Canto di Natale

Attenta da sempre a proporre testi importanti, classici e contemporanei, in una versione semplificata e simbolizzata, la collana Parimenti chiude il 2021 con un classico che più classico non si può: il Canto di Natale di Charles Dickens.

Il quinto volume della collana nata in casa la meridiana e attenta in particolar modo a quei giovani adulti che amano leggere ma faticano a farlo in forma tradizionale porta dunque i lettori indietro negli anni, tra le nebbie spesse e gelate di una Londra ottocentesca. Come nell’originale di Dickens, è qui infatti che entra in scena l’avaro e scorbutico Scrooge, intento a dedicarsi ai suoi affari alla vigilia di Natale. Il suo brutto carattere e il suo modo scortese e cinico di relazionarsi alle altre persone balzano subito all’occhio, fin dai primi dialoghi che lo vedono interloquire con il nipote Fred o con l’impiegato Bob Cratchit. E così, man mano che Scrooge riceve la visita dei tre fantasmi del Natale passato, del Natale presente e del Natale futuro, il coinvolgimento si fa forte e la speranza che qualcosa possa cambiare cresce fino al celebre lieto fino che ogni cosa sistema e mette a posto.

Frutto di un grosso lavoro non solo di simbolizzazione ma anche di semplificazione, questo Canto di Natale vanta un equilibrio davvero ammirevole tra rispetto dell’originale e accessibilità. La ricchezza della trama viene infatti preservata ma al contempo offerta al lettore in maniera pulita, lineare, essenziale e comprensibile. Grazie a una rielaborazione testuale ispirata ai principi della scrittura Easy To Read, il lettore viene infatti accompagnato nei vari intrecci tra passato, presente e futuro e nell’incontro con una moltitudine di personaggi senza che questo sia fonte di particolare smarrimento o confusione. L’aggiunta dei simboli WLS, poi, supporta visivamente la decodifica del testo, rendendolo fruibile anche da parte di chi trova un ostacolo nella semplice parola scritta. I simboli sono tutti riquadrati, associati a singoli elementi lessicali e dotati, laddove richiesto, di qualificatori di numero, genere e tempo verbale, sicché la lettura che viene offerta risulta in definitiva ricca, multisfaccettata e tutt’altro che piatta.

Giallo, rosso, blu

Anche quando i libri sono progettati appositamente per i piccolissimi e sembrano all’apparenza molto semplici, la loro reale accessibilità da parte dei bambini non è né automatica né scontata. Il testo, per quanto mediato dall’adulto, può non risultare così lineare. Le immagini, dal canto loro, possono richiedono un processo di decodifica tutt’altro che banale, in conseguenza di numerosi fattori tra cui il tipo di soggetto scelto, la tecnica utilizzata per riprodurlo sulla pagina e il numero di dettagli presenti.

Alla luce di questa premessa, lavori meticolosi, accurati e rispettosi come quelli di Tana Hoban brillano per la loro qualità che, non a caso, fa molto spesso rima con accessibilità. L’artista americana, molto attiva negli anni settanta con una vastissima produzione di volumi pensati per la primissima infanzia, propone infatti libri che fanno perno sulle immagini fotografiche per costruire connessioni, giochi di accostamento, percorsi di riconoscimento e pensiero che assecondano e nutrono delle competenze di decodifica visuale necessariamente in crescita.

Giallo, rosso, blu, portato di recente in Italia da Camelozampa, è proprio uno di questi libri.  Cartonato dalle dimensioni ridotte, adatte a piccole mani, e dalle pagine robuste ma non troppo spesse, il libro dedica ogni pagina a un colore, associando la parola che lo indica, stampata a grandi caratteri colorati (nella tinta corrispondente), un pallino colorato (sempre nella tinta corrispondente) e la fotografia di un oggetto che di quel colore sia un valido rappresentante. Così, per esempio, sulla prima pagina spicca una sveglia rossa sotto cui si trova un pallino rosso e la parola “ROSSO” in rosso scritta.

Colori e soggetti scelti sono dieci in tutto: oltre alla sveglia, un guanto, una scarpa, un fiore, un’arancia, una foglia, un peluche, una piuma, un gattino e un coniglio. Oltre a essere tutti piuttosto comuni e a incontrare dunque facilmente la quotidianità del piccolo lettore, gli oggetti si stagliano netti sulla pagina, senza inutili dettagli che possono essere fonte di distrazione e secondo un’inquadratura che agevola il più possibile il riconoscimento. Così, per esempio, il coniglio è ripreso di muso, la scarpa di tre quarti e il guanto di piatto.

Queste attenzioni tutt’altro che casuali, unite alla scelta del medium fotografico che avvicina con precisione la pagina alla realtà, fa sì che Giallo, rosso, blu possa essere facilmente decodificato e goduto anche da bambini che fatichino più di altri ad astrarre o a districarsi su pagine troppo affollate e ricche.

Fuga in punta di piedi

Il cambiamento può iniziare in molti modi. Con una scarpa che si dà alla fuga, per esempio! E in effetti quando la scarpa preferita di Adele decide di scomparire proprio alla vigilia della partenza per le vacanze, l’abitudinaria pennuta è costretta suo malgrado a rimettere in discussione le sue amate routine. Impossibile per lei partire con il solito treno, il solito giorno di luglio per andare nella solita località di montagna con il marito Alfio: tocca rimettere in discussione i piani. E così, in quello che si rivelerà essere l’agosto più movimentato della vita dei due protagonisti, la caccia alla scarpa li porterà a frequentare i luoghi più disparati, dalle chiese alle discoteche, e a far la conoscenza dei personaggi più inattesi, dall’inquilino abusivo Aristide ai due poliziotti vicini di casa Assenzio a Anastasio. Alla fine la famigerata scarpa farà ritorno a casa. Niente però sarà più come prima per Adele e Alfio, ché per una scarpa smarrita c’è un mondo di cose da fare, scoprire e non lasciare (forse) mai più.

Fuga in punta di piedi, che fa parte della collana Prima graphic di Sinnos, attira prima di tutto per le sue illustrazioni dinamiche e particolareggiate, in cui il contrasto tra il bianco e nero di fondo e i dettagli in giallo vivace attirano l’occhio e accendono la curiosità. Su questa scia, ci si fa strada in una trama che impasta un sottile umorismo e uno spiccato gusto per l’assurdo, mettendo insieme personaggi buffi e ben assortiti. Il risultato è una storia coinvolgente che, imprevedibile com’è, ci si chiede di continuo dove possa portare. Costruito mescolando racconto tradizionale e narrazione a fumetto, il libro di Daniela Palumbo e Francesca Carabelli vanta inoltre un ritmo insolito e meno affaticante che, spostato ad altre caratteristiche di alta leggibilità come la font leggimi, la spaziatura maggiore e la grafica pulita, incentiva e supporta la letture anche da parte di lettori meno forti o con maggiori difficoltà legate alla dislessia.

Indovinello

Un libro che si intitola Indovinello non può certo lesinare sulle sorprese ma difficilmente il lettore di questo libro si aspetta tutta l’imprevedibilità che si nasconde sotto la copertina. Questa, in primis, cela un che di inaspettato: quello che potrebbe sembrare un tomo tozzo e massiccio dalla raffinata copertina in pelle, si rivela in realtà essere un contenitore. Ohibò, Indovinello è dunque un libro in scatola!

Non solo. Indovinello è un libro che non si sfoglia. Arrotolato, infatti, su sé stesso, il libro di Elodie Maino presenta un lato liscio in similpelle e un lato più ruvido in carta da pacchi. Su quest’ultimo è apposta una striscia centrale in stoffa bianca su cui poggiano le illustrazioni tattili. La speciale forma del libro non è meramente estetica o pensata per spiazzare il lettore, bensì risulta funzionale a uno svelamento progressivo del testo e delle immagini.

A fronte di un cartellino che recita (in nero e in Braille): “Indovinello: sono piccolo e tondo. Chi sono?”, il libro fa via via comparire una serie di oggetti che potrebbero risolvere l’enigma. Questi si accompagnano dal canto loro a un testo che consente man mano di aggiustare il tiro e restringere il campo delle soluzioni. L’oggetto misterioso si scopre infatti essere più piccolo di un pompon ma meno di un confetto, più elegante di un tappo non destinato al naso o alla bocca, simile a una perla e… lungi da noi svelare gli ultimi decisivi indizi!

Simpatico a coinvolgente, soprattutto nell’ottica di una scoperta esclusivamente tattile, Indovinello vanta testi minimi e amichevoli che si accompagnano in maniera puntuale a illustrazioni di facile decodifica. Queste ultime sono infatti realizzate con oggetti reali (gli stessi citati poco più su) invece che con collage di materiali: aspetto questo che agevola il bambino nel riconoscimento dei soggetti. Il libro si presta in questo modo a solleticare e appagare lettori vedenti e non vedenti anche non molto esperti nella pratica dell’esplorazione tattile, offrendo loro un interessante mix tra prevedibile e inatteso. La singolare forma del volume, inoltre, lo rende particolarmente funzionale anche a letture collettive, per esempio in classe o in biblioteca.

Rolando Lelefante sulla neve

Ganzo più che mai, Rolando Lelefante torna in pista. Letteralmente. Nel nuovo libro di Louise Mézel targato Sinnos e dedicato ai lettori alle prime armi, l’irresistibile elefantino è immortalato tra slalom giganti e discese in slittino. Perché se la montagna è bella, tutto è più divertente quando nevica, e se c’è da divertirsi certo Rolando non si tira indietro. La sua personale filosofia di vita (di cui senza dubbio siamo già adepti!), fatta di ricchissime prime colazioni, bagni caldi e un giusto mix di attività contemplative e passatempi avventurosi, lo porta a godere a pieno di ogni stagione e a sfoggiare una contagiosa predisposizione per il savoir-vivre.

Costruito intorno a una tipica giornata invernale del protagonista, Rolando Lelefante sulla neve ci porta a seguirlo tra i piaceri della vita da assaporare con giacca e cappello. Come i volumi precedenti (Ecco a voi Rolando Lelefante e Rolando Lelefante legge), anche questo sposa alle caratteristiche di alta leggibilità del testo, quali font leggimi, spaziatura maggiore e sbandieratura a destra, una mirabile essenzialità compositiva. Le illustrazioni sono infatti leggere nel tratto e capaci di cogliere con poche linee sottili e qualche guizzo di colore tutto il dinamismo della vita di Rolando. Pulite e ariose, le pagine accolgono inoltre testi perfetti per coccolare e appagare i lettori meno esperti e/o con dislessia. Frasi minime, in numero ridottissimo e stampate in maiuscolo offrono infatti una lettura esemplare per chi inizia ad approcciarsi da solo alla parola scritta.

Il mostro di neve

Difficile immaginare qualcosa di più tenere e pacioso di un pupazzo di neve. Certo, a meno che il pupazzo di neve non si animi di notte, non mandi messaggi inquietanti e non si scagli con pericolosa forza contro coloro che gli hanno dato forma. E questo, in effetti, è esattamente ciò che accade a Sam, Jack e Ryan. Durante una nevicata particolarmente copiosa, i tre amici si ritrovano infatti vicino al loro rifugio segreto e costruiscono un grande pupazzo di neve, decorandolo con rami, rifiuti e un vecchio cellulare di proprietà di uno di loro. La sera, però, accade qualcosa di inspiegabile: i tre ragazzi ricevono un sms che li sfida a tornare dal pupazzo. Chi l’avrà spedito? La spiegazione più plausibile è anche la più assurda, ma Sam, Jack e Ryan hanno ben poco tempo per stare ad arrovellarvisi su. Arrivati al rifugio inizia, infatti, la loro folle notte, animata da una creatura di neve che prende misteriosamente e mostruosamente vita. Sangue freddo, spirito di squadra e fish&chips saranno le armi decisive che aiuteranno i tre a salvare la pelle e trovare, forse, un insolito amico.

Per ragazzi che temono più gli ostacoli di lettura che le avventure da brivido, Il mostro di neve è una proposta ideale. Avvincente e tenebroso ma anche scorrevole, ritmato e snello, il libro di Gillian Cross offre una lettura che appaga senza risultate troppo impegnativa e che incentiva il lettore ad avanzare tra le pagine non solo grazie a una giusta dose di mistero ma anche e soprattutto grazie a una scrittura pulita e puntuale. A tutto questo si aggiungono poi le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità messe in campo dall’editore Biancoenero che danno forma a una pagina ariosa e amichevole a cui è più agevole approcciarsi. Il risultato è un libro che convince e che accoglie i giovani lettori dagli 8 anni in su, con o senza difficoltà legate alla dislessia, e di certo dotati di un po’ di coraggio.

Quello che tocco

Non è raro trovare libri per la primissima infanzia dedicati ai contrasti più semplici e immediati. Non sempre, tuttavia, la maniera in cui questi ultimi sono proposti sulla pagina appare davvero rispettosa delle esigenze e delle competenze dei lettori a cui i libri sono rivolti. Dettagli eccessivi, contesti confusivi ed elementi di contorno poco significativi rischiano spesso di rendere i volumi poco efficaci nel loro intento comunicativo o di risultare poco fruibili da parte di bambini che sperimentano maggiori difficoltà. Ecco allora che in questo panorama, una proposta come il libro tattile Quello che tocco di Martina Dorascenzi si distingue per semplicità e accessibilità.

Questi, infatti, non solo presenta poco testo sia in nero sia in Braille e illustrazioni interamente esplorabili sia alla vista sia al tatto, ma fa dell’essenzialità la sua cifra. Il libro si concentra, in particolare, su due specifici contrasti – duro/morbido e liscio/ruvido – e dedica a ogni concetto una doppia pagina, con l’aggettivo sulla sinistra e un tondo realizzato con un diverso materiale sulla destra. Abbastanza spessi da poter essere reperiti sulla pagina con facilità e realizzati con materiali ben scelti e ben distinguibili, i tondi si prestano a una esplorazione agevole, veloce ed efficace. Un’ultima pagina, infine, ripropone i quattro tondi incontrati fino a quel momento e invita ad associarli ad altrettante figure a loro affini per forma e texture, contenute in una taschina in stoffa. Il libro assume così, nel finale, la forma di uno spazio di gioco che tanta parte ha nel consolidamento dei concetti esplorati ed appresi.

Quello che tocco può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Ditino e Nastrino. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, di grande importanza nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

Nastrino

Gli oltre quarant’anni di attività di un editore come La coccinella dimostrano chiaramente una cosa: i libri con i buchi hanno un fascino irresistibile per le piccole dita! Se poi quei buchi popolano pagine morbide e facili da sfogliare, si affiancano a bustine da aprire e chiudere e tracciano percorsi in cui un nastro possa entrare e uscire, allora il libro che li ospita avrà con tutta probabilità vita felice. Questo, perlomeno, è ciò che auguriamo a Nastrino, libro tattile attentamente progettato da Martina Dorascenzi per la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi.

Protagonista del libro è per l’appunto un nastrino dorato che il bambino è invitato a far viaggiare di pagina in pagina, attraverso una serie di buchi tondi. Il nastrino è custodito in una taschina di stoffa collocata sulla prima pagina e da qui viene estratto. Una volta terminato il percorso, il nastrino può essere riposto in una taschina simile alla prima, collocata in chiusura. Minimalissimo nei testi, che si limitano a una frase di saluto e a un invito a far avanzare il nastro, il volume presenta un solo buco per ogni pagina, così da agevolarne il reperimento e rendere l’operazione di ingresso e uscita del nastro alla portata di dita inesperte. Sia che godano sia che non godano del supporto della vista, queste si possono muovere con un certo agio e piacere su pagine accoglienti, trovando nel libro un terreno di esplorazione  e gioco stimolante e appagante.

Nastrino può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Ditino e Quello che tocco. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, di grande importanza nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

La compagnia degli animali estinti

In un periodo storico in cui il tema dei cambiamenti climatici e della tutela dell’ambiente si fa sempre più urgente, un libro come La compagnia degli animali estinti lancia un monito importante e al tempo stesso omaggia il coraggio delle nuove generazioni, senz’altro più attente al rispetto del pianeta di quanto non lo siano quelle precedenti. Lo fa attraverso una storia avvincente in cui si mescolano realtà e sogno, enigmi e crucci familiari, vicende individuali e questioni di interesse collettivo.

Protagonista è Lucia, che alla soglia del suo nono compleanno riceve dal padre, lontano per lavoro, una misteriosa collana con dei pendenti a forma di animali. Apparentemente casuali, questi ultimi si rivelano in realtà scelti in base al comune e triste destino legato all’estinzione e i pendenti che li raffigurano mostrano presto dei poteri insoliti. Guidata da loro, in compagnia del fratello Tommaso e dell’amica Alessia, Lucia si lancia in una frenetica indagine che la porterà a cercare indizi, risolvere rompicapo e sfuggire a creature minacciose, nel tentativo di venire a capo della misteriosa e improvvisa scomparsa dalla terra di ogni creatura animale. La sua tenacia e il gioco di squadra con i suoi compagni di avventura saranno premiati con un’inattesa sorpresa ma anche con la solida consapevolezza che la salvaguardia dell’ambiente dipende delle nostre azioni più di quanto possiamo aspettarci.

Scorrevole e avventuroso, La compagnia degli animali estinti offre una lettura da cui farsi catturare. Forte di questa piacevolezza, oltre che delle apprezzabili caratteristiche di alta leggibilità e della presenza di fumetti che con regolarità si alternano al testo, riassumendone gli eventi salienti, il libro di Chiara Valentina Segré può rappresentare una proposta interessante e stimolante anche per giovani lettori che trovano difficoltà nei testi tradizionalmente stampati.

Un passero per capello

Non è mica facile concentrarsi, suonare il piano o persino ricordarsi di essere felici quando una moltitudine di uccellini decide di appostarsi sulla tua tesa e bisticciare notte e dì facendo un gran baccano: proprio ciò che accade a Sofia, che da un giorno all’altro si ritrova assediata da uno stormo cinguettante tutt’altro che piacevole. Per la bambina non sembra esserci via d’uscita – quegli uccellini sono proprio tosti e impertinenti – senonché a un certo punto incontra qualcuno che condivide la sua stessa assurda situazione. Quel che accade dopo ha un che di magico: ché l’amicizia, si sa, può fare veri prodigi!

Semplice e lineare nel contenuto e nella forma, Un passero per capello si fa apprezzare per la delicatezza del racconto e per l’efficacia della metafora che vede la solitudine come un tormento che affolla i pensieri e di cui non è semplice liberarsi. L’albo di Monika Filipina, in catalogo per Camelozampa dal 2015, viene ora riproposto dall’editore con una nuova veste che privilegia caratteristiche di alta leggibilità come il font EasyReading e una spaziatura maggiore: un’iniziativa, questa, che non può che rallegrare, nell’ottica di offrire, fin dalle prime letture autonome, libri il più possibile accoglienti e amichevoli anche per chi sperimenta difficoltà legate alla dislessia.

Una piccola cosa senza importanza

La vita in una missione umanitaria, nel bel mezzo dell’Africa Centrale e ben lontano da molte comodità, non è senza dubbio facile. Non lo è per nessuno, men che meno per un tredicenne come Sacha per cui lo spirito di adattamento non è esattamente un punto di forza. Autistico, e più nello specifico con la sindrome di Asperger, Sacha trova tuttavia meno faticoso costruirsi una routine rassicurante tra tende da campo e cibi liofilizzati di quanto non riuscisse a fare nel civilissimo occidente, dove a causa di un atto di bullismo scolastico era persino finito in ospedale in critiche gravi. Proprio quell’episodio convince la madre, medico di una ONG, a ritirarlo da scuola e a portarlo con sé in missione nella Repubblica Democratica del Congo, dove Sacha si dedica con grande dedizione a scrivere le sue Cronache lunari di un ragazzo bizzarro (che non a caso è proprio il sottotitolo di questo libro) e progetta di comporre un racconto in cui ogni parola abbia un numero di lettere corrispondenti ai successivi decimali del Pi greco.

Delle sue Storie del Pi greco, però, Sacha non parla con nessuno: né con la madre, né con Sunder, il soldato Onu con cui stringe amicizia e cerca di imparare il nepalese, né con Sophie, che gli fa lezione ogni mattina. L’unica con cui Sacha si sente di condividere questo suo progetto segreto è Destinée, una ragazza soldato che un giorno arriva presso la missione Monusco e che senza troppi pregiudizi attiva con Sacha un dialogo interessante. In lei Sacha trova un interlocutore rispettoso e attento, che si stupisce certo per le sue numerose stramberie, ma che non per questo lo tratta in maniera superficiale o accondiscendente. Destinée ha un passato molto tormentato, fatto di atrocità compiute e subite in guerra, di cose viste impossibili da dimenticare e di un figlio frutto di uno stupro che desidera con tutte le sue forze andare a salvare. Le loro fragilità esistenziali in qualche modo si interfacciano ed è così che tra i due nasce un’amicizia solida. Addirittura, contro ogni abitudine e predisposizione, Sacha arriva a dire alcune bugie per coprire Destinée nel suo piano volto a ritrovare e recuperare il figlio Espoir: un piano in cui il ragazzo dovrebbe avere un ruolo del tutto marginale e che invece finisce per travolgerlo senza scampo.

Senza avere il tempo di rendersene conto, Sacha si ritrova a bordo di una motocicletta, fugge sgommando nella giungla, incontra soldati senza scrupoli armati di kalashnikov, assiste a un crollo in una miniera, partecipa a un assalto in piena regola, fino ad assumersi il compito e la responsabilità di portare in salvo il piccolo Espoir. La sua è un’avventura al cardiopalma, totalmente agli antipodi rispetto al suo modo di vivere e alla dimensione che lo fa sentire al sicuro. Ed eppure Sacha arriva fino in fondo, prima trascinato e poi persino un poco intraprendente, in un percorso di crescita e confronto con i propri limiti portato all’estremo e con un finale tutt’altro che zuccheroso ma davvero molto forte.

Il romanzo di Catherine Fradier punta fari piuttosto intensi su tematiche delicate e complesse, come la neurodiversità, la guerra e il reclutamento dei bambini soldato, portando il lettore a saperne qualcosa (o qualcosa in più) e a desiderare, forse, di approfondirle un poco una volta chiuso il libro. Lo fa attraverso una trama serratissima e movimentata, sempre calata nel mondo reale anche se spinta al limite dell’incredibilità: una trama in cui la disabilità del protagonista si fa motore e lente narrativa (la voce è infatti quella dello stesso Sacha), senza gravare come un fardello ma anzi arricchendo non poco una vicenda dalla forte connotazione umana ed emotiva.

Attento dunque a offrire un ritratto multisfaccettato dell’autismo, Una piccola cosa senza importanza presta attenzionale alla questione dell’inclusione e della diversità anche da un punto di vista formale: il libro è infatti stampato con caratteristiche di alta leggibilità che ne agevolano la fruizione anche in caso di dislessia.

30 giorni per capire i disturbi visivi

L’attenzione rivolta al tema della disabilità da parte dell’editoria per ragazzi è andata crescendo negli ultimi anni . Storie potenti e meravigliose hanno squarciato tabù, offerto rappresentazioni e allargato sguardi, andando di pari passo a libri di qualità decisamente più discutibile, in cui chiari intenti prescrittivi risultano camuffati da racconti deboli e posticci. Sono volumi in qualche modo sleali, questi ultimi, che pur assumendo una forma squisitamente narrativa, si prefiggono in realtà di spiegare la disabilità e di offrire, per quanto in buona fede, istruzioni e ammonimenti in merito. Ecco allora che anche e soprattutto rispetto a queste proposte, la serie 30 giorni per capire… di Uovonero porta una significativa ventata di novità. Perché qui non ci sono travestimenti o inganni, i libri intendono aiutare i ragazzi a conoscere l’autismo, i disturbi visivi o i disturbi dell’apprendimento e per farlo scelgono la forma che più è congeniale a uno scopo divulgativo: il manuale.

I libri di 30 giorni per capire… sono, infatti, tre manuali costruiti con grandissima intelligenza sulle esigenze dei ragazzi: chiarezza, ironia e praticità sono le loro parole chiave. Ogni volume sfida infatti i lettori a cimentarsi con una serie di challenge – dinamica, questa, molto presente nei contenuti video di cui i ragazzi sono avidi fruitori – con cui sperimentare alcuni aspetti peculiari del modo di stare al mondo di chi vive una certa condizione. Tutt’altro che tediose, le challenge sono molto creative e si rivelano particolarmente divertenti se condivise in un clima sereno con i pari. La serie in questione si presta, così, a dare i suoi migliori frutti se impiegata come strumento di azione e riflessione di gruppo: uno strumento decisamente accattivante e fuori dagli schemi consigliatissimo per le classi, per esempio. Target ideale: scuola media (ma i libri sono fruibili già dalla fine della scuola primaria), un ordine di scuola che tra l’altro è spesso bistrattato e all’interno del quale è talvolta difficile trovare delle proposte di attività davvero stimolanti.

Le challenge sono corredate da un breve approfondimento che collega l’esperienza fatta a una specifica caratteristica del disturbo trattato. In questo modo esse diventano un’occasione concreta per mettersi nei panni di qualcun altro e per capire il perché di alcuni comportamenti altrui che potrebbero altrimenti apparire strambi e indecifrabili. A chiudere ogni capitolo, l’invito a condividere sui social foto e video che attestino gli esiti delle singole challenge, con specifici hashtag: aspetto, questo, forse più critico, se si considera lo scarto tra l’età di riferimento dei volumi e l’età minima teoricamente richiesta per iscriversi ai social network più diffusi.

A rendere questo progetto davvero innovativo e meritevole ci sono tanti aspetti, di cui tre particolarmente significativi: la scelta di interloquire in maniera efficace con i reali destinatari dei volumi; la capacità di sposare un tono umoristico (mai forzato!) a un atteggiamento sempre rispettoso nei confronti di coloro che i diversi disturbi li vivono in prima persona; e l’attenzione a restituire la complessità di questi ultimi con una chiarezza estrema che non compromette, tuttavia, il rigore scientifico delle informazioni fornite. E qui viene davvero fuori tutta la solidità e la serietà di una realtà editoriale come quella di Uovonero, in cui competenze specifiche molto trasversali si integrano in maniera efficace e vincente.

 

30 giorni per capire i disturbi visivi, in particolare, guida il lettore tra i diversi tipi di difficoltà visive in cui è possibile incappare – dal daltonismo all’ipovisione fino ad arrivare alla cecità – mettendo in luce il fatto che le persone che ne sono colpite possono essere autonome ma che spesso debbano adattarsi, non senza fatica, a un mondo che non è progettato per agevolarle in questo percorso.

Rispetto agli altri volumi della serie, questo dedica maggiore spazio a una parte scientifica introduttiva che illustra i fenomeni ottici alla base del funzionamento della vista, prima di addentrarsi nello specifico tra le implicazioni quotidiane di una vita in cui questo senso sia più o meno compromesso. Buona parte delle prime challenge proposte sono funzionali, infatti, a capire cos’è la luce e come opera l’occhio e si basano, per esempio, sulla proiezione, sulle illusioni ottiche o sul riconoscimento di immagini. Le sfide che seguono, invece, invitano il lettore a sperimentare attività comuni – dalla preparazione di cibi all’orientamento nello spazio, dal riconoscimento dei compagni all’identificazione di fonti sonore – senza fare affidamento sul senso della vista. Fil rouge è sempre la proposta di attività che siano calate nell’universo di riferimento dei ragazzi, che sappiano spiazzarli, appassionarli, divertirli o incuriosirli: perché è proprio vero che se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo.

Tariq

Che brava, Alice Keller, con quella sua scrittura che ti prende allo stomaco e te lo stropiccia come fosse di tessuto. Quando accosta la penna agli adolescenti, sembra sappia captare i loro pensieri, anche quelli sommersi o che sbucano appena, e restituirli con una lingua che è loro fedelissima. Così, in una manciata di pagine, il lettore si trova catapultato in una dimensione che sembra proprio dargli del tu.

In Tariq, quella dimensione si fa largo tra i palazzoni di periferia, dove drammi e fragilità sono tanto comuni che quasi non ci si fa caso e dove la prospettiva del futuro tende a sagomarsi su necessità troppo impellenti e su orizzonti troppo chiusi. In questa cornice, quando il giovane Tariq decide di iscriversi al liceo linguistico – scelta quantomai rara tra coloro che gli vivono accanto – sono ben pochi a dargli credito. Ma come si fa a trovare la propria strada fuori dal sentiero battuto, se nessuno intorno sembra credere che quella strada esista?

E così, strattonato da una famiglia faticosa e affaticata, da un contesto che trova ordinari una pistola nello zaino, una gravidanza su un pianerottolo o uno skate park di lamiere, Tariq quella strada rischia di perderla di vista. Diventa Tariq il pazzo, quello che disturba le lezioni, che incute timore agli insegnanti, che “ne hai combinata un’altra delle tue?”. È un attimo che dalla scuola arriva una lettera di sospensione che per Tariq pesa davvero come un macigno. Di fronte allo sbriciolarsi delle sue deboli speranze, ci sono per il ragazzo lo spaesamento, la paura, la fuga. Ma poi ci sono anche sguardi e (poche ma significative) parole di cura, soprattutto da parte della sorella e della coetanea Jasmine che con lui condivide inciampi e desiderio di riscatto. Ed così che Tariq può forse pensare di riprender fiato e far ripartire quella sua vita rimasta in standby…

Coinvolgente da trattenere il fiato e travolgente da scorrer via in un lampo, Tariq è una lettura davvero interessante per ragazzi di scuola secondaria. La brevità e le caratteristiche di alta leggibilità con cui è proposto da Camelozampa lo rendono, inoltre, particolarmente intrigante anche per lettori un po’ refrattari o ostacolati dalla dislessia nell’approccio al testo.

 

L’albero, la nuvola, la bambina

Chiara Valentina Segré e Paolo Domeniconi – la cui sintonia felice avevamo già apprezzato in Lola e io – torna a toccare il lettore nel profondo con un nuovo albo che è una specie di sussurro, un invito quieto a confrontarsi con timori complessi, come quello della fine e della vita esposta al cambiamento.

Nel dialogo tra una bambina preoccupata per la sorte del fratello malato e un pruno ormai prossimo all’abbattimento, i due autori indagano il legame che ci avvicina alla natura, lo scarto tra ciò che scompare e ciò che resta con la morte, il valore della trasformazione e la varietà di forme che possono assumere la cura e il ricorso. Con uno stampo squisitamente metaforico, che vede i pensieri cupi farsi nuvola tempestosa o una prugna succosa rappresentare la memoria che dà frutto – l’albo edito da Camelozampa esplora temi tutt’altro che banali e offre al lettore una forma di poesia che prescinde da versi e rime.

L’autrice sceglie e inanella, infatti, con grande misura le parole che dicono preoccupazione e speranza mentre l’illustratore dà vita a tavole magnetiche in cui tutto – dalle inquadrature alle palette, dalle ombre ai riflessi – concorre a dare spessore e intensità al dialogo tra la bambina e l’albero.

L’albero, la nuvola e la bambina chiede silenzio e tempo per sedimentare e rimestare dentro, offrendo una lettura di una certa complessità, nonostante il numero ristretto di pagine che lo compongono. Il libro costituisce dunque un esempio perfetto di come l’albo illustrato possa prestarsi a raccontare storie tutt’altro che banali che chiamano a sé un pubblico non proprio inesperto, capace di leggere non solo le parole, ma anche le figure e l’intreccio tra i due linguaggi. Questo, unito alla scelta di caratteristiche di alta leggibilità, ne fanno un volume particolarmente appagante e fruibile anche per bambini e ragazzi con dislessia.

Il principe Budino

Cosa capita se un re e una regina, tanto desiderosi di avere un figlio, non danno alla luce un bambino ma un budino? Capita che questi dovrà mettersi sulle tracce del terribile Vincislappo, sfidare mostri stravaganti e superare indenne un incantesimo originale: unica via per ritrovare sembianze umane e poter finalmente sposare la principessa Sofficina.

Insolita fiaba dal sapore gastronomico, Il principe budino ha una trama lineare e scorrevole che predispone una lettura abbordabile e leggera. Buffe illustrazioni accompagnano un testo in rima non sempre in discesa ma perlopiù piacevole.

Nato esclusivamente come audiolibro, Il principe Budino è ora disponibile anche in formato ebook e in formato cartaceo. Proposto con accorgimenti di alta leggibilità – come il font EasyReading, la spaziatura maggiore e lo sbandieramento a destra – quest’ultimo include anche la versione audio originale, tramite QRcode scansionabile dalla quarta di copertina: un’opportunità interessante, questa, per mettere i lettori – soprattutto ma non solo con difficoltà di lettura legate alla dislessia – nella condizione di disporre a piacimento di quanti più supporti e formati possibili e affrontare, così, la lettura con maggiore agio.

Dante Pappamolla

Occhialetti da quattrocchi, nome-fardello in memoria dell’Alighieri, tendenza ad assumere il color peperone in viso, genitori fissati con l’alimentazione ultra-vega-vegetariana. A Dante Tertuliani – noto a tutti, non a caso, come Dante Pappamolla – non potevano capitare più sfortune. Tranne una, forse: la morte dell’adorata e scapestrata nonna Leopoldina, quella che sognava di comprare una moto col nipote o che lo rimpinzava di nascosto di ragù.

Alla sua scomparsa, però, Dante riceve un’eredità impareggiabile: una pietra magica che trasporta in luoghi lontani dove scoprire popoli e persone. Gli Inuit, per esempio, nel freddissimo e incontaminato Polo Nord. Qui Dante entra in contatto con una cultura, dei paesaggi, delle abitudini e soprattutto un sé del tutto nuovi. Quasi inavvertitamente si scopre eroe e capace di fare scelte coraggiose e rispettose che non tarderà a riportare anche nel suo vecchio mondo con risultati straordinari.

Malgrado gli insegnamenti risultino un po’ marcati, la sua è una storia di crescita gustosa, in cui non mancano episodi buffi e avventure impreviste e che beneficia per di più di un carattere tipografico più leggibile e meno stancante. Camelozampa propone infatti il libro di Isabella Paglia e di Adriano Gon all’interno della bella collana Peli di gatto che si avvale di caratteristiche di alta leggibilità, tra cui l’uso del font EsayReading, la sbandieratura e destra, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la stampa su carta opaca. Questi aspetti, uniti a una storia leggera, a illustrazioni frequenti e a capitoli brevi fanno di Dante Pappamolla  un libro assolutamente abbordabile e consigliabile anche in caso di difficoltà o di resistenza alla lettura.

La famiglia sgraffignoni. Il furto di compleanno

Se tuo papà si chiama Mariolo, tua mamma Fia e tua sorella Ale (diminutivo, ça va sans dire, di Criminale), è facile immaginare che la tua vita di onesto e probo figliolo possa essere un tantino in salita. Lo sa bene Fausto, che un giorno sì e l’altro pure si trova coinvolto suo malgrado in furti domestici di calzini, visite non autorizzate ai negozi di giocattoli e occultamento di piedi di porco: lui, che è buono fino al midollo e che di dire bugie proprio non è capace. Così, all’approssimarsi del suo compleanno, Fausto inizia a desiderare due cose soltanto: dei calzini tutti suoi e un lecca legga gigante regolarmente acquistato nel negozio di dolciumi. Inutile dire che la famiglia ha tutt’altri piani per procurarsi gli oggetti in questione, piani che causeranno un bel po’ di trambusto, qualche effrazione e un lieto fine rocambolesco in cui le forze dell’ordine, nella persona del vicino di casa Paul Iziotto, sono per una volta benvenute in casa Sgraffignoni!

Leggereo e spiritoso, La famiglia Sgraffignoni. Il furto di compleanno è il primo volume di una serie firmata da Anders Sparring e Per Gustavsson e portata in Italia da Sinnos. Di formato smilzo e dal ritmo svelto, il libro offre un’occasione di lettura poco gravosa e piuttosto divertente, capace di solleticare anche lettori meno spediti. Il formato maneggevole, le illustrazioni frequenti, il font leggimi e le caratteristiche di impaginazione ad alta leggibilità concorrono infatti in maniera sinergica a fare della pagina un luogo piacevole in cui sostare.

La giostra degli scontenti

Con La giostra degli scontenti, Roberto piumini dà vita a una storia in rima semplice semplice, perfetta da leggere ad alta voce. Protagonisti sono i pezzi di una giostra di paese che, ispirati dal desiderio di fuga di uno di loro, provano e riprovano finché riescono a staccarsi dalla piattaforma che li fa girare in tondo. Da lì inizia il loro viaggio in libertà e, approdati nel giardino di Mago Merlino, coronano finalmente il loro desiderio di far divertire i bambini portandoli lontano, verso orizzonti sconosciuti.

Schietto e con un tono d’altri tempi, La giostra degli scontenti presenta alcune peculiarità interessanti dal punto di vista dell’accessibilità. Non solo, infatti, il libro risulta stampato con caratteristiche di alta leggibilità, che concernono il font (EasyReading), la spaziatura e il tipo di carta e che ne agevolano la fruizione in caso di dislessia, ma presenta anche una struttura compositiva che affianca al testo in rima e in stampatello minuscolo una sintesi a grandi caratteri e in stampatello maiuscolo che consente anche a bambini piccoli o con difficoltà cognitive di godere della storia e delle immagini.

Io e Leo

Vi ricordate Max Halters? Bè, la sua carriera da stuntman è ormai al tramonto ma il personaggio creato da Boonen e Melvin ha ancora molto da fare e da dire. Così, a sorpresa, lo ritroviamo coprotagonista di Io e Leo, il nuovo racconto illustrato targato Sinnos. Il giovane Leo del titolo è un ragazzino con un grosso, grossissimo problema: da un giorno all’altro, infatti, dopo l’incidente in bicicletta che ha causato la morte del padre, si ritrova ad essere inspiegabilmente invisibile. La mamma, la maestra, i compagni e persino il cane del vicino sembrano all’improvviso non accorgersi o non ricordarsi di lui. E Leo, per questo, non si dà pace.  Per fortuna, nel suo vagare per la città, il ragazzino incontra proprio Max Halters. In veste di saggio clochard, questi lo accompagna in un viaggio sul filo della realtà, in cui incontri sorprendenti e conversazioni bizzarre lo aiuteranno a ritrovare un pochino sé stesso e farsi a sua volta ritrovare anche da chi gli sta intorno.

Intenso e forte, ma non per questo disposto a rinunciare a quel tocco di folle leggerezza che contraddistingue i lavori dei due autori, Io e Leo racconta di un’amicizia profonda, di un vuoto che pare impossibile colmare e di sentimenti forti che possono trasformarci. La storia di Leo e del lutto che deve affrontare arriva così al lettore, forte come un carrello della spesa giù per una collina ripida, coinvolgendolo in modo travolgente. Il testo non è banale ma le illustrazioni a ogni pagina e le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità ne agevolano la lettura, consentendo anche a lettori più riluttanti di confrontarsi con un racconto corposo. Forte di illustrazioni dal sapore fumettistico e dal tratto inconfondibile, di atmosfere surreali (rese ben evidenti da diffusi toni aranciati) e di personaggi che lasciano il segno, Leo e io porta sulla pagina una piccola sfida che riserva grandi soddisfazioni e forti emozioni al lettore che deciderà di affrontarla.

Un piano quasi perfetto

I bambini non leggono più e hanno occhi solo per gli schermi? No problem, da oggi c’è una soluzione! Con una grafica originalissima che trasforma ogni doppia pagina in un computer aperto, Un piano (quasi) perfetto fa della lettura un’esperienza sorprendente e diversamente tecnologica. Coloratissimo e dal tratto divertente, il libro scritto e illustrato da Silvia Baroncelli racconta di un coniglio di nome Cosimo che, vivendo lontano dai nonni, prova spesso una grande nostalgia per loro. Abituato a vederli e sentirli tramite computer (esperienza quanto mai comune di questi tempi!), Cosimo decide che per il suo compleanno vuole ricevere da loro un abbraccio vero e così organizza in gran segreto una spedizione per raggiungerli.

Per organizzare il viaggio servono intraprendenza e abilità con il computer che, non a caso, a Cosimo non mancano! E così, pagina dopo pagina, il coniglio mette a punto il suo piano sfruttando il computer di casa per cercare treni e strade: il tutto – data la segretezza dell’operazione – destreggiandosi e cercando di non farsi distrarre dalla ricerca di ricette e video rock per i famigliari. La missione si rivela così più complessa del previsto. Per fortuna ogni compleanno che si rispetti non manca di sorprese e – computer o meno – anche questo finirà per onorare la tradizione!

Molto accattivante grazie alle figure amichevoli e vivaci, alla struttura a pc che richiede una lettura in verticale e alla rivisitazione in chiave conigliesca di alcuni aspetti e dettagli del mondo umano, Un piano (quasi) perfetto si presenta come una lettura particolarmente originale per lettori alle prime armi, forte anche di un font e di caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità, di testi minimi in maiuscolo (dialoghi) e in minuscolo, perfettamente inglobati nelle illustrazioni e di un apparato visuale che la fa nettamente da padrone. Difficile non provare curiosità di fronte a un libro così particolare e una volta aperto… bè, lì inizia davvero il viaggio!

Le felicità

Che delizia, la parola di Piumini quando scava nelle gioie a misura di bambino! Nel bel volume pubblicato dalle Edizioni Gruppo Abele, il giovane lettore può trovare una sfilza di piccoli grandi piaceri, cantati con la raffinatezza amichevole di cui il poeta bresciano è maestro. A ogni pagina, una poesia. A ogni poesia, una felicità. Non sempre l’oggetto della contentezza è esplicitato ma anche qui sta il bello: complici le illustrazioni inconfondibili e irresistibili di Sergio Olivotti, con le quali i testi di Piumini vanno a braccetto, sta al lettore intuire di cosa si parli, come in una sorridente caccia al tesoro linguistico. Da un regalo atteso alle feste di un cane, dalle figurine alle vacanze, da una nevicata notturna al ricordo di una nonna amata, i brevi componimenti che danno vita a Le felicità sono una coccola da gustarsi con parsimonia o da scartare una via l’altra come fossero cioccolatini.

Inserita all’interno della collana I bulbi dei piccoli, di cui presenta le consueta caratteristiche di alta leggibilità, questa raccolta stuzzicante di poesie suggerisce silenziosamente che anche i giovani lettori con maggiori difficoltà di lettura abbiano diritto a fare il pieno di parole ricercate e musicali, supportati da una grafica e da una stampa il più facilitante possibile ma al contempo stimolati da contenuti inattesi e generi che sono una vera appagantissima conquista.

30 giorni per capire l’autismo

L’attenzione rivolta al tema della disabilità da parte dell’editoria per ragazzi è andata crescendo negli ultimi anni . Storie potenti e meravigliose hanno squarciato tabù, offerto rappresentazioni e allargato sguardi, andando di pari passo a libri di qualità decisamente più discutibile, in cui chiari intenti prescrittivi risultano camuffati da racconti deboli e posticci. Sono volumi in qualche modo sleali, questi ultimi, che pur assumendo una forma squisitamente narrativa, si prefiggono in realtà di spiegare la disabilità e di offrire, per quanto in buona fede, istruzioni e ammonimenti in merito. Ecco allora che anche e soprattutto rispetto a queste proposte, la serie 30 giorni per capire… di Uovonero porta una significativa ventata di novità. Perché qui non ci sono travestimenti o inganni, i libri intendono aiutare i ragazzi a conoscere l’autismo, i disturbi visivi o i disturbi dell’apprendimento e per farlo scelgono la forma che più è congeniale a uno scopo divulgativo: il manuale.

I libri di 30 giorni per capire… sono, infatti, tre manuali costruiti con grandissima intelligenza sulle esigenze dei ragazzi: chiarezza, ironia e praticità sono le loro parole chiave. Ogni volume sfida infatti i lettori a cimentarsi con una serie di challenge – dinamica, questa, molto presente nei contenuti video di cui i ragazzi sono avidi fruitori – con cui sperimentare alcuni aspetti peculiari del modo di stare al mondo di chi vive una certa condizione. Tutt’altro che tediose, le challenge sono molto creative e si rivelano particolarmente divertenti se condivise in un clima sereno con i pari. La serie in questione si presta, così, a dare i suoi migliori frutti se impiegata come strumento di azione e riflessione di gruppo: uno strumento decisamente accattivante e fuori dagli schemi consigliatissimo per le classi, per esempio. Target ideale: scuola media (ma i libri sono fruibili già dalla fine della scuola primaria), un ordine di scuola che tra l’altro è spesso bistrattato e all’interno del quale è talvolta difficile trovare delle proposte di attività davvero stimolanti.

Le challenge sono corredate da un breve approfondimento che collega l’esperienza fatta a una specifica caratteristica del disturbo trattato. In questo modo esse diventano un’occasione concreta per mettersi nei panni di qualcun altro e per capire il perché di alcuni comportamenti altrui che potrebbero altrimenti apparire strambi e indecifrabili. A chiudere ogni capitolo, l’invito a condividere sui social foto e video che attestino gli esiti delle singole challenge, con specifici hashtag: aspetto, questo, forse più critico, se si considera lo scarto tra l’età di riferimento dei volumi e l’età minima teoricamente richiesta per iscriversi ai social network più diffusi.

A rendere questo progetto davvero innovativo e meritevole ci sono tanti aspetti, di cui tre particolarmente significativi: la scelta di interloquire in maniera efficace con i reali destinatari dei volumi; la capacità di sposare un tono umoristico (mai forzato!) a un atteggiamento sempre rispettoso nei confronti di coloro che i diversi disturbi li vivono in prima persona; e l’attenzione a restituire la complessità di questi ultimi con una chiarezza estrema che non compromette, tuttavia, il rigore scientifico delle informazioni fornite. E qui viene davvero fuori tutta la solidità e la serietà di una realtà editoriale come quella di Uovonero, in cui competenze specifiche molto trasversali si integrano in maniera efficace e vincente.

 

Nel volume 30 giorni per capire l’autismo, in particolare, le challenge proposte mirano a focalizzare l’attenzione sulla peculiarità delle percezioni sensoriali, dell’uso della memoria, delle abilità motorie e sociali e del rapporto con le parole e con la comunicazione non verbale da parte delle persone autistiche. Grazie ad attività curiose ma facilmente realizzabili nella pratica, come l’adozione di una routine giornaliera casuale, il trasporto di una lattina con uno spaghetto o una caccia al tesoro misteriosa, il lettore viene messo nella condizione di capire che l’autismo comporta un diverso modo del cervello di funzionare e di conseguenza un diverso modo di stare al mondo. Mettendo inoltre in evidenza le sensazioni, in particolare di disagio, che il lettore presumibilmente sperimenta nel corso di alcune challenge, il volume ha la capacità per nulla scontata di dare un senso a taluni comportamenti tipici e spiazzanti delle persone autistiche e di sottolineare il ruolo che ciascuno di noi può giocare nella costruzione di contesti di vita più a misura di neurodivergenti. Zero moralismi e tanta pratica, insomma: chapeau!

Guarda il gatto. Tre storie su un cane

David Larochelle è un autore poliedrico e versatile: se il suo romanzo young adult Io no… o forse sì colpiva per il vivo e autentico approccio a temi spinosi, Guarda il gatto sa conquistare bambini di età prescolare con tre storie brevi e spassosissime. Target e tipo di racconto sono dunque totalmente diversi, ma identica è la capacità di fare centro!

Protagonista in Guarda il gatto, è un buffo cane di nome Max che interagisce in maniera piuttosto accesa con l’autore del libro, fino a costringerlo a modificarne il contenuto. Inscritto all’interno di un gioco metanarrativo efficacissimo, il loro è un botta e risposta incalzante e divertente che si presta alla perfezione a una lettura ad alta voce e che non lesina su colpi di scena, sorprese e trovate spiazzanti.

In ogni doppia pagina, la parte a sinistra contiene una breve e incisiva frase che fa avanzare il racconto, mentre la parte a destra vede la reazione di Max a quanto appena scritto, in un dialogo che ogni volta fa prendere alla storia una piega inaspettata. Tra gatti, unicorni, serpenti e ippopotami la vita narrativa di Max non può certo dirsi tranquilla e, parimenti, il lettore non ha modo di annoiarsi.

Storie minime, testo essenziale, (meta)narrazione sorprendente (e, grazie a Biancoenero, anche font ad alta leggibilità): non è difficile capire come mai Guarda il gatto. Tre storie su un cane abbia vinto uno sfilza di premi e immaginare come possa dare vita a letture, condivise o autonome, di grande appagamento.

B.B. il clownboy

Pistole cariche, cavalli al galoppo, fratelli banditi e atmosfere polverose: gli ingredienti per un western coi fiocchi ci sono tutti. Ma poi arriva lui – B.B – e ogni previsione viene salta diritta all’aria. Armato di naso rosso, pistole ad acqua e polvere ridarella, B.B. non si accontenta, infatti, di essere un cowboy: B.B. è piuttosto un clown-boy!

Sotto il sole del west, il personaggio creato da Stefania Luisi e illustrato da Umberto Mischi si muove in sella al suo cavallo a dondolo e in compagnia del suo fido cane Banana. Quando si ferma in un villaggio, il suo spettacolo è sempre un successo, con grande soddisfazione di tutti gli spettatori. Tutti tranne tre, a dire il vero. I terribili fratelli G. – Gionni il furbo, Gimmi lo svelto e Gessi il grosso – detestano l’ottimismo gioioso con cui B.B. affronta ala vita e non perdono occasione per opporgli tutta la loro prepotente arroganza. E così, quando B.B. non si presenta per l’atteso spettacolo, i bambini del villaggio sospettano subito che possa essere stato rapito e che i colpevoli possano essere proprio i tre gradassi. Liberare il clown-boy non sarà facile, ma grazie al suo esempio sulla contagiosità del sorriso, nasi rossi e fuochi d’artificio possono tornare a illuminare le calde serate del west.

B.B. il clownboy propone una storia sorridente e semplice: qualità, queste, che ben si attagliano anche al testo e alla stampa. Il racconto procede infatti in maniera piana e lineare, sfruttando frasi perlopiù brevi o paratattiche e un lessico di facile accesso. Pubblicato ad alta leggibilità, come tutti i titoli della collana Minizoom di cui fa parte, il libro vanta una veste amichevole, grazie alle illustrazioni a ogni pagina, al font biancoenero, alla spaziatura maggiore, alla sbandieratura a destra e alla distinzione netta tra paragrafi.  Il volume si presta in questo modo a supportare e invogliare i giovanissimi lettori alle prese con le prime letture autonome, anche laddove siano presenti difficoltà legate alla dislessia.

Il nostro cane Max

Gli animali domestici sono, per tanti padroni e padroncini, autentici membri della famiglia. Con loro si condividono rituali, viaggi, esperienze, emozioni e così, quando muoiono, lasciano un vuoto grande e un segno indelebile. Proprio questa parabola esistenziale, tanto familiare a chiunque abbia posseduto e amato un cane o un gatto, trova posto tra le pagine de Il nostro cane Max.

Il libro scritto da Alessandra Bocchetti omaggia e ripercorre la vita del cane Max all’interno della famiglia che lo ha accolto quando era ancora piccolissimo e brutto. L’autrice racconta in particolar modo il rapporto speciale e unico che il cane instaura con i diversi membri della famiglia, dando un assaggio delle piccole gioie che, dal primo all’ultimo giorno, la sua presenza ha regalato. Fino a che la vecchiaia lo porta via, senza che tuttavia il suo ricordo svanisca. Tutt’altro: nel cielo, nelle rocce e persino nella forma di un’isola Max torna a far visita ai suoi padroncini, nel nome di un legame intenso e sempre vivo.

Lineare e senza particolari capriole narrative, Il nostro cane Max si presenta come un omaggio personalissimo a un cagnolino realmente esistito che suscita simpatia e affetto. Piacevole da leggere e commuovente nel finale, il libro fa parte della collana Minizoom di cui condivide tutte le apprezzabili caratteristiche di alta leggibilità.

Olle

Olle non è un cane come tutti gli altri: non solo perché agli occhi del suo padrone ha un nonsoché di speciale (cosa, in effetti, piuttosto frequente), ma anche e soprattutto perché pensa e parla proprio come un umano. Le sue riflessioni sono spiazzanti e ironiche. Il suo è un modo di guardare al mondo che invita ad assumere prospettive nuove, mettendo in conto per esempio che le paperelle di gomma possano avere sentimenti, che il vento si possa leggere al pari di un libro stampato e che per farsi obbedire sia meglio spiegare le richieste più che dare ordini. Ecco allora che ogni giorno accanto a Olle diventa un’occasione per lasciarsi stupire e interrogare, godendo di una quotidianità condivisa da assaporare in leggerezza.

Breve ma appassionante, Olle si compone di aneddoti gustosi e mai debordanti, nei quali la penna leggera e pensosa di Guus Juijer trova uno spazio ideale. Con gli occhi ora di Olle, ora del suo padrone, il libro racconta di un’amicizia che dura una vita intera e in cui il punto di vista a quattro zampe offre uno sguardo insolito sui piaceri e sui dolori della vita, umana o canina che sia. Lo fa con una prosa asciutta e scorrevole, in cui si mescolano riflessioni e minuscole avventure quotidiane: dall’assalto cortese al panettiere al tentativo di accoppiarsi con l’amata Dien, dalle giornate pigre in giardino al rifiuto di occuparsi di cose ridicole come il riporto di una ciabatta.

Misurato e piacevole da seguire, il racconto è inoltre reso particolarmente amichevole nell’aspetto tipografico, grazie ad alcuni accorgimenti ispirati all’alta leggibilità adottati da Camelozampa. Il libro non solo si compone infatti di capitoli brevi e abbordabili che non scoraggiano il lettore, ma non giustifica il testo e fa uso del font EasyReading.

Tra le sorprese che ci riserva infine Olle c’è anche l’incontro con un Thé Tjong-Khing decisamente insolito e piuttosto distante, nel tratto e nella composizione, dall’illustratore che abbiamo conosciuto per esempio negli albi brulicanti editi da Beisler come Tortintavola, Tortinfuga o Tortarté. Qui, in pieno accordo con lo stile di Guus Kuijer, il suo segno è più placido, quasi schizzato: un segno sorridente e un po’ malinconico che omaggia con garbo il legame intensissimo che può legare un umano e il suo animale domestico.

Livro-clap

Se si parla di libri-gioco, Livro-Clap è un classico imprescindibile. Proposto per la prima volta nel 2014 dall’editore portoghese Planeta Tangerina, che delle sperimentazioni è attivo frequentatore, il libro ideato e illustrato da Madalena Matoso è stato ad oggi tradotto in molti paesi.

La sua forza sta in una struttura semplice e geniale che trasforma il movimento di sfogliatura delle pagine – un’azione, quindi, che coinvolge in prima persona il lettore – in una vera e propria animazione delle illustrazioni. L’autrice, infatti, sceglie e colloca astutamente su ogni doppia pagina una figura intenta a fare qualcosa – un musicista che suona i piatti, un uomo che fa gli addominali, un altro che solleva i pesi… – che pare davvero attivarsi nel momento in cui il lettore avvicina i bordi per passare alla doppia pagina seguente. Chi legge si trova così fisicamente coinvolto da ciò che accada all’interno del libro: aspetto, questo, che ne favorisce l’aggancio, la partecipazione e infine la comprensione, anche in caso di difficoltà di attenzione.

Non solo. Il libro vanta anche un altro aspetto che lo rende particolarmente coinvolgente e inclusivo: non presentando di fatto un vero e proprio testo ma piuttosto delle semplici onomatopee in accompagnamento alle figure, si presta bene a essere letto ad alta voce, ad essere partecipato e ad essere compreso anche da bambini con maggiori difficoltà di decodifica o cognitiva. Movimento e suono, in qualche modo, si fanno catalizzatori di lettura e trasformano il libro in un oggetto da animare. Efficacissimo, in questo senso, anche lo stile caratteristico dell’autrice Madalena Matoso che predilige figure molto vivaci su sfondi pulitissimi e forme essenziali prive di fronzoli.

Barban, fate, tritoni e altri esseri fantastici della Liguria

Dell’editore Telos abbiamo già avuto modo di apprezzare la scelta di proporre al lettore testi ricercati ma di grande accessibilità e strumenti di lettura estremamente ben studiati, come nel caso dei libri cartacei e digitali Il mago Tre-Pi e L’archeologo delle parole. Con la nuova collana 147 Mostro che parla!, curata da Teresa Porcella e affidata nei testi e nelle illustrazioni ad autori sempre diversi, l’editore molisano conferma questa sua predisposizione alla cura per la qualità e la fruibilità dei suoi volumi.

I libri che compongono la collana si caratterizzano per una grafica accattivante, per l’unione di componenti narrative e divulgative, per la combinazione di testo cartaceo e audiolibro e per scelte tipografiche ad alta leggibilità concernenti non solo il font (EasyReading) e l’impaginazione ma anche l’adozione di colori diversi per identificare ed evidenziare i diversi tipi di parole chiave (nomi, verbi, aggettivi).

Dedicato ad una diversa regione, ogni volume rimpasta materiale folkloristico legato alla presenza di creature fantastiche come mostri, folletti e fate, inserendolo all’interno di cornici narrative moderne e attuali. Nascono così racconti brevi e godibili con personaggi e ambientazioni ben calati nel presente che interagiscono con creature e racconti senza tempo.

Così accade, per esempio, che due bambine perdano il sentiero proprio a causa del folletto Sciverto, che Mirta dissemini gusci di noce qua e là nella speranza che una fata ne scelga uno per dondolarsi in aria o che un Barban si decida a scrivere una lettera ai bambini che lo temono per metterli a parte delle vere e false voci che circolano sul suo conto. Protagoniste del volume dedicato alla Liguria, scritto da Anselmo Roveda e illustrato da Giulia Pastorino, queste creature ritrovano così nuova vitalità e invitano il lettore a riscoprire tradizioni e radici.

Storie di Querciantica

Benvenuti a Querciantica, un bosco affascinante in cui non mancano creature di ogni specie, emozioni in cui rispecchiarsi e avventure piccole e grandi. Qui abitano animali che, giorno dopo giorno, si scoprono protagonisti di nuovi incontri, misteri, salvataggi e profezie. All’ombra accogliente di questi alberi hanno luogo vicende selvatiche che dicono tanto anche della natura dell’uomo, invitandolo a confrontarsi con alcuni valori importanti come l’amicizia, il coraggio e la lealtà. Questo accade, per esempio, quando il procione Pascal compare per la prima volta nel bosco e deve conquistarsi la fiducia dei suoi abitanti; quando il saggio barbagianni Cuorebianco lascia la foresta per cercare una compagna o quando la curiosa volpe Amelia corre un brutto pericolo per inseguire il suo sogno di volare.

Con il volume scritto da Francesca Casadio Montanari e illustrato da Marina Cremonini, la produzione in simboli di Homeless Book fa un balzo enorme in termini di qualità e appeal. Complice anche la copertina rigida e il grande formato che dà ampio spazio a testo e illustrazioni, Storie di Querciantica presenta un racconto illustrato delicato e come sospeso nel tempo, in cui le piacevoli figure ad acquerello animano sulla pagina vicende semplici ma coinvolgenti e ricche di personaggi a cui affezionarsi.  Non solo: la scelta di prediligere un ampio formato e una grafica pulitissima fa sì che il racconto in simboli appaia chiaro sulla pagina, nonostante non sia affatto scarno. Ne risulta così una lettura piacevole e agevolmente fruibile, anche grazie alla distribuzione dei simboli che asseconda a pieno la struttura della frase.

Ditino

Ditino è un tipo intraprendente: passa senza timore in alto, in basso, sopra e sotto le cose. Provare per credere! Il volume per piccolissimi ideato e realizzato da Martina Dorascenzi è infatti un invito per dita curiose a muoversi sulle pagine seguendo semplici istruzioni (“Ditino passa in alto”, per esempio), seguendo un bordo ricamato di facile reperimento. Collocato di volta in volta in una posizione diversa, il bordo delinea un sentiero, una sorta di traccia che il bambino può seguire per sperimentare in prima persona i concetti spaziali più elementari. Punto di riferimento rispetto a cui questi concetti acquistano senso, è un cuscinetto morbido posto al centro della pagina che il lettore può trovare e riconoscere con una certa immediatezza. Semplice me davvero molto ben fatto, Ditino risponde così allo specifico bisogno di allenare l’orientamento spaziale: abilità tutt’altro che scontata soprattutto (ma non solo) per i bambini non vedenti.

Ditino può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Nastrino e Quello che tocco. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali, che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, particolarmente importanti nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

Un giorno con le mani in tasca

Silvia Sasso si muove tra pagine e figure di stoffa con un talento non comune. I suoi quiet book sono intelligenti, originali e colmi di cura: le stesse qualità che, non a caso, contraddistinguono Un giorno con le mani in tasca, il libro tattile realizzato dalla stessa autrice per la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. Premiato come “miglior libro tattile per la primissima infanzia” all’edizione 2017 del concorso di editoria tattile illustrata Tocca a te!, il libro condivide con i quiet book la composizione in stoffa e un invito intrinseco all’esplorazione e all’interazione con le figure.

Un giorno con le mani in tasca adotta il punto di vista di un bambino, con cui il lettore può facilmente identificarsi, la cui giornata è scandita da una serie di attività: dallo scambio di tesori con il compagno alla visita a teatro, dal gioco delle costruzioni alla merenda, dalla gita al parco al momento della buonanotte. Ciascuno è evocato con grande semplicità ed efficacia da un oggetto particolare – una biglia, un biglietto d’ingresso, un mattoncino lego e via dicendo – che il lettore non vede ma può riconoscere al tatto, infilando le mani nella tasca applicata ad ogni pagina. Il tempo assume così una dimensione concreta e familiare, fatta di cose piccole ma preziose che è bello e rassicurante ritrovarsi tra le mani, come una sorta di talismano che evoca ricordi felici.

Fruibilissimo e stimolante, grazie soprattutto alla scelta di nascondere alla vista il cuore di ogni illustrazione, il libro di Silvia Sasso fa dell’espediente della tasca non solo un filo narrativo che incuriosisce ma anche una soluzione ingegnosa che invita a valorizzare il senso del tatto anche presso bambini senza difficoltà visive. Per loro, così come per i bambini ciechi o ipovedenti, il libro si presta infatti perfettamente a una lettura in punta di polpastrello. A questo concorrono non solo l’essenzialità delle illustrazioni e la presenza di oggetti veri e scelti oculatamente, ma anche la preferenza per testi minimi e la loro distinzione netta dalle figure. In questo modo Un giorno con le mani in tasca si rende adatto alla lettura anche da parte delle mani più inesperte e timorose.

Una bottiglia nell’oceano

Sulle montagne venete di inizio ‘900 la vita dell’undicenne Emilio è dura, a tratti durissima. Nelle sue giornate, che pur non mancano di svaghi tra coetanei e giochi da scavezzacollo tra boschi e contrade, si avverte forte il peso della miseria, di un padre partito per l’America in cerca di fortuna, di un inverno che sembra non finire mai e di una scuola che riserva trattamenti diversi in base alla classe sociale di appartenenza. Emilio è un tipo tosto, però. Presi molto seriamente gli insegnamenti del padre e il ruolo di “uomo di casa” che questi gli affida alla partenza, l’undicenne non china il capo di fronte alle ingiustizie e si danna per trovare un modo di aiutare sua mamma e i suoi tre fratelli a sopravvivere. La sua è una ricerca costante di equilibrio tra lo spirito indomito del ragazzo e la responsabilità dell’uomo in formazione: una ricerca che lo porta a farsi molte domande, a cercare scampoli di speranza nelle sparute lettere che arrivano dal padre e a battersi senza risparmiarsi per un sacco di patate o un po’ di dignità. Fino a che dall’America arriva una lettera che preannuncia per lui e per il resto della famiglia la possibilità di raggiungere il padre. Il tempo dei saluti agli amici di sempre e a chi oltre alle montagne non vedrà probabilmente mai nulla, ed Emilio si imbarca su piroscafo diretto a New York: una nuova tappa, anch’essa non priva di incontri e imprevisti emozionanti, nel suo cammino per costruirsi un futuro senza subirlo soltanto.

Fresco vincitore del Premio Bancarellino, il libro di Cinzia Capitanio ha tutto ciò che serve per catturare il lettore: personaggi ben marcati, emozioni in cui specchiarsi, una storia di formazione incisiva. A tutto questo si aggiunge il merito di raccontare in maniera molto scorrevole e accattivante una parte di storia del nostro paese, cruciale ed eppure spesso trascurata a scuola, come quella dell’emigrazione di inizio secolo. Ultimo, ma non per importanza: Una bottiglia nell’oceano, così come tutti i titoli della bella collana Il parco delle storie, vanta caratteristiche tipografiche di alta leggibilità – dall’uso del font EasyReading su carta color crema alla spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, dalla sbandieratura a destra all’assenza di sillabazione – che ne favoriscono l’accesso anche a ragazzi con difficoltà di lettura legate alla dislessia.

Tonja Valdiluce

L’autrice norvegese Maria Parr ha un talento eccezionale nel creare personaggi (soprattutto femminili) dalla carica inesauribile, dallo schietto spirito libertario e dalla vitalità prorompente. Indomiti e mai immobili, nelle gambe e nel pensiero, questi abitano spesso luoghi immersi in paesaggi naturali che hanno un ruolo tutt’altro che marginale nelle loro dinamicissime avventure. Tipi irresistibili come Lena o Tonja sono le protagoniste di storie che turbinano a lungo e nel profondo di chi legge

Dieci anni quasi compiuti, Tonja vive in Valdiluce da quando è nata. I monti innevati fino a Pasqua, il villaggio a misura d’uomo e i sentieri d’acqua e terra fanno da cornice alle sue giornate in cui difficilmente mancano salti acrobatici con gli sci ed esplorazioni scatenate. Certo non si può dire che le sue occupazioni non generino un gioioso baccano, con buona pace di Klaus Hagen e del suo campeggio salutista child-free da cui vorrebbe tenere Tonja alla larga. In Valdiluce, Tonja è felice. Qui conosce tutti ma ha un rapporto speciale con il suo padrino Gunnvald: gigante buono, solitario e taciturno che condivide con lei l’amore per la montagna, per la cioccolata calda fatta con vere tavolette e per gli slittini che vanno velocissimi. Con Gunnvald, Tonja trascorre giornate intere, chiacchiere e silenzi, suonate di violino e storie. “Come faresti senza di me?”, gli chiede spessissimo, con una formula scherzosa che sfiora la verità più di quel che si potrebbe credere. Non a caso, quando a casa di Gunnvald piomba un donnone di nome Heidi che dice di essere sua figlia e minaccia di vendere la sua amata fattoria, Tonja si adopera senza risparmiarsi per evitarlo. I folli piani di sabotaggio che mette in piedi insieme al suo amico Ole danno certo una scossa alla situazione, ma sono soprattutto la sua cocciuta testardaggine, il suo innato senso della giustizia e la sua sincera capacità di parlare al cuore delle persone a rispolverare sentimenti sepolti e permettere finalmente a rapporti interrotti di riallacciarsi.

Irresistibile e incontenibile, Tonja detta il bolide della Valdiluce non lascia scampo e lascia il segno. La sua storia arriva dritta senza freni e si fa leggere con gusto. Avvolgente come una coperta calda, ha il potere magico di far risuonare sentimenti profondi senza stare a dare tante spiegazioni. Che poi è quello che fa la buona letteratura! Da leggere e rileggere senza stancare, Tonja Valdiluce è fortunatamente uno dei titoli che Beisler ha inserito nel suo progetto leggieascolta, rendendolo accessibile anche a chi non ama o fatica a seguire la storia sulla pagina. Grazie alla curata app leggieascolta, scaricabile gratuitamente per Android e Ios, la storia di Tonja, Gunnvald e tutti gli abitanti e avventori della Valdiluce può essere ascoltata con grande comodità semplicemente inquadrando il QR code che compare all’interno del libro. Intuitiva e funzionale, l’app consente di muoversi agilmente tra i capitoli del libro, sfruttando funzioni utili come la regolazione della velocità di lettura e i segnalibri.

Persi di vista

Se da adolescente ti aspetta una desolante estate in città, senza alcuna possibilità di svago e per di più con la fidanzata lontano, ecco che la prospettiva di tre pomeriggi a settimana, oltretutto pagati, a fare compagnia a una vecchia signora possono diventare allettanti. Cos’ha in fondo da perdere il giovane Sofiane, che si ritroverebbe altrimenti a ciondolare sotto casa, in attesa di veder tornare stanca e triste sua madre o, peggio, di prendersele da suo fratello? E così il giovane, che si presenta a casa dell’anziana Régine giusto per sostituire la sua fidanzata volata in Spagna, finisce per restarci più a lungo del previsto, trovando in quell’anziana sconosciuta un’amica inaspettata e un’occasione per dare una piega nuova alla sua vita. Da che doveva limitarsi a leggere ad alta voce per lei, resa ipovedente da un grosso trauma del passato, Sofiane si ritrova a condividere con lei esperienze nuove e a metterla a parte di racconti molto confidenziali. Dalla contaminazione tra i loro due mondi, fatti di rap e di arte, di lettura e di internet, di conversazioni erudite e linguaggio da strada, nasce un cocktail sorprendente che dona a entrambi una serenità perduta da tempo.

Anziana, ricca e colta lei, tutto il contrario lui, Régine e Sofiane si scoprono più simili di quel che si aspettano. A unirli, in una vicenda che ricorda la bella storia di Philippe e Driss del film francese Quasi amici, c’è soprattutto una comunione di sentimenti legati ai rapporti con le rispettive famiglie. Se Régine, nel tentativo di conquistare l’affetto del padre, ha perso da anni i contatti con i figli, Sofiane ha sempre erroneamente pensato di essere stato abbandonato dal padre. In un intreccio di relazioni familiari complicate e ambivalenti, i due protagonisti si sostengono a vicenda nel tentativo di ristabilire un minimo di ordine nei propri sentimenti. Rispecchiando l’una nell’altro il proprio rapporto tormentato con il passato, Régine e Sofiane imparano a guardarsi con occhi nuovi. Come il titolo anticipa bene, con il suo calzante gioco di parole, la loro è una storia che mostra bene come la capacità di vedere, fisicamente e metaforicamente, sia qualcosa che si può perdere, allenare e finalmente riconquistare.

Scritto in maniera molto scorrevole, forte di un gustoso contrasto tra il modo di parlare di Sofiane e quello di Régine, il romanzo di Yael Hassan offre una lettura sorridente e abbordabile anche da parte di giovani lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. La storia curiosa e i frequenti dialoghi si sposano felicemente, infatti, con le caratteristiche di alta leggibilità – dal font leggimi alla spaziatura maggiore, dall’impaginazione ariosa alla sbandieratura a destra – che rendono la pagina visivamente meno ostica.

Un giorno perfetto

Ci sono tanti modi per vivere e nutrire l’amicizia. Condividere, per esempio, il gioco, gli scherzi, la buona cucina o le letture. Ma a volte nessuna di queste cose sembra cascare a fagiolo e far sì che la scintilla dell’amicizia possa davvero scoccare. È quello che succede al volpacchiotto protagonista dell’albo Un giorno perfetto: nonostante la placida atmosfera autunnale sembri propizia a trovare un amico, tutti i suoi sforzi per conquistare l’attenzione e il favore di un giovane coniglio sembrano vani. Saranno infine la sua tenacia e la sua capacità di stare semplicemente accanto all’altro, rispettandone nel profondo i bisogni, a permettergli di cogliere la differenza tra trovare un amico ed esserlo. Perché l’amicizia, in fondo, non è condividere solo cose ed esperienze ma anche e soprattutto emozioni.

Tenero e profondo, l’albo scritto e illustrato da Maria Gianola racconta una cosa semplice semplice ma spesso trascurata come l’importanza di riconoscere e accogliere i sentimenti di chi ci sta accanto per coltivare delle relazioni autentiche. Lo fa con uno stile tenue che delinea personaggi che ispirano immediata simpatia. Nella vitalissima volpe e nel coniglio corrucciato, ogni lettore può facilmente riconoscere sé stesso in momenti diversi della sua vita o più semplicemente della sua giornata, ritrovando nei due animali protagonisti stati d’animo e atteggiamenti umanissimi. Un giorno perfetto si contraddistingue poi per un testo diretto ed essenziale che si presta bene a sostenere anche primi tentativi di lettura autonoma grazie alle poche parole scelte per ogni pagina, alla puntuale corrispondenza tra figure e testo quasi in forma di didascalia, e all’impiego dello stampatello maiuscolo, peraltro proposto in font ad alta leggibilità EasyReading.

I misteri di Mercurio. La tempesta

C’è un quadro di Giorgione intitolato La tempesta che da sempre solletica studiosi e appassionati d’arte per il suo soggetto misterioso. Dopo anni di ipotesi e dibattiti, la giusta chiave interpretativa sembrerebbe venire finalmente a galla: merito di Nina, Lorenzo e Jamal e del loro incredibile viaggio nel tempo. Reclutati da uno strano individuo di nome Mercurio che assume all’occorrenza le sembianze di un corvo, i tre ragazzi si trovano catapultati in pieno Rinascimento, proprio nella terra di Giorgione. Qui toccherà loro risolvere una serie di enigmi che li porteranno a svelare una volta per tutte i segreti custoditi dal celebre quadro. La ricerca di un preciso punto di verde, la presenza di un soldato sul lato sinistro del quadro, la scelta di un’atmosfera temporalesca con tanto di folgore che squarcia il cielo e infine la collocazione di un uccello sull’angolo del tetto: come pezzi di un intricatissimo puzzle, tutti questi elementi trovano infine un senso e una spiegazione, gli stessi che consentiranno finalmente ai tre giovani viaggiatori di fare ritorno a casa.

Avvincente e intrigante, La tempesta ha il pregio di rendere la storia e più precisamente la storia dell’arte qualcosa di vivo e appassionante. La felice contaminazione tra passato e presente, la scelta di personaggi ben riusciti, la composizione di dialoghi accattivanti e ironici, e la costruzione di un trama enigmatica intorno a un capolavoro della pittura catapulta davvero il lettore tra i costumi, le pratiche e la cultura del 1400-1500, senza però far sì che questo aspetto offuschi il piacere di un romanzo autentico, tutto da divorare.

La tempesta è il primo di una serie di volumi che compongono una collana molto intrigante intitolata I misteri di Mercurio. Progettata in casa Book on a tree e trasformata in realtà dalla casa editrice Emons, la collana unisce le voci di alcuni dei più noti e talentuosi autori italiani  per ragazzi – Pierdomenico Baccalario, Daniele Nicastro, Manlio Castagna, Giada Pavesi e Davide Morosinotto – accompagnate dalle illustrazioni di Kalina Muhova. La tempesta, così come i volumi successivi, inaugura un nuovo progetto di Emons – la collana Emons:raga – incentrato sull’integrazione tra libro cartaceo e audiolibro.

La collana Emonsraga

Specializzato nella pubblicazione di audiolibri di qualità, Emons propone da alcuni anni anche un’interessante selezione di libri per bambini e ragazzi su CD o in formato MP3. Si va da Gianni Rodari a Bianca Pitzorno, dai classici come Il libro della giungla ai bestseller più recenti come Il diario di una schiappa, tutti interpretati da attori d’esperienza.

Dall’autunno del 2020, l’offerta per i più giovani si è arricchita di una nuova collana, caratterizzata dall’unione di libro cartaceo e audiolibro, quest’ultimo fruibile tramite scansione di un QR code, posto all’interno del libro. Attraverso il medesimo sistema vengono inoltre offerti al lettore alcuni contenuti extra come curiosità e dettagli sulla storia dell’opera che è al centro del racconto, sul pittore che l’ha dipinta o sul periodo storico in cui questi ha lavorato. Interessantissima e innovativa per come è stata concepita, la collana vanta un’integrazione particolarmente felice tra supporti diversi a cui il lettore può ricorrere secondo le sue preferenze e necessità. La presenza della registrazione, peraltro molto piacevole da ascoltare, offre infatti una preziosa possibilità di lettura e approfondimento, tanto per chi presenta difficoltà legate al testo scritto, quanto per chi legge fluidamente. Il risultato è un libro multiforme di grande appeal che non solo abbatte un grosso ostacolo all’accesso alla cultura per molti bambini e ragazzi con disabilità o dislessia, ma lo fa puntando su un prodotto accattivante per tutti e dunque per nulla ghettizzante.

Odissea. I classici facili

Curata da Carlo Scataglini e illustrata da Flavia Sorrentino, la versione de l’Odissea proposta da Erickson all’interno della collana I classici facili rappresenta un compromesso interessante tra accessibilità e apertura a generi e testi complessi. Proposto senza sacrificare alcun episodio saliente del capolavoro di Omero, quest’Odissea opta per un testo in prosa di agevole approccio. Le illustrazioni, frequentissime e importanti per sostenere la lettura, richiamano nelle linee il gusto artistico ellenico, contribuendo a far immergere il lettore nell’atmosfera unica del capolavoro di Omero.

 

I classici facili

Quella dei Classici facili, curata da Carlo Scataglini, è una delle collane editoriali che più considera l’accessibilità una questione prioritaria. Lo fa mettendo in campo strumenti e accorgimenti diversi, che concernono il testo, le illustrazioni, il loro rapporto e le loro modalità di fruizione.

La peculiarità principale dei titoli che ne fanno parte consiste in una semplificazione sintattica e lessicale del testo. Ispirate ai principi della scrittura Easy-to-Read, le frasi risultano infatti brevi, dalla struttura preferibilmente lineare, e perlopiù composte da coordinate o al massimo da una subordinata. Le parole che le compongono sono selezionate in modo da essere facilmente comprensibili e, laddove risultino più ostiche o comunque meno comuni, vengono evidenziate e spiegate alla fine del capitolo. In questo modo l’autore aggira in maniera piuttosto efficace il pericolo di un appiattimento lessicale che limiterebbe fortemente il diritto all’arricchimento e alla complessità di cui anche i bambini con maggiori difficoltà sono detentori. In questa stessa direzione va inoltre la scelta, nel caso di classici dell’epica come per l’appunto l’Odissea, di selezionare alcuni versi particolarmente significativi e restituirli al lettore nella loro integrità, accompagnati da una puntuale perifrasi e spiegazione. In questo modo non solo si mantiene un legame diretto con il testo originale ma se ne incentiva la scoperta, supportandola solidamente con un preliminare approccio alle vicende in una forma più abbordabile.

A seconda delle reali possibilità del bambino, I classici facili possono così rappresentare un punto di arrivo ma anche un punto di partenza nella scoperta di grandi capolavori letterari. In entrambi i casi, a sostegno della lettura e del suo apprezzamento, vengono tre ulteriori elementi di spicco: in primo luogo la scelta di presentare capitoli brevi e puntualmente accompagnati dalle illustrazioni; in secondo luogo la presenza di un’anticipazione illustrata dei personaggi che il lettore incontrerà, posta in apertura di libro e di due righe di riassunto di ogni capitolo, poste all’inizio di quest’ultimo; e infine la disponibilità a rendere fruibile il testo anche tramite audiolibro. Ogni capitolo può essere infatti ascoltato in formato audio, grazie alla scansione del QRcode o all’inserimento di un codice fornito in apertura sul sito della casa editrice.

Cuori di waffel

Quando un libro inizia con due bambini che costruiscono una precaria funicolare tra le rispettive finestre si può star certi che la lettura riserverà sorprese memorabili: Cuori di waffel ne è la dimostrazione lampante! Tra le sue pagine, la scatenata Lena e il timido Trille si lanciano ogni giorno in imprese stravaganti e azzardate, secondo una ferrea logica che segue i binari dell’immaginazione  ben più che quelli della sicurezza. L’estate dei due bambini, nelle cui vene scorre inconfondibile sangue nordico, procede così a gran ritmo tra una festa di mezza estate sommersa dal letame, il tentativo di far salire un sacco di animali su una moderna arca di Noé e il salvataggio di una vecchia giumenta a bordo di un traghetto. A star dietro a Lena e Trille servono polmoni buoni e nervi saldi perché le corse nel cassone di una motocicletta, le discese ripidissime in bob, i giri in elisoccorso e gli schianti in canotto sono all’ordine del giorno. Qualche commozione cerebrale (per loro) e tanta commozione e basta (per il lettore) vanno così di pari passo, in un romanzo che fa lo slalom tra guai divertentissimi ed emozioni profonde.

Già vincitore di numerosi premi, tra cui l’Andersen nel 2015, il libro di Maria Parr è un concentrato irresistibile di avventure a rompicollo e di personaggi cui affezionarsi in un istante. Pieni di vita e tratteggiati con cura, questi si muovono tra i fiordi della baia e della vita con una naturalezza e un’autenticità palpabili. E se l’inarrestabile Lena è al centro di ogni scena con un’energia che di rado lascia cose, personaggi e lettore incolumi, il vero e insospettabile eroe è forse il giovane Trille, che accoglie paziente l’irruenza e le  follie di Lena, dando voce a emozioni che entrambi provano ma che l’amica non sa esprimere che con l’irrequietezza.  Con il suo carico di sensibilità sincera, Trille cementa profondamente l’amicizia con Lena, apre a domande importanti e – non ultimo – restituisce una rappresentazione bellissima e fuori dagli stereotipi di un’infanzia al maschile.  In quell’estate unica che vede protagonisti i due bambini, trovano posto cose piccole e grandi, comprese quelle scomode come la morte, la genitorialità imperfetta o gli addii. Queste ultime, proprio come le gioie che costellano le giornate più luminose a Martinfranta, figurano tra le pagine di Cuori di Waffel con impeccabile leggerezza, finendo così per bussare all’immaginario del lettore senza gravosa invadenza.

Imperdibile per lettori dagli 8-9 anni, Cuori di Waffel è reso disponibile dall’editore Beisler anche in formato audio così che anche chi non ama o fatica a seguire la storia sulla pagina possa godersi le avventure di Lena e Trille. Grazie alla curata app leggieascolta, scaricabile gratuitamente per Android e Ios, il romanzo può essere ascoltato semplicemente inquadrando il QR code che compare sul risguardo di copertina. Intuitiva e funzionale, l’app consente di muoversi agilmente tra i capitoli del libro, sfruttando funzioni utili come la regolazione della velocità di lettura e i segnalibri.

Dulcinea nel bosco stregato

C’è un pizzico di magia nell’ultimo libro di Ole Könnecke. C’è non solo perché una strega e i suoi incantesimi si trovano al centro della storia, ma anche perché nel volume si mescolano diversi aspetti che lo rendono estremamente appetibile anche per chi di lettura non vuol proprio sentir parlare. Di più agevole fruizione anche in caso di dislessia, grazie all’impiego del font testme, e in caso di prime letture, grazie alla scelta dello stampatello maiuscolo, Dulcinea nel bosco stregato ha l’aspetto di un volume corposo, proprio come un racconto da grandi, ma allo stesso tempo amichevole, con illustrazioni ampie e frequenti che ricordano l’albo illustrato e con testi immediati e lineari che non mettono in difficoltà. E se la forma del libro riesce bene nel compito di solleticare il lettore, più o meno riluttante che sia, il suo contenuto completa per bene l’opera. Ole Könnecke confeziona, infatti, una fiaba in cui tradizione e modernità si mescolano a puntino e in cui non mancano pericoli, astuzie e finali lieti.

Protagonista è la piccola Dulcinea che abita con il papà fattore in prossimità del bosco e che proprio all’inizio della storia festeggia il suo compleanno. Per l’occasione, come da tradizione famigliare, il papà si appresta a preparale una montagna di frittelle ai mirtilli con panna. Peccato che si sia scordato dei mirtilli! Rinunciare alle frittelle è fuori discussione e così l’uomo si decide ad andare a raccogliere i frutti nel bosco: proprio quel bosco da cui per anni ha messo in guardia la figlia, per via del pericolo di incontrare la strega che vi abita. Detto, fatto: pochi passi nella selva e il papà incontra la megera, ritrovandosi presto trasformato in un albero. Per fortuna Dulcinea è coraggiosa e furba e, messasi sulle tracce del padre, scova finalmente il castello della strega. Il pericolo di trovarsi a sua volta trasformata in un flauto è molto alto ma la bambina escogita un ingegnoso modo per salvare la pelle – sua e del papà – ma anche le frittelle!

Con il suo racconto limpido e diretto e le sue illustrazioni pulite e sorridenti, Dulcinea nel bosco stregato può vantare quella semplicità deliziosa che incanta il lettore. Misteriosa quanto basta per un poco di pelle d’oca, la storia di Ole Könnecke bilancia il brivido tipicamente fiabesco con figure dotate di spiccata e sottilissima ironia, ben rintracciabile, per esempio, negli strambi animali che popolano il bosco o nel fatto che con l’avanzare tra i rovi, i palloncini di compleanno di Dulcinea pian piano scompaiono.

Perfetto da condividere ad alta voce già in età prescolare, il libro offre una lettura gustosa e appagante anche per prime letture autonome: proprio quelle che lasciano un buon sapore e il desiderio di assaggiarne ancora!

Emme come. Il meraviglioso mondo di MAssimo

È dura esser bambini, quando gli adulti non sembrano voler fare la loro parte! Almeno, questa è l’esperienza dell’undicenne Massimo, le cui giornate sono un continuo confrontarsi con due genitori che litigano e lo mettono in mezzo senza troppe remore, con una scuola che non sempre valorizza i talenti degli alunni e con un carattere che non facilita la nascita di nuove amicizie. Timido, sensibile e curioso, Massimo cresce nel pieno degli anni ’80, chiedendosi senza posa come fare a essere felice. Presto fatto: non trovando supporto nei grandi, Massimo elabora una sua personalissima strategia di sopravvivenza e riscatto. Autoproclamandosi Illustre Imperatore dell’Universo, una carica che gli consente di scrivere una costituzione tutta sua, Massimo può infatti costruirsi una realtà in cui i desideri si avverano per decreto, le nonne non scordano di preparare torte, le emozioni possono manifestarsi senza timore e la fantasia è riconosciuta come valore. In questo modo, le relazioni che Massimo coltiva – con i familiari, con gli amici vecchi e nuovi, con i professori o con gli adulti del catechismo – prendono pian piano una piega nuova, più autentica e vitale.

Emme come. Il meraviglioso mondo di Massimo è uno dei primi titoli proposti a catalogo da Read Red Road, libreria romana che dal 2018 è diventata anche casa editrice. In virtù di una particolare attenzione alla questione dell’accessibilità, il volume è pubblicato con alcune caratteristiche di alta leggibilità, come il font EasyReading e una spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe. Ulteriori vantaggi in termini di agio nella lettura potrebbero venire, sempre a livello tipografico, dal ricorso a un testo non giustificato e da una più marcata separazione tra paragrafi. D’altra parte, da un punto di vista sintattico, il testo si compone di frasi perlopiù brevi, paratattiche o con una sola subordinata, risultando così di più semplice lettura anche da parte di bambini con dislessia.

Il bambino che faceva le fusa

Gatta curiosa e intraprendente, Pepe vive in una palazzina di città con i suoi due padroni (Mamma e Papi) e il loro bambino (Tato). Sui tetti, in cortile e dalla sua finestra al secondo piano, interagisce con diversi vicini a due e quattro zampe – l’odioso cane Crostino e il furbo piccione Nerone,  per esempio – e osserva molte cose con occhio attento. È lei, non a caso, la prima ad accorgersi che da pochi mesi al quarto piano abitano una donna e un bambino. Nessuno a parte lei, sembra averlo notato: la donna si vede poco e il bambino è sempre chiuso in casa. La faccenda ha un che di misterioso e il bambino un che di affascinante, così Pepe si convince ad andare in esplorazione per saperne di più. Le sue spedizioni al quarto piano gli rendono chiaro che il bambino ha un modo tutto suo di comunicare: un modo che gli altri umani spesso travisano o non colgono per nulla, costringendolo di fatto a una vita solitaria e reclusa. Pepe, che invece sembra riconoscerne facilmente intenzioni e sentimenti, mette  in atto un ingegnoso piano per consentire al bambino, da lei soprannominato No, a uscire e socializzare. Saranno necessari molti alleati, molta pazienza e molta inventiva ma alla fine il piano di Pepe si rivela efficace e l’intero condominio si ritrova coinvolto in una missione ad alto contenuto di fusa!

Gabriele Clima, che già con Roby che sa volare e con Il sole fra le dita  aveva felicemente e coraggiosamente portato la disabilità tra le pagine destinate ai bambini e ai ragazzi, trova anche qui un espediente interessante per raccontare l’autismo ai più piccoli senza trasformare la storia in un piccolo trattato didascalico. Facendo leva sull’idea che trovare la giusta chiave di comunicazione possa fare la differenza nel costruire relazioni autentiche e possibilità di incontro tra persone neurotipiche e persone neurodivergenti, l’autore racconta una storia ispirate a persone realissime (la sua famiglia e i suoi vicini di casa!) a cui il gatto Pepe aggiunge un tocco fantastico e un punto di vista originale.

Il bambino che faceva le fusa si distingue per un’attenzione particolare all’inclusione non solo da punto di vista contenutistico ma anche da quello formale: il libro è infatti stampato con caratteristiche di alta leggibilità quali il font leggimi, la spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi,  la sbandieratura a destra e l’assenza di sillabazioni, ed è fruibile con le medesime caratteristiche anche in formato ebook (costo: 2,99 euro). Come il libro in questione, diversi altri titoli della collana Il battello a vapore di Piemme, in tutte le sue serie – bianco, azzurro, arancio e rosso – presentano gli stessi accorgimenti tipografici, resi riconoscibili fin dalla copertina grazie al bollino “alta leggibilità”.

Il gatto combinaguai

Che scoperta, la collana Upupa delle Edizioni La linea! Gli albi illustrati che la compongono lavorano in favore dell’inclusione su un doppio binario: da un lato proponendo storie in doppia lingua e dall’altro offrendo il racconto in versione cartacea e in versione audio. Ogni volume presenta infatti sul retro di copertina un qr code attraverso il quale è possibile accedere a contenuti multimediali tra cui non solo l’audiolibro completo in doppia lingua, con piacevole sottofondo musicale, ma anche alcune parole chiave del racconto, pronunciate sia in italiano sia nella lingua a cui di volta in volta questo è affiancato nel libro. Il lettore può dunque scegliere la modalità a lui più congeniale per approcciare il testo, sia dal punto di vista della lingua sia da quello del supporto. I titoli della collana offrono, così, delle occasioni di lettura preziosa anche a lettori che faticano a relazionarsi col testo scritto per ragioni per esempio di dislessia, a lettori che non padroneggiano perfettamente la nostra lingua o a lettori che sperimentano entrambe le condizioni: una situazione di doppia inaccessibilità che qui viene felicemente supportata con prodotti versatili, ben confezionati e piacevoli da leggere.

Il gatto combinaguai è proprio uno di questi titoli. Scritto da un autore giordano –  Abeer Al-Taher –, e illustrato da un’artista libanese – Maya Fidawi -, il libro racconta una storia tenera e divertente, ideale da leggere ad alta voce (e dunque anche da fruire in modalità audio). Protagonisti sono un anziano signore e un gatto nero piuttosto turbolento. L’anziano è molto affezionato al felino ma in seguito a una sfilza di marachelle, decide di disfarsene. Il suo piano appare però più facile a dirsi che a farsi: ogni volta che abbandona il gatto da qualche parte, questi trova, infatti, il modo di tornare a casa. L’unica soluzione sembra essere quella di portarlo nel luogo più lontano del mondo, al Polo Sud. La strada è lunga, al punto che una volta arrivati, l’anziano pare aver quasi scordato i guai che l’hanno spinto fino a lì. A quel punto decide di tornare a casa ma fatica a ritrovare la via. Per fortuna insieme a lui c’è qualcuno che vanta un lungo curriculum in fatto di orientamento!

Breve, semplice e ben congegnato, Il gatto combinaguai offre un testo e delle illustrazioni delicatamente ironici. Intrigante e curioso, per il lettore italiano, è inoltre il fatto di leggere il libro partendo dal fondo, come la lingua araba richiede.

La mia giornata

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

La natura

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

Veglia su di me

Ci sono voci, come quella di Matteo Corradini, che sono un’autentica carezza. Nei suoi libri, le parole scelte con cura e le vicende profondamente umane, sanno come risuonare a lungo nel lettore. Veglia su di me, che del suonare e del risuonare fa elementi particolarmente significativi, non fa eccezione.

Protagonista del racconto è Dora, ragazzina cresciuta tra le note, contagiata nell’amore per la musica dai suoi genitori: l’uno pianista e l’altra cantante. Come una sorta di lessico famigliare, certe canzoni accompagnano la sua quotidianità e i momenti speciali di una esistenza senza troppi fronzoli e per molti versi originale. Basti pensare a quella volta in cui Dora accettò per denaro di fingersi pazza, per far sì che la sua classe fosse meno numerosa e ricevesse, quindi, un’istruzione migliore. Dora è felice della sua vita e della famiglia che le è toccata in sorte, anche se la mamma da qualche tempo è lontana, impegnata in un tour importante. Il papà, dal canto suo, si occupa di lei con grande dedizione, nonostante il lavoro al locale jazz che lo tiene impegnato fino a tardi. Ognuno a suo modo, i genitori di Dora crescono in lei un felice immaginario legato alla musica. Grande, grandissima è dunque la sua delusione  quando per caso scopre la verità sul mestiere del padre e sul motivo di assenza della madre: due non detti troppo ingombranti per la  ragazzina, che suonano stonatissimi e che la gettano in uno smisurato sconforto. Saranno l’amicizia e la saggezza del signor Vladimiro, vicino di casa noto a tutti come formidabile pianista, a permettere a Dora di guardare le cose dalla giusta prospettiva e di mettere in piedi un piano tenero e coraggioso per ricomporre una volta per tutte i pezzi della sua vita.

Delicatissimo e profondo, il racconto di Matteo Corradini, edito dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in collaborazione con Edizioni Curci, dà voce a un’idea di cura  che non è mai unilaterale e di famiglia come luogo in cui si cullano i desideri. La musica ha qui un ruolo centrale, non solo perché permea le vite dei protagonisti, nutrendo i loro sogni più profondi, ma anche perché suona in quel modo specialissimo che l’autore ha di scrivere. Splendida, dunque, è la possibilità che il testo di Veglia su di me possa essere ascoltato oltre che letto, grazie all’audiolibro scaricabile gratuitamente tramite un codice stampato sulla copia cartacea. Interpretato da Amanda Sandrelli, il libro nella sua versione per le orecchie è piacevole e avvolgente, arricchito com’è dalle musiche curate da Orazio Sciortino, che in qualche modo trasferiscono su pentagramma l’intensità delle illustrazioni di Lucia Scuderi.

Il sapore dei desideri. Betsy, Mr. Tigre e le bacche della felicità

Fate i bagagli, si parte per un luogo straordinario: “un’isola dimentica dalle mappe del mondo”. Poche parole e già si sente un profumo squisitamente fiabesco. È la bravissima Sally Gardner a confezionare per noi una storia magica, dando vita a un luogo sorprendente in cui incontrare creature minuscole e giganti timidi, principesse invidiose e sorelle rospe, sirene affabili e tigri eleganti. Ma andiamo con ordine.

Protagonista del racconto dell’autrice inglese è la piccola Betsy, figlia di un gelataio dalla sorprendente inventiva e di una sirena che conosce storie senza tempo. Betsy desidera sopra ogni cosa poter incontrare il famoso Mr. Tigre, felino dalla mise raffinata, con tanto di cappello a cilindro, che si dice viaggi per mare e diriga un circo delle meraviglie. Ogni giorno Betsy scruta l’orizzonte, speranzosa di avvistare tra le acque la cima del suo tendone da circo. Una mattina il tendone compare per davvero e lo fa, in effetti, proprio al momento giusto. Betsy e il suo papà, che di Mr. Tigre è amico di lunga data, hanno appena conosciuto la storia di una rospa che prima rospa non era e vorrebbero aiutarla a ritrovare le sue sembianze originali.  Per farlo, però, serve una vera e propria magia che si realizza solo quando la luna è blu, ossia una volta ogni mille mai. Ecco perché l’aiuto di Mr Tigre, che di autentici prodigi è capace, arriva provvidenziale. Insieme a lui, Betsy e i suoi genitori mettono in atto un delicatissimo piano che coinvolge i piccoli Gongalunghi, costretti alla macchia dalla perfida principessa Olaf, e il gigante Ivan, che da timido si trasforma in temerario. Grazie a loro e a un ingegnoso stratagemma, la luna si tinge per una notte di blu, consentendo al papà di Betsy di realizzare il prodigioso gelato alle bacche Gongalunghe e di regalare a molte creature dell’isola un prezioso desiderio ciascuna.

Primo episodio di una fortunata serie britannica che vede protagonisti Betsy e Mr. Tigre, Il sapore dei desideri scorre liscio liscio accarezzando l’immaginazione del lettore. Complici impagabili della penna di Sally Gardner, sono le fini illustrazioni di Nick Maland che, talvolta ampie, talvolta piccine, accompagnano, arricchiscono e dinamizzano ogni pagina. Anche grazie a loro il libro appare ricco di fascino e piacevolmente abbordabile, nonostante le 180 pagine abbondanti. L’impegno a far sì che la lettura assuma esattamente queste sfumature anche agli occhi di chi vede le parole scritte perlopiù come un nemico (impegno da sempre assunto anche dalla stessa Sally Gardner, che della dislessia parla e scrive spesso) si completa grazie alla scelta di Terre di Mezzo di ricorrere al font ad alta leggibilità Dyslexia, ad una spaziatura maggiore e a un inchiostro blu meno affaticante.  Il risultato di questa cura narrativa, grafica e iconografica è una lettura deliziosa che finisce più in fretta di quel che si vorrebbe, proprio come una pallina di gelato di bacche Gongalunghe

Leggere o non leggere

Di libri e lettura (così come della loro crisi) si scrive tanto, forse troppo. Nessuno dei numerosi volumi che affrontano l’argomento però può vantare un taglio originale e una struttura metariflessiva come Leggere o non leggere questo è il problema che, non a caso, porta la firma di quel genio di Jimmy Liao.

Il libro mescola infatti la forma del saggio, della raccolta di riflessioni e dell’albo per dare spazio a una sorta di dibattito illustrato che solletica il lettore (o il non lettore), invitandolo a porsi e a condividere una serie di domande cruciali. Come nascono i libri? Come mai se ne acquistano e leggono sempre meno? A cosa serve comprare libri se poi abbiamo sempre meno tempo per leggerli? Leggere fa diventare persone migliori? Di fatto l’autore mette sul tavolo questi e molti altri interrogativi, senza limitarsi, però, ad esporli sulla pagina. Quel che si inventa è infatti molto più sottile e articolato, comme d’habitude! Il libro è costruito come una sorta di matrioska: la cornice più esterna vede il figlio di un libraio, prossimo a chiudere la sua libreria, chiamare a raccolta i suoi amici per indire un dibattito sul libro e sul suo stato di salute.  Riuniti intorno a un tavolo, accomodati su sedie a forma di volumi, i bambini si scambiano opinioni, dando voce a posizioni anche molto diverse tra di loro. C’è chi legge, chi vorrebbe farlo ma non ha tempo, chi preferisce di gran lunga i video di Youtube e via dicendo… tra un argomento di discussione e il seguente, i bambini assistono alla proiezione di una serie di slide, e qui la matrioska si fa più piccina. Ogni slide contiene una citazione sul tema (con tanto di mini-biografia di chi l’ha partorita, da Bertrand Russel a Stephen King, da Bill Gates a Marylin Monroe ), di fronte alla quale i bambini si scambiano commenti e considerazioni lapidari in forma di fumetto, che racchiudono una grande ironia, molti riferimenti letterari e un certo cinismo nei confronti degli adulti. Da ultimo, e qui la matrioska si fa davvero piccina picciò, nella pagina a fianco ad ogni citazione, Jimmy Liao colloca un’illustrazione realizzata ad hoc – talvolta muta, talvolta accompagnata da un breve testo – che ne rielabora e rilancia l’argomento. Poetiche e ricchissime di rimandi, queste condensano uno sguardo nuovo sul libro e sulla lettura, contribuendo ad aprire domande piuttosto che a confezionare risposte.

Il risultato è un libro multiforme, impossibile da incasellare, che getta semi di riflessione e li innaffia di spunti interessanti. Imperdibile per chi di lettura si occupa o è appassionato, Leggere o non leggere si presta anche perfettamente a stimolare un dibattito e un lavoro insolito di condivisione tra ragazzi dalle medie in su. Molto apprezzabile, in questo senso, la scelta dell’editore Gruppo Abele di stampare il testo con caratteristiche di alta leggibilità come il font EasyReading, la spaziatura maggiore e la sbandieratura a destra, che ne spalancano la fruizione anche a chi sperimenta maggiori di decodifica legate alla dislessia.

Max Halters

Un tipo come Max Halters, scommettiamo, non l’avete mai incontrato! Audace, spericolato e ingegnoso, Max Halters è il re degli stuntman e sa tirarsi fuori dai guai con piani a dir poco sorprendenti. Come quella volta in cui doveva andare il bagno ma questo era pieno zeppo di ragni o quella volta in cui la sua dottoressa ha rivelato le sue doti da lanciatrice di coltelli.  Ogni capitolo presenta un’improbabile quanto spassosa circostanza di pericolo in cui il lettore potrebbe trovarsi e, al motto di “Fai come Max Halters”, la più strampalata ed efficace delle soluzioni.

Max Halters è, insomma, un piccolo manuale di temeraria genialità, un concentrato di surreali situazioni che cattura il lettore con l’esca più succulenta: il divertimento. A completare l’opera intervengono le illustrazioni spassose di Melvin, il cui sodalizio con Stefan Boonen è sempre frizzante, e una struttura compositiva dinamica che difficilmente viene a noia. A brevi paragrafi di testo ad alta leggibilità si alternano infatti figure di varia dimensione, fumetti, infografiche e istruzioni per compiere specifiche imprese: il tutto mantenendo una pulizia grafica apprezzabile, senza che i diversi elementi si sovrappongano, mescolino o intralcino a vicenda. In questo Sinnos si dimostra sempre attentissima a rispettare le esigenze dei giovani lettori, soprattutto con difficoltà legate alla dislessia, per i quali possono fare la differenza non solo le caratteristiche tipografiche come il tipo di font e la spaziatura ma anche il tipo di contenuto e la forma con cui questo viene presentato sulla pagina.

Il grande caos dei telefonini

Cosa succede se un guasto alla rete viene riparato malamente e tutte le linee telefoniche di un villaggio finiscono per mescolarsi? Un grande caos – questo è certo – ma forse anche una grande opportunità! Se ne rendono presto conto Margareth, Will e tutti i loro concittadini, quando i rispettivi telefoni iniziano a squillare molto più o molto meno del solito, portando alla cornetta voci e richieste del tutto inattese. E se in principio sono lo sconcerto e il fastidio ad avere la meglio di fronte a situazioni surreali che scatenano il divertimento del lettore, pian pianino l’intraprendenza e l’ottimismo prendono il sopravvento. Accade infatti che, iniziando a recapitare i messaggi ricevuti per errore ai reali destinatari, chi è appena arrivato in città trovi nuovi amici e nuove occupazioni, chi è era sopraffatto dalle cose da fare possa contare su validi aiuti, chi cercava le parole per dichiarare il proprio amore incappi in un modo insospettabile per farlo e chi vive in solitudine incontri una sorta di famiglia adottiva per sé e per il proprio gatto. Possibilità di incontro e conoscenza nuove cominciano così a correre sui fili del telefono e il tasso di felicità del villaggio squilla più forte di quanto non abbia mai fatto prima.

Con uno stile fresco e una trama essenziale e ben costruita, Sally Nicholls confeziona un racconto davvero brillante che si legge in un soffio e fa sorridere il lettore. I personaggi de Il grande caos dei telefonini (peraltro accuratamente descritti in apertura, a tutto vantaggio anche di chi necessita di punti fermi per inoltrarsi nella narrazione) sono assortiti e accattivanti. Al loro fianco si seguono con piacere i molti equivoci che si vengono a creare e gli intrecci che da questi ultimi prendono forma.

Attento a valorizzare l’unicità dei diversi protagonisti, tra cui anche la giovane Aditi che nonostante un incidente alle gambe continua a praticare l’arrampicata, il libro si mostra inclusivo anche dal punto di vista formale. Contraddistinto da un testo scorrevole e dalla struttura sintattica perlopiù semplice e lineare, Il grande caos dei telefonini rientra infatti nella bella collana Zoom di Bianconero di cui presenta tutte le caratteristiche tipografiche di alta leggibilità che vanno dal font più leggibile alla spaziatura maggiore, dallo sbandieramento a destra alla carta color crema. A rendere infine particolarmente godibile e fruibile la lettura, concorrono le illustrazioni di Naida Mazzenga. Tutte giocate sul rosso, sul blu e sul bianco, queste sono infatti molto frequenti e restituiscono con tratto ironico tutta la simpatia dei personaggi di Sally Nicholls.

Achille cane quadrato

Giulio Fabroni e Gloria Francella sono due autori che frequentano casa Sinnos da qualche tempo e che hanno un’interessante capacità di dialogare con i piccolissimi. I loro cofanetti dedicati al personaggio di Merlo – Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti – sono per esempio prodotti semplici ma curati in cui gioco e lettura si contaminano felicemente. La stessa vincente abilità di parlare in piccolo e di costruire belle storie a partire da concetti maneggiabili da lettori molto in erba, la si ritrova anche in un titolo più recente – Achille cane quadrato – anch’esso pensato per soddisfare bambini taglia XXS.

Protagonista, qui, è un cagnolino a macchie bianche e nere e dal contorno vagamente tondeggiante. Decisamente più definito nella forma è suo zio Achille che, interrogato su come abbia fatto a diventare perfettamente quadrato, condivide con il nipote la sua storia: una storia fatta di iniziali prese in giro e di un lungo percorso alla ricerca della propria identità. L’incontro con un bruco, una gallina e una stella marina lo porta a sperimentare forme diverse, ma è solo quando incappa in una lumaca dalla forma bislacca che Achille trova finalmente la forma che gli calza a pennello e conosce il segreto di una piccola felicità.

Perfetto da leggere ad alta voce (ma ideale anche come prima lettura, dato il testo semplice e le caratteristiche di alta leggibilità), Achille cane quadrato vanta una storia piacevolmente iterata, un gustoso uso di onomatopee e un implicito invito a fare della lettura un’esperienza movimentata. Ogni volta che Achille cambia forma compie infatti gesti buffi che difficilmente lettori piccoli e grandi resistono dal replicare. Tutto questo, unito a illustrazioni dal tratto sorridente e amichevole, fa del libro – che è peraltro perfettamente quadrato, proprio come Achille – un ghiotto assaggio di lettura da proporre ai più piccini.

Le mani ballano la bocca canta

Non è mai troppo presto per rendere un libro più amichevole e leggibile. Ecco allora che Sinnos ci propone un volumetto piccino picciò adatto a giovanissimissimissimi – dall’anno e mezzo in su – che sfrutta a pieno il font leggimiprima, la spaziatura ampia e il testo non giustificato (oltre che a grande carattere). Perché è vero che il pubblico di riferimento non lo leggerà in autonomia ma magari lo farà un fratellino di poco più grande per il quale gli accorgimenti di alta leggibilità possono essere un validissimo aiuto per fare della lettura condivisa un momento piacevole che fila liscio.

Protagonista del libro è una bambina dall’aria vispa che invita il lettore a sperimentare le molte possibilità espressive offerte dalle mani e dalla bocca. Con le prime si può infatti, salutare, fare musica ed esplorare il proprio corpo. Con la seconda si può dare i baci, sorridere, fare gli indiani e mangiare i gelati. Ad ogni azione è dedicata una doppia pagina centrata sulla bambina e sul suo coniglietto di pezza, immancabile compagno di giochi. I testi brevi e diretti descrivono i movimenti che la bambina fa. Resi particolarmente coinvolgenti dalla frequente presenza di onomatopee, questi possono essere facilmente imitati dal lettore e divenire il fulcro di una sorta di danza o canto mimato da condividere con gioia nell’intimità familiare.

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Cruciverba

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Cruciverba

Quando il tempo a disposizione non manca, il cruciverba è sempre una buona idea. Per divertire e soddisfare lettori con età, abilità e interessi diversi, questo quaderno di #intantofaccioqualcosa presenta 25 quiz e cruciverba dedicati a tematiche differenti e di complessità crescente. Si va dallo sport alla gastronomia, dalla geografia al cinema: in questo modo anche giovani lettori molto ferrati in un unico campo possono trovare pane per i loro denti.

Le definizioni sono tutte scritte in maniera molto lineare così da favorirne la comprensione e la soluzione. Di tutti i quiz e i cruciverba sono infine fornite le soluzioni in un’apposita appendice del volume.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Ricette

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Ricette

Il quaderno di #intantofaccioqualcosa dedicato alle ricette omaggia quella che è probabilmente stata l’occupazione più diffusa tra gli italiani durante il lockdown. Il ruolo che manicaretti e impasti hanno avuto nell’intrattenere, rilassare e far dialogare tutti noi è stato in qualche modo straordinario e in questi mesi di strana reclusione anche i più piccoli, trascorrendo molto più tempo a casa, hanno avuto modo di cimentarsi spesso con pietanze e fornelli.

Le ricette contenute nel quaderno sono pensate proprio per loro, con l’idea che possano essere replicate quasi totalmente in autonomia o con la semplice supervisione di un adulto. Tutte le proposte sono infatti piuttosto semplici e abbordabili e non richiedono l’uso di strumenti particolarmente sofisticati o pericolosi (eccezion fatta per i coltelli). A ogni ricetta è dedicato un capitolo che comprende l’elenco degli ingredienti necessari e le istruzioni passo passo per preparare il piatto, il tutto presentato tramite fotografie e relative didascalie.

Le fotografie scelte, seppur realizzate in maniera artigianale data la situazione dettata dalla pandemia, sono molto chiare ed eloquenti, al punto che nella maggior parte dei casi le didascalie fungono da supporto non indispensabile. Redatte in maniera lineare e chiara, queste ultime sono dal canto loro molto dirette e non trascurano alcun passaggio, rendendo le proposte culinarie davvero alla portata di bambini molto poco esperti.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Giochi

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Giochi

Dal classico trova le differenze al memory, dalle figure da ricomporre al sudoku dei colori: il quaderno di #intantofaccioqualcosa dedicato ai giochi raccoglie una serie variegata di proposte che ben si adattano a stimolare il giovane lettore senza risultare ripetitive.

Ogni gioco è presentato all’interno di una pagina con semplici istruzioni, descritte passo passo con testi alfabetici molto lineari e il supporto di immagini per quanto riguarda l’indicazione dei materiali utili. Laddove, nei giochi, siano previste risposte giuste o errate, il quaderno presenta una sezione di soluzioni mentre per quelle attività che invitano a ritagliare alcune parti sono previste pagine staccabili.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Granpà

Christoph Léon è un narratore di razza: sa come tirare il lettore al cuore delle storie e come dipanare temi potenti senza che questi gravino sulla pagina come una zavorra. Accade sulla lunga come sulla corta misura, come ben dimostra Granpà, racconto breve recentemente uscito per Camelozampa.

In una manciata di pagine (poco più di settanta), Léon mette in piedi un appassionante racconto di vita, che attraversa tre generazioni e in cui echeggiano questioni importanti come il rapporto tra uomo e natura e lo scarto spesso esistente tra legge e giustizia. Protagonisti, che ci pare dopo poche pagine di conoscere a fondo, sono il giovane John e suo nonno Granpà. I due si aggirano furtivi per l’America dell’Ovest, intenti a sabotare gli impianti dell’Arizona Oil Company che con i suoi pozzi per l’estrazione del petrolio sta distruggendo opere millenarie della natura ed espropriando per pochi spicci i possedimenti di intere famiglie. Granpà ha già subito questo destino una volta ed è disposto a tutto, ora, pur di difendere la sua terra e i suoi ideali di tutela dell’ambiente. A un certo punto, però, la spedizione si mette male e John è costretto a separarsi dall’amato nonno  in un epilogo intensissimo, che è insieme straziante e pieno di speranza.

Ricercato ma molto fruibile, anche grazie alle scelte orientate all’alta leggibilità compiute dall’editore Camelozampa, Granpà offre ai ragazzi dalle medie in su una lettura densa e appassionante, che rifugge la banalità delle forma e della sostanza, senza per questo risultare ostica. Il racconto si legge infatti con piacere e con deciso coinvolgimento, come immersi nelle calde e polverose notti del Colorado.

Una specie di scintilla – audiolibro

Che tosta, Addie! 11 anni, autistica, appassionata lettrice, amante degli squali e testarda battagliera per le cause in cui crede, la protagonista di Una specie di scintilla è un personaggio a cui ci si affeziona subito e che si dimentica con difficoltà. La sua vita si svolge nella placida cittadina scozzese di Jupiter, dove nulla di eclatante pare mai accadere, dove la comunità si riunisce ancora periodicamente per prendere decisioni collettive e dove tutti sembrerebbero più interessati a difendere il buon nome del villaggio che a permettergli di essere ricordato per qualcosa di davvero buono.

E così, quando durante una lezione di Miss Murphy, Addie scopre che in passato, proprio a Jupiter, diverse donne sono state pretestuosamente condannate a morte perché ritenute streghe, inizia una determinata battaglia affinché un memoriale cittadino renda loro omaggio e ricordi a tutti gli effetti nefasti e senza tempo a cui possono condurre l’ignoranza e la paura della diversità. Addie si deve però scontrare non solo con il bigottismo che impera in paese ma anche con una insopportabile forma di bullismo e discriminazione in ambito scolastico, perpetrata da una compagna particolarmente ostile, da una classe odiosamente indifferente e da una professoressa abiettamente incapace di fare il suo mestiere.

Umiliata e trattata da inetta da chi dovrebbe saperne piuttosto cogliere bisogni e talenti, Addie trova conforto e supporto in una nuova compagna sensibile e leale e in una famiglia presente e attenta. Il rapporto con sua sorella maggiore Keedie, anche lei autistica e apparentemente più capace e avvezza a dissimulare la sua neurodiversità, costituisce in particolare per Addie un aiuto prezioso per capire che cosa accade dentro e fuori di lei, per conoscere il prezzo di un mascheramento forzato e per trovare il coraggio di portare fino in fondo la sua importante e simbolica battaglia.

Incredibilmente incisivo, Una specie di scintilla è il pluripremiato romanzo d’esordio della giovane scrittrice scozzese Elle McNicoll. La sua forza sta senz’altro in una serie di personaggi indelebili, di fronte ai quali è impossibile mantenere una posizione neutra, e nella capacità di raccontare ciò che la protagonista prova e pensa con chirurgica efficacia e assenza di retorica. L’autrice, che è a sua volta autistica, non ha infatti remore o difficoltà a spazzare via tanti luoghi comuni sulla sindrome che la contraddistingue – luoghi comuni legati, per esempio, all’intelligenza, all’autonomia, all’empatia o alla capacità di costruire legami – mettendo bene in chiaro che ci sono tanti modi di essere neurodivergenti e che tentare di inquadrare in maniera unica e stereotipata tutti coloro che rientrano nello spettro non ha dunque alcun senso. Nel solco di Temple Grandin, che echeggia chiaramente in quel “L’oceano ha bisogno di tutti i tipi di pesci, proprio come il mondo ha bisogno di tutti i tipi di mente” pronunciato da Keedie, Elle McNicoll fa del suo punto di vista interno una chiave efficacissima per offrire una lettura nuova e meno rigida dell’autismo, in cui multisfaccettatura e complessità trovino finalmente il loro posto.

Oltre a raccontare con grande chiarezza e semplicità cosa provano Addie o Keedie in determinate situazioni (per esempio di eccessivo affollamento, rumore o luminosità) e quanto per loro possa essere faticoso mascherare il proprio disagio per rispondere il più possibile alle aspettative dei neurotipici, la sua scrittura schietta ci mette costantemente nella condizione di chiederci come noi stessi ci poniamo di fronte a chi percepisce, registra e affronta la realtà in modo diverso da noi. In questo modo, a dispetto di tanta comunicazione e letteratura che tende a dipingerla in bianco e nero come una tragedia assoluta o come una superdote tout court, la neurodiversità viene piuttosto dipinta, con una fitta serie di sfumature, come una specie di scintilla.  “Il mio autismo – dice Addie durante un toccante discorso all’assemblea cittadina – non è sempre un superpotere. A volte è problematico. Ma nei giorni in cui sento l’elettricità nelle cose, quando vedo dettagli che altri potrebbero non vedere, mi piace molto.”

Una specie di scintilla è disponibile in una duplice versione: cartacea e audio. La prima è curata da Uovonero con caratteristiche di alta leggibilità. La seconda è invece proposta da Fabler audio, una nuovissima casa editrice specializzata in audiolibri. Nata nel 2020 per iniziativa di Carlotta Brentan che da anni, l’Italia e gli Stati Uniti, si occupa di teatro, cinema e doppiaggio, Fabler propone libri da ascoltare molto curati sia a livello di qualità della registrazione sia a livello di piacevolezza dell’interpretazione. Una specie di scintilla è il primo titolo per ragazzi inserito in catalogo.

Hank Zipzer. Su il sipario, giù i calzoni

Hank Zipzer torna sulla scena. Letteralmente! Nell’undicesima avventura che lo vede protagonista, il giovane personaggio creato da Lin Oliver ed Henry Winkler si trova infatti alle prese con lo spettacolo teatrale della scuola: esperienza tanto emozionante quanto impegnativa per chi, come lui, non va proprio a nozze con copioni da leggere e battute da imparare a memoria. Non solo: a complicare la faccenda sopraggiunge anche un certo patto che Hank stringe con il papà. Se non riuscirà a prendere almeno nove nel compito di matematica sulle divisioni lunghe, può dire addio al palcoscenico, alla recitazione e alla parte di re del Siam che si è talentuosamente conquistato.  E così non gli resta che accettare il tutoraggio alla pari offerto da miss perfettina Heather Payne. Contro ogni aspettativa, la motivazione di Heather ad avere successo con il suo allievo la spinge a trovare metodi di insegnamento alternativi che valorizzano l’intelligenza visiva di Hank. Quella che si apre di fronte al ragazzo è così una possibilità del tutto nuova di fare un pochino amicizia non solo con i numeri ma anche con qualcuno che credeva diversissimo e incompatibile con lui.

Spassoso e godibile come i dieci titoli precedenti, Hank Zipzer. Su il sipario, giù i calzoni mette in azione la consolidata schiera di personaggi che animano la scuola SP 87 – dall’inflessibile signorina Adolf ai fidatissimi Ashley e Frankie, dall’arrogante McKelty all’originale famiglia Zipzer – a cui il lettore è probabilmente già affezionato e da cui dipendono meccanismi narrativi ben rodati. Davvero apprezzabile il fatto che nonostante la collana dedicata ad Hank abbia ormai raggiunto il titolo numero 11, l’ironia che la contraddistingue non sia venuta meno così come la capacità di rendere i Disturbi Specifici dell’Apprendimento del protagonista parte integrante dell’avventura e non mero tema didascalico. L’attenzione alla dislessia viene inoltre confermata a livello grafico e tipografico, dal momento che il volume presenta le consuete e funzionali caratteristiche di alta leggibilità quali un font privo di grazie, una spaziatura maggiore, una sbandieratura a destra e l’uso di una carta color crema.

 

Rossi contro blu

La rivalità tra Rossi e Blu è affare di lunga data: i due schieramenti, guidati rispettivamente da Rossofuoco e Barbablù, si sfidano, fronteggiano e tendono agguati fin da quando i componenti non erano che ragazzini. Un giorno, da entrambe le parti, i guerrieri si preparano a sferrare un attacco micidiale agli avversari: si prospettano ossa rotte e nemici al ragù. Ma nessuno dei due valorosi capifazione ha previsto l’incontro nel bosco con due marmocchi, uno verde e uno nero, intenti a sfidarsi al gioco delle code. Come resistere? Di fronte alla ludica prospettiva, i cavalieri bardati di tutto punto cambiano senza esitazione vesti e obiettivi, preparandosi a rubare quante più code possibile agli avversari. Nessuno di loro si aspetta, però, che anche i nemici siano stai coinvolti nella sfida e questo fa di loro degli inattesi compagni di gioco. Certo, la sera la partita finisce e l’antica rivalità può tornare a galla. Se non fosse che giusto per il giorno seguente è in programma un torneo ai ciottoli. La battaglia, forse, può ancora aspettare…

Benjamin Leroy, già in catalogo per Sinnos con una fitta serie di titoli spassosissimi – da Super P a Caccia alla tigre dai denti a sciabola, da Appuntamento nel bosco a Susi in piscina e taglia tutto – è autore e illustratore di quest’albo che guarda con benevola ironia al mondo degli adulti e fa del gioco una chiave di risoluzione di conflitti da non sottovalutare. Con un testo divertente (e perfetto anche da leggere ad alta voce) e illustrazioni dal tratto buffo, Rossi contro blu mescola con diletto elementi medievali e moderni, mette in scena personaggi dai nomi e dai caratteri spiritosi e dissemina le tavole di particolari gustosi. Contraddistinto inoltre da caratteristiche di alta leggibilità che riguardano sia l’aspetto tipografico, con font leggimi, spaziatura ampia tra lettere, parole, righe e paragrafi, e sbandieratura a destra, sia l’aspetto compositivo, con frasi perlopiù brevi, lineari e poco numerose su ogni pagina, il libro di Benjamin Leroy si presta a offrire una piacevole e lettura autonoma dai sei anni (o condivisa anche un po’ prima).

 

Scuola di mostri

Alzi la mano chi non ha avuto un po’ di tremarella il primo giorno di scuola! Giò non fa eccezione e quando varca la soglia della sua classe è letteralmente terrorizzato: l’operatore scolastico è un orco, i compagni sono mostri e la maestra una matrigna maligna. Sarà dura per lui districarsi tra attacchi ululanti, pozioni puzzolenti e piatti di riso e bruchi, fino a quando un inatteso incidente in giardino non sembra rimettere le cose a posto, trasformando l’esperienza scolastica come per magia.

Scorrevole e leggero, Scuola di mostri è un racconto perfetto per lettori alle prime armi, non solo perché racconta una storia di piccole paure vicinissima al loro vissuto ma anche perché è costruito e stampato secondo criteri di alta leggibilità. Il testo di Sabrina Guidoreni previlegia infatti un lessico piano e strutture sintattiche lineari e risulta stampato in font leggimi mutuato da Sinnos, con spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra e frequente associazione alle illustrazioni. Firmate da Giulia Bracesco, queste ultime sono presenti pressoché a ogni pagina, con tono scanzonato e divertito, contribuendo fattivamente a rendere la lettura più abbordabile e amichevole.

Le caratteristiche di alta leggibilità che rendono Scuola di mostri particolarmente adatto anche a lettori dislessici contraddistinguono anche altri titoli della collana Oscar primi junior dalle firme note come quella di Miriam Dubini o Anna Sarfatti. Riconoscibili grazie al bollino “alta leggibilità”, questi titoli condividono l’intento di rendere storie semplici, divertenti e avventurose fruibili anche a un pubblico di lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Io, tu, le mani

Avvicinarsi, arrabbiarsi, rincorrersi, chiamarsi. Che cos’è l’amicizia se non un continuo gioco di distanze, un percorso avventuroso, un tu e un io che si trovano e si tengono? Marcella Basso ha esplorato questo tema con un libro tattile straordinario che ha segnato uno svolta nella storia di questo tipo di volume.

Vincitore nel 2015 del concorso internazionale di editoria tattile Thyplo e Tactus, Io, tu, le mani è un libro raffinatissimo e giocoso, intelligente e rivoluzionario, nella misura in cui attiva dinamiche di lettura completamente fuori dagli schemi a trasforma l’esigenza di leggere con le mani, eventualmente imposta da una disabilità visiva, in un’occasione autentica di scoperta e incontro. Si dice che il tatto sia il senso della relazione. Ecco, nessun libro meglio di questo concretizza e valorizza questo aspetto.

Interamente e meravigliosamente realizzato in stoffa e con testo in nero e in Braille, Io, tu, le mani di Marcella Basso racconta di due amici e delle quotidiane situazioni che alimentano il loro rapporto: i giochi, i litigi, i silenzi, i riappacificamenti. Ciò che rende esemplare e straordinario il volume è la maniera originale in cui struttura l’atto della lettura, concretizzando l’idea che il libro possa essere un ponte e trasformando un limite potenziale in una reale opportunità. Il libro richiede infatti a due lettori di sistemarsi l’uno di fronte all’altro e pone ciascuno nella condizione di leggere il testo, sdoppiato sulla pagina, e di esplorare le illustrazioni, collocate all’interno di tasche che si aprono da entrambi i lati.

Quello che accade leggendo il libro è che le mani dei lettori, esplorando il contenuto delle diverse tasche, siano portate a incontrarsi, allontanarsi, separarsi e ritrovarsi, attualizzando di fatto ciò che il testo racconta. Non solo: tutto ciò che accade nell’atto di lettura, accade proprio dentro le tasche, mettendo lettori vedenti e lettori ciechi esattamente sullo stesso piano e nella stessa condizione. Quest’ultima, dal canto suo, valorizza un approccio – alla pagina e al compagno di lettura – basata sul tatto invece che sulla vista, ossia sul senso che più ci accomuna. Uscendo dalla consuetudine compositiva che privilegia la lettura individuale e trasformando la necessità di fare a meno del senso della vista da limite a stimolo creativo, l’autrice dà vita a un libro tanto accessibile quanto affascinante. A tutti gli effetti, un libro d’artista.

Ci penso io!

Nella vita di un bambino (ma, ça va sans dire, anche di un adulto!), i piccoli incidenti, guai ed errori sono all’ordine del giorno. Un compito sbagliato, una matita spezzata, una maglia strappata o un quadro caduto: quasi tutto si può aggiustare, basta avere lo strumento giusto!

Attraverso una carrellata di rotture e rispettivi strumenti di riparazione, Ci penso io! dice al lettore che l’importante, di fronte a un guaio, è provare a ripararlo e allena il lettore ad associare ogni oggetto danneggiato con ciò che serve per metterlo a posto. Quello che si attiva all’interno di ogni doppia pagina è un ragionamento, tutt’altro che scontato e immediato per alcuni bambini, sulla temporalità (ciò che accade prima e ciò che si usa dopo) e soprattutto sulla funzione delle cose. Il lettore si trova dal canto suo coinvolto non solo da una struttura che si ripete identica a ogni pagina e che incentiva così l’anticipazione del contenuto ma anche dalla predilezione per situazioni e oggetti molto comuni e familiari. L’autrice sceglie inoltre di concludere il volume con una piccola e inattesa deviazione dal tema incentrato sugli oggetti per porre l’attenzione sugli umani e sullo straordinario potere riparatore dei loro baci: un modo grazioso ed efficace, questo, per sorprendere il lettore e farlo sentire protagonista, non solo come potenziale combinaguai ma anche e soprattutto come risolutore!

Scritto e illustrato da Cristine Petit, Ci penso io! gioca con semplicità sui principi di ripetizione e variazione, mettendo in campo a ogni pagina situazioni di rottura e riparazione iterate ma oggetti, strumenti e protagonisti (insieme al narratore) diversi. Raccontato dal punto di vista e con la voce di un bambino di nome Tommaso, il libro presenta pagine di apprezzabile pulizia su cui si stagliano i testi lineari e semplici e le illustrazioni grandi e nette: una struttura ideale per favorire la concentrazione del lettore e per stimolarne il riconoscimento di situazioni e soluzioni, in una lettura che si fa anche un po’ gioco ed esercizio.

 

Il bollino Liberi tutti

Ci penso io! fa parte della collana di cartonati di Pulce edizioni e rientra, più nello specifico, tra i titoli che la casa editrice contraddistingue con il bollino Liberi tutti. Quest’ultimo viene attribuito, in particolare, a volumi progettati per agevolare una piacevole esperienza di lettura anche da parte di bambini con bisogni educativi speciali.

I libri in questione non presentano codici specifici – come potrebbero essere il Braille, la LIS o i simboli – in aggiunta al testo alfabetico tradizionale ma caratteristiche compositive particolari – come la scelta dell’argomento, del lessico e delle illustrazioni – che tengano conto di eventuali difficoltà di astrazione, di comprensione di determinati passaggi logici, di decodifica testuale o visiva.

In questo senso vengono privilegiati volumi contraddistinti da testi brevi, essenziali, con struttura sintattica lineare e lessico quotidiano; da illustrazioni mirate, con forme nette e prive di dettagli superflui che supportino, grazie a una corrispondenza puntuale, la decodifica del testo; da strutture narrative iterate che sollecitino nel lettore l’attivazione di semplici meccanismi di previsione; e da racconti che offrano un aggancio forte all’esperienza concreta e quotidiana del piccolo lettore.

Grazie a questo tipo di accorgimento, i libri che presentano il bollino Liberi tutti si prestano ad accogliere con meno ostacoli, anche bambini con disabilità uditiva, cognitiva o comunicativa che possono trovare tra queste pagine un supporto accattivante e a misura per avviarsi a piccoli passi verso storie via via più complesse.

L’archeologo delle parole

L’archeologo delle parole è il secondo volume della felice collana Sottovento delle edizioni Telos e come il precedente – Il mago Tre-Pi–  si caratterizza per un’attenzione rara a fare della lettura un’esperienza pienamente fruibile e appagante anche per chi presenta difficoltà a decodificare e comprendere il testo scritto.

Punto di forza del libro, e più in generale dell’intera collana, è la libertà che viene offerta al lettore di muoversi tra diversi formati – cartaceo, digitale, audio o, perché no?, una combinazione dei tre – e tra diversi strumenti di sostegno alla lettura. Se, di per sé, la versione cartacea, presenta interessanti caratteristiche di alta leggibilità, legate alla scelta del font, della spaziatura, dell’allineamento del testo e della frequenza delle illustrazioni, la versione digitale amplia e valorizza queste caratteristiche grazie a un ricchissimo set di opzioni attivabili o disattivabili a piacimento dal lettore.

Tra queste spicca in particolare la possibilità di evidenziare unità minime di senso all’interno di frasi più complesse, di sfruttare le icone dei personaggi per mettere in evidenza chi di volta in volta parla o è al centro della scena, di attivare la registrazione audio su pezzi selezionati di testo o di rendere le parole meglio identificabili grazie alla sillabazione. Il lettore viene così accompagnato tra le pieghe di significato e significante e supportato sia a livello percettivo sia a livello cognitivo per godere a pieno del rapporto col testo.

Quest’ultimo, originale e raffinato, racconta di un oggetto magico e misterioso: un album di fotografie che si anima permettendo a chi lo sfoglia di entrare in contatto con personaggi del passato. Così Eki, intraprendente docente di musica, parte per un’avventura fuori dal tempo. Con animali e personaggi insoliti come uno zampognaro e un asino quali compagni di viaggio, Eki ripercorre il cammino compiuto tra la Calabria e la Germania da suo padre, meglio noto come il professor G. Come ne Il mago Tre-Pi, l’autrice Lilith Moscon si ispira a figure realmente esistite – in questo caso il linguista Gerhard Rohlfs – per confezionare un racconto in cui la storia, il folklore, la lingua e la tradizione aggiungono alla lettura sostanza e sapore. A questa si aggiungono le illustrazioni essenziali e suggestive di Francesco Chiacchio, contraddistinte da una forte carica espressiva.

Il mago Tre-Pi

Ci sono progetti editoriali apparentemente piccini ma così ricchi e curati che a volerli raccontare si fa difficoltà a decidere da dove iniziare. Ecco, il progetto editoriale di Telos, recentemente messo in piedi e diretto da Luana Astore, è esattamente uno di quelli.

La neonata casa editrice di Campobasso è infatti specializzata in libri che fanno dell’accessibilità una priorità e che per garantire quest’ultima nella maniera più proficua possibile valorizzano in modo innovativo l’interazione e l’integrazione tra cartaceo e digitale. I titoli finora proposti – due per la precisione – sono dunque frutto di un lavoro di ricerca e sperimentazione estremamente interessante rispetto agli strumenti che possono agevolare la lettura in caso di bisogni educativi speciali. Lavoro che, dal canto suo, si coniuga a un’attenta cura grafica, testuale e iconografia.

Il primo titolo messo in commercio, che inaugura la collana Sottovento, è Il mago Tre-pi scritto da Lilith Moscon. Il racconto è ispirato all’affascinante figura di Giuseppe Pitrè che qui compare in una veste intrigante, a ‘mo di fantasma o spirito guida, che a bordo di una originale carrozza-studio dialoga con il giovane e curioso protagonista di nome Nicola. Il loro è uno scambio in bilico tra sogno e realtà in cui viaggi,  aneddoti, tradizioni e quesiti filosofici sui sogni e sui pensieri si intrecciano e scorrono veloci, supportati dalle illustrazioni dal fascino antico di Marta Pantaleo. Il testo è originale e ricercato, le illustrazioni capaci di sottolineare il tono sospeso del racconto, impastato di storia e invenzione.

Ci troviamo dunque di fronte a un volume che non cede al luogo comune che vuole i libri accessibili – e i libri ad alta leggibilità soprattutto – come libri più semplici nella forma e nel contenuto. Tutt’altro! Qui il testo è orgogliosamente ricco, frutto della consapevolezza che la complessità è di fatto un diritto del lettore che non va sacrificato. Ciò che deve essere facilitato è piuttosto l’accesso al testo che, non a caso, è proprio il punto di forza della proposta di Telos.

Ciò che più di tutto colpisce in questo libro è infatti la ricchezza di possibilità offerte a sostegno di chi sperimenta maggiori difficoltà di lettura legate per esempio alla dislessia. Non solo il libro è stampato con font EasyReading e con caratteristiche tipografiche più amichevoli, come la spaziatura maggiore e lo sbandieramento a destra, ma la versione digitale di cui è corredato, accessibile tramite QR code e disponibile in quattro lingue, presenta una vera miniera di strumenti utili.

Oltre a disporre della registrazione audio del libro, il lettore può infatti modificare a piacere la dimensione del font e la spaziatura del testo, ma anche differenziare lo sfondo delle righe, dividere le parole in sillabe o evidenziare la riga che sta scorrendo. Originali ed estremamente utili sono poi gli strumenti a sostegno della comprensione del testo, come la possibilità di dividere le frasi più complesse in unità minime di senso, di visualizzare le icone che fanno riferimento ai personaggi quando questi compaiono o parlano, o ancora di scoprire il significato delle parole più inusuali grazie alla funzione dizionario.

Questa mole straordinaria di strumenti è messa disposizione del lettore in maniera molto agevole e intuitiva così da risultare effettivamente di supporto e non di intralcio. Il risultato è quello di mettere davvero chi si trova di fronte al libro nella conduzione migliore per affrontare con piacere la lettura, trovando e scegliendo gli strumenti che più gli si addicono. Perché l’accessibilità in fondo è esattamente questo: far sentire il singolo lettore sostenuto e accolto ma anche libero di trovare il percorso che gli è più congeniale.

 

I supereroi e lo sciopero della minestrina

Chi l’avrebbe detto che anche la vita da supereroe può rivelarsi noiosissima? Oltrepassata una certa età, quando gli acciacchi superano di gran lunga i poteri, anche le giornate dei supereroi cominciano a farsi monotone, soprattutto se neppure a tavola è concesso qualche sgarro. La dieta che il dottore infligge al povero Fulmine e alla sua combriccola nella casa di riposo Viale del Tramonto è a dir poco rigida: tutta pollo lesso, finocchi bolliti e riso in bianco. Nemmeno un po’ di formaggio nel brodo. È così che i supereroi, stufi del trattamento, improvvisano un improbabile sciopero della minestrina per rivendicare il loro sacrosanto diritto al trigliceride. Per qualche giorno si dilettano nella preparazione di manicaretti golosissimi ma gli esami del sangue sono dietro l’angolo rendendo la sommossa traballante come una gelatina!

Con il consueto humour, Davide Calì ci consegna una nuova avventura della spassosa serie dedicata agli anziani supereroi, inaugurata nel 2016 con La casa di riposo dei supereroi e arricchita in seguito da La supergita dei supereroi. Corredata dalle illustrazioni di Alice Piaggio, perfettamente intonate con il tono leggero del racconto, I supereroi e lo sciopero della minestrina offrono una lettura piacevole e abbordabile anche grazie alle caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono la collana Minizoom. Le frasi brevi e della struttura semplice, i frequenti elenchi, la grafica dinamica, la spaziatura maggior e il font specifico biancoenero concorrono infatti a rendere le pagine amichevoli anche agli occhi di giovanissimi lettori con difficoltà legate alla dislessia. Ciliegina sulla torta: la speciale Canzone del brodino, scritta dallo stesso Davide Calì e interpretata da Marianna Balducci, che il lettore può ascoltare tramite qr code apposto sul libro o collegandosi al sito della casa editrice.

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Piccoli scienziati

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

Piccoli scienziati

Piccoli scienziati è il quaderno di #intantofaccioqualcosa che propone le attività e i contenuti più complessi, raccogliendo 15 esperimenti scientifici che spaziano dalla fisica alla chimica. Dalla costruzione di un vulcano alla produzione di una schiuma effervescente, dalla trasformazione di un uovo in un oggetto rimbalzino allo studio delle onde sonore con chicchi di mais e farina di polenta, tutte le proposte prevedono l’uso di materiali comunissimi, in casa essendo nate durante un periodo di clausura.

A ogni esperimento è dedicato un capitolo che comprende l’elenco dei materiali necessari e le istruzioni passo passo, entrambi presentati tramite fotografie e relative didascalie, e una spiegazione finale che sfrutta invece il solo testo.

Redatto in maniera lineare e chiara, quest’ultimo richiede comunque una certa dimestichezza con la lettura o l’ascolto e una certa capacità di comprensione perché consta di termini tecnici e descrizioni articolate giocoforza non immediatissimi. Gli esperimenti sono però così curiosi e sfiziosi che non va sottovalutata la possibilità di godersi la loro lettura e riproduzione, senza dover necessariamente affrontare anche la spiegazione conseguente: caratteristica, questa, che rende il volume flessibile e facilmente adattabile a pubblici di età e con abilità differenti.

Pur essendo state scattate in modalità casalinga dettata dal momento di emergenza, le fotografie che illustrano gli esperimenti sono, dal canto loro, molto chiare e significative anche senza l’accostamento al testo. Grazie ad esse le istruzioni risultano dunque accessibili anche a chi non è in grado di decodificare le parole scritte.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Attività con la CAA

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Attività con la CAA

Tra i cinque quaderni finora pubblicati di #intantofaccioqualcosa, Attività con la CAA è con tutta probabilità il più semplice e adatto a bambini e ragazzi più piccoli o con difficoltà più marcate. Il volume raccoglie infatti una serie di proposte che stimolano l’abilità cognitiva dell’associazione, invitando il bambino a collegare tra loro elementi diversi come animali e relativi habitat, oggetti e colori, cause ed effetti, elettrodomestici e stanze della casa e via dicendo. Per ogni attività viene proposta una pagina da ritagliare che riporta gli elementi da associare e una pagina su cui tali elementi possono essere uniti e incollati.

Tutti gli oggetti e gli animali su cui si concentrano le attività sono molto comuni e dunque si prestano a immediata riconoscibilità. A questa concorre inoltre una rappresentazione basata sui PCS che, tra i diversi tipi di simboli, sono i più chiari e trasparenti.

Sia le parole associate ai singoli simboli sia le semplici istruzioni che spiegano le diverse attività appaiono in stampatello maiuscolo per una più agevole lettura. Le istruzioni, dal canto loro, non sono supportate visivamente dai simboli e la loro lettura può pertanto richiedere un supporto da parte di un adulto. Ciononostante sono redatte in modo da risultare lineari e semplici così da poter essere seguite più facilmente.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Orlando non è più furioso

Tanti albi, diversi racconti, qualche fiaba e sparute rime: questo, finora, è stato il terreno di applicazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa al libro per l’infanzia. Originale e coraggiosa è dunque la scelta di Homeless Book di offrire ai giovani lettori che leggono in simboli un piccolo poema di ispirazione cavalleresca.

Scritto in rima e costellato di minimi riferimenti all’opera di Ariosto, Orlando non è più furioso racconta di un bambino che fatica a gestire la sua rabbia. A scuola, a casa o al parco, quando le sue richieste non vengono soddisfatte o le cose non vanno esattamente come lui desidera, Orlando va su tutte le furie. A venire in suo aiuto dopo una giornata particolarmente nera è il cavaliere Astolfo in sella all’Ippogrifo. L’eroe gli consegna infatti una scatola magica che contiene tre parole che, a suo dire, potranno rivelarsi preziose. E in effetti, messe subito in pratica dal giovane Orlando, pazienza, aiuto e coraggio lo rendono più disteso e saggio nell’affrontare le piccole difficoltà quotidiane.

Piacevole da leggere e ben costruito, Orlando non è più furioso offre una lettura di una certa complessità, rivolta a bambini che padroneggiano la CAA e che si destreggiano senza troppe difficoltà tra parole e costrutti sintattici non del tutto usuali. Il testo in rima prevede infatti una sintassi non sempre lineare e alcune parole poco ordinarie. Per contro, il racconto ben articolato e musicale, favorisce l’aggancio e l’attenzione, sostenendo il giovane lettore nella sua piccola impresa di lettura.

Tess e la settimana più folle della mia vita

Le vacanze più insospettabili possono riservare delle autentiche sorprese, anche quando si svolgono su un’isola remota e tuo fratello si rompe una caviglia durante un’esplorazione solitaria. Certo, perché una sorpresa degna di nota possa avere luogo e risollevare le sorti di un soggiorno piuttosto deludente, può rendersi necessario un incontro straordinario, come quello con Tess, per esempio. Ragazzina intraprendente e socievole, amante dichiarata delle cose strambe, Tess intercetta per la prima volta Samuel mentre questi attende che il dottore dell’isola visiti suo fratello, appena infortunatosi. L’approccio è a dir poco sui generis e comprende nel giro di pochi minuti una sessione di valzer in un parcheggio e l’organizzazione del funerale di un canarino. Ma anche Samule è a suo modo un culture della stramberia perciò ballo e cerimonia non lo scompongono di un millimetro. Allo stesso modo, il fatto di trovarsi in quattro e quattr’otto a far parte del piano di Tess per conoscere e conquistare il padre che non ha mai incontrato prima, gli appare più che normale.  E così i due neo-amici si buttano a capofitto in un folle ma minuziosissimo piano che cambia senz’altro la vita di Tess ma lascia anche una traccia indelebile nei ricordi e nel modo di Samuel di approcciarsi alle cose.

Avventuroso, divertente e popolato da personaggi indelebili, Tess e la più folle settimana della mia vita è un romanzo che coinvolge e sorprende, facendosi leggere davvero di gusto. Tra le dune dell’isola di Texel, al fianco di Samuele e Tess, il lettore non si fa solo travolgere da un incalzante susseguirsi di imprevisti, ma è portato a confrontarsi con questioni toste come la morte, l’assenza, la scelta e la responsabilità. Il tutto con una leggerezza profonda che rende la penna di Anna Wolz particolare e intrigante.

Grazie all’iniziaitva di Beisler, che del romanzo è l’editore italiano, Tess e la più folle settimana della mia vita rientra inoltre nell’interessante progetto Leggieascolta che prevede l’unione del testo cartaceo e del relativo audiolibro. Quest’ultimo è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina, l’app apre infatti l’audiolibro corrispondente al volume, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o per stabilire un tempo predefinito dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che alcune attente case editrici stanno pian piano facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Una specie di scintilla

Che tosta, Addie! 11 anni, autistica, appassionata lettrice, amante degli squali e testarda battagliera per le cause in cui crede, la protagonista di Una specie di scintilla è un personaggio a cui ci si affeziona subito e che si dimentica con difficoltà. La sua vita si svolge nella placida cittadina scozzese di Jupiter, dove nulla di eclatante pare mai accadere, dove la comunità si riunisce ancora periodicamente per prendere decisioni collettive e dove tutti sembrerebbero più interessati a difendere il buon nome del villaggio che a permettergli di essere ricordato per qualcosa di davvero buono.

E così, quando durante una lezione di Miss Murphy, Addie scopre che in passato, proprio a Jupiter, diverse donne sono state pretestuosamente condannate a morte perché ritenute streghe, inizia una determinata battaglia affinché un memoriale cittadino renda loro omaggio e ricordi a tutti gli effetti nefasti e senza tempo a cui possono condurre l’ignoranza e la paura della diversità. Addie si deve però scontrare non solo con il bigottismo che impera in paese ma anche con una insopportabile forma di bullismo e discriminazione in ambito scolastico, perpetrata da una compagna particolarmente ostile, da una classe odiosamente indifferente e da una professoressa abiettamente incapace di fare il suo mestiere.

Umiliata e trattata da inetta da chi dovrebbe saperne piuttosto cogliere bisogni e talenti, Addie trova conforto e supporto in una nuova compagna sensibile e leale e in una famiglia presente e attenta. Il rapporto con sua sorella maggiore Keedie, anche lei autistica e apparentemente più capace e avvezza a dissimulare la sua neurodiversità, costituisce in particolare per Addie un aiuto prezioso per capire che cosa accade dentro e fuori di lei, per conoscere il prezzo di un mascheramento forzato e per trovare il coraggio di portare fino in fondo la sua importante e simbolica battaglia.

Incredibilmente incisivo, Una specie di scintilla è il pluripremiato romanzo d’esordio della giovane scrittrice scozzese Elle McNicoll. La sua forza sta senz’altro in una serie di personaggi indelebili, di fronte ai quali è impossibile mantenere una posizione neutra, e nella capacità di raccontare ciò che la protagonista prova e pensa con chirurgica efficacia e assenza di retorica. L’autrice, che è a sua volta autistica, non ha infatti remore o difficoltà a spazzare via tanti luoghi comuni sulla sindrome che la contraddistingue – luoghi comuni legati, per esempio, all’intelligenza, all’autonomia, all’empatia o alla capacità di costruire legami – mettendo bene in chiaro che ci sono tanti modi di essere neurodivergenti e che tentare di inquadrare in maniera unica e stereotipata tutti coloro che rientrano nello spettro non ha dunque alcun senso. Nel solco di Temple Grandin, che echeggia chiaramente in quel “L’oceano ha bisogno di tutti i tipi di pesci, proprio come il mondo ha bisogno di tutti i tipi di mente” pronunciato da Keedie, Elle McNicoll fa del suo punto di vista interno una chiave efficacissima per offrire una lettura nuova e meno rigida dell’autismo, in cui multisfaccettatura e complessità trovino finalmente il loro posto.

Oltre a raccontare con grande chiarezza e semplicità cosa provano Addie o Keedie in determinate situazioni (per esempio di eccessivo affollamento, rumore o luminosità) e quanto per loro possa essere faticoso mascherare il proprio disagio per rispondere il più possibile alle aspettative dei neurotipici, la sua scrittura schietta ci mette costantemente nella condizione di chiederci come noi stessi ci poniamo di fronte a chi percepisce, registra e affronta la realtà in modo diverso da noi.

In questo modo, a dispetto di tanta comunicazione e letteratura che tende a dipingerla in bianco e nero come una tragedia assoluta o come una superdote tout court, la neurodiversità viene piuttosto dipinta, con una fitta serie di sfumature, come una specie di scintilla.  “Il mio autismo – dice Addie durante un toccante discorso all’assemblea cittadina – non è sempre un superpotere. A volte è problematico. Ma nei giorni in cui sento l’elettricità nelle cose, quando vedo dettagli che altri potrebbero non vedere, mi piace molto.

L’assiduo impegno della casa editrice Uovonero nel promuovere la conoscenza e il rispetto della diversità e nel facilitare processi di inclusione e partecipazione attraverso il potente strumento del libro trova in questa pubblicazione una delle sue manifestazioni più riuscite. Perché non solo Una specie di scintilla è un romanzo bellissimo e forte, ma anche perché prova a raggiungere quanti più lettori possibili grazie a caratteristiche tipografiche di alta leggibilità – con font testme, sbandieratura a destra, spaziatura maggiore – e alla possibilità di godere della storia anche in formato audio. In contemporanea all’uscita del romanzo in formato cartaceo è infatti previsto il rilascio della versione audiolibro, pubblicata dalla casa editrice indipendente Fabler Audio (scaricabile al costo di 13,99 € dal sito della casa editrice): una scelta, questa, che presenta almeno altre due implicazioni interessanti. Da un lato essa riflette anche nella forma l’attenzione di Uovonero alle diverse caratteristiche di bambini e ragazzi e dall’altro essa mette in pratica quello che è già un principio chiave del progetto I libri di Camilla, ossia che l’accessibilità più ampia non deve in alcun modo compromettere la qualità del prodotto e che, per garantire entrambe, spesso può essere necessario e utile mettere insieme le forze e collaborare con altre realtà. Anche questo, in fondo (ma non troppo), significa valorizzare la diversità.

Prima che sia notte

Ci sono libri che, solo a parlarne, si ha paura di sciuparli. Preziosi e densissimi, contengono tante gemme che ci si ritrova disorientati nel tentativo di restituirne a pieno la ricchezza. Prima che sia notte di Silvia Vecchini è proprio uno di quegli scrigni: 128 pagine per un racconto lungo di grande intensità che alterna con sapienza prosa e versi.

Protagonisti sono Emma e Carlo, due fratelli legatissimi. Carlo è sordo e cieco da un occhio ed è principalmente attraverso la LIS che comunica con il mondo esterno, famigliari in primis. Emma, dal canto suo, carica questa lingua di un valore affettivo straordinario: per lei non è solo una possibilità comunicativa tra le molte che sente proprie e che ama sperimentare, ma è la lingua più preziosa, quella che tiene aperte le maggiori possibilità di contatto e condivisione con Carlo e di cui, per questo, sente di non poter proprio fare a meno. Grande è dunque il suo timore quando il residuo visivo di Carlo peggiora, rendendo necessario un ennesimo intervento e tangibile la possibilità che anche la vista, così come già l’udito, venga persa del tutto dal fratello. Ma la forza di Emma è palpabile tra le pagine, così nel viaggio che porta Carlo oltre il mare, nei giorni del suo ricovero e nei mesi che seguono pregni di incertezza, lei gli è accanto. Come gli Hansel e Gretel protagonisti della poesia dell’autrice contenuta in In mezzo alla fiaba (Topipittori, 2015), Carlo ed Emma attraversano letteralmente e metaforicamente la notte, il momento buio per eccellenza, in cui chiunque ha bisogno di fidarsi di qualcuno. Ma chi di loro aiuta l’altro? In una vicinanza che dona sostegno a entrambi, si scopre una reciprocità tanto inattesa quanto commuovente. E intanto la vita intorno ai due ragazzi non si ferma: c’è la scuola, con enormi lacune e insperate sorprese come quella legata all’arrivo di un Maestro con la M maiuscola, ci sono le passioni, ci sono gli amici, ci sono gli amori.

Ecco allora che il cuore del libro si svela poco a poco ma in maniera evidente: per quanto abbia un ruolo narrativo di primissimo piano, non è la disabilità di Carlo ad essere al centro del racconto. Sono le emozioni, piuttosto, a condurre le danze, a dominare la scena e a tratteggiare il vero tema del romanzo. La paura, il senso di impotenza, la speranza, la rabbia, la gioia, il conforto: messi a nudo e a fuoco, questi risuonano profondissimi nel lettore, che si trova così a sperimentare una grande empatia verso i personaggi che si muovono tra le pagine. Carlo ed Emma esistono davvero, la loro è una storia reale che l’autrice conosce bene e racconta da vicino – questo si avverte con chiarezza man mano che la lettura avanza – ma è soprattutto la capacità di Silvia Vecchini di coglierne e restituirne gli aspetti più vicini a tutti noi, a renderla così vera e palpitante.

Insegnamenti e moniti sulla disabilità e su come comportarsi di fronte ad essa sono qui del tutto assenti (evviva!) e questa scelta, tanto apprezzabile quanto rara nel panorama della letteratura per ragazzi che alla disabilità dona spazio, amplifica la capacità del romanzo di risuonare autentico e forte dentro il lettore. Le parole misurate dell’autrice preferiscono in questo senso lasciare spazio a sentimenti riconoscibili da ciascuno, smuovendo pensieri individuali rispetto a tanti temi importanti, uno su tutti quello del bisogno innato e fortissimo di comunicare. Emma e Carlo trovano i loro modi per farlo, alcuni più codificati come la LIS altri più intimi e personali come i messaggi scritti a macchina ma senza inchiostro: ciascuno ha il suo ruolo e richiede un diverso grado di coinvolgimento e intenzionalità per essere colto.

Emma, poi, scova una lingua tutta sua per esprimere ciò che ha dentro, una lingua che la stessa Silvia Vecchini frequenta assiduamente e definisce una lingua sorella della LIS: è la poesia. Densa e potente, questa è per la protagonista come un modo di mettere la testa sott’acqua e guardare sotto la superficie. È una strada per dire l’indicibile – che nella disabilità, non a caso, trova ampio spazio – consentendo di pescarlo dal profondo, districarlo e tradurlo. Con i versi i pensieri assumono un nuovo ritmo e un nuovo punto di vista.

La storia, perlopiù narrata dall’esterno, assume infatti lo sguardo di Emma quando il racconto si fa poesia. Anche il font cambia in contemporanea, restituendo così all’occhio quello scarto narrativo che la mente e la pancia percepiscono altrimenti. Secondo un analogo principio di mutevolezza, quando il rischio di cecità totale si fa concreto per Carlo ossia nel momento più buio della storia, il libro sostituisce le pagine bianche a scritte nere con pagine nere a scritte bianche: una trasformazione grafica che corre in parallelo a quella emotiva e fisica, con un effetto tutt’altro che trascurabile sul lettore.

Da qualunque lato lo si guardi, insomma, Prima che sia notte rivela una preziosa cura compositiva, che investe tanto la forma quanto il contenuto e che lo rende un piccolo gioiellino. Quanto bisogno c’è, per i ragazzi e per gli adulti, di libri così: libri che sono insieme un balsamo e una scossa per l’animo, che aprono spiragli e talvolta vere e proprie finestre su realtà che spesso scorgiamo solo da lontano e che invece, attraverso le parole giuste, possiamo riconoscere, dire e sentire un poco nostri.

Sgrunt!

Non è facile, dopo una vita di scorribande in mezzo al mare, adattarsi alla tranquilla quotidianità di un paesino come Monte Quiete: 37 cani, 54 gatti e 345 anime. Così il burbero Sgrunt, pirata coraggioso, affronta con una certa insofferenza le giornate tutte uguali, tra case tutte uguali, nella placida cittadina in cui si è ritirato dopo la pensione. L’unico abitante che pare non spazientirlo è Giustino, un bambino smilzo e amante della matematica, che con un pirata come Sgrunt parrebbe aver poco a che vedere. E invece tra i due si instaura un’inattesa amicizia, fatta di molti silenzi e qualche avventura. Così, Giustino, che in compagnia di Sgrunt diventa nientepopodimeno che Cuordipatata, si trova ad assistere a un duello tra il suo pirata preferito e il cowboy Peldiferro o ad affrontare la ciurma di bulli che gli bloccano quotidianamente la strada. Perché in fondo un animo da pirata può nascondersi anche nel più insospettabile dei mingherlini!

Estremamente accattivante nelle illustrazioni, dallo stile fumettistico e tutte giocate sui toni del blu e dell’arancio, Sgrunt! si fa leggere con gusto anche grazie a una storia che mescola ironia e avventura e a una composizione grafica e tipografica di più agevole lettura anche per bambini che frequentano poco i libri o che faticano di fronte a testi tradizionali. Il libro di Daniele Movarelli e Alice Coppini, che rientra tra le graphic novel di Sinnos destinate ai giovanissimi – diciamo dai sei anni in su –  unisce infatti in maniera molto efficace caratteristiche di alta leggibilità (font specifica, sbandieratura a destra, carta opaca, spaziatura maggiore), uso combinato di maiuscolo e minuscolo – l’uno per le parti dialogiche e l’altro per le parti narrative -, illustrazioni a ogni pagina e determinanti nel dipanare la storia. Come gli altri titoli della collana, Sgrunt! presenta inoltre una struttura ibrida, in cui fumetto e racconti di intrecciano per fare della lettura un’esperienza dinamica e accogliente, in cui il testo non si presenta come un ostico blocco all’apparenza inespugnabile.

Gli amici del bosco

Con l’arrivo dell’estate gli animali del bosco si risvegliano dal letargo, si ritrovano e ricominciano come ogni anno a fantasticare circa la possibilità di attraversare agevolmente il fiume per godersi i frutti dell’altra sponda. Un giorno la lumachina Luna mette a punto un progetto per costruire un ponte e tutti, nel bosco, si danno da fare per realizzarlo. Tutti tranne lo scoiattolo Paolino, a dire il vero, che accampa scuse di ogni sorta per sottrarsi al lavoro. Il motivo della sua reticenza sarà svelato solo alla fine del racconto, quando in seguito all’incendio del ponte causato dalla banda di Billi il bullo, Paolino scoprirà a beneficio di tutti il valore della condivisione.

Un po’ acerbo nei contenuti e artigianale nella composizione, Gli amici del bosco è un libro con testo in nero e in Braille e illustrazioni visuali con inserti tattili. Il suo aspetto nel complesso non del tutto convincente contrasta in maniera evidente con l’enorme impegno profuso dalla casa editrice nel trovare soluzioni nuove e funzionale per rendere il più possibile accessibile i propri prodotti. Qui, per esempio, i materiali scelti per le illustrazioni tattili sono semplici ma perlopiù efficaci nel consentire al lettore non vedente di riconoscere oggetti e personaggi rappresentati. Apprezzabili sono, inoltre, la scelta di creare illustrazioni tattili completamente staccabili e quindi esplorabili a 360° e di rendere tattilmente solo alcuni elementi delle immagini, così da non rendere l’esplorazione al tatto eccessivamente complessa e confusiva.

La mossa del coccodrillo

Per leggere La mossa del coccodrillo servono un occhio fino, una grande attenzione e una certa predisposizione a non lasciarsi sfuggire alcun dettaglio in un quadro che ne è pieno zeppo. Il libro racconta infatti un piccolo giallo, con tanto di furto di diademi, indagini e inseguimenti, ambientato durante una festa in cui compare un numero altissimo di bizzarri e divertenti personaggi. Dentro, fuori, intorno e sopra la magione in cui la festa si svolge si muovono e interagiscono nobili e bambini, servitori, aviatori e detective in incognito, cani di ogni taglia e non di meno coccodrilli. Accuratamente introdotti e descritti in apertura, in quella che non è affatto solo una forma di orientamento per il lettore ma è parte integrante e gustosa del racconto, i personaggi danno vita a una storia dinamicissima e surreale che tiene inevitabilmente desto il lettore.

Sta a lui, infatti, attribuire gli sparuti dialoghi che compaiono qua e là sulla pagina alle figure che fanno capolino sulla scena. E non sempre, questa, è operazione semplice. Per comprendere e seguire davvero ciò che accade in ogni quadro e come si sviluppa la faccenda narrata occorre prestare attenzione agli indizi che l’autore fornisce nella descrizione dei personaggi e che dissemina all’interno delle illustrazioni. Sono queste, infatti, a parlare più dei dialoghi, offrendo un interessante terreno di sfida e appagamento a chi normalmente trova difficoltà nel testo ma manifesta una certa dimestichezza nella lettura visiva.

Federico Appel, che a questo libro ha dato forma nei testi e nelle immagini, è un autore versatilissimo e creativo che non ha paura di sperimentare forme narrative sorprendenti e poco o per nulla sondate. Lo avevamo appurato in La grande rapina al treno, sempre targato Sinnos, in cui la narrazione procedeva per soli dialoghi al seguito di immagini dal piglio cinematografico; e lo riscopriamo ora, ne La mossa del coccodrillo, dove nuovamente il testo si compone di soli dialoghi ma in cui il racconto assume i tratti di un insolito fumetto senza divisione in vignette.

Questo approccio fortemente visivo alla narrazione, unito alla scelta di sfruttare testi davvero minimi e di impiegare font, impaginazioni e spaziature ad alta leggibilità, rendono La mossa del coccodrillo una proposta editoriale originale e stimolante, forse non immediata da padroneggiare ma senz’altro dalle potenzialità interessanti nell’ottica di coinvolgere anche i lettori meno a loro agio di fronte a forme narrative più convenzionali.

Stelle sul comodino

È difficile che il fascino delle stelle cadenti lasci qualcuno indifferente. Così, anche Tommaso, bambino curioso e avvezzo a porsi e a porre ai grandi molte domande, vive la notte delle stelle cadenti con grande interesse e un po’ di impazienza. Dove cadono esattamente le stelle? E soprattutto, quanto bisogna aspettare per vederne una? Con un po’ di attesa, qualcosa di straordinario accade infine sotto gli occhi di Tommaso, trasformando un suo piccolo desiderio in una magica realtà.

Sospeso sul filo del fantastico, Stelle sul comodino propone una storia semplice ma non priva di un pizzico di sorpresa. Il racconto procede lineare, con prevalenza di frasi brevi o coordinate, e parole di uso quotidiano. Le illustrazioni, dal canto loro sono minimali e perlopiù in bianco e nero, non particolarmente accattivanti ma con un’attenzione specifica a mettere in evidenza le emozioni del protagonista.

Sul fronte della simbolizzazione, Stelle sul comodino segue lo specifico modello inbook, supervisionato dall’omonimo Centro studi, con l’uso di icone in bianco e nero, la scrittura in simboli dei singoli elementi della frase e l’unione all’interno del riquadro di elemento simbolico ed elemento alfabetico.

Alla scoperta della fattoria

Alla scoperta della fattoria è un libro in simboli firmato Homeless Book che come alcuni volumi precedenti della stessa casa editrice – Cosa vede Don Q e Gatto e topo in società, per esempio – sfrutta efficacemente il meccanismo ludico delle alette.

Il titolo non fa mistero di ciò che il lettore potrà trovare tra le pagine: una piacevole gita tra gli animali a due e a quattro zampe che vivono in campagna. Ogni doppia pagina invita il lettore a esplorare uno specifico ambiente della fattoria – dalla cuccia al recinto, dallo stagno alla stalla e via dicendo – provando a indovinare di chi possa essere la casa. Il libro non prevede dunque una vera e propria storia ma piuttosto una carrellata di dimore e personaggi che, una volta individuati, compiono una piccola azione o pronunciano una brevissima frase.

Così come il testo è sempre diviso in due paragrafi – uno dedicato a descrivere l’ambiente e a stimolare le ipotesi sul suo abitante, l’altro contenente la soluzione del quesito – anche le illustrazioni si sviluppano in due fasi – una che mostra l’ambiente e un minimo dettaglio del suo abitante, l’altra che rivela completamente l’identità di quest’ultimo, all’aprirsi di un’aletta.

Questa particolare struttura crea un equilibrio funzionale tra prevedibilità e sorpresa, soddisfacendo il bisogno di trovare sulla pagina dei punti di riferimento ma anche quello, spesso trascurato nei libri in simboli, di sperimentare soddisfazione e coinvolgimento pieno da parte del lettore. Allo stesso modo questa costruzione narrativa dinamizza un racconto che altrimenti potrebbe risultare piatto e sollecita nel bambino la capacità di scovare indizi e formulare ipotesi.

Il testo – lineare nella sintassi, quotidiano nel lessico, maiuscolo nella grafica – risulta agevole da seguire ma non eccessivamente ripetitivo. Supportato visivamente da simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) riquadrati e disposti sulla pagina in modo da seguire l’andamento della frase, questi va a braccetto con le illustrazioni fresche e sorridenti di Piki che si diverte a nascondere in ogni tavola un piccolo topolino: un’occasione in più per il lettore di conoscere il libro anche come oggetto con cui si può giocare.

Pasqualino e l’operazione “Mani pulite”

Pasqualino e l’operazione “Mani pulite” è una storia in simboli e in rima dal chiaro fine didattico: insegnare ai bambini l’importanza di curare con costanza e attenzione l’igiene delle mani.

Protagonista è un bambino amante della pittura che scorda sempre di lavarsi le mani dopo aver usato i colori e per questo si ritrova puntualmente a leggere, mangiare, giocare e andare a letto con le dita sporche. Le conseguenze – pupazzi insozzati, libri macchiati e soprattutto pancia dolorante – non sono ahilui piacevoli ma finiscono per insegnargli efficacemente quanto possa essere utile ricordarsi di aprire il rubinetto.

Orientato non tanto al piacere della lettura fine a se stesso ma piuttosto alla veicolazione di un preciso messaggio educativo, Pasqualino e l’operazione “Mani pulite” può essere utile, soprattutto in tempi di pandemia come questi, per aiutare i bambini con difficoltà comunicative a familiarizzare con un’operazione quotidiana fondamentale come il lavaggio delle mani. Il testo propone rime non particolarmente ricercate che condizionano in parte la scelta del lessico e la struttura sintattica delle frasi. I simboli impiegati nel rafforzamento visivo del testo sono i WLS (Widgit Literacy Symbols), completi di qualificatori per il plurale. Tutti gli elementi del testo sono individualmente simbolizzati, rendendo la lettura particolarmente adatta a bambini con una pregressa esperienza con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Doppio passo

La storia del riscatto femminile e dei diritti delle donne è popolata da moltissime figure sportive emblematiche. Con Controcorrente (2017) e Annie. Il vento in tasca (2019), Sinnos ce ne aveva già fatte conoscere due di grande valore ed esempio – la nuotatrice Gertrude Ederle e la ciclista Annie Cohen Kopchovsky – protagoniste di due graphic novel avvincenti firmate da Alice Keller e Veronica Truttero. La stessa coppia autoriale rispolvera ora, con la stessa efficace modalità narrativa, una terza vicenda di sport e femminismo che merita di essere conosciuta, dando vita al racconto a fumetti Doppio passo.

Protagonista è, in questo caso, Lilian Parr, calciatrice inglese di inizio secolo scorso. La sua è una storia di talento e di amore per una disciplina sportiva, coltivati tra i cortili di St. Helens, cittadina industriale del Merseyside. Attiva in squadre femminili fin da giovanissima, Lilian Parr inizia una carriera da professionista e diventa una vera capocannoniera dopo essere stata notata da un osservatore calcistico. I suoi successi contribuiscono ad attirare attenzione e interesse per le prestazioni femminili sul campo, scatenando i timori dell’ala più conservatrice di questo sport. Ecco allora che a lei e alle sue colleghe viene vietato dalla Federazione di giocare nei propri impianti: un ostacolo che non ferma, tuttavia, la determinazione di chi come Lilian riconosce nello sport un diritto e un’impareggiabile occasione di autodeterminazione.

Con il garbo e la capacità di coinvolgimento a cui ci ha abituati nel tempo, Alice Keller decide di raccontare la storia di Lilian, concentrandosi non tanto sulla sua carriera, quanto piuttosto sul periodo che l’ha preceduta: quello in cui, essendo lei ragazzina, il lettore può più facilmente trovare interesse, agganci e rispecchiamenti.  Nel farlo, l’autrice introduce un personaggio fittizio – Martin Kell – che del racconto è voce narrante e di Lilian coetaneo. Costretto ogni domenica dai suoi fratelli a giocare a calcio contro i ragazzi del cortile a fianco, Martin cerca ogni volta di svicolare, mal disposto e del tutto privo di interesse com’è verso dribbling, parate e tutto il resto. Martin incontra, però, un giorno un ragazzino che gli assomiglia straordinariamente nell’aspetto e che con il pallone tra i piedi sembra fare magie. Poco importa se quel ragazzino di nome fa Lily ed è, in realtà, una ragazzina: Martin le cede subito in segreto la sua maglia e si gode di nascosto le partite domenicali da spettatore. Non passerà molto tempo però, prima che l’identità della sostituta venga a galla, tra lo stupore di tutti, dando inizio a una delle carriere calcistiche femminili più straordinarie di tutti i tempi.

Il racconto avvincente e vivace di Alice Keller si combina con le illustrazioni dai toni vintage e dal tratto delicato di Veronica Truttero, che immergono il lettore in un’atmosfera sfumata, in cui si respira la lontananza storica ma non si perde mai di vista l’attualità della storia. La forma narrativa che ne nasce mescola fumetto e racconto illustrato secondo una formula vincente che incoraggia e sostiene anche i lettori meno forti. La pagina risulta infatti ricca di figure e poco affollata di parole, oltre che dinamica, variegata nella grafica e accattivante. I testi, dal canto loro, appaiono essenziali e poco prolissi, ma curatissimi nella composizione oltre che stampati con font ad alta leggibilità leggimigraphic: scelte, queste, che rendono bene l’idea di cosa significhi promuovere il diritto alla lettura di qualità per tutti i bambini e i ragazzi.

La musica di Ettore

Mica facile fare musica con quattro zampone da elefante: parola di Ettore! Trombe, fisarmoniche, arpe e xilofoni mal si accordano, infatti, con le movenze maldestre tipiche di un pachiderma e così, malgrado il suo amore spassionato per le melodie, l’elefantino Ettore si trova costretto ad assistere ai concerti della giungla invece che prendervi attivamente parte. Sarà una giornata iniziata col piede sbagliato a tirar fuori un suo inaspettato talento, che con lo strumento giusto diventa musica per le orecchie di tutti!

Semplice nella trama così come nel messaggio, La musica di Ettore è un albo scritto e illustrato dall’autrice polacca Monika Filipina. Si caratterizza per un testo minimo e lineare che lascia ampissimo spazio narrativo alle immagini. Sgargianti, movimentate, ricche di dettagli e dal tratto ironico, queste sono le vere protagoniste del libro e conducono il lettore per mano alla scoperta della storia: un aspetto, questo, che ben si sposa con gli accorgimenti di alta leggibilità – font EasyReading, spaziatura maggiore, testo non giustificato – messi in campo da Camelozampa per la stampa del volume. La sinergia tra leggibilità del segno grafico e facilità di accesso al testo è infatti determinante nello stimolare un approccio alla lettura il più possibile amichevole, accogliente e stimolante anche nei confronti di bambini con dislessia.

Se chiudi gli occhi

Terre di Mezzo porta in Italia un albo di origine spagnola che spicca per delicatezza e intelligenza in mezzo ai diversi volumi che negli anni hanno dedicato attenzione alla cecità e alla differente percezione del mondo che ne deriva. L’albo si intitola Se chiudi gli occhi ed è scritto e illustrato da Victoria Pérez Escrivà e Claudia Ranucci.

Protagonisti sono due fratellini che si confrontano – o discutono per meglio dire – rispetto a cosa siano e a che aspetto abbiano diversi oggetti che conoscono: un albero, un serpente, una lampadina, la notte e via dicendo. Di nessuno di questi oggetti le loro descrizioni combaciano: il primo fratello ne riporta infatti l’aspetto visivo più immediato mentre l’altro restituisce qualità che prescindono dalla vista, lasciandoci intuire che il suo modo di percepire e rappresentare le cose possa essere differente. Se ne ha conferma alla fine, quando l’invito della mamma a chiudere gli occhi, spalanca anche per il fratello vedente la possibilità di scoprire, conoscere e dire il mondo in una maniera del tutto nuova. Impossibile, a quel punto, anche per chi legge, resistere alla tentazione di guardarsi intorno e poi provare a reinterpretare la realtà lasciandosi guidare da orecchie, naso, mani ed emozioni.

Due, in particolare, sono i meriti di questo libro apparentemente così semplice. In primo luogo il rispetto delle diverse realtà percettive dei due personaggi: tra le pagine di Se chiudi gli occhi non si trova, cioè, la rincorsa spesso forzata a rappresentazioni di cose certo molto poetiche ma anche molto distanti e poco pregnanti per un bambino non vedente, come possono essere per esempio i colori. Al contrario, le autrici dedicano una precisa attenzione a cose che concretamente abitano la vita dei due bambini: alberi, animali, persone, oggetti domestici. In secondo luogo, il libro intreccia parole e figure in maniera davvero efficace: se le prime sono minime, essenziali e dirette, le seconde risultano evocative e capaci di mescolare i due diversi punti di vista considerati. Così l’albero guadagna una chioma d’uccello, dalla pipa del papà esce un fumo di baci e la superficie della luna si anima di grilli: la pagina si fa, cioè, incontro e dialogo tra letture diverse del mondo, alle quali vengono riconosciute pari dignità, verità e fascino.

Domino i verbi con i simboli

L’incursione di Uovonero sui terreni della sperimentazione ludica non è né nuova né rara. Iniziata agli albori della casa editrice, con il gioco cooperativo Kikkerville, proseguita con l’Acchiappaidee di Fabrizio Silei poco più di un anno fa, si consolida ora con un nuovo cofanetto che intreccia lettura, gioco e apprendimento in maniera innovativa e intrigante. Il cofanetto si compone, in particolare, di un libro e di un domino, entrambi contraddistinti dall’uso dei simboli PCS.

Il libro dedica ogni doppia pagina a un’azione quotidiana (leggere, farsi la doccia, pettinarsi, giocare insieme o da soli…): a destra campeggia una chiara immagine che ne illustra il significato; a sinistra vengono riportati il simbolo e la parola ad essa corrispondenti, seguiti da una micro-storia di due sole frasi in simboli, in cui l’azione è protagonista. Le stesse illustrazioni e gli stessi simboli figurano anche sulle carte del domino, associati però in maniera casuale. Al giocatore viene dunque chiesto di affiancare le tessere in modo che simbolo e illustrazione correlati si trovino vicini, fino a formare una lunga catena di azioni.

Come è facile intuire, il libro e il domino operano in sintonia, aiutando i giovani lettori con difficoltà comunicative o alle prese con le prime esperienze di lettura a familiarizzare con il significato e l’uso dei diversi verbi. Dominare questi ultimi, come l’ingegnoso titolo del gioco suggerisce, significa infatti compiere il primo importante passo per padroneggiare l’insieme della frase e i suoi specifici meccanismi. In questo senso la scelta d’uso dei simboli più immediati e trasparenti tra quelli disponibili e maggiormente diffusi nell’ambito della Comunicazione Aumentativa e Alternativa – ossia i PCS (Picture Communication Symbols) – risponde bene all’intento di rendere libro e gioco davvero intuitivi e dunque fruibili. A rafforzare l’efficacia e la trasversalità del cofanetto concorrono, poi, in maniera determinante le attraenti illustrazioni di Antonietta Manca realizzate con la plastilina. Sgargianti e leggere, queste sanno unire chiarezza e originalità, accendendo in maniera ben riuscita il connubio tra apprendimento e piacere estetico.

Dall’idea progettuale insolita alle illustrazioni vincenti, dalla grafica pulita al packaging solido, dalla scelta mirata dei verbi e dei simboli al formato maneggevole delle carte, ogni aspetto di Domino i verbi con i simboli parla di cura: proprio quella che fa di questo prodotto dalla natura ibrida un ottimo strumento didattico, un efficace supporto alla comunicazione e, al contempo, un accattivante gioco per la famiglia.

Caro signor F.

Elvira e Concetta sono due amiche che vivono insieme sul cucuzzolo di una montagna. Molto diverse tra loro – sedentaria, golosa e amante della scrittura la prima; avventurosa, smilza e appassionata di navi la seconda – le due trascorrono le giornate con una certa placida ritualità. Su quel cucuzzolo, in effetti, non succede mai nulla. Un giorno però dei rumori sospetti le mettono in allarme, costringendole a fantomatiche ipotesi su cosa possa averli generati, a qualche accusa reciproca e infine a rocambolesche indagini. Verrà fuori che il responsabile è un misterioso signor F., che frattanto manda lettere ad amici, parenti e ditte di trasloco, per informarli del suo felice trasferimento in montagna.

A suon di equivoci e soluzioni di emergenza per liberarsi dell’inquilino abusivo, Elvira e Concetta finiscono per scoprire che un intruso a quattro zampe può essere estremamente amichevole e che, grazie al trambusto generato dalla sua presenza, si può persino pensare a una ristrutturazione, non tanto della casa quanto piuttosto della propria vita!

Scritto e illustrato dal collaudato duo Alice Keller e Veronica Truttero, Caro signor F. è un racconto delizioso che scorre piacevole, fa sorridere e che mette in scena un piccolo protagonista a cui è difficile non affezionarsi. Stampato con alcune caratteristiche di alta leggibilità, come il font EasyReading, la sbandieratura a destra e la spaziatura maggiore tra le lettere, le righe e le parole, il libro presenta frequenti illustrazioni a matita che consolidano il tono tenero e buffo del racconto.

 

Golfo

Quando nasce Andy, suo fratello Tom è così felice da sentire di non aver più bisogno del suo inseparabile amico immaginario Figgis e così, da quel momento, Figgis diventa il nomignolo con cui Tom chiama affettuosamente Andy. Molto legato e protettivo nei confronti del piccolo, Tom si gode fino all’adolescenza la tranquillità di una vita normalissima in una normalissima famiglia inglese. La mamma – accudente, attiva e impegnata nel sociale – e il papà – ammirato imprenditore e giocatore di rugby – si spendono molto per crescere i figli in maniera serena. Ma, c’è un ma. Capita infatti di tanto in tanto che Figgis complichi la quotidianità familiare con quelle che tutti chiamano “le sue fisse”: momenti in cui si immedesima così tanto nei protagonisti di notizie sentite in tv o lette sul giornale, da non riuscire a far altro che pensarvi per giorni e giorni. Questione di empatia, un’empatia fortissima e del tutto fuori dal comune. Nella maggior parte dei casi le fisse portano un forte disagio in Figgis e un grande scompiglio in famiglia ma si risolvono abbastanza rapidamente. Purtroppo lo stesso non si può dire dell’ultima, sorta con l’inizio della guerra del Golfo. All’improvviso e sempre più spesso Figgis inizia ad assentarsi mentalmente pur senza muoversi da casa, a vivere la notte in una sorta di trance, a parlare arabo, a comportarsi in modo strano e a pronunciare con insistenza il nome di un certo Latif. Ricoverato in una clinica specializzata, Figgis finisce per non riconoscere più i suoi familiari, assorbendo a tal punto il dolore e la paura di un giovane soldato iracheno da vivere nei suoi panni 24 ore al giorno. Insieme al lungimirante direttore della clinica sarà proprio Tom, mai rassegnato, a intuire cosa stia davvero capitando nella testa del fratello e a stargli testardamente accanto fino a che questi non riesce, nel bene e nel male, a liberarsi dal suo incubo.

Intenso e coinvolgente, Golfo è un romanzo breve dal grande spessore narrativo. Scritto nel 1992, dedica attenzione a una guerra lontana nello spazio e nel tempo come quella del Golfo, ma la racconta in una maniera tale da farla suonare familiare anche a chi può essere nato una ventina di anni più tardi. Perché ben più di Saddam Hussein e degli attacchi in Iraq, al centro di questa storia coraggiosa e densa c’è il nostro modo di porci di fronte a notizie terribili. Quanto riusciamo a lasciarci toccare? Quanto ci sentiamo davvero implicati? E quanto riteniamo giusto attivarci per non lasciarci semplicemente scivolare addosso gli avvenimenti del nostro tempo? Robert Westall porta queste domande a ronzare insistentemente nella testa del lettore, senza fornire mai una semplicistica risposta. Sta a ciascuno di noi, in qualche modo, capire in che maniera e in che misura un po’ di Figgis possa dimorare dentro di sé.

Imperdibile per offrire una lettura forte e non scontata a ragazzi dai 12 anni in su, Golfo viene proposto da Camelozampa in una snella e maneggevole edizioni tascabile che mette in campo alcuni accorgimenti di alta leggibilità quali il font EasyReading, la spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe e la sbandieratura a destra.

 

Le catastrofi del giorno

Non è facile affrontare le giornate quando i pericoli – dall’inquinamento agli incidenti aerei, dai malintenzionati ai cibi poco sani – sembrano nascondersi minacciosamente dappertutto e diventano un chiodo fisso. Così è per la dodicenne Majken che, con fare più vicino a quello di un’anziana che non a quello di una ragazzina, formula pensieri molto maturi e nient’affatto privi di allarmismo. Nella sua vita non c’è spazio – sembrerebbe – per frivolezze preadolescenziali, amicizie del cuore e pomeriggi spensierati: tutte cose che poco le interessano e che giudica per di più sciocche. Questo suo modo di porsi di fronte al mondo, che agli occhi del lettore e dei coetanei oscilla tra lo strambo e l’assillante, preoccupa non poco la madre, con la quale Majken vive sola e che un giorno, per convincerla a uscire, a distrarsi e a socializzare, le regala un cagnolino di cui occuparsi. È un cane bruttarello e indisciplinato, Blunder, ma il suo arrivo segnerà una svolta nella vita della ragazzina, consentendole di fare incontri preziosi e di incrinare la solida gabbia emotiva dentro la quale si è da tempo rinchiusa.

Con una narrazione che, seguendo il filo dei pensieri di Majken, dipinge il mondo con un filtro diverso da quello comune, Cilla Jackert ci fa affezionare, spesso scuotere la testa, talvolta chiedere “ma come ti viene in mente?” di fronte a una protagonista tanto bizzarra. Fino all’ultimo capitolo, dove un finale liberatorio, tanto per Majken quanto per chi legge, ci conduce nel passato della ragazzina, offrendoci uno spiraglio di comprensione ed empatia per quella sua interiorità tanto tormentata. Senza alcuna pretesa né attitudine prescrittiva, la storia di Majken ci illumina su cosa possano portare con sé un lutto e il dolore che ne consegue e su quanto valga la pena interrogarsi su ciò che si nasconde dietro un atteggiamento strano o persino respingente.

In Le catastrofi del giorno si ritrova e si riconosce il piglio schietto e a tratti cinico dell’autrice e la sua radicata familiarità con la città di Stoccolma, di cui pare di percorrere strade e quartieri, percepire odori e rumori, respirare la cultura, proprio come accadeva in Ci si vede all’Obse, altro bel romanzo di Cilla Jackert pubblicato nel 2018 da Camelozampa. Anche qui la stampa presenta font EasyReading e spaziatura maggiore che rafforzano la leggibilità del libro anche da parte di ragazzi con dislessia. Una più ariosa distribuzione del testo, per esempio con paragrafi distanziati e pagine meno piene, potrebbe consolidare ulteriormente l’accessibilità del volume.

La principessa sul pisello

L’ultima fiaba in simboli PCS pubblicata da Uovonero – Il brutto anatroccolo – risaliva al 2017 e i Pesci parlanti, con il loro formato inconfondibile e il loro equilibrio tra accessibilità del testo e ricchezza iconografica, iniziavano un po’ a mancarci. Detto fatto, il 2021 si apre con La principessa sul pisello: un nuovo titolo fiabesco curato nell’adattamento testuale da Enza Crivelli e nelle illustrazioni da Francesca Corso.

Forse meno nota delle fiabe precedentemente simbolizzate, La principessa sul pisello racconta di un principe che va in cerca di una sposa, girando il mondo in lungo e in largo e incontrando numerosissime ragazze. La sua ricerca appare, però, infruttuosa e il principe si trova costretto a tornare a casa in solitaria. Un giorno si presenta al castello una giovane fanciulla che chiede ospitalità e dichiara di essere una principessa. Le sue origini reali vengono allora messe alla prova con un fine stratagemma: un minuscolo pisello collocato sotto una pila di venti materassi, offerti come giaciglio alla ragazza. Il fastidio percepito da quest’ultima durante la notte, nonostante il notevole spessore dei materassi, convince il re e la regina che di una vera principessa si tratti, spalancando le porte al più classico dei lieti finali.

Asciugata fino al midollo, tanto da prendere avvio senza alcun preambolo e da svilupparsi in 14 doppie pagine con al massimo tre brevi frasi ciascuna, questa versione de La principessa sul pisello si propone di venire incontro alle esigenze di quei giovani lettori per i quali intrecci e strutture sintattiche troppo articolati possono costituire un grosso ostacolo. Lineari, mai più lunghe di una riga, basate su parole di facile comprensione e supportate visivamente da simboli trasparenti come i PCS (Picture Communication Symbols), le frasi che compongono La principessa sul pisello si prestano con cura a essere seguite e comprese anche da bambini con difficoltà comunicative e linguistiche o apprezzate da bambini in età prescolare.

All’estrema semplicità del testo, che appare per certi versi quasi austero, fanno da contraltare una struttura narrativa ricorsiva che crea un ritmo ammaliante e delle illustrazioni che fanno letteralmente viaggiare con la fantasia. Lo stile delicato ed evanescente di Francesca Corso crea infatti un’atmosfera sospesa, punteggiata di dettagli suggestivi – due su tutti le nuvole che compongono una sorta di mappa mentre il principe gira per il mondo e il baldacchino del letto che richiama la pianta di piselli – e capace di contaminare l’atemporalità tipica delle fiabe con una certa felice contemporaneità. I ritratti delle giovani donne incontrate dal principe a nord, a est, a sud e a ovest del mondo, oltre che molto evocativi, richiamano per esempio alla mente fotografie moderne e immaginari stratificati arricchitisi nel corso dei secoli.

Completa il tutto il consueto e apprezzabile formato Sfogliafacile, brevettato dalla stessa casa editrice e caratteristico della collana I pesci parlanti, che grazie all’irregolarità della forma delle pagine consente anche a bambini con difficoltà di motricità fine di avanzare fisicamente nella lettura con maggiore autonomia.

I tre funerali del mio cane

A scrivere con ironia e garbo una storia che pone al centro un lutto, mica son tutti buoni. Guillaume Guéraud però lo è: il suo I tre funerali del mio cane è infatti un delizioso racconto in cui la morte di una creatura cara, come può essere un animale domestico, diventa il fulcro narrativo intorno a cui orbitano dialoghi autentici, piccole disavventure di cui sorridere e un’ampia gamma di sentimenti veri: il tutto senza quasi spostarsi dal giardino di casa dove il protagonista, sua sorella e i suoi amici decidono di seppellire il povero Babino, dopo che è stato malauguratamente investito da un’auto.

Alla serietà delle intenzioni e delle emozioni dei giovani personaggii fanno da contraltare una serie di piccoli imprevisti logistici e la spontaneità con cui Babino viene affettuosamente ricordato. Il racconto mescola così, senza soluzione di continuità, aneddoti buffi e schietta tenerezza. E alla morte, lungi da essere un tema su cui dissertare, viene restituito il ruolo di cosa della vita con cui prendere le misure tra una partita di calcio, uno scherzo tra amici e una corsa in un prato di tulipani.

Divertente e delicato, I tre funerali del mio cane è proposto da Biancoenero all’interno della bella collana Maxizoom dedicata a giovani lettori a cavallo tra la scuola primaria e la scuola media. Come gli altri volumi della collana, il libro vanta dunque un’impaginazione ariosa, una spaziatura maggiore, un font ad alta leggibilità e una stampa su carta color crema che ne agevolano l’accesso anche a bambini con dislessia. A tale scopo concorrono inoltre in misura non meno significativa anche scelte sintattiche e lessicali orientate alla linearità, oltre che una storia coinvolgente che sa parlare la lingua dei bambini.

Broncio e Coda

libro Quando desideri un animale da compagnia ma cani e gatti, per i tuoi genitori, sono fuori discussione, i pesci rossi possono essere un ottimo ripiego! È così che Broncio e Coda – muso lungo il primo, coda appariscente il secondo – entrano a far parte della famiglia di Teresa il giorno del suo compleanno.

Sistemati nella loro vaschetta nuova di zecca, i due pesci diventano presto degli insostituibili confidenti per la protagonista che, incuriosita dalle loro qualità e abitudini, ne trae sovente sagge lezioni di vita. Perché i pesci come Broncio e Coda saranno pure muti come si usa dire ma possono insegnarci molte cose: che addomesticare animali e persone non è affar scontato, per esempio, o che ci si può sentire soli anche quando si vive vicino a qualcuno. Come una sorta di filtro silenzioso attraverso il quale Teresa osserva le piccole e grandi cose della sua quotidianità, Broncio e Coda diventano parte integrante di una famiglia in cui nessuno resta del tutto immune al fascino dei pinnati e in cui le relazioni, soprattutto tra fratelli, si nutrono di piccoli screzi e rappacificamenti.

Proprio quelle relazioni, in cui – pesci rossi o no – non sarà difficile per il lettore riconoscersi, sono al centro del libro di Silvia Nalon, con le briose illustrazioni di Martina Motzo.

Più ricco di pensieri che di peripezie, Broncio e coda offre un’occasione di lettura quieta e piacevole in cui immergersi. Inserito nella collana leggimi di Sinnos, il libro presenta inoltre tutte le caratteristiche di alta leggibilità che agevolano la lettura anche in caso di dislessia.

L’incredibile corsa dello sciroppo

Quella formata da Alex Cousseau e Charles Dutertre è una coppia collaudata da cui ci si aspetta frizzi, lazzi e magnifiche sorprese letterarie. Già creatori di quell’irresistibile personaggio che è Lucilla Scintilla, i due autori francesi tornano in libreria, sempre per Sinnos, con un volume ad alta leggibilità ugualmente gustoso ma di tutt’altro segno, intitolato L’incredibile corsa dello sciroppo.

Protagonisti del libro dal formato arioso, dalle illustrazioni densissime e dai colori accesi sono tanti intrepidi insetti pronti a sfidarsi nell’annuale Corsa dello sciroppo, una classicissima del mondo entomologico. Al via, ragni, bruchi, lumache e altri piloti in miniatura e perlopiù muniti di ali e parecchie zampe avanzano lungo un percorso tortuoso che si snoda in mezzo a una natura lussureggiante. I loro nomi sono buffi e i loro mezzi sono a dir poco stupefacenti: si va dai vasetti di yogurt volanti alle vasche da bagno a motore, dai trattori a molla ai piroscafi a elica. Ingranaggi e meccanismi sono tanto sofisticati quanto divertenti (mai più senza un treno fantasma con binario mobile!) e le affollate pagine che li ospitano sono un autentico luna park per l’occhio del lettore che può sollazzarsi a coglierne ingegnosità e tratti comici. La gara avanza senza esclusione di colpi, costringendo i protagonisti a deviazioni, decisioni, incidenti e incontri imprevisti, verso una linea del traguardo che si svela solo alla fine, con un delizioso colpo di scena.

Contraddistinto da caratteristiche di alta leggibilità – dal font leggimi alla spaziatura maggiore, dalla sbandieratura a destra all’evidenziazione dei dialoghi grazie all’uso del colore e del maiuscolo – L’incredibile corsa dello sciroppo può facilmente solleticare i giovani lettori, con e senza dislessia, in virtù del suo particolare impianto grafico e dell’efficacissimo dialogo che instaura tra parole e figure. Intorno a testi concisi che perlopiù introducono i protagonisti con i loro spassosi tratti e riportano gli eventi salienti della gara, si sviluppano infatti illustrazioni minuziosissime che raccontano molto di più di quanto si trovi scritto e che disseminano ghiotti dettagli sul funzionamento dei mezzi e sulle attitudini dei loro conduttori. Sono le immagini, insomma, a farla da padrone, a incentivare l’avanzamento nella lettura e, in qualche modo, a dettarne i tempi, rendendo del tutto legittimo quell’attardarsi sulla pagina che di norma può far sentire a disagio i bambini meno abili nella lettura.

E in questo suo temporeggiare di fronte al bello, il lettore non si discosta di molto dai personaggi del libro i quali, pur desiderando con forza avanzare verso il traguardo, conoscono il piacere di sedersi ai bordi di quell’oceano di sabbia bianca per assistere all’arrivo del sole “che già comincia a tingere il cielo di un bel rosso, rosso come lo sciroppo di amarena”.

Io sono sordo

Con un titolo schietto e diretto – Io sono sordo – l’albo di Manuela Marino Cerrato e Annalisa Beghelli mette subito sul tavolo il suo tema e il suo punto di vista: l’esperienza della sordità, vissuta e raccontata in prima persona. Più che contenere una vera e propria storia, l’albo edito da Carthusia raccoglie una serie di brevissime riflessioni a misura di bambino, su cosa implichi l’essere sordo, sulle emozioni che questa condizione reca con sé, sulle difficoltà e sulle opportunità che ne derivano. Ne viene fuori un ritratto composito che guarda e tiene insieme gli aspetti più bui e quelli più positivi della sordità, che della vita del protagonista è evidentemente una parte essenziale ma non totalizzante. Il libro dice cioè con grande chiarezza che la disabilità non può ridursi a un’etichetta e che le persone non sono mai – e mai devono essere viste – come la loro diagnosi.

Io sono sordo prende le mosse da un’esperienza reale e dal desiderio di una mamma di dare voce a un vissuto complesso e non sempre percepito come tale dall’esterno, quale è quello dei bambini sordi e delle loro famiglie. Nel racconto di Manuela Marino Cerrato, la cui autenticità arriva dritta al lettore a ogni pagina, trovano non a caso ampio spazio genitori e fratelli, oltre che amici e compagni, come persone toccate in maniera profonda e significativa dalla disabilità, seppur vissuta di riflesso. Questa viene tratteggiata in particolare da aggettivi forti come odiosa, spaventosa, deprimente ma anche intelligente, affascinante o buffa, che si svelano in una riga o due al massimo, attraverso situazioni quotidiane molto pratiche. Così, per esempio, la sordità è cattiva quando mi fa chiudere in me stesso o interessante perché fa imparare la lingua dei segni, in un succedersi di mini-quadri che la delineano come una presenza invisibile sì, ma per certi versi anche tangibile, quasi personificata.

Significativo, in questo senso, il contributo offerto dalle tavole di Annalisa Beghelli, tutte giocate sui toni del viola e dell’arancione, i cui tratti spigolosi restituiscono visivamente le tante sfaccettature emotive oggetto del libro. L’illustratrice interpreta  le parole dell’autrice, dedicando un’attenzione particolare alla gestualità e alla mimica facciale dei personaggi, così che la quotidianità priva di suoni di cui si parla possa emergere in tutta la sua forza e specificità.

Io sono sordo nasce dall’incontro tra l’Associazione Vedo voci, di cui fa parte la stessa autrice, e la casa editrice Carthusia, da tempo attenta a portare sulla pagina in forma di racconto illustrato tutta una serie di temi sociali. Rispetto a titoli precedenti di stampo analogo, Io sono sordo privilegia un approccio meno narrativo, prestandosi forse a destare più facilmente l’attenzione di chi della sordità ha già esperienza più o meno diretta. Per tema e struttura il libro offre in particolare uno spunto interessante per riconoscersi e riconoscere vissuti emotivi che la disabilità tende talvolta a ingarbugliare o coprire e che invece meritano di essere detti e conosciuti.

Charlie e il misterioso professor Tiberius

Le giornate di Charlie si svolgono nel segno della regolarità: regolarità nel vestire (rigorosamente magliette neutre, felpe larghe, Crocs blu per stare in casa, nere per stare fuori), regolarità nel mangiare (preferibilmente se non esclusivamente nuggets di pollo), regolarità nel lavarsi le mani (né più né meno che 12 serie di insaponamento e risciacquo, una per ogni suo anno di vita), tanto per fare qualche esempio. Non sarà dunque difficile comprendere il tornado emotivo che investe Charlie quando suo papà, giornalista di guerra, torna ferito dall’Afghanistan e necessita di cure specifiche dall’altra parte degli Stati Uniti. In pochissimo tempo le routine e la rassicurante quotidianità di Charlie saltano e, come se non bastasse, sua sorella Davis, adolescente ribelle, convince lui e i gemelli Joel e Jake, pestiferi decenni, a mettersi in macchina per raggiungere la clinica in cui il papà è ricoverato.

Sarà un lungo e avventuroso viaggio quello che aspetta i quattro fratelli, accompagnati da una giovane di nome Ludmila il cui passato in Bosnia e il cui legame con il papà dei ragazzi si vela di mistero fino all’arrivo. Charlie accetta suo malgrado di partecipare alla spedizione, perlopiù motivato dalla possibilità di visitare i luoghi natali del professor Tiberius Shaw, ornitologo di cui è grandissimo estimatore e di cui possiede, per fortuite circostanze, un prezioso manoscritto. Non solo: quel viaggio di chilometri e chilometri attraverso montagne, foreste e pianure americane è per Charlie l’occasione perfetta per avvistare gli esemplari della Lista degli Uccelli da Vedere Prima o Poi che ha compilato tempo prima con il papà e a cui si aggrappa con tutte le sue forze nella convinzione che spuntarli tutti possa significare la guarigione del genitore. Un modo tutto suo, insomma, per tenere a bada le preoccupazioni e dimostrare un affetto che solo apparentemente non si manifesta.

Con il suo interesse spasmodico per gli uccelli, i suoi comportamenti bizzarri e la sua totale insofferenza verso norme sociali di dubbio senso, Charlie ricorda un poco Ted, il protagonista della serie Netflix Atypical, che condivide con il romanzo di Sally J. Pla una schiettezza ironica rispetto al tema della neurodiversità. Al seguito di Charlie e della sua sgangherata famiglia ci inoltriamo su territori che per la gran parte di noi risultano sconosciuti e sono resi insidiosi da pregiudizi e visioni stereotipate. Siamo portati a conoscere, per esempio, l’oppressione fisica che determinate sensazioni e situazioni generano in Charlie e lo sfiancante contrasto tra la sua difficoltà a esprimere sentimenti e la sua attitudine a provarli, ritrovando oltre che una storia appassionante e avvincente, anche un ritratto palpitante di cosa significhi interagire con il mondo e interpretarlo secondo schemi differenti.

Rolando Lelefante legge

Che Rolando Lelefante fosse un tipo colto lo sapevamo già, ma che fosse un vero divoratore di storie, bhe… quello lo scopriamo nel secondo volume che Sinnos gli dedica, intitolato per l’appunto Rolando Lelefante legge.

Qui seguiamo Rolando nella sua sfrenata passione per la lettura – cosa, dove, quando e come legge – in una buffa rassegna che mette in evidenza abitudini, trucchetti, rêverie e piccole manie in cui qualunque lettore potrà in qualche modo riconoscersi. Ma attenzione: Rolando sa bene che la lettura non è solo gioie. Il suo padroncino non legge infatti altrettanto bene perciò lui si prodiga in ogni maniera per rendergli la parola scritta più familiare. Deliziosa, in questo senso, la doppia pagina in cui Rolando interpreta con la sua goffa mole le diverse lettere dell’alfabeto, rendendo magistralmente evidente come la lettura sia un’esperienza che coinvolge tutto il corpo!

Come l’autrice riesca a condensare in pochi tratti di matita tanti spunti, ammiccamenti e persino citazioni, rimane un piccolo mistero: sta di fatto che, come la precedente, anche questa storia di Rolando fa di un nulla una piccola gustosa avventura che si legge con il sorriso sulle labbra. Piacevole nell’aspetto e attento alle esigenze dei lettori più inesperti o come maggiori difficoltà di decodifica del testo, Rolando l’elefante legge unisce le caratteristiche di alta leggibilità tipiche della collana Leggimi prima di Sinnos (font maiuscolo leggimiprima, spaziatura maggiore, testo non giustificato, pagina pulita, illustrazioni puntuali e frequentissime) a uno stile arioso, tanto nelle figure quanto nel racconto, che dice con garbo al lettore che il libro può essere amico e che addentrarsi tra le pagine può essere, sì, una sfida, ma non necessariamente spaventosa. Se non è un bell’inno alla lettura questo, è davvero difficile dire cosa lo sia!

Ecco a voi Rolando Lelefante

Attenzione, pericolo! La lettura di Ecco a voi Rolando Lelefante aumenta il rischio di desiderare un pachiderma per animale domestico. È l’effetto Rolando: un misto di tenerezza e sorpresa che coglie senza scampo chiunque incontri l’irresistibile personaggio creato da Louise Mézel.

Elefantino mini dall’appetito taglia XL, Rolando Lelefante ha un mucchio di qualità: riesce a stare in spazi ristretti, anche grazie ad acrobatici arrotolamenti di coda e proboscide, è colto, sportivo quanto basta, oltremodo goloso e pieno di passioni. Insomma, come si fa a non volergli bene?

L’autrice ce ne offre un ritratto delizioso in questo primo volume di una serie portata in Italia da Sinnos. Lettura sfiziosissima per bambini 4-5 anni accompagnati da un grande o per bambini di prima elementare che iniziano a leggere da soli, la storia di Rolando Lelefante presenta testi minimi, curati e ben leggibili (stampa in maiuscolo, font ad alta leggibilità, forte contrasto con la carta color crema, massimo una frase o due per pagina), puntualmente accompagnati da illustrazioni ironiche e delicate, realizzate a matita e con pochi tratti di colore.

Questo passo a due leggiadrissimo tra parole e figure regala alle pagine una pulizia che rassicura e un ritmo che incalza, accompagnando nell’avventura di leggere anche il lettore con dislessia o difficoltà di decodifica del testo, valorizzandone a pieno la preziosa capacità di muoversi tra le immagini.

Nella stessa serie si trova già anche il secondo volume intitolato Rolando Lelefante legge.

Giacomino già che sei in piedi

Già che sei in piedi… prendi questo? Fai quello? Mi passi quell’altro? A chiunque è senz’altro successo di sentirsi rivolgere una richiesta di questo tipo ma di certo a nessuno è capitato così di frequente come al protagonista della buffa storia firmata da Angelo Mozzillo e Umberto Mischi. Fin da piccolo, infatti, Giacomo – Giacomino per gli amici – è diventato Giacomino-già-che-sei-in-piedi proprio a causa delle insistenti preghiere dei suoi familiari, abituati a farsi fare favori, sporgere cose e prendere oggetti dal malcapitato giovanotto.

Questi, però, un bel giorno si stufa e mette in piedi uno sciopero d’effetto. Un vero a proprio sit in, a dirla tutta. Giacomino decide infatti di restare seduto a oltranza e così resta sia per mangiare, sia per dormire, sia per giocare. Irremovibile nella sua decisione persino quando si tratta di andare a scuola, Giacomino vien trasportato di peso in classe dai genitori. E qui succede l’inatteso: sulla scia del maestro di arte, il corpo docenti interpreta il gesto del giovane come una meravigliosa provocazione contro la frenesia moderna e, per valorizzarne la portata, tutti si recano in comitiva dal sindaco. Di Giacomino seduto si fa dunque un gran parlare, tanto che il ragazzo viene invitato a tenere un discorso. Ma mai sedersi sugli allori: gli imprevisti possono sollevarsi proprio quando meno te lo aspetti…

Simpatico e scorrevole, Giacomino già che sei in piedi unisce una storia surreale e divertente a uno stile ben ritmato che incentiva la lettura. Inserito all’interno della collana Minizoom di Biancoenero, il volume presenta tutte le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono quest’ultima, rendendola una proposta davvero appetibile per giovanissimi lettori, anche con difficoltà legate alla dislessia, alle prime armi con la lettura autonoma.

 

 

 

Joker

“In fondo erano contenti di tornare a scuola”, così inizia Joker, il racconto di Susie Morgenstern da poco uscito per i tipi di Biancoenero (ma in realtà pubblicato per la prima volta nel 1999 in Francia e nel 2002 in Italia). Difficile immaginare un incipit più ficcante in questo preciso momento storico, se si considera che dopo mesi di DAD e scuole chiuse, il desiderio di tornare fra i banchi è quantomai acceso nei bambini e nei ragazzi. Ecco dunque che la loro attenzione ha subito di che esser catturata da una storia che non delude anche oltre la prima pagina. L’autrice, pluripremiata e di conclamata bravura, si conferma infatti abilissima nel mantenere accesa la curiosità del lettore con un racconto brillante e molto vicino al sentire dei bambini.

Protagonista è  Biagio Natale, anziano maestro che, nonostante l’apparenza dettata dall’età, sa come sorprendere la sua nuova classe. Il primo giorno, infatti, in luogo di sterili presentazioni, Biagio distribuisce ad ogni allievo un mazzo di Jolly, ciascuno valido per far fare o non far fare qualcosa a chi decida di giocarselo. In ogni mazzo c’è il jolly per ballare in classe, per esempio, quello per restare a letto, quello per dire una bugia o quello per fare una carezza a chi si vuole. Spiazzati e divertiti, i bambini scoprono presto il valore di quelle carte ma lo stesso non si può purtroppo dire dell’arcigna preside Candida Peres, perfetta incarnazione della didattica più stantia e meno empatica. Nonostante i suoi provvedimenti, i semi piantati da Biagio Natale finiranno tuttavia per germogliare, dando risalto all’imbattibile capacità dei bambini di fare tesoro di quanto vien loro con gioia trasmesso. E a quella di alcuni adulti di trasformare l’insegnamento in Educazione con la E maiuscola.

Coinvolgente e brioso, Joker lascia trapelare una profonda conoscenza dell’infanzia, del pensiero che la attraversa e degli interruttori che ne accendono la partecipazione. La sua lettura si fa così scorrevole e accattivante, complici anche i personaggi ben costruiti, la narrazione snella e gli accorgimenti con cui il libro è stampato. Le caratteristiche di alta leggibilità proprie della collana Minizoom di cui Joker fa parte, che coinvolgono la struttura testuale ma anche gli aspetti di stampa come la spaziatura, il font e la sbandieratura, concorrono infatti ad alleggerire il confronto con la pagina scritta e a sostenere l’avanzamento nella storia anche da parte di giovani lettori con dislessia.

La supergita dei supereroi

Avevamo lasciato Tritone e la sua cricca di ormai attempati supereroi al termine di una entusiasmante impresa contro il malefico Vortice e li ritroviamo ora alle prese con le consuete faccende da casa di riposo: attività blande e ripetitive che ben poco si addicono a degli ex paladini della giustizia. Il clima è mogio, per non dire mortalmente noioso: quel che occorre è un po’ di azione! Ecco allora che al termine di una lunga e divertente trattativa (ma quanto possono dilungarsi i vecchietti?!), la combriccola parte alla volta di una gita speciale. Non si sa molto della destinazione ma sembrerebbe offrire molte cose da vedere, anche se difficilmente si tratterà delle auspicate corse di cavalli, gare di lotta o vasche giganti di pesci. Ne nascerà un’escursione sorprendente, pur nella sua ordinarietà, e capace di non lasciare a bocca asciutta nessuno dei partecipanti, né tantomeno il lettore!

Divertente e ricco di trovate sorridenti, in pieno stile Davide Calì, La supergita dei supereroi offre un racconto snello e abbordabile che sostiene anche i lettori più riluttanti o con difficoltà legate alla dislessia, e lo fa con il superpotere dell’irriverenza e dell’alta leggibilità. Il font biancoenero, le frasi brevi e lineari, la spaziatura maggiore e le illustrazioni quasi a ogni pagina agevolano infatti la lettura e fanno squadra con una narrazione ironica che solletica e che invita ad arrivare presto alla fine. La possibilità, inoltre, che il lettore abbia già familiarizzato con i personaggi grazie alla precedente avventura sempre edita da Biancoenero, fa sì che l’ingresso nella storia sia più immediato e coinvolgente. Interessante, in questo senso, anche la scelta di proporre figure che richiamano felicemente lo stile del precedente volume (firmato per intero da Davide Calì), pur essendo realizzate in questo caso da un’illustratrice diversa (Alice Piaggio).

Se un bambino

Sulla copertina di Se un bambino campeggia un bimbo smilzo dai vistosi occhiali tondi in sella a una tigre dall’aspetto bonario. Il loro sguardo è simile, vuoi per gli occhi sgranati del felino che richiamano la montatura del piccolo, vuoi per il sorriso abbozzato che caratterizza entrambi. C’è una complicità misteriosa tra i due, un’affinità elettiva che rompe le nostre consuetudini immaginative, prima ancora di aprire il volume. Un bambino amico di una tigre esce infatti dalle convenzioni e dalla norma e proprio per questo accende la curiosità e suscita un sentimento di positivo interesse.

Ecco, questo è in fondo esattamente ciò su cui il libro di Davide Musso e Anna Forlati ci propone di riflettere, invitandoci a osservare con attenzione ogni bambino, per conoscerne e riconoscerne le peculiarità, le difficoltà e i talenti nascosti prima di liquidarli con la frettolosa etichetta di “strani”. Perché di bambini che appaiono e vengono definiti tali ce ne sono a bizzeffe – chi non ha parole, chi non sa disegnare, chi arriva in ritardo, chi ha la testa al contrario e via dicendo – ma a ben guardare, quel loro modo di fare e di essere, ha spesso una ragione inattesa o denota un saper fare altro.  Un bambino che non ha le parole o non sa disegnare, per esempio, non è detto che non possa comunicare altrimenti e su questo, non a caso, lavorano i libri accessibili.

Se un bambino dice perciò molto della disabilità, pur senza citarla nel dettaglio, mostrandoci con garbo che, così come qualunque altra forma di diversità, dipende almeno in parte dall’occhio di chi guarda e da ciò che questi sa e vuole vedere. Il libro procede, nello specifico, per accumulazione, proponendo una sfilza di bambini dall’aspetto o dal comportamento insolito, tutti ritmicamente introdotti da quel “Se un bambino…” che contraddistingue anche il titolo. In questo modo le stranezze si susseguono, si affastellano e insieme iniziano a ronzare nella testa del lettore, rendendo particolarmente efficace il repentino cambio di prospettiva finale (di cui più non diremo!). Interessante e suggestivo, sempre nell’ottica di invitare chi legge alla riflessione, sono l’uso rarefatto delle parole dell’autore e il controcanto metaforico offerto dall’illustratrice, che riempiono di senso il volume senza appesantirlo con rigide soluzioni. Ne vien fuori un albo stimolante e suggestivo il cui messaggio è dunque molto chiaro ed esplicito ma la cui costruzione è tale da lasciare ampia possibilità di riconoscimento, interpretazione e pensiero.

Il prato

Ho visto un prato

Verde, verde, verde

Coperto d’erba

Verde, verde, verde

Nel prato c’era un albero

Verde, verde, verde

E sull’albero un nido

Verde, verde, verde

E nel nido un uccello

Verde, verde, verde

Che ha fatto un uovo

Bianco, bianco, bianco!

[…]

Così recita una delle poesie più note di Gianni Rodari, messa anche in musica da Sergio Endrigo.

Era la fine degli anni ’70.  Sono trascorsi dunque ormai più di quarant’anni da quella pubblicazione che, però, evidentemente non ha esaurito quel che aveva da dire ai lettori e non ha cessato di ispirare altri autori ed artisti. Ho visto un prato è infatti di recente tornata sulla scena, grazie a un libro tattile suggestivo e raffinato, intitolato semplicemente Il prato, pubblicato dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e realizzato da Giorgia A e Michelon Dei Folli, in arte Mirabilia.

Il libro, che spicca per le sue pagine verde brillante e che combina in particolare tessuti e cartoncini diversi, propone in nero e in Braille il testo qui sopra riportato associandolo a illustrazioni tattili che fuggono e scampano la scontatezza di una rappresentazione realistica e didascalica per privilegiare, al contrario, forme più astratte ed evocative. Il prato si caratterizza perciò per la presenza di pagine non affollate in cui l’attenzione è catalizzata da un unico elemento centrale, per un favore spiccato nei confronti di figure minime ed essenziali, e per la sovrapposizione e il contrasto di materiali e colori stimolanti e scelti con cura.

Il risultato è un libro tattile semplice semplice nel testo e nelle illustrazioni, ma ricchissimo e poliedrico nel modo in cui può essere letto e nelle sensazioni che sa restituire. I due autori sono stati in questo senso davvero bravi a declinare in maniera nuova e con un linguaggio diverso quella che è forse la qualità più apprezzabile di quella chicca sonora che è Ho visto un prato: la capacità, cioè, di trasformare pochissime parole in immagini vividissime e personali nella mente del lettore.

Tra i tanti omaggi al grande autore di Omegna che le case editrici hanno sfornato e stanno sfornando in questi mesi per il centenario della sua nascita, questo della Federazione pro Ciechi è senz’altro uno dei più preziosi (anche nel senso più venale del termine, ahinoi. Ma questa è una questione nota e spinosa) e originali: un oggetto che fa propria e condivide con il lettore la splendida lezione di Rodari sulla creatività, come capacità di trovare strade alternative e sentieri inattesi che solletichino il pensiero.

La distanza dei pesci

La natura è custode di una saggezza silenziosa, quella che porta per esempio i pesci a mantenere una distanza ottimale, che non stringe ma non allontana, che non si misura solo in centimetri ma anche in sensazioni. La distanza dei pesci, che è “vicino e lontano insieme”, è anche la distanza di Marco che sulla superficie terrestre, in mezzo alle creature che all’apparenza più gli somigliano, si sente talvolta legato. Sotto le onde, invece, Marco prova un senso di libertà e quiete: una condizione ideale per godersi la ricchezza che la vita subacquea offre, con tutta la varietà di rumori, visioni, percezioni e fantasie che questa reca con sé. Così ogni tuffo dalla barca del nonno si trasforma in un’immersione fantastica (in tutte le accezioni del termine), che porta Marco a fare scorta di storie sottomarine: storie che parlano solo a orecchie attente e che chiedono parole nuove e giuste per essere raccontate.

Con uno spirito che richiama alla memoria La piscina e le meraviglie profonde che si svelano solo a chi sappia andare oltre la superficie, La distanza dei pesci racconta di un mondo misterioso e affascinante in cui servono occhi fuori dal comune per fare incontri con creature straordinarie e cogliere sfumature e vibrazioni altrimenti impercettibili. L’autrice Chiara Lorenzoni trova il modo di rendere tutto questo attraverso una narrazione che fa della sinestesia e del pensare in immagini – per prendere le parole a prestito da Temple Grandin – la propria chiave. L’illustratrice Giulia Conoscenti, dal canto suo, amplifica questa insolita prospettiva con tavole ricchissime, dai cromatismi accesi e dalle sfumature oniriche. Ne viene fuori una realtà sottomarina caleidoscopica di grande fascino nella quale il protagonista Marco sguazza perfettamente a suo agio e dalla quale il lettore può sentirsi da un lato ammaliato ma dall’altro anche frastornato, in un ipotetico scambio di posizione con tutti i Marco in carne ed ossa che si sentono invece sopraffatti dalla quotidianità apparentemente più ordinaria.

Il libro porta, così, a galla una rappresentazione interessante e vitale della diversità, facendo di un modo nuovo di guardare il mare l’occasione per guardare altrimenti anche la disabilità, in una rifrazione di sguardi che amplia gli orizzonti e fornisce spunti inediti. L’autismo narrato da Chiara Lorenzoni e Giulia Conoscenti, anche se mai esplicitamente nominato e messo sotto una lente, appare infatti ben riconoscibile tra le pagine dell’albo. Il racconto non resta tuttavia invischiato in rappresentazioni stereotipate, ma danza piuttosto con grazia tra le peculiarità di un modo atipico di stare al mondo, compresa quella raramente trattata  legata alla percezione sensoriale (peculiarità a cui, tra l’altro, l’editore Uovonero ha dedicato un bellissimo e prezioso saggio intitolato Le percezioni sensoriali nell’autismo e nella Sindrome di Asperger).

La distanza dei pesci nasce come completamento di un percorso creativo legato al Premio Ronzinante che mira a promuovere la cultura dell’alterità attraverso l’illustrazione per l’infanzia. A tale scopo, ogni due anni, viene proposto ai giovani illustratori partecipanti un tema su cui lavorare. Giulia Conoscenti, palermitana classe 1991, ha vinto l’edizione 2017 del premio, dedicata all’incontro tra il mondo di Jules Verne e quello dell’autismo. Le sue tavole hanno quindi potuto svilupparsi in un progetto editoriale vero e proprio, targato Uovonero. Unite alle parole di Chiara Lorenzoni, autrice che in più occasioni ha dimostrato una particolare sensibilità nei confronti delle tematiche sociali e una significativa capacità di trovare parole misurate e accorte, le figure dell’illustratrice hanno così dato vita a un albo ricco, denso e di ampio respiro.

Qui il booktrailer.

Cane, lupo e cucciolo

Ricordate Lupo e Cane, i due cugini a dir poco insoliti nati dalla penna di Sylvia Vanden Heede e dalla matita di Marije Tolman? Protagonisti di Lupo e Cane, insoliti cugini, uscito per Beisler nel 2015, i due animali tornano sulla scena con una nuova avventura ad alta leggibilità intitolata Cane, lupo e cucciolo.

Come il titolo lascia facilmente intuire, alla coppia di nemici-amici si aggiunge questa volta un terzo compare, più precisamente un giovane spitz di pura razza che poco sa del mondo e che necessita di molte cure. Il padrone di Cane lo ha preso perché questi avesse compagnia ma per Cane il nuovo arrivato è più che altro una scocciatura, dal momento che si trova a fargli da balia e a prendersi le sgridate al posto suo. Così, quando gli si offre l’occasione di togliersi di torno il cucciolo e al contempo di liberarsi delle angherie di Lupo, non gli par vero: subito Cane ne approfitta e torna a godersi la sua serenità. Non ha però fatto i conti con l’affetto che presto prende dimora anche nei confronti di chi ci pare distante e così, in quattro e quattr’otto, Cane torna sui suoi passi, dimostrando che anche i tipi più carini e coccolosi sanno e possono all’occorrenza tirare fuori i denti per difendere i propri cari.

Senza bisogno di dichiararlo e sbandierarlo tanto in giro (ottimo segnale!), il libro svela dunque un catalogo variegato e interessante di emozioni – dalla rabbia alla paura, dalla felicità alla nostalgia – con cui il lettore frequentemente si misura e in cui può facilmente riconoscersi. Le micro-vicende dei due cugini e del loro nuovo compagno, perciò, non solo compongono un racconto non convenzionale e a tratti ironico in cui immergersi, ma offrono anche un terreno fertilissimo per confrontarsi con e su un tema delicato come la gestione emotiva delle diverse situazioni.

Dotato di un umorismo tutto particolare e scritto in una forma originale che mescola prosa, cadenza poetica e indole teatrale, Cane, lupo e cucciolo si compone di 16 capitoli abbastanza brevi, il cui animo delicato viene amplificato dalle illustrazioni dalle linee sottili e dalle sfumature accese che frequentemente animano la pagina. Questo, unito alla scelta di un font meno affaticante per la vista come il TestMe e di caratteristiche di impaginazione ad alta leggibilità (spaziatura maggiore, testo allineato a sinistra…), concorre a rendere la lettura del libro più amichevole anche in caso di dislessia.

Non solo: Cane, Lupo e cucciolo rivela un alto grado di accessibilità anche per un’altra ragione. Il libro inaugura, infatti, l’interessante progetto Leggieascolta di Beisler che prevede l’unione del testo cartaceo e del relativo audiolibro. Quest’ultimo è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina, l’app apre infatti l’audiolibro corrispondente al volume, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o per stabilire un tempo predefinito dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che alcune attente case editrici stanno pian piano facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Questo (non) è un leone

Dal toro Ferdinando in avanti, più di un animale della letteratura per l’infanzia si è ribellato a ruoli ed etichette precostituiti. Il leone Leonard non fa eccezione: animo gentile e indole poetica, il protagonista di Questo (non) è un leone fatica a farsi riconoscere dai suoi simili come un leone a tutti gli effetti. I leoni – dicono questi – sono feroci, non possono essere gentili e soprattutto, senza dubbio alcuno, se si trovano una papera di fronte se la mangiano. Ma Leonard no. Lui con la papera Marianna non solo fa amicizia ma scrive pure poesie bellissime. E proprio la poesia, capace di “cambiare il mondo” perché “le parole fanno pensare”, diventa la sua personalissima e potentissima maniera di dire che non c’è un solo modo per essere un leone.

Dichiarazione spassionata e appassionata in favore del diritto a essere sé stessi, Questo (non) è un leone presenta un testo molto diretto e dal piglio filosofico, unito a illustrazioni dal tratto marcato e dalle tinte decise. Sono queste ultime, in particolare, a dire con chiarezza i sentimenti taciuti dalle parole e a restituire in certi dettagli (la papera e il leone che schizzano su monopattino e skateboard, per esempio, o il leone dall’attenzione labile che insegue farfalle mentre Leonard parla…) una leggerezza scherzosa che solletica il lettore.

A rendere particolarmente intrigante il libro di Ed Vere dal punto di vista dell’accessibilità è il fatto che si tratta di uno dei titoli resi disponibili in LIS dall’app Storysign: un’app straordinaria lanciata nel 2018 da Huawei e sviluppata in collaborazione con numerosi partner tra cui l’Unione Europea dei Sordi e la British Deaf Association.

L’applicazione, scaricabile gratuitamente e disponibile sia per Android sia per iOS, consente di arricchire alcuni libri cartacei di una simultanea traduzione in Lingua dei Segni condotta da un avatar di nome Star. Avviando l’applicazione sullo smartphone e inquadrandovi la pagina di uno dei libri a catalogo, si avvia infatti un video in cui Star interpreta il testo in Lingua dei Segni.

Ciò che rende davvero nuova questa proposta è il fatto che il video si attiva solo nel momento in cui lo smartphone inquadra la pagina corrispondente. Esso inoltre non solo restituisce la traduzione in Lingua dei Segni ma ne sottolinea anche la puntuale correlazione con il testo originale grazie a un efficace sistema di evidenziazione cromatica.

Quella che si innesca così tra libro cartaceo e tecnologia digitale è una necessaria e funzionale sinergia che, valorizzando e intersecando le specificità di ciascun mezzo, migliora concretamente le possibilità di lettura dei bambini con disabilità (uditiva in questo caso).

Nino e Taddeo dipingono la primavera

Che bella coppia di amici, Nino la talpa e Taddeo il topolino! Affiatati, vicendevolmente generosi e felici di godere della reciproca compagnia, i due sono protagonisti di un libro che ne racconta alcune avventure minime: una sessione di pittura en plain air, una domenica di pesca alla carpa e una dichiarazione specialissima all’amata di Nino. Le loro sono, per l’appunto, avventure minime poiché colpi di scena, imprevisti e peripezie non sono per nulla contemplate. Il fascino e il gusto saporito delle loro vicende illustrate stanno piuttosto in una quotidianità umana resa a misura di bestiola, in una freschezza di sentimenti non descritti ma ben riconoscibili dai piccoli gesti e in un’amicizia bellissima che poggia saldamente su un’ironia gentile.

Grazie a questo impianto, anche il tema della disabilità viene trasversalmente toccato, o per meglio dire carezzato, senza il peso di moniti o precetti. La cecità quasi totale della talpa Nino è infatti una delle caratteristiche che ne condiziona il fare e come tale è ben presente nel libro, tant’è che su di essa si giocano diverse scene buffe. Il fatto che sia assodata, tanto dal lettore che associa automaticamente l’animale al difetto di vista, quanto dal compare Taddeo, che con naturalezza ne parla e laddove necessario offre al suo amico una zampa, fa sì che essa non gravi sul racconto. La trama non è infatti incentrata sulla cecità di Nino ma da essa trae spunto e nutrimento per rafforzare il legame della talpa con Taddeo e per rendere le loro vicissitudine fuori dal comune. In un panorama ormai abbastanza ampio di libri per l’infanzia che avvicinano più o meno esplicitamente il tema della disabilità, Nino e Taddeo dipingono la primavera si lascia quindi apprezzare per la maniera spigliata e genuina in cui lo fa, dosando per benino ironia e rispetto: gli stessi ingredienti che – guarda un po’ – contraddistinguono le amicizie più convenzionali!

Nino e Taddeo dipingono la primavera è il primo volume di una serie scritta da Henry Meunier e illustrata da Benjamin Chaud, edita in Italia da Terre di Mezzo, ed è un libro dall’aspetto interessante. La dimensione né troppo grande né troppo piccola lo rende maneggevole e insieme lo distingue dall’albo illustrato standard, la copertina rigida gli dà un tocco di valore in più, il testo poco affollato e ben distribuito risulta facilmente approcciabile e le illustrazioni a ogni pagina, talvolta totalmente protagoniste, incentivano e arricchiscono la lettura. Ne risulta un prodotto di grande appeal per quei lettori nel bel mezzo della scuola primaria che iniziano ad avventurarsi tra letture autonome più consistenti ma allo stesso tempo trovano rassicurante un impianto che non rinunci all’apparato iconografico. Testo e illustrazioni si relazionano inoltre in modo giocoso, invitando il lettore a trovare tra i numerosi guizzi ironici che entrambi nascondono: un’attenzione che contribuisce a rendere la lettura un’esperienza appagante e da cui lasciarsi stuzzicare.