Libri accessibili, letture possibili. Area intervista Elena Corniglia

Interviste
Elena Corniglia è responsabile del Centro di Documentazione e Ricerca sul Libro Accessibile di Area onlus, all’interno del quale cura il database di recensioni consultabile sul sito www.areato.org, la mostra Vietato Non Sfogliare, i laboratori per bambini e le formazioni per adulti. Nel 2023 ha pubblicato con le Edizioni Junior il saggio Libri accessibili, letture possibili. Risorse e pratiche per coltivare il diritto alle storie.

 

Ciao Elena, nel leggere il tuo saggio mi è tornava spesso in mente l’ “imperativo etico” del filosofo e fisico Von Foester: “Agisci sempre in modo da aumentare il numero delle possibilità”. Tra i numerosi spunti di riflessione che offri, scrivi che la pagina del libro accessibile è una soglia, una porta verso altri mondi. Mi sembra che l’imperativo etico di Von Foester sia una proprietà intrinseca dei libri accessibili.

È proprio così. La peculiarità che contraddistingue e che rende così preziosi i libri accessibili consiste, a mio parere, proprio nel loro essere luogo delle possibilità. I libri accessibili sono, cioè, strumenti che diversificano e moltiplicano le strade di ingresso alle storie e alla lettura (la possibilità intesa, dunque, come varietà, come scelta tra tante opzioni a disposizione). Ma sono altresì strumenti che consentono di godere di un’esperienza che altrimenti, per alcuni bambini, risulterebbe impraticabile (la possibilità intesa, dunque, come opportunità, come facoltà). È una duplice accezione importante perché ci aiuta a mettere a fuoco il valore inclusivo di questi volumi che devono costituire un bene comune: perché in essi ciascuno può trovare il modo di leggere a lui più congeniale e perché grazie ad essi tutti possiamo disporre di una maggiore varietà a cui attingere e con cui arricchirci.

A questo proposito mi ha colpito molto la tua constatazione che un libro accessibile offra la possibilità di invertire i ruoli di aiutante e aiutato: per esempio un bambino che non vede può leggere un libro a un genitore vedente. Mi pare però che questi tipi di libri diano perfino l’opportunità di un ulteriore salto logico, di un paradigma cioè che supera l’epistemologia asimmetrica: due lettori condividono (e possono co-creare) una storia in una posizione alla pari. Una preziosa esperienza sia per chi si trova solitamente nella posizione dell’aiutato, sia per chi dà per scontato di trovarsi nella posizione dell’aiutante.

Questa è una delle straordinarie potenzialità racchiuse nei libri accessibili e uno dei motivi per cui, ad Area, dedichiamo tante energie e tanta attenzione a questi volumi. Di fatto sono risorse che consentono di condividere non solo le storie ma anche l’oggetto che le veicola e l’esperienza che attraverso di esso può essere fatta: il libro assume, cioè, un valore simbolico molto forte. Anche in questo modo i libri accessibili facilitano l’attivazione di dinamiche relazionali che scardinano consuetudini e pregiudizi. Il bambino con disabilità, infatti, può farsi concretamente portatore di ricchezza e competenza, guidando per esempio i compagni in modalità di esplorazione della pagina per loro meno familiari. Prende così forma, cioè, quella valorizzazione della diversità di cui si sente spesso parlare e che attraverso questi libri diventa qualcosa di estremamente tangibile. Il tipo di esperienza che è possibile fare con i libri accessibili incide, infatti, anche sulla rappresentazione della disabilità che possiamo promuovere, perché contribuisce a costruire una cultura dell’inclusione che muova dalle risorse che nella disabilità sono presenti più e oltre che dalle mancanze.

Integrazione e inclusione sono concetti forse antitetici: la prima sembra fare riferimento a un’azione della persona (mi comporto in modo da integrarmi), mentre l’inclusione è più una sorta di osmosi dovuta al trovarsi in un contesto virtuoso, nel quale tu stessa inserisci i libri accessibili. Dietro alla loro realizzazione c’è un grandissimo sforzo, tutt’altro che di semplice buon senso, quello della “progettazione per tutti” (design for all). Ci fai un paio di esempi per aiutare i nostri lettori a capire concretamente come si declina la progettazione per tutti nella realizzazione di un libro accessibile?

L’inclusione dovrebbe essere un processo in cui ciascuno è messo nella condizione di partecipare alla vita della comunità di cui fa parte, arricchendola. La postura che tutti noi adottiamo e il contesto che predisponiamo incidono fortemente sugli esiti che questo processo può avere. In questo senso una presenza, una conoscenza e un uso più capillare e trasversale di strumenti come i libri accessibili facilita quell’osmosi di cui parli. E analogamente la facilitano la presenza e la disponibilità di libri accessibili che siano davvero progettati con cura e competenza, con il preciso intento di favorire la condivisione e lo scambio tra pari. Si tratta di un tipo di progettazione raffinatissimo e complesso che deve conciliare esigenze e modalità di leggere, conoscere e riconoscere il mondo anche molto diverse tra loro e che soprattutto deve trovare un equilibrio tra accessibilità e qualità, ossia tra i bisogni speciali dettati da una o più disabilità e i bisogni universali – di bellezza, ricchezza, libertà di movimento, complessità ecc. – dettati dal semplice fatto di essere lettori. Quando si raggiunge questo equilibrio, siamo di fronte a un buon libro accessibile. È il caso, solo per fare qualche esempio, di libri come Il girasole (Dieciocchi, 2021), Fortunatamente (Il treno, 2016) o Le quattro stagioni (Gallucci, 2023): volumi in cui l’accessibilità, pur essendo curata nei dettagli, tende a passare in secondo piano agli occhi del lettore che ne riconosce in prima battuta la qualità e la bellezza. Ci sono poi rarissimi libri come Tu sei (E.T. – Editoria tattile) che riescono, grazie a ingegnosi stratagemmi, a moltiplicare i codici da affiancare a quello alfabetico ampliando al massimo il pubblico che possono raggiungere. In generale pensare di tenere insieme, dentro la stessa pagina, tutte le esigenze di lettura che le diverse disabilità possono implicare è piuttosto complesso. Per questo, almeno allo stato attuale, è sulla disponibilità di una grande varietà di risorse che dobbiamo investire per poter garantire il diritto di tutti di leggere e di incontrarsi attraverso i libri.

La maggior parte degli adulti non penserebbe seriamente che il proprio figlio stia veramente leggendo, quando lo vede cimentarsi con un albo illustrato o un libro tattile. Eppure tu affermi che si tratta di una vera e propria lettura. I libri accessibili assurgono alla definizione comune di “libro”, per lo meno nella scuola primaria?

Parto dal presupposto che la lettura debba essere un’esperienza di crescita, arricchimento e benessere, una possibilità di scoperta, conoscenza, immaginazione e relazione che nasce dall’incontro con le storie. Ma le storie possono essere raccontate e lette in tanti modi, non necessariamente o esclusivamente attraverso le parole scritte. Esistono, cioè, storie che si leggono con gli occhi, con le orecchie, con le dita, storie che si dipanano anche solo grazie alle figure, addirittura storie che non sono definite nel libro ma che nascono dagli spunti che il libro offre, magari attraverso meccanismi ludici. Se sono le storie a essere al centro, ecco, dunque, l’importanza di considerare lettura a tutti gli effetti anche quella offerta da volumi che sfruttano codici comunicativi inconsueti o che del libro non hanno la forma canonica. Riconoscere dignità a questo tipo di risorse e all’esperienza di lettura che ne può derivare (anche per esempio a livello scolastico) significa restituire anche al lettore con disabilità lo status che gli spetta di lettore tout court e al contempo ampliare gli orizzonti e le possibilità di lettura dell’intera comunità.

I bambini sordi parlano e pensano in modo diverso dai bambini udenti: una serie di leganti fondamentali della nostra abituale comunicazione verbale sono per loro privi di senso, come per esempio la maggior parte dei pronomi e le congiunzioni. Nel tuo saggio fai riferimento a un connubio tra tecnologia e libro classico per il quale, tramite un Qr Code, porzioni di testo possono essere tradotte in linguaggio dei segni. Mi è parsa una soluzione particolarmente interessante e tutto sommato di semplice realizzazione e utilizzo. Per il verso opposto, quante persone adulte utilizzano ormai comunemente, in perfetta alternativa alla lettura classica, app che permettono di ascoltare un libro). Ci fai degli esempi di altre tecnologie al servizio dell’accessibilità della lettura? Esistono per esempio app che semplificano automaticamente la struttura di un testo?

La tecnologia rappresenta per la lettura accessibile una grande ricchezza. Esiste, per esempio, un’applicazione come leggimi di Sinnos, che consente di applicare le caratteristiche di alta leggibilità a qualunque ebook o a qualunque pagina web. Esiste un’applicazione come Storysign di Huawei che attiva un avatar in grado di tradurre in lingua dei segni il testo di alcuni albi, semplicemente inquadrandone con un device digitale le pagine cartacee. O, ancora, esistono ebook come quelli in simboli di Tadà o quelli ad alta leggibilità di Telos che offrono moltissime opzioni di personalizzazione della lettura. Ciò che accomuna queste risorse è il fatto di sfruttare il digitale non per un’inconsistente rincorsa della modernità ma per il valore aggiunto che la tecnologia può oggettivamente apportare. E questo è proprio ciò che le rende estremamente valide. Ciò che non dobbiamo perdere di vista, però, è che l’incontro dei bambini con le storie non può prescindere da una dimensione fisica e che le risorse digitali non possono pertanto esaurire e soddisfare da sole le multisfaccettate esigenze dell’infanzia collegate alla lettura. Servono, cioè, anche immagini da toccare per chi non può vedere, figure valorizzate a pieno nella loro versione a stampa, dispositivi che reificano la narrazione, pagine che comunicano anche in virtù della loro forma e dimensione. Anche se in alcuni casi questo richiede a noi adulti di investire tempo, ingegno e risorse e ci impone di trovare soluzioni tutt’altro che semplici o economiche. Anche in questo senso la bibliovarietà, la possibilità dunque di poter attingere a risorse diverse, rappresenta la chiave più efficace per garantire a tutti non solo il diritto di leggere, ma anche di farlo in maniera piena, appagante e ricca.

Area onlus ringrazia Elena Corniglia