Perché il buio è così nero? (I libri per tutti)

Tea è la protagonista di una collana di libri editi da Giunti Kids e rivolti a bambini in età prescolare. Attenta ai temi e alle domande che spesso animano la quotidianità dei bambini o il dialogo educativo che mette al centro questi ultimi, la collana cerca di trovare parole e risposte rassicuranti ma non banali. Dal canto suo la protagonista si muove animata da una curiosità mai sopita e da una mutisfaccettatura emotiva in cui il lettore può facilmente riconoscersi, supportato in questo anche da illustrazioni – anch’esse a firma di Silvia Serreli –  semplici e ben marcate.

Con la nascita del progetto I libri per tutti, alcuni titoli della collana dedicata a Tea sono proposti dall’editore in collaborazione con Fondazione Paideia in una versione digitale e simbolizzata, che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo.

Uno di questi titoli è Tea. Perché il buio è così nero?. Qui la protagonista è alle prese con una paura che accomuna tutti i bambini: quella dell’oscurità. Al suo fianco c’è però uno zio fuori dal comune che trova il modo di rendere il buio meno ostile. Portando Tea ad ammirare la luna, le stelle e i fuochi d’artificio, lo zio Andrea mostra infatti alla bambina i molti regali che il buio è solito farci: piccole magie da assaporare, proprio come quella di chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno in tutta serenità.

Leggermente asciugato rispetto alla versione originale già di per sè abbastanza semplice, l’ebook inclusivo di Tea. Perché il buio è così nero? propone una storia lineare e abbordabile, nella forma come nel contenuto. L’attenzione rivolta alle emozioni più familiari ai giovanissimi lettori (come la paura, certo, ma come anche lo stupore) e lo stratagemma ingegnoso ma molto a misura di bambino escogitato dallo zio Andrea per mettere in luce il lato più amichevole dell’oscurità, rende il racconto molto concreto pur sfiorando un tema impalpabile, come quello delle emozioni.

Così come il testo, anche i giochi proposti dall’ebook accessibile di Tea. Perché il buio è così nero? sono studiati per risultare fruibili e accattivanti per un pubblico di piccolissimi. Viene loro proposto, nella fattispecie, di indicare il colore giusto di alcuni oggetti che compaiono nel racconto (il buio, la luce, i fuochi d’artificio…), tappando il simbolo corrispondente; di far animare su una tavola scura le diverse magie del buio; e di colorare, muovendo il dito sullo schermo, un’illustrazione del volume.

 

I libri per tutti

I libri della serie di Tea proposti in questa nuova versione digitale e in simboli, rientrano nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza (I libri per tutti)

Sulla scia del successo riscosso dalla celebre Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, la produzione di Luis Sepulveda rivolta all’infanzia e pubblicata in Italia da Guanda si è arricchita di altri tre titoli, tutti di stampo simile, a partire dal titolo. Tra questi, figura Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, che vede protagonista una lumaca poco avvezza ad accettare lo stato delle cose senza porsi domande e proprio per questo mal tollerata dai componenti più anziani della sua colonia, da sempre abituati a vivere sotto un calicanto senza mai interrogarsi su di sé o sul mondo circostante. Per trovare le risposte agli interrogativi che le rimbalzano in testa – Perché sono così lenta?, in particolare – la lumaca si allontana dalla colonia e durante il suo viaggio incontra una tartaruga. Grazie alla sua guida, la lumaca scopre cosa c’è poco oltre il prato della colonia e quanto possono essere pericolose le auto degli uomini che sfrecciano a tutta velocità. Per questo si attiva per portare la colonia in salvo, in un posto più sicuro, ma solo le lumache più giovani decidono di seguirla. Il viaggio non è per nulla semplice, tanto che a ogni tappa il numero delle lumache superstiti scende. Ciononostante Ribelle – così la tartaruga chiama la lumaca prima di scomparire – porta a termine la sua missione, trovando infine una terra felice in cui sentirsi al sicuro.

Trasformato in un ebook in simboli dalla Bottega editoriale della Fondazione Paideia, grazie al progetto I libri per tutti, il libro viene ora proposto in una versione accessibile anche a giovani lettori con difficoltà di decodifica del testo alfabetico. Rispetto agli altri titoli della collana I libri per tutti, Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza si rivolge ad un pubblico con abilità cognitive e comunicative più sviluppate e appare senz’altro più impegnativo sia da leggere sia da simbolizzare. Più lungo, più articolato e più filosofico, il testo non risulta semplicissimo da seguire anche a causa di alcuni tagli e semplificazioni che rendono un po’ oscuri alcuni passaggi e che in parte sottraggono all’originale il suo velo poetico (mentenuto intatto, invece, nelle tavole di Simona Mulazzani, preziose e affascinanti come nella versione tradizionale). Appare tuttavia apprezzabile l’intento di proporre occasioni di lettura appetibili e su misura anche per lettori un po’ più grandi e abituati a leggere in simboli di quelli cui normalmente si rivolgono i volumi ispirati alla CAA. In questo senso anche le attività ludiche proposte in coda al testo sono un po’ più complesse e prevedono l’individuazione, tramite simboli da tappare, delle caratteristiche più pertinenti ai diversi personaggi; la composizione di frasi composte da 5-4 simboli; e la memorizzazione e l’unione di carte identiche secondo il meccanismo tipico del memory.

 

I libri per tutti

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Beezus-e-Ramona-Questa-sorellina

Stella stellina la notte si avvicina (I libri per tutti)

Quanti bimbi potranno essersi addormentati, negli anni, al suono di Stella stellina la notte si avvicina? Un numero grandissimo, probabilmente. Ninna nanna tra le più amate e diffuse nel nostro paese, ha preso la forma di libro con i buchi – secondo il classico modello de La Coccinella – grazie al lavoro sinergico di Giovanna Mantegazza e Antonella Abbatiello.

La nenia che invita i piccoli a dormire, passando in rassegna tutti i cuccioli che  si accingono a riposare in compagnia delle loro mamme, si è così arricchita di una cornice narrativa che vede una volpacchiotta resistere al sonno e accompagnare il lettore a curiosare nelle diverse tane; di figure dolci e delicate che coccolano l’immaginario; e di una struttura forata della pagina che invita a partecipare attivamente, col ditino, all’avvicendarsi delle coppie animali: mucca e vitellino, rana e ranocchietti, pecora ed agnello, anatra e anatrini, gatto e micetti, puledrino e cavalla, mamma uccello e uccellini  e infine mamma e bambino.

Dal 2019 Stella stellina la notte si avvicina è entrato a far parte del progetto I libri per tutti che ne ha consentito la realizzazione di una versione digitale e simbolizzata, fruibile anche in caso di difficoltà comunicative legate per esempio all’autismo. Arricchito, come gli altri titoli della collana, di numerose opzioni di lettura e funzioni, ebook prevedere la lettura tramite modeling, la lettura tradizionale o con supporto della registrazione audio e tre giochi, rispettivamente dedicati al completamento di frasi in simboli, all’ordinamento di figure in base alla dimensione e al completamento cromatico di un’illustrazione. Il testo in simboli è fedele e fruibile e l’inserimento dei simboli non compromette il godimento delle poetiche illustrazioni. Ciò che purtroppo, invece, la digitalizzazione limita inevitabilmente è l’interazione fisica con il libro che nel caso di oggetti così particolari come i libri con i buchi, studiati prima nella forma che nel contenuto, è senz’altro un peccato.

 

I libri per tutti

Stella stellina la notte si avvicina, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Amici nel mare (I libri per tutti)

Il pesce Berto e il paguro Pedro sono grandi amici. Per paura dei pescecani, tuttavia, i due si vedono di rado e restano chiusi ciascuno nella propria tana: una gran noia, a dirla tutta! Servirà un piccolo moto di coraggio per far sì che la voglia di stare insieme e di godere davvero delle bellezze del mare superi e sconfigga i loro timori… perché la paura, a volte, può essere più pericolosa dei pescecani!

Quella di Berto è Pedro è una storia semplice, pubblicata in formato cartaceo tradizionale nel 2014 per i tipi di Piemme, nella collana Il Battello a Vapore, serie Arcobaleno. In quelle stesse collana e serie, Amici nel mare compare ora in formato digitale e con un guizzo in più, quello garantito dal progetto I libri per tutti che trasforma e arricchisce il testo di base per renderlo più accessibile anche in caso di disabilità comunicativa. Come previsto per tutti i titoli del progetto, questa versione di Amici nel mare vede il testo semplificato nella struttura e supportato visivamente dai simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) che ne favoriscono la comprensione anche da parte di quei lettori che incontrano difficoltà più o meno marcate di fronte alle sole parole. A rendere particolarmente felice, in questo caso, il testo adattato concorre senz’altro il fatto che il lavoro di semplificazione è stato condotto, insieme alla squadra della Bottega Editoriale di Paideia, dall’autore stesso.

La simbolizzazione segue dal canto suo un modello piuttosto flessibile che unisce più elementi testuali all’interno di un unico simbolo laddove questa scelta venga ritenuta utile per alleggerire la lettura senza compromettere la comprensione. È il caso per esempio degli articoli, sempre associati al rispettivo sostantivo, o delle negazioni, sempre associate al relativo verbo.

Come caratteristico de I libri per tutti, il testo di Guido Quarzo è reso disponibile in simboli con lettura che ricalca il modeling “in presenza”, secondo una doppia modalità: quella automatica, che prevede la lettura fluente del testo e l’evidenziazione simultanea dei simboli via via citati, o quella manuale, che prevede la lettura del singolo simbolo solo nel momento in questo viene tappato, ossia schiacciato sullo schermo con il dito. La personalizzazione della lettura – vera forza di questo progetto, resa possibile proprio dal ricorso al digitale – si concretizza inoltre con la possibilità di optare per il testo alfabetico classico, da leggere in autonomia o con il supporto della registrazione audio, anch’essa sincronizzata con la messa in evidenza cromatica dei termini via via letti.

A completare la book-app di Amici nel mare, una sezione ludica che comprende tre giochi di diversa complessità: rispettivamente trovare il simbolo giusto, completare una frase con una serie di simboli a disposizione e colorare un’illustrazione al semplice strofinamento digitale.

 

I libri per tutti

Amici nel mare, in questa nuova versione digitale e in simboli, rientra nel progetto I libri per tutti, promosso da Fondazione Paideia in collaborazione con quattro grandi gruppi editoriali: Gems, Mondadori, Giunti e DeA Planeta libri.

I titoli che fanno parte del progetto, messi a disposizione dai rispettivi editori per l’adattamento e la simbolizzazione, vengono proposti in formato digitale: scelta questa che amplifica le possibilità di personalizzazione, cosa non da poco quando si parla di bisogni speciali di lettura. Allo stesso tempo questo nuovo formato incentiva l’interazione e il coinvolgimento e questo può costituire allo stesso modo un vantaggio o uno svantaggio a seconda del lettore che ci si trova davanti. La possibilità di compiere azioni sullo schermo – tappando i simboli che attivano così il modeling o toccando i punti sensibili delle illustrazioni che attivano così un movimento – può costituire infatti fonte di distrazione o al contrario motivo di aggancio al testo. In questo senso particolarmente significativi e versatili risultano quei titoli – come Brucoverde o I tre porcellini – che all’ebook uniscono anche il libro cartaceo, a sua volta adattato e simbolizzato.

La simbolizzazione dei testi, curata dall’équipe della Bottega Editoriale di Fondazione Paideia, prevede l’utilizzo della collezione WLS (Widgit Literacy Symbols) e non segue un modello particolarmente rigido di traduzione, optando piuttosto per la valutazione di soluzioni diverse – per esempio rispetto all’accorpamento di più elementi testuali all’interno di un  unico simbolo – a seconda dei casi. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra rispetto della complessità ed effettiva leggibilità del testo: equilibrio che può variare sensibilmente in base al tipo di testo e al target di riferimento.

Tutti gli ebook de I libri per tutti comprendono 3 sezioni, denominate ModelingLeggi e Gioca. La prima propone il testo in simboli nella parte bassa della pagina mentre in quella più alta colloca le illustrazioni, animabili in certi punti al semplice tocco o trascinamento. Il modeling dal canto suo può essere attivato in una duplice modalità: quella automatica, per cui l’audio scorre fluido e i simboli vengono evidenziati man mano che sono pronunciate le parole corrispondenti; e quella manuale, per cui l’audio si attiva solo nel momento in cui viene toccato il singolo simbolo. La seconda sezione propone una pagina divisa in maniera analoga ma qui il testo è esclusivamente alfabetico. L’audio può essere attivato o disattivato. Nel primo caso scorre in maniera automatica mentre simultaneamente vengono evidenziate le parole pronunciate. L’ultima sezione, infine, propone 3 attività ludico-didattiche che – seppur diverse nel contenuto da libro a libro – prevedono quasi sempre l’ordinamento o la scelta di simboli per completare una frase, l’ordinamento o la scelta di simboli e illustrazioni in base a specifiche istruzioni (trovare il colore giusto, ordinare per grandezza…), il completamento cromatico di un’immagine tramite passaggio del dito dello schermo.

Ogni ebook prevede in apertura una pagina essenziale che riassume e anticipa il significato delle icone che il lettore potrà trovarsi davanti durante la lettura e delle azioni che potrà compiere per districarsi tra le pagine. Tra queste, non manca per esempio il movimento per voltare pagina che prevede lo spostamento di un quadrato colorato all’interno di un quadrato bianco: azione studiata per risultare più agevole del più comune gesto di sfogliatura.

Personalizzazione la lettura, interazione, moltiplicazione degli spunti ludici e degli strumenti in un’ottica di accessibilità costituiscono in definitiva i veri punti di forza di questo progetto che ha senz’altro il merito di mettere in valore le specificità del digitale e di accendere un faro sulle possibilità aperte da quest’ultimo in favore dell’inclusione.

Madelief. I grandi, buoni giusto per farci il minestrone

Avevamo lasciato la vulcanica Madelief, al termine del volume Madelief. Lanciare le bambole, in procinto di salutare la sua casa e i suoi amici e di traslocare in un’altra città con la mamma. E proprio in questa nuova città la ritroviamo ora, all’inizio del secondo volume che la vede protagonista, intitolato Madelief. I grandi, buoni giusto per farci il minestrone.

Senza i suoi compagni storici di giochi – Roos e Jan-Willem – e nel pieno della chiusura della scuola, Madelief rimugina sull’ingiustizia di quel trasferimento e si guarda intorno alla ricerca di qualche appiglio che restituisca alle sue giornate vuote una parvenza di normalità. Impegnata più del solito nel suo lavoro, la mamma di Madelief è particolarmente assente e, nonostante sia affidata per alcune ore al giorno a una giovane tata di nome Mieke, la bambina lamenta con insistenza questa assenza ai suoi occhi ingiustificata.   Animata da un sentimento di incomprensione e di insofferenza verso il mondo degli adulti, così ottusi e noiosi, Madelief allarga il raggio delle sue esplorazioni e si spinge fino a una casa abbandonata: un rifugio misterioso, un luogo perfetto per starsene in pace e coltivare una nuova amicizia con un bambino da poco conosciuto di nome Robbie. Con lui Madelief condivide segreti, scorribande e sentimenti contrastanti: piccoli avvenimenti ordinari che, grazie al talento inestimabile di Guus Kujer, dipanano un fluire narrativo che sembra di poter toccare e vivere da dentro.

Stampato con caratteristiche di alta leggibilità, proprio come l’episodio precedente, Madelief.  I grandi, buoni giusto per farci il minestrone si caratterizza però per una struttura leggermente differente. Mentre nel primo volume, infatti, ogni capitolo proponeva un’avventura quasi a sé stante, qui i capitoli risultano più legati tra loro a formare un’unica vicenda. Rimane invariata, tuttavia, la loro brevità che ne agevola l’approccio anche da parte di bambini che percepiscono il testo scritto come un possibile ostacolo con cui cimentarsi.

 

 

 

 

 

 

Gli inventatutto

Paura e amicizia sono ospiti abituali delle pagine rivolte all’infanzia. Libri per bambini sulla paura, sull’amicizia o sulla paura di perdere un’amicizia sono, infatti, più che numerosi. Non è impresa semplice, dunque, inserirsi in questo prolifico filone con un titolo che racconti davvero qualcosa di nuovo. E ciononostante Rasmus Bregnhoi ci prova e ci riesce con una storia dal finale decisamente sorprendente e fuori da ogni schema e retorica.

Protagonisti sono il gatto Mis e il topo Mus, già noti agli affezionati lettori di Sinnos grazie al volume Gli Acchiappacattivi. Amici per la pelle, i due coabitano in una casa da loro stessi fabbricata in cima alla collina e danno vita a mirabolanti invenzioni nel loro laboratorio supersegreto. Qui il loro legame si consolida giorno dopo giorno a suon di idee condivise e progetti costruiti a quattro mani. L’arrivo del tutto imprevisto di una papera sconosciuta di nome Pap, dal primo istante in grande sintonia con Mis e mal tollerata da Mus, incrina tuttavia quella che pareva un’amicizia inscalfibile e porta Mus a sperimentare una forma di paura forse nuova. Perché si può provare una paura concretissima e ben riconoscibile, come quella di non disporre di un rifugio sicuro o di cibo a sufficienza come ben descritto da Pap, ma si può anche provare una paura più nascosta e inafferrabile, che tocca in maniera sottile gli affetti e le sicurezze in cui ciascuno di noi si culla.  E così Mus si ritrova da un giorno all’altro a covare un certo astio verso la papera che minaccia di portargli via la sua speciale amicizia con Mis, al punto da allontanare malamente l’intrusa con la prodigiosa scacciacani (che oltre a funzionare bene con i gattacci funziona evidentemente benissimo anche con i pennuti). Ed è a questo punto che ci aspetterebbe una chiusura politically correct fatta di scuse reciproche e chiarimenti, legami nuovi e legami rinsaldati, amicizie a due che diventano serenamente amicizie a tre. E invece no. È proprio qui, invece, che la storia ci semina con un guizzo inatteso, dando spazio a sentimenti negativi e azioni disonorevoli – la disillusione, l’inganno, la delusione – da cui, tuttavia, non è detto che qualcosa di buono non si possa comunque inventare. Parola di Inventatutto!

Contraddistinto da una storia ben ritmata e dalla fotografia di sentimenti molto vicini all’esperienza dei lettori, Gli inventatutto ripropone la forma grafica vincente del primo episodio dedicato a Mis e Mus. Anche qui, infatti, le più classiche caratteristiche di alta leggibilità – font, spaziatura, sbandieratura, frequenza di illustrazioni – si accompagnano alla scelta di mescolare racconto e fumetto (pur senza balloons visibili) e di prediligere illustrazioni ricche di dettagli in cui sostare con gusto, così da offrire un’occasione di lettura davvero accessibile a accattivante anche per bambini con difficoltà legate ai disturbi specifici dell’apprendimento.

Susi taglia tutto

Susi, Susi, inarrestabile Susi! Dopo aver sbaragliato la concorrenza nella piscina dei grandi (Susi in piscina) e dato prova della sua vena artistica con tele d’autore (Susi disegna), la bambina dal caschetto color carota creata da Jaap Robben e Benjamin Leroy torna alla carica con un’altra avventura al profumo di guai. Evidentemente a corto di idee di svago, dopo aver usato e strapazzato tutti i giocattoli della stanza, Susi sente una vocina chiamarla dal cassetto: è una forbicina desiderosa di uscire e saziare il suo appetito. Pronti, via: Susi non aspettava altro per scatenarsi in una caccia alle cose da tagliuzzare. E non c’è tenda, capello o cactus che tenga: tutto cade sotto le grinfie di Susi e le lame della forbicina, in un crescendo di ciac ciac ciac che non risparmiano nemmeno i pantaloni del signor Fosco o, infine, il dito della stessa Susi. A quel punto il gioco giunge a una repentina fine. Poco male, l’indomani il cassetto fornirà senz’altro qualche nuovo strumento con cui sollazzarsi…

Le scorribande della piccola Susi fanno parte della collana leggimi di Sinnos e come tale si avvalgono di caratteristiche di stampa ad alta leggibilità che concernono il font (leggimiprima), la spaziatura (maggiore tra lettere, parole e righe), la sillabazione e la giustificazione (assenti): caratteristiche che agevolano la lettura anche in caso di dislessia. Il carattere maiuscolo, le poche righe per pagina, le illustrazioni ampie e ricche di dettagli spassosi e la storia leggera costituiscono dal canto loro un ulteriore e fondamentale incentivo nei confronti di lettori alle prime armi e con difficoltà di approccio al testo.

A fare la differenza poi, nel creare una dinamica narrativa solleticante, è la sintonia perfetta che si crea tra le parole di Jaap Robben e le figure di Benjamin Leroy. Poche e ironiche, le prime diventano infatti esilaranti proprio quando messe in relazione alle seconde che tanto svelano del non detto, arricchendolo di sfumature divertenti. Come quando il lettore scorge in un angolo un pupazzo infilzato con una spada giocattolo e coglie il pieno senso di quell’ ”Orsetto ha mal di pancia e non vuole più giocare”. Il risultato è una lettura che fa leva forse più sulle immagini che sul testo, chiedendo di soffermarsi sui dettagli illustrati a lungo e mettendo così a proprio agio anche quei lettori che, pur inciampando nelle parole, di storie e narrazione hanno grande fame e desiderio.

Le disavventure del Barone Von Trutt

Il Barone Von Trutt è un tipo raffinato e a tratti irresistibilmente snob. Abituato a lussi inauditi e accudito da una schiera di servitori inconsapevoli, il Barone coltiva una passione straordinaria per la poesia e vanta un lessico a dir poco forbito, soprattutto se si considera che è un bassotto!

Nato dalla penna di Alice Keller e dalla matita di Veronica Truttero, il Barone Von Trutt esordisce nel 2018 sul giornale per bambini Lo Spunk. Da qui grazie a Sinnos, che delle due autrici aveva già pubblicato Hai preso tutto? e Contro corrente, l’elegante bassotto approda alla sua prima avventura libresca che sa mantenere ed esaltare a pieno il suo surreale aplomb nobiliare. Sarà bello, dunque, per i suoi fan, ritrovarlo protagonista di un lungo racconto illustrato, ma sarà altrettanto piacevole, per chi ancora non l’ha incontrato, farne la conoscenza tra queste pagine di grandissima ironia.

Le disavventure del Barone Von Trutt vedono il bassotto, suo malgrado, al centro di una vacanza di famiglia in direzione mare. Compagni di viaggio dell’insofferente Barone sono i componenti della famiglia Sigismondi: papà e mamma, l’adolescente Giovanni detto John Lennon, la giovane Antonia che più di tutti è affezionata al cane e i due piccoli gemelli Duccio I e II. Il viaggio parte con le peggiori premesse: il Barone viene catapultato in macchina senza preavviso, chiuso in un misero trasportino. Come se non bastasse, il traffico intenso, il meteo instabile, le lamentele infantili e gli smarrimenti di rotta rendono il percorso particolarmente difficile. Per non parlare della scadenza del concorso di poesia cui Von Trutt tanto tiene: decisamente vicina, lo costringe a optare per partecipare in extremis nella sezione Viaggi. Peccato che la vacanza si riveli infine più breve del previsto, costringendo tutti – famigliari a due e a quattro zampe – a una ritirata a tratti fantozziana.

Moderno e blasonato Snoopy dalle analoghe sorti letterarie, il Barone Von Trutt regala al lettore un originale punto di vista sulla realtà che rende divertenti e appassionanti anche gli eventi più ordinari. Ad accentuarne l’eccentricità sopraggiunge, poi, la frequente citazione da parte sua di poesie auliche opportunamente distorte che offrono una scherzosa riscoperta di grandi voci del passato, da Petrarca in poi. Così, a leggere Le disavventure del Barone Von Trutt ci si lascia solleticare dall’idea di parlare ai più giovani di poesia a partire da spunti tanto inaspettati quanto stuzzicanti. Un motivo in più per apprezzare un volume tutt’altro che prevedibile, la cui forma grafica difficilmente trova soddisfazione in un’etichetta tradizionale. Il libro mescola infatti racconto illustrato e fumetto, rendendo così la lettura estremamente dinamica e piacevole: aspetto questo che gioca un ruolo non marginale nella costruzione di una proposta accessibile e accattivante anche per quei lettori che per ragioni diverse – dislessia in primis, ma non solo – vedono il libro come un possibile nemico.

Il vestito dei sogni di Rose

Che siate bambine degli anni ’80, armate di fogli, pastelli e ruote da girare, o che siate figli di un millennio più giovane, a cui il gioco Gira la moda non dice proprio nulla, poco importa: Il vestito dei sogni di Rose saprà trasmettervi il fascino di un mondo fantastico in cui forme, textures, tessuti e colori possono dare vita a meraviglie da indossare.

Qui si viene catapultati grazie a Rose, ragazza di fine settecento appassionata d’abiti e desiderosa fin dalla più tenera età di creare vestiti sorprendenti. Tenace e visionaria, Rose non si fa condizionare dalla sfiducia dei familiari e un giorno parte per la capitale francese, decisa a coronare il suo sogno. Qui inizia a lavorare presso la boutique di Mademoiselle Pagelle ma è la fortuna – quella che in effetti aiuta gli audaci – a offrirle l’occasione giusta per fare il salto di qualità. L’incontro sotto mentite spoglie con la principessa de Conti farà infatti di lei la prima vera stilista della storia.

Ispirato alla storia vera di Marie-Jeanne Rose Bertin, di cui si riporta alla fine del volume una breve biografia, Il vestito dei sogni di Rose è un libro piacevole e di agevole lettura, sia per la vicenda narrata sia per le caratteristiche compositive e di stampa. Il libro fa parte infatti della collana leggimi di Sinnos e si contraddistingue, oltre che per font ad alta leggibilità e spaziatura particolari, anche per la frequenza e il brio delle illustrazioni. Dominate dai toni di rosa, queste strizzano chiaramente l’occhio a lettori e lettrici amanti della moda. La storia che supportano va però ben oltre la passione per modelli e bozzetti: Rose è infatti un personaggio femminile forte ed emancipato, capace di seguire un sogno e di coltivarlo nonostante gli ostacoli posti dalla cultura dominante. In sintonia con la fitta schiera di donne esemplari – dalle Cattive ragazze ad Annie Kopchovsky di Annie e il vento – raccontate con intensità e impegno da Sinnos, Rose dà vita a un racconto da cui lasciarsi ispirare e avvolgere.

La porta

Dopo averci incantato con La piscina, l’autrice coreana Ji Hyeon Lee torna a deliziarci con un libro di grande impatto: La Porta, sempre edito da Orecchio Acerbo.

Protagonista di questa nuova avventura per sole immagini è un bambino che un giorno incappa casualmente in una grossa chiave. Il mondo in cui si muove è un mondo in bianco e nero e le persone che lo circondano hanno tutte un’espressione torva, diffidente. Ma il bambino no. Lui si guarda intorno, mosso piuttosto da un misto di curiosità e stupore: quelli che probabilmente gli consentono di scorgere una porta a cui nessun’altro ha badato. È una porta misteriosa, apparentemente abbandonata da anni, coperta di ragnatele e a ben vedere, nella sua toppa, la chiave trovata gira. Aperta la porta, quello che si schiude davanti agli occhi del bambino è un mondo straordinario. È un mondo a colori, tanto per cominciare, in cui si muovono creature fantastiche che parlano lingue ignote. Incuriosito, il bambino entra in relazione con queste figure, dapprima in maniera un po’ spaventata, poi circospetta, e infine sempre più coinvolta e sorridente. Queste lo accompagnano alla scoperta di una realtà per lui nuovissima in cui quasi tutto ha un che di sorprendente, fatto salvo per le relazioni che si attivano e che si manifestano nelle piccole azioni quotidiane. Così, anche in un paese in cui gli skateboard si realizzano con le foglie, i cocomeri più succulenti sono verdi dentro e gialli fuori e soprattutto le porte disseminate un po’ dappertutto non conducono in casa ma in luoghi e tempi surreali e inattesi, l’amicizia e l’affetto appaiono del tutto riconoscibili e autenticamente possibili anche tra creature dissimili, per aspetto o per lingua parlata. Tra un picnic al parco, una passeggiata nel verde e una sbirciata al villaggio, il bambino fa dunque esperienza di una diversità multiforme – cromatica, estetica e linguistica, per esempio – in cui si cala e da cui si lascia positivamente accogliere, fino a prender parte a quella che appare come una festa: una festa di matrimonio, nello specifico, ma più in generale una vera e propria festa dell’immaginazione. Da questa, infine, il bambino si congeda, rientrando nel suo mondo originario, non prima però di essersi premurato di lasciare aperta la porta misteriosa. In questo modo, si lascia intendere, potrà tornare in quel mondo fantastico, ma allo stesso tempo – perchè no? – anche quel mondo fantastico potrà venire da lui. Perché l’incontro è un movimento che segue sempre due direzioni, e prima della quarta di copertina qualcuno pare confermarcelo…

Stratificato nelle possibilità di senso e disseminato di dettagli che difficilmente si esauriscono in una, due o tre letture, La porta è un libro che sospende il tempo e fa librare l’immaginazione. Lo stile sussurrato di Ji Hyeon Lee si presta perfettamente a una narrazione che fa a meno delle parole e che come tale predispone un terreno accogliente e ricco di soddisfazione anche per giovani lettori normalmente ostacolati dalla presenza vincolante di un testo scritto ma del tutto a loro agio nel leggere immagini e compiere attraverso di esse viaggi fantastici anche di una certa complessità. In quest’ottica, i balloons che spesso accompagnano i personaggi, riempiti di scritte del tutto illeggibili e facenti capo a una lingua immaginaria,  non risultano esclusivi nei confronti di nessun lettore ma arricchiscono piuttosto la narrazione e ne delineano alcuni possibili percorsi, invitando chi legge a immaginare i dialoghi che contengono.

È un libro illuminante, La porta, sopratutto per chi crede nel potere dei libri come ponti. E non solo perché vi si legge della possibilità di costruire legami oltre le differenze, ma anche perché dà spazio alla curiosità come motore imprescindibile di scoperta; perché pone l’accento sulla varietà di modalità comunicative che possono esistere e sulla necessità di trovare tra di esse una convergenza; e perché interpreta con forza la pagina come soglia che divide da mondi altri ma che al contempo può spalancarli, se solo si possiede la chiave giusta da girare nella toppa (o se qualcuno ha la sensibilità di lasciare la serratura aperta): riflessioni che, ben al di là probabilmente delle intenzioni dell’autrice, rivelano una puntualità e una pertinenza particolarmente sorprendenti soprattutto se messe in relazione alla questione del diritto alla lettura e della sua concretizzazione in caso di disabilità. Quest’ultima invita infatti a chiedersi come si possa far partecipare tutti a quella straordinaria festa dell’immaginazione che è la lettura e quali chiavi consentano a lettori con esigenze diverse di superare davvero l’uscio oltre il quale la festa si svolge: perché la lettura è o dovrebbe essere partecipazione piena, immersione travolgente, esperienza di ricchezza.

Pasticci fra le nuvole

Dimenticate gli angeli pacati e serafici di tradizionale memoria: il protagonista di Pasticci fra le nuvole è sì un angelo, ma decisamente di altro stampo. Irrequieto e impertinente, con una certa propensione a escogitare scherzi e dispetti, Gabriel è un giovane cherubino che frequenta il collegio Castel Nuvola. Nelle sue giornate si alternano a identico ritmo lezioni angeliche – si va dal canto al volo, dall’invisibilità alla lettura – e punizioni di varia entità. A ogni marachella combinata da Gabriel segue infatti, puntualmente, il castigo inflitto dalla rigida Madame Longbec, preside dell’istituto. Un giorno Gabriel la combina particolarmente grossa, rovinando il concerto scolastico, e Madame Longbec gli impedisce di andare in gita con i compagni. Non tutti i mali vengono per nuocere, però: la sua reclusione diviene infatti l’occasione di mettersi alla prova come angelo custode di un giudizioso bambino rimasto sprovvisto del suo protettore e di dimostrare a tutti il suo talento.

Ironico e leggero, Pasticci fra le nuvole si fa apprezzare per le gustose invenzioni narrative che trasformano in ottica celestiale attività e oggetti tipicamente umani e per un ritmo scanzonato e dinamico che allontana il pericolo di una lettura noiosa. Questo, unito alle caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono il libro – font leggimi, spaziatura maggiore tra lettere, righe e paragrafi, sbandieratura a destra e carta color crema -, ne favorisce l’approccio anche da parte di bambini con difficoltà di lettura legate per esempio alla dislessia.

Piu Caganita (Portogallo)

Piu Caganita è un libro multiformato portoghese che propone il medesimo racconto illustrato in versione tradizionale, semplificata in simboli PCS, in Braille, audio e video in Lingua Gestual Portuguesa (LGP).

Protagonista del racconto è un uccellino un po’ ingenuo e sprovveduto che svolazzando su campi e tetti non si accorge di colpire con i suoi escrementi chi gli passa sotto. Umani, lumache, conigli, mucche e maiali sono tutti egualmente vittime dei suoi involontari bombardamenti e comprensibilmente finiscono per indispettirsi. Solo immaginando un rovesciamento della situazione l’uccellino si rende conto dei guai causati e trova una semplice ma funzionale soluzione. Amicizia e decoro sono salvi. Anche se in fondo in fondo, qualcuno finisce per rimetterci…

Pubblicato da Briza Editora, Piu Gaganita nasce come progetto di lettura accessibile intenzionato ad accogliere una ampia platea di bambini con e senza disabilità sensoriale, cognitiva e comunicativa. Insieme al testo tradizionale e alle illustrazioni sgargianti, entrambi curati dall’autrice Tania Bailao Lopes, le pagine del volume offrono una versione più semplice corredata da simboli PCS: accoppiata che risulta piacevole alla vista e funzionale. Ugualmente efficaci risultano, dal canto loro, la versione in Lingua dei Segni e quella audio, rese disponibili tramite QR code. Ad apparire invece più sacrificata è senz’altro la versione accessibile in caso di disabilità visiva: quest’ultima si compone infatti di una serie di pagine totalmente bianche su cui viene riportato il testo in Braille affiancate ad alcune illustrazioni in rilievo di difficile riconoscibilità. Resta interessante e apprezzabile, tuttavia, il tentativo qui perseguito strenuamente di costruire un libro che risulti davvero per tutti e che raccolga al suo interno quanti più modi possibile di raccontare la medesima storia.

Un ultimo dettaglio utile, la presenza di due legende: quella relativo all’alfabeto LGP e quello relativo all’alfabeto Braille, che costituiscono un semplice ma significativo strumento per avvicinare i lettori normodotati a codici a loro probabilmente sconosciuti.

Les trois petits cochons (Francia)

Mes mains en or è una casa editrice francese specializzata nella produzione di libri tattili illustrati, fruibili anche in caso di disabilità visiva. Tra i titoli che presenta a catalogo ce n’è uno che risulta particolarmente interessante per il tipo di tecnica adottata nella realizzazione delle immagini. Si tratta di Les trois petits cochons, la classica fiaba dei tre porcellini, qui resa tattilmente da Sylvie Clain.

Il volume, composto da una ventina di pagine rilegate a spirale per agevolarne l’apertura a 180° e la conseguente esplorazione tattile a due mani, presenta illustrazioni molto essenziali: da uno a tre elementi al massimo per pagina inseriti all’interno di sfondi completamente bianchi o molto scarni, come per esempio il sentiero a tinta unita seguito dai protagonisti. Questi ultimi, così come il lupo, sono rappresentati frontalmente e realizzati in feltro, appaiono agevoli da riconoscere e piacevoli da guardare, e risultano staccabili così che il lettore possa esplorarli più facilmente e portarli con sé per attivarli durante la lettura. I materiali scelti sono efficaci poiché molto vicini a quelli reali, come nel caso del feltro per il pelo dei porcellini, o addirittura ad essi corrispondenti, come nel caso della paglia o del legno con cui i primi porcellini costruiscono le loro casette.

Ciò che rende però particolarmente originale e dunque interessante questo volume è la maniera in cui integra nelle illustrazioni tattili la tecnica del pop-up, facendo della tridimensionalità una chiave preziosa per agevolare la decodifica tattile.  Così, le tre casette costruite dai porcellini si sollevano dalla pagina restando autonomamente in piedi e restituendo al lettore un’immagine dell’oggetto più vicina alle sue conoscenze e al reale. Non solo. Le stesse casette sono costruite in maniera tale da risultare fedeli e coerenti con il testo, sicché mentre quella in paglia e quella in legno ricadono sulla pagina al soffio del lettore, quella di pietra resta perfettamente in piedi! Questo aspetto, apparentemente di poco conto, rafforza in realtà l’invito rivolto al lettore a interagire attivamente con il volume e i suoi contenuti, così come peraltro fatto anche da stratagemmi come la possibilità di introdurre e far scendere concretamente il lupo dal camino.

Nonostante si tratti di una fiaba nota e arcinota, Les trois petits cochons di Mes maisn en or propone dunque una lettura estremamente stimolante tanto per i bambini vedenti quanto per quelli non vedenti.

 

Pikotek chce byc odkryty (Polonia)

Delizioso almeno quanto difficile da pronunciare, Pikotek chce byc odkryty è un gioiellino polacco pubblicato dalla casa editrice Widnokrag. Costruito in forma di leporello (ma disponibile, in alcune versioni successive anche in formato tradizionale), il libro ha per protagonista una buffa creatura rosso fuoco – Pikotek, per l’appunto (o perlomeno così presumiamo) – con musetto e coda da topino e orecchie che paiono ali. L’inconsueto animaletto si aggira nel mezzo del bosco con fare curioso e socievole, interpellando chiunque gli capiti a tiro: nell’ordine, due gufi, un cinghiale, un orso, una lontra, una volpe, due ricci, una lince, un tasso, uno sciame di api, un lupo e una coppia di uccellini. A ogni incontro una presentazione: di fronte a Pikotek ogni bestiola è infatti perplessa e non è facile, per lui, far capire che razza di animale sia. Fino a un ultimo inatteso incontro, diverso da tutti gli altri, che renderà del tutto superflua ogni descrizione!

Tenera e semplice, l’avventura di Pikotek traccia un sentiero narrativo a cui se ne affiancano e intrecciano tanti altri che vedono a loro volta protagonisti gli animali che Pikotek incontra sul suo cammino più qualche guest star. Quello di mamma coniglietta, per esempio, costantemente intenta a radunare la sua numerosissima prole; quello della talpa che pare parlare da sola ogni volta che sbuca dalla terra e che invece ha in mente un piano artistico ben preciso; quello dei ricci che sperimentano arditi sistemi di trasporto merci; o quella del picchio sempre in cerca di qualcosa da picchiettare. Ognuno di questi sentieri racchiude una piccola succulentissima storia, ricca di colpi di scena spassosi e di particolari sfiziosissimi da cercare. Così la lettura può moltiplicarsi ancora e ancora, dando vita a un dinamicissimo avanti e indietro tra le pagine per cogliere dettagli, recuperare passaggi, cogliere sfumature, ricostruire elementi di senso. E in questo senz’altro, il formato a leporello costituisce un bel vantaggio, soprattutto se si ha la possibilità di stenderlo in tutta la sua lunghezza (parliamo di qualche metro!) e goderne in posizione comoda e non strutturata.

Ciò che rende davvero speciale e irresistibile questo volume è, tuttavia, ancora altro e più precisamente è l’efficace maniera in cui esso mescola tratti propri del silent book, fondamenti dei libri in simboli e peculiarità del fumetto. Il volume procede infatti per sole immagini che divengono anche il contenuto di silenziosissimi ma eloquenti balloons. Ogni dialogo che vede protagonista Pikotek, così come tutti quelli che a ogni pagina gli si svolgono intorno, si sviluppa attraverso semplicissime icone che condensano conversazioni anche molto elaborate (che starà al lettore ricostruire e alimentare) e che rendono immediatamente intellegibile e chiaro ciò che sta accadendo nel bosco. Il libro sperimenta cioè una forma narrativa nuova, senz’altro ibrida, che sfrutta il potere comunicativo universale delle immagini e restituisce indirettamente tutto il valore di racconti  – come per esempio quelli in Comunicazione Aumentativa e Alternativa– che sfruttano codici più vicini al visivo che al verbale.

Grimms Marchen ohne worte (Germania)

Parola d’ordine: rimescolare le carte e rompere gli schemi. Questo, in soldoni, lo spirito di Grimms Marchen ohne worte, divertentissimo libro di origine tedesca. Dedicato alle fiabe popolari più note (letteralmente il titolo significa Le fiabe dei Grimm senza parole), il volume raccoglie 16 fiabe di ampia diffusione – da Cappuccetto Rosso a Biancaneve, dai Musicanti di Brema a Raperonzolo – raccontate in una maniera a dir poco originale.

Scandita da vignette riquadrate, dallo stile minimale e collegate tra loro da frecce che evidenziano il percorso di lettura, ogni fiaba sfrutta una tecnica narrativa ibrida che mescola racconto per immagini e racconto in simboli, rivestendo i pittogrammi di un ruolo comunicativo differente rispetto a quello che siamo abituati ad attribuirgli all’interno dei libri ispirati alla Comunicazione Aumentativa e Alternativa. In luogo di fungere da rafforzamento del testo alfabetico, i pittogrammi diventano qui il contenuto di efficacissimi balloons non verbali. Così, laddove presenti, le nuvolette tipiche dei fumetti vengono riempiti da icone singole o da combinazione di icone che danno vita a una vera e propria lingua per immagini ampiamente condivisibile, incisiva e dall’alta qualità sintetica.

La lettura, forte soprattutto di una pregressa conoscenza delle fiabe, acquisisce così gusto e sfizio poiché assume i contorni di una continua sfida a interpretare un codice nuovo: un codice che permea la nostra quotidianità (dalla segnaletica stradale agli emoji del cellulare), ma che esula dalle nostre consuetudini letterarie; un codice la cui immediatezza diventa la chiave per stimolare una forma di lettura nuova che superi barriere linguistiche e comunicative, malgrado il volume non nasca con questa precisa intenzione. Alla luce di questo, il libro apre riflessioni interessanti in merito alle possibilità narrative generate e generabili dall’incontro e dalla contaminazione tra codici e generi differenti.

Ma la sperimentazione e il sovvertimento delle regole sono cosa cara a Frank Flothmann anche da un punto di vista contenutistico. E così, oltre a stuzzicare il lettore con una lettura (o una rilettura) insolita di storie sedimentate, l’autore lo sorprende con irresistibili dettagli umoristici o gustosi cambi di trama. Così, per esempio, la matrigna di Hansel e Gretel esce di scena a causa di un accidentale colpo d’ascia del marito boscaiolo o il lupo di Cappuccetto rosso, graziato dal cacciatore, si ritrova a far da cameriere alla gaia tavolata di famiglia della bimba incappucciata.

L’unione di questi elementi fa sì che un libro come Grimms Marchen ohne worte si presti a una lettura stimolante da parte di pubblici anche molto diversi tra loro per età (adulti tutt’altro che esclusi!), abilità e abitudini comunicative. Il libro offre inoltre un terreno fertilissimo per avviare attività, didattiche e non, su codici, fiabe e narrazione che non prescindano da un certo divertimento.

 

F. Flöthmann, Grimms Märchen ohne Worte_2

F. Flöthmann, Grimms Märchen ohne Worte_3

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Animal. Poemas breves salvajes (Messico)

È un libro un po’ magico, Animal. Le sue illustrazioni in rilievo trasparente ricordano infatti i misteriosi messaggi di infanzia, scritti con il succo di limone o con altri prodigiosi inchiostri simpatici. Così, a sfogliar le pagine del libro senza troppa cura, si ha quasi l’impressione che i testi essenziali si accompagnino a pagine totalmente bianche mentre a uno sguardo e a un tocco più attenti, il libro rivela il suo contenuto più segreto: traduzione in Braille e illustrazioni tattili.

Composto come una successione di brevissime poesie e raffinate figure, dedicate a una serie di animali, il volume edito dalla casa editrice messicana Alboroto Ediciones fa del minimalismo la sua cifra. Non solo i testi si compongono di poche ma suggestive ed efficaci parole (del rinoceronte, per esempio si dice: Escondido, en su cuerno, / guarda el secreto / de la selva) ma anche le illustrazioni tattili, realizzati con un leggerissimo e trasparente film in rilievo, privilegiano la rappresentazione di singoli dettagli del soggetto: il corno del rinoceronte, per esempio, il tentacolo del polpo o le zampe dell’elefante.

L’esperienza di lettura che ne consegue è dunque rarefatta, minuziosa, intrigante, benché il rilievo delle illustrazioni risulti quasi impercettibile e come tale renda la decodifica al tatto realmente difficoltosa (se non in certi casi pressoché impossibile). Al di là del suo fascino misterioso e della sua eleganza grafica, Animal può risultare dunque interessante non tanto per offrire una lettura accessibile anche in caso di disabilità visiva, ma piuttosto per comparare il tipo di lettura tattile che può essere offerto da illustrazioni in rilievo e quello offerto da illustrazioni a collage materico.

Dwa trzy cztery cyfry i numery (Polonia)

Widnokrag è il  nome di una casa editrice polacca che propone a catalogo un’interessante collana di volumi cartonati e privi di parole che ben si prestano a incentivare la verbalizzazione e il dialogo oltre che la familiarizzazione dei bambini, soprattutto con difficoltà di astrazione,  con concetti non immediati come i numeri.

A questi ultimi, in particolare, è dedicato il volume intitolato Dwa trzy cztery cyfry i numery, letteralmente  “Due tre quattro cifre e numeri”. Qui troviamo una sequenza di pagine illustrate contraddistinte da uno stile dinamico, da colori vivaci e da figure essenziali che fotografano situazioni variegate – dalla passeggiata per strada alla festa di compleanno, dal rifornimento di benzina alla visita dal dottore – all’interno di ciascuna delle quali vengono contestualizzati alcuni elementi numerici. Così, per esempio, ritroviamo le cifre in forma di numeri civici, targhe automobilistiche, cartelli stradali, prezzi, pulsanti d’ascensore, addobbi festivi, linee di autobus o strumenti medici, perfettamente inseriti dentro scene indipendenti le une dalle altre ma capaci di condensare e far immaginare microstorie.

Oltre a risultare particolarmente accessibile per l’assenza di parole e per la struttura a quadri sciolti che non implica una narrazione complessa, Dwa trzy cztery cyfry i numery appare interessante per l’ingegnosa scelta di trasformare, attraverso le immagini, dei concetti potenzialmente distanti e inafferrabili in elementi dotati di concretezza, in quanto calati in una precisa e nota quotidianità. In questo senso il volume di Joanna Bartosik riesce a unire con leggerezza e appeal grafico il piacere di lettura e invenzione a una possibilità di apprendimento particolarmente significativa anche per bambini e ragazzi a sviluppo atipico.

Como eu vou (Brasile)

È un libro molto semplice, Como eu vou, ma è nel suo piccolo un libro rivoluzionario. Progettato da un’équipe multidisciplinare facente capo all’Universidade Federal do Rio Grande do Sul (Brasile), il volume mette infatti in campo un tentativo di ampliamento di pubblico difficilmente reperibile altrove. Tra le sue pagine convivono in particolare codici diversi, capaci di rispondere ai bisogni di bambini con disabilità visiva, uditiva e comunicativa, oltre che bambini privi di difficoltà specifiche di lettura.

Così, nel proporre una carrellata di mezzi di trasporto, ciascuno particolarmente adatto a muoversi in un determinato ambiente, il libro unisce testo a grandi caratteri, illustrazioni tattili in compensato e simboli ARASAAC. Esso aggiunge inoltre, su separato supporto, la possibilità di fruire dell’audiodescrizione, del testo in Braille o di quello in LSP (lengua de señas portugues).

Libri come questo sono senz’altro complessi da realizzare (e per questo più unici che rari) per molteplici ragioni, non ultime quelle pratiche legate ai costi delle differenti competenze implicate e alla necessità di condensare in una sola pagina più testi e illustrazioni che rispondono a esigenze di lettura anche molto diverse tra loro. Ma proprio questa loro complessità invita a riflessioni non trascurabili poiché rende evidente da un lato quanto siamo ancora distanti dall’idea di un libro davvero “per tutti” e sottolinea dall’altro quanto l’apertura nei confronti della diversità, nelle sue molteplici forme, possa manifestarsi innanzitutto nella disponibilità a stare con essa, a condividere, cioè, uno spazio fisico e simbolico come può essere quello di una pagina.

Maggiori informazioni sul libro e sul progetto che gli ha dato vita si possono trovare sul sito: https://www.ufrgs.br/multi/.

Où es-tu, lune? (Francia)

Solo pochi anni fa  Les Doigts Qui Rêvent aveva dato grandissima prova della sua pluriennale esperienza nell’adattamento tattile di albi illustrati grazie a un lavoro strepitoso come La chasse à l’ours (adattamento del classico della letteratura per l’infanzia scritto da Michael Rosen e illustrato da Helen Oxenbury, menzione speciale al Bologna Ragazzi Award 2016 sezione disabilità). Quest’anno la casa editrice francese torna a farlo con un nuovo titolo – Où es-tu, lune? – che traspone felicemente in versione tattile l’omonimo albo di Émile Jadoul, molto amato in Francia.

Protagonisti sono un coniglio e un orso che un giorno scoprono un fatto sconcertante: la luna è sparita. Supportati dagli amici Zebra, Coniglio e Giraffa, i due decidono di risolvere il mistero spingendosi il più in alto possibile nel cielo. L’assortita combriccola forma così un’ammirevole piramide animale grazie alla quale, con un sorridente colpo di scena, trova una lettera della luna che contiene la risposta tanto agognata.

Ciò che rende straordinario questo libro è la cura nel cogliere il senso più pieno della storia e nello scegliere di conseguenza cosa può essere modificato e cosa no, dal punto di vista delle illustrazioni. Nella versione tattile, infatti, queste ultime sono oggetto di un forte ma sapiente lavoro di semplificazione e astrazione che porta i diversi animali ad essere rappresentati con sagome semplicissime (il coniglio, per esempio è un tondo con due orecchie lunghe) o addirittura forme simboliche (la zebra è un rettangolo e il lupo un triangolo), distinte e rese significative dalla scelta dei materiali e delle texture. Questo permette al giovane lettore non vedente di riconoscere tutti i personaggi senza difficoltà o frustrazione e al contempo di godere del garbo e dell’equilibrio compositivo della pagina caratteristici dell’originale.

A table! (Francia)

Preparate lo stomaco e la fantasia, questo è un libro che fa venire fame di cibo e di storie! Protagonisti sono un pulcino con un appetito da lupo e un lupo con un appetito da pulcino che, chiamati a tavola dalle rispettive mamme, condividono in maniera spassosamente non equilibrata una lunga serie di cibi prelibati, dall’antipasto al dolce. Piacevolmente giocato sul contrasto tra i personaggi e i relativi appetiti, À table! si presenta come un libro tattile illustrato piuttosto semplice nel testo e nelle illustrazioni, rese ancor più fruibili dalla possibilità di staccarle, esplorarle a 360° e riattaccarle facilmente  grazie al velcro di cui sono dotate.

Ogni pagina presenta uno sfondo in stoffa a quadri rossi e bianchi che richiama subito alla mente i tavoli delle trattorie tradizionali e rivela una cura compositiva ed estetica raffinata. Su di esso si staglia ogni volta un piatto blu su cui compaiono le pietanze che man mano pulcino e lupo si spartiscono: un pomodoro maturo, due uova al tegamino, tre cucchiai di purè, quattro fette di formaggio e cinque crêpes. Tutti gli elementi sono bellissimi da vedere e molto ben riconoscibili al tatto per forma, texture e consistenza, rendendo così l’albo adattissimo a una lettura piena e godibile anche da parte di bambini in età prescolare e in generale con poca dimestichezza con la decodifica delle immagini tattili.

A rendere poi la lettura ancor più coinvolgente e interattiva c’è il fatto che i due protagonisti sono proposti in forma di pupazzetti da dito che il lettore è invitato a portare con sé a filo di pagina e a nutrire fisicamente al suon di slurp slurp e pic pic: un’espediente semplice ma efficacissimo per fare dell’elemento ludico e interattivo una chiave speciale di ingresso nella storia.

Planète! (Francia)

I libri tattili illustrati sanno spesso meravigliare e catturare il lettore – perché attivano forme di esplorazione multisensoriale, perché rendono la lettura fortemente interattiva o perché mettono in campo soluzioni ingegnose – ma alcuni di essi, come per esempio Planète!, hanno una marcia ancora in più. È un libro pazzesco, strepitoso, geniale, quello di Marie Findeling reso possibile da quei visionari di Les Doigts Qui rêvent. In una parola e in tutti i sensi: spaziale!

Il libro invita il lettore a scoprire come nascono e come si evolvono i pianeti, in una sorta di viaggio in time lapse che segue la crescita del pianeta immaginario Astro. Puntino sperduto nell’infinito universo prima, deserto costellato di crateri e distese d’erba poi, e infine luogo di antropizzazione con case, strade, mezzi di trasporto dal raggio via via più ampio, Astro è un pianeta che riesce a condensare spunti scientifici e semi di immaginazione, portando il lettore a incuriosirsi circa l’universo e al contempo a inventare le sue personalissime avventure nello spazio. Lo fa attraverso un testo brillante e ironico e rappresentazioni tattili che rivelano grande cura e altrettanta inventiva: così, per esempio, la moquette per l’erba, la carta vetro per le strade antisdrucciolo (!), le cannucce mobili su fino elastico per le navette solleticano le dita e illustrano con attenta efficacia l’evoluzione planetaria raccontata dall’autrice.

Il libro, già così, è particolarmente coinvolgente e interattivo, soprattutto se si considera che a ogni pagina il lettore viene invitato a fare fisicamente qualche cosa (spostare i razzi, per esempio) o immaginare qualcos’altro (dove sono diretti gli abitanti di Astro, per dirne una), ma ciò che lo rende davvero imperdibile è un’idea che illustra a meraviglia l’importanza che non si trascuri l’elemento ludico nella lettura anche quando si parla di libri accessibili. Le città che man mano iniziano a popolare Argo sono infatti costruite con sottili pezzi di lego ai quali il lettore può di volta in volta attaccare i mattoncini di cui dispone a casa per dare al pianeta un aspetto sempre diverso e dare vita così ad avventure sempre nuove. Si tratta di un’invenzione piccola e al contempo geniale, dal momento che il Lego è forse il gioco più diffuso tra i bambini con e senza disabilità visiva, che consente al lettore di sentirsi profondamente coinvolto nel racconto e al contempo (se proprio si vuole trovare un secondo fine didattico) di lavorare sul concetto di tridimensionalità. Una ragione in più, insomma, per volare come razzi a procurarselo!

 

Le secret de la maîtresse (Francia)

È senza dubbio un libro tattile illustrato, Le secret de la maîtresse, ma fin dal formato si distingue da quelli cui siamo abituati. Non è infatti un volume di grosse dimensioni, dalla forma rettangolare, dalla copertina rigida e dalla presenza massiccia di figure da esplorare con le dita. Tutt’altro, e proprio per questo merita un’attenzione particolare. Snello e maneggevole, il libro pubblicato dall’editore francese Mes Mains en or si presenta poco più grande di tascabile, con alcune illustrazioni tattili di piccola dimensione sparse qua e là tra le pagine e diverse altre raccolte in una borsina (elemento chiave della narrazione in questione). Le pagine sono dunque perlopiù composte da testo – in nero e a grande carattere da un lato e in Braille dall’altro – e raccontano uno storia dalla misura, dalla struttura e dal contenuto perfetti per prime letture autonome. Non si tratta insomma di un albo tattile ma piuttosto di un breve racconto illustrato che offre anche a bambini con disabilità visiva alle prime armi con la lettura autonoma, l’opportunità di godere, al pari dei loro coetanei, di un libro davvero adatto alle loro esigenze: non troppo semplice, breve o focalizzato sulle figure, quindi, ma nemmeno del tutto privo di illustrazioni.

La storia narrata, dal canto suo, è buffa e leggera. Protagonista è una maestra che, ingrassata un po’ negli ultimi tempi, desta i sospetti dei suoi alunni che iniziano a fare ipotesi sul suo stato di salute. Tra tesi da verificare, tentativi di origliare e misteri svelati a causa di una borsetta rovesciata, il racconto si sviluppa con ritmo agile e avvincente. Adattata a partire da un volume di grande successo in Francia, scritto da Sylvie De Mathuisieulx e illustrato da Benjamin Chaud, questa versione de Le secret de la maîtresse presenta degli elementi tattili tanto semplici quanto efficaci sia nel rendere riconoscibilissimi i soggetti cui si riferiscono (una mela, un barattolo di vernice, oggetti da borsetta come ferri da maglia, blister di pastiglie, cuffiette e lettore mp3), sia nel rendere la lettura una piccola avventura che solletica la curiosità e l’immaginazione.

Pile-poil! (Francia)

Benjamins media è un editore francese specializzato nella produzione di libri sonori (libro + CD) di cui fornisce sistematicamente anche la versione in Braille e a grandi caratteri. L’attenzione all’accessibilità, soprattutto ma non solo rispetto alla disabilità visiva, è dunque ben radicata nel suo ampio e variegato catalogo rispetto al quale Pile-poil! si pone come un’autentica novità, inaugurando non a caso una collana nuova di zecca intitolata Carrégaufré. Composta da libri a fisarmonica dal raffinato formato quadrato, questa prevede una storia priva di parole che procede per sole immagini in rilievo realizzate con la tecnica del gauffrage (grazie alla quale la carta viene come gonfiata delineando forme e figure specifiche) e accompagnate da una traccia sonora scaricabile che definisce il contesto, favorisce il riconoscimento degli elementi e aiuta la narrazione ad avanzare.

Nel caso di Pile-poil! – il cui titolo rimanda a un’espressione familiare francese che indica un’azione riuscita perfettamente o una cosa che casca proprio a fagiolo – il racconto per immagini vede protagonista un elegante signore che a bordo della sua vettura decapottabile si mette in moto e attraversa strade a curve, salta in barca per affrontare mari e onde, percorre infine a piedi sentieri cittadini e immersi nella natura dove raccoglie un tulipano con cui omaggerà la persona che lo attende alla fine del viaggio: un’adorabile parrucchiera! Il viaggio è così lungo e tortuoso che la barba dell’uomo cresce infatti a dismisura tra la prima e l’ultima pagina, offrendo un’ironica chiave di lettura per le peripezie che si svolgono nel mezzo.

Le illustrazioni, totalmente bianche, messe a punto da Gwen Keraval, sono raffinate e minuziose, al punto che un loro riconoscimento in caso di piccoli lettori ciechi può risultare complesso, anche se supportato da una guida adulta e dall’accompagnamento sonoro. Così composto, tuttavia, il libro invita a sperimentare una forma di lettura diversa in cui dita e orecchie sono protagoniste e in cui la narrazione si nutre di suoni più che di parole. L’assenza di testo e la compattezza narrativa offrono inoltre stimoli interessanti e occasioni di lettura accessibile per chi sperimenta difficoltà di decodifica del testo legate per esempio ai disturbi specifici dell’apprendimento.

Petit Penguin est dans la lune (Francia)

Routine e incombenze di ogni giorno portano via una sacco di tempo prezioso alla quotidianità più piacevole e affettuosa di una famiglia e così mamme e papà – umani o pinguini che siano – si trovano frequentemente a sollecitare i loro cuccioli affinché si sbrighino ad alzarsi, far colazione, lavarsi o correre a scuola, dando luogo a un carico emotivo che può essere difficile gestire per i piccoli. Così accade a Petit Pengouin che, strigliato e rincorso, si ritrova spesso in lacrime e finisce per pensare che i suoi genitori non gli vogliano più bene. Ma è davvero così? La rivelazione di mamma e papà porterà una nuova inattesa luce sui frequenti rimbrotti.

Contraddistinto da illustrazioni tenere in cui il piccolo lettore può facilmente immedesimarsi e da un racconto lineare e piacevolmente ricorsivo, Petit Pingouin est dans la lune racconta una storia di emozioni quotidiane attraverso il testo alfabetico e una sua particolare conversione in LSF (Langue des Signes Française), chiamata Français signé (francese segnato) in cui i segni si modulano sulla sintassi del francese scritto. Quella proposta dal volume non è dunque una vera e propria traduzione in Lingua dei Segni, rispettosa delle peculiarità sintattiche e compositive di quest’ultima, quanto piuttosto un adattamento che favorisce un primo avvicinamento (tanto per i bambini sordi quanto per i loro compagni) alla comunicazione propria di una parte della comunità non udente.

Se la conversione non è dunque (consapevolmente) rigorosa, la rappresentazione grafica dei segni è davvero molto precisa e capace di indicare in maniera piuttosto chiara i movimenti che occorre riprodurre, anche quando è prevista una sequenza complessa. L‘invito a cimentarsi con una narrazione gestuale  – per chi la conosce, così come per chi ne è totalmente digiuno – si fa così particolarmente irresistibile e accessibile. Il libro si presenta in definitiva come un supporto prezioso non tanto per consentire di godere direttamente della storia in LFS quanto per familiarizzare con quest’ultima modalità comunicativa, grazie anche alla chiara descrizione dei diversi segni che si trova in chiusura del volume.

Veo veo adivinanzas (Spagna)

24 indovinelli in rima e altrettante traduzioni in Lengua de Signos Española, sia in formato grafico sia in formato video: così si presenta  Veo veo. Adivinanzas, il volume proposto da Carambuco Ediciones all’interno della foltissima collana Cuentos LSE (che conta ad oggi quasi venti titoli, tutti con doppio testo in caratteri alfabetici e in lingua dei segni!). 24 indovinelli dedicati a elementi naturali, animali e oggetti capaci di far incontrare esperienza quotidiana (e quindi riconoscibilità da parte del lettore) e interpretazione poetica.

Dal sole al vento, dal faro al polpo, ogni soggetto è piacevolmente suggerito dalle illustrazioni di Mercè Galì che, con il loro tratto irresistibilmente ironico, rendono divertente provare ad anticipare la soluzione prima ancora di leggere il testo e goderne la cadenza. Essenziale ma tutt’altro che criptico, questo non mira tanto a mantenere il mistero sui protagonisti dei singoli indovinelli quanto piuttosto a fare dell’aspetto ludico insito nell’enigma un pretesto per far incontrare il lettore con una composizione curata e gradevole. Questa, dal canto suo, si presta nello stesso tempo ad essere ascoltata, letta e – perché no? – replicata, grazie alla puntuale indicazione dei segni della LSE che la riproducono.

Il volume si ispira infatti alla cosiddetta comunicazione bimodale, una forma di incontro simultaneo tra lingua orale e segni. Declinata qui in forma scritta, grazie a una trasposizione in forma grafica della lingua dei segni, tale comunicazione privilegia la struttura sintattica della lingua orale a cui accompagna rigorosamente i segni associati alle singole parole. Si tratta cioè una forma comunicativa che si presta bene soprattutto ad avvicinare alla conoscenza della lingua dei segni e a favorire, nei bambini sordi segnanti, la comprensione delle diverse parti del testo.  Per una più efficace e precisa narrazione in Lingua dei Segni, il lettore può affidarsi invece al DVD unito al volume che propone gli stessi indovinelli in formato video animato.

Teddy bear, teddy bear – collana Sign&Singalong (Gran Bretagna)

Teddy Bear, Teddy Bear è un cartonato maneggevole ed economico (reperibile online dall’Italia a meno di 5€, cosa piuttosto rara!) che fa parte di un’interessante collana pubblicata da Child’s Play e intitolata Sign&Singalong. Ciò che la contraddistingue è l’integrazione fluidissima tra lingua dei segni (in questo caso inglese – British Sign Language) e canzoni mimate, proprio quelle più conosciute e amate dai bambini piccolissimi. Lo scopo è duplice: da un lato stimolare la comunicazione gestuale nei bambini, come preziosa opportunità espressiva che precede o affianca la comparsa del linguaggio verbale, dall’altro favorire una familiarizzazione da parte soprattutto (ma non solo) dei bambini sordi con la lingua dei segni. Inserita all’interno di un contesto piacevole, intimo e giocoso come quello delle rime in movimento, questa non può infatti che risultare percepita, conosciuta e assimilata con maggiore disinvoltura.

Il libro riporta quindi il testo della nursery rhyme Teddy Bear, Teddy Bear, piuttosto nota in Gran Bretagna, accompagnandolo alla curate e piacevolissime illustrazioni di Annie Kubler. A misura di piccolissimo lettore, nel tratto e nel contenuto, queste presentano bambini diversissimi tra loro e intenti a compiere i semplici gesti che si associano alla canzone: toccarsi il naso o i piedi, girare su sé stessi, raggiungere il cielo o spegnere la luce per la notte. Là dove è possibile senza forzature (nel caso di cielo, luce e orsetto, per esempio), il gesto indicato coincide con quello corrispondente nella lingua dei segni e tale corrispondenza viene discretamente segnalata da una scritta in corsivo.

Il risultato è dunque un libro molto spendibile con bambini piccoli piccoli (asilo nido e scuola materna) e capace di introdurre la lingua dei segni con una naturalezza apprezzabilissima. Altrettanto meritevole è l’attenzione che Annie Kubler dedica alla questione dell’inclusione attraverso i dettagli delle sue illustrazioni. La presenza di un bimbo sordo, riconoscibile dalla protesi colorata che spunta dall’orecchio, in mezzo a tutti gli altri e senza alcuna sottolineatura di sorta, è infatti una dichiarazione di intenti tanto semplice quanto potente.

 

Off to the beach (Gran Bretagna)

Off to the beach, così come gli altri volumi della collana di Child’s play intitolata Tactile Books (che comprende, oltre al titolo in questione anche Off to the park, dedicato al gioco all’aperto e Getting ready, dedicato alla preparazione per la nanna), è un libro tattile piuttosto diverso da quelli cui siamo abituati sia per quanto riguarda la concezione del testo sia per quanto riguarda la realizzazione delle immagini.

Il libro costituisce infatti un esempio puntualissimo ed efficace di volume destinato a bambini piccoli, indicativamente in età prescolare, che con tutta probabilità non leggono in autonomia ma che necessitano di strumenti con cui iniziare a prendere confidenza con la parola scritta. Per questa ragione il testo di Off to the beach – piacevolmente rimato e ricco di onomatopee – non è interamente trascritto in Braille mentre lo sono le parole chiave di ogni pagina, ciascuna dedicata a un’azione tipica che si svolge al mare o a oggetti comuni che qui si utilizzano o si incontrano. Così il bambino non vedente (e con lui, chiaramente, anche i compagni privi di difficoltà) ha modo di scoprire che le parole non si dicono solo ma si scrivono anche e che una certa sequenza di puntini corrisponde a un preciso messaggio. Il libro sparge cioè semi di curiosità, ponendo le basi anche per primissimi tentativi di decodifica autonoma.

Anche le immagini, dal canto loro, si discostano da quelle cui ci hanno (bene!) abituati i libri tattili italiani, pur rispondendo a una logica di accessibilità altrettanto interessante e coerente. Ogni pagina propone infatti la rappresentazione di pochi e ben distinti oggetti, perlopiù realizzati in cartoncino dal contorno leggermente in rilievo o rientrante (ma sufficientemente distinguibile al tatto) e solo in parte arricchiti da materiali specifici (tessuto elastico per la scarpette da mare, stoffa per il cappello, carta vetrata per la sabbia, plastica per il secchiello, tessuto morbido per l’asciugamano), non attaccati sulla pagina ma piuttosto posti al di sotto di essa e ben contornati da un bordo che il polpastrello riesce a seguire. Ben scelti in rapporto a quella che può essere l’esperienza concreta di un bambino (vedente e non), gli oggetti rappresentati vantano forme nette e colori brillanti che seducono con forza non solo le dita ma anche gli occhi.

Farm (Gran Bretagna)

Compatto e maneggevole, Farm è il terzo titolo di una serie di libri tattili inglesi piuttosto diffusi. Come i due volumi precedenti – Shapes e Counting – anche questo propone su ogni pagina il testo a grande carattere accompagnato dalla trascrizione in Braille e da illustrazioni ben contrastate dai contorni in rilievo.

Il testo di Farm è semplice e piacevole, non solo per la struttura rimata che lo contraddistingue  ma anche per il richiamo dei versi degli animali che lo rende particolarmente adatto a una lettura ad alta voce. La trascrizione in Braille è inoltre molto netta sia al tatto sia alla vista il che agevola la lettura da parte dei bambini non vedenti e attrae l’attenzione dei bambini vedenti.

Ciò che caratterizza, però, e rende particolarmente interessante questo volume, anche rispetto ai precedenti titoli della collana, è la scelta di utilizzare come immagini di base le fotografie dei pezzi di Lego Duplo che riproducono gli animali di cui il libro parla. La filastrocca su cui esso si basa vede infatti protagonisti, uno per pagina, i più comuni abitanti della fattoria: tutti personaggi che, facilmente, il lettore può avere a disposizione in casa in forma di giocattolo. La forma scelta per rappresentare maiali, mucche, trattori e anatre nello stagno risulta quindi più familiare al bambino anche con disabilità visiva, che può riconoscere gli animali non solo a partire dal solo contorno ma anche e soprattutto con una manipolazione a 360° del corrispettivo pezzo di Duplo di cui eventualmente dispone. Quest’ultimo, dunque, può agevolare l’esplorazione e la decodifica  senza tuttavia dover essere necessariamente attaccato alla pagina: soluzione, questa,  interessante, nell’ottica di integrare lettura e gioco e di garantire l’accessibilità, anche economica, dei libri tattili.

La creazione di immagini percepibili al tatto grazie ai contorni in rilievo invece che al collage di materiali consente infatti alla casa editrice di mantenere i costi decisamente più bassi e di beneficiare di un sistema di distribuzione più consueto rispetto agli standard dell’editoria tattile. Non a caso il libro risulta reperibile  nel paese di pubblicazione anche nelle più comuni librerie (o addirittura nelle edicole), mentre dall’Italia può essere facilmente ordinato online.

Poule rousse (Francia)

Poule Rousse, vincitore del Prix Handi-Livres 2018 nella categoria libri adattati, è un libro in simboli molto curato a gradevole, ideale per lettori poco esperti. Protagonista è la gallina rossa dell’omonima fiaba popolare che cerca l’aiuto degli amici maiale, anatra e gatto per cucinare un buon pane. Non trovandolo, la gallinella si aggiusta altrimenti, rifiutandosi poi però di condividere con gli scansafatiche  i frutti del suo lavoro.

Malgrado si tratti di un libro in simboli e dunque di un tipo di libro diffuso anche nel nostro paese, Poule Rousse non appare del tutto assimilabile ai volumi ispirati alla Comunicazione Aumentativa e Alternativa cui siamo abituati. I simboli che comprende non fanno infatti riferimento a una galleria precostituita o convenzionale bensì sono appositamente disegnati da uno degli autori del libro. Stampati in bianco su sfondo quadrato nero, questi appaiono ben distinguibili ed estremamente chiari, con un grado di trasparenza paragonabile ai nostri PCS.  Limitatissimi nel numero (massimo 6-7 per pagina) questi simboli offrono una rappresentazione grafica degli elementi lessicali della frase dando vita a un racconto essenziale che ben si adatta alla semplicità della fiaba scelta.

Collocato sulla pagina di sinistra, il testo in simboli è accompagnato sulla destra da illustrazioni delicate che sottolineano l’azione chiave descritta. Grazie a un’aletta posta alla fine del volume, il lettore adulto è invitato a coprire tali illustrazioni durante la lettura della pagina accanto e a svelarle solo in un secondo momento così che esse non costituiscano un elemento di distrazione nel corso del racconto ma possano piuttosto divenire una successiva occasione per rafforzarlo e ampliarne la risonanza.

Boucle d’or – collana Raconte à ta façon (Francia)

La collezione Raconte à ta façon è, già nel titolo, un piccolo manifesto di lettura che condensa bene la filosofia dei silent book. Raccontare la storia alla propria maniera, a piacimento insomma, è infatti una delle caratteristiche che rendono i libri senza parole così intriganti e così accessibili poiché ciascuno può trovarvi la sua personalissima strada per dare forma al racconto. Ma la collezione di Flammarion va forse anche un poco oltre perché i silent book di cui si compone, tutti dedicati a fiabe tradizionali, asciugano a tal punto la storia di base, grazie a una rappresentazione simbolica  ed essenziale di personaggi, oggetti e ambienti, che restituiscono davvero al lettore la massima libertà narrativa.

Nel caso di Boucle d’or, per esempio, Riccioli d’oro diventa un triangolo dorato, i tre orsi tre cerchi marroni di dimensione crescente e tutti gli elementi chiave della storia – dalla foresta alla casa, dalla tavola al letto – trovano rappresentazione in forme stilizzatissime. Questo fa sì che anche una fiaba arcinota come Riccioli d’oro (o come Cappuccetto Rosso, I tre porcellini e Il gatto con gli stivali per citare alcuni altri titoli della collana) possa ritrovare una veste nuova e un’interpretazione originale capace di gettare nuovi semi e nuovi stimoli nell’immaginario del lettore. Inoltre, l’accessibilità dettata dall’assenza di parole si rafforza qui in virtù di una rappresentazione minimal e del tutto priva di fronzoli che aiuta il lettore a non perdersi: caratteristica, questa, che predisporrebbe infine il volume anche a un’agevole trasposizione tattile così come dimostrato in passato dal magistrale lavoro di Les Doigts Qui Rêvent sul Cappuccetto Rosso di Warja Lavater.

Graines de montagne (Francia)

In un paese piatto e interamente ricoperto di sassi, vivono due tribù: quella degli uomini piccoli piccolissimi e quella degli uomini grandi grandissimi. La convivenza tra le due non è proprio felice: i grandi approfittano infatti della loro superiorità fisica per appropriarsi delle risorse migliori e lasciare ai piccoli solo gli scarti. Ma i piccoli non ci stanno e iniziano a inventare soluzioni via via più ardite per ribaltare il rapporto di forza che li lega ai grandi. L’idea che risulta vincente pare essere, dopo alcuni tentativi, quella di piantare dei semi di sasso e farli crescere fino a potervi salire su ed ergersi così al di sopra dei grandi. Ma questo dà vita a un’escalation nella coltivazione delle pietre che porterà le due tribù a confrontarsi per trovare infine una soluzione condivisa.

La peculiarità di questo albo illustrato dal racconto lineare e dalle illustrazioni originali sta nella maniera in cui il testo viene stampato: una semplice alternanza di colori evidenzia infatti la  sillabazione delle diverse parole mentre un sistema di sottolineature e archi indica, rispettivamente, lettere mute e liaison. Si tratta di un accorgimento tipografico che rende più semplice la distinzione tra i diversi caratteri e il riconoscimento del loro ruolo dal punto di vista orale, agevolando la lettura silenziosa o ad alta voce da parte di lettori alle prime armi o con difficoltà legate alla dislessia

Favole di pace

Qualche decina di anni sulle spalle ma uno spirito bambino inscalfibile: così le Favole di pace scritte dal maestro Mario Lodi continuano a mantenere una freschezza che le fa gustare con autentico piacere. Ispirate dagli stessi bambini che di Mario Lodi erano allievi e insieme a loro composte, così come accaduto per il forse più celebre Cipì, le Favole di pace sono 14 racconti brevi, perlopiù in prosa ma qualcuno anche in versi, che gettano uno sguardo fantastico ma anche molto lucido sulle storture del mondo che l’uomo crede a torto di possedere e sugli esiti luminosi che una cultura della solidarietà, del rispetto e della pace potrebbe invece portare con sé.

Macchine che permettono lo scambio dei pensieri, intere classi di bambini in volo al motto di “basta volerlo”, prati che custodiscono segreti musicali, isole sospese in cui ritrovare i propri cari perduti, bambini capaci di entrare nel televisore: i personaggi e le cornici messe in scena da Mario Lodi sono i più variegati e dinamici. Ad accomunarli, il ruolo decisivo che bambini e animali hanno nel rimettere in sesto un mondo  sottosopra. E così, intorno alla penna lievissima ma pungente dell’autore crescono foreste rigogliose e invenzioni straordinarie, scoperte sensazionali e ribellioni salvifiche che trasformano uno sguardo disinteressato e curioso come quello infantile in un’occasione di riscatto per il pianeta intero.

Pubblicate in precedenza da la meridiana, le Favole di pace vengono ora riproposte dalle Edizioni Terra Santa in una deliziosa versione illustrata da Desideria Guicciardini. Impreziosita e irrobustita da una copertina rigida così come gli altri titoli della bella collana Gli Aquiloni, il volume presenta un’impaginazione tutt’altro che claustrofobica che grazie a una spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, alla sbandieratura a destra del testo e all’adozione di un font ad alta leggibilità (Easyreading) si presenta amichevole e invitante anche agli occhi di lettori riluttanti o meno a loro agio di fronte a un libro, per ragioni di abitudine o di difficoltà di lettura. L’invito d’altro canto non è ingannevole: i testi di Mario Lodi sono infatti godibilissimi, con guizzi fantastici che accendono l’immaginazione e tocchi ironici che schiudono sorrisi. Le figure di Desideria Guicciardini  che li affiancano passo passo, minuti nei centimetri occupati e nei dettagli colti, spargono dal canto loro una vivace allegria sulla pagina, cogliendo con finezza la leggerezza pensosa del maestro di Vho.

Il volo di Nura

Con Il volo di Nura, racconto illustrato dal sapore antico, le Edizioni Terra Santa inaugurano una collana interessante, intitolata Gli Aquiloni e contraddistinta da veste grafica molto curata e da caratteristiche di stampa ad alta leggibilità. Insieme al libro di Paola Caridi e Maria Teresa de Palma, vi si trovano da gennaio 2020 anche le Favole di pace di Mario Lodi e figureranno a breve due titoli dalle firme significative quali quelle di Daniela Palumbo e Roberto Piumini.

Il volo di Nura, dal canto suo, anticipa bene le qualità della collana, presentandosi come un volume raffinato dalla copertina rigida, dall’impaginazione ariosa e dalle illustrazioni suggestive. La storia che contiene è quella della giovane Nura, amante del racconto orale e animata da un sentimento misto di incanto e timore nei confronti dello zio Abu-Elias da tutti apprezzato come cantastorie. Anche Nura vorrebbe seguire le sue orme ma la tradizione non prevede una simile carriera per le donne. A trasformare il sogno della bambina in una realtà adatta a tempi moderni, sarà l’incontro onirico con un personaggio misterioso e un po’ inquietante: un baffo parlante di Abu Elias. In sua compagnia, Nura compie un viaggio notturno sulla città di Gerusalemme scoprendone da una prospettiva insolita bellezze e ferite e trovando nella cultura profonda che la città custodisce l’ispirazione necessaria per seguire il suo destino.

Suggestivo ma non immediatissimo, per via di una narrazione riflessiva più che votata all’avventura e di una profonda ricchezza di riferimenti alla storia e alla cultura araba, il racconto di Paola Caridi propone una lettura sospesa tra dimensione reale e dimensione onirica, la cui commistione viene amplificata dalle affascinanti e armoniche illustrazioni di Maria Teresa de Palma. Se può risultare un po’ ostico, soprattutto se proposto a lettori che vedono nel libro un potenziale scoglio, Il volo di Nura si presta però bene a offrire uno spunto intrigante per approfondire insieme ai giovani lettori  la complessità della cultura racchiusa in una città straordinaria come Gerusalemme.

Tana

La preziosità dei libri, per tutti noi che ci occupiamo di lettura e infanzia, è cosa nota e fuor di dubbio. Alcuni libri più di altri, però, quella preziosità la rivendicano e la rendono manifesta, facendone la propria cifra non nel contenuto come nella forma. È il caso di Tana, libro tattile illustrato vincitore nel 2017 del Concorso Nazionale Tocca a te! e ora reso disponibile dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi in una tiratura numerata e firmata dalle autrici. Strabiliante fin dalla confezione, che invita a un approccio rispettoso e non privo di cura, Tana si presenta come un libro di stoffa dalle spessissime pagine grigie (molto agevoli, dunque, da sfogliare anche per chi manifesti difficoltà legate alla motricità fine), impreziosite da un merletto azzurro che fa da cornice, lo stesso che si ritroverà a inquadrare il testo in nero e in Braille sulle pagine interne. Una cornice, dicevamo, e la scelta non è certo casuale: l’impressione con il libro in mano è proprio quella di trovarsi di fronte a un quadro e come tale predispone il lettore a una forma di meraviglia che con tutta probabilità non verrà delusa.

Dedicato ai rifugi che i diversi animali, uomo compreso, allestiscono per trovare conforto e riparo, Tana si sviluppa come una vera e propria carrellata di nidi, buchi e case all’interno di ciascuno dei quali si nasconde un particolare inquilino. Di chi si tratti sta al lettore scoprirlo, poiché ad ogni pagina di sinistra il testo propone una sorta di indovinello mentre sulla pagina a fianco (quindi nettamente distinta, così da agevolare il reperimento di elemento testuale ed elemento iconico), l’illustrazione a collage materico presenta un diverso e significativo involucro in cui infilare la mano e di cui esplorare il contenuto. Conigli, polpi, porcospini, picchi, serpenti e bambini si svelano così all’immaginazione del lettore grazie al contributo degli indizi descrittivi forniti dal testo, dalla rima lasciata in sospeso e dai dettagli significativi dal punto di vista tattile inseriti nelle tane. Tra punte spinose (arrotondate, eh!), tentacoli viscidi, piume soffici e via dicendo il giovane lettore compie così piccole ma ricchissime indagini tattili che si svolgono quasi interamente “sotto coperta” e che come tali mettono lettore vedente e non vedente sullo stesso piano. Certo, chi ci vede può sempre dare una sbirciata, ma il bello di Tana è proprio la suggestiva esplorazione che offre alle dita di qualunque lettore e non è affatto detto che uno sguardo in più renda la lettura più ricca (anzi!).

Accuratissimo nella selezione dei materiali, tanto interni quanto esterni, il libro condensa in poche ma ricchissime pagine una moltitudine di possibilità e stimoli diversi, che vanno dal divertimento ludico degli indovinelli, al piacere narrativo legate alle micro-narrazioni, fino ad arrivare agli spunti scientifici che dalla scoperta dei diversi habitat si possono trarre: un piccolo gioiello, insomma – e dato l’enorme lavoro di manodopera implicato Tana si rivela tale, ahimè, anche nel prezzo – che al netto di qualche licenza poetica (come il “dove abiti te” finale), offre un rifugio davvero accogliente a chi voglia crogiolarsi nell’incanto.

Pomodori da scartare

Il signor Ennio è grande e grosso, i suoi capelli sono un po’ brizzolati, ma il suo sguardo assomiglia piuttosto a quello di un bambino. È uno sguardo curioso e attento il suo – capace di riconoscere in un istante i pomodori buoni da quelli da scartare – che si accompagna a movenze istintive, talvolta ingenue, così come a parole semplici e circoscritte. Il suo apparire e comportarsi in maniera non ordinaria non sfugge alla piccola narratrice, figlia del proprietario dell’azienda agricola per cui Ennio lavora, che con lui instaura una conversazione profonda che parla di libertà e dignità, possibilità e riscatto. Tra le righe ma non troppo scopriamo infatti che il signor Ennio è stato rinchiuso per anni dentro un ospedale psichiatrico e che l’opportunità di lavorare tra pomodori e ortaggi è per lui l’occasione preziosissima di ritrovare un po’ di respiro in mezzo la nebbia calata in tanti anni di reclusione sui suoi pensieri.

Scritto in punta di piedi da Valentina De Pasca e illustrato con altrettanto sospeso garbo da Brunella Baldi, Pomodori da scartare è un libro forte e delicato al contempo, in cui si percepiscono una grandissima e rispettosa attenzione nei confronti di quel complesso processo che ha portato alla chiusura degli istituti psichiatrici a seguito della legge Basaglia e dell’impatto che quel tipo di esperienza può aver avuto sulle persone come Ennio. Il ricercato equilibrio tra il detto e il non detto, tra la schiettezza e la metafora, che autrice e narratrice coltivano in sincrono predispone il volume a una lettura di grande suggestione e stimolo per lettori di età anche moto diverse tra loro. A concorrere a una lettura il più possibile ampia concorre inoltre la scelta delle Edizioni Gruppo Abele di stampare il volume con caratteristiche di alta leggibilità che ne agevolano la fruizione anche in caso di dislessia. Pomodori da scartare si fa così notare per una generale sensibilità nei confronti delle fragilità, tanto nel contenuto quanto nella forma.

Artù, il bambino dai capelli blu

Artù è una specie di alieno, in tutto e per tutto uguale a un umano nell’aspetto, fatto salvo per una evidente chioma blu. Coinvolto suo malgrado in un errore di consegna da parte della cicogna, Artù si ritrova su di un pianeta che non è il suo: la Terra. Qui si mostra in tutta la sua peculiarità ma questa non gli impedisce di avvicinarsi ai suoi coetanei dai capelli biondi o bruni e condividere con loro sereni momenti di divertimento comune. Al punto che, scoperto l’errore e invitato dal re del suo pianeta a tornare a casa, Artù declina l’invito, se non per approfittare di una vacanza straordinaria insieme ai suoi amici terrestri.

Nato per rispondere al bisogno di una mamma di parlare attraverso le immagini al suo bambino e del suo bambino, Artù, il bambino dai capelli blu è una storia semplice di diversità, rappresentata simbolicamente dall’insolita chioma del protagonista e resa evidente dai suoi comportamenti insoliti di fronte a colori, rumori o luci troppo forti, ma anche di uguaglianza, raccontata come possibilità di gioco e amicizia che si sviluppano al di là delle differenze.

Scritto in simboli, il racconto intende raggiungere anche bambini con difficoltà di decodifica del testo alfabetico. La scelta, inoltre, della stesura in rima agevola l’aggancio al tracconto anche laddove l’attenzione sia più complessa da mantenere. I simboli scelti sono quelli della collezione WLS, riquadrati insieme al testo alfabetico scritto in minuscolo e impiegati per simbolizzare ogni elemento della frase individualmente preso. Così composto, e supportato da illustrazioni che agevolano l’identificazione dei personaggi di volta in volta implicati dal testo e le azioni da essi compiute, il racconto si presta bene a una lettura da parte di bambini non alle primissime armi con la CAA.

L’uovo azzurro

Ohibò, un uovo azzurro a Boscoscuro è un’autentica novità. Di chi può essere? Cosa ne uscirà? Sarà pericoloso? Questi e altri interrogativi impellenti si diffondono tra alberi e tane, dopo che LeprotTina e ZamPaolo incappano per caso nell’insolito uovo e lo portano alla conoscenza della comunità del bosco. A nulla servono i consigli della saggia TalpAnna: a Boscoscuro si crea un gran scompiglio mentre confusione e timore spianano la strada a pregiudizi e ostilità nei confronti del diverso. E così, la generosa disponibilità di Zampacorta, che si offre di covare l’insolito uovo, viene accolta dagli altri abitanti con disprezzo e ostilità, costringendo il tosto coniglietto a mettere in campo affetto incondizionato e determinazione per portare a termine il suo impegno. Ed eppure, alla fine, sarà la sua tenacia gentile ad averla vinta e a dare tutto Boscoscuro una preziosa lezione di accoglienza.

L’intenzione di lanciare un messaggio forte al lettore in favore dell’apertura e del rispetto della diversità – sia essa fisica, legata alla provenienza o di qualunque altro tipo – traspare in maniera piuttosto esplicita all’interno del testo che in certi punti risulta, per questa ragione, un po’ appesantito. Per il resto il racconto si popola di numerosi personaggi del bosco che incarnano qualità positive o negative del tutto ravvicinabili a quelle umane. L’uovo azzurro si presenta infine con caratteristiche di stampa ad alta leggibilità quali il font Easyreading, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe (ma non tra paragrafi) e la sbandieratura a destra, intendendo così rivolgersi a un pubblico che non escluda i giovani lettori con dislessia.

Il piccolo principe – ed. Biancoenero

Di versioni de Il Piccolo principe, soprattutto a partire dal 2015, quando il titolo si è svincolato dal diritto d’autore, il mercato editoriale ne ha prodotte moltissime. Integrali, ridotte, a fumetti, ad albo illustrato, con nuove parole e con nuove illustrazioni, alcune valide, tante altre del tutto trascurabili. Quella da poco proposta da Biancoenero fa parte della prima categoria e merita attenzione poiché riesce a unire, con grande cura, rispetto per l’opera originale e attenzione alle esigenze specifiche di una grande fetta di lettori.

Il volume presenta infatti le illustrazioni originali che tutti noi associamo automaticamente alla storia del principe dai capelli color del grano, così come il testo integrale di Saint-Exupéry. Ciò che fa la differenza rispetto ad altre versioni sono la traduzione e la stampa: due elementi che concorrono a garantire caratteristiche di alta leggibilità al libro. Oltre all’uso della font biancoenero che riduce fenomeni come la sovrapposizione e la confusione di lettere tipici della dislessia, alla spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, alla spezzatura delle righe secondo il ritmo narrativo e alla scelta di una carta color crema che affatica meno la vista, Il piccolo principe targato Biancoenero si contraddistingue per una versione del testo molto fedele all’originale – niente tagli, dunque, o rimaneggiamenti massicci – ma al contempo capace di risultare più lineare e amichevole anche a lettori la cui lettura è meno fluida. Così, per esempio, laddove è possibile senza discostarsi troppo dal ritmo originale, le frasi risultano più brevi o con una struttura sintattica meno contorta, la forma privilegiata è quella attiva, il lessico è scelto in modo da risultare più vicino al quotidiano.

Il risultato è un libro che festeggia i suoi quasi ottant’anni cercando di parlare a lettori spesso trascurati, grazie a un lavoro editoriale di grande qualità. Ciliegina sulla torta: facendo parte della collana Raccontami di Biancoenero, il libro è corredato da un CD MP3 che consente di godere della lettura del testo attraverso la voce affabile di Giulio Scarpati e di modulare la lettura secondo le proprie esigenze avendo a disposizione quanti più formati e supporti possibili.

Le renne di Babbo Natale

Le renne di Babbo Natale è una fiaba che vede protagonista una principessa di nome Alexia che attende tutto l’anno il magico momento del Natale e che ospita proprio nel suo castello Babbo Natale e le sue renne. Cresciuta fin da bambina con questa passione per una festa capace di unire e avvicinare le persone, Alexia raggiunge l’età da marito ma rifiuta di sposare chiunque non ami profondamente come lei il 25 dicembre. A nulla valgono i tentativi del padre di individuare il pretendente adatto a suon di editti e proclami: per trovare lo sposo giusto sarà necessario cercare dove meno re e principessa si aspettano e contare su di un pizzico di magia natalizia.

Pubblicato originariamente in versione tradizionale, Le renne di Babbo Natale è ora reso disponibile dall’editore Pacini in versione in simboli, messa a punto secondo il modello inbook, ossia con simboli WLS, simboli e testo alfabetico riquadrati e tutti gli elementi della frase simbolizzati individualmente. Il testo, scritto da una nonna per la sua nipotina, presenta frasi piuttosto articolate e complesse, oltre che una certa densità sulla pagina, che lo rendono meno immediato di quel che ci si potrebbe aspettare da una fiaba. La lunghezza e la struttura dei periodi e la scelta di un lessico non sempre quotidiano richiedono infatti al lettore una certa abitudine a frequentare i simboli e una discreta abilità a seguire racconti non elementari. Le illustrazioni, dal canto loro, risultano vivaci, ben contrastate, prive di dettagli superflui e sempre dedicate ai protagonisti descritti dal testo, intenti a compiere azioni significative dal punto di vista del supporto alla comprensione della narrazione.

Il segreto di Isabella

Ambientato nel secondo dopoguerra, quando nuove possibilità di svago e incontro hanno iniziato a farsi largo per i bambini italiani, Il segreto di Isabella vede protagoniste tre ragazzine e la loro stretta amicizia cresciuta in seno allo scoutismo. Da poco ricostituitosi ufficialmente dopo la chiusura forzata imposta dal fascismo, il movimento scout accoglie, infatti, Serena e Cecilia, vicine di casa e amiche per la pelle. Le due bambine sono a dir poco elettrizzate all’idea di vivere nuove esperienze di gioco, amicizia e avventura nei boschi: l’appartenenza al gruppo scout è un modo, per loro, di consolidare il  legame che le unisce e di viverlo al di fuori della cornice domestica dove le apprensioni dei genitori e la presenza assillante dei fratelli più piccoli limita il piacere di condividere battute e segreti. Quando arriva però il momento di dormire per la prima volta con il gruppo scout, Serena e Cecilia si ritrovano una tenda da tre e un’ospite in più del previsto: la solitaria ed enigmatica Isabella. Sarà proprio il mistero che circonda quest’ultima e la cartella marrone che porta sempre con sé, a spingere le due bambine ad avvicinarsi a lei, riuscendo a conquistarne la fiducia e l’amicizia: condizione fondamentale perché Isabella possa metterle a parte del suo ricordo, al contempo affascinante e doloroso, della guerra appena conclusa. Si tratta di un ricordo confidenziale e intimo in cui giocano un ruolo centrale la musica e il suono del clarinetto, di cui il libro non manca di dare un gustoso assaggio nella versione audio di cui è corredato.

Il volume de Il segreto di Isabella è arricchito infatti dal relativo audiolibro, scaricabile dal sito dell’editore Curci grazie a un codice stampato sul retro di copertina. Questa aggiunta, oltre a favorire l’incontro del lettore con uno strumento poco comune come il clarinetto, rende il testo più fruibile anche in caso di disabilità visiva o disturbi specifici dell’apprendimento.

Tipi

Il 2020, anno rodariano per eccellenza, è appena iniziato ma le proposte editoriali che celebrano lo scrittore di Omegna hanno già iniziato a moltiplicarsi, in un tripudio di bollini e fascette che ne marcano gli intenti. E tuttavia è nel 2019 e senza tanto frastuono che ha visto la luce un libro delizioso che tra i suoi tanti meriti ha quello di apparire, nell’essenza più che nell’aspetto, un bellissimo e ficcante omaggio a Rodari e alla sua poetica. Si tratta di Tipi scritto da Cristina Bellemo e illustrato da Gioia Marchegiani: un libro-catalogo che, nutrito di feconde invenzioni linguistiche e narrative, trasforma la descrizione di diverse tipologie di individui in occasioni per dar forma a micro-storie gustose e profonde.

Qui, in una sorta di mappa catastale human edition, ci muoviamo tra i piani del Condominio Giardini, periferia sud di un’indefinita città, alla scoperta dei diversi tipi che lo popolano. A guidarci è Luce, giovane inquilina del quarto piano che brilla (nomen omen!) per curiosità e acutezza di sguardo. Di ogni tipo che abita sopra o sotto di lei, la bambina riporta infatti le caratteristiche, le abitudini, gli aneddoti più insoliti: tratti che concorrono a dare vita a piccoli racconti sospesi tra il reale (difficile non riconoscere sé stessi o i propri conoscenti in alcuni dei ritratti offerti) e il surreale. Grazie alle accurate annotazioni che Luce riporta sui suoi taccuini, incontriamo, o per meglio dire sbirciamo dall’uscio, tipi di ogni genere: sicuri di sé come il tipo che ha tutte le risposte e pieni di interrogativi come quello che ha tutte le domande, sfuggenti come il tipo sempre assente o brontoloni come il tipo delle proteste, premurosi come il tipo che aggiusta le cose non ancora rotte o ricchi sfondati come il tipo che  compra tutto.

Nel censimento narrativo del Condominio Giardini si trova insomma uno straordinario catalogo di personaggi da cui scaturiscono racconti che paion fatti per far germogliare nuove idee narrative. Come non inventare un ipotetico dialogo con la signora Celestina, che capisce una cosa per un’altra e per questo finisce per perdersi un marito? O come non prolungare l’elenco di cose da cui la signora Savia, che ha paura di ciò che cade, si tiene alla larga? O, ancora, come non immaginare nuove storie a partire dai campanelli di un condominio qualunque, sulla scia della signora Lucia? Dal tipo che collezione barattoli di vento a quello che coltiva parole aromatiche, dal tipo che ha tantissime scarpe ma non va nessuna parte a quello con quattro pensieri, Cristina Bellemo dà vita a una carrellata di personaggi che stuzzica, diverte e fa riflettere. Lo fa con un gusto sapiente per i giochi di parole, per le liste, per le ipotesi fantastiche e per gli errori creativi, che pare proprio un bellissimo e silenzioso omaggio a quell’arte di inventare storie a cui tutti siamo debitori.

Ad arricchire poi il racconto, sottolineando quanto i dettagli possano dirci sul tutto, intervengono le illustrazioni di Gioia Marchegiani, tutte giocate sui toni del salvia e del beige e intrecciate strettamente ai testi, proprio come figurassero su autentici taccuini. L’effetto d’insieme è efficacissimo e intrigante: autrice e illustratrice paiono una coppia fatta per danzare insieme. Una pacatezza gentile, infatti, e una quieta predisposizione a guardare le cose quotidiane con occhio accorto accomuna parole e figure, dando forma a una chicca editoriale da rileggere più volte senza il rischio di stufarsi, da prendere e riprendere in mano, da cui lasciarsi avvolgere e ispirare.

Tipi costituisce in definitiva un placido invito a riconsiderare con una certa relatività l’idea di stramberia e unicità, poiché ciascuno a suo modo non vi sfugge, a cogliere il potere narrativo sopito nell’ordinario e a riconoscere il valore delle etichette solo quando non mirano a incasellare e definire le persone a cui si applicano ma, al contrario, a incentivarne la conoscenza. Tipi ci aiuta, insomma, a ricordare che le persone sono prima di tutto storie e che foss’anche solo per questo meritano di essere scoperte e ascoltate.

Curioso, infine, è il fatto che proprio un volume dedicato ai tipi umani, si caratterizzi per un altro genere di tipo: quello inerente alla stampa. Tipi è infatti pubblicato con caratteristiche di alta leggibilità, ossia con font EasyReading, spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra. Al rendere il volume più fruibile anche in caso di dislessia concorrono inoltre la costruzione stessa del libro, che risulta come composto da tante micro-storie godibili non solo nell’insieme ma anche nella loro individualità e come tali capaci di soddisfare anche una lettura più dilatata o frammentata nel tempo, e la scelta di una carta color crema, che oltre ad affaticare meno la vista, predispone una cornice dal sapore antico a testi e immagini dalla preziosa cura artigianale.