Il ragazzaccio

Felix è un ragazzo cresciuto in un contesto difficile. Il padre è assente, la madre è malata e nessuno, di fatto, si occupa davvero di lui. Felix è povero e si sente invisibile. Come tale, d’altronde, lo trattano tutti: Felix a poco a poco perde persino il suo nome e diventa per il paese intero il ragazzaccio. Viene soprannominato così quando compie piccole ruberie per bisogno estremo e quella finisce per diventare la sua identità principale quando si lascia convincere da Tigre a entrare nella sua banda. A quel punto non si tratta più di arraffare una mela o un paio di calzettoni per sopravvivere ma di dedicarsi a furti e rapine in maniera sistematica, armi alla mano comprese. Sarà l’incontro con un mansueto ma tenace signore che gli dona un violino in cambio della sua pistola a cambiare la sorte di Felix, dimostrando a lui stesso (e a chi legge) che non si nasce buoni o cattivi e che umanità e arte possono cambiare le sorti di una persona.

Il ragazzaccio è ispirato alla storia vera di José Antonio Abreu, musicista e attivista che nel 1975 ha fondato in Venezuela El sistema, un’organizzazione che promuove la musica come strumento di riscatto sociale. Il signore che salva di fatto Felix da un destino segnato dalla delinquenza fa esattamente ciò che José Antonio Abreu ha fatto nella realtà con moltissimi bambini di strada. L’orchestra di cui Felix inizia a far parte celebra, infatti, il potere della musica in cui Abreu credeva fortemente.

Edito da Camelozampa, Il ragazzaccio, ha il sapore dei libri di una volta e l’aspetto di un libro modernissimo. Il racconto di Angeliki Darlasi non ha paura, infatti, di dire la povertà e di dipingere un contesto di periferia in cui le famiglie sono sgretolate, la fame è compagna fedele e l’appartenenza a una banda può offrire un effimero senso di protezione a appartenenza. Le illustrazioni di Iris Samartzi, dal canto loro, sottolineano il tono malinconico e non privo di sfumature cupe del racconto, optando però per un tratto attuale in cui fotografia e disegno si integrano e in cui le linee essenziali e pochi segni rossi su una base in bianco e nero guidano e allargano la riflessione del lettore. Il libro presenta inoltre la forma poco battuta del racconto illustrato in cui le figure, ampie e presenti a ogni doppia pagina, giocano un ruolo da protagonista. Questo, unito al carattere più grande del consueto e ad alcune caratteristiche di alta leggibilità come il font Easyreading, la spaziatura maggiore e la sbandieratura a destra, concorre a rendere il libro più amichevole anche nei confronti di lettori dislessici o riluttanti.

Per mano

Per chi non bazzichi abitualmente il mondo dei tasti e delle note, il nome di Paul Wittgenstein può risultare poco o per nulla noto. La storia di questo pianista è, tuttavia, così straordinaria e avvincente che pare fatta apposta per finire in un libro. Così devono aver pensato anche Sante Bandirali e Gloria Tundo che le hanno dato rispettivamente parole e figure all’interno dell’albo illustrato Per mano, da poco uscito per i tipi di Uovonero.

Qui conosciamo Paul in tenera età, ritratto a Vienna all’interno della sua numerosa e ricca famiglia, con un padre dalle ristrette vedute, una madre dalla profonda sensibilità musicale e sette fratelli dai diversi talenti. Tra le mura domestiche, vediamo nascere ma anche rischiare di soffocare il suo amore per il pianoforte. Tra i banchi di scuola, invece, assistiamo ai primi confronti con una cultura che vede nell’essere mancini una sorta di disgrazia. Siamo alla fine dell’Ottocento e l’uso della mano sinistra – la “mano brutta” – che per Paul è predominante, è di fatto ancora osteggiato perché associato al demonio. Della mano sinistra di Paul, tuttavia, tutto si può dire tranne che sia sfortunata o spregevole: quando i combattimenti della prima guerra mondiale lo costringono a vedere amputato il braccio destro, infatti, Paul trova nell’altra la sua forza e la sua unicità.

Musicista di talento già prima dello scoppio delle ostilità, è nel campo di prigionia in cui viene rinchiuso che Paul inizia a esercitarsi a suonare con una mano sola dapprima su un pianoforte disegnato e poi su uno sgangherato. Ma la sua passione e il suo desiderio di esprimersi sono tali che, una volta liberato, quella musica sopita trova il modo di uscire per davvero. Paul convince, infatti, alcuni dei più grandi compositori a ideare dei concerti su misura per lui, dando avvio a un’incredibile carriera la cui forza risiede nel dare valore a quello che c’è in luogo che porre in rilievo ciò che semplicemente manca.

Sobrio nel racconto e accorato nelle figure, non a caso Per mano è narrato dal punto di vista della mano sinistra stessa, simbolo e testimone privilegiato non solo o non tanto delle discriminazioni subite quanto delle occasioni colte di farsi portatrice di bellezza e ricchezza. Tra queste pagine in cui in cui dominano i toni opachi bruni e beige, risuonano pagine dolorose della storia e si intrecciano guerra e musica, vita e pensiero, cultura e quotidianità, tracciando sentieri suggestivi da percorrere anche all’interno di un percorso squisitamente scolastico.