Mangia la foglia!

Anna, Magnus e Stina sono tre cugini. Durante i pranzi di famiglia il loro tavolo, piccolo e rotondo, diventa una postazione separata e privilegiata di osservazione degli adulti. È da qui che i tre assistono al grande litigio di maggio che porta lo zio Jan e la zia Betta, genitori di Stina, ad allontanarsi  per un po’ dalla famiglia. Ed è da qui che assorbono, più o meno inconsapevolmente,  le dinamiche divisive che gli adulti mettono in atto. Quelle stesse dinamiche non tarderanno a trovare una replica in scala ridotta anche tra i piccoli di casa, alimentate in particolar modo dalla dieta vegetariana di Stina. “Stina è una ragazzina inutile”, “Io una volta l’ho sentita fare muuuu”, dicono di lei Magnus e Anna, convinti così di consolidare la loro amicizia esclusiva. Fino al giorno del funerale della nonna di Stina, quando le prese in giro di Magnus passano il segno facendo correre un grosso rischio alla cuginetta e aprendo gli occhi di Anna su quanto un’amicizia che si regge sul dileggio altrui sia fragile e inconsistente.

Il racconto breve scritto da Bart Moeyaert (qui in una sorridente conversazione con l’editrice Della Passarelli in cui si racconta come nasce Mangia la foglia) è denso e avvincente, capace in pochissime parole di tratteggiare un’infanzia vera e palpitante, finanche politicamente scorretta. Nelle noiose ore a tavola, nei “facciamo finta che…” che si sviluppano sul prato, nelle promesse indissolubili, nella forza silenziosa del modello adulto, nella tentazione di costruire rapporti saldi su un comune nemico ma anche nella capacità di cogliere un’ingiustizia quando perpetrata, si leggono infatti quella fragilità e quella determinazione che rendono speciale l’età bambina. L’autore le coglie con un’efficacia rara, offrendo al giovane lettore un’occasione intensa di leggersi e riconoscersi. Le parole di Bart, stampate ad alta leggibilità e dunque rese più agevoli da scorrere anche in caso di dislessia, sono accompagnate dalle illustrazioni di Alice Piaggio che aggiungono una forte carica espressiva a una narrazione già molto intensa.

Il ladro di Panini

Appetitoso come un panino al prosciutto, provolone e lattuga (con uno strato di maionese fatta in casa, naturalmente!), Il ladro di panini è una ghiotta novità edita da Sinnos. È ghiotta per il formato, che si ispira al fumetto pur non procedendo solo per balloons e che combina in maniera accattivante immagini frequenti e testi snelli ad alta leggibilità. È ghiotta per la storia, che smilza e appassionante, coinvolge il lettore in un giallo da gourmet. Ed è ghiotta per lo stile irresistibilmente ironico degli autori Patrick Doyon e André Marois.

Protagonista del libro è Marin che un giorno, all’ora di pranzo, non trova nel suo cestino il raffinato panino che la mamma è solita preparagli. Il panino al prosciutto, provolone, lattuga e maionese fatta in casa, nella fattispecie: quello del lunedì. Il problema è che non si tratta di un furto o di uno smarrimento isolato: la faccenda si ripete infatti il martedì, con il succulento panino al tonno, pomodorini secchi e maionese fatta in casa, il giovedì con il delizioso panino all’uovo, parmigiano, cipolla rossa e maionese fatta in casa e il venerdì, con l’intrigante panino al pollo, avocado, cetriolo e maionese fatta in casa. Solo il mercoledì il malcapitato la scampa, il giorno del panino con tofu, rughetta, pomodorini e gamberetti. L’affronto è davvero grande e la fame pure, perciò Marin si mette a investigare, individuando possibili sospettati, lanciando accuse spavalde e tendendo ingegnose trappole. Fino all’agognata cattura dell’impostore, colto letteralmente con le mani nella… maionese!

Davvero divertente e agevole da seguire Il ladro di panini combina la soddisfazione di una storia corposa (anche nel numero di pagine) con una grafica accattivante e amichevole, capace con buona probabilità di stuzzicare anche i lettori più recalcitranti o convinti che la lettura debba necessariamente essere affar ostico e poco piacevole.

Felicottero

Marc Herremans è un atleta belga di triathlon. Vittima di un grave incidente qualche anno fa, è rimasto paralizzato nella parte inferiore del corpo. Da quel momento ha iniziato a praticare lo stesso sport in sedia a rotelle, raggiungendo numerosi traguardi e diventando un modello per molte persone con e senza disabilità.

Perché citare proprio la storia di Marc? Perché a lui si ispira ed è dedicato il bell’albo Felicottero edito da Sinnos. Come un Herremas in becco e piume, Felicottero era un grande campione sportivo, noto a tutti per i suoi successi nelle più svariate discipline: dai 50 metri di corsa veloce alla pesca al gamberetto. Caduto però un giorno dalle nuvole, all’uccello resta una gamba sola, tanta nostalgia dei tempi d’oro e pochi amici. Dodo, Airone e Pinguino che erano soliti accompagnare le sue imprese, d’improvviso e proprio nel momento più critico, si fanno infatti latitanti. Per fortuna Felicottero incontra Millepiedi che con le parole e gli stimoli giusti, dettati da un arguto contrasto quantitativo di arti –  gli offre la spinta che da solo stentava a trovare, aiutandolo a cogliere l’occasione per una vera e propria rinascita.

Sostenuto da una felice misura di ironia e saggezza, Felicottero è un libro che si libra senza fatica tra i pensieri del lettore. Lo fa grazie a  un testo ad alta leggibilità che gioca saporitamente con modi di dire e frasi fatte e che fa proprio di questo aspetto una chiave per ribaltare il paradigma che ingessa la disabilità in una cornice cupa e del tutto priva di  humour. E lo fa l’albo grazie a delle illustrazioni strepitose, che riflettono a pieno la sensibilità e la qualità poetica caratteristica di Marije Tolman. I suoi guizzi cromatici, il suo uso sapiente della verticalità e la sua capacità di avocare senza troppo dire lasciano infatti al lettore tutto lo spazio di cui necessita per fare propria una storia preziosa.

Zelda la piratessa

I pirati che navigano sul Lamantino sono i più classici a cui si possa pensare: il capitano Arraffa, l’ubriacone Beone, i guerci Senzocchio e Unocchio, il saggio e vecchio Nodo e l’attivo Scheggia. E poi c’è lei – Zelda – che ribalda invece ogni cliché e costringe ciurma e lettori a una virata nel proprio immaginario. Trovata dai pirati in una cesta in mezzo al mare, Zelda cresce con indole e abitudini marinaresche, imparando al volo a fare come e meglio dei suoi compagni di viaggio di sesso opposto. Salita a capo dell’imbarcazione, Zelda conduce avventure mirabolanti, ricche di tesori e di imprese. Ma il coraggio non si misura solo in monete d’oro sotterrate e palle di cannone sparate: anche la capacità di interrogarsi sulla propria identità, di cambiare strada e di tornare sui propri passi possono essere indicatori preziosi. E allora Zelda, che non ha paura di tornare bambina, di sperimentarsi principessa e infine di trovare la sua rotta ideale, di coraggio ne ha davvero da vendere!

Stampata ad alta leggibilità, con un uso accorto non solo del font leggimi e delle caratteristiche di impaginazione (spaziatura maggiore, sbandieratura a destra) ma anche del colore e della dimensione del testo, Zelda la piratessa fa parte della bella collana I tradotti di Sinnos, che sceglie dalla produzione estera storie  avvincenti e coinvolgenti per farne la leva principale di conquista del lettore, con e senza dislessia.

La costituzione in tasca

“Giovanni, tu lo sai che cos’è la Costituzione?”, chiede Emma.
“No e non me ne importa, ho dodici anni, ho tutta la vota davanti. La Costituzione è roba da vecchi”, risponde Giovanni.

Si apre così, con un dialogo che non potrebbe essere più credibile, La Costituzione in tasca: l’agile e denso volume ad alta leggibilità che Sinnos ha volute dedicare alla nostra Carta per il suo settantesimo compleanno. È un dialogo tra due ragazzini che con il pretesto di una ricerca scolastica si confrontano e si interrogano sul significato e sull’attualità del libro che sostiene e guida la nostra Repubblica. È roba da vecchi, dice Giovanni, interpretando quello che potrebbe essere un sentire diffuso. Quanti giovani e giovanissimi si interessano alle leggi fondamentali del nostro Paese? O meglio: quanti hanno occasione di incontrare la Carta in maniera comprensibile e attiva? Senz’altro pochi, sicché riconoscere e rispettare la loro posizione e offrire uno strumento utile per rivederla con cognizione di causa è un’azione civile di grande e silenziosa portata. Perché Giovanni – e con lui il lettore – scopra che nonostante i suoi 70 anni suonati la Costituzione è tutt’altro che roba da vecchi, serve che le parole difficili di cui si compone suonino più familiari e comprensibili alle giovani orecchie e che il contenuto che essa porta si cali concretamente nel quotidiano bambino.

Ecco, con questo scopo si muove La Costituzione in tasca, costruita come un dialogo incalzante, a cui prendono parte, oltre a Emma e Giovanni, anche personaggi di natura teatrale come Pausa e Tafferuglio – che marcano momenti riflessivi e di acceso dibattito – e di natura storica come Piero Calamandrei. Ai loro interventi si alternano poi le citazioni di alcuni articoli, presi in ordine sparso e citati nella loro forma ufficiale, ma anche notizie e riflessioni che aiutano a collocare la stesura della Carta in un preciso momento storico per mano di persone in carne ed ossa (bellissimo, per esempio, il riferimento alle 21 madri costituenti che si tennero per mano durante il voto per il ripudio alla guerra). Il risultato è un testo composito che potrebbe ben prestarsi a un’interpretazione su palcoscenico ma che al contempo sviscera con parole chiare un testo apparentemente antico e distante, rendendolo la base ideale per un confronto tra pari in classe. Non è, se vogliamo, una lettura di evasione, ma è una lettura che rende stimolante l’avvicinamento a un testo che merita di essere interiorizzato da tutti i cittadini, anche e soprattutto quelli del futuro. Il fatto poi che proprio un testo che promuove la conoscenza della Costituzione sia stampato ad alta leggibilità – con font leggimi e caratteristiche di impaginazione più amichevoli anche per il lettore dislessico – è una piccola importante attenzione a quello che è, non a caso, uno dei diritti – quello alla cultura – sanciti dalla Carta.

La Costituzione in tasca rispecchia in pieno l’impegno che da sempre Sinnos profonde in favore della legalità e della cittadinanza attiva attraverso il potentissimo strumento dei libri. Nato in seno a un progetto importante intitolato BILL – La biblioteca della legalità, il volume è stato scritto da due persone che il diritto lo conoscono a fondo e che con cura si dedicano a renderlo maneggiabile da bambini e ragazzi. Il lavoro di avvicinamento alla Carta costituzionale fatto da Valeria Cigliola ed Elisabetta Morosini, che di mestiere fanno i magistrati, è infatti attento e profondamente mosso dalla convinzione che il rispetto della Costituzione passa prima di tutto dal sentirla propria e vicina. In questo senso, interessante e apprezzabile è anche il gioco di carte proposto alla fine del volume, con tutto il necessario da staccare e ritagliare, per  far sì che le parole che raccontano i nostri diritti e doveri diventino qualcosa di concreto che muove con leggerezza pensieri e confronti.

“La Costituzione sono io.
La osservo, la leggo, la prendo, ci gioco, la mangio a colazione con la cioccolata calda e le frittelle.

Hank Zipzer mago segreto del ping-pong

Inizia un nuovo anno scolastico alla SP87, il quinto per Hank e i suoi amici di sempre, Ashley e Frankie. E inizia col botto, a dire il vero, se si considera che al posto della nuova attesissima insegnante, la classe di Hank si ritrova sulle croste l’arcinota signorina Adolf e che la prima iniziativa che coinvolge l’istituto è una Parata degli Atleti in cui ognuno può mettere in mostra i suoi talenti sportivi. E se la prima disgrazia in qualche modo è sopportabile (sono quattro anni, d’altronde, che Hank si allena a sopravvivere alla rigidità dell’insegnante), la seconda ha un che di catastrofico. La predisposizione sportiva non è infatti tra le qualità più spiccate di Hank, data la difficoltà di concentrazione e coordinamento associata al suo Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Non a caso le selezioni per la squadra di calcio fatte dall’allenatore Gilroy sono un vero e proprio fiasco per il ragazzo, a cui non resta che rassegnarsi a un vergognoso futuro da scaldapanchine e raddrizzatore di coni. O forse no?

Complice il premuroso nonno Papà Pete, Hank scoprirà una disciplina in cui non solo ha talento ma soprattutto si diverte: il ping pong. Da lì in poi sarà tutto un allenamento per sviluppare le tre fatidiche C – Concentrazione, Controllo e Convinzione – e soprattutto per accettare il fatto che il giudizio degli altri non ha il diritto di minare la soddisfazione e gli sforzi (sportivi e non) di qualcuno. Alla faccia del fastidioso Nick McKelty, fortemente motivato a denigrare la scelta sportiva di Hank, questi avrà l’occasione di dimostrare a tutti che il ping pong è uno sport con la S maiuscola e che chi lo pratica può essere molto coraggioso e altruista, oltre che atletico.

Nona avventura della serie ideata da Henry Winkler e Lin Oliver, Hank Zipzer mago segreto del ping-pong vanta le caratteristiche di alta leggibilità (font senza grazie, sbandieratura a destra, assenza di divisioni sillabiche, spaziatura maggiore, a capo secondo il ritmo e la struttura della frase) che, insieme a uno stile spassoso, a vicende avvincenti e a una squadra di personaggi irresistibile, ha reso il personaggio piuttosto noto e amato. Senza per nulla risentire di un appiattimento dovuto all’alto numero di episodi pubblicati – aspetto tutt’altro che trascurabile – la serie di Hank Zipzer ha l’apprezzabile merito di aprire possibilità di lettura soddisfacente e piena anche a bambini e ragazzi che con la lettura non vanno propriamente d’accordo, non solo grazie agli importanti accorgimenti tipografici indicati ma anche grazie a storie che sanno coinvolgere e divertire senza rinunciare alla ricchezza di contenuto . La dislessia, da cui il protagonista è emblematicamente contraddistinto, è qui trattata inoltre con un’ironia sempre rispettosa, quella che viene da una conoscenza diretta e che dà alle difficoltà un risvolto narrativo pratico, offrendo così strumenti preziosi per capire e per capirsi. In quest’ultimo episodio, per esempio, viene messa in luce la questione della concentrazione e del coordinamento occhio-mano che tanta parte ha nella definizione del disturbo di Hank. Le informazioni riportate sono utili e pertinenti ma mai posticce o dall’intento divulgativo fuori contesto ed è proprio la loro rielaborazione hankesca a renderle in definitiva davvero spendibili:

Mi chiedo se da qualche parte c’è un’officina meccanica per cervelli, dove puoi portare il tuo cervello e loro ci lavorano mentre aspetti. Riparatemi il meccanismo della concentrazione. E già che ci siete, controllatemi anche acqua e olio, grazie.

Che favola, Mattia

Quella di Mattia è una storia di sogni e passioni che aiutano a superare ostacoli e difficoltà. Mattia è infatti un bambino dalla spiccata immaginazione che ama sentirsi raccontare e inventare storie fin da quando è piccolissimo. Con l’arrivo alla scuola elementare il suo interesse per la narrazione si scontra però con una certa difficoltà nella lettura e nella scrittura: lettere che si spostano, siscambiano, si compongono sulla pagina in maniera differente da come aveva previsto. Mattia scopre così di essere dislessico ma la sua tenacia e la sua passione per le storie lo portano a impegnarsi con ancora maggiore dedizione per riuscire ad avere la meglio sulle parole.  Sarà proprio questo impegno, unito a una sorprendente valorizzazione del suo talento da parte di maestra e compagni, a far sì che la storia di Mattia trovi un lieto fine.

Con un testo piano dai toni spiccatamente positivi e illustrazioni piacevoli he accompagnano discretamente la lettura, Che favola, Mattia racconta difficoltà e possibilità di un bambino dislessico, cercando di alimentare l’autostima di chi condivide con il protagonista un rapporto ostico con la scrittura. A supporto di tale intento va senz’altro anche l’apprezzabile scelta dell’editore Acar di pubblicare il volume utilizzando un font ad alta leggibilità, un carattere maiuscolo e una spaziatura tra lettere, parole e righe maggiore.

Maionese, ketchup o latte di soia

Élianor è nuova a scuola: secca secca, pallida pallida e silenziosa come pochi, la ragazza è da subito vittima di scherni e angherie da parte dei compagni. Non che serva per forza un motivo per finire vittima dei bulli, ma questi pensano bene di bersagliarla per il suo presunto insolito odore. E così, in meno di un giorno di scuola, Élianor diventa per tutti la ragazza che puzza. Per tutti tranne uno, a dire il vero: per Noah, infatti, l’odore può raccontare a suo modo la storia delle persone, creando invisibili forme di relazione e contatto, e per questa ragione non esita ad avvicinarsi alla ragazza. Sarà un incontro turbolento il loro, sia perché li porta a sfidare la prepotenza di teppisti come Sylvester sia perché li porta a mettere faccia a faccia due quotidianità molto distanti tra loro. Come può una ragazza che vive con un guru scalzo e che si ciba di strani intrugli naturali  trovare qualcosa in comune con un ragazzo cresciuto a cola e merendine? Sarà necessario per i due andare più a fondo di una dieta per scoprire che ci si può incontrare nelle comuni esperienze di vita, emozioni e rispetto della diversità.

Fresco e avvincente, il racconto di Gaia Guasti parla in modo schietto e diretto alle orecchie dei giovanissimi, trovando così il modo più efficace di dare spazio a cose vere e complesse come il bullismo e la tolleranza. Nei pensieri di Noah ed Élianor, nelle dinamiche tra i banchi di scuola, nelle storie nascoste dei singoli personaggi, si percepisce infatti un’adolescenza palpitante. E brava davvero è l’autrice a coglierla e restituirla nella sua ricchezza. Già edito nel 2016 da Camelozampa, Maionese, ketchup o latte di soia è ora ripubblicato dall’editore padovano in una snella e apprezzabilissima versione ad alta leggibilità che sfrutta il font Easyreading e un’impaginazione più ariosa del testo.

Contro corrente

Emily è una ragazzina degli anni venti, curiosa e intraprendente. A differenza di molte coetanee, della madre e della sorella, non mostra grande interesse per pizzi e merletti ma coltiva una grande passione per il nuoto. È stata la cugina Gertrude, professionista della disciplina e vincitrice negli stessi anni di un’olimpiade e del record di traversata femminile della Manica, ad accendere la scintilla per questo sport il giorno in cui le ha regalato il suo costume da bagno. Come un segno del destino, quel dono sosterrà Emily nei suoi allenamenti segreti e osteggiati in compagnia dell’amico Leo, fino al compimento della sua piccola grande impresa di nuoto al lago.

La vicenda di Emily, inventata ma ispirata alla storia vera della nuotatrice newyorkese Gertrude Ederle, è portata all’attenzione dei lettori dal fumetto edito da Sinnos con un garbo e una cura rari. Alice Keller ha infatti la capacità speciale di raccontare le storie, vere o inventate che siano, con una pacatezza che ammalia e tiene sospesi, un po’ come quando si tira il fiato e ci si immerge in fondo a un lago. È un racconto pulito il suo, talvolta ironico e talvolta secco, un racconto che non prova mai a spiegare le emozioni preferendo di gran lunga lasciare che vengano a galla da sé, naturalmente. A sostenerlo, echeggiarlo e completarlo, le leggiadrissime tavole – ora a tutta pagina ora in formato mignon – di Veronica Truttero. Il risultato è un fumetto che appassiona con grande leggerezza, facendo dell’apprezzabilissima sintonia tra le autrici, la chiave di volta per tenere agganciato il lettore.

Cappuccino e Cappuccetto

La storia di Cappuccetto Rosso la conosciamo tutti, ma la versione che propone Fulvia Degl’Innocenti in Cappuccino e Cappuccetto si discosta un po’ dal racconto consueto. Non solo perché la protagonista è qui una bambina moderna, con lo zaino sulle spalle, uno skateboard in mano e una fermata del bus sotto casa, ma anche perché nel fitto del bosco dove si reca per portare una torta alla nonna malata, le cose non vanno proprio come ci si aspetta. L’incontro con il lupo, ben lontano dallo stereotipo di bestia feroce e pericolosa, scioglie infatti pregiudizi e timori in quella che diventa una scampagnata in compagnia. Perché, come recita il testo, “in due è più difficile perdersi”.

Costruito in modo tale da poter essere letto in un senso e nell’altro, portando da un lato la storia del lupo Cappuccino e dall’altro quella della ragazzina Cappuccetto Rosso, Cappuccino e Cappuccetto fa incrociare le due storie proprio nel mezzo, invitando implicitamente a una riflessione sull’importanza del punto di vista. Stampato come gli altri albi della casa editrice Terra Nuova con font OpenDyslexic, il libro intende consentire una più agevole fruizione della storia anche da parte di bambini con dislessia.

Lo sport non fa per te

Lettori goffi, atleticamente insoddisfatti o poco performanti, attenzione: questo libro è per voi! Maniaci dello sport, difensori della performance al top e professionisti del “tu non puoi giocare”, attenzione: questo libro è anche per voi! Lo sport non fa per te è infatti un inno scanzonato allo sport come contenitore di tante abilità e talenti diversi e come fonte di autentica gioia e appagamento. Tra le sue pagine si susseguono bambini di ogni sorta che, pur apparendo schiappe in uno sport, scoprono di potersi divertire con successo in un altro. Così Michele,a cui il pallone scappa dai piedi, si scopre un asso della pallanuoto; Viola, che a pallanuoto beve solo un sacco d’acqua, può esprimersi con grazia nella ginnastica; e Sara, che a ginnastica non fa che aggrovigliarsi, impara a sfruttare la sua altezza fuori norma per canestri vincenti. E così via, secondo una struttura ciclica che restituisce a tutti (i bambini perlomeno!) il diritto allo sport.

Un tema importante, questo dell’attività fisica prima di tutto come occasione di benessere: tema che gli autori di Lo sport non fa per te declinano in modo felicemente scanzonato e brillante. Federico Appel- che per Sinnos aveva già firmato un importante lavoro dedicato allo sport con la graphic novel Pesi Massimi – torna qui a occuparsene con uno sguardo e un approccio completamente diversi. Versatilissimo nel suo modo di dare forma a un contenuto, l’illustratore dà qui vita a figure dinamicissime, brulicanti e divertenti che danno un bel ritmo alla pagina e vanno a braccetto con i testi ironici di Paolina Baruchello, anche lei già nota all’affezionato lettore di Sinnos per la graphic novel Pioggia di primavera, di tutt’altro segno rispetto a questo volume. Il loro lavoro è vivace su tutti i fronti, anche quello dell’impostazione grafica della pagina che, unita alle consuete scelte tipografiche di alta leggibilità, concorre a offrire anche a lettori con poca dimestichezza o con qualche difficoltà di approccio al testo, una lettura snella che cattura e coinvolge.

Mio nonno gigante

Metti che un giorno ti svegli e ti ritrovi il nonno alto sei metri: un nonno gigante che si aggira in mutande e ciabatte per la città, come un novello King Kong con la dentiera. Cosa fai? Bella domanda! Se lo chiede anche la famiglia Brodino alla quale questa strana avventura effettivamente è capitata. Mio nonno gigante, nato dalla penna scanzonata di Davide Calì, è proprio il racconto di quella mattina insolita in cui la mamma smette di cercar mosche nella tazza di te, il papà smette di controllare se ha vinto alla lotteria, Brodino-figlia smette di pesare le fette biscottate e Brodino-Figlio smette persino di ascoltare i Cani Lagnosi per andare a cercare il nonno colosso: una rincorsa improbabile che scomoda persino generali ottusi dell’esercito e si risolve (si fa per dire), infine, con un astuto stratagemma culinario. Gli anziani, si sa, tocca prenderli per la gola…

Con un racconto che mescola con grande sapore dimensione reale e surreale, non solo negli eventi ma anche nelle parole dei protagonisti, Davide Calì invita i bambini a una lettura che scorre spassosa e originale. Straordinariamente adatta a una condivisione ad alta voce – grazie ai dialoghi ritmati e spiazzanti, all’uso arguto di elenchi e climax e a una narrazione che garantisce un sorriso fisso in volto – Mio nonno gigante offre altresì una ghiotta occasione di lettura autonoma per bambini alle prime armi, anche poco invogliati o propensi a scegliere un libro, a causa di difficoltà legate ai DSA. Le caratteristiche tipografiche care alla casa editrice (font specifica biancoenero, carta color crema e opaca, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, corrispondenza tra punteggiatura e a capo) che garantiscono l’alta leggibilità del volume si sposano infatti a un testo piacevole da seguire e sostenuto da illustrazioni a loro volta molto ironiche. Il risultato è un libretto snello che mette a proprio agio, diverte e dà al piccolo lettore grandi soddisfazioni.

La maialina, la bicicletta e la luna

Se nella fattoria passa un giorno un bimbo in bicicletta, si può star certi che qualcuno degli animali desidererà con forza il suo mezzo a due ruote. E quel qualcuno, nella fattispecie, è la maialina Viola. Determinata come pochi, Viola si appropria di nascosto della bicicletta e le prova tutte per farla stare in equilibrio, accettando con stoicismo capitomboli e bozzi, studiando ingegnosi sistemi di sicurezza e propulsione e sopportando perfino irrisioni e beffe dei compagni d’aia. Come vada a finire la sua storia di sogni e pedalate non lo sveliamo e non lo svela fino in fondo nemmeno l’autore, lasciando al lettore il gusto di un delizioso finale semiaperto.

Proposto da Sinnos all’interno della collana Prime letture, La maialina, la bicicletta e la luna vanta un equilibrio studiatissimo tra testo in stampatello maiuscolo, misurato e ben distribuito e illustrazioni a tutta pagina o frequenti. Come gli altri volumi della collana, anche questo sfrutta font e impaginazione ad alta leggibilità e si presenta in un formato maneggevole e pratico. Tutti questi aspetti, uniti alla personalità travolgente di Viola, all’ironia sottile del testo e a quella sfacciata delle illustrazioni, al dialogo ben oliato tra testo tradizionale e sparuti baloons fa del lavoro di Pierrette Dubé e Orbie un’occasione di lettura davvero curata e incentivante per bambini alle prime armi, con o senza dislessia.

Super P

Di supereroi ce ne sono tanti ma quanti possono vantare una superpipì? Non molti, certo. A parte Super P, il cui insolito superpotere si rivelerà determinante quando, con Superman influenzato, Spiderman in deshabillé, Mega Cindy in castigo e Batman a letto, la città rischia di cadere in mano all’abominevole Uomo delle Nevi. Ironico e scanzonato, l’albo firmato da Benjamin Leroy e JaapRabben riesce a trattare un tema insieme spassoso e critico come quello del controllo della pipì, restituendogli con il sorriso l’eroicità che dal punto di vista bambino merita.

Così, con grande divertimento di chi legge e grazie a un personaggio irresistibile, Super P dice con ammirevole nonchalance dei superpoteri che si nascondono dove meno ci si aspetta di trovarli e della straordinaria normalità delle piccole battaglie che ogni lettore quotidianamente compie. Azzeccata e arguta, in questo, l’attenzione riservata dall’illustratore ai piccoli dettagli (come il cestone colmo di vestiti sporchi in bagno, i giocattoli in disordine in ogni casa rappresentata, la varietà di personaggi, compreso il bimbo in carrozzina, che celebrano l’impresa di Super P) che danno un gusto familiare e vero a una storia da veri supereroi.

Super P è particolarmente interessante anche per la trasversalità del suo pubblico. Adattissimo, per tema, equilibrio tra testo e immagini e lunghezza, a bambini in età prescolare per i quali l’argomento pipì è di scottante attualità, il libro strappa sorrisi garantiti anche a lettori di qualche anno più grandi. Ecco dunque che in un solo volume si intravedono possibilità di lettura multiple: da quella ad alta voce di un adulto a un piccolino a quella in autonomia di un lettore alle prime armi (anche con difficoltà legate alla dislessia, data la scelta della  font e delle caratteristiche di impaginazione). Il tutto senza tralasciare una terza opzione: quella in cui il lettore autonomo e il fratellino più piccolo si incontrano in uno speciale momento di lettura a due. Se non è un superpotere questo!

Alex e Axel

Se è vero che nomen omen, allora il legame speciale che unisce Alex e il cane Axel che abita vicino a lei pare predestinato dalla somiglianza tra i loro nomi. È tuttavia un legame tanto forte quanto osteggiato, il loro: il padrone di Axel è infatti un uomo scorbutico e scostante, tutt’altro che favorevole alle attenzioni che ogni giorno la ragazzina rivolge al suo cane. Alex non cede, però, alle proteste del signor Alberto, soprattutto quando si accorge che questi non offre al povero Axel la libertà di movimento che meriterebbe e che anche il cane – ringhioso e aggressivo verso chiunque tranne lei –  manifesta nei suoi confronti un attaccamento fuori dal comune. Da lì in poi, Alex farà di tutto per stare vicino al suo amico peloso e per fargli avere il dovuto svago: compreso scavalcare la recinzione del signor Alberto e portare Axel a spasso di nascosto. Quando però l’effrazione viene scoperta Alex passerà un brutto guaio e solo la sua straordinaria affinità con Axel riuscirà a ribaltare la situazione critica in cui la ragazzina viene a trovarsi, ricucendo rapporti compromessi e liberando da fantasmi del passato.

Alex e Axel è un libro che fa parte della serie azzurra del Battello a Vapore: è destinato ai bambini dai sette anni in su ma richiede una certa pratica di lettura. Il testo ha già infatti un certo spessore e non trascura parti riflessive e sottesi che richiedono una certa dimestichezza nel lettore. La scelta editoriale di pubblicare il libro ad alta leggibilità – con font specifico, paragrafi distanziati e non giustificati, spaziature maggiori e assenza di sillabazione – viene dal canto suo incontro alle esigenze di bambini con disturbi specifici dell’apprendimento che non vogliono rinunciare al gusto di storie appassionanti.

L’uomo che lucidava le stelle

L’uomo che lucidava le stelle è un uomo munito di secchi, stracci e  spazzolone con i quali si dedica – così  dice – a far brillare gli astri della notte. Non che Nicola, protagonista e narratore della storia, lo abbia mai visto all’opera ma quella figura adulta così strana e suggestiva segna profondamente i suoi ricordi di bambino e acquisisce una credibilità che stenta a trovare consensi nel mondo adulto. Non a caso quest’ultimo trova spazio nelle giornate e nei racconti di Nicola solo quando, per una ragione o per l’altra, dimostra di conservare uno spirito genuino e sognatore che è tipico dell’infanzia. Così, nei pomeriggio di gioco intorno al laghetto, insieme a Nicola e agli altri ragazzi, ci sono solo adulti sui generis – gli strambi del paese – quelli che avrebbero tante cose da dire ma faticano tra i grandi a trovare ascolto. Così le loro storie di matrimoni pluririmandati a cui i maialini, ahimé, non sono invitati, di incomprensibili reclusioni e di pietre da collezione capaci di parlare trovano ascolto solo negli orecchi acerbi dei piccoli come Nicola a cui appare molto chiara l’importanza di non fermarsi all’apparenza per guardare nel profondo degli individui.

L’uomo che lucidava le stelle è un libro dai toni spiccatamente onirici e metaforici, fuori dagli schemi abituali. Anche per questo, nonostante l’impaginazione ad alta leggibilità che lo rende più fruibile e amichevole alla vista anche in caso di DSA, non risulta immediatissimo e facilissimo da seguire. Si tratta però di un libro molto suggestivo e denso, che si presta a stimolare riflessioni, interpretazioni e confronti nei bambini e nei ragazzi.

La rana ballerina

Ogni famiglia ha le sue storie di antenati, ma sfido a trovarne di pazzesche come quelle della famiglia di Jo. Per competere servono perlomeno un leone e un iceberg. O – minimo minimo – una rana ballerina. Facile dunque capire perché Jo sia così desideroso di conoscere le peripezie dei suoi parenti bislacchi. Ecco allora che la mamma, seppur stanca, lo accontenta con un racconto davvero straordinario. Protagonista è la zia Gertrude che,  perso il marito marinaio in mare, trova inaspettata consolazione nell’incontro con una rana. Non una rana qualsiasi, ma una rana di nome George che balla divinamente quadriglie, polke e danze scozzesi. Così i due iniziano a girare per il mondo, animando i teatri più prestigiosi con uno spettacolo sensazionale che trova picchi di successo anche in circostanze piuttosto indesiderabili come un incendio in albergo. La tournée, la preparazione dei numeri e il meritato riposo nella casa di campagna francese offrono momenti di grande gioia condivisa alla rana e alla ragazza di cui – non ci si spiega proprio come – quasi nessuno oggi si ricorda.

L’incredibile storia di George e Gertrude ha lo spirito asciutto delle narrazioni orali e lo sprint inconfondibile dei racconti marchiati Quentin Blake. Frizzante nel tratto, l’autore profonde la stessa cifra anche nel testo che appare così leggero, snello e piacevolissimo. Perfetto, insomma, per trovare posto nella collana leggimi! di Sinnos che applica i criteri tipografici dell’alta leggibilità a una serie di storie selezionate per la capacità di catturare il lettore e tenerlo agganciato. La storia de La rana ballerina, che in poche righe racchiude con leggerezza i momenti più bui e più luminosi di una vita, si presenta così in un formato tascabile e accattivante in cui ogni pagina accoglie una paio di paragrafi al massimo, ben distanziati e accompagnanti da un’illustrazioni a colori che pare davvero danzare.

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina

Un giorno Giulio Coniglio si sveglia e trova fuori da casa sua un bellissimo camper che reca scritto “Gelsomina”, ossia il nome della  famosa leprotta ballerina che ne è proprietaria. Gelsomina fa rapidamente la conoscenza di Giulio e dei suoi amici, accorsi appositamente ed elegantemente agghindati per l’occasione, deliziandoli con un meraviglioso spettacolo di danza. Un po’ meno movimentata delle altre avventure, Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina ha un ritmo più lento e punta l’attenzione sull’emozione di fare nuovi incontri.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto significa, per i bambini con qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

 

Giulio Coniglio e il picnic con la balena

Quando la balena Bernarda e il pinguino Pedro vanno fanno visita a Giulio Coniglio e ai suoi amici è una vera festa. L’accoglienza calorosa a base di succo di carota e frittelle è ben gradita dai due ospiti che ben si prestano a far trascorrere ai padroni di casa un intenso pomeriggio di sguazzate al fiume. C’è chi come topo Tommaso si tuffa senza timore tra le onde e chi come Giulio preferisce guardare. Ognuno è a suo modo, e va bene così. Poi scende la sera e la fatica cala, ma anche il momento di dormire può trasformarsi in una bella occasione per dimostrarsi amici affettuosi e accoglienti.

I testi di Giulio Coniglio e il picnic con la balena sono leggermente più brevi rispetto ad altri della medesima serie, il che rende il volume particolarmente adatto a un primo tentativo di approccio autonomo. Essi risultano inoltre arricchiti da brevissimi fumetti (composti da una o due parole) che dinamizzano la pagina e il racconto, offrendo tra l’altro una possibilità di divisione nei compiti di lettura (“io leggo questi, tu leggi il resto”) che può contribuire a rendere le prime esperienze autonome più graduali  e in quanto tali piacevoli.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e il pic nic con la balena fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini significa, per chi ha qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

Giulio Coniglio e la nave pirata

Quando un libro o una serie di grande successo vengono riproposti in una forma nuova, che consente l’accesso a un maggior numero di giovani lettori, è sempre una buona notizia. Ecco perché val proprio un festeggiamento la pubblicazione di alcune delle Giocastorie di Giulio Coniglio in una versione ad alta leggibilità che sfrutta il font leggimiprima (messo a punto e concesso all’editore da Sinnos). Scelte editoriali come questa concretizzano realmente, infatti, la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze legate, per esempio, ai Disturbi Specifici dell’apprendimento. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini di pochi anni significa potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. Le Giocastorie, peraltro, si prestano bene a venire incontro a lettori inesperti o in difficoltà, non solo per l’appeal straordinario dei personaggi, ma anche per la struttura lineare del racconto, il rapporto bilanciato tra immagini e testo, l’aspetto snello, tascabile e gradevole dei volumi  e la scrittura a misura di bambino ma non sciatta.

In Giulio Coniglio e la nave pirata l’istrice Ignazio propone agli amici di giocare ai pirati, procurando addirittura una barca vera con tanto di bandiera nera. Regola ferrea: divieto assoluto per le femmine di partecipare. Così Ignazio, Giulio e il topo Tommaso trascorrono un maschilissimo pomeriggio solcando le onde. Quando però la barca si incaglia, la sera scende e la mancanza di carote inizia a farsi sentire, i tre amici si scoraggiano sicché il salvataggio generosamente messo a punto dalle amiche femmine – la mucca Maddalena e l’oca Caterina – viene accolto con straordinaria felicità e festeggiato con una meritata pizza condivisa.

Madelief. Lanciare le bambole

Ci sono tre ragazzini irresistibili – Madelief, Roos e Jan-Willem – e c’è un autore pluripremiato –Guus Kuijer – che ne immagina e racconta con grande ironia le piccole grandi avventure. Nasce così il primo volume di una serie gustosissima e divertente, capace di immortalare quel delicatissimo passaggio esistenziale che porta dall’infanzia a ciò che la segue, offrendo al lettore in crescita un piacevole ritratto in cui ritrovarsi.  Tra le pagine di Madelief. Lanciare le bambole i protagonisti vengono colti nel loro inventare giochi e coltivare hobby, affrontare sentimenti contrastanti, avere a che fare con adulti talvolta complici talvolta incomprensibili. E così i tre, di capitolo in capitolo, persuadono il lettore a seguirli mentre salvano un piccione, sfidano dei bulli, scampano vestiti imbarazzanti o si stuzzicano con innocui scherzi.

Che siano bambini degli anni settanta (le avventure di Madelief sono state pubblicate per la prima volta in Olanda nel 1975) lo si può evincere da alcuni dettagli (come la passione smodata per i cowboy, l’uso di una macchina da scrivere per redigere un giornale o l’incontro con un venditore di fiori porta a porta) ma son dettagli per davvero, a cui quasi non si bada, perché qui a colpire davvero il lettore è la freschezza del racconto e quello spirito irriverente tipico dell’infanzia che l’autore coglie con grande naturalezza. Con un sonoro ciao ciao agli stereotipi e ai buoni sentimenti (ah, come erano avanti nel nord Europa già quarant’anni fa!), il libro di Guus Kuijer conquista per la sua candida schiettezza che non teme di dare a una protagonista travolgente come Madelief una personalità complessa, fatta anche di difetti.

Non lasciatevi scappare questo libro e tenete d’occhio il suo seguito (altri quattro volumi fanno parte della serie ma non sono ancora pubblicati in Italia). Oltre a proporre personaggi davvero sinceri e fuori dal comune, Madelief offre una possibilità (rara!) di lettura realmente accessibile anche in caso di difficoltà legate alla dislessia o a una scarsa propensione a un’immersione tra le pagine. Non solo il libro presenta caratteristiche di alta leggibilità – grazie al font Easyreading,  la spaziatura maggiore tra righe e parole, la sbandieratura a destra, la sillabazione evitata e la separazione netta tra i paragrafi – ma si compone anche di capitoli molto brevi e perlopiù autonomi che consentono una flessibilità di lettura felicemente modulabile in base alle esigenze del lettore. Ogni capitolo corrisponde cioè a una micro-avventura, godibile in sé oltre che nella cornice generale. E questo aspetto, tra gli altri, non è da sottovalutare perché oltre a stuzzicare anche i lettori meno scafati, sotto sotto dice anche dell’impegno dalla casa editrice Camelozampa a non fare dell’alta leggibilità solo un’etichetta vuota ma una scelta frutto di un pensiero accorto.

Quattro viaggi straordinari

Invenzioni avveniristiche, viaggi avventurosi, missioni delicatissime ed esplorazioni misteriose: dentro i Quattro viaggi straordinari di Luigi Capuana c’è tutto questo, peraltro impastato in una forma snella e accattivante. Nonostante i loro annetti, i racconti dell’autore siciliano mantengono infatti uno spirito fresco che può incontrare anche il favore di ragazzini d’oggi. La lingua certo, è, ricercata e il fraseggio è di un certo respiro ma l’appeal dell’invenzione narrativa e il bel lavoro editoriale fatto dalla Splen restituiscono ai racconti una veste piacevole e moderna. Basterà poco quindi per tuffarsi sulle ali di un marchingegno volante, alla ricerca di un popolo di scimmie, nelle profondità di una grotta oscura, naufraghi su un’isola selvaggia e godersi un viaggio tanto breve (il che significa lettura abbordabile!) quanto straordinario.

Il cofanetto proposto da Splen si presenta al contempo amichevole ed elegante. Apprezzabilissima, in particolare, la scelta di affidare le illustrazioni a pennelli diversi – Santo Pappalardo, Lucia Scuderi, M. Rachele Fichera, Riccardo Francaviglia e Margherita Sgarlata -, ciascuno con un carattere particolare. In questo modo la fantasia sfrenata dell’autore, lasciata correre attraverso tempi e mondi lontani, trova eco e valorizzazione. Da non sottovalutare, infine, l’attenzione riservata ai lettori con dislessia. I Quattro viaggi straordinari sono infatti pubblicati con font Easyreading che rende meno ostica la decodifica testuale e resi disponibili anche in versione ebook con maggiori possibilità di personalizzazione della lettura.

Bombo all’avventura

Il protagonista di Bombo all’avventura è un bombo curioso e amichevole che si avvicina con fare pacifico a tutte le creature che incontra sul suo cammino, siano esse umani o animali.

Nella prima storia che compone il volume (Bombo e il gigante), l’insetto vola verso l’alto, attratto dagli indumenti sgargianti, dalle lunghe gambe e dai due occhi grandi della bimba in cui si imbatte. Il loro è un avvicinamento silenzioso e timoroso, che lascia però presagire possibilità future di incontro sereno.

Nella seconda storia (Grazie bombo!), invece, il bombo è portato a dirigersi verso il basso e più nello specifico verso la tana di una puzzola di cui scova casualmente l’accesso.  Qui farà la conoscenza non solo della proprietaria di casa ma anche della tartaruga e dello scoiattolo suoi amici. I tre condividono il cruccio per gli sgarbi arrecati dalla vicina vipera ma Bombo, con sguardo lucido e fervida inventiva, saprà risolvere il loro problema con un piano  a base di more smemorine: un successo che casca a fagiolo per trovare nel bosco nuovi amici con cui giocare!

Unite non solo dalla presenza del medesimo personaggio, le due storie di Bombo all’avventura si contraddistinguono per lo stile affabile di Elisa Mazzoli che costruisce il suo racconto – più semplice o complesso che sia – dosando con perizia le ripetizioni, una sensibilità vicina all’infanzia e diverse velocità narrative. Quest’ aspetto, unito alla simpatia delle immagini firmate da Febe Sillani, rendono il volume particolarmente amichevole e apptibile anche in caso di difficoltà di lettura.

 

LA COLLANA TANDEM

Bombo all’avventura  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

La fata distratta

Chi non ha mai desiderato di avere una bacchetta magica per risolvere in quattro e quattr’otto (o, per meglio dire, in uno zicche zacche, cicche ciacche) qualsiasi incombenza? Ebbene, sembrerà incredibile ma capita altresì che chi la bacchetta la possiede – come la Fata Brunella – possa desiderare di sbarazzarsene.

Se nella prima storia de La fata distratta (Le formule matte), infatti, la fata perde involontariamente il suo quaderno delle formule magiche, offrendo alla piccola Tina di cimentarsi per un giorno con innocui scherzi e minimi incantesimi, nella seconda storia (La torta magica) finisce per ritirare intenzionalmente il suo gingillo magico a seguito di una giornata particolare. Non ricordando inizialmente dove avesse cacciato la bacchetta, Fata Brunella è costretta a gonfiare le ruote della biciletta, pedalare fino al negozio, cucinare la torta per i suoi amici e rassettare tutto. In questo modo la sua giornata passa in un soffio e con grande soddisfazione, tanto da convincerla a ritirare il ritrovato strumento in una scatola nell’armadio.

Scritte con uno spiccato gusto per il ritmo e per la ripetizione, le due storie che compongono La fata distratta si prestano a letture autonome  piacevoli e amichevoli.

 

LA COLLANA TANDEM

La fata distratta  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Storie sotto il letto

Nessuno si è mai chiesto se i piccoli dei giganti, soprattutto quelli che abitano sotto i letti dei bambini, abbiano anch’essi difficoltà ad addormentarsi? Ebbene, Sergio Rossi lo ha fatto e ne sono nate due storie notturne che scacciano con forza la paura del buio.

Nella prima (Il gigante sotto il letto), la piccola Agnese trova finalmente il modo di addormentarsi grazie ai gessetti della notte che le regala il Gigante che abita sotto il suo letto. Sono gessetti speciali che cancellano i brutti sogni per disegnarne di nuovi, più belli. Il gessetto prediletto di Agnese, in particolare, è quello blu che zittisce i tuoni, frena i terremoti e calma le tempeste, assicurando il riposo per molte e molte ore.

Nella seconda (Agnese e il ladro di milla) è il figlio del Gigante a fare la sua comparsa. Restio ad addormentarsi proprio come Agnese, questi vorrebbe ogni notte accaparrarsi un po’ della camomilla che la mamma della bambina prepara. E così ogni mattina la preziosa tazza viene ritrovata in un posto diverso, con una certa irritazione della genitrice stessa. Sarà la furba caccia al ladruncolo architettata da Agnese e dal suo fido peluche signor nanne a dare una spiegazione alle misteriose sparizioni e a permettere la nascita di una nuova inattesa amicizia.

 

LA COLLANA TANDEM

Storie sotto il letto  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Amici di spiaggia

Chi torna ogni anno in vacanza nello stesso posto sa quanto è bello ritrovarsi con gli amici della spiaggia. A maggior ragione se questi sono algosauri! Come dite? Gli algosauri non esistono?  Provate a dirlo ad Aldo, che con uno di loro ha fatto conoscenza e gioca in riva al mare!

Aldo è un bambino solare e tranquillo che tra i lettini del bagnino Delfino, i gelati del chiosco e il faro di guardia è quasi di casa. Come si racconta nella prima storia di Amici da spiaggia (Pisolino e il polipo agitato), Aldo ama farsi delle pennichella a bordo del pedalò, cullato dalle onde e accarezzato dal sole estivo. Sono momenti tanto rilassanti che sogna una terra selvaggia in cui un polipo agitato e un pacifico marinaio si incontrano e fanno amicizia. Che sia la stessa terra selvaggia da cui proviene Samantina, l’algosaura che compare nella seconda storia del volume (Il salvagente di Aldo)? Amichevole e allegra, questa arriva un giorno proprio sulla spiaggia in cui si reca il bambino e con lui si diverte a giocare. Sembrerebbe il frutto di un altro fervido sogno e invece, più reale che mai, Samatina torna il giorno seguente accompagnata dai genitori. Deve restituire il salvagente ad Aldo e promettergli che tornerà a trovarlo ancora molte volte… parola di dinosauro!

 

LA COLLANA TANDEM

Amici di spiaggia  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Gli errori del coccodrillo

Le parole sono per il coccodrillo Crocco una croce e una delizia: se da un lato passerebbe ore a sollazzarsi tra giochi linguistici e storie inventate, dall’altra gli errori ortografici sono il suo cruccio scolastico. Al punto che i suoi compagni di classe prendono a chiamarlo scherzosamente Errore. Ma dagli errori può nascere molto, e Crocco avrà occasione di dimostrarlo con forza a chi lo prende in giro per i suoi sbagli nel dettato.

Accade infatti nella seconda storia contenuta ne Gli errori del coccodrillo (Errore l’eroe), che in classe faccia la sua comparsa un nemico spaventoso che terrorizza allievi e maestra. In preda al panico questi gridano a squarciagola il soprannome di Crocco, confuso dal cattivo con la parola Eroe. Preoccupato dal possibile arrivo di un prode combattente il nemico quindi fugge, garantendo nuova fama al piccolo coccodrillo.

La storia costituisce un invito leggero a fare dell’errore un’occasione di creatività, cosa che può accadere e dare buoni frutti soprattutto in una scuola capace di accogliere le differenze e mostrarsi flessibile. Efficacissima, in questo senso, la prima storia del volume (Salti e voli), in cui la maestra di Crocco sa valorizzarne la predisposizione all’osservazione attenta, all’immaginazione e alla divagazione poetica, trasformando il suo tragitto da casa a scuola di ogni giorno in una possibilità di apprendimento per l’intera classe.

 

LA COLLANA TANDEM

Gli errori del coccodrillo fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Nuvole di drago

Non tutti i draghi sono uguali: c’è chi sputa fuoco, come nella miglior tradizione, e chi dalla bocca non produce nemmeno un po’ di fumo. Così Beo, protagonista di Nuvole di drago, non presenta nessuna attitudine alla produzione di  fiamme. Ogni volta che prova a imitare i suoi fratelli, il risultato è un disastro anche perché per accendere il fuoco tra le fauci occorre pensare cose davvero spaventose, attività che a lui riesce proprio difficile. Perché Beo è in realtà un draghetto sognatore, che ama passeggiare in riva al lago, fare pensieri e osservare le nuvole.

Non a caso, nella prima avventura raccolta nel libro (Beo salva una nuvola) il draghetto si incanta di fronte a una nuvoletta incastrata tra i rami di un albero e sogna di portarla a casa con sé. Ma il desiderio di possesso si scioglie facilmente di fronte alla possibilità di fare una buona azione e spingere con un soffio la nuvoletta dalla sua mamma.

Ma l’amore per le nuvole non è solo una velleità da drago poeta. Nella seconda avventura che lo vede protagonista (Fuoco o nuvole?) Beo scopre infatti che produrre fuoco dalla bocca può essere molto utile, ma che altrettanto può esserlo sapere spegnere le fiamme producendo nuvole temporalesche dal naso. Ecco allora che la sua conoscenza, la sua peculiarità e la sua passione consentono di domare un piccolo incendio divampato in casa, suscitando ammirazione e gratitudine nei draghi che gli stanno accanto.

 

LA COLLANA TANDEM

Nuvole di drago fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Il ladro di risate

Il paese di Risolandia è una piccola oasi felice: gli abitanti qui sono sempre contenti, consapevoli che per godersi la vita conviene prenderla alla leggera. Nulla sembra poter scalfire questi  inguaribili ottimisti, guidati da un sindaco che è un autentico leader dell’entusiasmo. Eppure un giorno arriva un ladro meschino che, con l’aiuto di una strega scienziata, mette a punto una macchina ruba-risate che mette a dura prova l’inscalfibile allegria di Risolandia. Saranno i bambini, portatori sani di risate, a escogitare un piano arguto per restituire al paese (ma anche la ladro e alla strega) la contentezza che lo contraddistingue.

Pubblicato da Gribaudo all’interno della collana Facile! che privilegia storie semplici e stampate ad alta leggibilità, Il ladro di risate propone un racconto piano e lineare, agevole da seguire e animato da illustrazioni frequenti: caratteristiche volte a renderlo più apprezzabile e fruibile anche in caso di dislessia.

Un giorno speciale

La gentilezza genera gentilezza: è un dato di fatto! Parola di Martino, che un giorno mette un bigliettino speciale nella tasca di suo papà e che alla sera, in virtù  di una catena di gesti garbati nati proprio da quel pensiero carino, si ritrova a festeggiare l’onomastico della mamma con una deliziosa torta al cioccolato. Già, perché se il papà di Martino, di ottimo umore, recupera il gatto della signora Jole sull’albero del giardino, la signora Jole decide di cucinare le sue imbattibili tagliatelle e portarne un piatto al signor Pino, che troverà lo slancio per ultimare la riparazione della sedia a dondolo della signora Adele, che cercherà una pianta per la mamma di Martino che chiuderà il cerchio con la preparazione della torta con cui tutti potranno festeggiare.

Con una storia breve e leggera ma capace di mostrare molto bene come sia semplice ed efficace innescare il circuito della gentilezza, Francesca Mascheroni offre ai lettori che hanno da non molto imparato a leggere in autonomia un racconto piacevole e snello. La scelta della casa editrice Piemme di pubblicarlo ad alta leggibilità – con font specifico, spaziatura maggiore, paragrafi distanziati, allineamento a sinistra e illustrazioni frequenti – contribuisce ad allargarne la fruibilità anche a quei bambini che faticano di più con il testo, a causa di difficoltà legate alla dislessia.

Cornelius Holmes – Il caso del barboncino di Baskerville

Ci sono un investigatore di nome Holmes e il suo compare di nome Watson. Aspettate: sembra strano ma la loro storia – siamo certi – non la conoscete già! A dispetto dell’omonimia, i due sono personaggi sono infatti del tutto originali! Certo convivono in un appartamento di Baker Street, si dedicano a delicatissime indagini e portano due cognomi piuttosto noti ma escono dritti dritti dalla penna di Davide Calì per sollazzare le menti fresche di giovani lettori, strizzando l’occhio ai conoscitori del giallo in stile british.

Ne Il caso del barboncino di Baskerville, il signor Cornelius Holmes e il suo cane Watson, appassionanti di enigmi, si mettono sulle tracce di un raro cagnolino dagli occhi viola, apparentemente rapito dalla casa della duchessa di Bakerville (sì, la S di Baskerville appositamente manca!). La loro sarà un’indagine sui generis, fatta di improvvise illuminazioni dagli esiti dubbi e di corse sfrenate in giro per Londra. Alla fine un cagnolino dagli occhi viola Cornelius Holmes lo troverà e lo porterà alla presunta proprietaria, ma sarà davvero l’oggetto del rapimento?

La strada scelta da Davide Calì per omaggiare il celebre lavoro di Arthur Conan Doyle è intelligente e sfiziosa. I richiami al mondo dell’investigatore più famoso d’Inghilterra sono infatti numerosissimi e puntuali – dalla narrazione affidata a Watson alla presenza di un certo Moriarty, dal metodo di indagine ai luoghi di ambientazione – ma impastati in una vicenda del tutto nuova e dal differente spirito.

A differenza del più famoso Holmes, di cui sostiene ingenuamente di essere un discendente, Cornelius è un ometto incline più alla tavola che all’avventura oltre che distratto più che maniacale. Le sue indagini avanzano al ritmo di spuntini e merende: ricompensa e carburante delle sue sofisticate congetture. Così, ogni breve capitolo dello scorrevole racconto scritto da Davide Calì, si anima di sfiziose digressioni sugli snack dell’investigatore, alleggerendo ulteriormente la lettura. Quest’ultima, inoltre, è agevolata dalla scelta della casa editrice Biancoenero di pubblicare il volume ad alta leggibilità, prediligendo un font specifico per dislessia, una spaziatura maggiore tra le lettere, le parole e le frasi, una carta non lucida, un testo non giustificato e frequentemente accompagnato dalle illustrazioni, qui firmate da Sara Gavioli.

Serpenti finti e strani maghi

Eccoci in un batter d’occhio alla quarta avventura della serie Vi presento Hank e a questo punto lo spumeggiante personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver può dirsi familiare non solo ai lettori della serie maggiore (Hank Zipzer il superdisastro, giunta ormai all’ottavo episodio) ma anche ai loro fratellini più piccoli che hanno da meno tempo imparato a padroneggiare la lettura. Dopo Un segnalibro in cerca di autore, Breve storia un lungo cane e Fermate quella rana!, anche i sette-ottenni appassionati di avventure divertenti potranno ormai dirsi esperti del travolgente mondo di Hank.

Cacciatosi come al solito in un guaio, il ragazzino più creativo di New York si trova questa volta a dover imparare in pochi giorni un complicatissimo numero di magia. Intenerito dal sogno della sorella Emily di avere dei serpenti alla sua festa di compleanno, Hank le promette infatti la partecipazione del famoso Mago di Manhattan che potrà esaudire con i suoi poteri il suo bizzarro desiderio. Peccato che il Mago di Manhattan non esista e che Hank debba  trovare il modo di non farlo scoprire alla sorella.

Meno incentrato dei precedenti episodi sulle difficoltà scolastiche di Hank legate alla sua forte dislessia,  Serpenti finti e strani maghi  non manca di dare spazio e rilievo alla straordinaria inventiva del protagonista, qui insolitamente colto nel suo lato tenero di fratellone. Stampata come sempre ad alta leggibilità – con carattere che aiuta a confondere meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, carta color crema e grandi disegni – quest’ultima avventura è godibile e leggera: un buon incentivo alla lettura anche per chi fatica un po’ di più a far suo un testo.

Cosa dovrei dire io?

Spassosissimo: S P A S S O S I S S I M O! Non c’è tanto da discutere: questo libretto agile e allegro targato Sinnos metterà duramente alla prova la vostra capacità di restare seri (figuratevi dunque quella dei bambini!). Protagonisti sono una sfilza di animali della foresta che a turno diventano vittime e promotori di prese in giro: la scimmia viene derisa per le sue orecchie a sventola, l’elefante che ne condivide il problema la consola e lei, risollevata, lo deride per i suoi dentoni a banana. Allora l’elefante si intristisce, il castoro che ne condivide il problema lo consola e lui, risollevato, lo deride per la sua coda piatta a mo’ di focaccia. Allora il castoro si intristisce, il coccodrillo che ne condivide il problema lo consola e… inutile dire che la spirale di scherni subiti e perpetrati va proseguendo su questa strada, in un crescendo ironico che arriva a una degna e buffa conclusione, che è al contempo una fine e un (ri)inizio.

Cosa dovrei dire io? – che non è solo il titolo del volume ma anche il leitmotiv che ogni animale ripete quando cerca di consolarne un altro – fa parte della collana Leggimiprima di Sinnos, rivolta a bambini del primo ciclo delle elementari (ma godibile in lettura condivisa anche da bambini più piccoli) e contraddistinta da storie brevi e accattivanti, font apposito in stampatello maiuscolo (leggimiprima), sbandieratura a destra, spaziatura maggiore e carta color crema che ne agevolano la fruizione anche in caso di difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Ecco, credo che nulla valga più di una storia divertente, travolgente, ben costruita e sapientemente narrata come questa per avvicinare i bambini, anche quelli più recalcitranti, alla lettura autonoma (oltre che alla lettura in generale, data l’eccelsa predisposizione anche a una lettura ad alta voce). Se poi una storia come questa – con un meccanismo di ripetizione perfetto, un linguaggio tutt’altro che banale e delle illustrazioni che sono un inno al divertimento –  viene pubblicato ad alta leggibilità allora il diabolico progetto di  invitare in bambini a scoprirsi lettori può dirsi davvero completo. Brava, bravissima Sinnos, quindi, che senza mai stufarsi e senza mai stufare continua a scovare e proporre titoli che fanno dell’alta leggibilità non solo un’etichetta formale ma un progetto che mai prescinde dal contenuto.

Vacanze in balcone

Metti che tuo padre la spari grossa con gli amici del Circolo delle Freccette e dica a tutti che quest’anno andrete in vacanza alle Maldive. Metti anche che per salvare l’onore gli sia impossibile ritrattare quanto detto e chiudere lì la faccenda, anche quando perde il lavoro in tipografia. Che si fa? Occorre mettere a punto un piano! Ecco quindi che scatta l’operazione Estate in balcone per la famiglia di Tex, giovane narratore di quest’avventura surreale. Il piano è semplice ma ingegnoso: fingere di partire per le Maldive e chiudersi invece in casa, cercando di rendere la frottola il più possibile credibile.

Scandite da una studiata tabella di turni per rosolarsi in maniera credibile sul balconcino, le giornate estive della famiglia Capossi trascorrono tra esperimenti scientifici (è possibile cuocere un uovo solo col calore del sole?), partite appassionate a giochi di società e manicaretti con quel che passa il convento. Sarà per tutti – compreso il nonno Alarico che da anni se ne sta zitto e fermo sulla sua poltrona – l’occasione per riscoprirsi come individui e come gruppo, cogliendo il senso più coinvolgente e spesso dimenticato di quell’avventura chiamata vita in famiglia.

Il libro scritto da Fulvia Degl’Innocenti con un umorismo godibilissimo e illustrato da Noemi Vola con una freschezza espressiva che perfettamente si accompagna al testo, fa parte della collana Zoom di Biancoenero, pensata per un pubblico di lettori, con o senza dislessia, alle prime ma non primissime armi. Come gli altri volumi in catalogo, Vacanze in balcone vanta quindi tutti i tratti caratteristici dell’alta leggibilità (font specifico, spaziatura maggiore, testo non giustificato, distribuzione del testo che segue l’andamento della frase, carta color crema…), che trova ulteriore valore e significato nella scelta di una storia pensosamente leggera e di una narrazione che sa come far sorridere il lettore.

Pino ha perso le parole

Pino è uno gnomo solitario e timido che ama canticchiare passeggiando tra gli alberi e riconoscere i versi degli animali stendendosi ad occhi chiusi. Chi direbbe mai che proprio lui possa salvare il bosco dall’arrivo di un terrificante orso? Eppure lo gnomo, costretto da questa circostanza eccezionale, scoprirà di avere parole da dire a voce alta o da sussurrare, senza tenerle solo per sé.

Adattissimo per una lettura condivisa e ad alta voce – dato il ritmo narrativo e la componente onomatopeica – Pino ha perso le parole si presta altresì molto bene a una lettura individuale da parte di lettori alle prime armi anche con difficoltà legate alla dislessia. I piacevoli paesaggi ricchi di dettagli, i personaggi dai tratti buffi, il testo semplice ma non banale e la piccola storia di coraggio concorrono a rendere amichevole l’aspetto del libro: qualità che trova ulteriore e apprezzabile espressione nella scelta del font ad alta leggibilità e in stampatello maiuscolo leggimiprima.

Con questo libro, firmato nel testo e nelle illustrazioni da un’autrice italiana, Sinnos conferma il suo impegno non solo nell’offrire volumi fruibili in caso di disturbi specifici dell’apprendimento ma  anche nel combattere l’idea che questi ultimi debbano necessariamente costringere a proposte semplicistiche o riduttive. Pur dando vita a una storia a misura di bambino, il libro di Gloria Francella non sacrifica infatti il gusto per un testo musicale e per una scelta lessicale che stimola e invita alla scoperta. E questo – tutt’altro che scontato – non può che fare del gran bene ai lettori e all’editoria per ragazzi tutta.

Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci e creative – edizione a colori

Graphic novel + alta leggibilità = bingo! L’idea che sperimenta Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci e creative è insieme semplice e geniale: rendere amichevole e invitante per gli adolescenti l’esperienza della lettura, combinando il genere del fumetto e il font ad alta leggibilità Leggimi!. Quello di Sinnos è il primo e finora unico esperimento di questo tipo, volto a saggiare nuove strade che incontrino i gusti e le aspettative dei giovani lettori, non ancora adulti ma nemmeno più bambini.

Anche il tema, d’altra parte, ci mette del suo. Dedicando una storia a 15 donne esemplari e coraggiose, capaci di emergere e far valere, ciascuna nel proprio ambito, una battaglia importante di libertà ed emancipazione, gli autori solleticano l’indole ribelle e grintosa dei ragazzi, e delle ragazze soprattutto. Dalla musica alla Resistenza, dal giornalismo allo sport, dalla scienza al cinema, le vicende di Miriam Makeba, di Marie Curie e delle altre protagoniste trovano un megafono affascinante e commuovente nei fumetti in bianco e nero che ne sottolineano efficacemente il vigore e l’incisività.

Edita per la prima volta nel 2013, la graphic novel curata da Assia Petriccelli e Sergio Riccardi torna ora in libreria con una nuova veste a colori e un nuovo formato (più piccolo e spesso) che ne aumenta considerevolmente l’appeal. Lo stesso percorso editoriale ha caratterizzato anche il lavoro di Federico Appel dedicato ai campioni dello sport e intitolato Pesi massimi che mostra un altro importante volto del coraggio  e della dignità civile.

La dieta del pugile

Stuc e Pugnodiferro – all’anagrafe Riccardino Stucchi e Lucius Carnecruda – sono due pugili di fama mondiale. Non a caso sono pronti a sfidarsi nella cornice della palestra Sport Internescional. Il loro incontro è attesissimo, ma il vero duello si combatte prima del gong in una serie di sfide a distanza: il racconto è tutto una gara a chi disferà prima l’avversario, a chi trova l’offesa più curiosa nei confronti dell’altro o a chi può inghiottire più cibo, in un climax che culmina con “20 babà al rum, 6 chili di biscotti al burro, 10 cannoli siciliani con panna e un torrone” e, facile a credersi, una bella indigestione. Ma sarà davvero giunto al termine lo scontro?

Con una propensione alle liste spassose, già felicemente testata ne L’inaugurazione del Poseidon, Davide Calì torna alla carica con un nuovo racconto che ben rispecchia le caratteristiche della serie Minizoom di Biancoenero in cui è inserito: testo breve, divertente e ben scandito, illustrazioni frequenti, grafica amichevole, font e impaginazione ad alta leggibilità. Perfetto per lettori in erba intorno ai 7 anni, La dieta del pugile si presta bene a soddisfare la voglia di abbordabili ma appaganti letture autonome, strizzando l’occhio anche a lettori che arrancano un po’ a causa di disturbi specifici dell’apprendimento. Allo stesso tempo non si può fare a meno di pensare che, per la struttura, il ritmo e la caratterizzazione dei personaggi, questo sfizioso racconto si adatti a meraviglia a una lettura ad alta voce: a scorrer le righe di Calì pare proprio di sentirli, infatti, Stuc e Pugnodiferro, mentre si sfidano a suon di sparate boxistiche o di bistecche ingurgitate.

Il grande cane rosso

Torna in campo Beniamino, protagonista ironico e sognante de La settima onda, felice creatura di Vincent Cuvellier. In questa nuova avventura ad alta leggibilità, pubblicata da Biancoenero e intitolata Il grande cane rosso, il bambino condivide con il lettore una serie di ricordi della sua infanzia – il papà che lo fa volare fino in cielo, il buon odore della mamma, la sorella dai poteri di fata , il signore vestito di rosso che si calava dal camino e il topino che scambiava i denti caduti con dei soldini: ricordi che a un certo punto hanno subito un brusco cambiamento, costringendo il bambino a un quotidiano noiosamente normale. Sarà un tema particolarmente stimolante assegnato dal maestro e intitolato “Immaginate di avere un potere magico” a restituire al protagonista il gusto per il fantasticare.

Spiazzante e poetico, Il grande cane rosso celebra il valore della scrittura e dell’immaginazione come fondamentali animatori della vita di ogni giorno. Difficile trattenersi dallo scovare tracce autobiografiche tra queste righe, data la profonda sensibilità e lo straordinario potere inventivo dell’autore francese. Asciutto e lineare, il suo testo si presta naturalmente a una pubblicazione che rispetti le esigenze di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Le illustrazioni, a colori (recente novità per le pubblicazioni dell’editore romano) e forti di un gioco molto efficace di inquadrature insolite, amplificano perfettamente, dal canto loro, il tono surreale della narrazione. Chiara Lanzieri pare cogliere cioè con garbo e precisione il gusto dell’autore francese per un equilibrio tra sogno e realtà in cui convince amabilmente il lettore a seguirlo.

La compagnia dei soli

In un mondo sotterraneo, ai piedi di un vulcano attivo, si nascondono e si ritrovano un giorno tre figure reiette: un nano di nome Izio, tanto imperfetto nell’aspetto quanto generoso e altruista; una ragazza coraggiosa di nome Sara, sfuggita a un’umiliante prigionia; e un giovane di nome Pier Remigio, disposto a sfidare la morte e rinnegare il proprio padre in nome della rettitudine. Le loro storie, inizialmente distinte, trovano un punto di congiunzione saldissimo proprio tra i cunicoli più profondi della terra, dove il destino di ciascuno di loro si lega indissolubilmente a quello degli altri. La loro è a tutti gli effetti una Compagnia dei soli: un gruppo di individui non omologati a una società dominata dalla violenza e dall’egoismo, che trovano una possibilità di sopravvivenza e riscatto nel comune senso di giustizia e solidarietà.

Questi sono i valori che animano i tre protagonisti e che emergono senza retorica anche grazie al permanente senso di disagio in cui la narrazione pone il lettore. Gli autori hanno infatti la capacità di offrire una rappresentazione della brutalità che tocca nel profondo e consente a ciò che di luminoso c’è di imporsi con forza ancora maggiore. La graphic novel di Patrizia Rinaldi e Marco Paci è di una potenza, grafica e narrativa, difficile da dire. La scelta secca e ponderata delle parole si sposa qui perfettamente con un uso tagliente e incisivo dei colori, che marcano ed evidenziano puntualmente quale protagonista stia entrando in azione (lo sfondo giallo è per Sara, quello verde è per Izio e quello blu per Pier Remigio). Questo espediente, oltre ad arricchire la forza espressiva dei singoli quadri, contribuisce ad agevolare il lettore mentre segue lo sviluppo della storia: aspetto da non sottovalutare se si considera che la graphic novel fa parte di una collana di fumetti ad alta leggibilità pensati per risultare fruibili anche in caso di difficoltà di lettura.

Che genio Eugenio

Che tipo, Eugenio! Di professione fa l’inventore di cose inutili: la lampada senza lampadina, l’orologio in ritardo, la borsa col buco sono tutte sue creazioni e anche se apparentemente possono sembrare fuori di zucca, rivelano sotto sotto un’originale funzione. Proprio questa andrà a scoprire il lettore della prima storia ospitata da questo volume (Eugenio l’inventore) mentre se vorrà proseguire con la seconda (Eugenio e la torta sdolcinata) avrà modo di leggere di quella volta in cui il protagonista salvò un paese intero dalla noia, rivelandone le potenzialità sopite. Perché la noia, si sa, è propulsore di creatività!

Le due storie che compongono Che genio, Eugenio fanno parte della collana Tandem, la cui idea di base è molto sfiziosa. Sono due storie indipendenti ma legate tra loro: l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi per affrontare la seconda. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Mammut

Conquistare i lettori con un primo fumetto è umano, farlo anche con un secondo, è diabolico! Ebbene, quei due diavoli di Melvin e Boonen ci sono riusciti: dopo il successo di Weekend con la nonna i due autori fiamminghi sfornano ora una seconda storia davvero all’altezza delle aspettative di spasso e coinvolgimento di chi ha amato il loro primo lavoro. Anche in Mammut, infatti, la penna di Boonen e la matita di Melvin rivelano una sintonia ammirevole nel condividere uno spirito ironico e costantemente sospeso tra il reale e il fantastico. I testi brevi e secchi del primo, le sue didascalie buffe, e il suo intreccio collaudato di pensieri, discorsi e narrazione incalzante si sposano alla perfezione con i disegni divertenti e comunicativi del secondo, tutti in scala di grigio e salmone e capaci di catapultare il lettore in un’insolita era preistorica. Estremamente dinamiche e cariche di ritmo, tanto da dar l’impressione di assistere a un cartoon, le vignette di Mammut tirano il lettore per la giacchetta. Risultato: impossibile restare impassibili e impedirsi di sorridere!

Protagonista di questa storia travolgente è un bambino di nome Teo, da poco trasferitosi in una casa lussuosa, seguito da una tata paziente e sorprendente denominata tata pelosa, piuttosto trascurato da una mamma e un papà molto impegnanti con il lavoro ma attenti a vietare al figlio un sacco di cose divertenti: uscire di notte, per esempio, e andare a caccia di mammut. Ma quando lo spirito di avventura chiama non si può non rispondere e così Teo si ritrova ad esplorare un imprevedibile mondo preistorico che si nasconde poco distante da casa sua. È qui, proprio dietro l’alto muro di legno che reca l’insegna “Preistoria”, che il bambino incontra la druvida Marga, sfida i kraggak, rischia la pelle, percorre montagne russe mozzafiato, incappa in un coniglio gigante dai denti a sciabola e, manco a dirlo, si trova faccia a faccia con un vero Mammut (la cui cacca, occorre dirlo a onor del vero, è piuttosto ingombrante). Certo, si potrebbe obiettare che come sistema per fare nuove amicizie sia un po’ pericoloso ma l’avventura ha un sapore così irresistibile che anche la pacata tata pelosa finisce per cedervi, condividendo con Teo uno dei segreti più belli della sua vita.

Nel suo impetuoso gusto per il divertimento, anche questo lavoro di Melvin e Boonen non dimentica di offrire un ritratto, e con esso una riflessione silenziosa, sull’infanzia moderna e sulle contraddizioni di una quotidianità scandita da corsi di ogni sorta e attività formative ma pericolosamente tenuta al riparo da avventure, reali o immaginarie, in compagnia di persone fidate. Le espressioni, le esclamazioni e le reazioni del giovane Teo la dicono lunga sulla qualità del tempo condiviso che i ragazzi meritano e chiedono, non sempre con successo. Sicché quella tata che trascorre con Teo più tempo dei suoi genitori, che esegue quanto le viene da loro richiesto senza soffocare del tutto l’entusiasmo del bambino e che si improvvisa compagna di peripezie da scavezzacollo conquista tutta la simpatia del lettore, grande o piccolo che sia. Accolto da un’impaginazione e da un font fruibili anche in caso di dislessia, questi può dunque godersi un racconto straordinario in cui riconoscersi, ridere ed emozionarsi. Si può chiedere di più?

L’inaugurazione del Poseidon

Prendete la barca più grossa che riusciate a immaginare e stipatela di improbabili personaggi e tonnellate di cibo. Contate inoltre di arricchirla con le più disparate sale divertimento e le stanze più lussuose. Non avrete mica dimenticato di metterci i bagni, vero? No, perché è esattamente quello che è successo al ricchissimo Anastasia Patakis, proprietario della mastodontica nave Poseidon! A scoprire l’infausta dimenticanza, dopo un’irrefrenabile caccia alla toilette su e giù per i molti piani della nave, l’ignaro e modesto cronista Alberto Melis, messo alla prova dai drink dell’inaugurazione della nave.

Con il suo gusto spiccato per le liste, L’inaugurazione del Poseidon è un esilarante e dettagliata cronaca dell’inaugurazione più insolita mai avvenuta. Che elenchi le tipologie di passeggeri, le categorie di merci, i tipi di stanze o i membri del personale di bordo, l’autore Davide Calì ha la capacità di travolgere il lettore con cataloghi mignon che strappano sorrisi. Corredati da illustrazioni divertenti firmate da Noemi Vola, che esaltano il tono iperbolico della narrazione, questi si prestano con una naturalezza rara a letture ad alta voce di sicuro successo. La stampa ad alta leggibilità, la storia compatta e semplice, le frasi brevi e brevissime, le illustrazioni frequenti fanno inoltre di questo libro un invito alla lettura cui è davvero difficile resistere, anche in caso di difficoltà. Vale la pena scoprirlo e farlo scoprire ai bambini, anche dislessici, perché se è vero come è vero che lo spasso può fungere da straordinario detonatore di curiosità e motivazione, il libro di Davide Calì è un’autentica bomba.

Il lupo che voleva cambiare colore

D’accordo, il grigio sta bene con tutto ma indossalo oggi, indossalo domani, anche il colore più versatile finisce per venire a noia. Così almeno la pensa il lupo protagonista della storia di Orianne Allemand che da un giorno all’altro decide quindi di cambiare colore. Come fa? Semplice: senza timore di sperimentare e inventare, l’insoddisfatto lupo fa di vernici, maglioni, petali di fiori, cesti d’arance, fango e piume di pavoni insoliti ingredienti per un cambio di look. Saranno necessari bene sette trasformazioni, una per ogni giorno della settimana, per far rivalutare al lupacchiotto il suo colore originale e, in definitiva, la sua vera identità.

Con le sue illustrazioni buffe, la sua storia breve e lineare e il suo testo stampato con font leggimi, Il lupo che voleva cambiare colore si pone in maniera molto accattivante e amichevole nei confronti dei lettori alle primissime armi, inclusi quelli con difficoltà legate ai disturbi specifici dell’apprendimento. Il libro rientra infatti nella collana di Gribaudo che vanta caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità – font specifico, spaziatura maggiore, sbandieratura a sinistra – e all’interno della quali rientrano diversi altri titoli quali Il topino che si mangiò la luna, Il signor Paltò e Iole la balena mangiaparole.

Zazì, i maschi si vestono di rosa

Zazì è un tipo tosto: una bambina tutto pepe che ama gli sport e le avventure da scavezzacollo. Il suo modo scatenato di vivere il gioco, la scuola e i pomeriggi a casa la rendono un’amica unica per Max che insieme a lei si sente felice e si trova costretto a rimettere in discussione tutte le sue certezze in fatto di maschi e femmine. Con i suoi interrogativi (tu ce l’hai il pisellino? nella prima avventura e i maschi si vestono di rosa? in questa seconda) il bambino accende la miccia di piccoli dibattiti e buffe situazioni in cui la sua straordinari amica butta all’aria conformismi e convenzioni. Max e la nonna di Zazì sostengono per esempio che a quest’ultima stia benissimo un vestito fru fru, tutto pizzi e nastri. Ma siamo sicuri che sia così?

Ironico, irriverente e attento a far riflettere sui pregiudizi di genere che popolano le nostre teste, Zazì, i maschi si vestono di rosa? offre un’occasione di lettura divertente. La storia minima, i dialoghi incalzanti e le illustrazioni spiritose rendono in libro di Thierry Lenain e Delphine Durand adatto a bambini che muovono i primi passi da soli nel mondo della lettura. La pubblicazione ad alta leggibilità – con font leggimi concesso da Sinnos, sbandieratura a destra e spaziatura maggiore – amplifica dal canto suo l’appeal del libro, rendendo amichevole e invitante anche per quei giovanissimi lettori che sperimentano qualche difficoltà.

Piccolo Alberto

Quante cose bisogna imparare quando si è piccoli: a mangiare con la forchetta, a bere con la cannuccia, a pedalare in bicicletta e ad allacciarsi i bottoni. Il piccolo Alberto ha imparato a fare quasi tutto: mangia, beve, pedala e allaccia e solo ogni tanto combina qualche pasticcio. Ma la scarpe con le stringhe proprio no: quelle sono davvero difficili.

Così il piccolo Alberto inciampa in continuazione, sotto l’occhio vigile e critico dei parenti che non mancano di ripetergli “Devi imparare ad allacciarti le scarpe”. Mamma, papà, nonna e fratello, tutti si concentrano sull’importanza di non cadere. E se invece il punto fosse un altro? Sarà l’incontro con un clown a far cambiare prospettiva al piccolo Alberto che certo, alla fine, impara ad allacciarsi le stringhe ma soprattutto impara a far delle sue cadute qualcosa di positivo.

Contraddistinto da una struttura piacevolmente iterata e da una riflessione leggera sulla resilienza, Piccolo Alberto si fa apprezzare anche per la scelta di un font (Opendyslexic) e di un’impaginazione ad alta leggibilità. Questo aspetto, unito a un testo asciugato e senza fronzoli, agevola l’approccio anche da parte di lettori con dislessia.

La cripta del vampiro

Siamo in Scozia, nel 1868, e un attentato alla regina Vittoria d’Inghilterra sta per compiersi per mano dei prussiani. Alcuni militari, travestiti da frati, si sono intrufolati a Crooken Bay, supportati da qualche traditore, e delle torpedini sono state nascoste in una cripta del cimitero locale. Se il piano dei prussiani andasse in porto l’intera storia mondiale potrebbe subire uno scossone ma per fortuna ci sono sul posto due curiosi e coraggiosi ragazzi che riescono a mettere insieme i pezzi del puzzle e a sventare l’ardita strage.

I loro nomi sono Arthur Conan Doyle e Bram Stoker e, no, non è un caso di omonimia: i personaggi messi in scena da Sebastiano Ruizi Mignone sono effettivamente i creatori di Sherlock Holmes e di Dracula, immaginati in età infantile e in un ipotetico incontro estivo nella terra di nascita del primo. Contraddistinto da una grande forza fisica, da uno spiccato intuito e da un’incontenibile curiosità il primo e da una salute cagionevole, una passione per i vampiri e sogni tormentati il secondo, i due personaggi sono costruiti mescolando con perizia alcuni tratti caratteristici delle loro creature letterarie più famose e alcuni aspetti evidenziati dalle biografie di Doyle e Stoker. Il risultato è una coppia di amici diversi ma affiatati, perfetti per risolvere un mistero complicato. Ben costruito e narrato, quest’ultimo risulta avvincente anche per il lettore che non conosca le due figure di ispirazione. Stampato inoltre ad alta leggibilità, La cripta del vampiro offre inoltre una possibilità coinvolgente di lettura anche per chi soffra di disturbi specifici dell’apprendimento.

Le lettere danzanti

Enrico è un bambino come tanti: grande sognatore, appassionato lettore di albi, giocatore socievole e abile disegnatore. Una cosa soltanto lo distingue in negativo dai compagni: un brutto rapporto con le parole che, quando sono stampate su carta, lo confondono e intimoriscono. L’abitudine delle lettere a danzare, con effetti nefasti sulla lettura, si chiama dislessia ma questa parola nel libro di Henk Linskens non compare che nel titolo: il protagonista non è forse al corrente del suo disturbo (i genitori stessi si limitano dal canto loro a dirgli di prestare maggiore attenzione a scuola) o preferisce dare rilievo ai sentimenti più che alle etichette. Nel breve racconto della sua esperienza Enrico dà spazio, infatti, al disagio che i testi complessi gli portano, alla soddisfazione che ambiti alternativi alla lettura gli offrono e alla serenità che la condivisione del suo difetto con personaggi come Picasso gli dona.

E in questo dare voce a un’interiorità tormentata assumono un’importante ruolo proprio le immagini tanto amate dal protagonista. Sono queste infatti a valorizzare la sua fervida immaginazione, a strizzare l’occhio al lettore con richiami a diversi personaggi dislessici del mondo sportivo, storico e artistico e a garantire il giusto spazio, anche grafico, a quella insidiosa domanda: “Perché non riesco a leggere e scrivere come gli altri?”. Per questo, anche se l’intento di Hank Linskens è piuttosto didattico e volto a trasmettere l’esplicito messaggio che chi è dislessico ha sempre altre qualità da scoprire e far scoprire, il suo albo costituisce una lettura piacevole ed empatica, oltre che accessibile in virtù del ricorso alla font OpenDyslexic.

Filastroccario

Tre raccolte di filastrocche, una per ogni trimestre dell’anno, o per contare diversamente 365 filastrocche divise in tre volumi. Comunque la si voglia mettere, il lavoro realizzato da Pippo Scudero e pubblicato dalla casa editrice catanese Splēn sotto il titolo di Filastroccario è davvero consistente e instancabile. Due sono i protagonisti dei versi: i mestieri e i nomi. A ogni giorno dell’anno l’autore fa infatti corrispondere un personaggio inventato con un nome e un lavoro precisi, spesso legati tra loro da sottili giochi di parole. Così il lettore si trova faccia a faccia con il clown Felice, l’agente matrimoniale Valentino o l’onorevole Onorato, dei quali decanta meriti, abitudini o avventure.

Con esiti più o meno originali e con sviluppi più o meno accattivanti (alcune raccontano infatti delle mini-storie mentre altre descrivono soltanto la professione), le filastrocche composte da Pippo Scudero attingono spesso a un mondo perduto – quello di ricamatrici e arrotini – narrato con parole talvolta desuete ma che lo rispecchiano a dovere. A fare un po’ le spese di questo contesto d’altri tempi sono soprattutto le protagoniste femminili che appaiono in minoranza rispetto ai colleghi uomini e sovente associate a ruoli un po’ polverosi, come la ricamatrice o la suora. Non mancano tuttavia anche associazioni che superano una certa stereotipia di genere come quella che riguarda la costruttrice Alessandra o la fattorina Genoveffa. Come si potrà desumere da questi pochi esempi, anche i nomi scelti dall’autore rimandano a un passato poco prossimo ma, soprattutto quando strani e arzigogolati come Eriberto o Cirillo,  hanno il merito di suscitare il sorriso divertito dei lettori.

Semplici e perlopiù naif, le rime dell’autore catanese costituiscono senz’altro un invito a inventarne di nuove ispirate a nomi e lavori non battuti. Portatrici talvolta di una memoria rodariana (come sottolinea Fochesato nell’introduzione al volume), queste ne celebrano lo spirito soprattutto quando danno vita a piccole narrazioni, a giochi di parole e a chiusure originali. Esemplare, in questo senso, il componimento dedicato a Ermete il pescatore tutto giocato sul detto “chi dorme non piglia pesci” e sulla doppia valenza della parola rete (da pesca e da materasso). La linearità delle rime, la prevalenza di frasi brevi e coordinate, e la compattezza dei componimenti stimolano e facilitano l’approccio anche in caso di difficoltà, situazione nei confronti della quale risulta apprezzabilissimo l’impiego di un font e di caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità.

Lucilla Scintilla

Che bomba, questa Lucilla Scintilla! La nuovissima creatura cartacea targata Sinnos è un concentrato di curiosità e tenerezza, di immaginazione e intraprendenza, di spirito d’avventura e amore per la natura: un distillato dell’infanzia che vorremmo qualunque bambino potesse vivere almeno un po’. Capelli rossi spettinati il giusto, fantasia da vendere, sentimenti ben in vista e una vita di campagna assaporata fino in fondo fanno di Lucilla Scintilla un personaggio che travolge e lascia un sorriso stampato in viso: meraviglioso davvero!

La piccola serie che vede protagonista Lucilla svela una cura compositiva – nelle linee, nei colori, nelle parole e nel ritmo – minuziosa e accorata. Tutto qui parla di pulizia e di essenzialità: le storie, come i testi e le illustrazioni, sono infatti asciugati a dovere per far risaltare la magia che si cela nelle cose di ogni giorno e dar vita a una lettura che è una piccola sorpresa a ogni pagina. Le avventure sono molto brevi e semplici, nutrite semplicemente di quotidianità e invenzione. Le illustrazioni sono magnetiche: caratterizzate da contorni spessi e netti, da un bianco e nero con sparuti dettagli arancioni (nella prima avventura), arancioni e gialli (nella seconda), arancioni, gialli e blu  (nella terza) e da uno stile leggero ricordano il sapore familiare dei primi libri da colorare che ognuno di noi ha posseduto.  I testi, infine, sono minimi ma ricercatissimi e capaci in pochissime mosse di rivelare una piacevole ironia. Scritti in stampatello maiuscolo (felice modifica rispetto all’edizione originale francese) ad alta leggibilità, questi costituiscono un invito davvero ghiotto per lettori alle prime armi, con o senza dislessia.

Insomma, che aspetti con trepidazione la nascita di un cucciolo, che immagini un’avventura western contro un bandito munito di rastrello o che si  dedichi anima e corpo alla ricerca di un porcello smarrito, Lucilla porta con sé una ventata di energia da cui è difficile restare immuni.  Così, con un’avventura per ogni stagione, questa bambina portentosa sa al contempo scaldare il cuore e rinfrescare le idee!

 

downloadNel primo episodio – l’avventura d’estate intitolata Lucilla Scintilla e il suo cucciolo – la bambina cerca con pazienza e attenzione la cagnolina del nonno. Questa si è nascosta per dare alla luce i suoi piccoli e Lucilla fruga senza posa nel fitto del bosco, tra le ortiche, nel garage e nel cesto dei panni sporchi senza tuttavia trovarla. Mai la bambina avrebbe pensato di trovarla in un posto così vicino a lei… ma una tana non è forse il luogo dove si sente più forte l’affetto? In questa prima avventura, tutta in bianco e nero con qualche significativo tocco di arancione, il lettore fa in modo liscio e  travolgente la conoscenza della protagonista,  con il suo modo di vivere la campagna come un habitat naturale, ma anche del nonnino che ha la testa piena di pensieri e parla alle verdure. Anche lui, come Lucilla, non mancherà di tornare nelle avventure seguenti.

 

 

Nel sbanditoecondo episodio – l’avventura d’autunno intitolata Lucilla Scintilla contro il bandito delle foglie secche – Lucilla si trasforma in quattro e quattr’otto in una piccola indiana. Basta poco per dare vita a una vera e propria vicenda western, come quelle che piacciono tanto al nonno in tv: la nonna dà ordini come uno sceriffo, il nuovo cucciolo prende il nome di Piccolo Pony, il nonno indossa il suo cappello da cowboy e maneggia il rastrello come un pericoloso fucile. La battaglia delle foglie secche impazza ma per fortuna il trattore rotto diventa una bellissima tenda indiana, ideale per ripararsi e stare vicini quando fuori scoppia un temporale. Sempre originali e divertenti, Lucilla e il nonno ricompaiono in questo secondo episodio accompagnati dal cucciolo atteso nella prima avventura e dalla nonna-sceriffo il cui grembiule giallo porta con sé una piccola novità cromatica.

 

 

Nel terzo download (1)episodio – l’avventura d’inverno Lucilla Scintilla e il porcello nascosto – la protagonista partecipa alla bizzarra ricerca di un porcello smarrito da i vicini di casa. I vicini che vivono sul cocuzzolo non sono grandi amici del nonno ma un vicino è un vicino e, se ha bisogno, occorre dargli una mano. Per fortuna Lucilla ha con sé il suo caldo berretto di lana così la ricerca non le gela la capoccia! Lo stesso cappello tornerà utile anche al vicino Gregorio quando il gelo dell’inverno rischierà di farlo diventare tutto blu (che peraltro è proprio il colore che distingue quest’avventura dalle precedenti)! L’episodio coinvolge tutti i personaggi  già conosciuti dal lettore: il nonnino, che qui conduce la ricerca; la nonnina che sferruzza caldi cappelli per tutti, Lucilla che esplora campi e boschi sulle tracce del porcellino e Piccolo pony che avrà un ruolo determinante nel trovare il fuggitivo.

Brutti, sporchi e gentili

Ricco e colto, il dodicenne Alighiero De La Tour viene rapito da una banda di lestofanti che vive in una roulotte in mezzo a una discarica. Rozzi e analfabeti – eccezion fatta per Giulia, la più giovane della famiglia, coetanea del povero Alighiero – i rapitori intendono chiedere un riscatto consistente per restituire l’ostaggio. Si imbarcano così in una rocambolesca trattativa fatta di costosissimi occhiali rotti, pollici mozzati per errore e filmini girati senza videocassetta.

A margine, ma neanche troppo, prende forma una singolare ma sincera amicizia tra Alighiero e Giulia che contribuisce a rendere l’atteggiamento dell’ostaggio stranamente conciliante e sereno. Quella presso la sgangherata banda del Cane Rognoso finisce così per diventare una permanenza formativa e persin piacevole per il ragazzino che sperimenta un calore famigliare inatteso e forse sconosciuto, fatto di piccoli gesti gentili (come il servire il dessert a tutti da parte del nonno e tenere per sé solo la fetta più piccola) che pur non vanno perduti in un contesto di disagio marcato all’estremo.

La storia narrata da Guillame Guéraud (già autore di Falla finita!, anch’esso pubblicato da Biancoenero secondo criteri di alta leggibilità) ha un tono piacevolmente surreale, ben esemplificato dalla scena il cui il povero Alighiero, prigioniero da un giorno, si gode la colazione da ostaggio famoso perché è finito in prima pagina. “Le novità hanno messo tutti di buonumore e abbiamo fatto colazione in allegria. – racconta il protagonista e, pur mazziato e con gli occhiali rotti aggiunge – Io più di tutti perché era la prima volta che finivo sul giornale”. L’aplomb svagato di Alighiero, narratore in prima persona, dà peraltro un tocco buffo all’intero racconto che scorre così piuttosto leggero, fino all’inatteso e romantico colpo di scena finale. nel complesso

Come catturare il sole

Multiforme e sfuggente, oggetto di riti e credenze , il sole ha saputo radicarsi nell’immaginario di popoli vissuti in epoche e luoghi anche molto distanti tra loro. Così, dalla Cina all’America, dalla Romania all’Australia, la stella a noi più cara ha assunto di volta in volta le fattezze di principe, divinità, tiranno oltre che di corpo celeste dai poteri persino magici. Essa si moltiplica, per esempio, nel racconto che viene dall’estremo oriente fino a quando l’intrepido contadino Er-lang non ne acciuffa sei esemplari lasciandone in cielo uno soltanto e convincendolo a nascondersi una volta al giorno per consentire agli uomini di riposare. Oppure viene intrappolata da un valoroso cacciatore indiano di nome Wesakayciak e liberato a sorpresa da un inaspettato animale: il castoro.

Come catturare il sole traccia un percorso interessante tra queste narrazioni centenarie, collegando ciascuna a un esperimento scientifico di facile realizzazione che evidenzia e aiuta a far comprendere le caratteristiche più straordinarie dell’astro. Chiude infine il volume una breve sezione divulgativa che illustra le funzioni che il sole svolge in cielo a beneficio degli uomini e le caratteristiche da cui esse dipendono. Quello che Sinnos pubblica in un formato che è caratteristico dei più classici albi illustrati è insomma un lavoro più articolato di questi ultimi, capace di intrecciare leggende appartenenti a culture diverse e curiosità scientifica. Coinvolgendo infatti molteplici figure autorali – con competenze che spaziano dalla scrittura alla fisica – Come catturare il sole fa del principe degli astri il protagonista di una ricerca multi sfaccettata che può andare incontro a giovani lettori con inclinazioni diverse.

Il libro sfrutta, come di consueto per la casa editrice romana, il font ad alta leggibilità leggimi! mentre rinuncia ad altri tratti come la sbandieratura a destra, con l’intenzione di sperimentare diverse soluzioni tipografiche e verificare quali si rendano effettivamente necessarie per una lettura senza barriere. Le illustrazioni di Agnese Baruzzi, dal canto loro, calde e avvolgenti come il protagonista dei racconti, rendo bene  e a colpo d’occhio le culture cui i singoli racconti fanno riferimento.

Io sono il drago

La nonna di Alice non si stanca di ripetere alla nipote che è davvero carina né di domandarle perché non voglia giocare a fare la principessa. Ma Alice, a sua volta non si stanca di rispondere alla nonna che no, lei la principessa non la vuole proprio fare. Perché mai, in effetti, dovrebbe limitarsi ad aspettare l’arrivo di un fantomatico cavaliere se può essere uno spaventoso drago? Così l’instancabile bambina costringe due generazioni – nonni e genitori – a prestarsi a un gioco del teatro in cui a turno si ricoprono i ruoli della principessa, del cavaliere, degli scheletri, del drago e – a sorpresa – della torre del castello. Perché la fantasia lasciata libera di galoppare può portare ad avventure sempre avvincenti ma anche a piccole rivelazioni sulle qualità e sul valore delle persone. Con grande ironia il libro ritrae l’intera famiglia alle prese con un’attività molto impegnativa (parola di nonna, costretta a star sdraiata sul tappeto finché il cavaliere non libera la principessa!) e regala alle illustrazioni un ruolo sottile e determinante. Capaci di mescolare con sapienza realtà e immaginazione, le immagini paiono infatti strizzare l’occhio al lettore e giocare con il contrasto tra la visione razionale degli adulti e quella fantastica della bambina.

Io sono il drago unisce in definitiva il fascino di un albo, di cui vanta il formato, la presenza preponderante delle illustrazioni e un interessante rapporto tra immagini e parole allo spessore di un testo che, per lunghezza, scelte linguistiche e struttura non è per nulla scontato e inadatto anche a lettori non alle primissime armi. In questo modo il volume targato Sinnos rafforza il suo carattere di alta leggibilità (perseguito con il consueto font leggimi, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra, la carta opaca) e trova una maniera accattivante per intercettare anche la curiosità di quei lettori indifferenti o spaventati dai libri in cui il testo la fa prepotentemente da padrone.

Con il coraggio di un cavaliere, la calma di una principessa, la posizione salda di uno scheletro e naturalmente la forza di un drago, il libro di Grzegorz Kasdepke ed Emilia Dziubak si scaglia inoltre contro uno dei più classici stereotipi di genere che vuole le bambine interessate esclusivamente alle figure meno impavide delle storie. Alice (dal nome senz’altro propizio ad avventure vissute da protagonista attiva) diventa così una piacevole incarnazione del diritto di ogni bambino a scegliere che cosa sognare e immaginare di essere senza che preconcetti culturali ne condizionino i pensieri. Così, oltre ad abbattersi contro l’errata rassegnazione dei lettori con dislessia di fronte alla possibilità di godere della lettura, Io sono il drago partecipa anche alla recente (e ancora necessaria) battaglia contro una narrazione per l’infanzia che dica a maschi e femmine che cosa possono diventare.

L’uovo della contessa

Servono dosi sovrumane di pazienza per sopportare i caprici di una contessa viziata, soprattutto se fin dal mattino esige cose come “un uovo cotto a puntino. Non troppo duro, non troppo mollo, con un pizzico di sale”. Guai a deludere le sue aspettative! Lo sa bene Clara, la domestica del castello che si sente chiamare ogni minuto con un appellativo tanto fantasioso quanto spiacevole e lo sa bene Oreste, il cuoco del castello che non può tardare nemmeno un minuto a servire la colazione. Ma un giorno proprio Oreste sembra dire basta a questi soprusi e dall’oggi al domani non si presenta più a lavoro. Dove sarà finito? Cosa ne sarà stato di lui? Il lieto fine, inaspettatamente, è dietro l’angolo ma prima di scoprirlo la contessina si troverà a sperimentare il disgusto dell’uovo molliccio come il moccio e dell’uovo duro come cemento, la fatica della caccia direttamente nel pollaio, l’umiliazione di un finto malore, la delusione del ristorante chic, la pazzia di una corsa sfrenata in carrozza fino al centro commerciale e la fifa di un passaggio in gattabuia. Un prezzo tanto alto quanto spassoso perché Oreste e Clara possano finalmente sentirsi dire “per favore”.

 

Le folli avventure de L’uovo della contessa, scritte da Tanneke Wigersma e illustrate da Linde Faas, fanno parte della leggera collana di Sinnos dedicata alla produzione straniera in traduzione, stampata ad alta leggibilità e rivolta a lettori, con o senza dislessia, con una certa dimestichezza di lettura. Il volume è infatti tutt’altro che stringato (100 pagine e rotti non sono poche!) ma le vicende divertenti, il tono ironico, l’aspetto tipografico amichevole e le illustrazioni frequenti lo rendono molto piacevole da abbordare e poi portare a termine. Il testo in particolare è colorito e animato, tanto da parer quasi una sceneggiatura teatrale, mentre i disegni spiritosi e irriverenti attraggono l’occhio svelando inequivocabilmente il tono scanzonato del volume.

Jacob due-due in alto mare

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Imbarcarsi con la famiglia per il Canada e ritrovarsi protagonista di un rocambolesco abbordaggio da parte di pirati: tutto si può dire del trasloco di Jacob due-due – così chiamato da tutti perché ha 2+2+2 anni – tranne che sia noioso e scontato. Certo il nome della barca scelta per la traversata dall’Inghilterra – Colabrodo – non lasciava presagire granché di buono ma che a bordo si trovasse un vile traditore e che a Jacob toccasse un’indagine misteriosa era proprio difficile da prevedere. Affiancato da Cindy, un’amica conosciuta durante il viaggio, il bambino se la vede con l’insospettabile spietatezza del primo ufficiale Mr. Mangiapane, fa comunella con l’addetto ai motori Morgenbesser e viene rapito dalla ciurma del pirata Quattrossa. A porre fine alla sua insolita disavventura arriva infine l’idea balzana di due dei suoi fratelli che non solo salvano la situazione ma aprono spiragli di vita inattesi per molti passeggeri della Colabrodo. Un finale a sorpresa, insomma, che lascia stupito il lettore. Travolto dagli eventi narrati con stuzzicante ironia, questi si imbatte in un tourbillon di personaggi – la numerosa famiglia di Jacob,  gli acrobati Bubov, l’inventore di giocattoli Peabody e la snobbissima mamma di Cindy – che, con ruoli più o meno determinanti vivacizzano il racconto e lo rendono piacevolmente movimentato. Tra questi davvero irresistibile è il capitano Dentesplendente, la cui giuliva vanità crea siparietti che fanno ridere di gusto e che ben si prestano anche ad una lettura ad alta voce.

Quello di Jacob due-due è un personaggio circondato da un mondo che convince e diverte. Uscito tra gli anni ’70 e ‘90 dalla penna di Mordecai Richler, in una serie di avventure pubblicate in Italia da Adelphi nei primi anni 2000,  Jacob due-due viene qui ripreso e riproposto da Cary Fagan, scrittore canadese di talento (già edito da Biancoenero con La strana collezione di Mister Karp e The big Swim) che sa rendere omaggio all’originale e regalargli uno humour e un piglio irresistibili. La penna ironica dell’autore dà vita a un’avventura spensierata, che non manca di evidenziare le contraddizioni di un certo mondo adulto, ma che prima di tutto ha il merito di travolgere il lettore e tenerlo appeso con leggerezza e talvolta vero spasso: non male, c’è da dire, per un libro che presta attenzione anche ai lettori meno forti perché poco avvezzi alla lettura o magari affetti da dislessia. Jacob due-due si avvale infatti delle consuete caratteristiche di alta leggibilità (font specifico che aiuta a confondere e sovrapporre meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandiera tura a destra, carta color crema) che rendono amichevole oltre che appassionante la collana Maxizoom di Biancoenero.

Iole, la balena mangiaparole

Iole è una animale pacifico e speciale: il suo talento consiste nel raccogliere le parole che cadono negli abissi dalla barca di un poeta e dare loro nuova vita, trasformandole in racconti da donare agli amici del mare. Narratrice insolita, la balena protagonista del libro si fa amare dalle creature che la circondano, sicché queste non mancheranno di venire in suo soccorso quando le parole in acqua inizieranno misteriosamente a scarseggiare.

Il libro, semplice ma suggestivo, fa parte della collana facile! Messa recentemente a punto da Gribaudo editore per venire incontro anche alle esigenze di piccoli lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Grazie ad accorgimenti tipografici mirati e all’utilizzo del font leggimi di Sinnos, oltre che a un testo curato e ad illustrazioni molto piacevoli, Iole la balena mangiaparole risulta più amichevole e meno ostico di altri testi destinati a lettori alle prime armi.

La zuppa dell’orco

Lettori impressionabili e dal cuore debole, tenetevi alla larga: La zuppa dell’orco non è affare per voi! Perfettamente in linea con la tradizione più autentica e non edulcorata delle fiabe dei Grimm, il racconto di Vincent Cuvellier non esita a mettere in scena orchi sporchi del sangue dei bambini ingurgitati e genitori disposti a tagliare a pezzetti i figli. Il gusto un po’ cruento non manca insomma nell’avventura che vede protagonista l’astuto Josef, il più piccolo di sette fratelli, alle prese con genitori fannulloni e disposti a mutilare i figli per farli mendicare più efficacemente. Venuto casualmente a conoscenza del truce piano di mamma e papà, il bambino organizza una furbissima fuga, inganna e rabbonisce un terribile orco cieco e rimedia, infine, un destino gioioso per sé e per i suoi fratelli.

Il libro, stampata ad alta leggibilità dalla Biancoenero, racchiude illustrazioni espressive che ben si sposano con i toni cupi della storia e un racconto che unisce la sospensione tipica della fiaba e l’ironia caratteristica dell’autore francese. Non è raro infatti trovarsi a sorridere tra un pericolo e l’altro in cui incappano gli otto fratelli. Proprio grazie a questo stile strenuamente leggero, Vincent Cuvellier (già noto ai lettori della casa editrice romana per Giancretino e io, Scappiamo!, La settima onda e Mamma e papà oggi sposi) riesce a dare forma a una narrazione in cui temi forti come il disagio familiare e la disabilità, pur trattati in un contesto fiabesco, emergono con forza nuda e cruda e trovano nel finale un riscatto sorridente. Lo dice bene quel “Visto che i bambini avevano le mani, se le strinsero forte. Visto che avevano i piedi, ballarono tutta la notte. Visto che avevano gli occhi si guardarono a lungo sorridendo, fino a quando spuntò il sole su quel paese di neve e di notte”, con cui si chiude il racconto e che celebra l’importanza di trovare il bello della propria condizione. Qualunque essa sia.

 

Draghi dell’altro mondo

È una fiaba dal sapore antico, quella scritta da Sofia Gallo e illustrata da Vanessa Cazzagon per Sinnos: una fiaba che parla di uomini e di draghi, di astuzia e malvagità, di mondi paralleli in cui occorre essere più scaltri degli altri per risultare, infine, vincitori. Giunto nel mondo dei draghi, un povero padre di famiglia riesce a ingannare per tre volte consecutive mamma drago e i suoi figlioli, più che determinati a sbarazzarsi di lui. Con l’arte della parola e della persuasione, l’uomo supera la prova dell’acqua da trasportare con una bisaccia di pelle di bufala, la prova degli alberi da trasportare con tanto di radici e la prova della mazza da scagliare il più lontano possibile, tornando infine arricchito e soddisfatto dai suoi cari.

La fiaba, narrata attraverso un testo fruibile ma evocativo, fatto di frasi contenute e un buon equilibrio tra racconto e discorso, cattura l’attenzione del lettore trasportandolo in un mondo lontano. Le illustrazioni, dal canto loro, appaiono variopinte e originali, nutrite di suggestioni provenienti da tradizioni iconiche diverse non estranee all’estremo oriente e all’Europa dell’est. Racchiusa in un libriccino piccolo e tascabile, la storia dei Draghi dell’altro mondo è stampata rispettando i criteri dell’alta leggibilità (font leggimi!, spaziatura maggiore, carta color crema, testo non giustificato) e andando incontro a gusti ed esigenze di lettori, dislessici e non, del primo ciclo della scuola primaria.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Ci mancavano, ah quanto ci mancavano! Conosciuti soltanto un anno fa, la scaltra oca Lester e il bonaccione orso Bob tornano a soddisfare la fame di storie sfiziose dei lettori alle prime armi. Come nella prima, anche in questa nuova raccolta di avventure i due protagonisti non mancano di battibeccare, di tendersi trappole, di inventare argute soluzioni a problemi insormontabili e di cementare la loro bizzarra amicizia con piccoli gesti di preziosa tenerezza. Tra un raffinato Bob che si fa crescere i baffi, un furbo Lester che si finge ispettore delle torte e un improbabile duello senza pistole per mettere fine a un litigio tra i due, spicca particolarmente gustosa l’avventura del volano, finito – ahiloro – nel giardino a fianco, di proprietà dei coccodrilli. Il finale è, qui, come in ogni altro sketch, gustoso e sorprendente, capace di strappare un sorriso anche al più brontolone dei lettori.

L’ironia garbata che regalano queste pagine è rara e preziosa. Coltivata con cura, essa contribuisce a rendere Le nuove avventure di Lester e Bob un libro davvero appetitoso e amichevole, forte anche dell’impaginazione pulita – con testo in stampatello maiuscolo a sinistra e illustrazioni ben riquadrate a destra –  e del carattere ad alta leggibilità di Beisler Testme. La combinazione di tutti questi fattori dà vita a un lavoro che non delude le aspettative ma che anzi fa già venire l’acquolina in vista di una terza auspicabile avventura.

Aiuto, i grandi

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Aiuto, i grandi racconta col sorriso di bambini ricoperti di aspettative genitoriali e di genitori estremamente infantili. A far da filo conduttore nei due racconti che compongono il volume, non c’è soltanto infatti la figura di un bambino di nome Filippo, ma più in generale la presenza divertente (ma ahinoi  drammaticamente attuale!) di genitori ipercompetitivi. Se nella prima storia dal titolo Quando divento grande Filippo è alle prese con familiari stressanti che premono per definire il suo futuro mestiere in barba alle sue mirabolanti prospettive da astronauta, nella seconda, intitolata L’invasione dei grandi, lo stesso bambino affronta il primo giorno di scuola e con i compagni affronta una marmaglia di genitori desiderosi di mostrarsi abili (a dipingere, scrivere, giocare e far di conto) e di sostituire la vita d’ufficio con quella di classe. Semplici ma gradevoli, i due racconti di Isabella Paglia invitano a una lettura distesa, accompagnati a puntino dalle illustrazioni movimentate e coinvolgenti di Chiara Nocentini.

Sorprese al museo

Una bambina vivace e un museo cittadino. Potrebbe esserci combinazione più rischiosa? Apparentemente no, ma quando Flora viene accompagnata dai suoi seriorissimi genitori a visitare il museo locale ciò che si scatena non è un guaio ma la fantasia. Mentre gli adulti seguono il percorso espositivo con rispettoso rigore, la piccola segue una pista ben più interessante: in un quadro intitolato “I fiori blu”, infatti, dei fiori non c’è manco l’ombra e in compenso una margherita color del cielo giace abbandonata sul pavimento. Come si spiega? Per scoprirlo serve una piccola indagine e Flora non si tira certo indietro. Quella che rischiava di essere un noioso pomeriggio diventa così una strepitosa avventura tra tigri feroci, indiani pellerossa e signorotte benestanti.

Ricco di dettagli da scovare e gustare (tra cui un signore barbuto che assomiglia tremenamente all’autore!), Sorprese al museo è un invito a scoprire la cultura con occhi curiosi e freschi. E siccome la cultura deve essere per tutti, un librino come questo non poteva che comparire tra le pubblicazioni di Sinnos, che ha fatto della lettura inclusiva uno dei suoi capisaldi. Il libro, scritto da Federico Appel e illustrato da Francesca Carabelli, rientra infatti in una collana ad alta leggibilità dedicata al primo ciclo delle elementari e caratterizzata da storie brevi, leggere e tipograficamente amichevoli.

Fermate quella rana!

Le avventure di Hank Zipzer, funambolico personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver, hanno ormai preso il largo, contando più di sette episodi già pubblicati in italiano. Accanto alla serie classica che vede protagonista il bambino dislessico più creativo di New York alla fine della scuola primaria, inizia a decollare anche la serie che, come una sorta di prequel destinato ai lettori più giovani, lo vede alle prese con i primi anni alla SP87. Dopo Un segnalibro in cerca di autore e Breve storia di un lungo cane, esce infatti ora, sempre per i tipi di Uovonero, il terzo capitolo (come sempre predisposto per una lettura autonoma ma ancor più gustoso se letto a seguito dei precedenti) intitolato Fermate quella rana e contraddistinto dalla consueta grafica ariosa, dalle illustrazioni a tutta pagina di Giulia Orecchia, dai capitoli brevi e dalla stampa ad alta leggibilità in carattere piuttosto grande.

La rana in questione è Fred: l’animale domestico del preside Love, lasciato in custodia alla classe di Hank, Ashley e Frankie durante un intero weekend. È Hank, in particolare, ad avere la fortuna di occuparsene dato l’inatteso feeling che dimostra di avere fin da subito con l’animale. Da parte sua ci sono le migliori intenzioni di prendersi cura del temporaneo ospite ma quando difficoltà di attenzione e memoria ci mettono lo zampino può diventare difficile fare fronte a fughe anfibie. Quando Hank dimentica di mettere il coperchio all’acquario di Fred tutti gli amici e i famigliari saranno costretti a una caccia al tesoro contro per ritrovare la preziosa bestiola. Un posto d’onore in questa nuova avventura lo guadagna senza dubbio il cane Cheerio, affettuoso quanto inaspettato compagno di giochi di Fred, capace di mostrare a suo modo come gli amici si nascondano spesso dove meno ce lo aspettiamo.

In equilibrio perfetto

Capita alcune fortunate volte di incappare in libri forti come uno schiaffo e quando questo accade la lettura si fa valanga che travolge e non lascia indenni. Ecco, considerate che In equilibrio perfetto è esattamente uno di quei libri. L’autrice – Zita Dazzi – vi infonde tanta di quella vita, in tutte le sue sfumature, che si trattiene quasi il fiato leggendolo e vi si riemerge tonificati. Fin dalle primissime pagine si ha l’impressione di camminare accanto ad Amanda,tra le mura di casa dove la madre è stremata da un tumore, sul bordo di un guardrail dove le auto che sfrecciano portano via i pensieri più bui o tra i banchi di scuola dove voti insufficienti e delusioni amorose aggiungono insicurezza all’insicurezza già accumulata. Si, la vita di Amanda è un vero caos. I suoi capelli blu,i suoi modi menefreghisti e i suoi vestiti appariscenti vogliono in qualche modo denunciarlo ma sembrano non bastare, perché non è facile a 16 anni trovare il modo giusto per dire la sofferenza e le persone giuste per ascoltarla. Anche nel buio di un’adolescenza periferica, però, alcuni incontri possono rivelarsi salvifici: quello con una professoressa attenta all’umanità dei suoi studenti, per esempio, o con un amico del tutto inatteso. Zita Dazzi riprende passo a passo, con la bravura che le è propria, questo spaccato di vita autentico, indugiando con uno sguardo lucido e mai giudicante, tanto sulle ombre quanto sulle luci che si intrecciano dentro e fuori Amanda. Ci sono tanti temi forti, qui, vicini ai ragazzi in crescita: l’amore, l’amicizia, il lutto, la responsabilità, il confronto con i pari e il desiderio di essere accettati. Tutti trovano posto in una storia che scivola veloce e che tocca anche chi non ha sedici anni, una madre malata o un padre assente che fa il dj in India. Insomma, In equilibrio perfetto è davvero un libro da scoprire e come se non bastasse è pubblicato da Sinnos ad alta leggibilità: una ragione in più per proporlo ai giovani  lettori, certi che non verranno scoraggiati né dall’aspetto né dal contenuto

Un ottimo lavoro

Tra tutte le teste di legno che al mondo (reale o letterario) si possono incontrare quella creata dal bravissimo Iban Barrenetxea è in assoluto una delle più memorabili. Il suo Barone von Bomben, guerrafondaio di prima categoria, non si perde infatti una battaglia e a ogni scontro finisce per lasciarci un pezzo del corpo e per necessitare una protesi di legno. Succede per le due braccia, per le due gambe e per il capo appunto. Chiamato di volta in volta a scolpire i pezzi è lo stimatissimo falegname Firmìn che con professionalità e precisione non manca mai di soddisfare le insolite richieste dell’entourage del barone. Così, un arto dopo l’altro, l’abile artigiano dà forma a un Von Bombus pressoché interamente ligneo, senz’altro più benigno dell’originale. Ecco allora che l’ottimo lavoro cui allude il titolo travalica l’aspetto prettamente artigianale per assumere un valore squisitamente politico: perché chi lancia bombe e carica cannoni non può che aver trucioli o segatura dentro il capoccione ed è meglio se si rende innocuo.

Il libro, stampato da Sinnos ad alta leggibilità, non si caratterizza solo per l’utilizzo della ormai nota font leggimi ma anche per una scelta grafica nutrita di grassetti e colori: accorgimenti e finezze che contribuiscono a rendere il volume appetibile e piacevole anche allo sguardo di chi, per pigrizia, scarsa abitudine o disturbi dell’apprendimento, non va a nozze con i testi scritti. E come se non bastasse, a spingere la lettura con la potenza di un carro armato, ci pensano qui le parole e le immagini realizzate dall’autore basco: un piccolo curatissimo lavoro, degno di un artigiano letterario del calibro di Firmìn. La storia asciutta a incisiva, la sapiente costruzione ricorsiva e le illustrazioni che incantano, ferme nel tempo eppure in movimento tra una pagina e la seguente, danno infatti forma a un libro davvero intelligente e gustoso.

Hank Zipzer. Tiratemi fuori dalla quarta

Mayday mayday, allarme rosso! Si avvicinano i famigerati colloqui insegnanti-genitori: incontri ad alto rischio che possono segnare il futuro degli allievi della Scuola Primaria 87, decretandone o meno il passaggio alla classe successiva. Ecco allora che Hank, il cui profitto scolastico non è dei più brillanti, deve necessariamente ingegnarsi per evitare che la signorina Adolf e i coniugi Zipzer riescano a incrociarsi. Non basta, tuttavia, fingere di dimenticare l’avviso o tentare di distruggerlo o occultarlo: qui serve un piano degno di una mente geniale, tipo vincere due biglietti per un concerto rock a Philidalphia a cui spedire  i genitori proprio il giorno del colloquio. Detto fatto! Hank si mette all’opera con una dedizione e un impegno invidiabili ma come al solito ad aspettarlo c’è una montagna russa di panico ed euforia capace di suscitare una divertita empatia  in chi legge.

Settima avventura della serie creata da Henry Winkler e Lin Oliver, Tiratemi fuori dalla quarta sfrutta un impianto e una squadra di personaggi ben consolidata e ormai familiare al lettore. Insieme ad Hank, spumeggiante protagonista bambino con difficoltà di apprendimento, trovano spazio gli amici di sempre (Ashley e Frankie) che cercano di aiutarlo a boicottare il colloquio con gli insegnanti, la solida e insolita famiglia Zipzer che rivela qui tratti inaspettati (dall’indole benevola della sorella allo spirito rockeggiante dei genitori) e il corpo docente (in particolare la ferrea signorina Adolf e la comprensiva dottoressa Berger) che offrono un’immagine in definitiva sorprendente dell’istituzione scolastica.

Tiratemi fuori dalla quarta ha inoltre il merito di mostrare come la scuola non sia per i bambini solo un anonimo luogo in cui si apprende ma il luogo principe in cui ci si confronta, in cui ci si diverte, intorno a cui ruotano la vita sociale, l’autostima, molte relazioni e il giudizio dei pari. La scuola, insomma, come piccolo microcosmo in cui si affollano ansie, emozioni e tormenti impegnativi da gestire, che possono però trovare un contenitore e una forma positiva se ben gestite dagli adulti e ben affrontate dai piccoli. “Vogliamo darti tutte le possibilità di riuscire, Hank”, è la frase significativa che pronuncia la dottoressa Berger durante il colloquio, condensando in una riga il valore di un punto di riferimento educativo che sappia accogliere le difficoltà, valorizzando le risorse di ognuno.

Una scuola mostruosa

Spilungo-Frankie, Stecco-Lecco e Fagiolone gigante sono solo alcuni degli spiacevoli nomignoli che Frankie, bambino piuttosto alto e magro, si sente affibbiare ogni giorno a scuola. Le giornate in classe sono tutte una presa in giro e  farsi un amico gli appare un’impresa pressoché titanica. Che fare? Mamma e papà hanno una soluzione a dir poco insolita: iscriverlo per qualche tempo a una scuola di mostri! Potrebbe sembrare strambo, in effetti, ma gli insegnamenti dei professori Paletto, Furioso, Conte Fantasmino e Ombra regaleranno a Frankie la possibilità di farsi notare e apprezzare dai compagni che prima lo snobbavano. Chi l’avrebbe detto che due denti insanguinati, un muso peloso,una testa svitata e muri attraversati potessero rivelarsi così utili per fare amicizia?

Con un racconto leggero e divertente, Jeremy Strong prova e invita a ridere della paura e a trovare soluzioni creative alle difficoltà di socializzazione che spesso affliggono i bambini (ma anche i grandi). La sua storia, inserita da Sinnos all’interno della collana ad alta leggibilità leggimi! a colori, costituisce un incentivo alla lettura basato sul sorriso anche per lettori non troppo esperti o con difficoltà. In più, quasi tre le righe, si legge in questo libro del valore dell’amicizia tra maschi e femmine – spesso bistrattato o oggetto di pregiudizi – che non fa male e anzi qui dà una bella spinta alla narrazione. Nella piccola (di statura) Molly, il giovane Frenkie troverà infatti un’alleata, un’amica e una spalla tosta come poche se ne scovano in giro!

 

Manuale del piccolo aviatore

Un libro di narrativa certo non è, ma data la particolarità del progetto che lo supporta Il manuale del piccolo aviatore merita senz’altro una segnalazione. Il libro è un concentrato di informazioni utili e interessanti, soprattutto per quei bambini e quelle bambine che amano stare con il naso all’insù e che vedono nel volo, nella tecnologia aeronautica e nell’esplorazione dello spazio una realtà a dir poco affascinante. Qui si trovano riunite e spiegate in modo chiaro informazioni variegate relative alla storia del volo, alla flotta della nostra Aeronautica, al mestiere di Pilota, alla Frecce Tricolore, ai record spaziali e all’esperienza dell’ormai notissimo capitano Samantha Cristoforetti. Provvisto di diversi box di curiosità e di un glossario riassuntivo, il libro si chiude con il test del piccolo aviatore e un attestato ritagliabile che valorizza le conoscenze acquisite dal lettore. La ricchezza dei contenuti qui raccolti è dunque notevole benché la grafica non renda loro effettiva giustizia. Molto semplice e a tratti dall’aspetto casalingo, questa agevola la comprensibilità delle informazioni pur a scapito dell’appeal estetico.

Il manuale del piccolo aviatore è disponibile in cinque versioni diverse – tradizionale, Braille (senza illustrazioni ma con doppio testo nero-Braille), a grandi caratteri, ad alta leggibilità (con utilizzo della font Puntidivistafacile), in simboli – così da soddisfare bisogni di lettura differenti. Diverse nel formato, nell’adattamento testuale, nell’aspetto grafico oltre che nel tipo di codice impiegato, queste rispondono all’idea che strade diverse possano condurre al medesimo contenuto, garantendo a tutti i bambini le medesime opportunità di scoperta. Frutto di un progetto inclusivo che vede partner l’Aeronautica militare e la casa editrice Puntidivista, i cinque volumi si ispirano all’idea che , così come il cielo, anche il diritto alla lettura debba essere di tutti.

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La rapina del secolo

Il furbo, Carlone e Luigino lo svelto sono tre ladri e hanno in mente quella che potrebbe rivelarsi la rapina del secolo: rubare la torta di nozze del figlio del presidente del Cile dalla pasticceria del celebre Rolando per chiedere un sostanzioso ricatto. Ma il furbo, Carlone e Luigino lo svelto – come lasciano facilmente intuire i nomi – sono una banda scalcinata tutta da ridere con un boss alto un soldo di cacio che fa il duro che più duro non si può e due gregari di cui uno un po’ tonto e l’altro intento solo a mangiare. Inutile dire che, date le caratteristiche del trio, l’impresa incontrerà qualche intoppo, a tutto guadagno del divertimento del lettore.

Davide Calì racconta infatti questa brevissima storia sottolineando i tratti più comici dei suoi protagonisti, i dialoghi surreali che prendono vita tra loro e la piega rocambolesca che assume l’intera faccenda. Lo fa con una scrittura semplice e ben calibrata che ben si sposa con illustrazioni essenzialissime, anch’esse a firma sua,  tutte giocate su forme minime e sui toni del bianco, del nero e del verde salvia.  Il risultato sono pagine non solo dal contenuto ma anche dall’aspetto ammiccante che si mostrano fin da una prima occhiata accessibili e amichevoli anche per chi non bazzica la lettura con frequenza o con facilità. Lo stesso accade anche nell’altro libro firmato dall’autore e intitolato La casa di riposo dei Supereroi che con La rapina del secolo inaugura Minizoom, la fresca collana ad alta leggibilità per giovanissimi lanciata da Biancoenero nel 2016.

 

 

Geranio, il cane caduto dal cielo

E se un giorno come un altro, camminando placidamente per strada, un cane piombasse dal cielo e arrivasse dritto dritto sulla vostra capoccia? Di fatto è proprio quello che succede ad Alberto, quel giorno che pieno di speranza si dirigeva verso l’edicola con la speranza di acquistare la bustina fortunata di figurine. L’impatto è rovinoso ma una volta ripresosi dal colpo il bambino non può che cedere alle affettuose insistenze del cane piovuto da chissà dove e portarlo con sé a casa. Non sarà un’impresa facile perché il colonnello Marziali, che abita nello stesso palazzo di Alberto, non vuole nemmeno sentire parlare di animali domestici. Allettato però da una ricca posta in gioco, l’austero condomino accetta la sfida lanciatagli dal bambino, da sua sorella Ines e dall’amico Marcello: se entro una settimana i tre dimostreranno che il cane sa fare qualcosa di speciale potranno tenerlo, altrimenti finirà dritto al canile e il colonnello otterrà un raro francobollo. Inizia così per i tre un conto alla rovescia appassionante che li vede impegnati a testare le abilità di Geranio – questo il nome, più che mai azzeccato, del cane piovuto come un vaso dal cielo – in fatto di soccorso acquatico, traino di slitte e caccia alla selvaggina. Ma niente da fare: il cane pare non eccellere in nulla. Solo in extremis, quando tutta la famiglia si è ormai affezionata alla bestiola e ogni possibilità di successo sembra svanire, qualcuno si rende conto che una qualità speciale può essere qualcosa di semplice ma importante cui talvolta non diamo abbastanza peso…

Geranio, il cane caduto dal cielo, racconta del legame stretto che si può instaurare tra animali ed essere umani e dell’affetto che, in entrambe le direzioni, viene troppo spesso sottovalutato. Lo fa attraverso pagine che accolgono caratteri di alta leggibilità (il font leggimi mutuato dalla Sinnos, la spaziatura ariosa, la carta color crema e la sbandieratura a destra), invitando così alla lettura anche un pubblico di ragazzi con difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Appuntamento nel bosco

Gli appuntamenti al buio, si sa, sono un azzardo. Imprevisti ed equivoci possono nascondersi dietro l’angolo, rimescolando a sorpresa le carte dell’attesa. E’ proprio quel che succede alla pipistrellina protagonista di Appuntamento nel bosco che aspetta per cena un cervo ma che in luogo del maestoso mammifero si trova sulla porta di casa un insetto minuto e dimesso. A dispetto del nome, il cervo volante che si presenta al rendez-vous romantico non ha nulla a che vedere con l’ospite immaginato e rischia persino di finire divorato prima ancora di varcare la soglia. Ma la pipistrellina, dopo un primo momento di scoramento, decide di darsi e dare al coleottero una possibilità di conoscenza. Il risultato sarà una piacevole sorpresa, in barba all’ottuso martin pescatore e alla sua filosofia dell’ “ognuno se ne stia solo con i suoi simili”.

Tutto basato su un equivoco scientifico-lessical , il libro segue gli sviluppi di un incontro stravagante in cui i pregiudizi finiscono per andare a farsi friggere: niente di più adeguato, peraltro, per un racconto incentrato su una cena! A rendere il racconto ancora più gustoso intervengono illustrazioni colorate e divertenti che, sottolineando somiglianze e differenze tra i protagonisti e spargendo dettagli sfiziosi su tutte le pagine, trasformano la biodiversità in una faccenda tutta da scoprire. Lo stesso argomento, inoltre, diventa protagonista in chiusura di libro, all’interno di giochi e piccoli approfondimenti che stimolano la curiosità scientifica su alcuni degli animali citati nella storia.

La coppia autorale che dà vita a questo godibile libro è formata da Sylvia Vanden Heede, già pubblicata ad alta leggibilità con le avventure di Lupo e cane insoliti cugini (Beisler), e da Benjamin Leroy, il cui tratto sorridente ha già animato Caccia alla tigre dei denti a sciabola (Sinnos). Particolarmente adatto a lettori del primo ciclo delle elementari, Appuntamento nel bosco fa parte di una collana intelligente e accattivante di Sinnos (I narratori a colori) che combina storie brevi e divertenti, illustrazioni frequenti e avvolgenti (nei confronti sia del testo si del lettore) e accorgimenti tipografici in favore di una leggibilità maggiore e più agevole, anche per chi è colpito di dislessia.

Eugenia l’ingegnosa

Metti un’isola in cui gli abitanti hanno smesso di sognare e di domandarsi cosa ci sia oltre il mare. Ma metti anche una bambina intraprendente e determinata, che non si accontenta di muoversi entro limiti prefissati. Conoscerai così l’isola dei Nascondoni – popolo mite e rassegnato – ma anche Eugenia –bambina dalle idee chiare ben intenzionata a raggiungere l’ormai dimenticata isola di Nonsodove. Per farlo dovrà faticare non poco e avvalersi dell’aiuto di insoliti assistenti, dal fratellino Nicola a schiere di disponibili animali locali come castori, ragni e lucciole. Il risultato sarà così sudato ma varrà senz’altro gli sforzi, rivelando ad Eugenia e ai Nascondoni tutti, occasioni di conoscenza e arricchimento inaudite.

Eugenia l’ingegnosa dipinge con freschezza la voglia e il diritto di sognare, di essere curiosi e soprattutto di impegnarsi per diventare ciò che si desidera. Maschi o femmine che si sia. Ma racconta anche con forza che i ponti non solo strutture asettiche che collegano luoghi ma soprattutto possibilità di incontro tra persone. Tutto questo in un piccolo e apparentemente innocuo libretto che sa fare di una semplice metafora un messaggio potentissimo dalla veste frizzante (merito delle numerose e vivaci illustrazioni) e dall’aspetto amichevole (grazie ai criteri di alta leggibilità, garantiti dalla rodatissima collana leggimi di Sinnos). Agli spunti di cui il libro è già colmo di per sé si aggiungono quelli messi a punto da un’équipe di architette e ingegnere che ha fortemente voluto dar vita alla storia di Eugenia: una sfiziosa serie di semplici attività, scaricabili gratuitamente qui, sono infatti messe a disposizione di insegnanti, genitori e adulti in genere che vogliano farne uso con i piccoli lettori.

Le avventure di Lester e Bob

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Fate largo, sono in arrivo due personaggi illustrati a dir poco irresistibili! Usciti direttamente dalla penna di Ole Könnecke, Lester e Bob sono due amici davvero bislacchi: un papero con un certo savoir faire e un orso pacioccone re delle torte al forno. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più divergente – egocentrico e sicuro il primo, low-profile e accomodante il secondo – e proprio da questa divergenza nasce l’ilarità degli sketch cui i due danno vita e la vitalità della relazione che li unisce.

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Che sia nel bel mezzo di una partita a bocce con dei coccodrilli o in preparazione di una serata di gala, di ritorno da un giro del mondo o in piena costruzione di volatili di neve, i battibecchi, gli scambi di opinioni, le battute e le trovate dei due animali sanno lasciare spiazzati, sorridenti e di buonumore.

Nelle loro sono avventure, minimal e surreali, la stramberia è all’ordine del giorno e l’amicizia finisce sempre per trionfare. Senza moralismi o forzature, però – si badi bene – ma per il solo e invincibile potere di una torta al cioccolato o di una maschera del buonumore. L’autore ha infatti questa rara abilità nel raccontare storie a misura di bambino che danno rilievo ai sentimenti passando attraverso le cose concrete. Qui, in particolare, l’anatra e l’orso sono protagonisti di quadretti gustosi e concisi – perfetti per stuzzicare senza appesantire – che si vorrebbe potessero avere un seguito ancora molto lungo, lunghissimo.

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Le avventure di Lester e Bob fa parte della collana ad alta leggibilità Leggo già di Beisler, inaugurata dall’altrettanto surreale volume Lupo e cane. Insoliti cugini. Il libro di Ole Könnecke fa però uso del font specifico per dislessia in formato maiuscolo, che calza a pennello sulle storie narrate e sul target più giovane cui queste si rivolgono.

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Geltrude senza piume

Alice, la piccola protagonista dell’albo Geltrude senza Piume, è una bambina tosta e testarda. Affezionata alla sua cara oca di stoffa e sensibile di fronte alla sofferenza animale, si rifiuta dapprima di utilizzare un cuscino nuovo di zecca perché fatto di piume e riesce infine ad adottare un’oca vera, salvandola da un allevamento intensivo.

La storia, scritta con la consueta passione da Sandra Dema e stampata ad alta leggibilità grazie all’impiego del font open source OpenDislexic, presenta con un marcato ed esplicito intento educativo. Le illustrazioni di Valeria Castellani, dal canto loro, sono comunicative e avvolgenti nella loro naïveté. Prive di dettagli accumulati e rumori di fondo, sottolineano l’entusiasmo e i sinceri sentimenti della protagonista.

The big swim. La grande prova

Presentatosi ai lettori i italiani con La strana collezione di Mister Karp (finalista del premio Andersen 2014), Cary Fagan torna a farsi notare con un nuovo libro ad alta leggibilità destinato ad un pubblico analogo o di poco più grande. Pubblicato con la consueta attenzione alle esigenze di lettori con dislessia dalla Biancoenero, The big swim. La grande prova racconta di un’estate a un campo estivo per ragazzi, così come vissuta dal protagonista Ethan.

Timido e poco predisposto a farsi notare, Ethan cerca dapprima di mantenere un basso profilo e non farsi dei nemici ma scopre pian piano di potersi spingere più in là, trovando compagni che lo apprezzino, occasioni per mettersi alla prova e coraggio per mostrare i propri talenti e per esternare i propri sentimenti. La settimana di campo estivo diventa così per lui una piccola ma intensissima esperienza di crescita, con compagni di avventura che val la pena di scoprire a fondo e possibilità di toccare da vicino l’emozione palpitante e contrastante dell’adolescenza che bussa alla porta. La stessa palpitante e contrastante emozione che si prova, forse, a cimentarsi in piena notte, con la Grande Traversata a nuoto verso l’isola di Downing…

 

Officina Millegiri

Sono tante e sfaccettate le storie a due ruote che si intrecciano in questo fumetto: una moltitudine di personaggi, epoche, panorami, contesti, vicende ed emozioni si fanno largo a suon di pedalate. È proprio la passione per le biciclette dei suoi protagonisti – dall’aggiustatutto al corridore, dall’orsa equilibrista al ciclista acchiappanuvole, dalla band a pedali al tifoso sfegatato – a fare da filo conduttore a un fumetto che dice tra le curve di sogni, amori, progetti e amicizie.

Le parole sono scelte dal cantante dei Tête de Bois Andrea Satta e trovano forma visiva nella matita di Eleonora Antonioni (anche se è proprio da quest’ultima che l’idea di portare tante biciclette in un solo libro è partita). L’incontro tra le due voci è ben calibrato e non scontata: tale insomma da lanciare un amo insolito a lettori adolescenti, soprattutto se amanti delle corse in velocità.

La brevità delle storie, unita alla consueta attenzione di Sinnos per l’alta leggibilità (qui applicata al genere del fumetto grazie alla font leggimi graphic), rende Officina Millegiri particolarmente fruibile anche da parte di giovani lettori poco a proprio agio tra le pagine fitte.

La casa di riposo dei supereroi

Dei supereroi così, di certo, non li avete mai visti! Acciaccati, smemorati, mollicci e un po’ rimbambiti, alcuni dei più intrepidi paladini della giustizia sono ritratti da Davide Calì al tramonto della loro carriera, tra un apparecchio acustico e una pappetta adatta alle dentiere. Quando meno se lo aspettano, però, una nuova (e forse non ultima) avventura bussa alla porta della loro casa di riposo, obbligandoli a riscoprire il gusto della sfida e il valore della collaborazione.

La casa di riposo dei supereroi, uscito insieme a La rapina del secolo (anch’esso a firma del bravo Davide Calì), inaugura la nuova e apprezzabilissima collana Minizoom della casa editrice Biancoenero: una collana di librini agili nel formato e nel contenuto, con testi e illustrazioni amichevoli e divertenti. L’ideale insomma per avvicinare alla lettura anche i bambini più poco esperti o riluttanti che possono ritrovare qui la consueta attenzione per l’alta leggibilità a cui la casa editrice romana si è da sempre dedicata.

Il cavaliere saponetta

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Il cavaliere Saponetta si chiama così per la sua sfrenato attitudine alla pulizia: sempre lindo e profumato, non perde occasione per strofinarsi per bene dopo una battaglia condotta con lealtà e ardore. Ad accompagnarlo nelle imprese il fido ma ancora inesperto Elmo e a circondarlo presso la sua magione una sfilza di personaggi buffi, primo fra tutti il maestro inglese di quick step.

La vita del protagonista è insomma sufficientemente avvincente e vivace di per sé ma sarà un’improvvisa e urgente lettera del re a renderla davvero travolgente. Incaricato di sconfiggere un drago che sta terrorizzando il regno, il cavaliere Saponetta si trova ad affrontare molti pericoli, la maggior parte dei quali predisposti dal malfido conte Grigio che come lui punta alla mano di Linda, la soave figlia del re. Il finale sarà tutta una sorpresa, capace di rivelare intrighi ma anche di dare una scossa agli stereotipi che spesso si nascono nelle fiabe.

A rendere ancora più piacevole una storia già così molto gustosa, entrano in campo i disegni frequenti, colorati e irresistibili di Mattias de Leeuw che illustrano con pazienza i vari passaggi del racconto e ne sottolineano bene il tono scherzoso. Gli accorgimenti tipografici caratteristici (font leggimi, spaziatura maggiore, carta avoriata, sbandieratura a destra, a capo in linea con la punteggiatura) della collana ad alta leggibilità I narratori a colori di Sinnos, di cui Il cavaliere Saponetta fa parte, completano infine il quadro, garantendo una più agevole lettura anche in caso di dislessia.

Ti regalo la luna

Quale regalo può essere all’altezza di un amore è così grande come quello tra un bambino e la sua mamma? Forse solo la luna, o almeno questa è la risposta che si dà il piccolo Riccardo, desideroso di fare un dono speciale alla sua mamma. Ma la luna è così in alto che gli servirà salire sulle spalle del papà, e poi ancora dei vicini, e poi ancora dei cugini e così via prima di poter arrivare all’agognato obiettivo. Ma con tutti questi aiuti, che andranno in qualche modo ricompensati con un pezzetto di luna – resterà infine un regalo abbastanza degno per la mamma? Le parole affettuose di Alice Brière-Haquet accompagnano il lettore a scoprirlo con i toni, l’essenzialità e le atmosfere sospese tipiche delle fiaba. Accanto ad esse, le immagini sognanti di Célia Chauffrey, persin sacrificate in un formato così ridotto, danno una forma silenziosa a tutto il sentimento contenuto nella narrazione.

La struttura a iterazione che caratterizza il racconto dona un ritmo cullante alla lettura e contribuisce forse a renderla più agevole, costruendo una rete di richiami e riprese amichevoli anche per il lettore con qualche difficoltà. Di certo a questo scopo concorrono le scelte tipografiche operate dall’editore Gribaudo all’interno di questo volume così come degli altri che compongono la collana Facile! Leggere bene. Leggere tutti: font ad alta leggibilità leggimi mutuato dalla Sinnos, spaziatura maggiore tra le righe e le parole e sbandieratura a destra. Un piccolo dono per i lettori con e senza disturbi specifici dell’apprendimento, almeno prezioso come quello di Riccardo alla sua mamma.

Il topino che si mangiò la luna

Il fascino della luna, si sa, è universale. Grandi e piccoli ne restano ammaliati e così accade anche all’animaletto protagonista de Il topino che si mangiò la luna. Addormentatosi la sera ammirandone il bagliore, il topino si sveglia la mattina convinto di averla trovata a fianco al suo letto. Ne assaggia così un pezzetto, crucciandosi però subito per averla così rovinata. Non sarà facile per gli amici del bosco convincerlo che la delizia da lui gustata era solo una banana che nulla ha tolto allo splendore della notte.

La storia è semplicissima ma di una tenerezza cosmica. Ci si trova dentro tutta l’ingenuità infantile: quella che porta a vedere le cose da un punto di vista insolito e ad attribuire loro un valore tutto speciale. Le parolecentellinate e scelte con attenzione alla loro familiarità fanno come da didascalia o inserto a illustrazioni ampie (malgrado il piccolo formato del libro) e delicate. Le une e le altre sono firmate da Petr Horáček, autore e illustratore ceco che sceglie di parlare ai lettori più piccoli sbirciando direttamente nel loro mondo.

La piacevolezza del racconto, ideale per una lettura intima condivisa, è valorizzata da scelte tipografiche che promuovono l’inclusione e una lettura a misura di lettori con qualche difficoltà. Il font leggimi firmato Sinnos e la scelte di impaginazione ad alta leggibilità accentuano infatti il carattere lineare e accogliente di una storia tutta da mordere!

Il signor Paltò

Il signor Paltò era un omino che aveva sempre freddo. Ma freddo freddo freddo, tanto che stava sempre in casa e anche il giorno in cui decise di avventurarsi fuori dovette coprirsi con così tanti indumenti da diventare un’attrattiva. Fu allora che ebbe l’occasione di incontrare finalmente un essere simile a lui e scoprire che il freddo – fuori e dentro – si combatte meglio se non si è da soli. Il libro dell’olandese Sieb Posthuma, piacevolissimo nei testi e nelle immagini, offre così una storia d’amore tenera e delicata che scalda il lettore almeno quanto i personaggi.

Il signor Paltò fa parte di una valida collana edita da Gribaudo che propone storie brevi e semplici capaci di possono catturare lettori poco esperti e che segue criteri di alta leggibilità tra cui l’utilizzo del font leggimi messo a punto da Sinnos in favore di lettori con dislessia. Che font come questo  inizino a diffondersi e vengano concessi da un lato e richiesti dall’altro è un segnale forte e importante di come l’offerta di una lettura più aperta costituisca una questione sempre meno di nicchia.

Le avventure di Tom Sawyer

Sono avventure con la A maiuscola quelle che Marc Twain confezionò nel 1976 e che cucì intorno al personaggio di Tom Sawyer. Avventure che si dipanano lungo il fiume Mississippi e che vedono protagonista un ragazzo intraprendente ed esuberante dedito a una vita spericolata in cui tesori, cadaveri, grotte misteriose non mancano. Per i primi 140 anni di questo libro che ha solletico e solletica le menti affamate di storie avvincenti, Biancoenero lo ripubblica, in versione ridotta e semplificata, all’interno della collana Raccontami.

L’alta leggibilità, che da sempre contraddistingue la produzione della casa editrice romana, non beneficia qui solo di un font specificamente messo a punto per chi ha problemi di dislessia, di un’impaginazione più spaziosa, di righe irregolari che seguono il ritmo del racconto e di una carta color crema ma anche di un adattamento del testo a cura di Giulia Avallone che privilegia scelte sintattiche e lessicali più fruibili rispetto al testo originale. Il libro è inoltre accompagnato da un CD MP3 che offre al lettore, con o senza difficoltà, di scoprire le avventure di Tom Sawyer anche attraverso l’ascolto

B&B che bello essere unici

B&B alias Bea e Blanco, una coppia di amici inseparabili composta da una bambina sveglia dagli occhiali lilla e un cane vivace dal monocalzino su una zampa ferita. Protagonisti di tre storie indipendenti tra loro, la bambina e il suo fedele amico affrontano insieme piccole difficoltà o avventure – come i dispetti dei compagni (B&B che bello essere unici), la ricerca di un animaletto smarrito (B&B alla ricerca di Jack) e i primi innamoramenti (B&B e l’amore). Il loro è un approccio positivo e curioso alla vita e alle sorprese anche minime che può riservare.

Le storie che compongono il volume si ispirano a episodi, emozioni e traguardi a misura di bambino e che come tali possono essere facilmente riconosciuti e compresi da piccoli lettori. Questo, più che la morale fin troppo esplicita che caratterizza la narrazione, può senz’altro concorrere  a lasciare una piccola traccia in chi legge. Le illustrazioni, curate dal venezuelano Rafael Andrade, non aggiungono particolare emozione ai racconti ma con la loro frequenza e vivacità accompagnano la lettura e ne evidenziano i passaggi chiave.

Il libro, pubblicato da Sestante edizioni, si propone di venire incontro alle esigenze di lettura di bambini colpiti da dislessia adottando alcuni accorgimenti quali l’uso di carta avoriata, una spaziatura leggermente aumentata, una giustificazione solo a sinistra e l’assenza di parole spezzate per andare a capo. Il font utilizzato – un Verdana – non è specificamente messo a punto per lo scopo sopracitato ma tra i font abitualmente impiegati e reperibili su qualunque pc risulta tra i meno affaticanti la vista per via dell’assenza di grazie.

Storie di straordinaria dislessia. 15 dislessici famosi raccontati ai ragazzi

Dalla storia all’arte, dallo spettacolo alla scienza: i campi esplorati da Rossella Grenci e Daniele Zanoni sono davvero molteplici e in ciascuno i due autori hanno saputo individuare figure esemplari che non hanno trasformato la loro dislessia in un sinonimo di sconfitta certa. Tom Cruise, Pablo Picasso, Carlo Magno e Isaac Newton, solo per citarne alcuni, si incontrano e ritrovano tra le pagine di Storie di straordinaria dislessia (già nato in casa Angolo Manzoni e ora riproposto in una veste nuova da Erickson), accomunati da una condivisa tenacia, voglia di riscatto e capacità di trovare risorse nonostante le difficoltà che una forma di dislessia inevitabilmente impone.

Di ogni personaggio gli autori forniscono una biografia di qualche pagina accompagnata da una caricatura che aiuta a riconoscere il personaggio, di certo già visto dal lettore in qualche altra occasione. Alcune più e alcune meno avvincenti, le biografie proposte vogliono mettere in luce il fatto che dietro un disturbo specifico dell’apprendimento non si cela una forma di stupidità (è vero, lo si sente dire in continuazione ma per arrivare a una consapevolezza diffusa forse un po’ di insistenza si rende ancora necessaria) ma piuttosto un modo differente di funzionare del cervello: un modo che si rivela spesso funzionale a esplorare strade insolite, a inventare ciò che ancora non esiste, a indovinare teorie innovative e rivoluzionarie.

Nel paese delle parole

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Nel Paese delle parole protagoniste sono proprio queste ultime. Nel primo racconto (L’albero delle parole) Federico e Tommaso scoprono che poche semplici parole possono condurre l’immaginazione molto lontano, facendo inventare persino mostri puzzoni che si nascondono nelle tane buie. Nel secondo racconto (Il ladro di parole) gli stessi protagonisti si imbattano davvero in una creatura fantastica: non si tratta però di un mostro puzzone bensì di un bizzarro folletto mangiaparole. Famelico e astuto, questi ruba le parole più ghiotte prima che le persone riescano a pronunciarle ma dopo un primo momento di smarrimento, i bambini trovano un’ingegnosa soluzione che  non solo sfama il folletto ma migliora anche la loro padronanza lessicale! I racconti firmati da Lodovica Cima – un vero inno al potere nutritivo e fantastico della parole, in pieno stile rodariano –  invitano con garbo a giocare con le parole e trovano qui un delicato accompagnamento nelle illustrazioni di Chiara fiorentino.

Martina e il suo cappello

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

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All’interno di Martina e il suo cappello le storie sono scritte da Sofia Gallo e illustrate da Silvia Baroncelli. La prima, intitolata Il compleanno di Martina, vede la protagonista al centro dei festeggiamenti in famiglia insieme al nonno che compie gli anni il suo stesso giorno. I due ricevono alcuni regali speciali – un libro, degli stivaletti di gomma e un cappello di paglia lei, un paio di occhiali, un cappello di tela e una canna da pesca lui – che consentono loro di trascorrere insieme del tempo prezioso e costruire così  dei ricordi felici. Non a caso quegli stessi doni tornano protagonisti anche nella seconda storia contenuta nel volume e intitolata Il cappello di Martina. Qui il cappello di paglia nuovo di zecca della protagonista vola via per un colpo di vento e finisce nelle mani di una bambina che vorrebbe usarlo come cestino. Sarà l’intervento paziente e affettuoso della nonna di Martina a sistemare la faccenda lanciando un bel messaggio sul valore della condivisione.

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Un pesce sull’albero

Non è facile per Ally: scuola nuova, compagni nuovi, professori nuovi e, come se non bastasse, quell’insopportabile sensazione di essere diversa dagli altri, stupida forse. Gli sforzi che la dodicenne fa per eguagliare i compagni in fatto di lettura e scrittura non trovano infatti un’adeguata soddisfazione (“Se cercare di leggere servisse a qualcosa – dice a un certo punto – sarei un genio”), tanto che Ally arriva più di una volta a un passo dal gettare la spugna. A remarle contro, almeno inizialmente, ci sono un’insegnante e una preside incapaci di leggere realmente il suo disagio e dei compagni di classe che, poco guidati ad accogliere la diversità, scivolano facilmente nella presa in giro. A casa, d’altro canto, il morale non si solleva granché: il fratello di Ally le manifesta un affetto enorme ma manca concretamente degli strumenti per aiutarla, la mamma riconosce i sui pregi e cerca di contenere i suoi insuccessi ma non ha molto tempo da dedicarle e il padre, pur amorevole e gran punto di riferimento, è fisicamente lontano per via di una missione militare. Tutti i venti paiono insomma soffiarle contro, almeno fino a quando la signora Hall non viene sostituita da un nuovo insegnante – il signor Daniel – strenuamente deciso ad aiutare i talenti di ciascun allievo a emergere. Inizia così per Ally un anno scolastico rivoluzionario in cui sperimentare nuove attività, in cui costruire amicizie autentiche e in cui scoprirsi e rivalorizzarsi. Intorno a lei ruotano moltissimi personaggi – compagni e familiari soprattutto – di cui Lynda Mullaly Hunt offre fin dalle prime pagine una rappresentazione eloquente (capiamo fin dall’inizio, insomma, da chi guardarci le spalle e in chi riporre invece fiducia). Quello dell’autrice è un tocco suggestivo che dipinge dapprima pochi tratti essenziali e dettaglia poi col tempo, offrendo un quadro chiaro fin da subito ma invogliando anche a riconoscere che dietro ogni persona – piacevole e antipatica che sia – si nasconde una storia che val la pena scoprire prima di emettere giudizi definitivi.

Dalla sua penna esce un ritratto illuminante non solo dei personaggi che entrano in campo ma anche e soprattutto del problema che affigge fin dalle prime pagine Ally e che segna in qualche modo lo sviluppo del racconto. Mirabile è la maniera chirurgica in cui Lynda Mullaly Hunt disseziona e restituisce i sentimenti della protagonista di fronte alla squilibrata bilancia sforzi-successi della sua vita e al profondo senso di inadeguatezza (parola chiave che forse ben condensa il preciso focus del libro) che la dislessia le provoca, arrivando a minare la stessa capacità di desiderare. Con spunti interessanti sulla vergogna provata (che può portare a preferire l’apparire cattivi piuttosto che stupidi), sul sentirsi soli (cosa che ben si distingue dall’essere solitari) o sull’enorme potere riconosciuto alle parole (che come le uova vanno trattate con prudenza, “perché nessuna delle due cose può essere riparata”) , Un pesce sull’albero appare un prezioso concentrato di riflessioni sui disturbi specifici dell’apprendimento e sui vissuti che ad essi si associano: un piccolo saggio, insomma, nascosto in un bellissimo romanzo, che molti insegnanti e operatori troverebbero utile per la loro professione.

L’autrice riesce a costruire questo effetto, ricorrendo tra le altre cose a un uso efficace e ricorrente di immagini e metafore, come quella della moneta con un’imperfezione che vale più di una perfetta o delle farfalle che non volano in modo lineare cime gli uccelli ma va un po’ di qua e un po’ di là. Questa precisa scelta stilistica, mantenuta per l’intero corso del racconto, contribuisce a rendere incisiva la narrazione, rinvigorendo l’effetto coinvolgente già dovuto ad alcuni personaggi memorabili e ad una rara lucidità esplorativa di argomenti complessi. Si capisce chiaramente, prima ancora che l’autrice lo espliciti in terza di copertina, che le pagine trasudano un vissuto personale, che c’è consapevolezza e competenza tra le righe. Non solo, il libro guadagna credibilità anche dall’inserimento della dislessia in un contesto scolastico variegato, in cui le difficoltà e le diversità sono tante e differenti. La classe di Ally è in qualche modo una classe reale, dove c’è chi mangia in mensa grazie al contributo della scuola, chi fatica a mantenere la concentrazione, chi ha origini straniere, chi ha a che fare con i bulli e chi, appunto, ha difficoltà con la lettura.

In questo contesto, ciò che rende esemplare e straordinario un professore come il signor Daniels – vera figura chiave del romanzo, che tanto felicemente esprime il bisogno di maestri pazienti, caparbi e lungimiranti – è la capacità di riservare un occhio di riguardo a ogni allievo e alle sue specificità, di dedicare la giusta attenzione a ogni situazione e di cercare la strategia più adeguata per supportarla. Così, il professor Daniel insiste perché Ally si cimenti in un corso di scacchi che le renda chiaro il suo modo di pensare fuori dagli schemi, concorda con Oliver un segnale segreto per ricordargli di non farsi travolgere da parole e pensieri, e più in generale riserva una parola di incoraggiamento per ognuno dei “suoi fantastici”. Ecco, forse della parola “fantastico” il signor Daniels fa un uso un tantino eccessivo ma val la pena di perdonarlo. Irresistibile e travolgente è infatti il suo modo di fare, tanto che a stento si può resistere al desiderio di averlo (o averlo avuto) come insegnante. In lui ritroviamo prima di tutto la figura di un educatore – colui che ex-duce, che tira cioè fuori dai suoi alunni la loro personalità, la fiducia in loro stessi, la consapevolezza delle proprie capacità, dei propri limiti e del proprio “funzionamento”, piuttosto che limitarsi a ficcare nozioni dentro le loro zucche.

Ciliegina sulla torta, come gli altri volumi della collana in cui è inserito, Un pesce sull’albero è pubblicato ad alta leggibilità così da risultare più fruibile anche in caso di dislessia. Così come la serie di Hank Zipzer (peraltro ormai divenuta un classico in America e citata dall’autrice nel libro, creando un simpatico e involontario gioco di rimando interni per la casa editrice Uovonero) anche questo volume impiega un Verdana modificato (leggermente più piccolo rispetto ai libri di Lin Oliver e Henry Winkler, come si conviene ai lettori delle medie cui il libri principalmente si rivolge), una carta avoriata, una spaziatura maggiore e un’assenza di giustificazione testuale. Tutto questo contribuisce a fissare la lettura e a renderla meno ballerina agli occhi di chi come Ally si chiede “come faranno gli altri a leggere lettere che si muovono?”. Mai collana fu in qualche modo più azzeccata di questa delle Abbecedanze (il cui sottotitolo è per l’appunto: Quando le lettere non vogliono saperne di restare ferme, possiamo imparare a danzare con loro), per un libro che sulle lettere che “sembrano scarabocchi danzanti”, ha costruito un racconto davvero significativo.

Le valigie di Auschwitz

Le valigie di Auschwitz è una raccolta di racconti sulla Shoah che Daniela Palumbo ha scritto con l’intento di dare voce ad alcune delle tante storie che si sono mescolate e spesso perse in uno dei momenti più drammatici della nostra storia recente.

Accomunate dalla giovanissima età dei loro protagonisti – Carlo il figlio del ferroviere, i fratellini Hannah e Jacob, la ribelle Émeline e il violinista Dawid sono tutti bambini negli anni in cui la follia nazista prende piede in Europa – queste mettono in particolare a fuoco il momento in cui la quotidianità di ciascuno di essi prende improvvisamente una piega nuova e preoccupante: quando cioè le nuove leggi razziali impediscono loro, in quanto ebrei, di frequentare la scuola, intrattenersi con ariani, frequentare spazi pubblici come i parchi gioco. Un momento ben preciso, insomma, della storia di diversi paesi europei (qui rappresentati ci sono l’Italia, la Germania, la Francia e la Polonia): quello che segna il precipitare della situazione politica e che prelude i rastrellamenti e le deportazioni da cui nessuno dei personaggi esce del tutto indenne. La maggior parte di loro saluta drammaticamente il lettore quando la polizia bussa alla porta di casa, solo Émeline pare salvarsi trovando rifugio presso la nonna materna. Il momento in cui vengono in fretta e furia riempite le valigie, con destinazione ignota, è dunque quello su cui si chiude ogni vicenda lasciando in sospeso ma ben immaginabile l’epilogo di ciascuna. La valigia, fin dal titolo e dal prologo in cui l’autrice riassume il dramma dell’Olocausto e racconta della stanza di Auschwitz in cui sono raccolti i bagagli vuoti delle vittime, diventa così simbolo di una tragedia tuttora priva di un senso.

Nel libro, forte e toccante, trovano spazio alcune delle discriminazioni portate avanti dal nazismo accanto a quella rivolta agli ebrei:  quelle indirizzate ai disabili, per esempio, o agli oppositori politici del regime. Vengono inoltre dipinte con voluta insistenza quelle figure come i delatori che con il loro comportamento apparentemente marginale ebbero in realtà un ruolo determinante nel destino di molte vittime. Dai nazisti alle spie, dai simpatizzanti del fuhrer agli individui che decisero di non schierarsi per non compromettersi, Daniela Palumbo prova a mostrare le diverse figure che giocarono un ruolo nella partita nazista e a dare un volto alle diverse sfumature della meschinità che in questa trovarono espressione.

Le valigie di Auschwitz è stato pubblicato nella prima volta da Piemme nel 2011, a seguito della vittoria del premio letterario Il Battello a Vapore. Questa nuova edizione, pubblicata nel 2016, arricchisce il testo, già forte e importante, di una stampa ad alta leggibilità con font specifico, spaziatura maggiore, carta opaca e testo sbandierato, che ne consente una fruizione più ampia e meno discriminante. Dal libro è stato inoltre tratto uno spettacolo teatrale che da diversi anni viene replicato e proposto a un pubblico di giovani spettatori.

Sorridi!

Un cappellino di paglia legato al mento, una sorta di pannolino a fiore e due grossi occhi persi nel vuoto: così presenta ai lettori la triste e tenera ranocchietta, protagonista di Sorridi!. Terribilmente avvilita per via della solitudine, alla piccola non bastano i bacini sul naso del Macaone o le facce buffe della tinca: la nostalgia della mamma resta comunque troppo forte. Ma una mamma certe cose le sente, anche quando è distante. Così, benché affaccendata nella vendita di formaggi e marmellate del bosco, la signora ranocchia affida un sorriso speciale al castoro, con la preghiera di consegnarlo a sua figlia. Il castoro è ben lieto (e persino orgoglioso!) di prendersi l’incarico e si avvia con i dentoni ben in vista verso la zona del lago dove crescono i pioppi. Per strada trova però dei rami adattissimi a costruire una nuova diga e qui un dubbio amletico si pone: consegnare il sorriso o preoccuparsi della diga? Una soluzione c’è: affidare il sorriso alla lontra perché prosegua la sua missione. E così accade, ma anche la lontra trova per strada un intoppo e affida a sua volta il compito a un altro animale e come lei fanno, via via, anche il picchio, la volpe e il cane, l’orso. Fino a che il sorriso non arriva nel becco dell’anatra che raggiunge la ranocchietta e le recapita l’affetto di cui tanto necessita, lasciando dietro di sì una scia di letizia. L’idea che un sorriso, come qualunque altra espressione di gentilezza, possa diventare un testimone da passare di mano in mano è forte e trova nelle espressioni delle creature del bosco un’immagine davvero incisiva. Il fatto, poi, che quello di sorridere sia anche un compito importantissimo, che ciascun animale assume con la massima serietà e non abbandona finché non trova un sostituto, è altrettanto significativo e meriterebbe anche nei nostri “boschi” quotidiani” una più assidua considerazione.

La storia di questa staffetta speciale è semplice e sfrutta un collaudato meccanismo ripetitivo che dà struttura e ritmo al racconto. La narrazione potrebbe forse essere più snella ma le illustrazioni, delicate ed espressive, consentono di non badarvi troppo. Gli accorgimenti tipografici adottati dalla Sinnos, inoltre, giocano un ruolo a loro volta importantissimo per alleggerire la lettura e renderla al contempo piacevole e fluida. Attraverso un gioco sapiente di colori, grassetti e maiuscoli – uniti al font ad alta leggibilità leggimi – la pagina risulta particolarmente dinamica e chiaramente organizzata e viene così meglio incontro alle esigenze di lettori poco esperti o con difficoltà. La casa editrice aveva d’altronde sperimentato con successo gli stessi espedienti all’interno del volume Chi vuole un abbraccio?, scritto delle medesime autrici e pubblicato nella medesima collana. In questo volume così come in Sorridi! si celebra il valore dei piccoli gesti e il loro rivoluzionario potere, consolidando una sorta di filone del buonumore che se la gioca, quanto a efficacia, con una buon scatola di cioccolatini!

Nessuno vince!

Ispirato a un gioco di parole di omeriana memoria, Nessuno vince! racconta del fortuito incontro tra un bambino e un cane (che per un equivoco diventa, appunto, Nessuno) e dello scompiglio che portano all’interno di una ingessatissima fiera canina. Convinti di recarsi in una sorta di luna park per quadrupedi (con tanto di montagne russe, ruota panoramica e tiro al bersaglio) e di poter lì rinvenire una casa felice per il trovatello, i due incappano invece in un evento serio e triste dove solo il parapiglia da loro causato – tra salsicce volanti e giudici squalificati – porterà un po’ di diversivi e buonumore.

Le illustrazioni di Pablo Zweig, buffe e stilizzate, accompagnano puntualmente il testo di facile lettura, in forma di piccole miniature o sfondi a tutta pagina. Il rapporto tra immagine e parole è particolarmente ben studiato e alterna momenti in cui la prima dice quel che le seconde tacciono a momenti in cui l’una accentua o le altre. Questa raffinatezza compositiva, unita a una storia semplice, a tratti surreale e molto coinvolgente (quale bambino, in fondo, non ha desiderato di portarsi a casa un cagnolino almeno una volta?) fa sì che Nessuno vince! invogli spontaneamente alla lettura spianando il terreno anche a chi non affronti i testi scritti in maniera proprio spedita.

 

 

 

Klaus e i ragazzacci

Che cosa sia la libertà non è facile a rendersi, soprattutto nello spazio ristretto di una cinquantina di pagine. Eppure la penna esperta di David Almond riesce a darcene un assaggio, tanto concentrato quanto importante, all’interno di Klaus e i ragazzacci, un racconto breve pubblicato da Sinnos all’interno della collana ad alta leggibilità leggimi!. Ambientato nell’Inghilterra degli anni ’70, quando la seconda guerra mondiale era alle spalle ma non ancora così lontana e quando la divisione fra est e ovest assumeva un significato politico molto forte, il racconto segue i pomeriggi annoiati di una banda di ragazzini che ammazza il tempo compiendo scherzi e atti vandalici più o meno innocenti.

A promuoverli è soprattutto  Joe, un ragazzo grande e grosso e dai modi prepotenti. A metterli in atto, tra gli altri, è il narratore, un ragazzo combattuto tra il timore di venire rifiutato dal gruppo e la sensazione che quanto fatto non sia davvero giusto. La sua ribellione prende forma fin da quando Joe passa il segno intimando ai suoi di dare fuoco alla siepe del signor Eustace, preso di mira perché obiettore di coscienza durante la guerra, ma fiorisce davvero solo quando in città arriva Klaus, un ragazzo tedesco della Germania Est la cui capacità di prendere posizione diventa un modello positivo e contagioso. Arrivato da solo in Inghilterra (la madre è scomparsa e il padre, un cantante lirico, è prigioniero in un campo di lavoro russo), Klaus è amichevole, impegnato, imbattibile con un pallone al piede ma soprattutto capace di fare tesoro della sua storia personale e familiare e di quella del suo paese. Klaus “cammina e canta e mostra al mondo che è libero”, proprio come gli ha raccomandato il papà, e onora la sua memoria e i suoi insegnamenti chiedendosi il perché delle cose e non piegandosi alla logica dell’arroganza.

La sua è una figura incisiva benché o anzi forse proprio perché condensata in pochi ma significativi quadri. Spedito ma centrato, il libro offre uno spunto interessante non solo per accennare a un periodo storico poco noto au giovani lettori ma anche per dire con una storia intensa che la libertà è preziosa e ciascuno di noi la stringe a suo modo in pugno. Se poi si considera che il volume – per brevità, qualità stilistica e caratteristiche tipografiche – risulta davvero fruibile ad ampio raggio, il goal del rispetto è senza dubbio segnato.

 

 

Hai preso tutto?

Procrastinatori, udite udite: un paladino del savoir renvoyer è in arrivo tra le pagine di Sinnos. Campione inarrivabile di posticipazioni, il signor Cinghialetti guadagnerà senz’altro la vostra simpatia per la nonchalance con cui rimanda compiti odiosi come alzarsi o riordinare la casa. Protagonista del racconto firmato da Alice Keller e Veronica Truttero, il signor Cinghialetti, per gli amici Osvaldo, prende temporaneo possesso insieme alla moglie Fernanda della casa dei signori G. Questi ultimi, partiti per una breve vacanza, scordano infatti di chiudere la porta e consentono ai due inattesi ospiti – nella fattispecie un cinghiale e una cinghialessa – di entrare e fare i propri comodi per 24 ore buone. Sarà per i due umanizzatissimi suini un’occasione ghiotta per gustare tazze di caffè accompagnate da fette di ciambellone, esercitarsi al violoncello, scrivere al pc racconti spassosi e cucinare prelibate frittate. Ma 24 ore passano in fretta e le odiose pulizie, più volte rimandate, diventano un’incombenza frettolosa a cui il signor Osvaldo dovrà trovare una soluzione degna di un vero cinghiale prima di lasciare la casa di villeggiatura!

Il racconto, inserito all’interno della collana ad alta leggibilità pensata per lettori poco scafati, è buffo e fa sorridere, soprattutto se si considerano le corrispondenze più o meno celate tra i protagonisti maschili e tra le protagoniste femminili: gli uni disordinati e dediti all’arte del differimento, le altre precise e fanatiche dell’ordine. Le illustrazioni, poi, delicate e spiritose, accompagnano con piacevole frequenza il testo accentuandone gli aspetti più divertenti. Nel complesso, il libro appare sfizioso e adatto a sostenere e premiare gli sforzi di lettori alle prime armi o in difficoltà, con una storia semplice ma gustosa in cui facilmente ciascuno potrà ritrovare sé stesso o qualcuno dei suoi cari.

La leggenda di Zumbi l’immortale

Per chi ha avuto la fortuna di assaporare dal vivo la straordinaria cultura brasiliana, La leggenda di Zumbi l’immortale è un concentrato di richiami e madeleines proustiane (al doveroso profumo di cocco!). Per chi invece è totalmente digiuno di capoeira, divinità del candomblé e villaggi nella foresta amazzonica La leggenda di Zumbi l’immortale è un’occasione interessante per raccogliere qualche spunto, godendo al contempo di un racconto forte e piacevole.

Tutta incentrata sulla vita di una figura cardine della storia del Brasile (e non solo), la nuova graphic novel edita da Sinnos accende un faro sui valori della libertà e delle scelte atte a difenderla. Zumbi è infatti un ragazzo del XVII secolo che si ribella alla conquista portoghese e guida la lotta durata decenni per mantenere libero e autonomo il Quilombo dos Palmares. La sua figura è diventata quasi mitica in Brasile, come il libro lascia ben intendere fin dal titolo, e viene commemorata da statue, intitolazioni e celebrazioni in tutto il paese (il 20 novembre, che corrisponde al giorno della morte di Zumbi, si festeggia, per esempio,  il Giorno della Coscienza Nera). Dalla nascita che già recava tratti di soprannaturalità all’infanzia trascorsa presso i gesuiti, dalle innumerevoli battaglie fino al tradimento che lo porterà alla morte, la vita di Zumbi è raccontata attraverso i testi asciutti di Fabio Stassi, che si focalizzano sui fatti ma lasciano anche spazio a riflessioni e magia, e attraverso i disegni inconfondibili di Federico Appel (già noto ai fedelissimi delle graphic novel Sinnos per aver firmato Pesi Massimi), che trasformano il bianco e il nero in uno strumento efficacissimo per rendere i chiaroscuri di un periodo così tormentato come quello della conquista e schiavizzazione.

Anche grazie a questa attenzione stilistica, la storia narrata si fa esemplare e risuona forte nella nostre orecchie in questi tempi in cui la schiavitù e la libertà assumono semplicemente forme e aspetti diversi. Non a caso la stessa casa editrice, da anni impegnata in favore dello scambio tra culture e dell’inclusione (qui sostenuta sia nei temi sia nella forma, dato il carattere di alta leggibilità del volume), racconta come il libro dovesse originariamente riportare le vicende di moderni migranti e abbia solo in un secondo momento abbracciato la storia di Zumbi che in qualche modo le riecheggia e omaggia egregiamente. Perché come ricorda bene uno dei personaggi della cornice del libro proprio in chiusura: “Finché ci sarà un uomo in catene, da qualsiasi parte, nessun uomo sarà libero davvero “.

 

Passi di cane

Tornano in azione i 2+1, alias Marta, Eugenio e Franci, i giovanissimi investigatori già protagonisti de Le finestre del mistero. Spediti dai genitori in campagna per due settimane di istruttive e salutari vacanze a contatto con la natura, i tre si godono (o si fanno andare a genio, nel caso di qualcuno!) la vita spartana, i bagni al fiume, la presenza di animali e la compagnia dei due gentili ospiti, Ettore e Dario. Quando però, si imbattono in una cagnolina stremata che porta con sè una misteriosa richiesta di aiuto, i tre non possono resistere e si buttano a capofitto in una nuova indagine. Si troveranno così invischiati in una losca vicenda che richiederà loro una rischiosa serie di appostamenti, deduzioni e incursioni. Anche in questo caso, come nel precedente, un film (FBI operazione gatto) ispira le avventure dei ragazzi allestendo un interessante ponte di contatto con i lettori reali che vi assistono.

I personaggi sono ben  assortiti (impulsiva e sensibile Marta, sapientino e prudente il fratello Eugenio, accomodante e sereno l’amico Franci), il testo scorre veloce (persin troppo, vien quasi da pensare quando il succo dell’ intrigo si dipana in poche righe), e le illustrazioni appaiono davvero calzanti (grazie a un tratto sfumato e a un gioco di bianchi e neri che ben si adatta al racconto). Tutto ciò, unito a una stampa ad alta leggibilità e a un lavoro redazionale che ha coinvolto direttamente alcuni giovani lettori, mira e contribuisce ad avvicinare Passi di cane a un pubblico ampio che non escluda chi fa più fatica a confrontarsi con la narrazione scritta. Un’impegno – quello in favore della lettura inclusiva – che la casa editrice Bianco0enero porta avanti con tenacia da ormai dieci anni (auguri!).

 

Arturo e l’uomo nero

Da tempo immemore, la figura dell’uomo nero trova spazio nell’immaginario collettivo declinato in molte forme. Quella proposta da Daniela Valente in Arturo e l’uomo nero richiama un uomo selvatico, schivo e apparentemente pericoloso perché come tale lo descrivono innumerevoli leggende e dicerie.  Ingrugnito, collerico e cupo, vive nel folto del bosco nutrendosi di erbe selvatiche e frutti, distante da ogni forma di compagnia e civiltà. Ma il giovane e temerario Arturo, spintosi in mezzo al bosco per vincere una gara di raccolta di funghi, scopre che la realtà può essere diversa da come la dipinge la gente e che dietro comportamenti strani possono semplicemente nascondersi storie di tristezza. Proprio come nel caso dell’uomo selvatico, all’anagrafe Tiberio, che di lavoro riparava biciclette e che aveva scelto la via della solitudine boschiva in seguito al doloroso tradimento di un amico. Incontratolo per caso, Arturo sceglie di non lasciarselo alle spalle fuggendo a gambe levate ma torna anzi più e più volte a cercarlo, da solo e accompagnato, assistendo in prima persona a una sua positiva trasformazione: di fronte al calore dell’amicizia l’aspetto ferino di Tiberio si mitiga, restituendogli un’umanità da tempo dimenticata. Arturo e l’uomo nero è insomma una storia di coraggio: quello che si manifesta avventurandosi in un bosco buio ma anche e soprattutto superando i timori che si fondano su pregiudizi.

Il volume conferma la felice apertura di Coccole Books verso l’alta leggibilità inaugurata dalla pubblicazione di S.O.S. Supplente in arrivo di Isabella Paglia. Il font impiegato sottolinea in maniera marcata, infatti, la distinzione tra le lettere che più frequentemente vengono confuse dai lettori dislessici e si accompagna a una spaziatura maggiore la lettere, parole e righe. Un contributo ulteriore, in termini di accessibilità, potrebbe venire dalla scelta di una carta meno lucide, dalla rinuncia alla giustificazione del testo e dalla concordanza tra gli a capo e la punteggiatura.

Breve storia di un lungo cane

Formato più grande, testo più grande, illustrazioni più grandi: così – all’insegna di dimensioni più consistenti – si presenta la nuova serie ad alta leggibilità di Uovonero (Vi presento Hank) rivolta a lettori alle prime armi. L’effetto è senz’altro rassicurante per i sette-ottenni che si avvicinano alla lettura e che possono trovare nelle avventure del giovanissimo Hank Zipzer uno stimolo spassoso a leggere in maniera sempre più sciolta. Le storie scritte da Lin Oliver e Henry Winkler e qui condensate in pagine più contenute rispetto alla serie base con lo stesso protagonista, hanno infatti il pregio di scorrere veloci e parlare dritto alle orecchie dei ragazzi.

In Breve storia di un lungo cane (intrigante fin dal titolo, bisogna proprio dirlo!) il giovanissimo Hank deve a tutti i costi migliorare la sua pagella scolastica: in ballo c’è la possibilità di far visita al canile e portarsi a casa un cagnolino da accudire e coccolare. Stufo di avere tra i piedi la squamosissima iguana della sorella Emily e desideroso di avere una bestiola tutta per sé, Hank ce la mette tutta per trasformare le insufficienze in voti degni di un eroe scolastico. La motivazione è forte (cosa da non sottovalutare!) ma sarà sufficiente a compensare le difficoltà di lettura che affliggono il protagonista e che sono il motore delle sue più note avventure e disavventure? In questo caso sì! Complice anche una maestra comprensiva e lungimirante che sa valorizzare l’ingegno e la creatività di Hank (diversamente dalla signorina Adolf che qualche anno più tardi casserà in pieno il suo tema vivente sulle Cascate del Niagara), il ragazzo riesce a raggiungere i suoi obiettivi e a portare a casa un adorabile salsicciotto di pelo di nome Cheerio. Da lì in poi la vera sfida sarà mostrarsi davvero responsabile agli occhi dei genitori insegnando al cucciolo come comportarsi fuori e dentro casa, dove guai e imprevisti sono sempre dietro l’angolo

Anche questo libro, come gli altri dedicati ad Hank Zipzer, è stampato ad alta leggibilità ricorrendo a un Verdana modificato, a una carta avoriata e a una spaziatura e sbandieratura particolari. Questo agevola senz’altro la lettura anche in caso di dislessia ma la rende altresì più agevole laddove non ci sia alcun tipo di disturbo. Il testo concorre a questo scopo con frasi perlopiù brevi e non troppo ostiche da seguire mentre le grandi illustrazioni firmate da Giulia Orecchia e sistemate qua e là lungo il testo e in apertura di capitolo contribuiscono dal canto loro a fare del volume un oggetto davvero appetibile e amichevole.

La gita di classe

Le pagine di Moni Nillson, autrice svedese poco conosciuta nel nostro paese ma piuttosto affermata all’estero, sono uno spaccato di vita da ragazzi: La gita di classe, in particolare,  parla la lingua dei ragazzi, ricalca i pensieri dei ragazzi e racconta pezzi di vita dei ragazzi. Accentuando (fin troppo forse per un occhio adulto) questa sintonia con il giovane lettore, l’autrice gli racconta una gita di classe al lago con tutte le aspettative, gli amori, i litigi, i carichi familiari e i guai che questa può portare con sè.

A tenere le fila del racconto, é la penna di Malin che in forma di diario riporta eventi ed emozioni dei giorni al lago, ricavando uno spazio di pensiero privilegiato per ciascuno dei suoi compagni di classe. Le parole, infatti, sono sempre quelle della ragazza ma il punto di vista, capitolo dopo capitolo, sembra passare di mano in mano come un testimone. Così, il lettore viene a sapere qualcosa in più sulla vita e sulla storia delle timida Emelie, del duro Rasmus, della frignona My, dell’insicuro Elliot o della robusta Josefine. Dietro e dentro gli amori giovanili, le piccole bravate, le amicizie altalenanti e i grandi sogni adolescenziali de La gita di classe c’è una moltitudine variegata di  personaggi, dipinti in tutta la loro fragilità, tipica di quell’età di passaggio in cui i richiami all’infanzia si fanno ancora sentire ma il desiderio di sentirsi grandi tende ad imporsi. L’autrice mette in particolare a fuoco, pur senza ricorrere ad ammonimenti e riflessioni esplicite, come amicizie e relazioni possano far cambiare le persone, come gli individui possano risultare più spesso del previsto sorprendenti e come ciascun0 di noi sia il frutto di una storia, spesso difficile da immaginare, che non merita di essere giudicata superficialmente.

Il libro sfrutta un font ad alta leggibilità open source chiamato OpenDyslexic e reperibile online anche dai lettori. Questo contribuisce senz’altro a facilitare la lettura in caso di dislessia benché il ricorso a spaziature e sbandierature mirate avrebbe a sua volta rafforzato questa possibilità. E’ bello in ogni caso che inizino a moltiplicarsi le case editrici attente alla questione dell’accessibilità di lettura. La Qudu, che ha pubblicato La gita di classe, è molto piccola ma disponibile alla sperimentazione. Anche a livello di traduzione, non a caso, proprio il libro di Moni Nillson è frutto di un lavoro di gruppo che ha visto coinvolti ben dodici professionisti.

 

 

S.O.S. Supplente in arrivo

Luca – protagonista e narratore di S.O.S. Supplente in arrivo – è un bambino di 9 anni ciarliero, fantasioso e pieno di iniziativa. Basti pensare che per ingraziarsi la famigerata supplente Celli detta Lametta, poco ben disposta a causa delle sue pessime performance in italiano, raccoglie per strada fiori e spighe di grano da regalarle (e chi poteva sapere che Lamette fosse proprio allergica alle graminacee) o che per dissuaderla dal continuare a interrogarlo, le recapita una lettera minatoria zeppa di errori ortografici. In un susseguirsi di simpatici quadri scolastici, conditi da qualche gustosa invenzione linguistica (irresistibile l’ “Oh, santa play-station” di pagina 22), Luca fa emergere con il sorriso gli ostacoli e i timori che moltissimi bambini con DSA condividono con lui.

Isabella Paglia racconta una storia di normale dislessia regalandole però un tono leggero e sorridente. Centrale, sia ai fini della narrazione sia ai fini del rimando alla realtà, la figura della supplente che, pur mostrandosi inflessibile (cosa che dà un divertente sprint alla storia) si rivela infine capace di cogliere le difficoltà del protagonista e di aiutarlo a superarle. A quelle stesse difficoltà, peraltro, il libro dedica un’attenzione supplementare grazie a un font specifico e a una spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe. S.O.S. Supplente in arrivo è infatti il primo volume (si spera di una lunga serie) pubblicato dalla casa editrice Coccole Books con caratteri di alta leggibilità.

S.O.S. Supplente in arrivo

Luca – protagonista e narratore di S.O.S. Supplente in arrivo – è un bambino di 9 anni ciarliero, fantasioso e pieno di iniziativa. Basti pensare che per ingraziarsi la famigerata supplente Celli detta Lametta, poco ben disposta a causa delle sue pessime performance in italiano, raccoglie per strada fiori e spighe di grano da regalarle (e chi poteva sapere che Lamette fosse proprio allergica alle graminacee) o che per dissuaderla dal continuare a interrogarlo, le recapita una lettera minatoria zeppa di errori ortografici. In un susseguirsi di simpatici quadri scolastici, conditi da qualche gustosa invenzione linguistica (irresistibile l’ “Oh, santa play-station” di pagina 22), Luca fa emergere con il sorriso gli ostacoli e i timori che moltissimi bambini con DSA condividono con lui.

Isabella Paglia racconta una storia di normale dislessia regalandole però un tono leggero e sorridente. Centrale, sia ai fini della narrazione sia ai fini del rimando alla realtà, la figura della supplente che, pur mostrandosi inflessibile (cosa che dà un divertente sprint alla storia) si rivela infine capace di cogliere le difficoltà del protagonista e di aiutarlo a superarle. A quelle stesse difficoltà, peraltro, il libro dedica un’attenzione supplementare grazie a un font specifico e a una spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe. S.O.S. Supplente in arrivo è infatti il primo volume (si spera di una lunga serie) pubblicato dalla casa editrice Coccole Books con caratteri di alta leggibilità.

Allora non scrivo più

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Margherita è una bambina solare e socievole che ama più di tutto i giochi e le corse in bicicletta con il suo amico Paolo. Ciò che odia più di tutto, invece, è dover scrivere alla lavagna o sul quaderno, perché malgrado si concentri intensamente c’è sempre qualcosa di sbagliato che esce dalla sua penna. Margherita è disgrafica, anche se questa parola non viene mai pronunciata in Allora non scrivo più, e questo – complice una maestra poco preparata – la rende lo zimbello della classe. Margherita subisce così prese in giro e forme di esclusione guidate con furore dalla perfida compagna Daniela. Solo Paolo, anch’egli a suo modo schernito per via di una grossa cicatrice sulla mano, si mostra comprensivo e affettuoso nei suoi confronti a dispetto della cattiveria circostante. Grazie al suo supporto e a una diagnosi finalmente arrivata a scuola che le consente di usare uno strumento come il computer, Margherita riesce infine a trovare la sua dimensione in classe.

Annalisa Strada, con quel suo modo di scrivere pacato e accorto, lascia grande spazio alle emozioni della protagonista, restituendo loro il ruolo cardine che giocano nell’accettazione di un disturbo specifico dell’apprendimento. Aprendo il racconto con la ripresa diretta di un momento di grande imbarazzo e rabbia, dettato dall’incapacità della protagonista di scrivere correttamente una frase alla lavagna,  l’autrice manifesta l’intenzione di sezionare il carico emotivo che una diversità marcata come la disgrafia reca con sé. Indugiando poi sui pensieri di Margherita in diverse situazioni di vita scolastica e domestica,  ha il merito di mettere a fuoco la grande influenza esercitata dal giudizio degli altri (o anche solo l’ipotesi del giudizio degli altri) sul comportamento di chi si sente fuori posto, e di sottolineare come gli adulti – insegnanti e genitori soprattutto – possano fare la differenza affrontando in maniera positiva una difficoltà scolastica molto diffusa.

A fronte di una lettura piacevole e attenta ai sentimenti, rimane l’interrogativo, già avanzato in occasione dell’uscita di Ti volio tanto bene circa la ragione di un’impaginazione ad alta leggibilità che la collana de Il Battello a Vapore limita ai libri che trattano il tema dei DSA. Benissimo – sia chiaro – che questi ultimi possano raggiungere anche chi da dislessia è direttamente colpito, ma ci si chiede se non sia un po’ miope e posticcia questa scelta che lascia presumere un interesse del dislessico per le sole storie che trattano il disturbo. La speranza è che un numero sempre maggiore e sempre più variegato di titoli possa beneficiare di una carattere più friendly così da sancire con determinazione l’interesse ad allargare le possibilità di lettura di bambini con difficoltà.

 

 

Avventura all’isola delle foche

Quando si è abituati a due genitori separati – un papà distratto e una mamma rompiscatole, nella fattispecie – l’idea di trascorrere un’intera vacanza con la propria amica del cuore e con la sua avventurosa famiglia anglo-italiana arriva come una ventata di aria fresca. Aria fresca come quella dell’isola di Texel, a nord dell’Olanda, dove la famiglia Regoli, in compagnia della protagonista e narratrice Teresa, è diretta per un soggiorno rilassante alla scoperta delle splendide foche di Bajkal che proprio lì vivono sfidando l’estinzione.

Ma il viaggio riserva ben altre sorprese alla strana comitiva – formata oltre che da Teresa e dall’amica Maddy, anche dai fratelli di quest’ultima (Anthony il cafone e Mark il solitario) e dai coniugi Regoli (il papà dai tratti vintage e la mamma fan delle uova sode). Sull’apparentemente tranquilla isola delle foche che dà il titolo al volume le due ragazze incappano in un pericoloso affare di rapimenti, bottini e loschi individui. La curiosità, il desiderio di fare colpo sul nuovo amico olandese Georg e la capacità di non farsi ingannare dai pregiudizi consentirà loro di portare a termine una missione da vere eroine ambientaliste.

In poche e scorrevoli pagine, Arianna di Genova (già attiva per i tipi ad alta leggibilità di Biancoenero con Mamma in fuga e Ecovendetta) condensa un’avventura facile da seguire e accattivante per un pubblico di ragazzi in crescita ai cui interessi, atteggiamenti e pensieri l’autrice dedica attenti riferimenti. Le illustrazioni di Sarah Gavioli, dal canto loro, spezzano e vivacizzano la lettura con un tratto minimal e un uso dei bianchi e dei neri che ben si adatta alla narrazione.

Armanda, Elvis e gli altri

Mettetevi comodi e preparatevi a una lettura breve ma traboccante di capriole linguistiche e inventive. Dalla penna di Emanuela Da Ros esce infatti un personaggio impetuoso – la vecchia ma arzilla strega Armanda – le cui trovate per animare la vita del figlio Gianperfetto e della nuora Ersilia sono un concentrato di buonumore.

Descritte dalla protagonista all’interno di lettere inviate all’amica Mirtilla, queste spaziano dall’invenzione di una sedia a motore alla trasformazione del te pomeridiano in gustosi cocktail magici, dalla metamorfosi della nuora in una statua di marmo all’utilizzo degli elettrodomestici come sistemi di posta rapida. Nella sua breve permanenza a casa di Gianperfetto ed Ersilia (mago non praticante lui e umana lei), Armanda si dà un gran da fare per dare una mano e una sferzata di energia alla vita dei due mosci sposi. Purtroppo (per loro, ma per fortuna per noi) la sua dimestichezza con le tecnologie moderne è tutt’altro che brillante sicché equivoci e gag nati da oggetti quotidiani sono dietro l’angolo. Se a questo si aggiungono i ricordi di giovinezza di Armanda, sposa nei suoi 1453 anni di innumerevoli personaggi famosi – da Cavour a Elvis, da Mongolfier a Darwin – si ottiene un quadro narrativo davvero surreale.

La lettura di Armanda, Elvis e gli altri è insomma piacevole (anche le biografie di molteplici sposi sono frequenti ma non invasive anche perché tipograficamente distinte dal resto del testo), il ritmo è serrato, le invenzioni incessanti e l’impaginazione ad alta leggibilità: questo racconto nel segno dell’iperbole, in cui ogni pagina sfida l’immaginazione del lettore, è davvero un gustoso invito alla lettura rivolto anche a chi di lettura vuol saperne poco, sia per disabitudine sia per oggettiva difficoltà.